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COME SI FA LA TRASFORMAZIONE E LA COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI a cura di DONATO FERRUCCI<br />

COMESI COMESIFA<br />

<br />

COME SI FA<br />

LA TRASFORMAZIONE<br />

E LA COMMERCIALIZZAZIONE<br />

DEI PRODOTTI AGRICOLI<br />

a cura di<br />

Donato Ferrucci<br />

TERRANOSTRA AGRITURIST TURISMO VERDE<br />

REGIONE LAZIO<br />

Assessorato all’agricoltura<br />

EUROPE DIRECT<br />

LAZIO<br />

FACOLTÀ DI AGRARIA<br />

BUSINESS INNOVATION<br />

CENTRE


LA TRASFORMAZIONE<br />

E LA COMMERCIALIZZAZIONE<br />

DEI PRODOTTI AGRICOLI<br />

di<br />

Donato Ferrucci<br />

COMESIFA<br />

Collana editoriale “Come si fa…”<br />

n. 2


REGIONE LAZIO<br />

Assessorato all’Agricoltura<br />

Area 04 - Informazione, comunicazione, organizzazione eventi, promozione.<br />

Via Rosa Raimondi Garibaldi, 7 – Roma<br />

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELLA TUSCIA<br />

Dipartimento di Economia Agroforestale e dell’Ambiente Rurale<br />

Via S. Camillo De Lellis, snc – Viterbo<br />

EUROPE DIRECT LAZIO<br />

Rete di informazione dell’Unione europea<br />

c/o D.E.A.R. - Dipartimento di Economia Agroforestale e dell’Ambiente Rurale<br />

Facoltà di Agraria di Viterbo - Via S. Camillo De Lellis, snc – Viterbo<br />

B.I.C. <strong>Lazio</strong> – Business Innovation Center<br />

Via Casilina 3/t - Roma<br />

© Tutti i diritti sono riservati<br />

Collana editoriale “Come si fa…”<br />

La trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli<br />

A cura di:<br />

Donato Ferrucci<br />

Grafica di copertina di:<br />

Alessandro Bellatreccia<br />

Il capitolo 3 è stato curato da:<br />

Stefano Barghini, dottore Commercialista (stefano.barghini@libero.it)<br />

Hanno collaborato:<br />

Agriturist<br />

Terranostra<br />

Turismo Verde


Un ringraziamento a Barbara Pancino, Roberto Mancinelli e Vito Russo per la cortese<br />

lettura ed i consigli; al Prof. Fernando Albisinni ed al Prof. Carlo Perone per gli<br />

spunti di riflessione; a Marco Bianchi per aver reso l’idea una realtà.<br />

Un ringraziamento particolare a Silvio Franco, Domenico Patrizi di Colli, Inga<br />

Fiammetta del Podere Marella e Giuseppe Pulicani di Vallinfreda che, con la loro<br />

sintesi di filosofia, anedotti e convivialità hanno contribuito a rendere la mia attività<br />

professionale più divertente e il mio spirito più ricco.<br />

Il testo è dedicato al Prof. Franco Bruni<br />

Per contatti, donatoferrucci@alice.it<br />

3<br />

Donato Ferrucci


INDICE<br />

PRESENTAZIONE, Prof. Carlo Perone Pacifico<br />

PREFAZIONE, Daniela Valentini<br />

INTRODUZIONE, Donato Ferrucci<br />

Il settore agricolo - Il mercato - Le nuove regole - La vendita diretta<br />

La comunicazione.<br />

1. LA TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI AZIENDALI, Donato Ferrucci<br />

1. INTRODUZIONE<br />

2. UN ESEMPIO DI ANALISI E PIANIFICAZIONE PRODUTTIVA<br />

3. PERCORSI TECNICI, CASI APPLICATIVI<br />

4. ETICHETTE DEI PRODOTTI ALIMENTARI, CASI APPLICATIVI.<br />

2. LE REGOLE DI PRODUZIONE, Donato Ferrucci<br />

1. INTRODUZIONE<br />

2. LE REGOLE DI PRODOTTO E DI PROCESSO<br />

2.1 Il Regolamento (CE) N. 852/2004. L’igiene dei prodotti alimentari<br />

2.2 Il Regolamento (CE) N. 853/2004. Norme in materia di igiene per gli<br />

alimenti di origine animale, una breve descrizione<br />

2.3 Linee Guida <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong><br />

3. LE REGOLE DI ORGANIZZAZIONE, RELAZIONE E RESPONSABILITÀ – IN SIN-<br />

TESI - UN ESEMPIO DI PIANIFICAZIONE PRODUTTIVA - ALCUNE DEFINIZIO-<br />

NI – ALLEGATI AL CAPITOLO.<br />

3. L’INQUADRAMENTO FISCALE, Stefano Barghini<br />

1. LA FIGURA DELL’IMPRENDITORE AGRICOLO<br />

2. LE ATTIVITÀ AGRICOLE ESSENZIALI<br />

3. LE ATTIVITÀ AGRICOLE PER CONNESSIONE<br />

4. L’ESERCIZIO NORMALE DELL’AGRICOLTURA<br />

5. I PRODOTTI DI TERZI<br />

6. I SERVIZI<br />

7. LA COMMERCIALIZZAZIONE<br />

8. I REGIMI FISCALI


8.1 Le imposte dirette<br />

8.2 L’imposta sul valore aggiunto (IVA)<br />

8.3 Gli aspetti fiscali delle attività di manipolazione e trasformazione<br />

8.4 Manipolazione<br />

8.5 Trasformazione – In sintesi – Allegati al capitolo.<br />

4. LE REGOLE DI VALORIZZAZIONE, Donato Ferrucci<br />

1. INTRODUZIONE<br />

2. I PRODOTTI DI QUALITÀ REGOLAMENTATI<br />

2.1 Segni di qualità ambientale: i prodotti da agricoltura biologica<br />

2.2 Segni di qualità territoriale: i prodotti a Denominazione di Origine<br />

3. I SISTEMI DI RINTRACCIABILITÀ – NORME VOLONTARIE<br />

4. LA CERTIFICAZIONE DI PRODOTTO – NORME VOLONTARIE<br />

5. LA CERTIFICAZIONE DI SISTEMA – NORME VOLONTARIE – IN SINTESI.<br />

5. L’ETICHETTA E LE REGOLE DI COMUNICAZIONE, Donato Ferrucci<br />

1. ETICHETTATURA DEI PRODOTTI ALIMENTARI<br />

1.1 La denominazione di vendita<br />

1.2 L’elenco degli ingredienti<br />

1.3 La quantità<br />

1.4 Il termine minimo di conservazione o la data di scadenza<br />

1.5 Il nome e la sede del fabbricante o del confezionatore<br />

1.6 La sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento<br />

1.7 Il lotto<br />

2. LE INDICAZIONI VOLONTARIE<br />

2.1 Indicazioni tecniche<br />

2.2 Indicazioni valorizzanti – In sintesi.


Presentazione<br />

Questa nostra collana si propone di fornire agli operatori agricoli un ausilio di<br />

pronta consultazione al momento in cui essi si impegnano in azioni tendenti a<br />

realizzare progetti di “Multifunzionalità” e di diversificazione produttiva.<br />

Questo tipo di strategie è considerato potenzialmente molto importante per<br />

sostenere la vitalità economica delle aree rurali europee, e quindi, anche di quelle<br />

del <strong>Lazio</strong>. Esse possono avere successo quando il territorio dispone di risorse<br />

ambientali o di risorse culturali di forte specificità e di alto valore intrinseco. In<br />

questo patrimonio di risorse va inclusa anche l’esperienza, la tradizione, e lo spirito<br />

innovativo per lavorare e trasformare i prodotti primari dell’agricoltura. Nel<br />

<strong>Lazio</strong> esiste un ragguardevole patrimonio di potenzialità a questo riguardo, il<br />

quale sta dando luogo a numerosi esempi di notevole valore qualitativo e, frequentemente,<br />

di notevole originalità. E tuttavia noi riteniamo che la grande<br />

complessità del problema di attivare processi economici fortemente orientati a<br />

mercati, che spesso sono mercati di nicchia, rappresenta certamente una barriera<br />

di difficile superamento per chi voglia intraprendere una di queste attività. Le<br />

difficoltà sono di natura tecnica, economica ed organizzativa. Nei contributi di<br />

questa collana vengono solo sfiorati i problemi di natura tecnica ed economica,<br />

mentre ci si propone di fornire una guida sufficientemente dettagliata per la<br />

comprensione delle difficoltà di tipo organizzativo. Queste ultime sono legate<br />

alle diverse dimensioni che comporta il problema di stare sul mercato, starci con<br />

prodotti che in buona misura debbano essere personalizzati e qualificati, di<br />

rispettare tutti i requisiti delle varie regolamentazioni tese a garantire la sicurezza<br />

alimentare, la trasparenza commerciale, l’ordinamento delle norme fiscali.<br />

Questo contributo si riferisce a questi ultimi problemi. D’altra parte, poiché il<br />

campo applicativo di queste norme e di queste regole è molto ampio e differenziato<br />

per settori produttivi e per livello di attività, esso non può essere che molto<br />

generale e non può addentrarsi in dettaglio nella tematica specifica di ciascun<br />

settore, di ciascun tipo di attività. Noi ci auguriamo che esso possa essere ugualmente<br />

un’utile guida introduttiva e ci proponiamo di far seguire a questo lavoro<br />

alcuni contributi specifici sulle più importanti e complesse attività.<br />

7<br />

Prof. Carlo Perone Pacifico


Prefazione<br />

Il <strong>Lazio</strong> vanta una grande produzione agricola. Un’eccellenza sempre più riconosciuta<br />

a livello nazionale e internazionale. Dagli oli ai formaggi, dai vini all’ortofrutta<br />

fino alle carni e ai prodotti di panetteria e con 8 Denominazioni di<br />

Origine Protetta (DOP), 5 Indicazioni Geografiche Protette (IGP), 26<br />

Denominazioni di Origine Controllata (DOC), 4 Indicazioni Geografiche<br />

Tipiche (IGT) e circa 400 prodotti tradizionali. Questi numeri fanno grande la<br />

nostra agricoltura, un’agricoltura che poggia sulla qualità e su una politica che<br />

mette a sistema tutti gli attori della filiera. Il <strong>Lazio</strong> vuole costruire un’immagine<br />

forte della sua agricoltura con azioni di marketing e attività promozionali mirate.<br />

Le leggi su distretti rurali e agro-alimentari di qualità, sugli agriturismo e gli<br />

OGM, così come il nuovo Programma di Sviluppo Rurale (PSR) hanno tracciato<br />

un percorso che punta sulla multifunzionalità, valorizzazione, tutela e commercializzazione<br />

della produzione laziale. Il rafforzamento di tutte le fasi della<br />

filiera diventa dunque fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo. E in<br />

quest’ottica diventa importante anche promuovere la filiera corta, in modo da<br />

tracciare una linea diretta che unisca velocemente produttore e consumatore. Il<br />

pregio e l’importanza di questa guida risiede proprio nel fornire indicazioni pratiche<br />

e puntuali su come trasformare, promuovere e immettere i prodotti sul<br />

mercato attuando una politica aziendale di filiera corta, capace di abbattere i<br />

costi di produzione a vantaggio del consumatore.<br />

L’Assessore all’Agricoltura della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong><br />

Daniela Valentini<br />

9


Introduzione<br />

di Donato Ferrucci 1<br />

Il settore agricolo…<br />

E’ un intero sistema produttivo che manifesta una crisi, di identità, di significati,<br />

di contenuti. La funzione principale, produrre, è messa in discussione.<br />

Sono esaltate le funzioni ritenute fino a poco tempo fa, secondarie, quali il<br />

governo del territorio, la valenza sociale, etica, ambientale, sociale e quant’altro,<br />

purché non la banale produzione di materie prime. L’imprenditore vede la propria<br />

attività priva di dignità, non ne percepisce più il valore sociale. La stessa<br />

identità culturale del settore appare in crisi.<br />

Nuove definizioni degli schemi produttivi, riorganizzazione dei sistemi, adozione<br />

di strumenti valorizzazione, inserimento in sistemi di commercializzazione<br />

e distribuzione diretta, sono alcune delle risposte poste in essere a contrasto<br />

della tendenza.<br />

Per alcune tipologie aziendali, identificate più da una connotazione culturale<br />

che da una dimensione fisica, immerse in un contesto rurale vivace e profondamente<br />

radicato nel sistema territoriale, l’evoluzione produttiva è iniziata.<br />

Ancora una volta l’agricoltura è ad un bivio e sta spostando sapere e conoscenze<br />

a favore di nuove interpretazioni produttive.<br />

Alcune realtà hanno messo in atto una fuga, se non dal settore, quantomeno<br />

dalla esclusiva realizzazione di prodotti “anonimi”. Torna l’attenzione ad un<br />

mercato, quello al consumo finale, influenzabile nel prezzo grazie ad una posizione<br />

negoziale più equilibrata tra i due interlocutori, produttore e consumatore.<br />

Quest’ultimo vulnerabile nelle scelte, se posto di fronte ad un’offerta originale<br />

capace di veicolare i gusti e, nella sua massima espressione, di creare nuovi<br />

bisogni.<br />

E’ un “ritorno” alla produzione agricola legata come un tempo al commercio<br />

vicinale. L’innovazione e la tecnologia offrono oggi nuovi e adattabili strumenti<br />

1 Dottore Agronomo, libero professionista.<br />

11


di visibilità e comunicazione, spendibili in realtà e dimensioni diverse.<br />

Nel contempo, si sono configurati nuovi vincoli e regole legati al prodotto<br />

agro-alimentare e che riguardano la trasformazione successiva alla fase agricola.<br />

Dall’incontro con il consumatore e dal confronto con le sue esigenze, al fine<br />

di favorirne la frequentazione aziendale, si possono sviluppare delle originali<br />

diversificazioni produttive secondo percorsi funzionali alla tipologia aziendale.<br />

E’ dal contatto tra due prospettive culturalmente distanti che possono nascere<br />

momenti interessanti e di reciproco arricchimento.<br />

Il consumatore, in quanto utente di un servizio o fruitore di un prodotto<br />

deve essere ascoltato nelle sue aspettative o curiosità e reso partecipe dei valori<br />

connessi all’attività rurale. Il cliente è la prima e vera ricchezza di un’azienda, e<br />

questo concetto va assimilato anche dal sistema agricolo. L’attenzione e la preferenza<br />

del consumatore devono essere conquistate e, soprattutto, mantenute.<br />

Una prima modalità di diversificazione si configura come “orizzontale”,<br />

mediante ampliamento dei prodotti e dei servizi forniti. In questa modalità è<br />

prevista la ricerca di nuove colture maggiormente apprezzate dal mercato,<br />

l’estensione dell’attività ai servizi turistici, di ristorazione o culturali. E’ il principio<br />

dell’azienda multifunzionale, dove la fornitura di nuovi servizi, a complemento<br />

del comparto agricolo, consente l’avvicinamento di un maggior numero<br />

di potenziali fruitori.<br />

Il secondo momento di diversificazione è invece di tipo “verticale”, si abbandona<br />

la “base” produttiva per evolvere le materie prime in prodotto finito commerciale.<br />

Ciò può avvenire semplicemente con la vendita diretta di prodotti<br />

agricoli indifferenziati ma adatti al consumo, quali frutta ed ortaggi, fino ad arrivare<br />

a trasformazioni sempre più spinte che vanno dal tradizionale olio extravergine<br />

di oliva fino alla porzionatura di carni o preparazione di marmellate, succhi<br />

di frutta e yogurt.<br />

Oggi si coltiva per produrre elementi nuovi, materiali ed immateriali.<br />

Il mercato………<br />

La domanda manifesta una marcata tendenza evolutiva, in termini di richieste<br />

e aspettative dell’utenza finale. A causa dell’attuale incremento di distanza tra<br />

produttore e consumatore viene a mancare sia l’identificazione del luogo che del<br />

soggetto che realizza il prodotto, rappresentato oggi da una moltitudine di atto-<br />

12


i che spesso contribuiscono ad una sola fase del percorso. Il grado di fiducia<br />

aumenta quando è possibile stabilire con ragionevole attendibilità il luogo di<br />

origine delle materie prime, osservare il processo di lavorazione, gli ingredienti<br />

e le modalità operative che portano alla realizzazione dell’alimento. Nel momento<br />

in cui si interpongono una serie di operatori economici il rapporto diretto e<br />

rassicurato dalla fiducia reciproca tra produttore e consumatore si affievolisce.<br />

L’aumento della gamma e della disponibilità temporale dei prodotti alimentari<br />

ha contribuito alla perdita di contatto tra produttore e consumatore, e forse, di<br />

fiducia tra produzione e consumo.<br />

Nasce quindi una nuova esigenza di trasparenza, garantita per le aspettative e<br />

lealtà mediante il contatto diretto con il sistema produttivo o, in alternativa, da<br />

marchi e segni di qualità supportati da sistemi di certificazione. Questi ultimi,<br />

comunicano ed esprimono l’interpretazione per taluni aspetti della qualità, fornendo<br />

all’azienda uno strumento per aumentare il grado di fiducia del consumatore<br />

circa la lealtà della comunicazione, la sicurezza e la genuinità del prodotto.<br />

La ricerca del “contatto” ha portato invece verso una robusta richiesta da<br />

parte del mercato di una “filiera trasparente”, meglio se “corta”, in quanto può<br />

essere percepita e compresa nel suo insieme. E’ in incremento la volontà di frequentazione<br />

del mondo rurale, lo evidenziano indagini ed interviste ai consumatori<br />

che sembrano sostenere la tendenza alla ricerca dell’acquisto in azienda,<br />

anche se ancora come evento discontinuo e spesso sporadico, favorito comunque<br />

dall’occasionale frequentazione (Agri 2000, 2006).<br />

La combinazione dei due approcci, certificazione e contatto diretto, esprime<br />

il massimo livello di trasparenza verso il consumatore, in grado di percepire,<br />

vivere e capire il sistema produttivo nel suo complesso, confortato anche dalla<br />

volontà dell’azienda a porsi in discussione ed a sottoporsi volontariamente ad<br />

ulteriori controlli con l’obiettivo di valorizzare la propria attività.<br />

Le nuove regole……..<br />

Una domanda di prodotti caratterizzata da aspetti inediti ed originali impone<br />

un’evoluzione in linea dell’offerta, accompagnata da uno sviluppo tecnico ed<br />

imprenditoriale. Il cambiamento è stato colto, con largo anticipo, dal legislatore,<br />

attraverso una revisione normativa che ha portato alla ridefinizione dell’art.<br />

13


2135 del Codice Civile, ridisegnando la figura dell’imprenditore agricolo e dei<br />

suoi orizzonti operativi 2 .<br />

Il riesame della norma ha inizio dall’aspetto civilistico ma coinvolge, in conseguenza,<br />

una pluralità di aree legislative che vengono interessate dal cambiamento<br />

e con le quali l’imprenditore deve confrontarsi. La fiscalità, il sistema previdenziale,<br />

l’igiene e salubrità degli alimenti, per citarne alcuni. Il nuovo sistema<br />

agricolo pone delle opportunità originali, che devono essere comprese ed attuate<br />

fermo restando il rispetto delle regole. Non è sufficiente sapere ciò che si può<br />

fare, ma è necessario capire cosa si rende necessario per poterlo fare.<br />

La ricerca di soluzioni gestionali e strutturali, commisurate al prodotto che si<br />

intende realizzare, alla realtà aziendale, alle professionalità disponibili, rappresenta<br />

il primo passso del percorso da intraprendere. Segue un’analisi delle risorse<br />

presenti sul territorio per quanto attiene le potenzialità sia in termini di realizzazione<br />

che per l’assorbimento del prodotto. Si conclude con la valutazione<br />

degli spazi e degli strumenti di visibilità più consoni e l’identificazione dei segni<br />

e marchi in grado di comunicare i valori dei prodotti.<br />

Risultano pertanto necessarie una serie di attività di programmazione e pianificazione<br />

volte ad identificare le alternative che, con diverso tipo ed entità di<br />

risorse, possono portare al conseguimento del medesimo risultato.<br />

Lo scenario produttivo che si andrà ad adottare ha come conseguenza una<br />

serie di regole e di responsabilità a cui l’azienda agricola sarà soggetta, in funzione<br />

del contributo fornito alla realizzazione del prodotto.<br />

Non è da sottovalutare che dall’incontro del sistema rurale con quello artigianale,<br />

pubblicitario, commerciale si può formare un momento creativo avvincente<br />

per il contributo di ogni settore in termini di miglioramento del risultato finale.<br />

E’ in piena attuazione una revisione pressoché totale della legislazione relativa<br />

ai prodotti alimentari. In tale sistema di nuove regole rientra anche l’azienda<br />

agricola quando sconfina dalla produzione primaria a quella di alimenti destinati<br />

al consumo finale.<br />

Va comunque evidenziato come i nuovi assetti normativi siano, in linea generale,<br />

caratterizzati da una maggiore flessibilità e leggerezza delle procedure<br />

amministrative.<br />

2 Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.<br />

14


Sono esempio eclatante di questo nuovo corso, interventi e disposizioni sia<br />

specifiche per il settore agricolo che di generale applicazione per il sistema agroalimentare.<br />

Nel primo caso si evidenzia un atto legislativo che, per l’azienda agricola, non<br />

impone, una richiesta di autorizzazione per la vendita al dettaglio su aree private 3 .<br />

Per quanto attiene le norme orizzontali applicate al sistema agroalimentare,<br />

due regolamenti comunitari in tema di igiene degli alimenti ed in applicazione<br />

dal 1° gennaio 2006 4 dispongono, per alcune tipologie produttive, la possibilità<br />

di attivare la produzione a prescindere da un’autorizzazione preventiva ma sulla<br />

base di una comunicazione all’autorità, fermo restando il rispetto dei requisiti<br />

dettati per le strutture, gli impianti e la gestione delle criticità.<br />

La vendita diretta…….<br />

Si può arrivare quindi al progetto di punto vendita, interessante per alcune<br />

tipologie aziendali o, in alternativa, la realizzazione di prodotti etichettati da<br />

proporre negli esercizi commerciali sul territorio. E’ comunque preferibile evitare<br />

di allontanarsi, commercialmente parlando, dall’azienda agricola o dalla localizzazione<br />

territoriale. I prodotti, agricoli e direttamente proposti, devono essere<br />

indirizzati ad un’utenza “sensibile“ a determinati valori e con una visione della<br />

spesa quanto meno “alternativa” rispetto a quella organizzata presso i centri<br />

commerciali.<br />

E’ in corso di evoluzione una dimensione responsabile e consapevole del consumo<br />

che attribuisce agli alimenti non solo la funzione di nutrimento o di piacere<br />

ma anche di intimità con il territorio.<br />

Un punto vendita aziendale, deve essere legato al sistema agricolo, con aree<br />

di frequentazione adatte ad intrattenere oltre che a fornire. La valorizzazione<br />

della visibilità è conseguibile in vari modi, incluse le visite a scopo didattico ed<br />

3 LEGGE 11 marzo 2006, n. 81 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 gennaio<br />

2006, n. 2, recante interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca,<br />

nonché in materia di fiscalità d’impresa. Integra l’Art. 4 del decreto 228/2001 come di seguito: “Per la<br />

vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private<br />

di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità non è richiesta la comunicazione di inizio<br />

attività.<br />

4 Reg. CE 852/2004 e Reg. 853/2004.<br />

15


altre attività formative. Ulteriore strumento di visibilità è da ricercare nell’etichettatura<br />

dei prodotti e nei sistemi di certificazione che consentono di comunicare<br />

una serie di informazioni a promozione dei valori.<br />

Ampliare la gamma dei prodotti mediante acquisto di materie prime e successiva<br />

trasformazione in conto terzi è una eventualità da considerare, peraltro<br />

lecita e prevista, con gli opportuni limiti indicati dalle attuali norme fiscali.<br />

La realizzazione di un laboratorio in proprio rende indipendenti dal punto di<br />

vista produttivo ma comporta dei vincoli strutturali e necessita delle risorse professionali.<br />

Di contro, può garantire un’ulteriore diversificazione dell’attività fornendo<br />

servizi di preparazione prodotti per conto terzi. Si tratta quindi di una<br />

scelta da valutare con la dovuta attenzione, tenendo presente sia i benefici che le<br />

incombenze.<br />

Un cambiamento di tale entità, in termini sia culturali che produttivi, comporta<br />

anche una interpretazione innovativa delle attività tradizionalmente condotte.<br />

Servizi e prodotti sono da ricercare nella vocazione del territorio, caratterizzati<br />

quindi da costi di gestione contenuti, interessanti dal punto di vista mercantile<br />

e potenzialmente in grado di fornire la base per una trasformazione o<br />

fruizione a diversi livelli e gradi di complessità (prodotto o servizio plurimo). Un<br />

cereale può essere destinato a molteplici scopi: confezionamento tal quale o precotto,<br />

farina e pasta. Un servizio di ristoro può anche essere punto di incontro<br />

culturale, ludico o di aggiornamento tecnico.<br />

Alla multifunzionalità dell’azienda va affiancata la pluralità funzionale di attività<br />

e prodotti.<br />

La comunicazione …….<br />

Identificato e consolidato l’assetto produttivo dell’azienda, differenziato in<br />

linea verticale (prodotti trasformati) od orizzontale (pluralità di servizi e prodotti),<br />

occorre quindi valorizzare quanto in atto. La comunicazione è espressione di<br />

visibilità e quindi di spazi e di tempo.<br />

In questo ambito l’azienda non deve entrare in competizione con le modalità<br />

di comunicazione tipiche del commercio e dei gruppi distributivi. La visibilità<br />

può e deve essere raggiunta con strumenti alternativi, in quanto alternativi<br />

sono i messaggi e i valori che intende trasmettere circa i prodotti e servizi offerti.<br />

E’ da prediligere il contatto diretto con il consumatore che diventa interlocu-<br />

16


tore delle proposte produttive. La forma di comunicazione va calibrata in base<br />

alla realtà aziendale e concretizzata in messaggi e valori mirati ad esprimere un<br />

concetto di qualità originale. Non solo di tipo funzionale, basata su sicurezza e<br />

conformità agli standard, ma anche su valori immateriali, di tipo evocativo e che<br />

riconducono ad una cultura del genuino inteso come di origine “diretta” e meno<br />

condizionata dal sistema industriale.<br />

E’ opportuno quindi valorizzare questo momento di incontro con la cultura<br />

dell’alimento “coltivato” ed elaborato sul territorio nel rispetto della tradizione.<br />

Soprattutto al momento attuale, il rapporto tra cibo e identità diviene sempre<br />

più problematico per la distanza sia spaziale quanto temporale che separa il<br />

consumatore dal prodotto. L’azienda agricola può sfruttare a proprio vantaggio<br />

l’esigenza del consumatore di accorciare questa distanza ed avvicinarsi alla<br />

conoscenza dei metodi di produzione con una conseguente rilettura culturale<br />

dell’alimento.<br />

L’interazione emozionale tra prodotto ed azienda va esaltata in ogni sua prospettiva.<br />

Il rapporto tra il soggetto e l’oggetto del sistema produttivo deve essere<br />

valorizzato per quanto concerne sia la consapevolezza del primo nella realizzazione<br />

che la conseguente intimità tra i due. E’ un sistema vincente se riesce a<br />

creare e poi consegnare al mercato un prodotto avvolto da una moltitudine di<br />

“fragranze emotive”, percepibili da chi le riceve con modalità e intensità diverse,<br />

comunque originali.<br />

La comunicazione non può che dare massimo grado di valorizzazione al fascino<br />

evocativo del territorio e dell’ambiente, vetrina ed etichetta dei prodotti<br />

aziendali. Attraverso i simboli della civiltà rurale, i valori possono essere trasmessi<br />

a persone culturalmente interessate, al di là di qualsiasi luogo comune o iconologia<br />

pubblicitaria.<br />

I prodotti che derivano da tale impostazione devono essere fondati sulla tradizione,<br />

negli ingredienti e nelle modalità operative. Coerenti con il contesto<br />

culturale, realizzati in conformità alle regole dettate dalla normativa, arricchiti<br />

da un chiaro e deciso messaggio al consumatore circa la genuinità e la cura nella<br />

realizzazione.<br />

E’ il momento di un’impresa agro-alimentare in cui la fase agricola, della trasformazione,<br />

della commercializzazione e della comunicazione sono governate<br />

da un unico soggetto, ed in cui l’origine, l’identità, i valori e le evocazioni si<br />

affermano come principi e modelli di vita.<br />

17


Il testo si sviluppa in cinque capitoli inerenti le principali problematiche che<br />

si trova ad affrontare chi voglia cimentarsi nella trasformazione, commercializzazione<br />

e valorizzazione dei prodotti agricoli. Aspetti produttivi, fiscali, di etichettatura<br />

e sistemi di certificazione o valorizzazione sono le tematiche con le<br />

quali è necessario confrontarsi nell’intraprendere certi tipi di produzione.<br />

Al termine di ogni capitolo sono riportati i riferimenti normativi, per chi<br />

volesse approfondire, ed uno schema di sintesi, a promemoria e riepilogo degli<br />

argomenti trattati.<br />

Argomenti sicuramente di non semplice ed immediata comprensione ma<br />

scritti con l’intento di fornire un’idea su quali sono gli adempimenti ed i contenuti<br />

delle norme a cui fare riferimento per la trasformazione di un prodotto alimentare.<br />

Alcuni aspetti, quali la progettazione di un locale, l’implementazione<br />

di un sistema di tracciabilità, o di un piano di autocontrollo di igiene, per competenza<br />

devono essere curati da tecnici esperti. Il titolare di un’azienda nella<br />

maggior parte dei casi non è professionalmente preparato per implementare i<br />

punti appena citati, ma può e deve essere in grado di sapere a quali requisiti deve<br />

rispondere la sua attività, nessuno escluso e nessuno di più, e se l’implementazione<br />

proposta dai tecnici di riferimento, è tagliata sull’azienda. L’obiettivo del<br />

testo è quello di fornire la conoscenza delle regole da ottemperare e formare la<br />

capacità di valutare se le modalità di realizzazione e organizzazione delle attività<br />

produttive sono adeguate al contesto.<br />

Non è invece scopo del testo, la trattazione delle tematiche inerenti la valutazione<br />

economica ad attivare o meno un’attività di trasformazione, né l’analisi comparata<br />

delle diverse alternative produttive, quali la realizzazione di un laboratorio<br />

in proprio o, in alternativa, il ricorso al contoterzismo. Sono comunque aspetti da<br />

affrontare e ponderare con la dovuta attenzione in fase di pianificazione.<br />

18


1. La trasformazione dei prodotti<br />

aziendale<br />

di Donato Ferrucci 1<br />

1. Introduzione<br />

La trasformazione dei prodotti agricoli a livello aziendale rappresenta un<br />

momento di diversificazione produttiva di tipo “verticale”, con estensione della<br />

profondità di inserimento in nuovi segmenti di mercato.<br />

L’operazione è avvincente e ricca di stimoli ma necessita di adeguata pianificazione<br />

delle attività da intraprendere e delle risorse da investire. Si configura un<br />

nuovo assetto produttivo che prevede una organizzazione gestionale ed imprenditoriale<br />

ad elevato grado di professionalità. Strumenti fisici di produzione,<br />

impianti e strutture, sono resi inutili se non confortati e supportati da personale<br />

qualificato e da sistemi gestionali efficienti.<br />

L’evoluzione del prodotto da agricolo ad alimentare va sostenuta con la dovuta<br />

attenzione. Particolare cura va data agli aspetti legislativi imposti dalla trasformazione<br />

dei prodotti, percorso tecnico che determina l’evoluzione dell’azienda<br />

in impresa e la trasforma da agricola ad agroalimentare.<br />

I requisiti legislativi fondamentali da tenere in giusta e attenta considerazione<br />

riguardano:<br />

1. Le strutture coinvolte nelle varie e possibili fasi del processo produttivo<br />

(es. lavorazione, deposito, trasporto). Queste possono richiedere la registrazione,<br />

l’autorizzazione preventiva o altra forma di riconoscimento presso<br />

un’autorità pubblica (es. ASL, Servizi Veterinari, Repressione Frodi);<br />

2. Il prodotto realizzato, in termini di ingredienti utilizzabili, modalità di<br />

lavorazione, caratteristiche merceologiche (es. tenore in frutta, contento in<br />

ceneri, grado zuccherino, acidità, ecc.);<br />

3. I sistemi gestionali a garanzia dell’igiene e della sicurezza del prodotto<br />

(Haccp e rintracciabilità).<br />

1 Dottore Agronomo, libero professionista.<br />

19


La conformità legale di prodotto e di processo è il requisito minimo da rispettare<br />

per l’immissione sul mercato di un alimento. Valutazioni di ordine tecnicoeconomico<br />

non possono però essere disattese per la riuscita di un progetto in<br />

termini di stabilità e ritorno economico.<br />

Un ulteriore momento di riflessione e studio va aperto circa l’efficienza degli<br />

strumenti organizzativi e gestionali a garanzia della salute del consumatore.<br />

Questi vanno fondati su una analisi rigorosa delle caratteristiche dell’azienda e<br />

dei prodotti, per poi generare un sistema “a misura”, con elevato grado di elasticità<br />

e caratterizzato da modalità operative semplici, proporzionate ed efficaci.<br />

I sistemi di autocontrollo e rintracciabilità possono essere strumenti efficaci<br />

ed utili per l’azienda, non solo burocrazie legislative ad intralcio. Devono però<br />

essere costruiti con comprensione degli scopi e condivisione degli obiettivi da<br />

parte di chi li dovrà utilizzare per averne vantaggio.<br />

Il fondamento del progetto è dato dall’analisi del processo produttivo, occorre<br />

definire nel dettaglio le attività che porteranno alla realizzazione del prodotto<br />

finito, quali le essenziali e quali di semplice supporto.<br />

Si passa quindi ad elencare le risorse necessarie, in termini di:<br />

1. strutture, intese come locali e impianti;<br />

2. conoscenze;<br />

3. personale;<br />

4. clienti.<br />

La definizione puntuale di “cosa” e “chi” si rende necessario per realizzare il<br />

prodotto è elemento indispensabile. E’ l’analisi del processo, il punto di partenza<br />

per capire “come” lavorare.<br />

Questi sono gli aspetti che saranno introdotti nel presente capitolo attraverso<br />

dei percorsi tecnici, per poi essere approfonditi in dettaglio nella rimanente<br />

parte del testo. Esaurita quindi la casistica circa le possibili combinazioni tra<br />

lavori in conto proprio e presso terzi, il capitolo prosegue con alcuni esempi di<br />

etichette di prodotti realizzati presso una ipotetica azienda, mostrando come le<br />

indicazioni vanno a modificarsi in funzione delle caratteristiche del processo,<br />

degli ingredienti o del sito di realizzazione.<br />

E’ infine indispensabile che, nell’implementazione di un sistema produttivo,<br />

l’imprenditore, in fase di pianificazione tecnica, valutazione economica, realizzazione<br />

pratica, organizzazione dei sistemi gestionali, cerchi nelle professionalità<br />

adeguato supporto e consulenza.<br />

20


La figura dell’agronomo, come competenza trasversale, può di sicuro contribuire<br />

alla definizione di un sistema aziendale efficiente e dotato della dinamicità<br />

proporzionata al contesto produttivo.<br />

2. Un esempio di analisi e pianificazione produttiva<br />

Consideriamo l’ipotesi di dover realizzare confezioni di farina. Si potrebbe<br />

individuare uno schema di che considera le seguenti fasi:<br />

a. scelta della tipologia di farina (frumento tenero, duro, cereali minori, ecc.);<br />

b. approvvigionamento materie prime;<br />

c. molitura;<br />

d. confezionamento;<br />

e. etichettatura;<br />

f. deposito;<br />

g. commercializzazione.<br />

Ad ognuno dei punti citati corrisponde un diverso momento produttivo e<br />

decisionale, oltre che regole specifiche per arrivare ad un prodotto che rispetti i<br />

requisiti imposti dalla legge e richiesti dal mercato. Vediamo quindi per ogni<br />

aspetto elencato il possibile sviluppo e le problematiche connesse.<br />

a. Scelta della tipologia di farina<br />

In questa fase la scelta deriva dal confronto con la domanda di mercato, in<br />

termini di frequentazione, territorio e cultura. Può essere più appropriato un<br />

prodotto semi-integrale o raffinato secondo gli usi alimentari e se, soprattutto,<br />

è usuale l’utilizzo casalingo di farine per la preparazione di dolci, pane od altro.<br />

Interessante potrebbe essere anche la proposta di farine di tipo “alternativo”,<br />

tratte da cereali minori quali farro, segale, kamut © , ecc.<br />

b. Approvvigionamento materie prime<br />

L’approvvigionamento ci si aspetta che, in linea con una filosofia di valorizzazione<br />

territoriale, avvenga mediante autoproduzione od eventuale acquisizione da<br />

aziende limitrofe, secondo il principio dell’ampliamento della gamma e miglioramento<br />

della qualità fissato dalla fiscalità vigente. Sarà pertanto necessario organizzare<br />

la produzione agricola in funzione delle nuove necessità produttive.<br />

21


c. Molitura<br />

La molitura consiste nel passaggio da granella a farina attraverso una serie di<br />

operazioni così distinte:<br />

✓ prepulizia;<br />

✓ condizionamento;<br />

macinazione con produzione di farina e sottoprodotti (crusca, cruschello e<br />

tritello).<br />

Il processo può essere compiuto direttamente in azienda mediante molini di<br />

tipo “artigianale” venduti da alcune ditte specializzate.<br />

Non bisogna però dimenticare che per le farine esiste un corpo di norme specifiche<br />

e di autorizzazioni che impone:<br />

- la preventiva licenza rilasciata dalla Camera di Commercio, Industria,<br />

Artigianato ed Agricoltura (si veda l’art. 6 della Legge 7.11.1949 n° 857);<br />

- la disponibilità di locali a norma igienica ai sensi di quanto previsto dal Reg.<br />

(CE) 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari;<br />

- il prodotto farina conforme alle tipologie commercializzabili ed alle caratteristiche<br />

tecnologiche (ricetta legale) come previsto da DPR 9 febbraio 2001, n. 187.<br />

In questo caso norme plurime, di origine nazionale e comunitarie, di tipo<br />

orizzontale e verticale, influenzano le modalità operative e le autorizzazioni<br />

necessarie alla realizzazione di un prodotto.<br />

Rimane, in ogni caso, la possibilità per l’azienda di perseguire due possibili<br />

strade. La prima, prevede la realizzazione di una struttura in proprio rispondente<br />

ai requisiti di legge; la seconda, l’utilizzo di un laboratorio artigianale, dotato<br />

delle opportune autorizzazioni per l’ottenimento del prodotto finito a partire<br />

dalla granella aziendale.<br />

d. confezionamento<br />

Anche questo momento rientra tra le fasi che rispondono a requisiti di tipo<br />

igienico-sanitario specifici e che può quindi risultare opportuno esternalizzare al<br />

fine di non incorrere in un eccessivo aggravio tecnico e normativo.<br />

E’ comunque preferibile, a parere di chi scrive, iniziare l’attività di produzione<br />

rivolgendosi all’esterno ed avvalendosi della professionalità presente sul territorio,<br />

che permette due vantaggi:<br />

- il primo strettamente economico, legato alla certezza del costo correlato alla<br />

quantità prodotta e pertanto modulabile secondo le richieste del mercato;<br />

22


- il secondo di natura tecnica, legato alla possibilità di valorizzare esperienze<br />

produttive e tradizioni presenti sul territorio, avvalendosi di professionalità e<br />

cultura produttiva difficilmente raggiungibili in tempi brevi da chi si inserisce<br />

in un nuovo settore.<br />

Dall’incontro del mondo agricolo con quello artigianale possono nascere una<br />

serie di momenti interessanti, in virtù dei quali ogni competenza può aggiungere<br />

contributi positivi a miglioramento del risultato finale e suggerire iniziative<br />

ancor più avvincenti.<br />

e. Etichettatura<br />

E’ la fase in cui viene apposto al prodotto l’elemento comunicativo.<br />

L’etichetta esprime il messaggio al consumatore circa le caratteristiche del prodotto<br />

ed è regolamentata da una serie di norme sia di tipo generale che specifiche<br />

per singole categorie di prodotti. Sulle regole di comunicazione si rimanda<br />

al capitolo dedicato a quest’argomento. Da sottolineare come, fatte salve le menzioni<br />

obbligatorie ed escluse quelle fuorvianti, l’etichetta è un forte mezzo di<br />

comunicazione per l’azienda, in quanto viaggia con il prodotto e presenta l’insieme<br />

di evocazioni, sapori, fragranze in un unico contesto. Pertanto, è estremamente<br />

importante la coerenza, nei termini e figurativa, di quanto comunicato<br />

dall’etichetta con l’essenza dei valori che l’azienda intende trasmettere.<br />

f. Deposito<br />

Lo stoccaggio alimenti richiede locali idonei e rispondenti alla normativa. E’<br />

sicuramente auspicabile per l’azienda disporre di locali nei quali può immagazzinare<br />

a titolo i prodotti realizzati, in proprio o da terzi, in modo tale da avere<br />

disponibilità di approvvigionamento dalle scorte. E’ forse questa la struttura<br />

veramente essenziale, senza la quale diventa difficile gestire la commercializzazione<br />

di quanto realizzato.<br />

g. Commercializzazione<br />

Come per quelle precedenti fasi correlate ad un sito, anche questa deve avvenire<br />

presso un locale con idonee caratteristiche igieniche. Il locale può essere<br />

strutturato sia in prossimità del centro aziendale sia esternamente. Resta forse<br />

preferibile la localizzazione aziendale, sempre per rimanere in coerenza con il<br />

tipo di messaggio che si intende comunicare, ponendo l’accento sul legame con<br />

il mondo rurale. In tal caso, l’acquisto dei prodotti alimentari è inteso come<br />

23


momento ricreativo e culturale. Il consumatore, con il prodotto, acquisisce<br />

anche informazioni e servizi ricreativi da valorizzare al massimo grado ed espressione<br />

di valori e cultura “rurale”.<br />

La pianificazione appena in esempio evidenzia come le tematiche si alternano<br />

per i diversi aspetti, e vuole spingere ad una riflessione sui vari momenti che<br />

si susseguono durante la realizzazione di un prodotto.<br />

Da aggiungere, inoltre, la necessaria valutazione economica dell’attività in<br />

termini costi-benefici, che si deve accompagnare alla ricerca di eventuali possibilità<br />

di finanziamento disponibili sul territorio, tematica che apre nuovi ed<br />

ulteriori spunti di riflessione.<br />

Analoghi aspetti possono essere presi in considerazione qualora si ipotizzi<br />

l’imbottigliamento di olio extravergine di oliva o anche, in alternativa, confetture<br />

di frutta.<br />

Per l’olio extravergine si sarebbe potuta valutare la possibilità di molitura<br />

presso terzi e, di contro, realizzare un laboratorio di confezionamento, deposito<br />

e commercializzazione. Un’attenta e più approfondita indagine sarebbe forse<br />

opportuna per comprendere le tipologie di confezioni maggiormente gradite al<br />

mercato cui ci si rivolge.<br />

Nel caso delle marmellate, si sarebbe potuta considerare una fase iniziale con<br />

produzione presso terzi, seguita poi dalla realizzazione di un piccolo laboratorio<br />

di preparazione. In questo caso entrano in gioco anche la valutazione delle materie<br />

prime da lavorare che, come ovvio, devono rimanere coerenti con la filosofia<br />

aziendale.<br />

24


3. Percorsi tecnici casi applicativi<br />

Percorso Tecnico n. 1<br />

per<br />

Pomodori essiccati da Agricoltura Biologica<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Le Deliziose<br />

Marchio Az. Agr. di Alberto & Edda<br />

Denominazione Pomodori essiccati sott’olio da Agricoltura Biologica<br />

Ingredienti pomodori essiccati, olio extravergine di oliva, aceto di vino,<br />

sale.<br />

Origine dei prodotti Aziendale per i pomodori e l’olio<br />

Sito di produzione Laboratorio artigianale di proprietà dell’azienda agricola<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. CE 2092/91<br />

Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici<br />

Descrizione:<br />

L’azienda intende produrre una referenza sott’olio. Il progetto prevede la realizzazione<br />

di un piccolo laboratorio artigianale dotato delle attrezzature per la lavorazione,<br />

confezionamento ed etichettatura. Pertanto, l’intero ciclo produttivo è<br />

svolto internamente all’azienda. Sono autoprodotti, l’olio extravergine di oliva,<br />

mediante lavorazione conto terzi delle olive, ed i pomodori. L’aceto è acquistato<br />

esternamente da una cooperativa locale.<br />

Il percorso prevede:<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare la lavorazione del prodotto, nel<br />

rispetto del regolamento (CE) 852/2004. In allegato al capitolo 2, indicazioni<br />

generali inerenti i requisiti previsti per i locali.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati. Inoltre, a seconda dei casi e<br />

delle disposizioni territoriali, è possibile richiedere alle agenzie sanitarie la<br />

valutazione formale del progetto se non una verifica sanitaria preventiva e<br />

25


non vincolante dei locali che andranno ad ospitare le operazioni.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, di approvigionamento idrico e di smaltimento<br />

delle acque reflue, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano<br />

per l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE)<br />

178/2002.<br />

➢ Predisposizione di impianti di lavorazione di tipo professionale e rispondenti<br />

a quanto previsto dal Reg. (CE) 852/2004. In allegato al capitolo 2 le indicazioni,<br />

a carattere generale, circa i requisiti previsti per gli impianti.<br />

➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività<br />

nello specifico effettuate.<br />

1. La “Denuncia di inizio attività” (Dia) va presentata allo Sportello Unico<br />

Attività Produttive (SUAP) del comune interessato e su modulistica regionale.<br />

Nel caso non fosse stato istituito lo sportello citato, la Dia va indirizzata<br />

al sindaco del comune;<br />

2. Il comune trasmette i dati all’autorità competente, identificata nei<br />

Dipartimenti di Prevenzione ASL, che registra il sito sulla base delle informazioni<br />

notificate dal dichiarante;<br />

3. La registrazione non necessita di un’ispezione preventiva, pertanto l’azienda<br />

può iniziare immediatamente ad operare;<br />

4. Documenti e relazioni a corredo della Dia,<br />

a. una relazione a specifica delle caratteristiche degli impianti, del processo<br />

di produzione, dei prodotti finali,<br />

b. una dichiarazione che la struttura possiede i requisiti minimi previsti<br />

dalla norma in funzione dell’attività svolta, con particolare riferimento<br />

allo smaltimento dei reflui ed all’approvvigionamento idrico,<br />

5. La descrizione delle strutture ed impianti è da predisporre in accordo alle<br />

specifiche di seguito riportate,<br />

✓ Sono da indicare lo schema e le dimensioni dei locali con l’indicazione<br />

delle relative destinazioni d’uso, nonchè i materiali di rivestimento<br />

delle pareti e del pavimento (allegata eventualmente anche una planimetria<br />

in scala 1:100).<br />

✓ Deve essere dichiarata la disponibilità di acqua potabile calda e fredda<br />

26


e del sistema di smaltimento dei reflui a norma.<br />

✓ Deve essere dichiarata la natura e l’idoneità dei sistemi di aerazione<br />

presenti, nonchè la presenza di adeguati dispositivi per evitare l’ingresso<br />

di animali infestanti.<br />

✓ Deve essere dichiarata la disponibilità di adeguati impianti di stoccaggio/esposizione<br />

a temperatura controllata per i prodotti deperibili e la<br />

presenza di idonea attrezzatura per il lavaggio degli alimenti (quando<br />

necessario), delle attrezzature e delle mani.<br />

✓ Deve essere dichiarata la presenza di servizi igienici non in diretta<br />

comunicazione con le aree di produzione/manipolazione degli alimenti<br />

e la disponibilità di locali chiusi e/o armadi per riporre i materiali di<br />

pulizia.<br />

✓ Devono essere descritte le attrezzature e gli impianti tecnologici utilizzati.<br />

6. Per il ciclo di produzione, occorre specificare,<br />

✓ La descrizione dei prodotti realizzati, specificando eventuali destinazioni<br />

a consumatori a rischio.<br />

✓ Le materie prime utilizzate, le principali fasi del ciclo produttivo, la<br />

gestione operativa adottata al fine di evitare contaminazioni crociate<br />

dei prodotti e delle attrezzature.<br />

✓ Il numero complessivo degli addetti e la loro formazione specifica in<br />

relazione all’attività svolta.<br />

✓ L’elaborazione e l’applicazione di procedure di autocontrollo basate sul<br />

metodo HACCP, le modalità di sanificazione dei locali e delle attrezzature,<br />

di difesa dagli animali infestanti.<br />

✓ L’elaborazione e l’applicazione di procedure di rintracciabilità ed eventuale<br />

ritiro dal commercio (Reg. CE 178/02).<br />

➢ I prodotti aziendali dovranno aver terminato il periodo di conversione<br />

all’agricoltura biologica. Tutti gli ingredienti rimanenti dovranno essere certificati<br />

come “da agricoltura biologica”.<br />

➢ Il laboratorio dovrà essere stato notificato all’Organismo di certificazione e<br />

all’autorità competente.<br />

➢ Infine, necessita la predisposizione di una etichetta da apporre sul prodotto<br />

alimentare, che tenga conto dell’organizzazione del processo, in termini di<br />

materie e siti di produzione.<br />

27


Ingredienti: pomodori<br />

essiccatI (60%)*, olio<br />

extravergine di oliva, aceto<br />

di vino, sale (2)<br />

* da agricoltura biologica<br />

(11)<br />

Conservare in frigo a 4 °C<br />

dopo l’apertura e<br />

consumare in tempi brevi<br />

(8)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro il:<br />

31/12/2008 (4)<br />

(9)<br />

Pomodori essicati (1)<br />

SOTT’OLIO<br />

da agricoltura biologica (11)<br />

Az. Agr. Alberto & Edda (5)<br />

Le Deliziose (5)<br />

Prodotto dall’Az. Agr. Alberto & Edda – Loc. Il Bosco (VT) (5 e 6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)<br />

(1) denominazione del prodotto;<br />

(2) elenco degli ingredienti, quello caratterizzante (“pomodori essiccati”) con evidenziate le quantità.<br />

L’elenco deve essere in ordine di peso decrescente;<br />

(3) quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(9) Ingrediente caratterizzante il prodotto in evidenza con nome ed immagine;<br />

(10) Indicazione ecologica;<br />

(11) Riferimento al metodo di produzione, associato alla denominazione ed agli ingredienti;<br />

(12) Logo comunitario, dimensione minima richiesta pari a 20 mm e colori definiti dal Reg. CE<br />

2092/91 All. 5 Parte B, Sez. B.4 – Manuale Grafico;<br />

(13) Nome dell’Organismo di Controllo ed estremi sia dell’autorizzazione Ministeriale che del<br />

Regolamento di riferimento;<br />

(14) Codice organismo di Controllo, Azienda e Prodotto.<br />

Questo primo caso esemplifica come l’organizzazione del processo e materie sia,<br />

nella sua essenza, riportato in etichetta. Un qualsiasi cambiamento in tal senso comporta<br />

la necessità di modificare i contenuti comunicativi.<br />

28<br />

Organismo di Controllo:<br />

xxxxxxxxxx<br />

Aut. del ___ n°<br />

in applicazione al Reg. CEE<br />

n.2092/91 (13)<br />

IT AAA XXXXXX<br />

T000000 (14)<br />

300 g (3)<br />

L. 125/2006 (7)<br />

(12)


Descrizione:<br />

Percorso Tecnico n. 2<br />

per<br />

Preparato a base di frutta<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia<br />

Marchio Az. Il Frutteto<br />

Denominazione Confettura<br />

Ingredienti Fragole, zucchero, succo di mela<br />

Origine dei prodotti Aziendale per la frutta<br />

Sito di produzione Laboratorio aziendale a norma<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici D.lgs n. 50 del 4/febb/2005<br />

L’azienda intende realizzare un prodotto a base di frutta. Come per il caso precedente,<br />

la ditta prevede un laboratorio artigianale per lavorazione, confezionamento<br />

ed etichettatura.<br />

Pertanto, l’intero ciclo produttivo è svolto internamente all’azienda. E’ autoprodotta<br />

la frutta, mentre i rimanenti ingredienti sono acquisitati esternamente.<br />

E’ questo il caso di un prodotto legato ad una ricetta ed un processo che rispondono<br />

a requisiti di natura legale. Le caratteristiche dei preparati a base di frutta<br />

che vogliono utilizzare un denominazione come confettura, confettura extra, marmellata,<br />

gelatina, ecc., devono rispettare quanto previsto dal decreto citato nella<br />

scheda prodotto per quanto attiene le materie prime utilizzabili, le quantità e le<br />

modalità di lavorazione.<br />

Nel caso del preparato a base di frutta potremo chiamarlo confettura se rispetta<br />

le seguenti indicazioni:<br />

1) costituito da una mescolanza, opportunamente gelificata, di zuccheri,<br />

polpa e/o purea di una o più specie di frutta e acqua (con eccezione per gli<br />

agrumi, ove la confettura è ottenibile dal frutto intero o affettato);<br />

2) La quantità di polpa per 1000 grammi di prodotto finito non deve essere<br />

inferiore a 350 grammi;<br />

29


3) Può comporsi sia di polpa che purea, la prima che si caratterizza in pezzi<br />

più grossolani, la seconda dal diventare una pasta omogenea.<br />

Il percorso prevede:<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare la lavorazione, il confezionamento<br />

ed etichettatura del prodotto, nel rispetto del regolamento (CE)<br />

852/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, di approvigionamento idrico e di smaltimento<br />

delle acque reflue, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano<br />

per l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE)<br />

178/2002.<br />

➢ Predisposizione di impianti di lavorazione di tipo professionale e rispondenti<br />

a quanto previsto dal Reg. (CE) 852/2004. In allegato al capitolo 2 le indicazioni,<br />

a carattere generale, circa i requisiti previsti per gli impianti.<br />

➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività<br />

nello specifico effettuate (Preparazione, confezionamento ed etichettatura).<br />

Si veda il percorso tecnico n. 1 per ulteriori dettagli circa questo punto<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga<br />

conto dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

30


Ingredienti: fragole,<br />

zucchero, succo di mela (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente<br />

entro il:<br />

31/12/2008 (4)<br />

Confettura (1)<br />

di fragole (9)<br />

Azienda Agricola Il Frutteto (5)<br />

Conservare in frigo a 4 °C dopo l’apertura e consumare in tempi brevi (7)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore;<br />

(6) Lotto;<br />

(7) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(8) Tenore in frutta e zuccheri;<br />

(9) Completamento della denominazione con il nome del frutto;<br />

(10) Indicazione ecologica;<br />

(11) Marchio commerciale<br />

I punti da 1 a 9 sono obbligatori. I primi 7 sono riferiti alla norma generale sull’etichettatura<br />

dei prodotti, 8 e 9 sono invece dettati da una norma specifica e<br />

devono comparire nello stesso campo visivo della denominazione del prodotto.<br />

Il punto 10 è definito come “indicazione ecologica”, al momento facoltativa. Il<br />

consiglio è comunque quello inserire l’indicazione. In sintesi si tratta di in un<br />

invito a non disperdere i contenitori nell’ambiente dopo l’uso, in forma di messaggio<br />

scritto o di pittogramma.<br />

L’esempio si presta ad alcune considerazioni:<br />

1. L’ingrediente caratterizzante evidenziato “fragola”, con segno ed immagine,<br />

non necessita di essere associato alla quantità utilizzata (Ingredienti: fragole<br />

60%, zucchero, succo di mela) in quanto questa viene richiesta dalla specifica<br />

norma (indicazione del quantitativo di frutta per 100 gr. di prodotto);<br />

2. La sede dello stabilimento di produzione può essere omessa in quanto<br />

coincide con il la sede del fabbricante;<br />

31<br />

400 g (3)<br />

L. 125/2006 (6)<br />

Contenuto in frutta:<br />

60 gr per 100 gr di prodotto<br />

Contenuto in zuccheri:<br />

30 gr per 100 gr di prodotto (8)<br />

Prodotto e confezionato da Az. Agr. Il Frutteto – Loc. Il Boschetto (VT) www.ilfrutteto.it (5)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)


Descrizione:<br />

L’azienda realizza un prodotto a base di frutta. Nello specifico l’azienda si avvale<br />

di un laboratorio esterno per la preparazione del prodotto. Quindi, una parte<br />

del ciclo produttivo è svolto al di fuori dell’azienda. E’ autoprodotta la frutta,<br />

mentre i rimanenti ingredienti sono acquisitati all’esterno.<br />

Il percorso prevede:<br />

Percorso Tecnico n. 3<br />

per<br />

Preparato a base di frutta<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Le Fruttose<br />

Marchio Az. Il Frutteto<br />

Denominazione Preparato a base di fragole<br />

Ingredienti Frutta, zucchero, pectina, acido citrico<br />

Origine dei prodotti Aziendale per la frutta<br />

Sito di produzione Laboratorio artigianale che opera in conto terzi per l’azienda<br />

agricola<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici D.lgs n. 50 del 4/febb/2005<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare il deposito del prodotto confezionato,<br />

nel rispetto del regolamento (CE) 852/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso<br />

dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano<br />

per l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari per la fase svolta dall’azienda.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE)<br />

178/2002.<br />

32


➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività<br />

nello specifico effettuate (confezionamento ed eventuale etichettatura). Si<br />

veda il percorso tecnico n. 1 per ulteriori dettagli circa questo punto.<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga<br />

conto dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

Preparato a base di fragole (1)<br />

Ingredienti: fragole 60%,<br />

zucchero, gelificante: pectina,<br />

acidificante: acido citrico (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro il:<br />

31/12/2008 (4)<br />

Fragole (9)<br />

Azienda Agricola Il Frutteto (5)<br />

(9)<br />

Conservare in frigo a 4 °C dopo l’apertura e consumare in tempi brevi (8)<br />

Prodotto per Az. Agr. Il Frutteto – Loc. Il Boschetto (VT) www.ilfrutteto.it (5)<br />

Stabilimento di Via dell’Artigianato xx – Viterbo (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)<br />

Le Fruttose (5)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti, con quello caratterizzante evidenziato (“fragole”) evidenziato in quantità<br />

e gli additivi specificati per tipo con nome per esteso (in alternativa si sarebbe potuta utilizzare<br />

la sigla di registrazione CE, “E” seguito dal codice numerico);<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(9) Ingrediente caratterizzante il prodotto in evidenza con nome ed immagine;<br />

(10) Indicazione ecologica.<br />

Note:<br />

I cambiamenti ipotizzati, rispetto al caso precedente, per quanto attiene le<br />

modalità di organizzazione, hanno comportato le seguenti modifiche:<br />

1) Il prodotto non utilizza una denominazione normata da legge, quale con-<br />

33<br />

400 g (3)<br />

L. 125/2006 (7)


fettura, marmellata od altro, e pertanto non necessita la specifica del contenuto<br />

in frutta e zuccheri, essendo fuori del campo di applicazione della<br />

norma specifica relative a questi prodotti;<br />

2) La realizzazione presso un laboratorio esterno comporta la necessità di<br />

indicare anche l’indirizzo di quest’ultimo sito;<br />

3) evidenziare la fragola come ingrediente comporta l’obbligo di indicarne in<br />

quantitativo utilizzato in quanto potrebbe veicolare le preferenze del consumatore;<br />

4) la maggiore articolazione degli ingredienti impone di specificare la tipologia<br />

degli additivi, distinguendoli per categoria funzionale (gelificanti e acidificanti<br />

o correttori di acidità) e per nome (acido citrico o pectina, rispettivamente<br />

E330 ed E440 in classificazione CE).<br />

34


Descrizione:<br />

L’azienda realizza un prodotto a base di ortaggi. Nello specifico l’azienda si avvale<br />

di un laboratorio esterno per la preparazione del prodotto. Quindi, una parte<br />

del ciclo produttivo è svolto al di fuori dell’azienda. Sono autoprodotti l’olio e<br />

gli ortaggi, i rimanenti ingredienti sono acquisitati all’esterno.<br />

Il percorso prevede:<br />

Percorso Tecnico n. 4<br />

per<br />

Preparato a base di ortaggi<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Le Succose<br />

Marchio Az. Agr. Orto Ricco<br />

Denominazione Composta di Zucca/Preparato a base di Zucca (in alternativa)<br />

Ingredienti Zucca, olio extravergine di oliva, cipolle, zucchero, aceto di<br />

vino<br />

Origine dei prodotti Aziendale per ortaggi ed olio<br />

Sito di produzione Laboratorio artigianale che opera in conto terzi per l’azienda<br />

agricola<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare il deposito del prodotto confezionato,<br />

nel rispetto del regolamento (CE) 852/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso<br />

dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano<br />

per l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari per la fase svolta dall’azienda.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE)<br />

178/2002.<br />

35


➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività<br />

nello specifico effettuate (confezionamento ed eventuale etichettatura). Si<br />

veda il percorso tecnico n. 1 per ulteriori dettagli circa questo punto.<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga conto<br />

dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

Preparato a base di Zucca (1)<br />

Zucca (9)<br />

Azienda Agricola Orto Ricco (5)<br />

Ingredienti: polpa di zucca<br />

80%, zucchero, cipolla, olio<br />

extravergine di oliva, amido (di<br />

frumento) (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro il:<br />

31/12/2008 (4)<br />

(9)<br />

Prodotto per Az. Agr. Orto Ricco – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

Stabilimento di Via dell’Artigianato xx – Viterbo (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)<br />

Le Succose (5)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti, con evidenziata la quantità per quello caratterizzante (“polpa di zucca”).<br />

L’elenco deve essere in ordine di peso decrescente. Nel caso è stato specificata l’origine dell’amido<br />

in quanto allergene (derivati di cereali contenenti glutine)<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(9) Ingrediente caratterizzante il prodotto in evidenza con nome ed immagine;<br />

(10) Indicazione ecologica.<br />

36<br />

400 g (3)<br />

L. 125/2006 (7)<br />

Conservare in frigo a 4 °C<br />

dopo l’apertura e consumare<br />

in tempi brevi (8)


Percorso Tecnico n. 5<br />

per<br />

Preparato a base di nocciole<br />

Convenzionale e da Agricoltura Biologica<br />

Scheda prodotto Convenzionale<br />

Nome di Fantasia Nocciolina<br />

Marchio Az. Agr. La nocciola di Franco<br />

Denominazione Crema di Nocciole<br />

Ingredienti nocciole, zucchero di canna grezzo, olio di girasole, cacao<br />

amaro in polvere<br />

Origine dei prodotti Aziendale per le nocciole<br />

Sito di produzione Struttura esterna che realizza il semilavorato (crema di nocciole)<br />

e laboratorio aziendale per il prodotto finito<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici D.leg.vo 12/6/2003, n. 178<br />

Scheda prodotto da Agricoltura Biologica<br />

Nome di Fantasia Nocciolina Bio<br />

Marchio Az. Agr. La nocciola di Franco<br />

Denominazione Crema di Nocciole da Agricoltura Biologica<br />

Ingredienti nocciole, zucchero di canna grezzo, olio di girasole, cacao<br />

amaro in polvere<br />

Origine dei prodotti Aziendale per le nocciole<br />

Sito di produzione Struttura esterna che realizza il semilavorato (crema di nocciole)<br />

e laboratorio aziendale per il prodotto finito<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. CE 2092/91 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici D.leg.vo 12/6/2003, n. 178<br />

Descrizione:<br />

L’azienda realizza un prodotto a base di nocciole. La produzione della crema di<br />

nocciole è effettuata presso un’industria di trasformazione, mentre il prodotto<br />

finito è realizzato in proprio dall’azienda (laboratorio interno). In questo caso,<br />

37


una parte del ciclo produttivo è svolta al di fuori dell’azienda ed una parte all’interno.<br />

Sono autoprodotte le nocciole, i rimanenti ingredienti vengono acquistati<br />

all’esterno.<br />

Il percorso prevede:<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare la lavorazione, il confezionamento<br />

ed etichettatura del preparato, nel rispetto del regolamento (CE)<br />

852/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, di approvigionamento idrico e di smaltimento<br />

delle acque reflue, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano<br />

per l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE)<br />

178/2002.<br />

➢ Predisposizione di impianti di lavorazione di tipo professionale e rispondenti<br />

a quanto previsto dal Reg. (CE) 852/2004. In allegato al capitolo 2 le indicazioni,<br />

a carattere generale, circa i requisiti previsti per gli impianti.<br />

➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività<br />

nello specifico effettuate (Preparazione, confezionamento ed etichettatura).<br />

Si veda il percorso tecnico n. 1 per ulteriori dettagli circa questo punto.<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga<br />

conto dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

Ai precedenti punti, nel caso del prodotto da agricoltura biologica si aggiunge<br />

che:<br />

➢ La realizzazione del semilavorato (pasta di nocciole), deve avvenire presso una<br />

ditta assoggettata al sistema di controllo delle produzioni biologiche. Occorre<br />

quindi acquisire un documento a garanzia l’inscrizione del contoterzista e che<br />

38


può essere rilasciato solo da un ente di certificazione autorizzato dal<br />

Ministero competente (attestato, certificato od altro documento in corso di<br />

validità).<br />

➢ E’ necessario acquisire anche i certificati di prodotto “da agricoltura biologica”<br />

per i rimanenti ingredienti (cacao, olio di girasole e zucchero di canna).<br />

Rilasciati sempre dall’Organismo di Certificazione.<br />

➢ E’ inoltre opportuna la definizione di una scrittura privata nella quale, l’operatore<br />

che effettua il contoterzismo, si impegna a lavorare in prodotti secondo<br />

quanto previsto dal Reg. CE 2092/91 (disciplina del metodo di produzione<br />

biologico, lavorazioni separate nel tempo o nello spazio).<br />

Ingredienti: nocciole (18%),<br />

zucchero di canna grezzo, olio<br />

di girasole, cacao amaro in<br />

polvere (8%) (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro il:<br />

31/12/2008 (4)<br />

Crema (1) di Nocciole al Cacao (9)<br />

Az. Agr. La nocciola (5)<br />

(9)<br />

Prodotto da Az. Agr. La Nocciola – Loc. Il Boschetto (VT) (5) e (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)<br />

Le Cremose (5)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti con evidenziate le quantità per quelli caratterizzanti (“nocciole e cacao”).<br />

L’elenco deve essere in ordine di peso decrescente. La composizione del cacao non va evidenziata<br />

in quanto prodotto con ingredientistica definita da norme di legge. E’ definito cacao il prodotto<br />

ottenuto mediante trasformazione in polvere di semi di cacao puliti, decorticati e torrefatti e che<br />

presenta un tenore minimo di burro di cacao del 20% e un tenore massimo di acqua del 9%;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(9) Ingrediente caratterizzante il prodotto in evidenza con nome ed immagine;<br />

(10) Indicazione ecologica.<br />

39<br />

400 g (3)<br />

L. 125/2006 (7)<br />

Conservare in frigo a 4 °C<br />

dopo l’apertura e consumare<br />

in tempi brevi (8)


Ingredienti: nocciole<br />

(18%)*, zucchero di canna<br />

grezzo*, olio di girasole*,<br />

cacao amaro in polvere*<br />

(8%) (2)<br />

* da agricoltura biologica<br />

(11)<br />

Conservare in frigo a 4 °C<br />

dopo l’apertura e<br />

consumare in tempi brevi<br />

(8)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro il:<br />

31/12/2008 (4)<br />

Crema (1) di Nocciole al Cacao (9)<br />

da agricoltura biologica (11)<br />

Az. Agr. La nocciola (5)<br />

(9)<br />

Prodotto da Az. Agr. La Nocciola di Franco – Loc. Il Boschetto (VT) (5) e (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)<br />

Le Cremose (5)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti, con quelli caratterizzanti con evidenziate le quantità (“nocciole e<br />

cacao”). L’elenco deve essere in ordine di peso decrescente;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(9) Ingrediente caratterizzante il prodotto in evidenza con nome ed immagine;<br />

(10) Indicazione ecologica;<br />

(11) Riferimento al metodo di produzione, associato alla denominazione ed agli ingredienti;<br />

(12) Logo comunitario, dimensione minima richiesta pari a 20 mm e colori definiti dal Reg. CE<br />

2092/91 All. 5 Parte B, Sez. B.4 – Manuale Grafico;<br />

(13) Nome dell’Organismo di Controllo ed estremi sia dell’autorizzazione Ministeriale che del<br />

Regolamento di riferimento;<br />

(14) Codice organismo di Controllo, Azienda e Prodotto.<br />

40<br />

Organismo di Controllo:<br />

xxxxxxxxxx<br />

Aut. del ___ n°<br />

in applicazione al Reg. CEE<br />

n.2092/91 (13)<br />

IT AAA XXXXXX<br />

T000000 (14)<br />

400 g (3)<br />

L. 125/2006 (7)<br />

(12)


L’olio di oliva è l’esempio emblematico di una ricetta legale, dove processo,<br />

ingredienti, parametri merceologici ed etichettatura sono definiti da regole<br />

cogenti.<br />

In particolare, per quanto attiene le menzioni da indicare in etichetta, queste si<br />

distinguono in obbligatorie e volontarie. Le dizioni volontarie devono essere<br />

avvalorate da sistemi di registrazione in continuo ad evidenza di quanto dichiarato.<br />

Premesso che i contenitori, se destinati al consumatore finale dovranno rispondere<br />

ai seguenti requisiti:<br />

a. capacità massima di 5 litri,<br />

b. chiusura ermetica;<br />

c. etichettati;<br />

d. confezionati in quantità nominali pari a 0,10-0,25-0,50-0,75-1,00-2,00-<br />

3,00-5,00 ed espresse in litri.<br />

Indicazioni obbligatorie<br />

Percorso Tecnico n. 6<br />

per<br />

Olio extra vergine di oliva<br />

1. Denominazione di vendita, inclusa la classificazione e la definizione del prodotto,<br />

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA<br />

Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive<br />

e unicamente mediante procedimenti meccanici<br />

L’olio extravergine di oliva è definito come olio di oliva vergine la cui acidità<br />

libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 g<br />

2. Le altre indicazioni previste dal D.lgs n. 109/1992, ricordando che denominazione<br />

di vendita, la quantità ed il termine minimo di conservazione, nonché<br />

le altre indicazioni obbligatorie, devono figurare in etichetta nello stesso<br />

campo visivo.<br />

41


Inoltre ed infine:<br />

1. La distinzione tra etichetta principale ed etichetta secondaria o retro-etichetta<br />

non è codificata da alcuna norma nazionale o comunitaria per cui è possibile<br />

indicare su di una solo il marchio e riportare nella seconda le indicazioni<br />

previste dalla normativa vigente;<br />

2. tutte le indicazioni devono essere almeno in lingua italiana e menzionate in<br />

un punto evidente in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili<br />

ed indelebili, senza essere in alcun modo dissimulate o deformate.<br />

Indicazioni facoltative disciplinate dal Reg. CE 1019/2002<br />

1. prima spremitura a freddo (art. 5): per oli d’oliva vergini o extra vergini ottenuti<br />

a meno di 27 °C con una prima spremitura meccanica della pasta d’olive,<br />

con un sistema di estrazione di tipo tradizionale con presse idrauliche;<br />

2. estratto a freddo (art. 5): per oli d’oliva vergini o extra vergini ottenuti a<br />

meno di 27° C con un processo di percolazione o centrifugazione della pasta<br />

d’olive;<br />

3. indicazioni su caratteristiche organolettiche (art. 5): possono figurare, esclusivamente<br />

se sono basate sui risultati di un metodo d’analisi previsto dal regolamento<br />

CEE 2568/91;<br />

4. acidità o acidità massima (art. 5): può figurare unicamente se accompagnata<br />

dalla menzione, in caratteri delle stesse dimensioni e nello stesso campo<br />

visivo, dell’indice dei perossidi, del tenore in cere e dell’assorbimento nell’ultravioletto,<br />

stabiliti a norma del regolamento (CE) n. 2568/91. I valori<br />

potranno essere seguiti dalla frase “valori massimi all’atto del confezionamento”;<br />

5. Designazione d’origine (art. 4): per designazione d’origine si intende l’indicazione<br />

di un nome geografico, sull’imballaggio o sull’etichetta, limitata agli<br />

oli extra vergini e vergini, e che concerne una zona geografica limitata ai<br />

seguenti casi,<br />

a. livello regionale per i prodotti DOP e IGP,<br />

b. stato membro (es. Italia),<br />

c. la Comunità Europea (CE),<br />

d. un paese terzo (es. Argentina).<br />

L’indicazione dell’origine geografica come Stato membro, potrà essere riportata<br />

42


solo nel caso in cui le olive siano raccolte e l’olio prodotto nello stesso Paese.<br />

Nel caso di raccolta delle olive in uno Stato membro o Paese terzo diverso da<br />

quello dove sono state molite, la designazione dovrà far riferimento ad entrambe<br />

le origini e in etichetta sarà riportata la dicitura: Olio extra vergine di oliva<br />

ottenuto in Italia da olive raccolte in Spagna.<br />

Qualsiasi riferimento ad una zona geografica sull’imballaggio o sull’etichetta è considerato<br />

come una designazione dell’origine soggetta alle disposizioni del regolamento.<br />

La puntualizzazone della norma impedisce di fatto la possibilità di riferire in etichetta<br />

una qualsiasi origine geografica che non ricada nei casi appena elencati.<br />

Il rispetto delle indicazioni facoltative è oggetto di verifica da parte dell’Istituto<br />

Centrale Repressione Frodi (ICRF). Le specifiche circa le modalità operative e<br />

la tenuta delle registrazioni sono dettate da tre diverse circolari dell’Istituto, dove<br />

troviamo che:<br />

1. per i requisiti di cui ai precedenti punti da 1 a 4, le ditte sono tenute ad una<br />

comunicazione annuale di inizio attività;<br />

2. per il requisito relativo all’acidità nella comunicazione di inizio attività andrà<br />

fornita l’indicazione relativa al laboratorio presso il quale vengono effettuate<br />

le analisi, precisando se il laboratorio è interno o esterno allo stabilimento di<br />

confezionamento e se si tratta di laboratorio accreditato. L’acidità può figurare<br />

solo se accompagnata dai valori dell’ indice dei perossidi, del tenore in<br />

cere, e dei valori spettro fotometrici, ( K232, K270, Delta K ). I valori<br />

potranno essere seguiti dalla frase “ valori massimi all’atto del confezionamento<br />

“. Chiunque intende riportare in etichetta l’ indicazione dell’acidità e degli<br />

altri parametri previsti, dovrà predisporre i mezzi di prova necessari per verificare<br />

la conformità del prodotto ai limiti indicati;<br />

3. per il requisito inerente le temperature di lavorazione, nella comunicazione<br />

di inizio attività, deve essere specificato:<br />

a. il tipo di impianto utilizzato per la spremitura delle olive (di tipo tradizionale<br />

con presse idrauliche o con un processo di percolazione o centrifugazione),<br />

b. le indicazioni relative al sistema di rilevamento delle temperature, gli strumenti<br />

utilizzati e in quale fase del processo produttivo è stata effettuata la<br />

misurazione.<br />

43


I titolari dei frantoi sono tenuti a fornire, per ogni partita di olive lavorate, una<br />

dichiarazione che indichi i mezzi tecnologici installati a garanzia della veridicità<br />

di quanto affermato. Le modalità di registrazione e controllo delle temperature<br />

sono esplicitate nella relativa circolare;<br />

4. per quanto attiene la designazione d’origine, vengono definiti i dettagli circa<br />

le modalità delle registrazioni;<br />

L’ultimo aspetto si articola in maniera più complessa rispetto ai precedenti<br />

punti. La possibilità di indicare in etichetta la designazione d’origine è vincolata<br />

al riconoscimento dello stabilimento da parte dell’autorità compente mediante<br />

attribuzione di un codice alfanumerico. Per la <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong>, le modalità<br />

sono dettate da una delibera che specifica la formula di richiesta e la documentazione<br />

da allegare a corredo. La domanda di riconoscimento e attribuzione del<br />

codice alfanumerico (es. VT 012) va inoltrata alla <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> mediante l’area<br />

decentrata Agricoltura della provincia di competenza. Validata la struttura, è<br />

possibile indicare in etichetta la dicitura “Italiano”, fermo restando il mantenimento<br />

delle registrazioni ad evidenza del corretto operato.<br />

Ulteriori riferimenti normativi:<br />

- Circolare ICRF n. 20979 del 21/08/03.<br />

- Circolare ICRF n. 22167 del 16/06/04.<br />

- Circolare ICRF n. 23611 del 11/10/04.<br />

- REGOLAMENTO (CE) N. 2815/98 DELLA COMMISSIONE del 22<br />

dicembre 1998 relativo alle norme commerciali dell’olio d’oliva.<br />

- Deliberazione della Giunta Regionale 11 aprile 2000, n.1201 Disposizioni<br />

operative per il riconoscimento delle imprese di condizionamento degli oli<br />

extra vergine di oliva e degli oli vergini di oliva ed attribuzione del relativo<br />

codice alfanumerico ai sensi del Reg. (CE) n. 2815/98 ubicati nel territorio<br />

della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong>. (BURL n. 15 del 30-5-2000).<br />

44


Descrizione:<br />

L’azienda realizza la sola fase agricola. Il prodotto è molito e confezionato presso<br />

un frantoio.<br />

Il percorso prevede:<br />

6.1<br />

Olio Extra Vergine di Oliva<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Poggio del Sole<br />

Marchio Az. Agr. Alessandro<br />

Denominazione Olio extravergine di Oliva<br />

Tipo Standard<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Nessuna<br />

Sito di produzione Frantoio che opera in conto terzi per l’azienda agricola.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici Reg. (CE) 1019/2002.<br />

Decreto M.I.P.A.F. del 14/11/2003<br />

Decreto M.I.P.A.F. del 4/06/2004<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare il solo deposito di prodotto confezionato,<br />

nel rispetto del regolamento (CE) 852/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso<br />

dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano<br />

per l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE)<br />

45


178/2002.<br />

➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività<br />

nello specifico effettuate (deposito). Si veda il percorso tecnico n. 1 per ulteriori<br />

dettagli circa questo punto.<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga<br />

conto dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

Olio extravergine di Oliva (1)<br />

Poggio del Sole (5)<br />

Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente<br />

mediante procedimenti meccanici (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro<br />

Dicembre 2008 (4)<br />

(1) Denominazione del prodotto e categoria merceologica come da Reg. CE;<br />

(2) Definizione del prodotto come da Reg. comunitario - Obbligatoria;<br />

(3) Quantità, espressa in litri (come richiesto da D.lgs n. 109/1992);<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del produttore, marchi commerciali;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione o confezionamento;<br />

(7) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(8) Lotto;<br />

(9) Indicazione ecologica.<br />

46<br />

Conservare in luogo<br />

asciutto e al riparo dalla<br />

luce e da fonti di calore (7)<br />

Lt. 0.75 e (3)<br />

Prodotto e confezionato presso: Stabilimento di Via dell’Artigianato 11 – Viterbo (6)<br />

Per conto dell’Az. Agr. Alessandro – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

Non disperdere nell’ambiente (9) Lotto 01/2006 (8)


Il percorso prevede:<br />

6.2<br />

Olio Extra Vergine di Oliva D.O.P.<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Poggio del Sole<br />

Marchio Az. Agr. Alessandro<br />

Denominazione Olio extravergine di Oliva<br />

Tipo DOP<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Molitura a freddo – Bassa acidità<br />

Sito di produzione Molitura in frantoio aziendale, confezionamento in stabilimento<br />

esterno.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici Reg. (CE) 1019/2002.<br />

Decreto M.I.P.A.F. del 14/11/2003<br />

Decreto M.I.P.A.F. del 4/06/2004<br />

Regolamento (CE) N. 510/2006<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare la molitura del prodotto, nel rispetto<br />

del regolamento (CE) 852/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di competenza<br />

territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, di approvigionamento idrico e di smaltimento<br />

delle acque reflue, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano per<br />

l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE) 178/2002.<br />

➢ Predisposizione di impianti di lavorazione di tipo professionale e rispondenti a<br />

quanto previsto dal Reg. (CE) 852/2004. In allegato al capitolo 2 le indicazioni,<br />

a carattere generale, circa i requisiti previsti per gli impianti.<br />

➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività nello<br />

47


specifico effettuate (Preparazione, confezionamento ed etichettatura). Si veda il<br />

percorso tecnico n. 1 per ulteriori dettagli circa questo punto.<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga conto<br />

dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

Olio extravergine di Oliva (1)<br />

Poggio del Sole (5)<br />

Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente<br />

mediante procedimenti meccanici (2)<br />

Estratto a freddo (10)<br />

(11)<br />

(12)<br />

D.O.P.<br />

TUSCIA<br />

(1) Denominazione del prodotto e categoria merceologica come da Reg. CE;<br />

(2) Definizione del prodotto come da Reg. comunitario;<br />

(3) Quantità, espressa in litri (come richiesto dal Reg. CE 1019/2002)<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del produttore, marchi commerciali;<br />

(6) Sede dello stabilimento di confezionamento;<br />

(7) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(8) Lotto;<br />

(9) Indicazione ecologica;<br />

(10) Ottenuto a meno di 27° C con un processo di percolazione o centrifugazione della pasta d’olive<br />

- Facoltativo;<br />

(11) Denominazionedi origine;<br />

(12) Logo comunitario;<br />

(13) Riferimenti legislativi alla denominazione;<br />

(14) Indicazione per il livello di acidità – Facoltativo.<br />

48<br />

Lt. 0.75 e (3)<br />

Garantito dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ai sensi dell’art. 10<br />

del Reg. (CEE) 2081/92<br />

Organismo di controllo per la D.O.P. Tuscia XXXXXX (13)<br />

Prodotto dall’Az. Agr. Alessandro – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

Confezionato presso lo stabilimento di Via dell’Artigianato 11 – Viterbo (6)<br />

A BASSA<br />

ACIDITÀ (14)<br />

Acidità: ____<br />

K 232: ______<br />

K 270: _____<br />

Delta K: _____<br />

Cere: ______<br />

Perossidi: _____<br />

(valori massimi<br />

all’atto<br />

del<br />

confezionamento)<br />

Da consumarsi preferibilmente entro Dicembre 2008 (4)<br />

Conservare in luogo asciutto e al riparo dalla luce e da fonti di calore (7)<br />

Non disperdere nell’ambiente (9) Lotto 01/2006 (8)


Il percorso prevede:<br />

6.2<br />

Olio Extra Vergine di Oliva<br />

da Agricoltura Biologica<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Poggio del Sole<br />

Marchio Az. Agr. Alessandro<br />

Denominazione Olio extravergine di Oliva<br />

Tipo da Agricoltura Biologica<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Molitura a freddo – Bassa acidità<br />

Sito di produzione Molitura in frantoio esterno e confezionamento presso struttura<br />

aziendale<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici Reg. (CE) 1019/2002.<br />

Decreto M.I.P.A.F. del 14/11/2003<br />

Decreto M.I.P.A.F. del 4/06/2004<br />

Regolamento (CE) 2092/91<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare il confezionamento e deposito del<br />

prodotto, nel rispetto del regolamento (CE) 852/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, di approvigionamento idrico e di smaltimento<br />

delle acque reflue, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano per<br />

l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE) 178/2002.<br />

➢ Predisposizione di impianti di lavorazione di tipo professionale e rispondenti a<br />

quanto previsto dal Reg. (CE) 852/2004. In allegato al capitolo 2 le indicazioni,<br />

a carattere generale, circa i requisiti previsti per gli impianti.<br />

➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività nello<br />

49


specifico effettuate (Preparazione, confezionamento ed etichettatura). Si veda<br />

il percorso tecnico n. 1 per ulteriori dettagli circa questo punto.<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga conto<br />

dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

➢ Le olive dovranno aver terminato il periodo di conversione all’agricoltura biologica.<br />

➢ La molitura deve avvenire presso un operatore assoggettato al sistema di controllo<br />

delle produzioni biologiche. Occorre quindi acquisire un documento a<br />

garanzia l’inscrizione del contoterzista, che può essere rilasciato solo da un ente<br />

di certificazione autorizzato dal Ministero competente (attestato, certificato od<br />

altro documento in corso di validità).<br />

➢ E’ inoltre opportuna la definizione di una scrittura privata nella quale, l’operatore<br />

che effettua il contoterzismo, si impegna a lavorare in prodotti secondo<br />

quanto previsto dal Reg. CE 2092/91 (disciplina del metodo di produzione<br />

biologico, lavorazioni separate nel tempo o nello spazio).<br />

50


Olio extravergine di Oliva (1)<br />

da Agricoltura Biologica (13)<br />

Poggio del Sole (5)<br />

Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente<br />

mediante procedimenti meccanici (2)<br />

(10)<br />

Organismo di Controllo:<br />

xxxxxxxxxx<br />

Aut. del ___ n°<br />

in applicazione al Reg.<br />

CEE n.2092/91 (11)<br />

IT AAA XXXXXX<br />

T000000 (12)<br />

ITALIANO<br />

(9)<br />

Confezionato dall’Az. Agr. Alessandro – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

(1) Denominazione del prodotto e categoria merceologica come da Reg. CE;<br />

(2) Definizione del prodotto come da Reg. comunitario;<br />

(3) Quantità, espressa in litri (come richiesto dal Reg. CE 1019/2002);<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

(5) Ragione sociale del produttore, marchi commerciali. La sede del produttore, coincide con quella<br />

dello stabilimento di confezionamento, pertanto non necessita indicare il Frantoio di molitura;<br />

(6) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Indicazione ecologica;<br />

(9) Designazione d’origine, prodotto di origine italiana, per materia prima e molitura- Facoltativo;<br />

(10) Logo comunitario, dimensione minima richiesta pari a 20 mm e colori definiti dal Reg. CE<br />

2092/91 All. 5 Parte B, Sez. B.4 – Manuale Grafico;<br />

(11) Nome dell’Organismo di Controllo ed estremi sia dell’autorizzazione Ministeriale che del<br />

Regolamento di riferimento;<br />

(12) Codice organismo di Controllo, Azienda e Prodotto;<br />

(13) Riferimento al metodo di produzione, associato alla denominazione;<br />

(14) Indicazione per il livello di acidità – Facoltativo;<br />

(15) Designazione d’origine – Facoltativo.<br />

51<br />

A BASSA<br />

ACIDITÀ (14)<br />

Acidità: ____<br />

K 232: ______<br />

K 270: _____<br />

Delta K: _____<br />

Cere: ______<br />

Perossidi: _____<br />

(valori massimi<br />

all’atto<br />

del<br />

confezionamento)<br />

Lt. 0.75 e (3)<br />

IT XXX VT (15)<br />

Da consumarsi preferibilmente entro Dicembre 2008 (4)<br />

Conservare in luogo asciutto e al riparo dalla luce e da fonti di calore (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (8) Lotto 01/2006 (7)


Descrizione:<br />

Allevamento con caseificio aziendale. Il preparato di frutta è acquistato sul mercato.<br />

Gli ingredienti del preparato sono desunti dalla scheda tecnica che, deve<br />

essere richiesta al fornitore della materia, per poter correttamente indicare in etichetta<br />

gli ingredienti del prodotto finito.<br />

Il percorso prevede:<br />

Percorso Tecnico n. 7<br />

per<br />

Yogurt alla fragola<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia<br />

Marchio Az. Agr. La Latteria<br />

Denominazione Yogurt intero - Fragole<br />

Ingredienti Yogurt intero (Latte intero, streptococcus thermophilus, lactobacillus<br />

bulgaricus), preparato di frutta a base di fragole<br />

(fragole 60% - 13.8 % sul totale del prodotto , zucchero, stabilizzanti:<br />

farina di semi di carrube e amido di tapioca, aromi<br />

naturali).<br />

Origine dei prodotti Aziendale per il latte.<br />

Sito di produzione Caseificio aziendale.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. (CE) 852/2004<br />

Riferimenti normativi specifici D.leg.vo 12/6/2003, n. 178 - Reg. (CE) 853/2004<br />

➢ Predisposizione di un locale atto ad ospitare la lavorazione, il confezionamento<br />

ed etichettatura del preparato, nel rispetto del regolamento (CE)<br />

852/2004 e 853/2004.<br />

➢ E’ consigliabile ed opportuno richiedere ulteriori informazioni alla ASL di<br />

competenza territoriale ed a tecnici qualificati.<br />

➢ Messa a norma e verifica di conformità della struttura, per quanto attiene i<br />

requisiti catastali, di agibilità, di approvigionamento idrico e di smaltimento<br />

delle acque reflue, degli impianti elettrici, di destinazione d’uso dell’immobile.<br />

➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un piano per<br />

l’autocontrollo dei rischi igienico sanitari.<br />

52


➢ Predisposizione, mediante supporto di un tecnico qualificato, di un manuale<br />

per la rintracciabilità, conforme ai requisiti espressi dal Reg. (CE)<br />

178/2002.<br />

➢ Predisposizione di impianti di lavorazione di tipo professionale e rispondenti<br />

a quanto previsto dal Reg. (CE) 852/2004 e 853/2004. In allegato al capitolo<br />

2 le indicazioni, a carattere generale, circa i requisiti previsti per gli<br />

impianti.<br />

➢ Denuncia di inizio attività presso il comune di competenza, per le attività<br />

nello specifico effettuate (Preparazione, confezionamento ed etichettatura).<br />

Si veda il percorso tecnico n. 1 per ulteriori dettagli circa questo punto.<br />

➢ Formulazione legale di una etichetta da apporre sul prodotto, che tenga conto<br />

dell’organizzazione del processo, in termini di materie e siti di produzione.<br />

Yogurt Intero con<br />

preparato a base<br />

di frutta (1)<br />

Ingredienti: Yogurt intero<br />

(Latte intero, streptococcus<br />

thermophilus, lactobacillus<br />

bulgaricus), preparato di<br />

frutta a base di fragole<br />

(fragole 60% - 13.8 % sul<br />

totale del prodotto ,<br />

zucchero, stabilizzanti:<br />

farina di semi di carrubbe e<br />

amido di tapioca, aromi<br />

naturali). (2)<br />

Cremosina (5)<br />

Azienda Agricola La Latteria (5)<br />

(9)<br />

Fragole (9)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti, con quello caratterizzante evidenziato (“fragole”) evidenziato in quantità<br />

e gli additivi specificati per tipo con nome per esteso;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Data di scadenza;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(9) Ingrediente caratterizzante il prodotto in evidenza con nome ed immagine;<br />

(10) Indicazione ecologica.<br />

53<br />

400 g (3)<br />

L. 155.742 (7)<br />

da consumarsi entro<br />

il: 31/12/2008 (4)<br />

Prodotto dall’Az. Agr. La latteria – Loc. Il Boschetto (VT) (5 e 6)<br />

Conservare in frigo a 4 °C max. Dopo l’apertura e consumare in tempi brevi (8)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)


4. Etichette dei prodotti alimentari, casi applicativi<br />

Ingredienti:<br />

Pomodoro (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro<br />

la data sul tappo (4)<br />

Passata di Pomodoro<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Antichi Campi<br />

Marchio Az. Agr. di Marco<br />

Denominazione Passata di pomodoro<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Nessuna<br />

Sito di produzione Industria che opera in conto terzi per l’azienda agricola.<br />

Effettua confezionamento<br />

e produzione.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992<br />

Riferimenti normativi specifici D.lgs. 23/09/2005 - Min. Att. Produttive. Definizione di<br />

passata di pomodoro<br />

D.lgs. Mi.P.A.F. 17/02/2006 - Passata di pomodoro. Origine<br />

del pomodoro fresco.<br />

Passata di Pomodoro (1)<br />

Antichi Campi (5)<br />

(1) Denominazione commerciale;<br />

(2) Ingredienti, non occorre esprimere la percentuale in quanto il prodotto è già definito da norma<br />

specifica;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione, che rimanda ad una stampigliatura sulla capsula (es.<br />

31/08/2008);<br />

(5) Ragione sociale del produttore, marchi commerciali;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione o confezionamento;<br />

(7) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

54<br />

Zona di coltivazione:<br />

Italia (10)<br />

Una volta aperto<br />

conservare in frigo (7)<br />

690g e (3)<br />

Pomodori coltivati da Az. Agr. di Marco – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

Prodotto trasformato e confezionato presso lo stabilimento di Via del Tiglio 1 – Viterbo (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (9) L. 0255 (8)


(8) Lotto, in questo genere di prodotti di solito si trova stampigliato sulla capsula;<br />

(8) Indicazione ecologica;<br />

(9) Origine della materia prima 2 .<br />

2 L’origine della materia prima è oggetto di una forte contrapposizione legislativa tra Italia e Comunità<br />

Europea. La posizione dell’Italia è in contrasto, al momento e per alcuni aspetti, con l’indirizzo comunitario<br />

che, in linea generale, attribuisce all’indicazione obbligatoria dell’origine in etichetta una violazione<br />

dell’art. 28, configurandosi come misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione.<br />

L’attuale contenzioso con la Commissione UE potrebbe portare ad una ridefinizione della norma oggi in<br />

applicazione circa l’origine; e non solo per il prodotto in esempio.<br />

55


Pasta di grano duro<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia La trafila<br />

Marchio Az. Agr. La Fattoria<br />

Denominazione Pasta di semola di grano duro<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Nessuna<br />

Sito di produzione Industria che opera in conto terzi per l’azienda agricola.<br />

Effettua molitura, pastificazione e confezionamento.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992<br />

Riferimenti normativi specifici D.P.R. 9 febbraio 2001, n.187- Regolamento per la revisione<br />

della normativa sulla produzione e commercializzazione di<br />

sfarinati e paste alimentari, a norma dell’articolo 50 della<br />

legge 22 febbraio 1994, n. 146<br />

Ingredienti: Farina di<br />

grano duro (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro<br />

vedi retro confezione<br />

(4)<br />

SPAGHETTI (10)<br />

Pasta di semola di grano duro (1)<br />

La trafila (5)<br />

TRAFILA<br />

IN BRONZO (11)<br />

NEL SEGNO<br />

DELLA TRADIZIONE (11)<br />

(1) Denominazione commerciale;<br />

(2) Ingredienti, l’acqua aggiunta ha valenza di ingrediente;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione, che rimanda ad una stampigliatura sulla confezione (es.<br />

31/08/2008);<br />

(5) Ragione sociale del produttore, marchi commerciali;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione o confezionamento;<br />

(7) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(8) Lotto;<br />

(9) Indicazione ecologica;<br />

(10)Formato della pasta;<br />

(11) Dichiarazioni valorizzanti di specificità del prodotto e del processo.<br />

56<br />

VARIETA’<br />

CAPPELLI (11)<br />

Conservare in luogo fresco<br />

e asciutto - Tempo di<br />

cottura: 8 minuti (7)<br />

500g e (3)<br />

Prodotto e confezionato per conto dell’Az. Agr. La Fattoria – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

nello stabilimento di Via del Tiglio 1 – Viterbo (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (9) L. 125 (8)


Pasta di farro da agricoltura biologica<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia La trafila<br />

Marchio Az. Agr. La Fattoria<br />

Denominazione Pasta di farro da agricoltura biologica<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Da agricoltura biologica<br />

Sito di produzione Industria che opera in conto terzi per l’azienda agricola.<br />

Effettua molitura, pastificazione e confezionamento.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992 - Reg. CE 2092/91<br />

Riferimenti normativi specifici D.P.R. 9 febbraio 2001, n.187- Regolamento per la revisione<br />

della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati<br />

e paste alimentari, a norma dell’articolo 50 della legge<br />

22/02/1994, n. 146<br />

100% Farro (16)<br />

Tagliatelle (1 e 10)<br />

farina di farro (15)<br />

da agricoltura biologica (11)<br />

Antico Cereale (17) (12)<br />

Ingredienti: Farina di<br />

farro* (2)<br />

* da agricoltura<br />

biologica (11)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro<br />

vedi retro confezione<br />

(4)<br />

(1) Denominazione commerciale;<br />

(2) Ingredienti, l’acqua aggiunta ha valenza di ingrediente;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione, che rimanda ad una stampigliatura sulla confezione (es.<br />

31/08/2008);<br />

(5) Ragione sociale del produttore;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione o confezionamento;<br />

(7) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(8) Lotto;<br />

(9) Indicazione ecologica;<br />

57<br />

Organismo di Controllo:<br />

xxxxxxxxxx<br />

Aut. del ___ n°<br />

in applicazione al Reg. CEE<br />

n.2092/91 (13)<br />

IT AAA XXXXXX<br />

T000000 (14)<br />

Conservare in luogo fresco<br />

e asciutto - Tempo di<br />

cottura: 8 minuti (7)<br />

500g e (3)<br />

Prodotto e confezionato per conto dell’Az. Agr. La Fattoria – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

nello stabilimento di Via del Tiglio 1 – Viterbo (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (9) L. 125 (8)


(10) Formato della pasta<br />

(11) Riferimento al metodo di produzione, associato alla denominazione ed agli ingredienti;<br />

(12) Logo comunitario, dimensione minima richiesta pari a 20 mm e colori definiti dal Reg. CE<br />

2092/91 All. 5 Parte B, Sez. B.4 – Manuale Grafico;<br />

(13) Nome dell’Organismo di Controllo ed estremi sia dell’autorizzazione Ministeriale che del<br />

Regolamento di riferimento;<br />

(14) Codice organismo di Controllo, Azienda e Prodotto;<br />

(15) Ingrediente caratterizzante evidenziato e specificato nell’elenco ingredienti;<br />

(16) Informazione valorizzante il prodotto, come totalmente composto dalla sola farina di farro;<br />

(17) Marchio commerciale a contenuto valorizzante per evocazione di valori e contenuti legati alla<br />

tradizione.<br />

Pasta di farro da agricoltura biologica<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia La trafila<br />

Marchio Az. Agr. Fattoria il Cesto<br />

Denominazione Farro decorticato<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Nessuna<br />

Sito di produzione Decorticazione presso stabilimento che opera in conto terzi.<br />

L’azienda agricola effettua il confezionamento.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992<br />

Riferimenti normativi specifici Nessuno<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro<br />

il 31/12/2008 (4)<br />

Farro decorticato (1)<br />

Fattoria il cesto(5)<br />

(1) Denominazione commerciale;<br />

(2) Quantità;<br />

(3) Termine minimo di conservazione;<br />

(4) Ragione sociale del produttore, marchi commerciali. Sede dello stabilimento di produzione o<br />

confezionamento;<br />

(5) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

58<br />

500g (2)<br />

Prodotto e confezionato dall’Az. Agr. Fattoria il Cesto – Loc. Il Boschetto (VT) (4)<br />

Non disperdere nell’ambiente (7)<br />

Conservare in luogo fresco<br />

e asciutto. (5)<br />

L. 333/6 (6)


(6) Lotto;<br />

(7) Indicazione ecologica<br />

Note:<br />

1. In questo caso confezionatore e produttore coincidono e pertanto non è necessario aggiungere<br />

informazioni sullo stabilimento che ha operato la selezione e decorticatura;<br />

2. Non è necessario indicare gli ingredienti, in quanto il prodotto è costituito da un unico<br />

ingrediente non trasformato (semi di farro decorticati) e che coincide con la denominazione<br />

commerciale dello stesso.<br />

Zucchine alla griglia<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Le deliziose<br />

Marchio Az. Agr. Fattoria il Cesto<br />

Denominazione Farro decorticato<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Nessuna<br />

Sito di produzione Decorticazione presso stabilimento che opera in conto terzi.<br />

L’azienda agricola effettua il confezionamento.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992<br />

Riferimenti normativi specifici Nessuno<br />

Zucchine Grigliate (1-9)<br />

Azienda Agricola Alberto & Edda (5)<br />

Ingredienti: zucchine 60%,<br />

olio extravergine di oliva,<br />

aceto di vino, sale (2)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro<br />

il:<br />

31/12/2008 (4)<br />

(9)<br />

Prodotto per conto dell’Az. Agr. Alberto & Edda – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

Stabilimento di Via dell’Artigianato xx – Viterbo (6)<br />

Non disperdere nell’ambiente (10)<br />

Le deliziose (5)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti, con quello caratterizzante (“zucchine”) riportato in quantità. L’elenco<br />

deve essere in ordine di peso decrescente;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Termine minimo di conservazione;<br />

59<br />

300 g (3)<br />

Conservare in frigo a 4 °C<br />

dopo l’apertura e<br />

consumare in tempi brevi<br />

(8)<br />

Lotto: 03/2007 (7)


(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Sede dello stabilimento di produzione;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(9) Ingrediente caratterizzante il prodotto in evidenza con nome ed immagine;<br />

(10) Indicazione ecologica.<br />

60


Salame<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Sapori di campagna<br />

Marchio Az. Agr. Il Sorriso<br />

Denominazione Salame<br />

Ingredienti Carne di suino, sale, aglio, destrosio, latte in polvere, pepe,<br />

nitrito di potassio, nitrato di sodio<br />

Origine dei prodotti Aziendale per le carni suine<br />

Sito di produzione Macellazione: mattatoio esterno in conto terzi.<br />

Preparazione, stagonatura e confezioamento:<br />

laboratorio artigianale esterno in conto terzi.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992<br />

Riferimenti normativi specifici Decreto Munistero delle Attività Produttive del 21/09/2005.<br />

Disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti<br />

di salumeria.<br />

Nota l’azienda riceve il prodotto confezionato sottovuoto e lo deposita in locale dotato di cella<br />

frigo a norma per la conservazione della tipologia di prodotto realizzato.<br />

Ingredienti:<br />

Carne di suino, sale, aglio,<br />

destrosio, latte in polvere,<br />

pepe. Conservanti: E249 –<br />

E251 (2)<br />

da consumarsi entro il:<br />

giorno/mese/anno (4)<br />

Salame (1)<br />

Azienda Agricola Il Sorriso (5)<br />

Sapori di Campagna (5)<br />

(1) Denominazione del prodotto;<br />

(2) Elenco degli ingredienti in ordine di peso decrescente. Nello specifico è stato indicato solo il<br />

codice CE dei due conservanti;<br />

(3) Quantità;<br />

(4) Data di scadenza;<br />

(5) Ragione sociale del venditore, produttore o confezionatore. Marchio commerciale di fantasia;<br />

(6) Bollo CE dello stabilimento di produzione. Nel caso specifico, essendo disponibile un codice<br />

61<br />

Peso netto:<br />

400 gr (3)<br />

Lotto: 03/2007 (7)<br />

Conservare in frigo a 4 °C<br />

dopo l’apertura e consumare<br />

in tempi brevi (8)<br />

Prodotto per conto dell’Az. Agr. Il Sorriso – Loc. Il Boschetto (VT) (5)<br />

Stabilimento Bollo CE N. XXXXXX(6) Non disperdere nell’ambiente (9)


ufficiale univoco, è possibile omettere l’indirizzo dello stabilimento. Caso previsto dalla normativa<br />

generale sull’etichettatura degli alimenti.;<br />

(7) Lotto;<br />

(8) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

Farina di grano tenero<br />

Scheda prodotto<br />

Nome di Fantasia Oro bianco<br />

Marchio Az. Agr. Fattoria il Cesto<br />

Origine dei prodotti Aziendale<br />

Altre specifiche Nessuna<br />

Sito di produzione Molitura e confezionamento presso stabilimento che opera in<br />

conto terzi.<br />

Riferimenti normativi generali D.lgs n. 109/1992<br />

Riferimenti normativi specifici D.P.R. 9 febbraio 2001, n.187- Regolamento per la revisione<br />

della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati<br />

e paste alimentari, a norma dell’articolo 50 della legge<br />

22/02/1994, n. 146<br />

Farina di grano tenero (1)<br />

(1) Denominazione commerciale;<br />

(2) Quantità;<br />

(3) Termine minimo di conservazione;<br />

(4) Ragione sociale del produttore, marchi commerciali;<br />

(5) Modalità di utilizzo e conservazione;<br />

(6) Lotto;<br />

(7) Indicazione ecologica;<br />

(8) Sede dello stabilimento di produzione e confezionamento;<br />

(9) Ingredienti.<br />

62<br />

Fattoria il Cesto (4)<br />

Ingredienti: farina di<br />

grano tenero tipo<br />

“00” (9)<br />

da consumarsi<br />

preferibilmente entro:<br />

Febbraio 2008 (4)<br />

Farina di grano tenero tipo “00” (1) 1 kg e (2)<br />

Prodotto per conto dell’Az. Agr. Fattoria il Cesto – Loc. Il Boschetto (VT) (4)<br />

Stabilimento di produzione Il Molino dei Colli Ciociari (8)<br />

Non disperdere nell’ambiente (7) Conservare in luogo fresco e asciutto. (5) L. 333/6 (6)


2. Le regole di produzione<br />

di Donato Ferrucci 1<br />

1. Introduzione<br />

La realizzazione di un prodotto si svolge attraverso diversi momenti, il primo<br />

e più importante è rappresentato dalla pianificazione. Fissato l’obiettivo, si valutano<br />

le risorse disponibili e si confrontano con i vincoli imposti dal contesto.<br />

La pianificazione è il processo decisionale formulato sulla base di specifiche<br />

informazioni e finalizzato al perseguimento di determinati obiettivi. Definita<br />

questa prima fase di tipo strategico, si passa alla realizzazione di quanto ideato,<br />

il processo produttivo. Questo, esprime la modalità di conduzione di un’attività<br />

secondo una determinata tecnica e si compone di un numero variabile di operazioni.<br />

E’ durante la pianificazione che si rende necessario considerare le regole legislative<br />

che dettano le modalità di strutturazione ed organizzazione del processo<br />

produttivo stesso.<br />

Tali regole, nel loro complesso definite di produzione, possono essere distinte<br />

in 2 :<br />

- regole di prodotto;<br />

- regole di processo;<br />

- regole di organizzazione;<br />

- regole di responsabilità;<br />

- regole di relazione;<br />

In linea generale occorre affermare che il settore agroalimentare è governato<br />

attraverso regole plurime per origine e oggetto di applicazione. Regole di origi-<br />

1 Dottore Agronomo, libero professionista.<br />

2 Classificazione proposta da F. Albissini in “Ritracciabilità di filiera e nuove regole per l’impresa alimentare”<br />

e rielaborata dall’autore.<br />

63


ne sia nazionale che comunitaria; di tipo orizzontale e verticale, le prime generali<br />

per l’intero settore, le seconde specifiche per un determinato comparto o per<br />

un gruppo di prodotti. L’insieme delle regole influenza le modalità operative<br />

applicate alla realizzazione di un determinato prodotto.<br />

2. Le regole di prodotto e di processo<br />

Le regole di prodotto e processo sono quelle di tradizionale applicazione nel<br />

nostro contesto normativo. Sono regole di tipo statico che si traducono da una<br />

parte in requisiti fisico-chimici dei prodotti e dall’altra in caratteristiche dei luoghi<br />

di produzione; in entrambi i casi si tratta di elementi fisici oggettivi.<br />

Le regole di prodotto entrano nel merito della composizione e delle modalità<br />

di realizzazione, definendo gli ingredienti ammessi e, in alcuni casi, i processi<br />

di lavorazione utilizzabili (ricetta legale). Ne sono esempi i prodotti come la<br />

passata di pomodoro, le confetture, il latte, il miele, le farine, la pasta e, il caso<br />

forse più rappresentato a livello di piccole produzioni, l’olio di oliva, dove un<br />

regolamento comunitario fissa le modalità di lavorazione (procedimenti esclusivamente<br />

meccanici), le materie prime (olive) e le caratteristiche chimiche del prodotto<br />

finito (acidità), affinché un prodotto possa utilizzare la denominazione<br />

“extravergine”.<br />

E’ sostanziale sottolineare come può essere inopportuno intraprendere una<br />

produzione senza prima approfondire lo studio delle regole a governo del prodotto<br />

che si intende realizzare. Ad esempio, si potrebbe incorrere nell’errore di<br />

produrre una confettura con un contenuto in frutta inadeguato, una farina con<br />

eccessivo contenuto in ceneri, una passata con un grado brix insufficiente.<br />

Parametri che hanno un preciso significato tecnologico, da rispettare nei termini<br />

fissati dalle norme vigenti. Eventuali mancanze in tal senso ne impediscono<br />

la lecita immissione in commercio.<br />

Per quanto attiene le regole di processo, queste sono di natura più generale<br />

rispetto a quelle di prodotto e fissano le caratteristiche dei locali di lavorazione.<br />

Anche in questo caso si tratta di regole di tipo “statico”, indipendenti dal contesto,<br />

applicabili a prescindere da altri elementi operativi ed organizzativi.<br />

Le norme nazionali a specifica e governo di detti requisiti sono state di recente<br />

superate dall’entrata in vigore di due regolamenti comunitari, rispettivamen-<br />

64


te il Reg. CE 852/2004 e 853/2004 divenuti operativi dal 1° gennaio 2006. Il<br />

primo stabilisce norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari, il<br />

secondo aggiunge ulteriori requisiti per la produzione di alimenti di origine animale.<br />

Sono parte di un’intensa produzione normativa che inizia dal 2004 e, perfezionata<br />

nel corso dei due anni successivi, è stata definita “pacchetto igiene”.<br />

Entrambi i regolamenti entrano anche nel merito delle regole di organizzazione<br />

e sono stati oggetto di interpretazione e specifica mediante linee guida a<br />

livello nazionale e, di recente, formulate anche a livello regionale.<br />

2.1 Il Regolamento (CE) N. 852/2004. L’igiene dei prodotti alimentari<br />

Il regolamento stabilisce norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari<br />

destinate agli operatori del settore 3 . Sono sanciti alcuni principi, tra i<br />

quali:<br />

-) la responsabilità principale per la sicurezza degli alimenti spetta all’operatore<br />

del settore alimentare;<br />

-) è necessario garantire la sicurezza degli alimenti lungo tutta la catena alimentare,<br />

a cominciare dalla produzione primaria;<br />

-) l’applicazione generalizzata di procedure basate sui principi del sistema<br />

HACCP 4 , unitamente all’applicazione di una corretta prassi igienica, diventa il<br />

fulcro della sicurezza alimentare.<br />

Il campo di applicazione del Regolamento<br />

Il Regolamento si applica a tutte le fasi della produzione, della trasformazione<br />

e della distribuzione degli alimenti e fermi restando requisiti più specifici<br />

relativi all’igiene degli alimenti.<br />

3 Come definito dal Reg. CE 178/2002 - «operatore del settore alimentare», la persona fisica o giuridica<br />

responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare<br />

posta sotto il suo controllo.<br />

4 Hazard Analysis Critical Control Point, ossia Analisi dei Rischi Punti Critici di Controllo. Nel seguito<br />

del capitolo saranno approfonditi i principi e le modalità operative del sistema.<br />

65


Sono esclusi:<br />

a. Produzione e trasformazione destinata ad uso domestico privato;<br />

b. La fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore<br />

al consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente<br />

il consumatore finale.<br />

Le Linee Guida Nazionali riconducono i termini “piccoli quantitativi” ad una<br />

“cessione occasionale”, non continuativa e quindi non professionale, e “su<br />

richiesta del consumatore”, aspetto che esclude ogni forma di offerta organizzata.<br />

Con tale interpretazione, i punti vendita e di preparazione aziendali rientrano<br />

pertanto a pieno titolo nel campo di applicazione del Reg. CE 852/2004 e<br />

si devono pertanto attenere alle prescrizioni indicate dal regolamento.<br />

Il campo di applicazione del’Haccp<br />

L’Haccp è identificato come lo strumento atto a garantire l’igiene degli alimenti.<br />

Il sistema deve essere applicato unicamente dagli operatori del settore alimentare<br />

che intervengono in qualsivoglia fase della produzione, trasformazione<br />

e distribuzione degli alimenti successiva alla produzione primaria 5 ed alle<br />

seguenti operazioni associate:<br />

-) trasporto;<br />

-) magazzinaggio;<br />

-) manipolazione di prodotti primari sul luogo di produzione, a condizione<br />

che ciò non alteri sostanzialmente la loro natura.<br />

La norma esclude dall’adozione del sistema Haccp le operazioni quali la cernita,<br />

la selezione, la pulizia, qualora eseguite “in azienda”.<br />

Nel caso del miele è reso esplicito che, se il confezionamento avviene in azienda,<br />

questo rientra nella fase agricola. In particolare:<br />

5 Come def. dal Reg. Ce 178/2002 - «produzione primaria», tutte le fasi della produzione, dell’allevamento<br />

o della coltivazione dei prodotti primari, compresi il raccolto, la mungitura e la produzione zootecnica<br />

precedente la macellazione e comprese la caccia e la pesca e la raccolta di prodotti selvatici.<br />

66


“L’insieme di tutte le attività relative alla produzione dei prodotti derivanti<br />

dall’apicoltura deve essere considerata produzione primaria, compreso l’allevamento<br />

delle api, la raccolta del miele ed il confezionamento e/o imballaggio nel<br />

contesto dell’Azienda di apicoltura. Tutte le operazioni che avvengono al di fuori<br />

dell’azienda, compreso il confezionamento e/o imballaggio del miele, non rientrano<br />

nella produzione primaria” 6 .<br />

Obblighi e controlli<br />

Per quanto attiene gli obblighi, gli operatori sono chiamati a garantire che, in<br />

tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti,<br />

sottoposte al loro controllo, siano soddisfatti i requisiti di igiene fissati<br />

nel regolamento. Per la produzione primaria, i requisiti generali d’igiene sono<br />

elencati nella parte A dell’allegato I. Per qualsiasi fase successiva si rende necessario<br />

il rispetto dei requisiti generali dettati nell’allegato II e ogni requisito specifico<br />

imposto dal Reg. (CE) 853/2004 sui prodotti alimentari di origine animale.<br />

Per l’aspetto dei controlli, la norma esprime il massimo grado di innovazione<br />

rispetto all’impostazione data dai sistemi legislativi nazionali.<br />

E’ sancito che gli operatori del settore alimentare sono tenuti a collaborare<br />

con le autorità competenti anche in conformità alle eventuali altre normative<br />

comunitarie applicabili o, in mancanza, alla legislazione nazionale. Sono quindi<br />

attivate due modalità di interazione con l’autorità competente:<br />

1 ) REGISTRAZIONE<br />

L’operatore notifica all’autorità competente ogni stabilimento 7 che esegue<br />

una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimen-<br />

6 Linee Guida nazioali, di applicazione del Reg. CE 852/2004.<br />

7 Come def. da Reg. Ce 852/2004 - “stabilimento”: ogni unità di un’impresa del settore alimentare.<br />

67


ti (Impegno di Notifica dell’attività svolta, prescritta per tutti gli operatori,<br />

inclusa la produzione primaria 8 ).<br />

Inoltre, l’autorità competente deve disporre costantemente di informazioni<br />

aggiornate sugli stabilimenti, mediante notifica di qualsiasi cambiamento significativo<br />

di attività, nonché ogni chiusura di stabilimenti esistenti (Impegno di<br />

Aggiornamento delle informazioni).<br />

2 ) RICONOSCIMENTO<br />

Gli operatori sono tenuti a garantire che gli stabilimenti siano riconosciuti<br />

dall’autorità competente, a seguito di almeno un’ispezione, se il riconoscimento<br />

è prescritto a norma del regolamento (CE) n. 853/2004, nel caso di alimenti di<br />

origine animale.<br />

Il procedimento del riconoscimento rappresenta il caso dell’autorizzazione<br />

preventiva ad operare che, risulta necessaria solo per gli alimenti di origine animale<br />

considerati nel regolamento specifico. Al momento attuale, per le attività<br />

che ricadono nel campo di applicazione del Reg. (CE) 852/2004 e per quelle<br />

escluse dal campo di applicazione del Reg. (CE) 853/2004, l’autorizzazione<br />

sanitaria non è più necessaria.<br />

Le Linee Guida Nazionali chiariscono alcuni aspetti del dettato normativo<br />

comunitario, in particolare:<br />

1) si specifica che il procedimento di registrazione non necessita di un’ispezione<br />

preventiva;<br />

2) è individuata nella Denuncia di Inizio Attività (Dia) la procedura da applicarsi<br />

ai fini della registrazione;<br />

3) rientrano come attività soggette a registrazione, e non a riconoscimento,<br />

quelle relative ai centri di produzioni gastronomiche e di cottura di carni;<br />

8 Fonte LG Nazionali: Sono registrati e quindi sottoposti a controllo ufficiale ai sensi del Reg. CE<br />

882/2004 anche tutti gli stabilimenti di produzione primaria che non sono soggetti al riconoscimento ai<br />

sensi del Reg. CE 853/2004.<br />

68


2.2 Il Regolamento (CE) N. 853/2004. Norme in materia di igiene per gli<br />

alimenti di origine animale, una breve descrizione.<br />

Stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale,<br />

destinate agli operatori del settore alimentare. Le norme integrano quelle<br />

previste dal regolamento (CE) n. 852/2004 e si applicano ai prodotti di origine<br />

animale trasformati e non.<br />

Non si applica nei casi di seguito elencati 9 :<br />

1. ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione<br />

a livello locale che forniscono direttamente al consumatore finale<br />

carni fresche;<br />

2. agli alimenti che contengono prodotti di origine vegetale e prodotti trasformati<br />

di origine animale (alimenti “misti”). Tuttavia, i prodotti trasformati<br />

di origine animale utilizzati devono essere ottenuti e manipolati conformemente<br />

ai requisiti fissati dal regolamento (CE) 853/2004;<br />

3. al commercio al dettaglio a meno che le operazioni siano effettuate allo<br />

scopo di fornire alimenti di origine animale ad altri stabilimenti. Fanno<br />

eccezione i casi:<br />

i. quando le operazioni si limitano al magazzinaggio o al trasporto, nel<br />

qual caso si applicano comunque i requisiti specifici di temperatura stabiliti<br />

nell’allegato III;<br />

ii. quando la fornitura di alimenti di origine animale è effettuata unicamente<br />

da un laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio<br />

ad un altro laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio e,<br />

conformemente alla legislazione nazionale, tale fornitura costituisce<br />

un’attività marginale, localizzata e ristretta.<br />

4. agli stabilimenti che effettuano esclusivamente produzione primaria.<br />

9 Sono anche esclusi casi particolari quali l’uso domestico privato o la fornitura di piccoli quantitativi di<br />

prodotti primari, di pollame e lagomarfi, di selvaggina selvatica. La fornitura deve andare dal produttore<br />

al consumatore o ai laboratori annessi agli esercizi commerciali al dettaglio ed a livello locale. Anche in<br />

questo caso, le LG Regionali circoscrivono la casistica a casi limitati nel tempo, per continuità e stutturazione<br />

dell’offerta.<br />

69


E’ previsto che, gli stabilimenti destinati a lavorare prodotti di origine animale,<br />

rispondano ai requisiti strutturali specificati per le diverse categorie elencate<br />

nel Regolamento. Infatti, come obbligo è disposto che gli operatori possono<br />

immettere sul mercato prodotti di origine animale solo se sono stati preparati e<br />

manipolati esclusivamente in stabilimenti che,<br />

a) soddisfano i requisiti di cui ai regolamenti (CE) n. 852/2004 e<br />

853/2004 10 ;<br />

b) sono riconosciuti dall’autorità competente.<br />

Il riconoscimento si configura come un’autorizzazione preventiva ad operare<br />

Anche il Regolamento sui prodotti di origine animale ha trovato specifica ed<br />

interpretazione in Linee Guida Nazionali che ricalcano l’impostazione di quelle<br />

relative al Reg. 852/2004. In particolare è puntualizzato che :<br />

1) I laboratori di sezionamento annessi ai punti vendita rientrano nel campo<br />

di applicazione del Reg. CE 852/2004. Il che vale anche per le macellerie aziendali,<br />

fatti salvi gli obblighi inerenti la macellazione. Ne consegue che tali attività<br />

devono seguire il percorso della registrazione e non del riconoscimento, in<br />

quanto tali attività rientrano nel campo di applicazione del Reg. CE 852/2004;<br />

2) Rientrano nel campo di applicazione solo i laboratori di sezionamento che<br />

forniscono altri laboratori o punti vendita in modo continuativo (caso di un<br />

centro di sezionamento centralizzato presso un ipermercato, se fornisce anche<br />

altri centri necessita di riconoscimento, se fornisce in via esclusiva l’ipermercato<br />

necessita di registrazione).<br />

10 Allegati II e III del regolamento (CE) 854/2004.<br />

70


2.3 Linee Guida <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong><br />

Nell’ambito della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong>, le Linee Guida Applicative sull’igiene degli<br />

alimenti, forniscono diversi spunti di riflessione e dettagli a specifica:<br />

7. La “Denuncia di inizio attività” (Dia) va presentata allo Sportello Unico<br />

Attività Produttive (SUAP) del comune interessato e su modulistica regionale.<br />

Nel caso non fosse stato istituito lo sportello citato, la Dia va indirizzata al sindaco<br />

del comune;<br />

8. Il comune trasmette i dati all’autorità competente, identificata nei<br />

Dipartimenti di Prevenzione ASL, che registra il sito sulla base delle informazioni<br />

notificate dal dichiarante;<br />

9. La registrazione non necessita di un’ispezione preventiva, pertanto l’azienda<br />

può iniziare immediatamente ad operare, a meno di Dia differita, come di<br />

seguito indicato;<br />

10. La Dia deve essere corredata con una serie di documenti, tali da consentire<br />

la valutazione tecnica del sito, ed in particolare,<br />

a. una relazione a specifica delle caratteristiche degli impianti, del processo<br />

di produzione, dei prodotti finali,<br />

b. una dichiarazione che la struttura possiede i requisiti minimi previsti<br />

dalla norma in funzione dell’attività svolta, con particolare riferimento<br />

allo smaltimento dei reflui ed all’approvvigionamento idrico.<br />

11. Sono escluse dalla necessità di riconoscimento preventivo previsto dal<br />

Reg. CE 853/2004 (prodotti di origine animale), le attività di commercio al dettaglio<br />

finalizzate alla preparazione di alimenti per la vendita diretta al consumatore<br />

finale, ma si fa riferimento al Reg. CE 852/2004 e relative Linee Guida di<br />

applicazione.<br />

Nel caso di siti che lavorano prodotti di origine animale, le modalità operative<br />

per il riconoscimento di idoneità igienico-sanitaria è attualmente in corso di<br />

perfezionamento a livello regionale e pertanto rimangono valide, in via transitoria,<br />

le regole ad oggi adottate per le autorizzazioni di impianti industriali che<br />

lavorano prodotti di origine animale,<br />

Una serie di attività individuate dalle linee guida della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> quali<br />

centri cottura, attività di ristorazione collettiva con preparazione di più di 300<br />

pasti a turno, i laboratori di produzione di preparazioni gastronomiche (conser-<br />

71


ve, IV e V gamma), quando non dirette al consumatore finale. In questo caso la<br />

<strong>Regione</strong> ha ritenuto opportuno adottare una Dia differita di 45 giorni, il che si<br />

traduce in concreto che l’attività può iniziare solo dopo 45 giorni dalla avvenuta<br />

comunicazione. In questo caso, l’autorità competente, si riserva di verificare<br />

la conformità del sito e, se del caso, richiedere eventuali adeguamenti.<br />

Per quanto attiene l’esclusione dal campo di applicazione dei piccoli quantitativi<br />

venduti direttamente al consumatore, la <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong>, in armonia con<br />

quanto espresso a livello nazionale, pone un immediato paletto e circoscrive la<br />

situazione ad un contesto di attività marginale, localizzata e ristretta, senza una<br />

continuità nell’operato e su richiesta del consumatore. Pertanto, esclude chiaramente<br />

i laboratori correlati all’azienda agricola che, per professionalità e continuità,<br />

sono da ascriversi ad attività che ricadono a pieno titolo nell’ambito di<br />

applicazione del regolamento comunitario e che quindi necessitano di seguire<br />

quanto meno la strada della Denuncia di Inizio Attività.<br />

Altro elemento da sottolineare è che, i fabbricati adibiti a divenire laboratori<br />

di preparazione, come del resto sottolineato dalle Linee Guida Regionali, devono<br />

rispettare i “requisiti minimi” normativi in funzione dell’attività svolta, con<br />

particolare riferimento allo smaltimento dei reflui ed all’approvvigionamento<br />

idrico. Non si può però dimenticare che, tra i requisiti minimi di uno stabile, si<br />

possono comprendere la posizione catastale, destinazione d’uso, l’agibilità e le<br />

diverse condizioni dettate da specifiche norme edilizie, sulla sicurezza e la conformità<br />

dell’impiantistica.<br />

Per quanto attiene la relazione tecnica da presentare a corredo della Denuncia di<br />

Inizio Attività (Dia), questa dovrà essere compilata secondo le seguenti istruzioni:<br />

Strutture ed impianti<br />

✓ Devono essere descritti lo schema e le dimensioni dei locali con l’indicazione<br />

delle relative destinazioni d’uso, nonchè i materiali di rivestimento delle<br />

pareti e del pavimento (potrà essere allegata eventualmente anche una planimetria<br />

in scala 1:100);<br />

✓ Deve essere dichiarata la disponibilità di acqua potabile calda e fredda e del<br />

sistema di smaltimento dei reflui a norma;<br />

✓ Deve essere dichiarata la natura e l’idoneità dei sistemi di aerazione presenti,<br />

nonchè la presenza di adeguati dispositivi per evitare l’ingresso di animali<br />

infestanti;<br />

72


✓ Deve essere dichiarata la disponibilità di adeguati impianti di<br />

stoccaggio/esposizione a temperatura controllata per i prodotti deperibili e la<br />

presenza di idonea attrezzatura per il lavaggio degli alimenti (quando necessario)<br />

e delle attrezzature e delle mani;<br />

✓ Deve essere dichiarata la presenza di servizi igienici non in diretta comunicazione<br />

con le aree di produzione/manipolazione degli alimenti e la disponibilità<br />

di locali chiusi e/o armadi per riporre i materiali di pulizia;<br />

✓ Devono essere descritte le attrezzature e gli impianti tecnologici utilizzati<br />

nell’impresa.<br />

Processo produttivo<br />

✓ Devono essere descritti i prodotti realizzati dall’impresa alimentare specificando<br />

eventuali destinazioni a consumatori a rischio;<br />

✓ Devono essere elencate le materie prime utilizzate, le principali fasi del<br />

ciclo produttivo nonché l’organizzazione del medesimo finalizzata ad evitare<br />

contaminazioni crociate dei prodotti e delle attrezzature;<br />

✓ Deve essere indicato il numero complessivo degli addetti e precisata la loro<br />

formazione specifica relativa all’attività svolta;<br />

✓ Deve essere dichiarata l’elaborazione e la tempestiva applicazione di procedure<br />

di autocontrollo con il metodo HACCP, di procedure di sanificazione dei<br />

locali e delle attrezzature e di difesa dagli animali infestanti, nonché di rintracciabilità<br />

ed eventuale ritiro dal commercio (Reg. CE 178/02).<br />

✓ Descrizione delle procedure stabilite per evitare eventuali contaminazioni<br />

dirette o indirette dei prodotti trasportati;<br />

✓ Deve essere dichiarata l’elaborazione e l’applicazione di procedure di autocontrollo<br />

con il metodo HACCP, le procedure di sanificazione degli automezzi<br />

e delle eventuali attrezzature, nonché le procedure di rintracciabilità previste dal<br />

Regolamento (CE) n. 178/02.<br />

Nel caso di attività di trasporto alimenti la relazione tecnica potrà essere limitata a:<br />

✓ Descrizione della tipologia dei prodotti trasportati e delle rispettive temperature<br />

di trasporto;<br />

✓ Dichiarazione di certificazione ATP (per il trasporto di alimenti deperibili);<br />

✓ Descrizione delle caratteristiche dei vani di carico e dei relativi materiali di<br />

rivestimento;<br />

73


Da ultimo, è “interessante” notare che, dopo un primo coinvolgimento del<br />

settore agricolo, operato dal Reg. (CE) 178/2002, di cui si discuterà nel prossimo<br />

paragrafo, anche questi ultimi due dettati normativi chiamano a partecipazione<br />

del sistema agroalimentare anche la produzione primaria, imponendo<br />

l’adozione di un sistema di autocontrollo aziendale e di registrazioni in continuo,<br />

seppur limitato.<br />

In allegato al capitolo sono riportate le caratteristiche per le strutture, i locali,<br />

le attrezzature, i prodotti ed altri aspetti previsti dal Reg. CE 852/2004. La<br />

norma prevede indicazioni più di carattere generale ed organizzativo e si consolida<br />

quindi, una tendenza a fissare dei principi di base da rispettare ma nell’interpretazione<br />

delle specifiche condizioni operative. Non più quindi una proliferazione<br />

di regole di tipo prescrittivo basate sul cosa fare ma su come organizzare<br />

la produzione.<br />

Ulteriori allegati inseriti a termine capitolo riguardano:<br />

1. I requisiti generali in materia di igiene per la produzione primaria e le<br />

operazioni associate;<br />

2. Un fac-simile di dichiarazione inizio attività per il settore alimentare ai<br />

fini della registrazione. Dia semplice, l’attività può iniziare dal giorno<br />

dichiarato purché successivo alla data di presentazione della notifica.<br />

E’ comunque fondamentale rivolgersi sempre alla competente autorità sanitaria<br />

locale per precise indicazioni circa quale iter percorrere, comunicazione o autorizzazione,<br />

per la specifica attività che si intende intraprendere. In funzione anche<br />

di ulteriori e più recenti disposizioni ed interpretazioni delle norme discusse.<br />

3. Le regole di organizzazione, relazione e responsabilità<br />

Le regole di organizzazione riguardano il sistema azienda e come questo gestisce<br />

il prodotto ed il relativo processo. Tra le regole di organizzazione, troviamo:<br />

1. Regole concernenti gli aspetti igienico-sanitari, gestite ed attuate mediante<br />

implementazione del sistema HACCP, la cui obbligatorietà è stata ribadita dai<br />

Regg. CE 852/2004 e 853/2004;<br />

2. Regole inerenti le modalità organizzative e di gestione delle informazioni<br />

previste dagli artt.14-21 del Reg. CE 178/2002.<br />

74


Entrambi gli aspetti mirano ad alcuni obiettivi ritenuti prioritari quali, 1) la<br />

salubrità degli alimenti, e di cui il sistema HACCP è divenuto l’elemento fondante;<br />

2) la salute del consumatore, garantita mediante una corretta gestione<br />

delle informazioni, funzionali ad un sistema di rintracciabilità secondo quanto<br />

previsto dal Reg. CE 178/2002.<br />

3.1 Il sistema HACCP<br />

E’ prescritto che sia adottato dall’azienda ed è fondato sull’analisi dei potenziali<br />

pericoli relativi ad un processo produttivo alimentare. Il metodo prevede la<br />

ricerca di tutti i pericoli che potrebbero insorgere durante il processo produttivo,<br />

mediante l’analisi delle singole fasi che lo compongono.<br />

I principi del sistema HACCP sono:<br />

1) identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a<br />

livelli accettabili;<br />

2) identificare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo<br />

stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo<br />

a livelli accettabili;<br />

3) stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità<br />

e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione<br />

dei rischi identificati;<br />

4) stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di<br />

controllo;<br />

5) stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza<br />

risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo;<br />

6) stabilire le procedure, da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo<br />

funzionamento delle misure precedenti;<br />

7) predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni<br />

dell’impresa alimentare al fine di dimostrare l’effettiva applicazione delle<br />

misure ai punti precedenti.<br />

Ogni fase produttiva dovrà essere sottoposta ad accurata analisi in modo da<br />

evidenziare se durante il suo svolgersi può insorgere un pericolo (es. contamina-<br />

75


zioni microbiologiche, rilascio di sostanze chimiche pericolose, contaminazioni<br />

particellari) e se esistono misure di controllo che possono essere adottate.<br />

Successivamente, in base all’esperienza ed alla documentazione ufficiale, si<br />

procederà ad una selezione dei pericoli banali o con una bassissima possibilità di<br />

manifestazione o sviluppo, che quindi non richiedono la messa a punto di procedure<br />

in grado di controllarli; e pericoli che invece, per la loro gravità, necessitano<br />

di uno specifico sistema di prevenzione.<br />

E’ molto importante chiarire che con il termine “critico” o sostanziale, viene<br />

messo in evidenza che tale metodologia ha lo scopo di attuare solo sistemi di prevenzione<br />

sicuramente efficaci. Infatti, solo il controllo di pochi fattori (“Punti<br />

critici di controllo” o CCP) ha una concreta efficacia per prevenire l’insorgenza<br />

di un rischio.<br />

Tale controllo deve avvenire mediante una serie di procedure operative basate<br />

su un’attività di prevenzione organizzata sistematicamente e documentata in<br />

ogni sua fase.<br />

L’approccio è sistemico, in quanto coinvolge l’intero processo; e documentato,<br />

basandosi su registrazioni ad evidenza dell’operato. La costante registrazione<br />

dei parametri di criticità, consente di intervenire quando, e solo se, si registrano<br />

scostamenti significativi dai valori di riferimento. Quando il monitoraggio indica<br />

il superamento dei limiti prefissati e si verifica quindi una “non conformità”<br />

e si deve intervenire con le previste “azioni correttive”, a loro volta formalizzate<br />

e sottoposte a valutazione di efficacia.<br />

Il monitoraggio consiste nel controllo periodico dei parametri in osservazione<br />

e la verifica di rispondenza (“conformità”) di questi ultimi ai limiti prestabiliti<br />

(temperatura, carica batterica, acidità, per citarne alcuni).<br />

L’insieme dei vari CCP e delle procedure di prevenzione dei pericoli igienici,<br />

inerenti ai prodotti alimentari lavorati in azienda, costituisce il “Sistema di<br />

Autocontrollo Igienico” della stessa, che dovrà essere descritto nel “Manuale<br />

Aziendale di Autocontrollo dell’Igiene”.<br />

Un altro elemento importante della metodologia HACCP è la verifica dell’efficacia<br />

delle attività di controllo al fine di accertare che il meccanismo garantisca<br />

ragionevolmente la sicurezza igienico sanitaria del prodotto.<br />

Le verifiche di efficacia, riguardano due differenti livelli:<br />

1) l’efficacia dei singoli punti di prevenzione (CCP);<br />

2) l’efficacia dell’intero sistema.<br />

76


Il primo livello prevede il monitoraggio della singola criticità attraverso controlli<br />

campionari in determinate fasi del processo o per alcuni aspetti (ad es. il<br />

livello di acidità raggiunto durante una fermentazione). L’efficacia, per quanto<br />

attiene il sistema, è monitorata attraverso controlli di conformità del prodotto,<br />

espressione finale del processo nel suo insieme.<br />

Infine, è opportuno sottolineare che il sistema di autocontrollo aziendale<br />

deve essere riconsiderato ogni volta che sono apportate modifiche al processo di<br />

lavorazione in grado di influire sugli aspetti igienici del prodotto. Quindi, il<br />

sistema stesso, il manuale e tutte le procedure non costituiscono un insieme statico,<br />

ma in continua evoluzione e miglioramento (“riesame”).<br />

Appare evidente come il Manuale aziendale di Autocontrollo deve essere realizzato<br />

da tecnici esperti nel settore ma in collaborazione con l’azienda. Non può<br />

prescindere dal contesto produttivo, inteso non solo come processo e struttura,<br />

ma anche come professionalità disponibile in azienda. Gli addetti ai vari livelli<br />

devono essere consapevoli delle responsabilità per le quali sono coinvolti e condividere<br />

le scelte operative in termini di criticità e di sistemi a prevenzione inerenti<br />

eventuali problematiche. Il manuale va elaborato da un tecnico ma ragionato<br />

dall’azienda e revisionato in base ad eventuali apporti e spunti forniti da chi<br />

si interessa della produzione, al fine di avere disponibile un sistema proporzionato<br />

e su taglio del contesto.<br />

3.2 La rintracciabilità e le responsabilità<br />

Altro insieme di regole di organizzazione è determinato da quanto previsto<br />

dal Reg. CE 178/2002 art. 18, che dispone per l’azienda di adottare un sistema<br />

di rintracciabilità funzionale ad eventuali allarmi di tipo sanitario ed in grado di<br />

garantire una comunicazione agli interessati ed alle autorità, tempestiva e commisurata<br />

all’entità del problema.<br />

Dal punto di vista della norma cogente la rintracciabilità ha assunto un crescendo<br />

di interesse dovuto ad eventi poco edificanti per il settore agroalimentare,<br />

con successiva normazione a garanzia dei prodotti interessati. E’ inizialmente<br />

prevalsa la soluzione della norma verticale, vincolando l’attuazione operativa<br />

non solo al “che cosa” garantire ma anche entrando nel merito del “come”, la<br />

gestione stessa dello strumento, il che può comportare la necessità di adeguamenti<br />

non solo organizzativi ma addirittura strutturali, con conseguente incremento<br />

dei costi per gli operatori coinvolti.<br />

77


Il Reg. CE 178/2002 coglie le nuove criticità del sistema agroalimentare,<br />

individuate e analizzate nel “considerato”. Identifica negli operatori sia i responsabili<br />

ma anche i migliori interpreti dell’attuazione della sicurezza; la produzione<br />

alimentare, definita “catena”, va considerata nel suo insieme e gestita in modo<br />

organico e uniforme, in quanto “ciascun elemento di essa presenta un potenziale<br />

impatto sulla sicurezza alimentare”; la rintracciabilità è definita come strumento<br />

di richiamo o informativo, in entrambi i casi mirato ad interventi a tutela<br />

della salute del consumatore efficaci, proporzionati e mirati.<br />

Il Regolamento indica chiaramente gli obiettivi e l’estensione della filiera, ma<br />

individua negli operatori, ognuno per il segmento di competenza, i soggetti “in<br />

grado meglio di chiunque altro di elaborare sistemi per garantire la sicurezza dei<br />

prodotti forniti”. Ciò ribadisce una disposizione senza vincoli operativi, lasciando<br />

arbitrio sul “come” affrontare la problematica, fermo restando le responsabilità<br />

circa il “cosa deve essere garantito”.<br />

Il Regolamento CE 178/2002, all’art. 18, detta che:<br />

- È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della<br />

distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati<br />

alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a<br />

entrare a far parte di un alimento o di un mangime.<br />

- Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado<br />

di individuare chi fornisce loro un alimento, un mangime, un animale destinato<br />

alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far<br />

parte di un alimento o di un mangime. A tal fine detti operatori devono disporre<br />

di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità<br />

competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo.<br />

- Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi<br />

e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti.<br />

Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità competenti<br />

che le richiedono.<br />

- Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunità o<br />

che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati o identi-<br />

78


ficati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione o informazioni<br />

pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da disposizioni più specifiche.<br />

I vari punti dell’articolo sono stati oggetto di ampia discussione, e ulteriormente<br />

specificati in via interpretativa da Linee Guida di origine comunitaria,<br />

nazionale fino al livello della stessa <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong>. In sintesi, dall’analisi dell’art.<br />

18 e dalle Linee Guida, è risultato che gli impegni cui sono assoggettati gli operatori<br />

del settore sono riconducibili a:<br />

1. la gestione agevole delle informazioni da mettere a disposizione dell’autorità;<br />

2. l’adozione di procedura per la corretta gestione delle informazioni, il che<br />

si traduce in un manuale operativo;<br />

3. le informazioni devono consentire di arrivare con efficienza a sapere a) da<br />

chi sono state fornite le materie prime, b) a chi sono stati consegnati i prodotti,<br />

non si richiede pertanto l’adozione di un sistema di rintracciabilità<br />

“interna” (“dove” sono state impiegate le materie prime), anche se consigliata;<br />

4. L’adozione di un sistema di allarme rapido a livello locale e finalizzato ad<br />

informare l’autorità competente circa eventuali problematiche sui prodotti<br />

alimentari immessi in commercio;<br />

5. l’autorità competente è stata individuata nelle aziende sanitarie locali;<br />

6. il tempo di conservazione della documentazione è stato fissato pari a,<br />

a. tre mesi per i prodotti freschi (prodotti di panetteria, pasticceria, ortofrutticoli),<br />

b. sei mesi successivi alla data di scadenza per i prodotti “da consumarsi<br />

entro il ….” (deperibili),<br />

c. dodici mesi successivi alla data di conservazione per i prodotti “da consumarsi<br />

preferibilmente entro il ….”,<br />

d. i due anni successivi per i prodotti per i quali non è prevista dalle norme<br />

vigenti l’indicazione del termine minimo di conservazione o altra data.<br />

Quanto evidenziato per il Manuale HACCP, con pari argomentazioni è replicabile<br />

per il “Manuale di Rintracciabilità Aziendale” che, anche se con sistemi<br />

non particolarmente articolati dal punto di vista procedurale, deve garantire<br />

quanto appena enumerato ai punti precedenti.<br />

Inoltre, nei limiti delle risorse aziendali, va fatto il tentativo di garantire una<br />

79


intracciabilità interna per il requisito delle responsabilità. Infatti, attraverso un<br />

adeguato sistema di gestione delle informazioni è possibile conoscere ed avere<br />

evidenza del fornitore della materia prima entrata a far parte di uno specifico<br />

prodotto finito. L’informazione consente all’azienda di attribuire la responsabilità<br />

di eventuali eventi dannosi a chi di competenza. Il rispetto del solo requisito<br />

minimo imposto dall’art. 18 del Reg. CE 178/2002 non consente questa<br />

attribuzione di responsabilità essendo necessaria solo la dimostrazione di chi ha<br />

fornito la materia prima, ma non in quale prodotto ha trovato impiego.<br />

In termini di requisito minimo il manuale dovrà prevedere:<br />

1. L’identificazione di un responsabile del sistema;<br />

2. L’organizzazione delle informazioni relative ai dati anagrafici dei clienti e<br />

dei fornitori;<br />

3. La correlazione tra i prodotti ricevuti o consegnati e i fornitori e clienti;<br />

4. Una procedura di allarme con definizione delle modalità di comunicazione<br />

all’autorità competente ed i dati necessari ad identificare prodotto e<br />

problematica connessa;<br />

5. Una procedura di ritiro e/o richiamo del prodotto dal mercato.<br />

Per quanto attiene le regole di responsabilità e relazione, sono state introdotte<br />

sempre dal Reg. CE 178/2002 che stabilisce una serie di nuovi elementi da considerare<br />

nell’ordinaria gestione operativa dell’azienda. Da tali problematiche<br />

non esula l’azienda agricola quando diviene azienda agro-alimentare in virtù<br />

della fornitura di un prodotto al consumo.<br />

Il Regolamento nasce con l’obiettivo di creare un sistema di riferimento per<br />

riavvicinare i concetti, i principi e le procedure tra le legislazioni alimentari dei<br />

paesi comunitari.<br />

Si arriva quindi ad una norma di carattere sistemico, che identifica e coinvolge<br />

l’intera filiera alimentare, ampliata rispetto alla visione normativa antecedente,<br />

sia in ampiezza sia in profondità, per inclusione della fase primaria ed il mercato<br />

finale. A ciò si aggiunge una ulteriore estensione “temporale” della filiera<br />

che non si esaurisce nell’evento della cessione del prodotto, ma è chiamata a<br />

considerarne la persistenza sul mercato (regole di relazione).<br />

Le regole di relazione sono determinate dagli artt. 19 e 20 inerenti il moni-<br />

80


toraggio e la capacità di ritiro del prodotto dal mercato. Si richiede all’azienda<br />

di estendere la capacità a seguire il prodotto oltre il momento dell’immissione<br />

in commercio, fino a coprirne la vita utile o parte di questa (caso dei prodotti<br />

con oltre 24 mesi o senza scadenza). L’azienda è quindi chiamata ad operare una<br />

vigilanza sul mercato in relazione ai problemi che può dover affrontare im relazione<br />

ai prodotti immessi in commercio.<br />

Le regole di responsabilità, traggono origine sia dall’art. 14 sui requisiti di<br />

sicurezza degli alimenti, dall’art. 7 che fissa il principio di precauzione e si definiscono<br />

sulla base dell’art. 21.<br />

E’ disposto che alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato, né<br />

tanto meno prodotti per i quali, sulla base del principio di precauzione, non si<br />

può escludere un pericolo.<br />

Le responsabilità riguardano pertanto:<br />

1. il prodotto nella sua natura intrinseca e funzionale, in relazione alle condizioni<br />

igienico-sanitarie, alle modalità di consumo e nell’insieme, alla sua attitudine<br />

ad essere ingerito;<br />

2. Le informazioni a corredo e la coerenza tra queste e le caratteristiche<br />

sostanziali e formali del prodotto;<br />

3. L’organizzazione dei sistemi produttivi, per i quali la gestione dei potenziali<br />

pericoli e delle informazioni va implementata secondo i principi di perizia,<br />

diligenza e prudenza.<br />

La mancata attuazione di queste regole e il potenziale insorgere di una problematica<br />

con possibili effetti sulla salute del consumatore rende illecita l’immissione<br />

del prodotto sul mercato.<br />

Il Reg. CE 178/2002, fissa i seguenti principi di riferimento:<br />

1. la precauzione (art. 7), contempla l’impossibilità di escludere un pericolo;<br />

2. prodotto a rischio (art. 14), che non può essere immesso sul mercato, i cui<br />

casi di definizione portano, per esclusione, a definire un prodotto sicuro;<br />

3. catena della produzione alimentare, considerata nel suo insieme e da gestire<br />

in modo organico e uniforme, in quanto “ciascun elemento di essa presenta<br />

un potenziale impatto sulla sicurezza alimentare”;<br />

4. competenze e responsabilità della filiera (artt. da 17 a 21), si individua la<br />

rintracciabilità come strumento per conseguire l’obiettivo della sicurezza;<br />

5. tutela del consumatore, intesa non solo per la componente legata alla sicu-<br />

81


ezza ma anche per quanto attiene la possibilità di effettuare scelte consapevoli<br />

(artt. 8 e 16);<br />

L’ultimo punto merita un maggiore approfondimento, definendo un rapporto<br />

con il consumatore basato sulla possibilità a compiere scelte consapevoli e<br />

sulla correttezza delle informazioni. Il tutto si può tradurre in coerenza tra la<br />

comunicazione e i valori concreti del prodotto alimentare. Gli operatori diventano<br />

anche gestori delle informazioni e della lealtà relazionale. E’ loro obbligo ma<br />

anche opportunità chiarire al consumatore l’intimità del prodotto che viene<br />

offerto, al fine di creare aspettative commisurate alla realtà.<br />

82


In sintesi<br />

✓ La lavorazione di un prodotto alimentare deve avvenire presso<br />

una struttura che:<br />

° rispetta i requisiti minimi di legge per quanto riguarda le<br />

norme edilizie, di destinazione d’uso e di sicurezza degli<br />

impianti;<br />

° rispetta i requisiti strutturali dettati dai regolamenti comunitari<br />

sulle condizioni igienico sanitarie dei locali, degli<br />

impianti e dei prodotti (Reg. CE 852 e 853 del 2004).<br />

✓ Il prodotto realizzato deve rispettare eventuali caratteristiche<br />

merceologiche circa gli ingredienti o la composizione chimico-fisica.<br />

✓ La ditta deve implementare un sistema di gestione dei rischi igenico<br />

sanitari secondo i principi dell’ HACCP.<br />

✓ E’ necessario implementare una procedura di tracciabilità, e allerta<br />

sanitario ed eventuale ritiro del prodotto dal mercato, in conformità<br />

a quanto previsto dal Reg. CE 178/2002.<br />

✓ I predetti punti vanno rispettati dall’azienda che realizza il prodotto.<br />

✓ Qualora il prodotto, o solo alcune fasi, è realizzato in contoterzismo,<br />

l’azienda che immette il prodotto sul mercato rimane comunque<br />

responsabile di questo. E’ pertanto opportuno, in caso di materie<br />

prime lavorate presso terzi, avere garanzia giuridica del rispetto<br />

di quanto in elenco tramite una verifica presso il contoterzista e<br />

dichiarazioni di conformità alla normativa vigente circa il prodotto<br />

realizzato e le lavorazioni eseguite.<br />

83


Alcune definizioni<br />

Alimento: qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato<br />

o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente<br />

che possa essere ingerito, da esseri umani. (Reg. CE 178/2002)<br />

Impresa alimentare: ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro,<br />

che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione,<br />

trasformazione e distribuzione degli alimenti. (Reg. CE 178/2002)<br />

Operatore del settore alimentare: la persona fisica o giuridica responsabile di<br />

garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa<br />

alimentare posta sotto il suo controllo. (Reg. CE 178/2002)<br />

Fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione: qualsiasi fase,<br />

importazione compresa, a partire dalla produzione primaria di un alimento<br />

inclusa fino al magazzinaggio, al trasporto, alla vendita o erogazione al consumatore<br />

finale inclusi e, ove pertinente, l’importazione, la produzione, la lavorazione,<br />

il magazzinaggio, il trasporto, la distribuzione, la vendita e l’erogazione<br />

dei mangimi. (Reg. CE 178/2002)<br />

Produzione primaria: tutte le fasi della produzione, dell’allevamento o della coltivazione<br />

dei prodotti primari, compresi il raccolto, la mungitura e la produzione<br />

zootecnica precedente la macellazione e comprese la caccia e la pesca e la raccolta<br />

di prodotti selvatici. (Reg. CE 178/2002)<br />

Commercio al dettaglio: la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e<br />

il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi<br />

i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende<br />

e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri<br />

di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all’ingrosso. (Reg. CE<br />

178/2002)<br />

Immissione sul mercato: la detenzione di alimenti o mangimi a scopo di vendita,<br />

comprese l’offerta di vendita o ogni altra forma, gratuita o a pagamento, di<br />

cessione, nonché la vendita stessa, la distribuzione e le altre forme di cessione<br />

propriamente detta. (Reg. CE 178/2002)<br />

Rintracciabilità: la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento,<br />

di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una<br />

sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime<br />

attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.<br />

(Reg. CE 178/2002)<br />

84


Consumatore finale: il consumatore finale di un prodotto alimentare che non<br />

utilizzi tale prodotto nell’ambito di un’operazione o attività di un’impresa del<br />

settore alimentare. (Reg. CE 178/2002)<br />

Trattamento: qualsiasi azione che provoca una modificazione sostanziale del<br />

prodotto iniziale, compresi trattamento termico, affumicatura, salagione, stagionatura,<br />

essiccazione, marinatura, estrazione, estrusione o una combinazione di<br />

tali procedimenti. (Reg. CE 852/2004)<br />

Prodotti non trasformati: prodotti alimentari non sottoposti a trattamento,<br />

compresi prodotti che siano stati divisi, separati, sezionati, affettati, disossati, tritati,<br />

scuoiati, frantumati, tagliati, puliti, rifilati, decorticati, macinati, refrigerati,<br />

congelati, surgelati o scongelati (nota - sembra voler comprendere le operazioni<br />

di tipo prettamente meccanico). (Reg. CE 852/2004)<br />

Prodotti trasformati: prodotti alimentari ottenuti dalla trasformazione di prodotti<br />

non trasformati. Tali prodotti possono contenere ingredienti necessari alla<br />

loro lavorazione o per conferire loro caratteristiche specifiche. (Reg. CE<br />

852/2004)<br />

85


Allegati<br />

87


Allegato 1<br />

Requisiti generali applicabili alle strutture destinate agli alimenti (Allegato<br />

II Capitolo I Reg. CE 852/2004)<br />

1. Le strutture destinate agli alimenti devono essere tenute pulite, sottoposte<br />

a manutenzione e tenute in buone condizioni.<br />

2. Lo schema, la progettazione, la costruzione, l’ubicazione e le dimensioni<br />

delle strutture destinate agli alimenti devono:<br />

a) consentire un’adeguata manutenzione, pulizia e/o disinfezione, evitare o<br />

ridurre al minimo la contaminazione trasmessa per via aerea e assicurare uno<br />

spazio di lavoro tale da consentire lo svolgimento di tutte le operazioni in condizioni<br />

d’igiene;<br />

b) essere tali da impedire l’accumulo di sporcizia, il contatto con materiali<br />

tossici, la penetrazione di particelle negli alimenti e la formazione di condensa o<br />

muffa indesiderabile sulle superfici;<br />

c) consentire una corretta prassi di igiene alimentare, compresa la protezione<br />

contro la contaminazione e, in particolare, la lotta contro gli animali infestanti;<br />

d) ove necessario, disporre di adeguate strutture per la manipolazione e il<br />

magazzinaggio a temperatura controllata, con sufficiente capacità per mantenere<br />

i prodotti alimentari in condizioni adeguate di temperatura e progettate in<br />

modo che la temperatura possa essere controllata e, ove opportuno, registrata.<br />

3. Deve essere disponibile un sufficiente numero di gabinetti, collegati ad un<br />

buon sistema di scarico. I gabinetti non devono dare direttamente sui locali di<br />

manipolazione degli alimenti.<br />

4. Deve essere disponibile un sufficiente numero di lavabi, adeguatamente<br />

collocati e segnalati per lavarsi le mani. I lavabi devono disporre di acqua corrente<br />

fredda e calda, materiale per lavarsi le mani e un sistema igienico di asciugatura.<br />

Ove necessario, gli impianti per il lavaggio degli alimenti devono essere<br />

separati da quelli per il lavaggio delle mani.<br />

5. Si deve assicurare una corretta aerazione meccanica o naturale, evitando il<br />

flusso meccanico di aria da una zona contaminata verso una zona pulita. I siste-<br />

89


mi di aerazione devono essere tali da consentire un accesso agevole ai filtri e alle<br />

altre parti che devono essere pulite o sostituite.<br />

6. Gli impianti sanitari devono disporre di un buon sistema di aerazione,<br />

naturale o meccanico.<br />

7. Nei locali destinati agli alimenti deve esserci un’adeguata illuminazione,<br />

naturale e/o artificiale.<br />

8. Gli impianti di scarico devono essere adatti allo scopo, nonché progettati<br />

e costruiti in modo da evitare il rischio di contaminazione. Qualora i canali di<br />

scarico siano totalmente o parzialmente scoperti, essi devono essere progettati in<br />

modo da evitare che il flusso proceda da una zona contaminata verso o in un’area<br />

pulita, in particolare un’area dove vengano manipolati alimenti che possono presentare<br />

un alto rischio per i consumatori finali.<br />

9. Ove necessario, devono essere previste installazioni adeguate adibite a spogliatoio<br />

per il personale.<br />

10. I prodotti per la pulizia e la disinfezione non devono essere conservati<br />

nelle aree dove vengono manipolati alimenti.<br />

Allegato 2<br />

Requisiti specifici applicabili ai locali all’interno dei quali i prodotti alimentari<br />

vengono preparati, lavorati o trasformati (Allegato II Capitolo II Reg.<br />

CE 852/2004)<br />

1. I locali dove gli alimenti sono preparati, lavorati o trasformati devono essere<br />

progettati e disposti in modo da consentire una corretta prassi igienica impedendo<br />

anche la contaminazione tra e durante le operazioni. In particolare:<br />

a) i pavimenti devono essere mantenuti in buone condizioni, essere facili da<br />

pulire e, se necessario, da disinfettare; ciò richiede l’impiego di materiale resistente,<br />

non assorbente, lavabile e non tossico, a meno che gli operatori alimentari<br />

non dimostrino all’autorità competente che altri tipi di materiali possono<br />

90


essere impiegati appropriatamente. Ove opportuno, la superficie dei pavimenti<br />

deve assicurare un sufficiente drenaggio;<br />

b) le pareti devono essere mantenute in buone condizioni ed essere facili da<br />

pulire e, se necessario, da disinfettare; ciò richiede l’impiego di materiale resistente,<br />

non assorbente, lavabile e non tossico e una superficie liscia fino ad un’altezza<br />

adeguata per le operazioni, a meno che gli operatori alimentari non dimostrino<br />

all’autorità competente che altri tipi di materiali possono essere impiegati<br />

appropriatamente;<br />

c) i soffitti (o, quando non ci sono soffitti, la superficie interna del tetto) e le<br />

attrezzature sopraelevate devono essere costruiti e predisposti in modo da evitare<br />

l’accumulo di sporcizia e ridurre la condensa, la formazione di muffa indesiderabile<br />

e la caduta di particelle;<br />

d) le finestre e le altre aperture devono essere costruite in modo da impedire<br />

l’accumulo di sporcizia e quelle che possono essere aperte verso l’esterno devono<br />

essere, se necessario, munite di barriere antinsetti facilmente amovibili per la<br />

pulizia; qualora l’apertura di finestre provochi contaminazioni, queste devono<br />

restare chiuse e bloccate durante la produzione;<br />

e) le porte devono avere superfici facili da pulire e, se necessario, da disinfettare;<br />

a tal fine si richiedono superfici lisce e non assorbenti, a meno che gli operatori<br />

alimentari non dimostrino all’autorità competente che altri tipi di materiali<br />

utilizzati sono adatti allo scopo;<br />

f) le superfici (comprese quelle delle attrezzature) nelle zone di manipolazione<br />

degli alimenti e, in particolare, quelli a contatto con questi ultimi devono<br />

essere mantenute in buone condizioni ed essere facili da pulire e, se necessario,<br />

da disinfettare; a tal fine si richiedono materiali lisci, lavabili, resistenti alla corrosione<br />

e non tossici, a meno che gli operatori alimentari non dimostrino all’autorità<br />

competente che altri tipi di materiali utilizzati sono adatti allo scopo.<br />

2. Ove necessario, si devono prevedere opportune attrezzature per la pulizia,<br />

la disinfezione e il deposito degli strumenti di lavoro e degli impianti. Tali attrezzature<br />

devono essere in materiale resistente alla corrosione e facili da pulire e<br />

disporre di un’adeguata erogazione di acqua calda e fredda.<br />

3. Si devono prevedere adeguate attrezzature, ove necessario, per le operazioni<br />

di lavaggio degli alimenti. Ogni acquaio o impianto analogo previsto per il<br />

lavaggio degli alimenti deve disporre di un’adeguata erogazione di acqua potabi-<br />

91


le calda e/o fredda, e deve essere mantenuto pulito e, ove necessario, disinfettato.<br />

Allegato 3<br />

Requisiti applicabili alle attrezzature (Allegato II Capitolo V Reg. CE<br />

852/2004)<br />

1. Tutto il materiale, l’apparecchiatura e le attrezzature che vengono a contatto<br />

degli alimenti<br />

devono:<br />

a) essere efficacemente puliti e, se necessario, disinfettati. La pulitura e la<br />

disinfezione devono avere luogo con una frequenza sufficiente ad evitare ogni<br />

rischio di contaminazione;<br />

b) essere costruiti in materiale tale de rendere minimi, se mantenuti in buono<br />

stato e sottoposti a regolare manutenzione, i rischi di contaminazione;<br />

c) ad eccezione dei contenitori e degli imballaggi a perdere, essere costruiti in<br />

materiale tale che, se mantenuti in buono stato e sottoposti a regolare manutenzione,<br />

siano sempre puliti e, ove necessario, disinfettati;<br />

d) essere installati in modo da consentire un’adeguata pulizia delle apparecchiature<br />

e dell’area circostante.<br />

2. Ove necessario, le apparecchiature devono essere munite di ogni dispositivo<br />

di controllo necessario per garantire gli obiettivi del presente regolamento.<br />

3. Qualora, per impedire la corrosione delle apparecchiature e dei contenitori sia<br />

necessario utilizzare additivi chimici, ciò deve essere fatto secondo le corrette prassi.<br />

Allegato 4<br />

Rifiuti alimentari (Allegato II Capitolo VI Reg. CE 852/2004)<br />

1. I rifiuti alimentari, i sottoprodotti non commestibili e gli altri scarti devono<br />

essere rimossi al più presto, per evitare che si accumulino, dai locali in cui si<br />

trovano gli alimenti.<br />

92


2. I rifiuti alimentari, i sottoprodotti non commestibili e gli altri scarti devono<br />

essere depositati in contenitori chiudibili, a meno che gli operatori alimentari<br />

non dimostrino all’autorità competente che altri tipi di contenitori o sistemi<br />

di evacuazione utilizzati sono adatti allo scopo. I contenitori devono essere<br />

costruiti in modo adeguato, mantenuti in buone condizioni igieniche, essere<br />

facilmente pulibili e, se necessario, disinfettabili.<br />

3. Si devono prevedere opportune disposizioni per il deposito e la rimozione<br />

dei rifiuti alimentari, dei sottoprodotti non commestibili e di altri scarti. I<br />

magazzini di deposito dei rifiuti devono essere progettati e gestiti in modo da<br />

poter essere mantenuti costantemente puliti e, ove necessario, al riparo da animali<br />

e altri animali infestanti.<br />

4. Tutti i rifiuti devono essere eliminati in maniera igienica e rispettosa dell’ambiente<br />

conformemente alla normativa comunitaria applicabile in materia e<br />

non devono costituire, direttamente o indirettamente, una fonte di contaminazione<br />

diretta o indiretta.<br />

Allegato 5<br />

Rifornimento idrico (Allegato II Capitolo VII Reg. CE 852/2004)<br />

1. Il rifornimento di acqua potabile deve essere sufficiente. L’acqua potabile<br />

va usata, ove necessario, per garantire che i prodotti alimentari non siano contaminati.<br />

2. Qualora acqua non potabile sia utilizzata ad esempio per la lotta antincendio,<br />

la produzione di vapore, la refrigerazione e altri scopi analoghi, essa deve<br />

passare in condotte separate debitamente segnalate. Le condotte di acqua non<br />

potabile non devono essere raccordate a quelle di acqua potabile, evitando qualsiasi<br />

possibilità di riflusso.<br />

3. L’acqua riciclata utilizzata nella trasformazione o come ingrediente non<br />

deve presentare rischi di contaminazione e deve rispondere ai requisiti fissati per<br />

l’acqua potabile, a meno che l’autorità competente non abbia accertato che la<br />

93


qualità della stessa non è tale da compromettere l’integrità dei prodotti alimentari<br />

nella loro forma finita.<br />

4. Il ghiaccio che entra in contatto con gli alimenti o che potrebbe contaminare<br />

gli stessi deve essere ottenuto da acqua potabile o, allorché è utilizzato per<br />

la refrigerazione di prodotti della pesca interi, da acqua pulita. Esso deve essere<br />

fabbricato, manipolato e conservato in modo da evitare ogni possibile contaminazione.<br />

5. Il vapore direttamente a contatto con gli alimenti non deve contenere alcuna<br />

sostanza che presenti un pericolo per la salute o possa contaminare gli alimenti.<br />

6. Laddove il trattamento termico venga applicato a prodotti alimentari racchiusi<br />

in contenitori ermeticamente sigillati, occorre garantire che l’acqua utilizzata<br />

per raffreddare i contenitori dopo il trattamento non costituisca una fonte<br />

di contaminazione per i prodotti alimentari.<br />

Allegato 6<br />

Igiene personale (Allegato II Capitolo VIII Reg. CE 852/2004)<br />

1. Ogni persona che lavora in locali per il trattamento di alimenti deve mantenere<br />

uno standard elevato di pulizia personale ed indossare indumenti adeguati,<br />

puliti e, ove necessario, protettivi.<br />

2. Nessuna persona affetta da malattia o portatrice di malattia trasmissibile<br />

attraverso gli alimenti o che presenti, per esempio, ferite infette, infezioni della<br />

pelle, piaghe o soffra di diarrea deve essere autorizzata a qualsiasi titolo a manipolare<br />

alimenti e ad entrare in qualsiasi area di trattamento degli alimenti, qualora<br />

esista una probabilità di contaminazione diretta o indiretta degli alimenti.<br />

Qualsiasi persona affetta da una delle patologie sopra citate che lavori in un’impresa<br />

alimentare e che possa venire a contatto con gli alimenti deve denunciare<br />

immediatamente la propria malattia o i propri sintomi, precisando se possibile<br />

le cause, al responsabile dell’impresa alimentare.<br />

94


Allegato 7<br />

Requisiti applicabili ai prodotti alimentari (Allegato II Capitolo IX Reg.<br />

CE 852/2004)<br />

1. Un’impresa alimentare non deve accettare materie prime o ingredienti,<br />

diversi dagli animali vivi, o qualsiasi materiale utilizzato nella trasformazione dei<br />

prodotti, se risultano contaminati, o si può ragionevolmente presumere che<br />

siano contaminati, da parassiti, microrganismi patogeni o tossici, sostanze<br />

decomposte o estranee in misura tale che, anche dopo che l’impresa alimentare<br />

ha eseguito in maniera igienica le normali operazioni di cernita e/o le procedure<br />

preliminari o di trattamento, il prodotto finale risulti inadatto al consumo<br />

umano.<br />

2. Le materie prime e tutti gli ingredienti immagazzinati in un’impresa alimentare<br />

devono essere opportunamente conservati in modo da evitare un deterioramento<br />

nocivo e la contaminazione.<br />

3. In tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione gli alimenti<br />

devono essere protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti<br />

al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non<br />

poter essere ragionevolmente consumati in tali condizioni.<br />

4. Occorre predisporre procedure adeguate per controllare gli animali infestanti<br />

e per impedire agli animali domestici di accedere ai luoghi dove gli alimenti<br />

sono preparati, trattati o conservati (ovvero, qualora l’autorità competente<br />

autorizzi tale accesso in circostanze speciali, impedire che esso sia fonte di<br />

contaminazioni).<br />

5. Le materie prime, gli ingredienti, i prodotti intermedi e quelli finiti, in<br />

grado di consentire la crescita di microrganismi patogeni o la formazione di tossine<br />

non devono essere conservati a temperature che potrebbero comportare<br />

rischi per la salute. La catena del freddo non deve essere interrotta. È tuttavia<br />

permesso derogare al controllo della temperatura per periodi limitati, qualora<br />

ciò sia necessario per motivi di praticità durante la preparazione, il trasporto,<br />

l’immagazzinamento, l’esposizione e la fornitura, purché ciò non comporti un<br />

95


ischio per la salute. Gli stabilimenti per la fabbricazione, la manipolazione e il<br />

condizionamento di alimenti trasformati devono disporre di locali adeguati, sufficientemente<br />

ampi per consentire il magazzinaggio separato delle materie prime<br />

e dei prodotti trasformati e di uno spazio refrigerato separato sufficiente.<br />

6. Se i prodotti alimentari devono essere conservati o serviti a bassa temperatura,<br />

è necessario raffreddarli il più rapidamente possibile, al termine del trattamento<br />

termico, o dell’ultima fase di preparazione se non è applicato un trattamento<br />

termico, ad una temperatura che non provochi rischi per la salute.<br />

7. Lo scongelamento dei prodotti alimentari deve essere effettuato in modo<br />

tale da ridurre al minimo il rischio di proliferazione di microrganismi patogeni<br />

o la formazione di tossine. Nel corso dello scongelamento, gli alimenti devono<br />

essere sottoposti a temperature che non comportino rischi per la salute. Qualora<br />

il liquido proveniente dal processo di scongelamento possa costituire un rischio<br />

per la salute, esso deve essere adeguatamente allontanato. Dopo lo scongelamento,<br />

gli alimenti devono essere manipolati in maniera tale da ridurre al minimo il<br />

rischio di proliferazione di microrganismi patogeni o la formazione di tossine.<br />

8. Le sostanze pericolose e/o non commestibili, compresi gli alimenti per animali,<br />

devono essere adeguatamente etichettate e immagazzinate in contenitori<br />

separati e ben chiusi.<br />

Allegato 8<br />

Requisiti applicabili al confezionamento e all’imballaggio di prodotti alimentari<br />

(Allegato II Capitolo X Reg. CE 852/2004)<br />

1. I materiali di cui sono composti il confezionamento e l’imballaggio non<br />

devono costituire una fonte di contaminazione.<br />

2. I materiali di confezionamento devono essere immagazzinati in modo tale<br />

da non essere esposti a un rischio di contaminazione.<br />

3. Le operazioni di confezionamento e di imballaggio devono essere effettua-<br />

96


te in modo da evitare la contaminazione dei prodotti. Ove opportuno, in particolare<br />

in caso di utilizzo di scatole metalliche e di vasi in vetro, è necessario<br />

garantire l’integrità del recipiente e la sua pulizia.<br />

4. I confezionamenti e gli imballaggi riutilizzati per i prodotti alimentari<br />

devono essere facili da pulire e, se necessario, da disinfettare.<br />

Allegato 9<br />

Requisiti generali in materia di igiene per la produzione primaria e le operazioni<br />

associate (Reg. CE 852/2004 allegato I - parte a - produzione primaria)<br />

I. AMBITO D’APPLICAZIONE<br />

1. Il presente allegato si applica alla produzione primaria e alle seguenti operazioni<br />

associate:<br />

a) il trasporto, il magazzinaggio e la manipolazione di prodotti primari sul<br />

luogo di produzione, a condizione che ciò non alteri sostanzialmente la loro<br />

natura;<br />

b) il trasporto di animali vivi, ove necessario per il raggiungimento degli<br />

obiettivi del presente regolamento;<br />

c) in caso di prodotti di origine vegetale, prodotti della pesca e della caccia,<br />

le operazioni di trasporto per la consegna di prodotti primari, la cui natura non<br />

sia ancora stata sostanzialmente modificata, dal luogo di produzione ad uno stabilimento.<br />

II. REQUISITI IN MATERIA DI IGIENE<br />

2. Nella misura del possibile, gli operatori del settore alimentare devono assicurare,<br />

che i prodotti primari siano protetti da contaminazioni, tenendo conto<br />

di tutte le trasformazioni successive cui saranno soggetti i prodotti primari.<br />

3. Fatto salvo l’obbligo generale di cui al punto 2 gli operatori del settore alimentare<br />

devono rispettare le pertinenti disposizioni legislative comunitarie e<br />

nazionali relative al controllo dei rischi nella produzione primaria e nelle opera-<br />

97


zioni associate, comprese:<br />

a) le misure di controllo della contaminazione derivante dall’aria, dal suolo,<br />

dall’acqua, dai mangimi, dai fertilizzanti, dai medicinali veterinari, dai prodotti<br />

fitosanitari e dai biocidi, nonché il magazzinaggio, la gestione e l’eliminazione<br />

dei rifiuti, e<br />

b) le misure relative alla salute e al benessere degli animali nonché alla salute<br />

delle piante che abbiano rilevanza per la salute umana, compresi i programmi<br />

per il monitoraggio e il controllo delle zoonosi e degli agenti zoonotici.<br />

4. Gli operatori del settore alimentare che allevano, raccolgono o cacciano<br />

animali o producono prodotti primari di origine animale devono, se del caso,<br />

adottare misure adeguate per:<br />

a) tenere puliti tutti gli impianti utilizzati per la produzione primaria e le operazioni<br />

associate, inclusi quelli utilizzati per immagazzinare e manipolare i mangimi<br />

e, ove necessario dopo la pulizia, disinfettarli in modo adeguato;<br />

b) tenere puliti e, ove necessario dopo la pulizia, disinfettare in modo adeguato<br />

le attrezzature, i contenitori, le gabbie, i veicoli e le imbarcazioni;<br />

c) per quanto possibile, assicurare la pulizia degli animali inviati al macello e,<br />

ove necessario, degli animali da produzione;<br />

d) utilizzare acqua potabile o acqua pulita, ove necessario in modo da prevenire<br />

la contaminazione;<br />

e) assicurare che il personale addetto alla manipolazione dei prodotti alimentari<br />

sia in buona salute e segua una formazione sui rischi sanitari;<br />

f) per quanto possibile, evitare la contaminazione da parte di animali e altri<br />

insetti nocivi;<br />

g) immagazzinare e gestire i rifiuti e le sostanze pericolose in modo da evitare<br />

la contaminazione;<br />

h) prevenire l’introduzione e la propagazione di malattie contagiose trasmissibili<br />

all’uomo attraverso gli alimenti, anche adottando misure precauzionali al<br />

momento dell’introduzione di nuovi animali e comunicando i focolai sospetti di<br />

tali malattie alle autorità competenti;<br />

i) tenere conto dei risultati delle analisi pertinenti effettuate su campioni prelevati<br />

da animali o altri campioni che abbiano rilevanza per la salute umana; e<br />

j) usare correttamente gli additivi per i mangimi e i medicinali veterinari,<br />

come previsto dalla normativa pertinente.<br />

98


5. Gli operatori del settore alimentare che producono o raccolgono prodotti<br />

vegetali, devono, se del caso, adottare misure adeguate per:<br />

a) tenere puliti e, ove necessario dopo la pulizia, disinfettare in modo adeguato<br />

le strutture, le attrezzature, i contenitori, le casse di trasporto, i veicoli e le<br />

imbarcazioni;<br />

b) assicurare, ove necessario, la produzione, il trasporto e condizioni di<br />

magazzinaggio igieniche e la pulizia dei prodotti vegetali;<br />

c) usare acqua potabile o acqua pulita, ove necessario in modo da prevenire<br />

la contaminazione;<br />

d) assicurare che il personale addetto alla manipolazione dei prodotti alimentari<br />

sia in buona salute e segua una formazione sui rischi sanitari;<br />

e) per quanto possibile, evitare la contaminazione da parte di animali e insetti<br />

nocivi;<br />

f) immagazzinare e gestire i rifiuti e le sostanze pericolose in modo da evitare<br />

la contaminazione;<br />

g) tenere conto dei risultati delle analisi pertinenti effettuate su campioni prelevati<br />

da piante o altri campioni che abbiano rilevanza per la salute umana; e<br />

h) utilizzare correttamente i prodotti fitosanitari e i biocidi, come previsto<br />

dalla normativa pertinente.<br />

6. Gli operatori del settore alimentare devono adottare opportune misure<br />

correttive quando sono informati di problemi individuati durante controlli<br />

ufficiali.<br />

III. TENUTA DELLE REGISTRAZIONI<br />

7. Gli operatori del settore alimentare devono tenere e conservare le registrazioni<br />

relative alle misure adottate per il controllo dei pericoli in modo appropriato<br />

e per un periodo di tempo adeguato e commisurato alla natura e alle dimensioni<br />

dell’impresa alimentare e devono mettere a disposizione delle autorità<br />

competenti e degli operatori del settore alimentare che ricevono i prodotti le<br />

pertinenti informazioni contenute in tali registrazioni a loro richiesta.<br />

8. Gli operatori del settore alimentare che allevano animali o producono prodotti<br />

primari d’origine animale devono tenere registrazioni, in particolare,<br />

riguardanti:<br />

99


a) la natura e l’origine degli alimenti somministrati agli animali;<br />

b) i prodotti medicinali veterinari o le altre cure somministrate agli animali,<br />

con le relative date e i periodi di sospensione;<br />

c) l’insorgenza di malattie che possono incidere sulla sicurezza dei prodotti di<br />

origine animale;<br />

d) i risultati di tutte le analisi effettuate su campioni prelevati da animali o su<br />

altri campioni prelevati a scopi diagnostici, che abbiano rilevanza per la salute<br />

umana; e<br />

e) tutte le segnalazioni pertinenti sui controlli effettuati su animali o prodotti<br />

di origine animale.<br />

9. Gli operatori del settore alimentare che producono o raccolgono prodotti<br />

vegetali devono tenere le registrazioni, in particolare riguardanti:<br />

a) l’uso di qualsiasi prodotto fitosanitario e biocido;<br />

b) l’insorgenza di qualsiasi malattia o infestazione che possa incidere sulla<br />

sicurezza dei prodotti di origine vegetale; e<br />

c) i risultati di tutte le analisi pertinenti effettuate su campioni prelevati da<br />

piante o altri campioni che abbiano rilevanza per la salute umana.<br />

10. Gli operatori del settore alimentare possono essere assistiti da altre persone,<br />

quali i veterinari, gli agronomi e i tecnici agricoli, nella tenuta delle registrazioni.<br />

100


Allegato 10 - Dichiarazione inizio attivita’ settore alimentare ai fini della registrazione<br />

Prot._________ del ___________<br />

101<br />

Al Direttore del Dipartimento di Prevenzione<br />

dell’Azienda USL ______<br />

per il tramite del Comune di _____________<br />

DICHIARAZIONE INIZIO ATTIVITA’ SETTORE ALIMENTARE AI FINI DELLA REGISTRAZIONE<br />

(Art. 6 Regolamento CE n. 852/04 e D.G.R. n. 275 del 16.05.2006)<br />

D.I.A. SEMPLICE (l’attività inizia dal giorno dichiarato purchè successivo alla data di presentazione<br />

della notifica)<br />

…………………..<br />

Il sottoscritto firmatario della presente<br />

Cognome________________________________________ Nome _______________________________________<br />

Codice fiscale __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ Sesso M F<br />

Data di nascita _____________________________ Cittadinanza ________________________________________<br />

Luogo di nascita: Stato _____________ Provincia ______________comune________________________________<br />

Residenza: Provincia____________________________________ Comune ________________________________<br />

Via/P.zza ___________________________________________________ n°___________ C.A.P._______________<br />

Tel._____________ Cellulare* ___________ Fax.* ____________ e-mail* ____________________________<br />

In qualità di:<br />

titolare dell’omonima impresa individuale Partita I.V.A. (se già iscritto) __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __<br />

con sede legale nel Comune di _______________________________ Provincia _____________________________<br />

frazione/via/piazza__________________________________________________ n°________ C.A.P. ____________<br />

N. d’iscrizione al Registro Imprese (se già iscritto)_____________________ CCIAA di_________________________<br />

Tel. ______________ cellulare * _______________ Fax.* ____________ e-mail* ____________________________<br />

legale rappresentante della società<br />

COMUNE DI<br />

PROVINCIA DI<br />

Indirizzo<br />

________________________________________________<br />

Codice fiscale __ __ __ __ __ __ __ __ _ __ __ __ __ __ Partita I.V.A. (se diversa da C.F.) __ __ __ __ __ __ __ __ __ __ __<br />

Denominazione o ragione sociale __________________________________________________________________<br />

con sede legale nel Comune di ________________________________ Provincia ____________________________<br />

frazione/via/piazza______________________________________________ n°________ C.A.P. ____________<br />

N. d’iscrizione al Registro Imprese (se già iscritto)______________________ CCIAA di ______________________<br />

Tel. ______________ cellulare * _____________ Fax.* ____________ e-mail* _____________________________


l’inizio della/e attività<br />

DICHIARA<br />

(1)________________________________________________________________________________<br />

__________________________________________________________________________________<br />

a far data dal _____________________________________________<br />

1) indicare le attività specificate nell’elenco ALLEGATO A/6, in caso di diversa attività indicare quella prevalente;<br />

sita/e nel Comune di ____________________________________ Provincia ____________________________<br />

Via/Piazza______________________________________________ n°____________ C.A.P. ______________<br />

Tel. ___________ cellulare * ______________ Fax.* ____________ e-mail* ____________________________<br />

* = opzionali<br />

A tal fine il sottoscritto, ___________________________________________________________ ai sensi ed effetti degli<br />

artt. 46,47 e 48 del D.P.R. 445 del 28.12.2000, consapevole, in caso di dichiarazione mendace, delle sanzioni penali<br />

previste dell’art. 76 del D.P.R. 445/2000 anche per i reati di falsità in atti e uso di atto falso, nonchè della decadenza dai<br />

benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, dichiara che<br />

l’esercizio/automezzo è conforme a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di sicurezza alimentare,<br />

approvvigionamento idrico e smaltimento dei reflui.<br />

Dichiara altresì di essere consapevole dell’obbligo di redigere apposito piano di autocontrollo ai sensi del Regolamento<br />

CE 852/2004 e di essere informato che la presente comunicazione è valida esclusivamente per la registrazione ai sensi<br />

del Reg. CE 852/2004 e non sostituisce altri eventuali atti ai fini dell’avvio dell’attività.<br />

Si allega breve relazione tecnica sulle caratteristiche degli impianti e del ciclo produttivo.<br />

Autorizza per gli effetti del D.Lgs. 30 giugno 2003, n° 196 codesta P.A. al trattamento dei propri dati personali, a cura del<br />

personale assegnato all’ufficio della Azienda U.S.L. preposto alla conservazione delle notifiche ed all’utilizzo delle stesse<br />

per il procedimento di registrazione.<br />

Si impegna a versare all’Azienda USL la tariffa quando verrà determinata dalla <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> entro e non oltre<br />

60 (sessanta) giorni dal ricevimento di apposita comunicazione, pena la sospensione dell’attività produttiva.<br />

Si impegna a notificare ogni variazione relativa al nome della ditta, alla ragione sociale, al legale rappresentante,<br />

alla sede legale, all’attività produttiva svolta, nonchè la chiusura dell’unità di impresa.<br />

Data ___________________ In fede<br />

(firma per esteso e leggibile del legale rappresentante)<br />

102<br />

_____________________________________<br />

(allegare fotocopia documento di riconoscimento in corso di validità)<br />

Data di presentazione al SUAP del Comune________________________________<br />

Data e numero di protocollo presso la USL_________________________________<br />

(spazio riservato all’ufficio)


FAC-SIMILE DELLA RELAZIONE TECNICA SUI REQUISITI IN MATERIA DI IGIENE<br />

Il sottoscritto_______________________________nato a________________________il ______________________<br />

Titolare dell’impresa denominata____________________________________________________________________<br />

Legale rappresentante della Ditta/Società_____________________________________________________________<br />

In qualità di operatore del settore alimentare ai sensi del Regolamento (CE) n. 178/2002<br />

DICHIARA<br />

che al fine di garantire la sicurezza alimentare sono stati adeguatamente applicati tutti i requisiti previsti dal Regolamento<br />

CE n. 852/2004.<br />

In particolare dichiara:<br />

1) di voler attivare la seguente tipologia di attività:*<br />

Produzione primaria (specificare________________________________________________);<br />

Trasformazione (specificare________________________________________________);<br />

Commercio ingrosso/dettaglio (specificare________________________________________________);<br />

Somministrazione (specificare________________________________________________);<br />

Trasporto (specificare________________________________________________);<br />

2) che i locali e gli impianti hanno le seguenti caratteristiche **:<br />

________________________________________________________________________________________________<br />

____________________________________________________________________________________________<br />

3) Che l’acqua utilizzata possiede le seguenti caratteristiche:<br />

________________________________________________________________________________________________<br />

____________________________________________________________________________________________<br />

4) Che la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti avvengono secondo le seguenti modalità:<br />

________________________________________________________________________________________________<br />

____________________________________________________________________________________________<br />

Breve descrizione del ciclo di lavorazione:<br />

________________________________________________________________________________________________<br />

____________________________________________________________________________________________<br />

______________________________________________________________________________________________<br />

* specificare l’attività prevalente descritta in allegato A/6<br />

** è possibile anche allegare una planimetria dei locali e degli impianti 1:100.<br />

Data_________________________<br />

103<br />

In fede<br />

(firma per esteso e leggibile del legale rappresentante)<br />

________________________________


Riferimenti bibliografici e normativi<br />

- Ritracciabilità di filiera e nuove regole per l’impresa alimentare, F. Albisinni, Atti Convegno<br />

“Rintracciabilità di filiera nelle produzioni animali per la sicurezza alimentare”, Quaderni “I<br />

GEORGOFILI” 2004-V.<br />

- Reg. (CE) 852/2004 del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari.<br />

- Reg. (CE) 853/2004 del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene<br />

per gli alimenti di origine animale.<br />

- Approvazione delle Linee Guida Applicative del Reg. (CE) 852/2004 del 29 aprile 2004, sull’igiene<br />

dei prodotti alimentari. Bollettino Ufficiale della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> n. 16 Parte I del 10 giugno<br />

2006.<br />

- Approvazione delle Linee Guida Applicative Reg. (CE) 852/2004 del 29 aprile 2004, che stabilisce<br />

norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Bollettino<br />

Ufficiale della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> n. 20 Parte I del 20 luglio 2006.<br />

- Deliberazione della Giunta Regionale n. 275 del 16 Maggio 2006. Procedura operativa per la<br />

registrazione delle imprese alimentari ai sensi del Regolamento CE n. 852/2004. Supplemento<br />

Ordinario n. 5 al Bollettino Ufficiale della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> n. 22 Parte I del 10 Agosto 2006.<br />

- Regolamento (CE) N. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio<br />

2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce<br />

l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.<br />

- Deliberazione della giunta regionale 4 agosto 2005, n. 715. Linee guida per la rintracciabilità<br />

degli alimenti e mangimi per fini di sanità pubblica ai sensi del Regolamento 178/2002/CE.<br />

Bollettino Ufficiale della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> - N. 26 - Parte prima del 20-9-2005.<br />

- Deliberazione della Giunta regionale n. 275 del 16 maggio 2006. Procedura operativa per<br />

la registrazione delle imprese alimentari ai sensi del Regolamento CE n. 852/04.<br />

Supplemento ordinario n. 5 Bollettino Ufficiale della <strong>Regione</strong> <strong>Lazio</strong> - N. 22 del 10-8-2006.<br />

104


3. L’inquadramento fiscale<br />

di Stefano Barghini 1<br />

1. La figura dell’imprenditore agricolo<br />

L’articolo 2135 del codice civile definisce la figura di imprenditore agricolo e<br />

tale norma rappresenta la base di riferimento per ogni altra disposizione; così ad<br />

esempio un soggetto possiede la qualifica professionale di coltivatore diretto o di<br />

imprenditore agricolo a titolo principale soltanto se svolge le attività contemplate<br />

in tale articolo.<br />

L’attuale formulazione dell’art. 2135 del codice civile ribadisce infatti che «è<br />

imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del<br />

fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse».<br />

Questa disposizione del codice civile inquadra nella sostanza le attività aventi<br />

natura agricola, indipendentemente dal soggetto che le svolge; sono infatti<br />

imprenditori agricoli sia le persone fisiche, che le società di persone o di capitali,<br />

sia gli enti.<br />

Ovviamente deve trattarsi di una attività economica svolta con fini di lucro<br />

non potendosi annoverare tra gli imprenditori agricoli i soggetti che esercitano<br />

la coltivazione del terreno o l’allevamento degli animali al solo fine dell’autoconsumo.<br />

In passato la qualifica di coltivatore diretto competeva a chi si dedicava all’attività<br />

agricola in maniera abituale e diretta, in modo esclusivo o prevalente; il<br />

fondo coltivato doveva richiedere un fabbisogno annuo non inferiore a 104 giornate<br />

e la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non doveva risultare<br />

inferiore a un terzo di quella occorrente per le normali attività aziendali.<br />

La qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale competeva, invece, a<br />

chi si dedicava all’attività agricola impegnando nella stessa almeno due terzi del<br />

proprio tempo di lavoro e ricavando dalla stessa almeno due terzi del proprio<br />

1 Dottore Commercialista, libero professionista.<br />

105


eddito da lavoro.<br />

La nuova figura dell’imprenditore agricolo a titolo professionale (IAP persona<br />

fisica) viene identificata dai seguenti requisiti:<br />

~ destinazione dell’attività di tipo agricolo, essenziali o per connessione;<br />

~ possesso di conoscenze e competenze professionali;<br />

~ attività agricole ove almeno il 50% del tempo di lavoro dello IAP sia dedicato<br />

a tale attività;<br />

~ attività agricole ove almeno il 50% del reddito globale da lavoro dello IAP<br />

derivi da tale attività.<br />

2. Le attività agricole essenziali<br />

È imprenditore agricolo chi esercita l’attività di coltivazione del fondo, selvicoltura,<br />

allevamento di animali e attività connesse.<br />

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si<br />

intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di<br />

una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o animale, che utilizzano<br />

o che possono utilizzare il fondo. Emergono pertanto alcune rilevanti caratteristiche.<br />

In primo luogo l’attività agricola non deve comprendere l’intero ciclo produttivo,<br />

ma una fase apprezzabile di esso. Ad esempio l’attività di allevamento è<br />

considerata agricola anche se gli animali:<br />

a) siano stati acquistati all’estero;<br />

b) la loro permanenza sul fondo non comprenda tutta la durata del ciclo biologico<br />

di ogni singolo animale, ma soltanto una fase apprezzabile di esso;<br />

c) vengono venduti prima che si riproducano e quindi, senza che l’allevamento<br />

abbia l’effetto della riproduzione;<br />

d) alla loro alimentazione si provveda con mangimi provenienti anche totalmente<br />

dall’esterno del fondo.<br />

Si può quindi considerare una produzione agricola anche se ottenuta con<br />

prodotti acquistati presso terzi, a cui in azienda viene dato un incremento qualitativo<br />

e quantitativo apprezzabile.<br />

Occorre fare attenzione perché non può avere natura agricola la vendita di<br />

beni non di “produzione” agricola.<br />

Inoltre, l’attività agricola deve essere svolta mediante l’utilizzo anche solo<br />

106


potenziale del terreno (la normativa fa riferimento alle attività che utilizzano o<br />

che possono utilizzare il fondo). Non vi sono quindi limitazioni nel considerare<br />

agricole l’attività di allevamento di animali senza terra, di coltivazione di piante<br />

e fiori in vasi su fuori terra, di coltivazione di funghi (che comunque era considerata<br />

agricola anche ai fini delle imposte dirette) e l’acquacoltura.<br />

3. Le attività agricole per connessione<br />

Per attività connesse si intendono quelle direttamente collegate alla produzione<br />

agricola principale e finalizzate alla valorizzazione dei prodotti aziendali,<br />

come ad esempio la trasformazione dell’uva in vino, la produzione del formaggio<br />

con il latte e dell’olio con le olive.<br />

Si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore<br />

agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione<br />

e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente<br />

dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali,<br />

nonché le attività dirette alla fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzazione<br />

predominante di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività<br />

agricola esercitata.<br />

Un primo requisito è quindi rappresentato dal fatto che le attività connesse<br />

devono essere esercitate dalla medesima impresa che svolge l’attività agricola.<br />

Inoltre, bisogna stabilire se le predette attività (manipolazione, trasformazione,<br />

ecc.) debbano essere strettamente collegate fra loro oppure se possano essere<br />

considerate singolarmente; si può ritenere ad esempio che l’acquisto di mosto e<br />

la successiva commercializzazione del vino prodotto sia attività agricola in quanto<br />

vi è stato un processo di trasformazione. Diviene invece problematico sostenere<br />

con altrettanta certezza che l’acquisto e la rivendita nello stato originario di<br />

frutta tropicale, acquistata al fine di valorizzare la propria produzione, rientri<br />

nell’ambito dell’agricoltura. Si fa notare che l’articolo 4 del D. Lgs. n. 228/01<br />

consente la vendita diretta al dettaglio di prodotti ottenuti prevalentemente (e<br />

non esclusivamente) sul fondo; questo collegamento normativo potrebbe far<br />

ritenere che anche la semplice commercializzazione sia attività agricola.<br />

Tutto ruota attorno al significato di attività connessa e cioè quella attività<br />

necessaria a valorizzare e massimizzare il profitto dei propri prodotti. Ne consegue<br />

che tali attività devono comunque avere un collegamento con la produzio-<br />

107


ne agricola che siano funzionali alla stessa. Bisogna quindi dimostrare che<br />

l’attività di commercializzazione è necessaria per valorizzare il proprio prodotto.<br />

La semplice commercializzazione di prodotti altrui del tutto priva di ogni<br />

legame con l’attività di coltivazione del fondo o di allevamento, non ha natura<br />

agricola.<br />

E’ invece da considerare agricola la trasformazione del proprio prodotto con<br />

l’aggiunta anche di prodotti acquistati da terzi e necessari per migliorarlo, in<br />

quanto assume una funzione strumentale all’attività di produzione. Ad esempio<br />

ha certamente natura agricola la trasformazione del vino anche con l’aggiunta di<br />

altro vino acquistato in misura non prevalente presso terzi.<br />

La stessa attività di manipolazione può tuttavia conferire al prodotto acquistato<br />

natura agricola.<br />

4. L’esercizio normale dell’agricoltura<br />

Non vi sono più limiti in ordine alle modalità di svolgimento dell’attività, ai<br />

mezzi impiegati, alle tecniche adottate che pertanto possono essere anche industriali.<br />

La norma non prescrive più che le attività connesse, per essere agricole,<br />

debbano rientrare “nell’esercizio normale dell’agricoltura”, come invece era sancito<br />

in passato. Ad esempio, se precedentemente veniva spesso negata la natura<br />

agricola alle attività di macellazione degli animali bovini e suini, alla luce della<br />

nuova disposizione la macellazione di animali allevati prevalentemente sul proprio<br />

fondo assume sicuramente natura agricola.<br />

Ma non solo, sono infatti altre le fattispecie che in passato sono state escluse<br />

dalla giurisprudenza o dalla prassi amministrativa dall’agricoltura che invece<br />

oggi vi possono rientrare a pieno titolo.<br />

Ne elenchiamo alcune:<br />

- la trasformazione dell’uva e frutta in marmellata;<br />

- la pastorizzazione, l’imbottigliamento e la vendita del latte;<br />

- la trasformazione in carbone del legname proveniente dal taglio dei propri<br />

boschi;<br />

- il raffinamento dell’olio;<br />

- la macellazione e la vendita di carni;<br />

- la raffinazione e confezione di cera e miele;<br />

- la trasformazione di frutta e di pomodoro in conserve.<br />

108


Non è ad oggi ben chiaro, vista la totale assenza di pronunce in merito, se l’attività<br />

di produzione della pasta secca sia da ricondurre in ambito agricolo. C’è sicuramente<br />

attinenza per quanto riguarda il prodotto pasta con l’agricoltura, almeno,<br />

tanto quanto la produzione di salumi che vi rientra invece a pieno titolo.<br />

5. I prodotti di terzi<br />

Le attività di trasformazione e simili possono avere per oggetto anche prodotti<br />

acquistati presso terzi purché risultino prevalenti i prodotti propri. In tal senso<br />

occorre procedere al confronto in termini quantitativi fra i prodotti ottenuti dall’attività<br />

agricola principale e i prodotti acquistati da terzi; confronto che può<br />

essere effettuato solo se si tratta di beni appartenenti allo stesso comparto agronomico<br />

ed alla stessa specie.<br />

La prevalenza non può essere misurata solamente in base alle quantità, sarebbe<br />

una modalità interpretativa della norma che non inquadrerebbe esattamente<br />

il problema.<br />

Molti prodotti non consentono un confronto quantitativo. Il prodotto ottenuto<br />

ha spesso natura agricola anche se in realtà la maggior qualità del prodotto<br />

acquistato snatura il prodotto proprio. Per queste ragioni il criterio della prevalenza<br />

va individuato anche in base al valore, qualora i beni non siano omogenei<br />

fra loro, come ad esempio il mosto concentrato che viene utilizzato per il<br />

miglioramento della qualità del vino.<br />

E’ comunque scontato che i prodotti acquistati devono essere beni di derivazione<br />

agricola; non può ad esempio avere natura agricola il commercio di cavatappi<br />

nell’ambito di un’attività di produzione di vino, mentre è sicuramente<br />

agricola l’attività di trasformazione di pomodori in conserve o di frutta in marmellate.<br />

6. I servizi<br />

L’articolo 2135 del codice civile annovera in agricoltura anche le prestazioni<br />

di servizi fornite mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda,<br />

normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le<br />

attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale. Quindi entro<br />

109


certi limiti, rientra nella sfera dell’agricoltura anche l’attività di prestazione di<br />

servizi.<br />

Le condizioni affinché i servizi rientrino nell’agricoltura sono due:<br />

1) le attrezzature impiegate per le prestazioni di servizi devono essere le stesse<br />

utilizzate normalmente nell’azienda agricola (ad esempio, un agricoltore senza<br />

animali non può svolgere il servizio di smaltimento liquami per conto di terzi);<br />

è ammessa la possibilità di utilizzare delle attrezzature non utilizzate normalmente<br />

nella azienda agricola purché il loro impiego, misurato in base al fatturato,<br />

sia inferiore;<br />

2) le attrezzature utilizzate nelle attività di servizi devono essere impiegate<br />

prevalentemente nell’attività agricola. Per tale quantificazione, cosa peraltro non<br />

semplice, si può fare riferimento alle ore macchina (ad esempio, aratura per 50<br />

ore nella azienda e 49 ore presso terzi), oppure alla superficie di terreno lavorata<br />

o ancora alle quantità di gasolio consumato.<br />

A questo punto si pone un quesito: “fino a che punto, ad esempio, un laboratorio<br />

in cui si effettua la produzione, la trasformazione ed il confezionamento<br />

di alimenti, fornendo magari anche servizi a terzi, rimane nell’ambito agricolo?”.<br />

Si ritiene che il limite oltre il quale si cade nell’esercizio di attività imprenditoriale,<br />

va ricercato nei concetti di prevalenza, attinenza ed usualità:<br />

1. prevalenza quali/quantitativa fra prodotti agricoli ottenuti dall’attività<br />

agricola principale con i prodotti acquistati da terzi;<br />

2. attinenza dell’attività svolta con l’attività agricola principale;<br />

3. usuale, intesa come attività che deve rientrare tra quelle di norma esercitate<br />

nell’ambito dell’impresa agricola.<br />

7. La commercializzazione<br />

Le semplificazioni in materia di vendita al dettaglio di prodotti agricoli propri<br />

non possono ignorare il fatto che le cessioni devono essere effettuate da<br />

imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile. La trattazione del<br />

regime fiscale per le cessioni al dettaglio non può prescindere dalla definizione<br />

stessa di imprenditore agricolo.<br />

Per quanto riguarda la normativa vigente viene data facoltà agli imprenditori<br />

agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di vendere direttamente<br />

al dettaglio, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende.<br />

110


La vendita diretta dei prodotti agricoli se svolta in forma itinerante è soggetta<br />

a preventiva comunicazione da effettuare al comune del luogo ove ha sede<br />

l’azienda di produzione e può iniziare decorsi trenta giorni dalla consegna della<br />

stessa; la comunicazione deve essere corredata, oltre che delle generalità del<br />

richiedente, dell’iscrizione nel registro delle imprese e degli estremi di ubicazione<br />

dell’azienda, anche dell’elenco analitico dei prodotti di cui s’intende praticare<br />

la vendita.<br />

Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio<br />

la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio<br />

medesimo.<br />

Per la vendita al dettaglio effettuata in un luogo fisso, all’interno dell’azienda,<br />

non è richista alcuna comunicazione di inizio attività 2<br />

.<br />

La disciplina della vendita diretta si applica ai prodotti derivanti dalla coltivazione<br />

del fondo, ottenuti a seguito di manipolazione o trasformazione di prodotti<br />

agricoli e zootecnici che devono essere finalizzate al completo sfruttamento<br />

del ciclo produttivo dell’impresa.<br />

Già precedentemente, era consentito ai produttori agricoli, singoli o associati,<br />

la vendita al dettaglio, in tutto il territorio nazionale, dei prodotti ottenuti nei<br />

rispettivi fondi, senza necessità di munirsi della “licenza” prevista appositamente<br />

per l’esercizio dell’attività di commercio. Dal punto di vista normativo, la<br />

situazione non è successivamente mutata.<br />

La recente normativa, ha soltanto ampliato l’ambito di applicazione della<br />

vendita dei prodotti agricoli, in quanto esenta espressamente dalla materia del<br />

commercio anche la vendita di prodotti non provenienti dalle aziende agricole,<br />

seppur all’interno dei limiti prefissati secondo quanto esposto al paragrafo 4.3.<br />

La vendita dei prodotti agricoli può essere svolta anche da soggetti diversi<br />

dagli imprenditori agricoli quindi anche da enti e associazioni che intendano<br />

vendere direttamente.<br />

Ovviamente l’esenzione della vendita dei prodotti agricoli dall’ambito del<br />

commercio non va intesa in senso assoluto, ad esempio, se la vendita al dettaglio<br />

viene effettuata su aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio vi è obbligo<br />

di indicazione nella comunicazione della richiesta di posteggio.<br />

2 LEGGE 11 marzo 2006, n.81 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 gennaio<br />

2006, n. 2, recante interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché<br />

in materia di fiscalità d’impresa. La comunicazione è invece richiesta, in virtù del Reg. CE 852/2004, nel<br />

caso di attività di trasformazione.<br />

111


Gli imprenditori agricoli non sono autorizzati a commercializzare qualunque<br />

tipo di prodotto, ma solo quei prodotti qualificati come “agricoli”, ossia prodotti<br />

ottenuti dalla coltivazione del fondo, del bosco o dall’allevamento di animali,<br />

secondo l’articolo 2135 del codice civile. Tali prodotti, inoltre, debbono provenire<br />

in misura prevalente dalle aziende dell’imprenditore agricolo: è stato quindi<br />

introdotto il criterio della “prevalenza della produzione”.<br />

8. I regimi fiscali<br />

Per quanto riguarda le implicazioni fiscali dell’attività di vendita diretta, vengono<br />

di seguito presentati gli aspetti legati alle imposte dirette sui redditi e<br />

all’imposta sul valore aggiunto (IVA), tralasciando di entrare nel dettaglio degli<br />

aspetti fiscali riguardanti altre imposte o speciali regimi di imposta per particolari<br />

tipologie di attività.<br />

Si approfondiranno invece gli aspetti fiscali legati alle attività di manipolazione,<br />

trasformazione, cercando di evidenziare le diversità esistenti dal punto di<br />

vista fiscale rispetto all’esercizio dell’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli.<br />

8.1 Le imposte dirette<br />

Le modifiche apportate da recenti leggi finanziarie al concetto di reddito<br />

agrario, vanno necessariamente confrontate con quanto previsto dal “solito” articolo<br />

2135, da cui si evidenziano tre aspetti:<br />

1 - viene intesa comunque connessa a quella agricola, tra le altre, l’attività di<br />

trasformazione. In questo modo non è più richiesto che quest’ultima rientri nel<br />

normale esercizio delle attività agricole effettuate; di conseguenza ogni attività di<br />

trasformazione di prodotti propri ha natura agricola e come tale viene tassata<br />

come reddito agrario;<br />

2 - viene introdotto il principio della prevalenza, per cui l’impresa agricola<br />

può acquistare anche beni presso terzi per integrare la propria produzione e questi<br />

rientreranno comunque nell’attività agricola. Se i prodotti non hanno nessuna<br />

integrazione con quelli ottenuti in azienda, si tratta di commercio puro di<br />

beni acquistati presso terzi (che non ha natura agricola);<br />

112


3 - vengono considerate connesse anche le prestazioni di servizi svolte utilizzando<br />

prevalentemente le attrezzature e le risorse dell’azienda agricola.<br />

L’elenco dei prodotti che rientrano nel regime fiscale del reddito agrario, qualora<br />

realizzati nell’ambito delle attività connesse, è stato definito dal Ministero<br />

con un provvedimento sulla base della classificazione “Atecofin 2004” approvata<br />

dall’Agenzia delle entrate il 23 dicembre 2003.<br />

Nell’evidenziare le attività comprese in ciascuna categoria, ne risultano escluse<br />

alcune sulle quali ancora non vi è chiarezza, tra queste si evidenzia a titolo<br />

esemplificativo la produzione di pasta secca. Su questo punto già sottolineato in<br />

precedenza, non vi è ad oggi alcun pronunciamento in senso favorevole alla<br />

ricomprensione di tale attività tra quelle agricole.<br />

La produzione di paste secche appare comunque rispondere in termini di<br />

requisiti sostanziali quali:<br />

1. attinenza, essendo comunque un prodotto derivato dalla trasformazione di<br />

materie prime aziendali;<br />

2. usualità, per assonanza tecnica con le altre attività considerate agricole e<br />

che si avvalgono di processi anche più complessi ed esternalizzati quali produzione<br />

di carni e prodotti della loro macellazione, produzione di olio di oliva e<br />

semi oleosi, lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi, lavorazione delle granaglie<br />

o produzione di vini.<br />

Ad ogni modo, intraprendere al momento tale attività, significherebbe esserne<br />

i precursori e probabilmente chiamati a dovere, in contenzioso sostenere, attinenza<br />

e usualità agricola, per rimanere nel regime fiscale specifico.<br />

D’altronde, è previsto l’aggiornamento, a cadenza biennale, da parte del<br />

Ministero competente, dell’elenco delle attività produttive che ricadono nei redditi<br />

agrari.<br />

Ai fini delle imposte dirette, i soggetti che nell’ambito dell’attività di manipolazione,<br />

trasformazione, conservazione, commercializzazione e valorizzazione dei<br />

prodotti ottenuti prevalentemente nella propria azienda ottengono beni compresi<br />

nell’elenco definito dal Ministero, non dovranno dichiarare alcun reddito<br />

aggiuntivo, ma soltanto il reddito agrario risultante dalle iscrizioni catastali.<br />

Rimangono escluse le società di capitali e le altre società di persone, che continuano<br />

a determinare il reddito su base analitica, mediante le scritture contabili.<br />

Esse sono comunque interessate, in quanto i soggetti che operano nel settore<br />

agricolo, a condizione che i prodotti ottenuti rientrino nell’elenco ministeriale,<br />

usufruiscono dell’applicazione dell’aliquota ridotta ai fini dell’Irap, qualunque<br />

113


sia il regime fiscale applicato in materia di imposte dirette.<br />

Per le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione<br />

e commercializzazione di prodotti diversi da quelli individuati con il decreto<br />

del Ministero delle Finanze, il reddito d’impresa viene determinato applicando<br />

un coefficiente di redditività sull’ammontare dei corrispettivi delle operazioni<br />

registrate o soggette a registrazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, conseguiti<br />

con tale attività (“forfait”). Questa norma si applica anche nel caso in cui<br />

la cessione venga posta in essere occasionalmente, fattispecie che rientrerebbe tra<br />

i redditi diversi. Ciò sta a significare che, per prodotti non ritenuti usuali per<br />

l’attività agricola, in quanto non compresi nell’elenco Ministeriale, è possibile<br />

per l’azienda realizzarli ma sono soggetti ad una fiscalizzazione dei redditi specifica<br />

rispetto a quelli strettamente agricoli.<br />

Il regime forfettario è applicato anche per le attività di prestazione di servizi<br />

svolte mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda.<br />

Anche in questo caso il reddito è determinato applicando un coefficiente di redditività<br />

all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione<br />

agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto conseguiti con tali attività.<br />

8.2 L’imposta sul valore aggiunto (IVA)<br />

Per quanto attiene la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), per le<br />

attività intese comunque connesse di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del<br />

codice civile, l’imposta sul valore aggiunto viene determinata riducendo l’imposta<br />

relativa alle operazioni imponibili in misura pari al 50% del suo ammontare,<br />

a titolo di detrazione forfetaria dell’imposta afferente agli acquisti e alle<br />

importazioni.<br />

Tale regime si applica per la cessione di beni non compresi nella parte prima<br />

della tabella A) allegata al D.P.R. n. 633/72 e sulle prestazioni di servizi, mentre<br />

per i prodotti che sono compresi nella tabella A) parte prima (vino, formaggio,<br />

olio), ai fini IVA si applica il regime speciale agricolo, che prevede la detrazione<br />

IVA calcolata sulla base delle percentuali di compensazione.<br />

Ovviamente, per la cessione di beni semplicemente commercializzati (che eccedono<br />

cioè le quantità rientranti nell’attività agricola secondo il criterio della prevalenza),<br />

l’IVA relativa è dovuta nei modi ordinari e non si applica il forfait.<br />

Per quanto riguarda gli adempimenti fiscali, il produttore agricolo che cede<br />

114


eni a consumatori finali deve tenere il registro dei corrispettivi. Nel registro deve<br />

essere annotato entro il giorno non festivo successivo a quello in cui i beni sono<br />

stati ceduti (indipendentemente dall’incasso) l’ammontare dei corrispettivi, IVA<br />

inclusa, corrispondenti alle vendite. La annotazione deve essere operata con riferimento<br />

al giorno in cui le operazioni sono state effettuate (ad esempio, i corrispettivi<br />

dell’ultimo giorno del mese possono essere registrati entro il 1° giorno del<br />

mese successivo ma con la data dell’ultimo giorno del mese precedente).<br />

Per le cessioni al minuto risultanti dallo scontrino fiscale (vale per i produttori<br />

agricoli in regime normale e per i prodotti acquistati presso terzi e semplicemente<br />

commercializzati) i corrispettivi possono essere annotati entro il giorno<br />

quindici del mese successivo.<br />

Nel settore agricolo la vendita al minuto non rappresenta, in genere, l’attività<br />

principale e pertanto viene tenuto normalmente anche il registro delle fatture<br />

emesse.<br />

La liquidazione dell’imposta può essere effettuata nel registro delle fatture<br />

emesse.<br />

8.3 Gli aspetti fiscali delle attività di manipolazione e trasformazione<br />

Recentemente è stato notevolmente ampliato l’ambito delle attività agricole<br />

includendovi anche l’attività di manipolazione di prodotti vegetali acquistati<br />

presso terzi, ampliando anche il vincolo di accessorietà e strumentalità dei prodotti<br />

di terzi con i propri. Nella sostanza i prodotti acquistati presso terzi, possono<br />

soddisfare la semplice ragione di ampliare la gamma dei beni complessivamente<br />

offerti dall’impresa agricola; ne può quindi derivare un aumento della<br />

quantità di beni venduti e la cessione rientra nel reddito agrario a condizione che<br />

tali beni abbiano subito un processo di manipolazione e di trasformazione e che<br />

siano riconducibili al medesimo comparto produttivo in cui opera l’imprenditore<br />

agricolo (esempio allevamento, orto-frutta, viticoltura, floricoltura).<br />

Rientrano ad esempio fra le attività agricole:<br />

- l’acquisto di ciliegie da terzi per produrre marmellata da parte di un produttore<br />

di marmellata di fragole;<br />

- l’acquisto e la vinificazione di uve bianche da parte di un produttore di uve<br />

nere prodotte direttamente;<br />

- l’acquisto di carote per la loro rivendita dopo averle ripulite e confezionate<br />

115


da parte di un produttore di radicchio.<br />

Ha invece carattere commerciale l’acquisto di frutta per ottenere marmellate<br />

da parte di un produttore di conserve o viceversa.<br />

Vi è quindi alla base una interpretazione in ordine al rapporto tra attività<br />

agricola principale (coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento degli animali)<br />

e le attività connesse che abbiano per oggetto prodotti ottenuti prevalentemente<br />

sul fondo (trasformazione, manipolazione, ecc.) e rientranti nel reddito<br />

agrario.<br />

Le attività di trasformazione e manipolazione possono riguardare anche prodotti<br />

acquistati presso terzi, ovviamente in misura non prevalente.<br />

Le attività di commercializzazione, conservazione e valorizzazione considerate<br />

autonomamente non possono invece dare luogo ad attività rientranti nel reddito<br />

agrario oppure nel reddito determinato forfetariamente.<br />

8.4 Manipolazione<br />

L’attività di manipolazione ha carattere agricolo anche se svolta su beni di<br />

terzi; tale principio va associato al concetto di prevalenza secondo il quale le attività<br />

connesse rientrano nel reddito agrario se hanno per oggetto prodotti ottenuti<br />

prevalentemente sul fondo, giungendo alla conclusione che il produttore<br />

agricolo può acquistare prodotti presso terzi e rivenderli dopo una semplice fase<br />

di manipolazione e senza che sia intervenuto un processo di trasformazione.<br />

Ne consegue che, l’impresa agricola può acquistare prodotti presso terzi<br />

anche allo scopo di aumentare la gamma e quindi la quantità dei prodotti da<br />

immettere sul mercato.<br />

Affinché tale attività possa avere carattere agricolo, occorre soddisfare le<br />

seguenti tre condizioni:<br />

a) i prodotti acquistati devono appartenere al medesimo comparto produttivo<br />

dei prodotti ottenuti sul fondo; si ritiene che per comparto produttivo si<br />

debba fare riferimento in linea di massima alla natura merceologica dei prodotti<br />

(frutta con frutta, fiori con fiori, piante con piante, ortaggi con ortaggi, ecc.);<br />

b) i prodotti acquistati devono subire nell’ambito dell’azienda agricola una<br />

lavorazione che possa rappresentare un processo di manipolazione (pulitura e<br />

confezionamento degli ortaggi, vinificazione di uve, sgocciolatura delle olive,<br />

essiccazione dei cereali, calibratura e selezione, invasamento delle piante, ecc.);<br />

116


al contrario se i prodotti acquistati vengono semplicemente rivenduti allo stato<br />

originario l’attività è di commercializzazione e non rientra tra quelle agricole;<br />

e) i prodotti acquistati non devono esser prevalenti in confronto ai propri; la<br />

prevalenza viene misurata confrontando la quantità prodotta con quella acquistata.<br />

Qualora i prodotti acquistati, che devono appartenere alla medesima tipologia<br />

di quelli propri, siano però di specie diversa (ad esempio, si produce frumento<br />

e si acquista mais da essiccare e vendere), la condizione di prevalenza va<br />

verificata confrontando il valore di mercato dei prodotti agricoli ottenuti sul<br />

fondo e il costo di quelli acquistati.<br />

8.5 Trasformazione<br />

A maggior ragione le attività di trasformazione possono riguardare prodotti<br />

acquistati sul mercato senza che questi abbiano la funzione di migliorare qualitativamente<br />

i propri. L’attività rientra fra quelle agricole alla semplice condizione<br />

che i prodotti ottenuti appartengano al medesimo comparto produttivo dei<br />

propri prodotti.<br />

Forniamo alcuni esempi:<br />

a) un produttore di latte può acquistare presso terzi altro latte per produrre<br />

formaggio della stessa qualità di quello ottenuto dalla propria produzione;<br />

b) frutticoltore che acquista ciliegie da terzi per produrre marmellata di ciliegie<br />

parallelamente alla produzione di marmellata di fragole prodotte nel proprio<br />

fondo.<br />

e) produttore di vino rosso che acquista uve bianche per produrre e vendere<br />

vino bianco.<br />

Quindi anche gli esempi confermano che non ci deve essere più relazione<br />

diretta tra il prodotto acquistato e quello ottenuto nel fondo o nell’allevamento.<br />

Occorre soltanto rispettare la condizione che il prodotto ottenuto dalla trasformazione<br />

appartenga al medesimo comparto produttivo del proprio e che quest’ultimo<br />

sia prevalente.<br />

Come esempio di attività non rientrante nel reddito agrario, vi è l’acquisto e<br />

la trasformazione di pomodori da parte di un allevatore che produce latte e lo<br />

trasforma in formaggio.<br />

117


In sintesi<br />

- L’art. 2135 del codice civile definisce che «è imprenditore agricolo chi esercita una<br />

delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e<br />

attività connesse».<br />

- L’imprenditore agricolo a titolo professionale (IAP) viene identificata dai seguenti<br />

requisiti:<br />

— destinazione dell’attività di tipo agricolo, essenziali o per connessione;<br />

— possesso di conoscenze e competenze professionali;<br />

— attività agricole ove almeno il 50% del tempo di lavoro dello IAP sia dedicato a<br />

tale attività;<br />

— attività agricole ove almeno il 50% del reddito globale da lavoro dello IAP derivi<br />

da tale attività.<br />

- Attività agricole essenziali: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali<br />

e attività connesse, quando dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico<br />

o di una fase necessaria del ciclo stesso, che utilizzano o che possono utilizzare<br />

il fondo.<br />

- Per attività connesse: quelle collegate alla produzione agricola principale e finalizzate<br />

alla valorizzazione dei prodotti aziendali (manipolazione, conservazione, trasformazione,<br />

commercializzazione e valorizzazione) che abbiano ad oggetto prodotti<br />

ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo.<br />

- Non è richiesta una relazione diretta tra il prodotto acquistato e quello ottenuto nel<br />

fondo. Occorre rispettare la condizione che il prodotto ottenuto dalla trasformazione<br />

appartenga al medesimo comparto produttivo dell’azienda e che resti prevelente<br />

quello di origine aziendale.<br />

- E’ da considerare agricola la trasformazione del proprio prodotto con l’aggiunta<br />

anche di materie prime acquistate da terzi e necessari per migliorarlo, in quanto assume<br />

una funzione strumentale all’attività di produzione. La stessa attività di manipolazione<br />

può conferire al prodotto acquistato natura agricola.<br />

- Le attività di trasformazione e simili possono avere per oggetto anche prodotti<br />

acquistati presso terzi purché i prodotti propri rimangano prevalenti. Il criterio della<br />

prevalenza può essere valutato sia in termini quantitativi che di valore.<br />

- Sono considerate attività connesse e tassate su redditi agrari stimati catastalmente,<br />

quelle derivanti dalla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione<br />

e valorizzazione di determinati prodotti agricoli tassativamente indicati e<br />

ottenuti prevelentemente dall’imprenditore agricolo. I prodotti e le attività sono in<br />

elenco formulato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta del<br />

Ministero delle Politiche Agricole.<br />

- Le attività non comprese nel citato elenco, ma comunque “usualmente” esercitate<br />

nell’azienda agricola, possono usufruire di un regime forfettario, in base ad un coefficiente<br />

per la determinazione del reddito d’imposta.<br />

118


Allegato<br />

Tabella allegata al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze<br />

Classificazione Atecofin 2004.<br />

(Gazzetta Ufficiale n. 78 del 2 aprile 2004)<br />

- Produzione di carni e prodotti della loro macellazione (15.11.0 - 15.12.0);<br />

- Lavorazione e conservazione delle patate (15.31.0), escluse le produzioni di<br />

purè di patate disidratato, di snack a base di patate, di patatine fritte e la sbucciatura<br />

industriale delle patate;<br />

- Produzione di succhi di frutta e ortaggi (15.32.0.);<br />

- Lavorazione e conservazione di frutta e di ortaggi n.c.a.(15.33.0.);<br />

- Produzione di olio di oliva e di semi oleosi (01.13.2 - 15.41.1 - 15.41.2);<br />

- Produzione di olio di semi di granoturco (olio di mais)(ex 15.62.0);<br />

- Trattamento igienico del latte e produzione dei derivati del latte (01.21.0 -<br />

01.22.1 - 15.51.1 - 15.51.2);<br />

- Lavorazione delle granaglie (da 15.61.1 a 15.61.3);<br />

- Produzione di vini (01.13.1 - 15.93.1 - 15.93.2);<br />

- Produzione di aceto (ex 15.87.0);<br />

- Produzione di sidro ed altre bevande fermentate (15.94.0);<br />

- Manipolazione di prodotti derivanti dalle coltivazioni di cui alle classi 01.11,<br />

01.12 e 01.13.<br />

Come si può notare detto elenco comprende, oltre a diverse attività di trasformazione<br />

di prodotti agricoli, anche l’attività di “manipolazione dei prodotti<br />

derivanti dalle coltivazioni di cui alle classi 01.11, 01.12 e 01.13” di attività<br />

secondo la classificazione “ATECOFIN 2004” approvata con provvedimento<br />

del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 23 dicembre 2003.<br />

Nella relazione di accompagnamento al decreto ministeriale è chiarito che si<br />

tratta delle attività di manipolazione delle seguenti classi di prodotti:<br />

- 01.11: coltivazione di cereali(compreso il riso), semi, barbabietola da zucchero,<br />

tabacco;<br />

- 01.12: coltivazione di ortaggi, fiori e piante ornamentali,ortocolture, prodotti<br />

di vivai;<br />

119


- 01.13: colture viticole, olivicole, agrumicole, frutticole diverse.<br />

Alle attività di trasformazione e manipolazione di prodotti diversi da quelli sopra<br />

elencati si applicherà il regime forfettario previsto dall’articolo 56-bis, comma 2,<br />

del TUIR.<br />

Riferimenti bibliografici e normativi:<br />

Agricoltura e fisco, Gian Paolo Tosoni, Edizioni Il sole 24 ore Pirola, 2003.<br />

Il nuovo imprenditore agricolo, Cinzia De Stefanis, Sistemi editoriali, 2003.<br />

Legge di orientamento in agricoltura, AA. VV., Supplemento al n. 25/2004 di Agrisole.<br />

Quando si applica il “forfait” su trasformazione e servizi, Francesco Preziosi, Agrisole 19-25<br />

Nov. 2004.<br />

Disposizioni in materia di attività agricole. Articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.<br />

Circolare N. 44 del 15.11.2004 - Agenzia delle Entrate.<br />

Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228. “Orientamento e modernizzazione del settore<br />

agricolo”.<br />

Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99 “Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità<br />

aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura”.<br />

Decreto Legislativo 27 maggio 2005, n. 101 “Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei<br />

settori dell’agricoltura e delle foreste”.<br />

Legge 11 marzo 2006, n. 81. “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10<br />

gennaio 2006, n. 2, recante interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria,<br />

della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa”.<br />

120


4. I sistemi di valorizzazione<br />

di Donato Ferrucci 1<br />

1. Introduzione<br />

I sistemi di valorizzazione sono basati sul concetto di qualità, definita come<br />

“grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti” (UNI<br />

EN ISO 9000:2000). La caratteristica è intesa come l’elemento distintivo, il<br />

requisito come aspettativa del mercato riferita a quest’ultima (p.e. l’acidità di un<br />

olio è la caratteristica, il suo valore entro determinati limiti esprime il requisito).<br />

Ne consegue che la qualità di un prodotto non è un giudizio di valore ma la<br />

conformità ad uno standard definito attraverso determinati parametri. I parametri<br />

di qualità si distinguono in tangibili, che determinano la qualità materiale (es.<br />

presenza di nutrienti, acidità), verificabile mediante prove analitiche sui prodotti;<br />

e intangibili, che identificano la qualità immateriale (es. origine, valori etici),<br />

garantita solo attraverso controlli e sistemi di gestione dei requisiti.<br />

Dal punto di vista legislativo non esiste una definizione di qualità. Il concetto<br />

che più richiama e assimila quanto evocato dal termine qualità è quello di<br />

genuinità.<br />

La genuinità, qualità e coerenza con le aspettative, sono concetti contemplati<br />

e tutelati dal nostro ordinamento giuridico nel codice penale agli artt. 515, per<br />

frode nell’esercizio del commercio; 516, per l’immissione in commercio come<br />

genuine di sostanze non genuine; 517, per le menzioni mendaci su prodotti<br />

industriali (inclusi quelli alimentari); 517 bis, disposizione specifica per i prodotti<br />

alimentari tutelati da denominazioni comunitarie 2 .<br />

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 222 del 10/02/2004,<br />

1 Dottore Agronomo, libero professionista.<br />

2 Art. 515 C.P. - Frode nell’esercizio del commercio. “Consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra,<br />

ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o<br />

pattuita”. Si configura come una attribuzione di qualità non possedute.<br />

Art. 516 C.P. - Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine.<br />

Art. 517 C.P. - Vendita di prodotti industriali con segni mendaci. “Vendita di opere dell’ingegno o prodotti<br />

industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore<br />

sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto”.<br />

121


Corte di Cassazione Penale – Sez. III) ha riconosciuto al concetto di genuinità<br />

una duplice valenza: sostanziale, come definito dall’art. 516, formale, come fissato<br />

da disposizioni normative attraverso l’indicazione dei requisiti essenziali a<br />

qualificare un determinato tipo di prodotto alimentare. Si è quindi arrivati a<br />

ritenere genuino un prodotto sia in termini di ingredienti materiali (sostanza)<br />

che per le caratteristiche qualificanti, quali ad esempio le tipologie di lavorazioni<br />

(forma).<br />

Non genuino è considerato anche il prodotto che non rispetta le regole dell’etichettatura<br />

e le informazioni indirizzate al consumatore.<br />

Il nostro ordinamento giuridico, assimilando la vendita di prodotti non<br />

genuini alla frode in commercio, tutela il consumatore da eventuali comunicazioni<br />

sleali o decettive, anche per quanto attiene un’area che viene definita<br />

“volontaria”.<br />

Tornando al concetto di qualità, la sua attribuzione ad un prodotto implica<br />

la conformità ad uno standard e la conseguente modalità di comunicazione del<br />

valore associato. La comunicazione, diretta o indiretta, identifica una certificazione,<br />

definita come “dichiarazione di conformità ad un sistema di regole (standard)”<br />

3 . Le regole, a governo delle caratteristiche, consistono in requisiti (sostanza)<br />

e modalità operative (forma).<br />

I principi su cui deve fondarsi la garanzia di qualità dei prodotti agroalimentari,<br />

per essere credibile ed affidabile, sono i seguenti:<br />

— la qualità del prodotto è il risultato di un processo che include sia le fasi<br />

di produzione che di verifica delle attività svolte e dei risultati ottenuti; infatti,<br />

solo la valutazione dell’intero processo produttivo può dare sufficienti garanzie<br />

che il prodotto sia conforme ai requisiti previsti;<br />

— all’operatore competono le responsabilità primarie di realizzare il prodotto<br />

in conformità ai requisiti previsti e di rispettare le procedure di produzione e<br />

verifica (1° livello del controllo -autocontrollo aziendale);<br />

— è compito dell’eventuale Organismo di Certificazione verificare la capacità<br />

dell’operatore di rispettare in continuo, quanto indicato al punto precedente<br />

(2° livello del controllo - controllo di parte terza);<br />

— è l’operatore che deve dare evidenza oggettiva del rispetto dei requisiti previsti<br />

mediante un schema documentale basato su registrazioni sistematiche;<br />

3 La definizione completa di certificazione è: “atto mediante il quale una terza parte indipendente<br />

dichiara che, con ragionevole attendibilità, un prodotto, processo o servizio è conforme ad una specifica<br />

norma o ad altro documento normativo” (UNI CEN EN 45020:1998).<br />

122


— i requisiti oggetto di controllo e verifica devono essere sempre espressi in<br />

termini misurabili e verificabili;<br />

— deve essere esercitata una vigilanza sul sistema di certificazione e sull’attività<br />

svolta dall’Organismo di Controllo (3° livello del controllo).<br />

La certificazione dichiara la qualità, conferita dall’attenzione del produttore<br />

ed espresdsa dal superamento dei requisiti minimi imposti dalla legge. Nel contempo,<br />

ha come obiettivo primario la verifica della coerenza tra dichiarazione di<br />

qualità ed espressione di qualità concreta ed intimamente connessa al prodotto.<br />

La certificazione deve apportare al prodotto una valorizzazione, intesa nel<br />

senso più ampio del termine, come competitività, privilegio nell’accesso a finanziamenti<br />

pubblici, apprezzamento del mercato od altro ancora.<br />

La certificazione è caratterizzata da:<br />

— un soggetto dichiarante;<br />

— un oggetto;<br />

— un obiettivo;<br />

— un soggetto titolare;<br />

— delle regole.<br />

Le certificazioni possono essere classificate in base a diversi criteri. In funzione<br />

del soggetto dichiarante è possibile distinguere certificazioni:<br />

1. di parte prima, quando è la stessa azienda di produzione che attesta il<br />

rispetto delle regole, è questo il caso dell’autocertificazione;<br />

2. di parte seconda, quando la dichiarazione è di competenza di un soggetto<br />

estraneo alla produzione ma coinvolto nella valorizzazione del prodotto. E’ il<br />

caso di dichiarazioni effettuate dai clienti per garantire un livello di controllo sui<br />

fornitori o, dalla rappresentanza di un gruppo di produttori nei confronti dell’operato<br />

degli associati (es. consorzi di tutela per marchi collettivi);<br />

3. di parte terza, quando la dichiarazione è eseguita da un ente estraneo al<br />

sistema produttivo aziendale, che deve avere le caratteristiche di indipendenza,<br />

imparzialità e competenza. Le caratteristiche appena citate sono formalizzate da<br />

una norma specifica (UNI EN 45011) ed oggetto di verifica da parte di un Ente<br />

di Accreditamento che, a livello nazionale, è rappresentato dal Sincert.<br />

4. di parte quarta, dichiarazione resa da un soggetto estraneo all’intero sistema<br />

aziendale. E’ il caso dei controlli effettuati da organi e amministrazioni pubbliche.<br />

Le elencate tipologie di certificazione hanno un diverso impatto comunicativo.<br />

Aumentando la “distanza”, in termini di interessi economici, tra il soggetto<br />

123


che certifica e l’azienda che produce, è percepito dal mercato un maggiore grado<br />

di vigilanza tra qualità dichiarata e qualità espressa.<br />

In base all’oggetto, ovvero al “cosa”, la certificazione si distingue nelle seguenti<br />

tipologie:<br />

1. sistema, è il caso in cui viene certificata la capacità dell’azienda a perseguire<br />

il miglioramento delle prestazioni per quanto attiene aspetti di natura organizzativo/gestionale<br />

(ISO 9001:2000), ambientale (ISO 14001) o etica (SA<br />

8000);<br />

2. prodotto, interessa un singolo prodotto (o categoria) per i quali l’azienda<br />

è in grado di assicurare, nel tempo, determinati requisiti. I requisiti possono<br />

essere certificati solo se,<br />

a. superano il livello minimo previsto dalla legge,<br />

b. sono verificabili e misurabili (oggettivi),<br />

c. sono qualificanti il prodotto (per competitività, prezzo o altro parametro);<br />

3. tracciabilità, quando si certifica la capacità dell’azienda a ricostruire il percorso<br />

del prodotto, sia per quanto attiene gli interventi che lo hanno interessato,<br />

sia le materie che ne sono entrate a farne parte. Anche in questo caso, la certificazione<br />

è possibile solo a fronte di un superamento di quanto stabilito per<br />

legge sulla tracciabilità degli alimenti.<br />

In base al sistema di regole si distinguono certificazioni:<br />

1. cogenti, ovvero regolate da leggi, di emanazione nazionale o comunitaria.<br />

In questo caso la dichiarazione di conformità è emessa da una istituzione pubblica<br />

ed è vincolante per poter procedere alla lavorazione e alla immissione in<br />

commercio. In questa tipologia ricade il nullaosta sanitario per la lavorazione di<br />

prodotti di origine animale;<br />

2. regolamentate, si tratta di certificazioni in cui l’azienda ha alcuni gradi di<br />

libertà. Il principale dei quali è rappresentato dalla scelta di aderire o meno al<br />

sistema di certificazione. Una volta aderito, le regole sono imposte da leggi di<br />

varia emanazione. E’ il caso dei segni di qualità legale, DOP (denominazione<br />

origine protetta), IGP (indicazione origine protetta), STG (specialità tradizionale<br />

garantita), Agricoltura Biologica, che possono essere apposti solo quando è<br />

verificato il rispetto delle condizioni imposte dai relativi disciplinari;<br />

3. volontarie, è il caso di certificazioni scelte in totale libertà dall’azienda.<br />

Sono basate su norme emanate da enti riconosciuti a livello nazionale (UNI),<br />

124


comunitario (CEN) o mondiale (ISO). Nella certificazione di tipo volontario<br />

l’azienda esprime la tendenza alla ricerca di un miglioramento di determinati<br />

aspetti superando quanto richiesto dalla legge.<br />

L’azienda può, attraverso i diversi schemi di certificazione presentati, tentare<br />

di valorizzare la cultura, l’organizzazione, l’attenzione all’ambiente, la tipicità sia<br />

dei prodotti che delle attività connesse all’agricoltura. Ogni realtà territoriale<br />

può trovare in uno degli schemi elencati lo strumento per aumentare la propria<br />

competitività offrendo al mercato un’immagine “migliore” per gli aspetti che<br />

ritiene o “sente” fondamentali.<br />

Gli schemi di valorizzazione maggiormente adottati in ambito agricolo<br />

riguardano i prodotti mediante certificazioni regolamentate, quali le denominazioni<br />

(DOP, IGP, STG) e l’agricoltura biologica. Di più recente introduzione è<br />

la rintracciabilità di filiera, definita in base alla norma tecnica UNI 10939:2001,<br />

la quale, anche se ancora scarsamente conosciuta, presenta degli spunti di comunicazione<br />

interessanti in termini di spendibilità verso i consumatori.<br />

Le certificazioni di sistema, allo stato attuale, risultano poco diffuse nell’ambito<br />

della produzione primaria, più attenta al prodotto ed al servizio che all’insieme<br />

gestionale da cui questi provengono. Sicuramente, a livello organizzativo<br />

e di attenzione all’utenza, il confronto con una certificazione di sistema potrebbe<br />

determinare alcuni vantaggi che il settore agricolo non sembra ancora in<br />

grado di percepire completamente. Ad esempio, la certificazione di sistema in<br />

base alla norma ISO 9001:2000, potrebbe trovare una sua ragione nelle imprese<br />

agricole che associano alla produzione e trasformazione anche dei servizi legati<br />

alla multifunzionalità dell’agricoltura, quali ricezione agrituristica, didattica,<br />

eventi di vario genere e natura.<br />

A parere di chi scrive, gli standard e schemi di certificazione attualmente<br />

maggiormente “spendibili” sul mercato e più utili in termini di miglioramento<br />

organizzativo per il contesto produttivo agricolo sono i seguenti.<br />

— agricoltura biologica;<br />

— denominazioni protette;<br />

— tracciabilità;<br />

— volontaria di prodotto;<br />

Alla descrizione di tali tipologie sono dedicati i successivi paragrafi di questo<br />

capitolo.<br />

125


2. I prodotti di qualità regolamentati<br />

2.1 Segni di qualità ambientale: i prodotti da agricoltura biologica<br />

Il biologico è una certificazione di prodotto regolamentata e rientra nella<br />

categoria dei segni di qualità legale, fondata sulla base di atti legislativi e garantita<br />

dalla vigilanza delle istituzioni. Il fulcro normativo è rappresentato dal Reg.<br />

CE 2092/91 che, integrato da emanazioni legislative in ambito nazionale, esprime<br />

le regole del processo. La comunicazione del termine biologico, e del segno<br />

correlato, può essere effettuata solo se il prodotto ha rispettato le modalità di<br />

coltivazione, allevamento, manipolazione, trasformazione e commercializzazione<br />

definite dal regolamento comunitario, lungo tutto il processo produttivo fino<br />

al consumatore finale.<br />

La pratica che porta alla realizzazione di un prodotto da agricoltura biologica<br />

segue l’intero processo fino ad arrivare al prodotto finito. L’obiettivo di questo<br />

genere di agricoltura è quello di garantire un sistema produttivo rispettoso<br />

dell’ambiente. Il biologico non è solo un prodotto privo di residui di fitofarmaci<br />

ma è vettore di una tecnica produttiva in grado di garantire la sostenibilità<br />

dell’ambiente rurale. Tale è il fine chiaramente identificato nel regolamento<br />

comunitario e il contenuto immateriale che il consumatore dovrebbe percepire.<br />

Il dettato comunitario fissa le regole di produzione a cui attenersi per poter<br />

commercializzare il prodotto utilizzando il termine da agricola biologica. Il sistema,<br />

a livello nazionale, è basato sul controllo da parte di enti privati autorizzati<br />

dal Ministero delle Politiche Agricole che mantiene la funzione di vigilanza,<br />

mediante varie istituzioni quali Ispettorato Centrale Repressione Frodi,<br />

Amministrazioni Regionali e Provinciali, Comunità Montane, ecc., a garanzia<br />

della conformità dei prodotti per il consumatore.<br />

Il prodotto da agricoltura biologica è quindi oggetto di due livelli di controllo:<br />

il primo, effettuato da organismi autorizzati da un’autorità pubblica, viene svolto<br />

su tutto l’insieme delle aziende aderenti al sistema; il secondo, eseguito dall’autorità<br />

pubblica, in maniera esaustiva sugli organismi che operano nel settore<br />

e su un campione rappresentativo delle aziende aderenti.<br />

Il termine “biologico” attribuibile ad un prodotto agricolo è definito a livello<br />

legislativo sia dal punto di vista operativo, attraverso la specifica delle tecniche<br />

da adottare, che dal punto di vista della comunicazione, per disciplina delle<br />

modalità di utilizzo del segno distintivo e del termine stesso.<br />

126


In questo quadro un prodotto può essere definito come proveniente da agricoltura<br />

biologica solo se soddisfa le seguenti condizioni:<br />

1. rispetto dei dettami operativi indicati dal Reg. CE 2092/91;<br />

2. assoggettamento ad un Organismo di Controllo accreditato per rilasciare<br />

dichiarazioni di conformità al metodo;<br />

3. autorizzazione dell’Ente di Controllo all’utilizzo del termine e del logo<br />

secondo modalità leali e conformi alla normativa;<br />

4. capacità di dare evidenza della perizia e cura di quanto operato, mediante<br />

un sistema di registrazioni.<br />

Mancando queste condizioni, l’utilizzo del termine, o del marchio (logo) è un<br />

illecito e come tale viene perseguito dal nostro ordinamento legislativo.<br />

Nel sistema relativo ai prodotti biologici l’azienda ha due gradi di libertà:<br />

— può scegliere se aderire o meno al sistema e, nel caso di adesione, se mantenere<br />

la certificazione; infatti, a meno di altri impegni assunti, ad esempio<br />

per l’ottenimento di finanziamenti, la partecipazione al sistema può<br />

essere interrotta in qualsiasi momento;<br />

— può scegliere, ed eventualmente cambiare, l’Organismo di Certificazione.<br />

I due aspetti citati sono le uniche componenti di “volontarietà” del sistema;<br />

una volta aderito, l’azienda risponde a delle regole cogenti stabilite per legge.<br />

L’adesione è formalizzata mediante un documento (notifica), in cui sono<br />

riportati i dati sintetici dell’attività aziendale, inclusi i riferimenti catastali dei<br />

terreni inseriti nel sistema di controllo. La notifica deve essere inviata contemporaneamente<br />

all’Organismo di Controllo, corredata da una serie di allegati tecnici,<br />

ed agli uffici pubblici di competenza territoriale. L’azienda sarà quindi<br />

iscritta nell’Albo degli Operatori Biologici, pubblicato annualmente su un bollettino<br />

ufficiale regionale e distinto in varie sezioni per tipologia di attività.<br />

Qualsiasi azienda può aderire al regime biologico, ma deve avere piena conoscenza<br />

delle regole, sicurezza nel metodo di produzione e conseguente serenità<br />

nell’applicazione.<br />

L’adesione al sistema, infatti, richiede all’azienda di confrontarsi con le condizioni<br />

climatiche, le problematiche fitosanitarie delle colture e sanitarie degli<br />

animali, l’eventuale aggiornamento delle pratiche agronomiche e di allevamento<br />

adottate, le possibili fonti di inquinamento e gli eventuali sistemi di gestione<br />

dei pericoli da questi derivanti.<br />

Il regolamento prevede la disciplina dei seguenti comparti:<br />

127


— produzioni vegetali, la tecnica è basata su utilizzo minimo di input esterni,<br />

esclusione di prodotti di sintesi e sistemici per la difesa delle colture, di prodotti<br />

minerali di sintesi per la concimazione, preferenza per mezzi tecnici organici<br />

e di derivazione da aziende biologiche, miglioramento delle condizioni di<br />

fertilità del suolo e di arricchimento della biodiversità animale e vegetale;<br />

— produzioni animali, alla precedente aggiunge l’attenzione al benessere<br />

degli animali, alla riduzione degli interventi veterinari, escludendo quelli finalizzati<br />

all’incremento della produzione, al prediligere mangimi da agricoltura biologica<br />

e preferibilmente prodotti dalla stessa azienda, si persegue l’obiettivo di<br />

un “ciclo chiuso” (autosostenibile) ed in armonia con la componente vegetale;<br />

— trasformazione, per la realizzazione di prodotti biologici è previsto l’utilizzo<br />

di impianti dedicati nel tempo o nello spazio, previa pulizia nel caso di lavorazione<br />

di prodotti convenzionali; sono ammessi un numero limitato di additivi<br />

quali conservanti, correttori di acidità, ecc. E’ obbligo l’implementazione di<br />

modalità operative finalizzate ad evitare contaminazioni e mescolamenti con<br />

prodotti convenzionali, a garantire la conformità delle materie prime in ingresso,<br />

il presidio dei processi produttivi, la conseguente conformità dei prodotti<br />

realizzati. Sono ammessi solo processi di natura fisica, meccanica o fermentativa.<br />

L’obiettivo ultimo è quello di garantire la salubrità dei prodotti, preservarne<br />

la qualità nutrizionale, mantenerne le fragranze;<br />

— etichettatura, interessa solo i prodotti che hanno seguito le regole indicate<br />

ai punti precedenti e per i quali ciò possa essere reso evidente attraverso un<br />

sistema di registrazioni. Alle regole di comunicazione dettate a livello generale<br />

sui prodotti alimentari, si aggiungono una serie di indicazioni e il logo a richiamo<br />

del rispetto del metodo di produzione adottato. Il regolamento impone che<br />

comunque il prodotto non “dimentichi” nella comunicazione l’origine agricola,<br />

alla quale è imposto un esplicito riferimento, in base al quale si evidenzia il prodotto<br />

non come biologico ma da agricoltura biologica;<br />

Per la fase primaria, vegetale e zootecnica, sono previsti dei periodi di conversione,<br />

la cui durata è variabile a seconda della tipologia colturale o della specie<br />

animale. Durante questo periodo, assimilabile ad una sorta di apprendistato,<br />

l’azienda deve sottostare alle regole del sistema, ma non può commercializzare i<br />

propri prodotti come provenienti da agricoltura biologica.<br />

Nell’adesione al sistema di certificazione del biologico l’azienda agricola può<br />

trarre un sicuro vantaggio grazie alla notorietà del marchio e dei valori a questo<br />

associati dal consumatore. E’ ovvio che il vantaggio maggiore sarà garantito nel<br />

128


caso di contatto diretto con il mercato e la frequentazione dell’azienda a vario<br />

titolo. E’ l’ipotesi degli agriturismi, delle fattorie didattiche e sociali, dei punti<br />

vendita aziendali, dove i servizi e i prodotti offerti sono comunque mirati a soggetti<br />

interessati ad assaporare un sistema agricolo con elevato grado di equilibrio<br />

ambientale.<br />

2.2 Segni di qualità territoriale: i prodotti a Denominazione di Origine<br />

Rispetto ai prodotti agroalimentari, la Comunità esprime negli anni ‘90 una<br />

duplice tendenza: da un lato, mediante il principio del mutuo riconoscimento,<br />

determina un abbattimento delle specificità normative e tecniche legate alle tradizioni<br />

culturali dei singoli stati membri; dall’altro, riconosce le peculiarità di<br />

alcuni prodotti e come queste siano conseguenza del legame fra questi e sistema<br />

rurale. Nasce così la volontà di tutelare i prodotti ritenuti “speciali”.<br />

I prodotti a denominazione di origine (Reg. CE 509/2006 e 510/2006, abrogativi<br />

dei precedenti Reg. CE 2081/92 e 2082/92) confermano la nuova disciplina<br />

europea della qualità. Si identificano dei segni della qualità, intesi come<br />

simboli che hanno lo scopo di comunicare al consumatore alcune caratteristiche<br />

peculiari dei prodotti. Tale metodo di valorizzazione, in analogia con i prodotti<br />

biologici, è garantito da un sistema di controllo a presidio di eventuali scorrettezze<br />

ai danni del consumatore, con conseguenti ricadute negative sui produttori<br />

a causa della perdita di fiducia nel loro operato. I segni utilizzati, in virtù del<br />

sistema di verifica e di approvazione a cui sono soggetti, danno garanzia giuridica<br />

del valore dei prodotti che contraddistinguono.<br />

Vengono quindi introdotti i seguenti segni di qualità legati al contesto territoriale<br />

e definiti da regole di eccezione: Denominazioni di Origine Protette<br />

(DOP), Indicazioni Geografiche Protette (IGP), Specialità Tradizionali<br />

Garantite (STG).<br />

Per le DOP e le IGP la qualità si origina dal legame tra prodotto e territorio,<br />

con un diverso grado di intensità fra i due segni. Per le STG, invece, si tratta di<br />

un riconoscimento legato alla specificità delle caratteristiche intrinseche del prodotto<br />

(ingredienti) o del processo, consolidata dalla tradizione e garantita attraverso<br />

la registrazione comunitaria ed il controllo di un organismo terzo. Ciò origina<br />

una seconda distinzione tra DOP/IGP e STG: nel primo caso ci confrontiamo<br />

con qualità immateriali, riferite all’origine del prodotto ed al contesto<br />

129


socio rurale, verificabili ma non misurabili; nel secondo, essendo in presenza di<br />

prodotti basati su uno standard formalizzato e su ricetta regolamentata (legale),<br />

il segno individua le qualità materiali del prodotto stesso.<br />

Da differenza fra DOP e IGP, come detto, è determinata dall’intensità del<br />

rapporto fra il prodotto e il contesto territoriale. Per le DOP le caratteristiche e<br />

la realizzazione del prodotto hanno un totale legame con il territorio, per le IGP<br />

parte di questo legame viene a cadere, in quanto entra in gioco nel rapporto prodotto/territorio<br />

anche la “reputazione” del primo.<br />

Per le DOP il territorio interviene nel determinare le caratteristiche del prodotto,<br />

per le IGP il territorio interviene nel determinare le caratteristiche o la<br />

reputazione del prodotto (quest’ultima l’accezione più utilizzata). Ne consegue<br />

che per il prodotto DOP l’intero processo produttivo deve avvenire sull’area<br />

identificata dal disciplinare, per il prodotto IGP, alcune fasi della produzione<br />

possono avvenire al di fuori dell’area interessata.<br />

Quindi, con le DOP si assiste ad un coinvolgimento e salvaguardia del settore<br />

agricolo, per le IGP vi è una correlazione rivolta più al sistema culturale che<br />

della produzione primaria.<br />

L’iter di riconoscimento di una denominazione è un procedimento di tipo<br />

legale che si sviluppa secondo le seguenti modalità:<br />

1. presentazione della domanda di registrazione, solo da parte di una associazione,<br />

la quale deve contenere i dati del richiedente e il disciplinare (descrizione<br />

del processo, prodotto, localizzazione, tipo di controlli a garanzia, informazioni<br />

sulla etichettatura);<br />

2. esame del fascicolo da parte dell’Amministrazione Regionale;<br />

3. trasmissione del fascicolo al Ministero da parte della <strong>Regione</strong> (in caso positivo);<br />

4. avviamento di una procedura pubblica di opposizione da parte dello Stato<br />

membro;<br />

5. trasmissione del fascicolo alla Commissione da parte dello Stato membro<br />

(in caso positivo);<br />

6. eventuale attivazione di una protezione provvisoria da parte del Ministero;<br />

7. pubblicazione nell’elenco dei prodotti a denominazione (se l’istanza è<br />

accolta a livello comunitario).<br />

130


L’elaborato tecnico (disciplinare), identifica per le DOP/IGP:<br />

a) l’area geografica,<br />

b) le regole di prodotto,<br />

c) le regole di processo;<br />

solo le ultime due per le STG.<br />

L’adesione ad una denominazione è un’opportunità territoriale ed è vincolata<br />

all’esistenza di tale requisito. I produttori possono aderire solo se ricadono<br />

all’interno delle aree in cui sono presenti delle Denominazioni protette, e solo<br />

se sono in grado di dimostrare la piena rispondenza alle condizioni produttive<br />

imposte dal disciplinare.<br />

Il sistema di controllo presenta diverse analogie con quello implementato per<br />

i prodotti da agricoltura biologica; esistono però alcune differenze:<br />

ogni prodotto è caratterizzato da un piano di controllo specifico ed approvato<br />

in sede comunitaria. Il piano di controllo esprime le modalità di verifica prescelte,<br />

il campione delle aziende e la frequenza associata. Nella maggior parte dei<br />

casi è prevista una verifica su un campione rappresentativo di operatori sorteggiati<br />

annualmente. Le modalità operative possono prevedere visite in campo,<br />

controlli documentali, bilanci di materia e, eventualmente, analisi funzionali<br />

alla verifica dei requisiti garantiti;<br />

l’Organismo di Controllo, per una data denominazione, è unico ed autorizzato<br />

dal Ministero, con rinnovo a scadenza dell’autorizzazione.<br />

Anche l’adesione ad eventuali denominazioni presenti sul territorio rappresenta<br />

un sicuro metodo di valorizzazione e tipicizzazione dei prodotti aziendali<br />

rispetto ad altri simili. L’azienda può trarre grande vantaggio competitivo dai<br />

segni di qualità territoriali, in virtù delle garanzie che il sistema offre ai consumatori<br />

e dello stretto legame con l’ambiente rurale che questi evocano.<br />

3. I sistemi di rintracciabilità – norme volontarie<br />

La rintracciabilità, di filiera o aziendale, è un sistema gestionale ed organizzativo<br />

di tipo volontario che risponde a due norme tecniche, la UNI 10939:2001<br />

(rintracciabilità di filiera) e la UNI 11020:2002 (rintracciabilità aziendale o<br />

interna).<br />

Esiste, come già chiarito, una rintracciabilità obbligatoria per legge, nei ter-<br />

131


mini disposti dal Reg. CE 178/2002 le cui modalità di organizzazione sono state<br />

descritte nel capitolo relativo alle regole di produzione. Il Reg. CE 178/2002<br />

fissa come obbligatoria la capacità dell’azienda di risalire ai fornitori, ed alle<br />

materie prime da questi consegnate, oltre che ai clienti, ed ai prodotti finiti da<br />

essi ricevuti. Ne consegue che l’azienda deve essere in grado di sapere a chi vende<br />

un determinato prodotto, ma non che uno specifico lotto di prodotto è stato<br />

venduto ad un particolare cliente. Così come l’azienda deve essere in grado di<br />

risalire ai fornitori di una determinata materia prima ma non è tenuta a sapere<br />

quali fornitori hanno contribuito a costituire uno specifico lotto di prodotto.<br />

La conoscenza di tali aspetti è definita come rintracciabilità aziendale o interna.<br />

Le linee guida applicative del Reg. CE 178/2002 sono a questo riguardo<br />

molto chiare: non la impongono, ma la considerano fortemente auspicabile e<br />

quindi volontaria. Le motivazioni di questo approccio sono facilmente comprensibili:<br />

un tale sistema informativo, che garantisce la possibilità di tracciare<br />

la responsabilità in caso di eventi di potenziale danno alla salute del consumatore,<br />

ha un costo considerevole in termini di implementazione e mantenimento<br />

che non tutte le aziende sono in grado di sopportare.<br />

E’ proprio il trade-off fra i costi del sistema e i suoi potenziali benefici per<br />

l’azienda che ne determinano la “volontarietà” applicativa.<br />

Rintracciabilità interna e di filiera rappresentano due sistemi di tipo “volonatario”.<br />

E’ scelta ed opportunità dell’azienda adottare i relativi schemi.<br />

La rintracciabilità interna garantisce l’identificazione del requisito della<br />

responsabilità, basato sulla conoscenza di quali fornitori hanno contribuito alla<br />

composizione di un prodotto finito e, nel caso, i controlli eseguiti su un specifico<br />

lotto.<br />

La rintracciabilità di filiera garantisce un controllo, per quanto attiene tutti<br />

i passaggi che un prodotto subisce lungo l’intera filiera e durante la sua storia<br />

produttiva. E’ questo un sistema non ancora diffuso a livello di azienda agricola,<br />

ma con notevoli potenzialità valorizzanti. In particolare, l’azienda agricola<br />

che trasforma le proprie produzioni controlla un’intera filiera produttiva, dal<br />

campo al prodotto finale. La conformità alla rintracciabilità di filiera garantisce,<br />

in prima istanza, l’origine dei prodotti, sia essa aziendale che di eventuali fornitori<br />

locali, valorizzandone il contributo alla produzione; in secondo luogo, si<br />

sottopongono a controllo eventuali requisiti critici per la sicurezza dei prodotti,<br />

quali, ad esempio, interventi con fitofarmaci, alimentazione del bestiame, interventi<br />

veterinari, ecc.<br />

132


La rintracciabilità è definita come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso<br />

di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione<br />

alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento<br />

o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione<br />

e della distribuzione” 4 .<br />

Un sistema di rintracciabilità è dato dall’insieme di strumenti (metodologici e<br />

applicativi) in grado di garantire il perseguimento di un obiettivo, per un dato<br />

prodotto e nei limiti prefissati. Nell’essenza il sistema deve consentire di segnare<br />

(tracciare) i vari momenti di processo per poi poter trovare all’occorrenza quanto<br />

necessario (rintracciare), il tutto immerso in un’ottica di gestione secondo i principi<br />

dei sistemi qualità e con un approccio dove il processo evolutivo del prodotto,<br />

con i suoi diversi cambiamenti di stato (materia prima, semilavorato, ingrediente,<br />

prodotto finito) diventa il percorso da “mappare” e porre a controllo.<br />

Un sistema di rintracciabilità è caratterizzato dai seguenti elementi costitutivi:<br />

— oggetto (“che cosa”);<br />

— obiettivo (“perché”);<br />

— campo di applicazione, dominio o estensione (“fino a dove”)<br />

— strumenti di gestione, distinti in metodologici e applicativi (“come”).<br />

L’oggetto è dato dal materiale su cui si intende porre l’attenzione e intorno al<br />

quale progettare ed implementare il sistema e che, una volta acquisito e processato<br />

con conseguente cambiamento di stato (fisico, dimensionale, di forma, di<br />

composizione, ecc.), esce dal sistema azienda per incontrare uno nuovo sistema<br />

azienda evolvendo fino a prodotto finito destinato al consumatore. Il posizionamento<br />

spaziale e temporale dell’oggetto può ricadere in un punto qualsiasi del<br />

processo produttivo a seconda del livello di filiera in cui ci si pone.<br />

L’obiettivo di sistema punta al soddisfacimento di uno o più requisiti correlati<br />

all’oggetto, i quali possono essere ricondotti a due categorie:<br />

1) primari, normati mediante regole tecniche, identificabili nella rispondenza<br />

(conformità) del prodotto a quanto stabilito dalla legge per l’immissione in<br />

4 Definizione giuridica dettata dal Reg. CE 178/2002 che “supera” per gerarchia le definizioni indicate<br />

nelle norme tecniche volontarie. In questa, i concetti di base sono nei termini “possibilità” e “ricostruire<br />

e seguire”, il primo termine sottolinea un aspetto oggettivo nella ricostruzione del percorso legato anche<br />

133


commercio nel rispetto della sicurezza e della conseguente salvaguardia della<br />

salute del consumatore;<br />

2) accessori, legati a determinate peculiarità del prodotto o del processo che<br />

lo ha generato, riferibili a norme tecniche volontarie che superano quanto previsto<br />

dal legislatore e che valorizzano il prodotto.<br />

La funzione primaria del sistema è chiaramente identificata nella tutela del<br />

consumatore, garantita mediante la possibilità, a monte, di identificare le<br />

responsabilità; a valle, di richiamare dal mercato i prodotti non conformi e/o<br />

potenzialmente pericolosi, il tutto sostenuto da controlli di processo nei punti<br />

di maggiore criticità per la salubrità del prodotto.<br />

Le funzioni accessorie sono invece dedicate alla comunicazione e valorizzazione<br />

al fine di aprire un dialogo corretto e costruttivo tra produzione e consumatore<br />

mediante la creazione di un sistema trasparente, e, nella sua massima espressione,<br />

in grado di focalizzare l’attenzione su determinati valori del prodotto,<br />

intrinseci o “pianificati”, volti ad incrementare visibilità e competitività. Su tali<br />

basi, si impone la necessità di tracciare non solo le materie oggetto di sistema ma<br />

anche tutte quelle informazioni relative ai vari momenti produttivi ritenuti<br />

a soggetti terzi. Infatti, il percorso del materiale deve “poter” essere seguito, indipendentemente dal soggetto<br />

che opera la ricerca. Gli altri due elementi, “ricostruire e seguire”, accorpano il concetto di tracciabilità<br />

(seguire o tracciare) e rintracciabilità (ricostruire o ripercorrere) in un unico termine e specificano<br />

entrambe le direzioni della filiera, verso “monte” o “valle”. Si arriva quindi a disporre la necessità per<br />

azienda di seguire il prodotto anche quando questo non è più sotto il suo controllo diretto, principio<br />

adottato in virtù degli artt. 19 e 20 del Reg. CE 178/2002 che inaugura un nuovo sistema di regole di<br />

relazione con il mercato.<br />

Altre definizioni di rintracciabilità che si trovano in norme tecniche volontarie sono:<br />

1. Capacità di risalire alla storia, all’utilizzazione o all’ubicazione di ciò che si sta considerando<br />

(ISO 9000:2000). Parlando di un prodotto la rintracciabilità può riferirsi,<br />

a. all’origine di materiali e di componenti,<br />

b. alla storia della sua realizzazione,<br />

c. alla distribuzione e all’ubicazione del prodotto dopo la consegna.<br />

2. Capacità di ricostruire la storia e di seguire l’utilizzo di un prodotto mediante identificazioni<br />

documentate (relativamente ai flussi materiali ed agli operatori di filiera). Rintracciabilità di<br />

Filera, UNI 10939:2001<br />

3. Capacità di risalire alla identificazione del fornitore dei materiali impiegati in ogni lotto del<br />

prodotto, e della relativa destinazione, mediante registrazione documentata. UNI 11020:2002<br />

La definizione che più si avvicina a quella del Regolamento comunitario è relativa alla rintracciabilità di<br />

filiera che, negli obiettivi e nel campo di applicazione, di sicuro più assimila quanto sancito dal dettato<br />

legislativo.<br />

Inoltre, è da notare, quale elemento distintivo tra regola giuridica e norma tecnica il termine “capacità”<br />

contro “possibilità” a sottolineare la valenza soggettiva nel primo caso, intesa come propria del soggetto<br />

titolare del sistema, ed oggettiva nel secondo, potenzialmente disponibile e per l’interesse della comunità.<br />

134


significativi per il conseguimento degli obiettivi prefissati, superando l’approccio<br />

per materiali che si evolvono lungo la catena di produttiva e promuovendo<br />

quello per interazioni che coinvolge persone, scelte, azioni, luoghi che ne hanno<br />

guidato l’evoluzione fino al risultato finale. La sintesi di questi elementi, la loro<br />

visibilità e comunicazione, non può che aumentare il grado di confidenza del<br />

consumatore nei confronti del prodotto, vettore di informazioni riferite alla storia<br />

produttiva e correlate a determinati valori.<br />

Il campo di applicazione o dominio, identifica l’estensione del sistema e, nel<br />

contempo, ne fissa i limiti, usualmente definiti come ampiezza e profondità.<br />

L’ampiezza determina l’estensione orizzontale, intesa come numerosità dei fornitori<br />

delle materie prime che entrano nel prodotto, sia dal punto di vista quantitativo<br />

che qualitativo (a quali componenti del prodotto si applica il sistema). La<br />

profondità, ovvero l’estensione verticale, considera il numero di soggetti coinvolti<br />

a ritroso lungo la filiera produttiva (a quali fasi del processo si applica il sistema).<br />

E’ ovvio che, in questi termini, il sistema può assumere caratteristiche dimensionali<br />

molto diverse a seconda del livello di processo in cui ci si colloca, con<br />

ampie variazioni di ampiezza e profondità, e di conseguenza di complessità, a<br />

seconda dell’oggetto e dell’obiettivo di sistema.<br />

E’ opportuno sottolineare che il sistema si può estendere solo fino a dove<br />

l’azienda ne ha il controllo e la responsabilità. Oltre tali limiti può esserci solo la<br />

conoscenza delle realtà operative senza alcuna possibilità di intervento e/o garanzia,<br />

se non nella fase di accettazione in ingresso mediante controlli di rispondenza<br />

delle forniture a quanto concordato. Esiste quindi un limite intrinseco del<br />

campo di applicazione del sistema, superabile solo mediante accordi volontari<br />

con gli altri attori coinvolti nelle fasi extra-aziendali del processo produttivo. Il<br />

passaggio della rintracciabilità dall’ambito intra-aziendale a quello inter-aziendale<br />

segna il salto dalla rintracciabilità interna a quella di filiera.<br />

La metodologia di un sistema di rintracciabilità, è basata sul concetto di ereditarietà.<br />

Ogni prodotto, in ogni passaggio di stato, eredita dallo stato precedente<br />

le informazioni ritenute significative (produttore, fornitore, parametri tecnici<br />

e merceologici, interventi effettuati, controlli). L’applicazione avviene mediante<br />

attuazione di controlli a garanzia del rispetto dei requisiti e basati su misurazioni,<br />

prove analitiche e registrazioni degli eventi, inclusi i cambiamenti fisici del<br />

prodotto (lavorazioni) e le relative cause (disidratazione, fermentazione, sezionamento,<br />

aggiunta di nuovi ingredienti, ecc.). Fondamentale è che la fase applicativa<br />

sia preceduta da una adeguata analisi dei rischi allo scopo di individuare in<br />

135


via preventiva i punti critici del sistema, ovvero caratterizzati dalla maggiore probabilità<br />

di perdita dei requisiti (es. difficoltà a mantenere distinta l’origine per<br />

partite diverse, contaminazione da prodotti che non rispettano i parametri organolettici<br />

fissati, ecc.).<br />

Da quanto appena esposto è evidente come, al fine di evitare fallimenti, il<br />

sistema, fermo restando l’obiettivo primario, debba essere tagliato sulla realtà<br />

aziendale; mediante un’attenta pianificazione mirata alla corretta identificazione<br />

del dominio, obiettivi accessori e strumenti coerenti con le risorse disponibili.<br />

L’obiettivo ultimo, infatti, non persegue l’assenza di problemi ma la garanzia di<br />

gestione degli stessi qualora si vengano a presentare. E’ quindi opportuno ragionare<br />

in termini di governo e non di dominio dei processi.<br />

L’implementazione di un sistema di rintracciabilità risulta caratterizzato da<br />

momenti di difficoltà, ai quali rivolgere la massima attenzione, e, nel contempo,<br />

dalla opportunità di apportare significativi miglioramento nella gestione aziendale.<br />

Tra le principali difficoltà insite nel sistema è opportuno sottolineare le<br />

seguenti:<br />

1. impossibilità oggettiva di desumere alcuni parametri di tracciabilità ereditati<br />

lungo il processo mediante prove analitiche sul prodotto (es. origine);<br />

2. costi di gestione del sistema;<br />

3. adeguamenti operativi e professionali necessari all’implementazione;<br />

4. dimostrazione, in concreto e in continuo, del pieno governo del processo;<br />

Dal lato dei vantaggi offerti dal sistema è possibile segnalare:<br />

maggiore garanzia di sicurezza dei prodotti;<br />

aumento dei requisiti di prodotto/processo comunicabili, e conseguenti maggiori<br />

opportunità di penetrazione del mercato;<br />

maggiore efficacia tecnica, per consapevolezza delle aree di massima criticità;<br />

maggiore efficienza economica, per controllo gestionale dei processi.<br />

A guida e riferimento metodologico per la realizzazione di un sistema di rintracciabilità<br />

possono essere utilizzate le norme/documenti tecnici che, nello specifico,<br />

trattano tali sistemi in riferimento al settore agroalimentare: la UNI<br />

10939/2001 e la UNI 11020/2002 5 .<br />

5 si segnala che le due norme UNI citate, sono norme nazionali italiane e che una norma internazionale<br />

ISO sui sistemi di rintracciabilità nel settore agroalimentare è in fase di elaborazione.<br />

136


In particolare, la norma UNI 11020/2002 definisce i principi e specifica i<br />

requisiti per l’attuazione di un sistema di rintracciabilità aziendale ed è applicabile<br />

a tutti i materiali rilevanti ai fini delle caratteristiche del prodotto finale. E’<br />

indicata come necessaria per la realizzazione di un sistema di rintracciabilità la<br />

definizione di otto aspetti gestionali:<br />

1) i materiali rilevanti e dei prodotti per i quali si voglia garantire la rintracciabilità;<br />

2) le modalità di identificazione e di registrazione dei materiali e dei fornitori;<br />

3) i flussi e/o loro percorsi e le modalità di registrazione;<br />

4) le modalità di segregazione;<br />

5) le modalità di registrazione dei materiali impiegati in ogni lotto di prodotto;<br />

6) le modalità di registrazione della destinazione dei lotti di prodotto;<br />

7) le modalità, i dettagli organizzativi e le responsabilità per la gestione del sistema;<br />

un piano di controllo del sistema.<br />

La Norma Tecnica UNI 10939/2001 è riferita ai prodotti agroalimentari e<br />

definisce la tracciabilità come “capacità di ricostruire la storia e di seguire il prodotto<br />

mediante identificazioni documentate”, in ambito sia aziendale che extraaziendale<br />

(rintracciabilità di filiera), mediante la definizione e registrazione, tra<br />

gli altri elementi, “dei flussi dei materiali coinvolti in funzione della peculiarità<br />

del prodotto”.<br />

Caratteristica principale e alla cui base è posta la volontarietà di adozione è<br />

rappresentata dall’integrazione sistemica della filiera i cui fondamenti vengono<br />

individuati nei principi di:<br />

1) controllo;<br />

2) responsabilità;<br />

3) coinvolgimento;<br />

4) condivisione di intenti;<br />

5) consapevolezza del proprio ruolo nel sistema.<br />

I principi appena elencati, per definizione stessa della filiera, devono essere<br />

adottati da tutti i soggetti coinvolti nel progetto e coordinati da un leader (capo<br />

filiera), il quale si assume la responsabilità della gestione del sistema.<br />

La norma, quindi, se da una parte puntualizza i cardini della rintracciabilità<br />

(la filiera, i flussi e la documentazione, approccio di gestione sistemi qualità),<br />

dall’altra consente una ampia elasticità di obiettivi lasciando all’azienda la possibilità<br />

di definire l’oggetto (prodotto o ingredienti ritenuti rilevanti) e la dimensione<br />

del sistema in termini di organizzazioni e flussi di materiali coinvolti<br />

(ampiezza e profondità della filiera).<br />

137


Quindi, a fronte di un indubbio contributo alla tematica della rintracciabilità,<br />

il “che cosa” viene garantito appare piuttosto blando, lasciando spazi interpretativi<br />

a dir poco eccessivi. In particolare, nulla viene indicato circa l’estensione<br />

della filiera, il che lascia adito ad interpretazioni e, soprattutto, comunicazioni<br />

al consumatore che potrebbero risultare fuorvianti. Infatti, il totale arbitrio circa<br />

la profondità e l’ampiezza, con possibile esclusione rispettivamente del settore<br />

primario e di alcuni materiali potenzialmente significativi ai fini della sicurezza<br />

del prodotto, può indurre a pensare ad un controllo integrale del prodotto,<br />

secondo lo schema “dal campo alla tavola”, senza che quanto comunicato sia nel<br />

concreto mantenuto.<br />

E’ quindi fondamentale che gli aspetti comunicativi, mediante i quali l’azienda<br />

evidenzia all’esterno quanto attuato, rispettino tre principi:<br />

1) coerenza tra gli elementi costitutivi del sistema (obiettivi, estensione e controllo)<br />

e l’informazione trasmessa;<br />

2) profondità minima a partire dal campo o dall’allevamento;<br />

3) implementazione del sistema di tracciabilità secondo modalità e schemi<br />

previsti da una politica per la qualità e la sicurezza alimentare.<br />

Tali concetti hanno trovato recente formalizzazione in ambito Sincert, con la<br />

pubblicazione di un regolamento tecnico a puntualizzazione degli elementi in<br />

grado di fornire un maggiore livello di affidabilità, garanzia e coerenza nei confronti<br />

dell’utente finale per quanto attiene i sistemi di rintracciabilità e la loro<br />

certificazione (RT 17 Rev. 00 del 2004 - Prescrizioni per l’accreditamento delle<br />

certificazioni a fronte della UNI 10939 “Sistemi di rintracciabilità nelle filiere<br />

agroalimentari” – Requisiti minimi).<br />

Il regolamento tecnico per poter certificare una filiera pone due ordini di<br />

condizioni:<br />

- devono essere oggetto di monitoraggio i seguenti parametri critici,<br />

- le registrazioni del quaderno di campagna per il settore primario vegetale;<br />

- l’alimentazione e gli interventi veterinari per il settore primario zootecnico;<br />

- i punti critici di controllo per le industrie.<br />

La filiera deve includere comunque la fase agricola primaria.<br />

I sistemi di rintracciabilità possono quindi rispondere ai requisiti di legge o<br />

superarli, attraverso la caratterizzazione del prodotto/processo, in termini di ori-<br />

138


gine, residui di prodotti chimici, valori nutrizionali, ecc. Il superamento del<br />

requisito prescelto può essere dichiarato dall’azienda con un’assunzione diretta<br />

di responsabilità (dichiarazione di conformità a livello aziendale), oppure certificato<br />

da un ente terzo indipendente, competente e riconosciuto, chiamato a<br />

valutare ed attestare la conformità di quanto dichiarato. Mentre nel primo caso<br />

si assiste ad un sistema controllato, nel secondo questo viene certificato e di conseguenza<br />

valutato, non solo per quanto attiene la capacità dell’azienda a rispettare<br />

quanto stabilito, mediante test di tracciabilità e congruenza ingressi-uscite<br />

(bilancio di massa), ma anche per gli aspetti inerenti la comunicazione corretta<br />

e coerente verso l’esterno dei requisiti oggetto di certificazione.<br />

La rintracciabilità di filiera a livello di azienda agricola rappresenta uno strumento<br />

di valorizzazione particolarmente innovativo e deciso. Il sistema può<br />

garantire l’origine ed il governo di quanto immesso sul mercato. La rintracciabilità<br />

di filiera può quindi contribuire ad eliminare i dubbi dei consumatori<br />

circa l’effettiva provenienza dei prodotti forniti e consolidare un rapporto di<br />

fiducia tra produzione e mercato.<br />

4. La Certificazione di prodotto – norme volontarie<br />

La certificazione di prodotto è l’operazione intesa ad assicurare la conformità<br />

di prodotti ai requisiti stabiliti da regole tecniche (certificazione obbligatoria)<br />

e/o norme tecniche o documenti equivalenti (certificazione volontaria), tramite<br />

procedimenti che consistono in opportune combinazioni di operazioni elementari<br />

(elementi), selezionate in funzione delle caratteristiche dell’oggetto della certificazione,<br />

in termini tali da fornire un adeguato grado di confidenza.<br />

Le norme tecniche (volontarie o consensuali) sono documenti tecnici, adottati<br />

spontaneamente dagli operatori economici, che forniscono prescrizioni in<br />

ordine ad una determinata attività (processo) od ai suoi risultati (prodotto o servizio),<br />

finalizzati al miglior ordinamento di un determinato contesto. Queste<br />

sono realizzate attraverso il consenso di tutte le parti interessate ed emesse dai<br />

competenti Enti di Normazione nazionali (UNI), europei (CEN) ed internazionali<br />

(ISO) o da altri Enti tecnici e scientifici di riconosciuta competenza e prestigio.<br />

Gli schemi di certificazione volontari possono anche fare riferimento a requisiti<br />

cogenti (es. requisiti essenziali delle direttive UE) purché presentino un valo-<br />

139


e aggiunto rispetto alla sola certificazione cogente tramite l’inserimento di<br />

requisiti aggiuntivi. Certificazioni volontarie che coprano esclusivamente, nei<br />

contenuti e nei metodi, aspetti già obbligatori per legge o comunque regolamentati<br />

non sono attivabili, in quanto possono confondere se non ingannare il consumatore.<br />

Quindi, la certificazione di prodotto non può riferirsi a caratteristiche prescritte<br />

da leggi o regolamenti che disciplinano in modo cogente quel particolare<br />

tipo di prodotto, ad esempio, delle caratteristiche igienico-sanitarie. La certificazione<br />

di prodotto è finalizzata a far riconoscere al consumatore un prodotto<br />

ottenuto secondo un preciso disciplinare di produzione, documento tecnico-normativo<br />

che ha lo scopo di conferire al prodotto determinate caratteristiche qualitative,<br />

che lo valorizzano e lo fanno preferire rispetto ad altri prodotti analoghi<br />

presenti sul mercato.<br />

La certificazione di prodotto si fonda su caratteristiche, parametri e requisiti<br />

che devono essere: oggettivi, riscontrabili e misurabili.<br />

Ancora poco diffusa a livello di azienda agricola, quello di prodotto è un uno<br />

schema di certificazione che trova maggiore espressione ed utilità in termini<br />

comunicativi nel caso di gruppi di produttori associati per la tutela e valorizzazione<br />

di prodotti, o servizi, associati ad un marchio collettivo. Il prodotto può<br />

pertanto fregiarsi del superamento del requisito legislativo, ad esempio in termini<br />

di contenuto residuale di fitofarmaci, ridotto di una percentuale significativa<br />

se non azzerato, oppure per il livello di alcuni elementi nutritivi.<br />

Altra esemplificazione applicabile per una certificazione di prodotto, seppur<br />

particolare, può essere rappresentata dal superamento della quota aziendale, prevista<br />

per legge, di prodotti utilizzati in una ristorazione agrituristica; oppure l’innalzamento<br />

della quota derivante da prodotti locali.<br />

5. La Certificazione di sistema – norme volontarie<br />

La certificazione di sistema è normata dalla famiglia delle ISO 9000.<br />

Riguarda e coinvolge l’azienda nel suo insieme per quanto attiene le capacità<br />

organizzative e gestionali a rispondere alle esigenze del mercato. Il sistema azienda<br />

si può impegnare a:<br />

- garantire la capacità dell’organizzazione a fornire prodotti che soddisfano i<br />

requisiti dei clienti e quelli cogenti (ISO 9001:2000);<br />

140


- attuare un miglioramento continuo e la soddisfazione, oltre che dei clienti,<br />

anche delle altre parti interessate (ISO 9004:2000).<br />

La base a fondamento delle norme è costituita da 8 principi di gestione per<br />

la qualità:<br />

- orientamento al cliente;<br />

- leadership;<br />

- coinvolgimento del personale;<br />

- approccio per processi;<br />

- approccio sistemico alla gestione;<br />

- miglioramento continuo;<br />

- decisioni basate su dati di fatto;<br />

- rapporti di reciproco beneficio con i fornitori.<br />

Dalla efficace condivisione di detti principi da parte di tutto il personale dell’azienda,<br />

dipende la corretta messa a punto di un sistema di gestione per la qualità.<br />

Se essi non sono tenuti presenti, si rischia di creare un sistema di gestione<br />

senza apprezzabili vantaggi per l’azienda.<br />

Altro elemento sostanziale del sistema è rappresentato dall’approccio per<br />

“processi”, finalizzato a promuovere la funzionalità e l’efficienza di quanto avviene<br />

in ambito aziendale. Un processo, secondo la norma ISO 9000, è un’attività<br />

o un insieme di attività, che tra loro interagiscono e trasformano elementi in<br />

entrata (es. materiali, servizi ed informazioni) in elementi in uscita (es. prodotti<br />

e servizi).<br />

Il processo è utilizzato dall’azienda per generare valore aggiunto tra entità in<br />

uscita (output) ed elementi in ingresso (input). La norma ISO 9001 prescrive<br />

che siano identificati i processi necessari al sistema di gestione per la qualità; stabilita<br />

la loro sequenza e interazione; definiti i criteri ed i metodi necessari per<br />

assicurarne il funzionamento ed il controllo; fornite risorse e informazioni<br />

necessarie al loro funzionamento e monitoraggio; monitorati, misurati ed analizzati;<br />

attuati per conseguire quanto pianificato; migliorati.<br />

Un processo va quindi pianificato, controllato e migliorato in continuo e<br />

deve soddisfare i seguenti criteri :<br />

- essere orientato al conseguimento di obiettivi (solo se sappiamo cosa vogliamo<br />

ottenere possiamo pianificare un processo);<br />

- essere sistematico, ovvero, tutte le attività che lo costituiscono devono essere<br />

connesse tra loro in modo coerente;<br />

- essere “capace” di conseguire gli obiettivi previsti in condizioni operative<br />

141


normali, in grado quindi di conseguire le “prestazioni” richieste con continuità<br />

e regolarità;<br />

- essere legittimato, devono cioè essere precisate le responsabilità coinvolte nel<br />

processo.<br />

Concetti nell’insieme riconducibili alla buone prassi di gestione.<br />

La norma ISO 9000 suggerisce di procedere nello sviluppo e nell’attuazione<br />

di un sistema di gestione per la qualità secondo una precisa sequenza di attività:<br />

1. determinazione delle esigenze e delle aspettative dei clienti e delle altre<br />

parti interessate (personale, fornitori, proprietari, ecc.), definendo le<br />

modalità di individuazione e raccolta di tali esigenze, con riferimento sia<br />

ai requisiti cogenti che a quelli impliciti;<br />

2. stesura e diffusione di una politica per la qualità, espressione della volontà<br />

della direzione dell’azienda, che individui gli obiettivi e gli indirizzi generali<br />

per la qualità;<br />

3. individuazione di obiettivi specifici per la qualità per differenti livelli e<br />

funzioni dell’azienda, in accordo con quanto previsto dalla politica per la<br />

qualità;<br />

4. opportuna pianificazione dei processi aziendali, per il conseguimento degli<br />

obiettivi stabiliti, individuando e assegnando le necessarie risorse (tra le<br />

quali, oltre a quelle materiali, stanno anche le risorse umane, ad iniziare<br />

dalla direzione dell’organizzazione);<br />

5. messa a punto metodi di misurazione efficaci (incluse le tecniche statistiche)<br />

per determinare l’efficacia (ossia il grado di raggiungimento dei risultati<br />

previsti) e l’efficienza (legata alle modalità con cui i risultati sono conseguiti)<br />

di ciascun processo;<br />

6. attuazione di quanto pianificato. Tale fase è la più critica e solamente il<br />

coinvolgimento del personale e della direzione, basato su un’efficace<br />

comunicazione ed addestramento ne consente il raggiungimento;<br />

7. adozione di strumenti di prevenzione delle non conformità e di eliminazione<br />

delle loro cause;<br />

8. costituzione e applicazione di un processo di miglioramento continuo<br />

basato sulla sequenza pianificazione-attuazione-verifica-riesame (Ciclo di<br />

Deming).<br />

Le norme ISO 9000 rappresentano, per l’azienda che le voglia applicare, un<br />

momento di riflessione e valutazione dei processi aziendali che generano valore<br />

142


per i clienti e un’opportunità per migliorare il proprio modo di operare e di<br />

affrontare i problemi. Un sistema di gestione per la qualità può avere successo<br />

solo se la direzione lo utilizza quale proprio “strumento” per governare l’azienda.<br />

La certificazione di sistema appare ancora distante “culturalmente” dalla produzione<br />

agricola. Ciò non toglie che, aziende caratterizzate da una maggiore<br />

strutturazione e da una diversificazione delle attività, che includano servizi di<br />

vario genere, sono le realtà produttive che maggiormente possono trarre vantaggio<br />

dall’adozione di un sistema gestionale votato al miglioramento e all’efficienza<br />

dei processi produttivi. Il confronto con una tematica che vede nell’attenzione<br />

al cliente e nell’efficienza produttiva le basi per un miglioramento continuo<br />

può sicuramente fornire un contributo positivo ad un’attività che forse troppo<br />

spesso nasconde le proprie inefficienze e disattenzioni al mercato sotto la particolarità<br />

e specificità delle condizioni produttive, che devono invece essere punto<br />

di forza e di affermazione della propria capacità imprenditoriale.<br />

143


In sintesi<br />

La certificazione, principale strumento di valorizzazione, è definita<br />

come “atto mediante il quale una terza parte indipendente dichiara<br />

che, con ragionevole attendibilità, un prodotto, processo o servizio è<br />

conforme ad una specifica norma o ad altro documento normativo”. E’<br />

caratterizzata da:<br />

— un soggetto dichiarante;<br />

— un oggetto;<br />

— un obiettivo;<br />

— un soggetto titolare;<br />

— delle regole.<br />

Le certificazioni possono essere classificate in base a diversi criteri.<br />

In funzione del soggetto dichiarante è possibile distinguere certificazioni:<br />

✓di parte prima, quando è la stessa azienda di produzione che attesta<br />

il rispetto delle regole, è questo il caso dell’autocertificazione;<br />

✓di parte seconda, quando la dichiarazione è di competenza di un<br />

soggetto estraneo alla produzione ma coinvolto nella valorizzazione del<br />

prodotto. E’ il caso di dichiarazioni effettuate dai clienti per garantire<br />

un livello di controllo sui fornitori o, dalla rappresentanza di un gruppo<br />

di produttori nei confronti dell’operato degli associati (es. consorzi<br />

di tutela per marchi collettivi);<br />

✓di parte terza, quando la dichiarazione è eseguita da un ente estraneo<br />

al sistema produttivo aziendale, che deve avere le caratteristiche di<br />

indipendenza, imparzialità e competenza. Le caratteristiche appena<br />

citate sono formalizzate da una norma specifica (UNI EN 45011) ed<br />

oggetto di verifica da parte di un Ente di Accreditamento che, a livello<br />

nazionale, è rappresentato dal Sincert.<br />

✓di parte quarta, dichiarazione resa da un soggetto estraneo all’intero<br />

sistema aziendale. E’ il caso dei controlli effettuati da organi e amministrazioni<br />

pubbliche.<br />

144


In base all’oggetto di certificazione, ovvero al “cosa” si certifica, la certificazione<br />

si distingue in:<br />

✓sistema, è il caso in cui viene certificata la capacità dell’azienda a perseguire<br />

il miglioramento delle prestazioni per quanto attiene aspetti di<br />

natura organizzativo/gestionale (ISO 9001:2000), ambientale (ISO<br />

14001) o etica (SA 8000);<br />

✓prodotto, interessa un singolo prodotto (o categoria) per i quali l’azienda<br />

è in grado di assicurare, nel tempo, determinati requisiti. I requisiti<br />

possono essere certificati solo se,<br />

° superano il livello minimo previsto dalla legge,<br />

° sono verificabili e misurabili (oggettivi),<br />

° sono qualificanti il prodotto (per competitività, prezzo o altro parametro);<br />

✓tracciabilità, quando si certifica la capacità dell’azienda a ricostruire il<br />

percorso del prodotto, sia per quanto attiene gli interventi che lo hanno<br />

interessato, sia le materie che ne sono entrate a farne parte. Anche in questo<br />

caso, la certificazione è possibile solo a fronte di un superamento di<br />

quanto stabilito per legge sulla tracciabilità degli alimenti.<br />

In base alle regole si distinguono certificazioni:<br />

cogenti, ovvero regolate da leggi, di emanazione nazionale o comunitaria. In<br />

questo caso la dichiarazione di conformità è emessa da una istituzione pubblica<br />

ed è vincolante per poter procedere alla lavorazione e alla immissione in commercio.<br />

In questa tipologia ricade il nullaosta sanitario per la lavorazione di prodotti<br />

di origine animale;<br />

regolamentate, si tratta di certificazioni in cui l’azienda ha alcuni gradi di libertà.<br />

Il principale dei quali è rappresentato dalla scelta di aderire o meno al sistema<br />

di certificazione. Una volta aderito, le regole sono imposte da leggi di varia<br />

emanazione. E’ il caso dei segni di qualità legale, DOP (denominazione origine<br />

protetta), IGP (indicazione origine protetta), STG (specialità tradizionale garantita),<br />

Agricoltura Biologica, che possono essere apposti solo quando è verificato<br />

il rispetto delle condizioni imposte dai relativi disciplinari;<br />

volontarie, è il caso di certificazioni scelte in totale libertà dall’azienda. Sono<br />

basate su norme emanate da enti riconosciuti a livello nazionale (UNI), comu-<br />

145


nitario (CEN) o mondiale (ISO). Nella certificazione di tipo volontario l’azienda<br />

esprime la tendenza alla ricerca di un miglioramento di determinati aspetti<br />

superando quanto richiesto dalla legge.<br />

Riferimenti Bibliografici e normativi:<br />

- UNI 10939:2001, Sistema di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari.<br />

- UNI 11020:2002, Sistema di rintracciabilità per le aziende agroalimentari.<br />

- ISO 9000:2000, Sistemi di gestione per la qualità, Fondamenti e terminologia.<br />

- ISO 9001:2000, Sistemi di gestione per la qualità, requisiti.<br />

- RT 17 Rev. 00 del 2004 - Prescrizioni per l’accreditamento delle certificazioni a fronte della<br />

UNI 10939 “Sistemi di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari” – Requisiti minimi.<br />

- Linee Guida per la rintracciabilità dei prodotti alimentari, Federalimentare, 12 dicembre<br />

2003.<br />

- Bioagricert, Linee Guida per la rintracciabilità di filiera in accordo con la norma UNI<br />

10939:2001, DT 012 Rev. 03 del 15/11/2004.<br />

- Bioagricert, Linee guida per la predisposizione del disciplinare tecnico per la certificazione di<br />

conformità dei prodotti, Sez. 13 Rev. 00 del 15/12/2004.<br />

- Regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio del 24 giugno 1991 e sue successive integrazioni<br />

e modifiche, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione<br />

di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari.<br />

- Regolamento (CE) N. 510/2006 del consiglio del 20 marzo 2006 relativo alla protezione delle<br />

indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari.<br />

- Regolamento (CE) N. 509/2006 del consiglio del 20 marzo 2006 relativo alle specialità tradizionali<br />

garantite dei prodotti agricoli e alimentari.<br />

- Regolamento (CE) N. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio<br />

2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce<br />

l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.<br />

- Deliberazione della giunta regionale 4 agosto 2005, n. 715. Linee guida per la rintracciabilità<br />

degli alimenti e mangimi per fini di sanità pubblica ai sensi del Regolamento 178/2002/CE.<br />

Bollettino ufficiale della regione lazio - N. 26 - Parte prima del 20-9-2005.<br />

- Luigi Biagioli, Le nuove norme ISO 9000, L’informatore Agrario n. 32 del 24-30 agosto<br />

2001.<br />

146


5. L’etichetta e le regole di comunicazione<br />

di Donato Ferrucci 1<br />

1. Etichettatura dei prodotti alimentari<br />

L’etichetta, attraverso dizioni e segni, è lo strumento di comunicazione delle<br />

caratteristiche del prodotto alimentare. Chiarezza del messaggio e coerenza con<br />

le proprietà ne rappresentano gli elementi chiave. Nel corpo normativo dedicato<br />

all’etichettatura degli alimenti, considerata la delicatezza delle tematiche, il<br />

legislatore ha individuato delle regole di relazione tra il sistema produttivo ed il<br />

consumatore finale, basate sul principio di lealtà e corretta informazione.<br />

L’obiettivo è duplice, da un lato la tutela del consumatore in grado, grazie agli<br />

strumenti informativi resi disponibili dall’etichetta, di compiere scelte consapevoli;<br />

dall’altro, generare un più elevato grado di fiducia nel sistema di produzione<br />

e nella correttezza degli leggi che lo regolano. Gli operatori diventano gestori<br />

delle informazioni e della lealtà relazionale. E’ loro obbligo ma anche opportunità<br />

chiarire al consumatore l’intimità dell’oggetto offerto, al fine di creare aspettative<br />

commisurate alla realtà, indotte dalla coerenza tra la comunicazione e i<br />

valori concreti del prodotto alimentare.<br />

Le regole sulla materia specificano quanto si deve dire in etichetta e quanto<br />

non si può dire a meno di creare aspettative fuorvianti circa le proprietà o gli<br />

effetti dell’alimento. Esiste poi un’area normativa che regola i segni e le diciture<br />

facoltative, in molti casi dettagliate da norme specifiche per una determinata<br />

tipologia di prodotti (origine delle materie prime sul latte o passate di pomodoro,<br />

valori nutrizionali su alimenti destinati all’infanzia, ecc.)<br />

L’etichetta di un prodotto alimentare contiene le informazioni che:<br />

- specificano alcune caratteristiche oggettive (ingredienti, proporzione di<br />

1 Dottore Agronomo, libero professionista.<br />

147


alcuni, modalità di consumo, durata, ecc.);<br />

- eventualmente qualificano il prodotto (origine, processo, valori etici);<br />

- consentono di risalire all’ultimo soggetto che ha lavorato il prodotto e quindi<br />

di innescare il meccanismo di ricostruzione del processo produttivo (rintracciabilità<br />

delle responsabilità);<br />

- assicurano la corretta e trasparente informazione.<br />

Il consumatore ha così l’opportunità di valutare l’insieme delle informazioni<br />

oggettive e qualificanti, gli organi di vigilanza di risalire al produttore e verificarne<br />

la coerenza con quanto effettuato in concreto.<br />

L’azienda agricola ha quindi disponibile uno strumento di elevate potenzialità<br />

comunicative e a basso costo. Il prodotto trasformato immesso direttamente<br />

sul mercato fa viaggiare l’etichetta che diviene strumento di comunicazione dei<br />

valori. E’ quindi fondamentale calibrare il messaggio che si intende proporre e<br />

relazionarlo alle proprietà in concreto caratterizzanti il prodotto, fermo restando<br />

il rispetto dei requisiti minimi imposti dalla legge in materia di etichettatura.<br />

E’ opportuno sottolineare che un prodotto alimentare che non rispetti le<br />

norme cogenti sull’etichettatura non può essere immesso sul mercato. Il punto<br />

non esaurisce la tematica, infatti, l’etichetta è ideata in modo tale da indicare<br />

dove il prodotto è stato realizzato, il che implica la conformità alle regole di produzione<br />

previste dalla normativa (idoneità dei locali, sistemi di gestione dell’igiene,<br />

della tracciabilità, ecc.).<br />

Quindi, l’etichetta comunica anche la conformità implicita alle regole di processo<br />

e di gestione, qualora ciò non fosse, ad esempio lavorazione in locali non<br />

idonei dal punto di vista igienico sanitario, l’immissione in commercio del prodotto<br />

costituisce un illecito.<br />

In sintesi, l’etichetta comunica:<br />

1. la conformità del metodo;<br />

2. le caratteristiche del prodotto;<br />

3. eventualmente, il valore intangibile di quest’ultimo.<br />

Il fondamento legislativo è rappresentato a livello nazionale dal Decreto L.vo<br />

n. 109 del 1992, a livello comunitario dalla Direttiva 2000/13/CE del 20 marzo<br />

2000.<br />

Dal punto di vista normativo l’etichettatura è definita come: “l’insieme delle<br />

148


menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini<br />

o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente<br />

sull’imballaggio o su un’etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura<br />

o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo”. Comprende quindi<br />

la totalità delle informazioni che “viaggiano” con il prodotto e non solo quelle<br />

apposte su di questo.<br />

L’etichettatura inoltre deve essere predisposta in modo tale da:<br />

a) non indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare<br />

e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione,<br />

sulla quantità, sulla conservazione, sull’origine o la provenienza, sul modo di<br />

fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso;<br />

b) non attribuire al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;<br />

c) non suggerire che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari,<br />

quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;<br />

d) non attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o<br />

guarire una malattia umana nè accennare a tali proprietà, fatte salve le disposizioni<br />

comunitarie relative alle acque minerali ed ai prodotti alimentari destinati<br />

ad un’alimentazione particolare.<br />

I divieti e le limitazioni citati valgono anche per la presentazione e la pubblicità<br />

dei prodotti alimentari.<br />

Le indicazioni minime che devono essere riportate sull’etichetta sono le<br />

seguenti:<br />

-) la denominazione di vendita;<br />

-) l’elenco degli ingredienti;<br />

-) la quantità, netta o nominale;<br />

-) il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;<br />

-) il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante<br />

o del confezionatore;<br />

-) la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;<br />

-) il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande aventi un contenuto<br />

alcolico superiore a 1,2% in volume;<br />

-) una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza del prodotto;<br />

149


-) le modalità di conservazione e di utilizzazione qualora sia necessaria l’adozione<br />

di particolari accorgimenti in funzione della natura del prodotto;<br />

-) le istruzioni per l’uso, ove necessario;<br />

-) il luogo di origine o di provenienza, nel caso in cui l’omissione possa indurre<br />

in errore l’acquirente circa l’origine o la provenienza del prodotto;<br />

-) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti, caratterizzante<br />

ed evidenziato dal produttore.<br />

La denominazione di vendita, la quantità, il termine minimo di conservazione<br />

o la data di scadenza devono figurare nello stesso campo visivo.<br />

Alle citate menzioni vano poi aggiunte ulteriori indicazioni qualora il caso di<br />

regole per l’utilizzo dei segni di qualità regolamentata (denominazioni di origine<br />

o prodotti biologici), per i quali sono previste una ulteriore serie di informazioni.<br />

Per i prodotti a denominazione, andranno indicati anche:<br />

-) Designazione di Origine;<br />

-) La dizione D.O.P. - Denominazione di origine protetta o I.G.P –<br />

Identificazione Geografica Protetta;<br />

-) Logo dell’eventuale Consorzio;<br />

-) Logo DOP o IGP;<br />

-) Estremi del Regolamento di riferimento;<br />

Per i Prodotti Biologici:<br />

-) Il riferimento al metodo di produzione (“da agricoltura biologica”) correlato<br />

alla denominazione del prodotto;<br />

-) Il riferimento al metodo di produzione (“da agricoltura biologica”) correlato<br />

ai singoli ingredienti;<br />

-) Eventuale logo comunitario;<br />

-) Nome dell’Organismo di Controllo ed estremi sia dell’autorizzazione<br />

Ministeriale che del Regolamento di riferimento;<br />

- ) Codice organismo di Controllo e codice prodotto<br />

Ora in dettaglio alcuni aspetti delle menzioni obbligatorie.<br />

150


1.1 La denominazione di vendita<br />

E’ intesa come il nome del prodotto, e non il marchio o la denominazione di<br />

fantasia. La denominazione di vendita è definita dalla legge o consacrata dall’uso.<br />

Quindi, il prodotto dovrà sempre riportare, a seconda dei casi marmellata,<br />

pasta, specialità alimentare, confettura, ecc. Inoltre va inserita, se del caso,<br />

una indicazione relativa allo stato fisico in cui si trova il prodotto alimentare o<br />

al trattamento specifico da esso subito (ad esempio: in polvere, concentrato, liofilizzato,<br />

surgelato, affumicato);<br />

1.2 L’elenco degli ingredienti<br />

Disposti in ordine di peso decrescente devono essere preceduti dal termine<br />

“Ingrediente”, ed indicati con il nome specifico (farina di frumento duro, pomodoro,<br />

albicocche, ecc.). Regola di eccezione riguarda le categorie incluse nell’allegato<br />

I e allegato II Sez. 1 del Decreto L.vo 109/1992, riconducibili a:<br />

a) gruppi di ingredienti, quali ad es. oli raffinati diversi da quello di oliva, che<br />

possono essere designati genericamente come oli, completati dal qualificativo<br />

“vegetale” o “animale” a seconda dei casi;<br />

b) additivi da indicare con il nome della categoria (es. Conservanti o<br />

Coloranti) e dal nome specifico o dal codice CE (es. E 251)<br />

Anche l’acqua aggiunta al prodotto viene considerata come ingrediente e pertanto<br />

ne deve essere riportato il quantitativo in etichetta.<br />

Nel caso di miscugli di frutta, ortaggi, funghi, spezie e piante aromatiche, in<br />

cui nessuna delle componenti abbia una predominanza di peso rilevante, gli<br />

ingredienti possono essere elencati in un altro ordine, purché la loro elencazione<br />

sia accompagnata da una dicitura del tipo «in proporzione variabile».<br />

Gli ingredienti, che costituiscono meno del 2 % nel prodotto finito, possono<br />

essere elencati in un ordine differente dopo gli altri.<br />

Qualora si utilizzi un ingrediente composto (es. pasta di nocciole, che a sua<br />

volta si compone di zucchero, nocciole, olio di palma, olio di girasole, lecitina e<br />

vaniglia), vanno specificati in dettaglio i suoi costituenti. Quanto detto non è<br />

obbligatorio solo se l’ingrediente rappresenta meno del 2% del prodotto finito.<br />

E’ possibile non menzionare i costituenti di un ingrediente composto solo se:<br />

151


1) è definito da normative comunitarie (prodotti di cioccolato, succhi di frutta,<br />

confetture, ecc) ed inferiore al 2%;<br />

2) è costituito da miscugli di spezie ed inferiore al 2%;<br />

3) quando l’ingrediente è un prodotto alimentare per il quale la normativa<br />

comunitaria non ne rende obbligatoria l’elencazione degli ingredienti (es. burro,<br />

formaggi, latte)<br />

E’ importante che, nel caso di approvigionamento dall’esterno, inteso come<br />

prodotti non realizzati in azienda ma acquistati da fornitori, siano acquisite le<br />

schede tecniche delle materie prime (es. preparato a base di frutta per yogurt) e<br />

se ne valuti in maniera adeguata il contenuto, inclusi gli eventuali additivi presenti<br />

e le dosi degli elementi qualificanti quali la frutta.<br />

Una scheda informativa di un prodotto è una etichetta tecnica che specifica<br />

la composizione e le modalità di utilizzazione del prodotto ma che è destinata<br />

ad operatori del settore. La valutazione di questa presuppone una conoscenza<br />

adeguata degli additivi presenti nel preparato, in modo tale da evitare eventuali<br />

additivi forse non particolarmente graditi al consumatore, incoerenti con il prodotto<br />

e potenzialmente in grado di svilire il valore “naturale” ad esso associato.<br />

1.2.1 Ingredienti “particolari”<br />

La legislazione considera quattro tipologie di ingredienti particolari, in quanto<br />

non assimilabili a quelli comunemente usati e distinti in: allergeni, aromi,<br />

additivi, di tipo “evidenziato” e “caratterizzanti” il prodotto.<br />

Nei primi tre casi si tratta di ingredienti dotati di specificità oggettiva, gli<br />

allergeni sono riconosciuti come potenzialmente pericolosi per alcune categorie<br />

di persone, gli aromi e gli additivi per il contributo che danno al prodotto in termini<br />

di sapidità, stabilità, aspetto ed altro ancora. L’ultimo caso riguarda un<br />

ingrediente dotato di specificità soggettiva, ovvero attribuita dal produttore ai<br />

fini della caratterizzazione del prodotto mediante l’evidenziazione dell’ingrediente.<br />

E’ il caso di prodotti del tipo “torta alle pesche”, “dolce al cioccolato”,<br />

“biscotti al farro”, dove l’ingrediente caratterizzante è evidenziato mediante associazione<br />

alla denominazione commerciale del prodotto.<br />

152


Aromi<br />

Chimicamente, l’aroma di un alimento è una complessa miscela di svariate<br />

molecole organiche, armonicamente legate tra loro. Per le preparazioni alimentari,<br />

gli aromi vengono utilizzati allo scopo di ottimizzare e perfezionare la standardizzazione<br />

degli alimenti.<br />

Vanno indicati in etichetta con il termine di «aromi», con una indicazione<br />

più specifica oppure con una descrizione dell’aroma, in alternativa i tre casi.<br />

Il termine “naturale” o qualsiasi altra espressione avente un significato sensibilmente<br />

equivalente può essere utilizzato soltanto per gli aromi la cui parte aromatizzante<br />

contenga esclusivamente sostanze naturali. Se l’indicazione dell’aroma<br />

contiene un riferimento alla natura o all’origine vegetale o animale delle<br />

sostanze utilizzate, il termine “naturale” può essere utilizzato soltanto se la parte<br />

aromatizzante è stata isolata mediante opportuni processi fisici, enzimatici o<br />

microbiologici.<br />

Fanno eccezione il chinino e la caffeina, utilizzati come aromi nella fabbricazione<br />

o nella preparazione dei prodotti alimentari, devono essere indicati nell’elenco<br />

degli ingredienti del prodotto composto con la loro denominazione specifica,immediatamente<br />

dopo il termine “aroma”.<br />

Gli aromatizzanti si possono indicare in etichetta come:<br />

. aromi naturali: sono aromatizzanti naturali, ottenuti sia per estrazione che<br />

per sintesi, a partire da piante o da animali.<br />

. aromi: sono sostanze chimiche artificiali a carattere aromatizzante.<br />

Additivi<br />

Sono composti con funzione prettamente tecnologiche, in etichetta devono<br />

essere indicati con il nome della categoria, seguita per gli additivi dal nome specifico<br />

o dal numero CE. Elencati nell’allegato II del D.L.vo 109/1992, sono<br />

distinti in 22 categorie, tra le quali le più usuali sono rappresentate da coloranti,<br />

conservanti, antiossidanti, esaltatori di sapidità, regolatori di acidità, amidi<br />

modificati, edulcoranti, agenti lievitanti.<br />

Questi prodotti, se utilizzati, vanno indicati in etichetta mediante la categoria<br />

seguita dal nome specifico o dalla classificazione CE. In es. “coloranti:<br />

E140”, oppure “coloranti: Clorofilla”.<br />

153


In alcuni alimenti ne è vietato l’utilizzo, quali l’olio extravergine di oliva, latte<br />

fresco pastorizzato, yogurt al naturale, miele, zucchero, paste alimentari secche.<br />

Allergeni<br />

Sono elencati nell’allegato II – Sezione III del D.L.vo 109/1992. Se presenti<br />

nel prodotto finito, indipendentemente dalla quantità, devono essere indicati<br />

secondo le modalità di seguito riportate.<br />

Caso 1. Se il nome dell’allergene figura nella denominazione di vendita o nell’elenco<br />

degli ingredienti, nessuna ulteriore indicazione è richiesta (Es. Pasta<br />

all’uovo)<br />

Caso 2. Se il nome dell’ingrediente derivato da un allergene non porta alcun<br />

riferimento ad esso, occorrerà integrare il nome per rendere evidente la presenza<br />

dell’allergene: caseine (da latte), lecitine (di soia), amido (di frumento).<br />

Caso 3. In relazione a quest’ultimo caso, se l’allergene è già menzionato come<br />

ingrediente, non viene richiesta l’integrazione di cui al caso 2: Ad esempio il caso<br />

di - pasta fresca con ripieno di grana padano e prosciutto (pasta: farina di grano<br />

tenero; uova 20%; ripieno: grana padano 10%, latte, conservante lisozima,<br />

caglio, sale, prosciutto 5%). Non vengono, quindi, menzionati l’uovo nel lisozima<br />

né le tracce di farina di frumento nel prosciutto in quanto già in elenco.<br />

L’ingrediente caratterizzante evidenziato<br />

E’ tra le situazioni più comuni in un preparato alimentare e dove, a livello<br />

aziendale, si dimentica che la norma prevede che l’indicazione della quantità di<br />

un ingrediente (o di una categoria di ingredienti), usata nella fabbricazione o<br />

nella preparazione di un prodotto alimentare, è obbligatoria, se:<br />

-) l’ingrediente risulta nella denominazione di vendita o sia generalmente<br />

associato dal consumatore alla denominazione di vendita;<br />

-) qualora l’ingrediente sia messo in rilievo nell’etichettatura con parole,<br />

immagini o rappresentazione grafica;<br />

-) qualora l’ingrediente o la categoria di ingredienti sia essenziale per caratterizzare<br />

un prodotto alimentare e distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe<br />

essere confuso per la sua denominazione o il suo aspetto.<br />

154


I casi in cui la regola non si applica sono i seguenti:<br />

1) l’indicazione della quantità dell’ingrediente è obbligatoria per legge (netta<br />

sgocciolata se in liquido di governo oppure ai sensi di disposizioni comunitarie);<br />

2) l’ingrediente è utilizzato in piccole dosi come aromatizzante;<br />

Si aggiungono a queste un’altra serie di condizioni di tipo molto più particolare<br />

per le quali si rimanda al testo del Decreto. Il principio di questo aspetto<br />

della norma è comunque basato su fatto che se un prodotto viene “qualificato”<br />

attraverso l’evidenza di un suo componente (cioccolato, mirtillo, nocciola, ecc.)<br />

il produttore è obbligato a comunicare la quantità dell’ingrediente, in quanto<br />

questa può veicolare la scelta del consumatore. La regola trova eccezione solo nel<br />

caso in cui la quantità dell’ingrediente è già evidente o definita da norme comunitarie<br />

(caso delle confetture, derivati del pomodoro, ecc.)<br />

1.2.2 Esenzioni dall’indicazione degli ingredienti<br />

E’ possibile non indicare gli ingredienti quando:<br />

1) nei prodotti costituiti da un solo ingrediente, a meno di norme specifiche<br />

sul prodotto e che la denominazione di vendita sia identica al nome dell’ingrediente<br />

(es. Farina di mais),<br />

2) negli ortofrutticoli freschi, comprese le patate, che non siano stati sbucciati,<br />

tagliati, o che non abbiano subito trattamenti;<br />

3) nel latte e nelle creme di latte fermentati, nei formaggi, nel burro, purché<br />

non siano stati aggiunti ingredienti diversi dai costituenti propri del latte, dal<br />

sale o dagli enzimi e colture di microrganismi necessari alla loro fabbricazione;<br />

in ogni caso l’indicazione del sale è richiesta per i formaggi freschi, per i formaggi<br />

fusi e per il burro;<br />

4) per prodotti che non sono definiti ingredienti ma con essi confondibili,<br />

quali tutti i tipi di coadiuvanti tecnologici utilizzati nel processo ma che non<br />

residuano nel prodotto finito se non in una quantità ridotta e a condizione che<br />

questi residui non costituiscano un rischio per la salute. La esenzione appena<br />

citata non è valida quando l’additivo è anche allergene (es. derivati del glutine o<br />

delle uova)<br />

5) L’indicazione dell’acqua non è richiesta se l’acqua è utilizzata nel processo<br />

di fabbricazione unicamente per consentire la ricostituzione nel suo stato originale<br />

di un ingrediente utilizzato in forma concentrata o disidratata. Nel caso di<br />

liquido di copertura che non viene normalmente consumato.<br />

155


1.3 La quantità<br />

Nel caso di prodotti preconfezionati in quantità unitarie costanti, va indicata<br />

sulla confezione la quantità nominale definita come la massa o il volume indicato<br />

sull’imballaggio e corrisponde alla quantità di prodotto netto che si ritiene<br />

debba contenere.<br />

La quantità netta di un preimballaggio è la quantità effettiva che esso contiene<br />

al netto della tara.<br />

Ciò comporta che quantità netta (effettiva) sia tendenzialmente superiore,<br />

per garanzia del produttore, a quella nominale (dichiarata e promessa in confezione).<br />

La quantità inoltre deve essere espressa in unità di volume per i prodotti<br />

liquidi ed in unità di massa negli altri casi.<br />

1.4 Il termine minimo di conservazione o la data di scadenza<br />

Il termine minimo di conservazione è la data fino alla quale il prodotto alimentare<br />

mantiene le sue proprietà in adeguate condizioni di conservazione; si<br />

indica con “da consumarsi preferibilmente entro” quando la data prevede l’indicazione<br />

del giorno (es. 12/15/2006) o con la dicitura “da consumarsi preferibilmente<br />

entro la fine” negli altri casi (es. 15/2005).<br />

Il termine minimo di conservazione si compone dell’indicazione nell’ordine,<br />

del giorno, del mese e dell’anno e può essere espresso:<br />

a) con l’indicazione del giorno e del mese per i prodotti alimentari conservabili<br />

per meno di tre mesi;<br />

b) con l’indicazione del mese e dell’anno per i prodotti alimentari conservabili<br />

per più di tre mesi ma per meno di diciotto mesi;<br />

c) con la sola indicazione dell’anno per i prodotti alimentari conservabili per<br />

più di diciotto mesi.<br />

Se è necessario adottare, nello specifico, particolari attenzioni per garantire la<br />

conservazione del prodotto, queste vanno indicate esplicitamente (condizioni di<br />

conservazione).<br />

Tra i prodotti esentati dall’indicazione del termine minimo di conservazione<br />

troviamo gli ortofrutticoli freschi che non abbiano subito alcuna lavorazione<br />

156


(sbucciatura, taglio), i vini, le bevande con contenuto alcolico maggiore o uguale<br />

al 10%, i prodotti della panetteria e della pasticceria che, per loro natura, sono normalmente<br />

consumati entro le 24 ore successive alla fabbricazione; gli aceti; ecc.<br />

Se i prodotti preconfezionati sono rapidamente deperibili dal punto di vista<br />

microbiologico il termine minimo di conservazione è sostituito dalla data di scadenza;<br />

essa deve essere preceduta dalla dicitura “da consumarsi entro” seguita<br />

dalla data stessa o dalla menzione del punto della confezione in cui compare l’informazione<br />

(ad es. sulla capsula di chiusura). La data di scadenza comprende,<br />

nell’ordine ed in forma chiara, il giorno, il mese ed eventualmente l’anno. E’<br />

inoltre prevista l’enunciazione delle condizioni di conservazione e, qualora prescritto,<br />

un riferimento alla temperatura in funzione della quale è stato determinato<br />

il periodo di validità.<br />

L’indicazione del termine minimo di conservazione o della data di scadenza<br />

deve figurare in modo facilmente visibile, chiaramente leggibile e indelebile,<br />

secondo modalità non meno visibili di quelle indicanti la quantità del prodotto,<br />

ed in un campo visivo di facile individuazione da parte del consumatore 2 .<br />

1.5 Il nome e la sede del fabbricante o del confezionatore<br />

E’ intesa la sede legale del distributore, nel caso, anche fabbricante o confezionatore.<br />

E’ possibile utilizzare anche un marchio registrato, purché consenta<br />

di identificare in modo univoco il titolare.<br />

1.6 La sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento<br />

L’indicazione della sede dello stabilimento di fabbricazione o confezionamento<br />

può essere omessa quando è la stessa sede del fabbricante, commercializzato-<br />

2 Così come introdotto dall’art. 4 del DECRETO-LEGGE 31 gennaio 2007, n.7 (secondo pacchetto<br />

Bersani), Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di<br />

attività economiche e la nascita di nuove imprese. (GU n. 26 del 1-2-2007) che modifica l’articolo 3 del<br />

D. lgs. n. 109/1992. In applicazione entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.<br />

157


e o confezionatore. In pratica, il produttore (o confezionatore) ed il commercializzatore<br />

coincidono.<br />

Ciò avviene quando un’impresa produttrice (o confezionatrice) dispone di un<br />

unico stabilimento allo stesso indirizzo della sede legale o sociale. E’ il caso di<br />

un’azienda agricola con piccolo laboratorio di produzione annesso.<br />

In via analoga l’indirizzo dello stabilimento di produzione può essere omesso<br />

se in presenza di bollo sanitario.<br />

L’azienda che commercializza un prodotto realizzato da terzi può omettere il<br />

nome del fabbricante ma deve comunque indicare l’indirizzo dello stabilimento.<br />

Se il confezionamento è effettuato presso l’azienda, la sede dello stabilimento<br />

di produzione può essere omessa.<br />

1.7 Il lotto<br />

La norma richiede una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenza<br />

del prodotto. Il lotto di prodotto è definito come un insieme di unità<br />

di vendita, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche.<br />

I prodotti alimentari non possono essere posti in vendita qualora non<br />

riportino l’indicazione del lotto di appartenenza che viene determinato dal produttore.<br />

Il lotto deve essere facilmente visibile, chiaramente leggibile ed indelebile. E’<br />

preceduto dalla lettera «L», salvo nel caso in cui sia riportato in modo da essere<br />

distinto dalle altre indicazioni di etichettatura.<br />

La definizione di lotto lascia ampi spazi organizzativi al produttore, in quanto<br />

può essere interpretata con diversi livelli di complessità. E’ compito dell’operatore<br />

identificare il lotto che meglio si adatta alle caratteristiche organizzative e<br />

strutturali della realtà aziendale e lo trasferisce in etichetta. Ciò comporta una<br />

comunicazione con diverso grado informativo, che varia dal “lotto 1/2006” fino<br />

alla “bottiglia n. 12 di 10.000”.<br />

L’indicazione del lotto non è richiesta quando 1) il termine minimo di conservazione<br />

o la data di scadenza figurano con la menzione almeno del giorno e<br />

del mese; 2) per i prodotti alimentari venduti nei luoghi di produzione o di vendita<br />

al consumatore finale confezionati su richiesta dell’acquirente o preconfe-<br />

158


zionati ai fini della loro vendita immediata; 3) per le confezioni ed i recipienti il<br />

cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm 2 .<br />

2. Le indicazioni volontarie<br />

Per indicazione volontaria si intende un qualsiasi messaggio, segno o rappresentazione,<br />

figurativa, grafica o simbolica riferita ad un dato alimento e non<br />

obbligatoria a norma della legislazione vigente.<br />

Le indicazioni volontarie possono essere ricondotte alle seguenti tipologie:<br />

1. tecniche;<br />

2. valorizzanti, a loro volta classificabili in,<br />

a. nutrizionali;<br />

b. salutistiche;<br />

c. di processo.<br />

2.1 Indicazioni tecniche<br />

Sono relative ad alcune informazioni di tipo oggettivo e volte ad agevolare<br />

l’utilizzo del prodotto, evidenziare alcune caratteristiche o favorire il corretto<br />

smaltimento dei contenitori. Si tratta di messaggi inerenti i materiali di confezionamento,<br />

le modalità di conservazione od utilizzo, i consigli ambientali, ecc.<br />

Fanno parte di questa categoria anche le “etichette nutrizionali”, quando le<br />

informazioni riportate non sono accompagnate da alcun commento ad evidenza<br />

di particolari proprietà.<br />

2.2 Indicazioni valorizzanti<br />

Sono riconducibili a messaggi mirati a “catturare” l’attenzione del consumatore<br />

al fine di rendere preferibile la proposta rispetto ad altre simili od assimilabili.<br />

E’ uno strumento molto incisivo nel veicolare le preferenze, focalizzando<br />

l’attenzione del potenziale acquirente su alcune proprietà e peculiarità del prodotto.<br />

Si assiste allo stimolo della sensibilità individuale, che porta ad evocare<br />

virtù olistiche dell’alimento, correlate alla salute, al territorio o all’ambiente.<br />

159


Indicazioni nutrizionali e salutistiche<br />

Riferite alle proprietà nutritive o all’eventuale rapporto tra alimento e salute<br />

umana. Tali indicazioni sono oggetto di una recente norma comunitaria 3 .<br />

Infatti, considerata la proliferazione nel numero e nel tipo di menzioni nutrizionali<br />

e salutistiche figuranti sulle etichette dei prodotti alimentari e, in assenza di<br />

disposizioni specifiche a livello europeo, il legislatore ha ritenuto doverosa una<br />

regolamentazione del settore. Il dettato legislativo prevede la definizione di parametri<br />

oggettivi e standardizzati, corrispondenti a determinate indicazioni<br />

(“claims”), quali ad esempio:<br />

- “ridotto contenuto di calorie/light/leggero”, solo nel caso di valore energetico<br />

ridotto di almeno il 30 % , con indicazione delle caratteristiche distintive;<br />

- “fonte di fibre”, se almeno 3 gr per ogni 100 gr;<br />

- “senza zuccheri aggiunti”, solo nel caso di nessuna aggiunta, inclusi altri alimenti<br />

per le loro proprietà dolcificanti;<br />

- “basso contenuto di calorie”, con meno di 40 Kcal per 100 gr (o 20 Kcal<br />

per 100 ml)<br />

- ecc.<br />

Le indicazioni salutistiche, intese come comunicazione di un rapporto tra alimento<br />

ed effetti benefici sulla salute, diretti (“healt claims”) o indiretti (“diseaserisk<br />

reduction claims”), dovranno trovare conforto e sostegno in prove scientifiche.<br />

Tali correlazioni (alimento/virtù) saranno elencate dalla comunità europea<br />

mediante atto legislativo o, potranno essere “coniate” ex-novo da ditte private<br />

attraverso una procedura di autorizzazione. Questa procedura si applica sia nel<br />

caso di innovazioni tecnologiche vere e proprie (“novel foods” 4 ), sia nel caso di<br />

3 Regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 relativo<br />

alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari.<br />

4 Ambito di applicazione del Reg. CE 258/97, tratta l’immissione in commercio di “nuovi” prodotti o<br />

ingredienti alimentari. Il concetto di “nuovo” è riferito sia al contenuto alimentare sia alle tecniche di produzione,<br />

non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano all’interno della Comunità<br />

Europea.<br />

160


scoperte relative a proprietà nutrizionali di alimenti di tipo tradizionale.<br />

La norma interessa anche le piccole imprese, in quanto, potranno “attingere”<br />

dall’elenco comunitario ed avvalersi di diciture e menzioni tutelate da una<br />

garanzia giuridica ed in grado di valorizzare il prodotto realizzato, anche al semplice<br />

livello di azienda agricola.<br />

Indicazioni di processo<br />

Riguardano tutte le indicazioni non soggette a regolamentazione che specificano<br />

alcune caratteristiche del processo produttivo. Anche in questo caso, seppur<br />

con atti legislativi “verticali”, per singola categoria di prodotti, è evidente la<br />

volontà legislativa di regolamentare questo genere di diciture. Ne sono esempio<br />

ed emblema prodotti come il latte fresco, l’olio di oliva (non “d’oliva”, si veda il<br />

Reg. CE 1019/2002 per il riferimento al procedimento), la passata di pomodoro,<br />

ed altri.<br />

Nei casi non regolamentati è possibile, in via facoltativa, valorizzare alcuni<br />

aspetti del metodo produttivo, fermo restando l’attenta lettura delle leggi che<br />

regolano il prodotto nello specifico, al fine di evitare errori grossolani e sanzioni<br />

inaspettate.<br />

La valorizzazione consiste nel qualificare, rispetto all’interpretazione dell’azienda,<br />

la cura prestata ad una componente del processo produttivo. Si intende<br />

quindi dare risalto ad alcuni aspetti quali, ad esempio:<br />

1. l’attenzione alla selezione, coltivazione, origine delle materie prime selezionate;<br />

2. il rispetto dell’ambiente o dei diritti di chi collabora alla realizzazione del<br />

prodotto;<br />

3. la cura nel processo, in termini di garanzie di sicurezza, igiene, tempistica<br />

nelle lavorazioni, controlli nei parametri che consentono di preservare fragranza<br />

e freschezza, ecc.<br />

Alcune possibilità dichiarative sono inoltre favorite ed incoraggiate dai sistemi<br />

di certificazione su base volontaria. In questo caso, l’azienda supera quanto<br />

imposto dalla legislazione e si pone vincoli maggiori e obiettivi più elevati. Il<br />

161


aggiungimento di quanto programmato assume il valore di una promessa mantenuta<br />

e si traduce in una comunicazione ai diretti interessati, operatori o consumatori.<br />

Una serie di indicazioni a valorizzazione del prodotto possono essere quindi,<br />

a titolo esemplificativo ma non esaustivo:<br />

1. lavorato in giornata;<br />

2. con l’esclusivo utilizzo di materie prime ottenute in azienda;<br />

3. con metodi di lotta integrata;<br />

4. nel rispetto dell’ambiente, sistema di lotta integrata in conformità a…..;<br />

5. 100 % da prodotto italiano;<br />

6. dalle nostre api (olivi, animali, o quant’altro);<br />

7. solo da animali allevati in azienda;<br />

8. nel rispetto del benessere degli animali;<br />

9. dove il cielo incontra la terra<br />

10. lavorato appena colto;<br />

11. varietà locali;<br />

12. dai nostri campi alla vostra tavola;<br />

13. raccolti a mano;<br />

14. “Riserva” Casa dei Campi;<br />

15. nel segno della tradizione (dei valori, o quant’altro);<br />

16. ecc.<br />

E’ fondamentale ricordare che le dizioni in elenco non sono utilizzabili tal<br />

quale indipendentemente dal prodotto considerato ma si rende necessario valutare<br />

ogni singolo caso.<br />

Per concludere<br />

Interessante è l’attenzione del legislatore a modalità e forme sempre più leali<br />

di comunicazione verso il consumatore, al fine di garantire una maggiore serenità<br />

nelle scelte e fiducia nel sistema.<br />

Pertanto, al momento di predisporsi a realizzare un nuovo prodotto, per<br />

quanto attiene l’etichetta da apporre sulla confezione, occorre una indagine preliminare<br />

su eventuali regole specifiche. Infatti, anche per l’etichettatura, come<br />

162


per altri aspetti del settore agroalimentare, esistono norme dette “orizzontali”,<br />

valide per l’intero settore, e norme “verticali”, specifiche per un dato comparto<br />

se non per un determinato prodotto (es. Olio di oliva).<br />

Il primo riferimento è sempre da ricercare in indicazioni normative di tipo<br />

generale, come quelle indicate nei paragrafi precedenti e valide per qualsiasi<br />

prodotto immesso in commercio come etichettato. Segue poi la ricerca di riferimenti<br />

di tipo specifico come nel caso della passata di pomodoro, olio d’oliva,<br />

marmellate, miele, per citarne alcuni.<br />

Altro elemento fondamentale, accennato in precedenza, è la corretta valutazione<br />

ed armonizzazione degli ingredienti, sia di origine aziendale che acquisiti<br />

sul mercato. Mentre per i primi l’azienda contribuisce attivamente alla realizzazione<br />

e ne conosce i valori e le caratteristiche, per i secondi deve effettuare una<br />

ricerca e valutazione di prodotti coerenti con i primi, in termini di qualità ma<br />

soprattutto valori. Vanno pertanto privilegiati ingredienti semplici, selezionati<br />

per origine, qualità e storia, con un uso limitato di additivi e se possibile di tipo<br />

naturale o tradizionale per la cultura agricola locale.<br />

Anche la comunicazione va vista in termini di lealtà e trasparenza, senza<br />

nascondere gli ingredienti dietro sigle o codici. L’ingrediente deve essere evidenziato<br />

per il suo contributo al prodotto finito, da leggere in chiave positiva come<br />

“arricchimento” o “perfezionamento”.<br />

La ricetta del prodotto, intesa come interazione tra ingredienti, cultura e ambiente,<br />

deve essere coerente con l’azienda ed i valori che si intende trasmettere, legati alla<br />

tradizione, alla genuinità ed alla ruralità.<br />

163


In sintesi<br />

Le indicazioni minime che devono essere riportate in etichetta sono:<br />

-) la denominazione di vendita;<br />

-) l’elenco degli ingredienti;<br />

-) la quantità;<br />

-) il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;<br />

-) il nome e la sede o del fabbricante o del confezionatore;<br />

-) la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;<br />

-) il lotto di appartenenza del prodotto;<br />

-) le modalità di conservazione e di utilizzazione qualora sia necessaria l’adozione<br />

di particolari accorgimenti;<br />

-) le istruzioni per l’uso, ove necessario;<br />

-) la quantità dell’ingrediente caratterizzante ed evidenziato dal produttore.<br />

Devono figurare nello stesso campo visivo:<br />

1. la denominazione di vendita,<br />

2. la quantità,<br />

3. il termine minimo di conservazione o la data di scadenza, secondo modalità<br />

non meno visibili di quelle indicanti la quantità del prodotto.<br />

Nel caso di prodotti a denominazione, andranno indicati anche:<br />

-) Designazione di Origine;<br />

-) La dizione D.O.P. - Denominazione di origine protetta o I.G.P –<br />

Identificazione Geografica Protetta;<br />

-) Logo dell’eventuale Consorzio;<br />

-) Logo DOP o IGP;<br />

-) Estremi del Regolamento di riferimento;<br />

Per i Prodotti Biologici:<br />

-) Il riferimento al metodo di produzione (“da agricoltura biologica”) correlato<br />

alla denominazione del prodotto;<br />

-) Il riferimento al metodo di produzione (“da agricoltura biologica”) correlato<br />

ai singoli ingredienti;<br />

-) Eventuale logo comunitario;<br />

-) Nome dell’Organismo di Controllo ed estremi sia dell’autorizzazione<br />

Ministeriale che del Regolamento di riferimento;<br />

- ) Codice organismo di Controllo e codice prodotto<br />

L’etichettatura inoltre deve essere predisposta in modo tale da:<br />

a) non indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare<br />

e precisamente sulla natura, sull’identità, sulla qualità, sulla composizio-<br />

164


ne, sulla quantità, sulla conservazione, sull’origine o la provenienza, sul<br />

modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso;<br />

b) non attribuire al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;<br />

c) non suggerire che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari,<br />

quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche<br />

identiche;<br />

d) non attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare<br />

o guarire una malattia umana nè accennare a tali proprietà, fatte salve<br />

le disposizioni comunitarie relative alle acque minerali ed ai prodotti alimentari<br />

destinati ad un’alimentazione particolare.<br />

Inoltre,<br />

3. La distinzione tra etichetta principale ed etichetta secondaria o retroetichetta<br />

non è codificata da alcuna norma nazionale o comunitaria<br />

per cui è possibile indicare su di una solo il marchio e riportare nella<br />

seconda le indicazioni previste dalla normativa vigente;<br />

4. tutte le indicazioni devono essere almeno in lingua italiana e menzionate<br />

in un punto evidente in modo da essere facilmente visibili, chiaramente<br />

leggibili ed indelebili, senza essere in alcun modo dissimulate<br />

o deformate.<br />

165


Riferimenti Bibliografici e normativi:<br />

- Decreto L.vo 27.1.92 n. 109 – Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti<br />

l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Modificato con i<br />

Decreti Legislativi n.68 del 25 febbraio 2000 e n.259 del 10 agosto 2000, dal Decreto Legislativo<br />

n.181 del 23 giugno 2003 e, di recente, dal Decreto Legislativo 8 febbraio 2006, n.114.<br />

- DIRETTIVA 2000/13/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20<br />

marzo 2000 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura<br />

e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità<br />

- Comunicazione pubblicitaria e informazione nel settore agro-alimentare. Alessandra di Lauro.<br />

Istituto di diritto agrario internazionale e comparato – Firenze. Giuffrè Editore - Milano. 2005.<br />

- Il diritto alimentare tra comunicazione e sicurezza. Alberto Germanò – Eva Rook Basile. G.<br />

Giappichelli Editore. Torino. 2005.<br />

- Etichette e pubblicità principi e regole. Dario Dongo. Edagricole. 2004.<br />

- Regolamento (CE) n. 258/97 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 1997<br />

sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari.<br />

- Regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre<br />

2006 relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari.<br />

166


Stampa Agnesotti - Viterbo<br />

Ottobre 2006

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