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Domenica 14 Agosto 2005 - N. 222 Pagina 29<br />
a pag.37<br />
di Giuseppe Tucci<br />
La nuda<br />
verità<br />
di Vienna<br />
Un’irrequietezza mai sazia<br />
mi ha condotto al<br />
vagabondaggio fin<br />
dall’infanzia, in quella mia terra<br />
marchigiana conclusa fra il<br />
mare volubilissimo e la montagna<br />
aspra della Sibilla che commossero,<br />
ancor fanciullo, il poeta<br />
a me fra tutti carissimo.<br />
[...] E che pensieri immensi,<br />
/ che dolci sogni mi spirò<br />
la vista / di quel lontano mar,<br />
quei monti azzurri, / che di<br />
qua scopro, e che varcare un<br />
giorno / io mi pensava, arcani<br />
mondi, arcana / felicità fingendo<br />
al viver mio!<br />
Da quando cominciai ad<br />
aver uso di ragione, appena<br />
mio padre me lo permise — e<br />
ricordo ancora l’attesa della<br />
prima evasione da solo compiuta<br />
— correvo senza meta<br />
fra l’intrico dei<br />
viottoli che solcano<br />
le nostre<br />
colline protese,<br />
come apparvero<br />
al Carducci, a<br />
congiungere<br />
quel mare e quei<br />
monti, quasi che<br />
in me si destasse<br />
o ravvivasse<br />
o raccogliesse la<br />
inquietudine nativa<br />
e acuta nella<br />
mia gente,<br />
che congiuntasi<br />
poi a zelo apostolico<br />
la mosse<br />
a valicare gli oceani convogliandola<br />
soprattutto verso<br />
quelle terre d’Asia dove da<br />
Matteo Ricci a Beligatti, nella<br />
Cina e nel Tibet moltissimi mi<br />
precedettero.<br />
E sempre mi è restato per<br />
questo amore dei luoghi aperti<br />
e dei vasti orizzonti un senso<br />
d’uggia e di fastidio per la<br />
casa; la quale a me è sempre<br />
apparsa come il punto di convergenza<br />
di tutte le limitazioni<br />
e fastidi e noie di cui quell’acidiosissima<br />
cosa che diciamo<br />
civiltà sempre più ci preme e<br />
intristisce: e più di una volta<br />
mi accadde di comprendere e<br />
quasi di giustificare quella subita<br />
esplosione di rabbia o di<br />
risentimento che non di rado<br />
induce i poco pazienti o i troppo<br />
violenti a tagliar corto e ad<br />
appiccar fuoco alla casa nella<br />
speranza o nell’illusione di<br />
riacquistare una libertà minacciata<br />
o perduta.<br />
Voi vedete che con questa<br />
confessione vi ho già detto che<br />
se la scienza mi ha sospinto<br />
sulle ardue e faticose vie<br />
dell’Asia, non c’è tuttavia dubbio<br />
che lo sprone della scienza<br />
secondava in me una nativa volontà<br />
d’evasione, un istintivo<br />
amore della libertà e dello spazio,<br />
il capriccio del fantasticare<br />
e del sognare che lo si soddisfa<br />
lontano dall’umano consorzio,<br />
quando si è soli fra la terra e il<br />
cielo, oggi qui domani là in un<br />
paesaggio quotidianamente<br />
nuovo, tra gente nuova, ma radicata<br />
dappertutto su questa terra<br />
antica dove anche gli uomini<br />
d’oggi sono la creazione inconsapevole<br />
di una tradizione<br />
millenaria e le vestigie del passato<br />
narrano a chi sappia interrogarle<br />
i drammi delle vicende<br />
trascorse, i sogni vani o le speranze<br />
eterne.<br />
Detto questo non vi sorprenderà<br />
se la congiunta istigazione<br />
della scienza e della libertà<br />
mi abbia condotto per quattordici<br />
volte sul Tetto del Mondo<br />
e sulle contrade vicine dal Sicchim<br />
al Caracorum, dall’Assan<br />
al Nepal, dalla giungla<br />
dell’India a Lhasa. Diciottomila<br />
chilometri percorsi a piedi<br />
di Flavia Foradini<br />
di Riccardo <strong>Chiaberge</strong><br />
diventato tutt’uno con<br />
essi, solo europeo alla lo-<br />
«Ero<br />
ro mercé, nel loro stesso<br />
paese, vivevo la loro stessa vita»:<br />
così dice di sé, «tibetano tra i tibetani»,<br />
l’orientalista Giuseppe Tucci,<br />
nel libro di cui anticipiamo uno<br />
stralcio in questa pagina. Come lui<br />
erano numerosi, negli anni Trenta<br />
del 900, gli intellettuali che si aggregavano<br />
alle carovane dei<br />
nomadi o si rifugiavano in<br />
qualche isola tropicale per<br />
guarire dalla «tumultuosa irrequietezza»<br />
dell’Occidente. Un<br />
ritorno alla natura che, come<br />
ci racconta Melania Mazzucco<br />
a pag. 31, non era privo di<br />
risvolti irrazionali e poteva anche<br />
sfociare in tragedia. Ma<br />
che differenza rispetto alla maniera<br />
di viaggiare di oggi, descritta<br />
con cruda efficacia da<br />
Michel Houellebecq nel romanzo<br />
Piattaforma (Bompiani<br />
2001): il turismo dei villaggi<br />
clonati dove si fanno e si mangiano<br />
ovunque le stesse cose,<br />
da Marrakech a Santo Domingo,<br />
gite in piroga o in mongolfiera,<br />
abbuffate di montone, gare di fuoristrada,<br />
senza mai entrare in contatto<br />
con la gente e la cultura del<br />
luogo: con quella che Elémire Zolla<br />
chiamava l’aura. Il viaggio, come<br />
lo intendeva Tucci, era soprattutto<br />
un’avventura della mente e<br />
dello spirito, uno scavalcamento di<br />
frontiere, un’immersione totale in<br />
altri universi e altre civiltà.<br />
Se domenica scorsa Remo Bodei<br />
ci ha spiegato che la paura<br />
può diventare arma politica al<br />
servizio di tiranni e fanatici, in<br />
questo numero di mezza estate vi<br />
proponiamo un’arma di difesa, il<br />
vero antidoto alla paura: la ricerca,<br />
la sete di conoscenza, la voglia<br />
di spingersi oltre il limite.<br />
Non soltanto in senso geografico,<br />
ma scientifico, artistico, religioso.<br />
Il terrorismo non fa alcuna<br />
distinzione tra Tucci e i tour<br />
operator e se ne infischia delle<br />
aure. Ci vuole immobilizzare tutti<br />
quanti, viaggiatori d’élite e turisti<br />
per caso, consumisti e scienziati,<br />
in un campo di concentramento<br />
globale. Possiamo, dobbiamo<br />
reagire in un solo modo: ricacciando<br />
indietro la paura e restando<br />
fedeli, come Ulisse, al nostro<br />
«destino itinerante».<br />
in una delle contrade più fascinose<br />
del mondo, dove l’uomo<br />
umiliato dalla immensità e dai<br />
silenzi in ogni luogo immagina<br />
o sospetta presenze divine,<br />
invisibili ma certe; e circa otto<br />
anni, come dicevo, passati in<br />
Le porte<br />
del possibile<br />
a pag.38<br />
tenda, senza tener conto delle<br />
molte settimane all’addiaccio<br />
nella pianura dell’India, nei<br />
lenti pellegrinaggi ai luoghi<br />
santi della tradizione religiosa,<br />
il vagabondaggio nella calura<br />
tropicale seguendo il serpeg-<br />
Continuano le fantacronache<br />
dal futuro<br />
dei fumettisti belgi<br />
François Schuiten e<br />
Benoît Peeters, che il<br />
nostro supplemento<br />
pubblica fino al 4<br />
settembre: una serie<br />
di ironici scenari sul<br />
mondo che ci aspetta,<br />
sotto forma di pagine<br />
illustrate di un<br />
immaginario quotidiano.<br />
Questa puntata, datata<br />
11 aprile 2037, racconta<br />
del mirabolante<br />
progetto dell’architetto<br />
Tuttsass: la Roccia Abitabile<br />
di Milapoli.<br />
Se il Barbiere<br />
diventa<br />
imprevedibile<br />
di Carla Moreni<br />
giare sinuoso degli argini delle<br />
risaie, e quando l’aria era<br />
troppo cocente, le peregrinazioni<br />
notturne al chiaro di luna<br />
e la sosta diurna sotto l’ombra<br />
larga degli alberi di mango, in<br />
quell’orizzontalità assoluta del-<br />
a pag.39<br />
la terra indiana, levigata come<br />
un mare pietrificato, in un<br />
combaciamento liscio e perfetto<br />
della terra e del cielo.<br />
Vi dico subito che non ho<br />
mai amato le spedizioni numerose:<br />
uno o due compagni al<br />
Il primo<br />
film<br />
d’animazione<br />
di G. Bendazzi<br />
massimo; un medico e un fotografo:<br />
un fotografo perché fra<br />
me e la macchina, anche una<br />
macchina così semplice come<br />
la fotografica, esiste una incompatibilità<br />
assoluta; un medico<br />
per il soccorso dei carova-<br />
nieri e soprattutto perché il<br />
medico con i suoi interventi in<br />
luoghi deserti di ogni assistenza,<br />
attenua le innate diffidenze.<br />
Ma sono andato anche solo,<br />
anzi proprio in alcune delle<br />
più lunghe e pericolose spe-<br />
a pag.39<br />
«Diciottomila chilometri percorsi a piedi dal Sicchim al Caracorum, dall’Assan al Nepal. I mezzi<br />
meccanici sono un’illusione di libertà. Con una carovana vi sentite padroni del mondo»<br />
Il Tar del<br />
Lazio ferma<br />
lo Shuttle<br />
di Gene Gnocchi<br />
SPECIALE ESPLORATORI - Guida ferragostana alle frontiere inviolate e ai grandi pionieri della conoscenza. A partire da Giuseppe Tucci e dal suo Tibet<br />
SUL TETTO DELL’ANIMA<br />
«L’uomo<br />
cominciò<br />
con l’essere<br />
un nomade.<br />
La bramosia<br />
di muoverci<br />
apre<br />
la mente»<br />
QUESTO NUMERO<br />
Il viaggio<br />
come<br />
ricerca<br />
La catena montuosa dei monti Kailas, Tibet<br />
(Corbis). A destra, Giuseppe Tucci in<br />
compagnia di una guida tibetana (foto tratta<br />
dal libro Il paese delle donne dai molti mariti,<br />
di prossima uscita da Neri Pozza editore)<br />
Studioso del subcontinente indiano<br />
e del Tibet, ma anche dell’Asia<br />
orientale come pochissimi al mondo<br />
nel secolo scorso, Giuseppe Tucci<br />
nasce a Macerata il 5 giugno 1894.<br />
Combatte nella Prima guerra mondiale,<br />
si laurea a Roma nel 1919, inizia la<br />
carriera di docente proprio in India<br />
(1925-1930), dove fra l’altro collabora<br />
con il grande poeta R. Tagore e conosce<br />
il Mahatma Gandhi. Rientrato in<br />
Italia, dopo un biennio all’Istituto universitario<br />
orientale di Napoli, dal 1932<br />
insegna all’ateneo romano. Precoci e<br />
ripetute le grandi missioni di studio da<br />
A PAGINA 40 ALL’INTERNO<br />
Bibbia<br />
e sacco<br />
sulle spalle<br />
Floreana,<br />
il diavolo<br />
in Paradiso<br />
Il Marco<br />
Polo<br />
degli arabi<br />
TRA DUE CONTINENTI<br />
lui guidate: otto nel solo Tibet, all’epoca<br />
pressoché inesplorato, concluse già<br />
nel 1948, quasi altrettante in Nepal fra<br />
il ’50 e il ’54. Seguono le campagne<br />
archeologiche in Pakistan, Afghanistan<br />
e Iran.<br />
Come i suoi viaggi, anche l’attività<br />
di studioso e di uomo di cultura ricopre<br />
estensioni vastissime: la sua produzione<br />
specialistica, ma anche saggistica,<br />
è dedicata non solo al Tibet e<br />
all’India in senso lato, ma anche alla<br />
Cina, al Giappone e all’Asia in generale,<br />
e spazia dall’archeologia alla filosofia<br />
(indiana e cinese), dall’interpreta-<br />
Mi scusi,<br />
è questo<br />
il Bar Gello?<br />
zione dei màndala, i celebri diagrammi<br />
utilizzati per la meditazione,<br />
all’edizione critica di manoscritti, alle<br />
note di viaggio. Di queste note l’editore<br />
Neri Pozza si appresta a pubblicare<br />
una raccolta sotto il titolo Il paese<br />
delle donne dai molti mariti (pagg.<br />
286, À 17,50, in libreria ai primi di<br />
settembre), di cui pubblichiamo uno<br />
stralcio in questa pagina.<br />
Europa e Asia formano per Giuseppe<br />
Tucci «fin dal delinearsi dei primi<br />
moti umani, un’unità così compatta<br />
che non sembra più il caso di seguitare<br />
a discorrerne come di due continenti<br />
a pag. 30 a pag. 31 a pag. 32 a pag. 33 pagg. 34-35<br />
Ecco<br />
la mia<br />
frontiera<br />
di G. Ravasi di M. Mazzucco di F. Cardini di L. Leonelli di Autori Vari<br />
separati». Per favorire la diffusione di<br />
questa attitudine, fonda nel 1933 insieme<br />
con Giovanni Gentile l’Istituto per<br />
il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO),<br />
e la cui attività è continuata ora<br />
dall’Istituto italiano per l’Africa e<br />
l’Oriente (IsIAO). Recentemente è stato<br />
intitolato a Giuseppe Tucci, scomparso<br />
il 5 aprile 1984 a San Polo dei<br />
Cavalieri presso Tivoli, il Museo nazionale<br />
d’arte orientale; una convenzione<br />
lo lega appunto all’IsIAO di cui ospita<br />
le opere d’arte, provenienti in grande<br />
misura dagli scavi effettuati a suo tempo<br />
in Iran, Afghanistan e Pakistan.<br />
(Giuliano Boccali)<br />
dizioni, e quando mi avvenne<br />
di cader malato nel deserto di<br />
More a circa 4.800 metri, l’ufficio<br />
del medico che non c’era<br />
fu disimpegnato dallo stregone<br />
di un accampamento di nomadi,<br />
che o per caso o per peri-<br />
zia o per magico intervento in<br />
due giorni mi rimise in sesto.<br />
Per magico intervento, sospetto,<br />
perché egli raccoltosi in meditazione<br />
m’assicurò che io avevo<br />
piantato la tenda sopra la<br />
dimora di uno spirito sotterraneo<br />
e che pertanto questi corrucciato<br />
e offeso per la violazione<br />
involontaria, mi aveva punito<br />
con la malattia; perché, secondo<br />
i tibetani, le malattie da<br />
due cause possono nascere: o<br />
da squilibrio degli umori o da<br />
interventi di demoni.<br />
Ma torniamo a noi: quella<br />
spedizione durò oltre un anno;<br />
percorsi più di quattromila<br />
chilometri solo. Voi sapete<br />
che a molti la solitudine,<br />
a lungo andare, riesce<br />
intollerabile e più d’un<br />
viaggiatore ho incontrato<br />
che s’affrettava a tornare<br />
indietro preso quasi da<br />
vertigine innanzi a quelle<br />
voragini di silenzio e<br />
di deserto. Non a me;<br />
anzi vi dico subito che la<br />
solitudine mi è sempre apparsa<br />
la miglior consigliera<br />
e amica: estingue le diffidenze,<br />
i sospetti, quello<br />
stato di allarme continuo<br />
che, nella vita consociata,<br />
per la necessità della difesa e<br />
della vigilanza, rendono l’uomo<br />
guardingo: la vita<br />
all’aria aperta, fra gli alberi<br />
o le rocce, sotto il sole<br />
o lo stupore freddo della<br />
luna, restituisce all’uomo<br />
una serenità innocente.<br />
Queste città rimbombanti<br />
di rumori e stridori<br />
e scoppiettii, la corsa<br />
obbligata fra mura e rotaie,<br />
il necessario incedere a<br />
testa china nei lunghi corridoi<br />
delle strade che tagliano<br />
il cielo a fette, soprattutto<br />
il vivere inconsapevoli<br />
delle vicende della Gran<br />
Madre comune, privano<br />
l’uomo di resistenze fisiche<br />
necessarie, logorano<br />
i nervi, intossicano<br />
lo spirito, ingombrano<br />
la mente di curve vane.<br />
L’uomo cominciò con l’essere<br />
un nomade; questo modo<br />
antico depositato in fondo al<br />
nostro subconscio monta spesso<br />
alla superficie con i suoi<br />
capricci archetipali e con la<br />
bramosia del viaggiare che<br />
sboccia in noi con il lume della<br />
ragione e ci accompagna<br />
per tutta la vita. E ne giova<br />
perché apre la mente.<br />
Però stiamo attenti: il viaggiare<br />
con i mezzi meccanici<br />
che traduce in termini moderni<br />
il nomadismo ancestrale,<br />
se ben considerate, è soltanto<br />
illusione di libertà, soggetto<br />
com’è al vincolo degli orari,<br />
ai posti negli alberghi, ai programmi<br />
certi, onde diviene<br />
piuttosto prigionia dalla partenza<br />
all’arrivo, senza evasione<br />
di soste o divari; persino<br />
l’automobile ci incatena per<br />
l’incanto della corsa, perché<br />
occorre sempre uno sforzo<br />
per sottrarsi alla malia della<br />
velocità e ubbidire all’invito<br />
di una rovina o al richiamo di<br />
un orizzonte aperto. Ma quando<br />
avete una carovana tutto è<br />
diverso; vi sentite padroni del<br />
mondo: i padri antichi che<br />
vennero forse dall’Asia a popolare<br />
la squallida Europa, rivivono<br />
in voi, vi sentite parenti<br />
di conquistatori primordiali;<br />
oggi qui domani non sapete<br />
dove, dove c’è erba e acqua<br />
o dove vi incanta la bellezza<br />
dei luoghi, la maggior<br />
delizia per il poeta che in fondo<br />
a noi, se non siamo divenuti<br />
come i bruti torpidi e sprovveduti,<br />
sempre vigila e sogna.<br />
Soltanto allora trovate e godete<br />
la libertà.<br />
M<br />
+<br />
Y<br />
+