Ambiente_e_Sicurezza..
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SPECIALE<br />
Antincendio<br />
Le ultime novità su RIR,<br />
motori e prodotti da costruzione<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
<strong>Sicurezza</strong> del lavoro<br />
Dal MinLavoro ancora chiarimenti<br />
sull’istituto della sospensione ex legge 123<br />
<strong>Sicurezza</strong> in cantiere<br />
Legge 123 e cantieri:<br />
quali novità per i piani di sicurezza?<br />
AMBIENTE<br />
Rifiuti<br />
Manutenzione delle infrastrutture:<br />
la Cassazione si occupa dei rifiuti<br />
Come si gestisce il trasporto via mare?<br />
COMMENTI DA PAGINA<br />
TESTI DA PAGINA<br />
COMMENTO A PAGINA<br />
TESTI DA PAGINA<br />
ARTICOLO A PAGINA<br />
ARTICOLO A PAGINA<br />
ARTICOLO A PAGINA<br />
20<br />
25<br />
62<br />
64<br />
91<br />
105<br />
107<br />
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Dal2008<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>sifaintre<br />
Duenuovisupplementispecialistici<br />
perun’informazionetecnicapiùapprofonditaepuntuale<br />
dalprossimonumero,<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>sipresenteràcompletamenterinnovatasianellavestegraficasia<br />
nellastruttura.<br />
All’esigenzadiaggiornarel’immaginedellarivistasiè,infatti,aggiuntalanecessitàdiadeguarel’organizza<br />
zionedeicontenutialprocessodicambiamentoche,daqualcheannoaquestaparte,hainvestitoisettori<br />
dellasicurezzasullavoro,dell’ambienteedellacertificazione.<br />
Sempre più forte, infatti, è stata la spinta verso l’integrazione dei tre segmenti, che, partita inizialmente<br />
dalmondodellanormativatecnica(peresempio,conlacosiddetta“VISON2000”),ha,inseguito,coinvolto<br />
ilversantelegislativo(daultimi,ilD.Lgs.n.231/2001elaleggen.123/2007).<br />
Su questa base, <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> passerà dall’attuale suddivisione dei temi tra “Igiene e <strong>Sicurezza</strong>” e<br />
“<strong>Ambiente</strong>”aun’organizzazionepiùflessibileincinque“macroaree”chesisuccederannosenzasoluzione<br />
di continuità, in modo da valorizzare al massimo i profili di trasversalità dei contenuti. Allo stesso tempo,<br />
sarannopresentielementicherenderannopossibilel’individuazioneistantaneanonsolodellatematica(per<br />
esempio,sicurezzasullavoro,rifiuti,ecc.),maanchedellamacroareanellaqualel’articoloèstatoinserito.<br />
Un’altra novità non meno importante coinvolgerà iSupplementi ad <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> che raddoppie<br />
ranno, assecondando, così, un processo di forte verticalizzazione tematica: l’attuale Tecnologie&Soluzioni<br />
sarà, infatti, sostituito da “Tecnologie&Soluzioni per l’<strong>Ambiente</strong>” (bimestrale di sistemi, processi e prodotti<br />
per la tutela dell’ambiente) e da “Lavoro Sicuro” (bimestrale di sistemi, processi e prodotti per la sicurezza<br />
sul lavoro), in modo da riservare più spazio ai risvolti tecnologici di settore, valorizzando al massimo le<br />
specificità.<br />
L’esito finale di questa operazione di restyling e di potenziamento sarà quello di poterVi offrire un nuovo<br />
sistemaintegratodiperiodicispecialisticisecondologichepiùmoderne,flessibiliedesaustive.<br />
Il nostro obiettivo resta, come al solito, di andare incontro alle Vostre esigenze di aggiornamento e<br />
approfondimentoprofessionale.<br />
Buonannoebuonlavoroatutti<br />
Laredazione
11 dicembre 2007 N. 23<br />
GAZZETTAUFFICIALE:GLIULTIMI15GIORNI<br />
GAZZETTAUFFICIALEREPUBBLICAITALIANA<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
NOVITÀ<br />
ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATOIN<br />
Igiene<br />
dialimenti<br />
ebevande<br />
<strong>Sicurezza</strong><br />
deitrasporti<br />
Decretolegislativo<br />
6novembre2007,<br />
n.193<br />
DecretodelMinistero<br />
dellaSalute<br />
25settembre2007,<br />
n.217<br />
Decretolegislativo<br />
6novembre2007,<br />
n.203<br />
Acqua Decretolegislativo<br />
6novembre2007,<br />
n.202<br />
Aria Decretolegislativo<br />
9novembre2007,<br />
n.205<br />
Energia Decretolegislativo<br />
6novembre2007,<br />
n.201<br />
Inquinamento Decretolegislativo<br />
elettromagnetico 6novembre2007,<br />
n.194<br />
SICUREZZA<br />
«Attuazione della direttiva 2004/41/CE<br />
relativa ai controlli in materia di sicurezza<br />
alimentare e applicazione dei regolamenti<br />
comunitari nel medesimo<br />
settore»<br />
«Regolamento recante aggiornamento<br />
deldecretoministeriale21marzo1973,<br />
concernente la disciplina igienica degli<br />
imballaggi, recipienti, utensili destinati<br />
a venire a contatto con le sostanze<br />
alimentari o con sostanze d’uso personale»<br />
«Attuazione della direttiva 2005/65/CE<br />
relativa al miglioramento della sicurezza<br />
nei porti»<br />
AMBIENTE<br />
«Attuazione della direttiva 2005/35/CE relativaall’inquinamentoprovocatodallenavieconseguentisanzioni»<br />
«Attuazionedelladirettiva2005/33/CEche<br />
modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione<br />
al tenore di zolfo dei combustibili per<br />
usomarittimo»<br />
«Attuazione della direttiva 2005/32/CE relativaall’istituzionediunquadroperl’elaborazionedispecificheperlaprogettazione<br />
ecocompatibile dei prodotti che consumanoenergia»<br />
«Attuazione della direttiva 2004/108/CE<br />
concernente il riavvicinamento delle legislazioni<br />
degli Stati membri relative alla<br />
compatibilitàelettromagneticaecheabrogaladirettiva89/336/CEE»<br />
Iltestoèdisponibileonlineall’indirizzo<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
S.O. n. 228 alla Gazzetta<br />
Ufficiale del 9<br />
novembre2007,n.261<br />
Insintesiapag.95<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del 20 novembre<br />
2007,n.270<br />
Insintesiapag.95<br />
S.O. n. 228 alla Gazzetta<br />
Ufficiale del 9<br />
novembre2007,n.261<br />
S.O. n. 228 alla<br />
Gazzetta Ufficiale<br />
del9novembre2007,n.<br />
261<br />
Insintesiapag.114<br />
S.O.n.228alla<br />
GazzettaUfficiale<br />
del9novembre2007,<br />
n.261<br />
Insintesiapag.114<br />
S.O.n.228alla<br />
GazzettaUfficiale<br />
del9novembre2007,<br />
n.261<br />
Insintesiapag.115<br />
S.O.n.228allaGazzetta<br />
Ufficiale del 9<br />
novembre2007,n.261<br />
5
Insintesi<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
SOMMARIO<br />
IGIENE E SICUREZZA................................................................................................................ p. 10<br />
AMBIENTE ............................................................................................................................. p. 10<br />
DALLE REGIONI ..................................................................................................................... p. 12<br />
Articoli<br />
Approfondimenti<br />
l Motori a combustione interna: la prevenzione incendi per l’installazione<br />
di Marco Albanese .............................................................................................................. p. 20<br />
l Antincendio e prodotti da costruzione: le novità sulle classi di reazione al fuoco<br />
di Stefano Marsella ............................................................................................................. p. 33<br />
l Regione Lombardia e MinInterno insieme per il controllo sulle attività RIR<br />
di Walter Restani................................................................................................................. p. 58<br />
l Sulla sospensione dell’attività di impresa ulteriori chiarimenti dal MinLavoro<br />
di Gioconda Rapuano e Giuliano Esposito.......................................................................... p. 62<br />
l L’organizzazione della sicurezza aziendale parte integrante<br />
della gestione generale<br />
di Giuseppe De Dominicis................................................................................................... p. 68<br />
l Con l’analisi del carico di lavoro un elemento per attuare la RSI<br />
di Cinzia Frascheri .............................................................................................................. p. 78<br />
l Dalla Finanziaria 2007 alla legge 123 quali responsabilità per il committente?<br />
di Aldo Avvisati.................................................................................................................... p. 86<br />
l Cantieri temporanei e mobili e legge 123: quali novità per i piani di sicurezza?<br />
di Damiano Romeo ............................................................................................................. p. 91<br />
l Rivendita di cavi elettrici con deposito/Responsabilità in capo al preside<br />
di un istituto/Rinnovo del CPI<br />
di Mario Abate..................................................................................................................... p. 97<br />
l Manutenzione delle infrastrutture: la Cassazione si occupa dei rifiuti<br />
di Pasquale Fimiani............................................................................................................. p. 105<br />
l Il trasporto dei rifiuti via mare tra vecchie e nuove normative ambientali<br />
di Marco Iacono e Carmelo Tinè ......................................................................................... p. 107<br />
l Inquinamento marino da idrocarburi: requisiti e autorizzazioni per i prodotti<br />
di Pietro Verna .................................................................................................................... p. 111<br />
Legislazione<br />
l Motori a combustione interna: la prevenzione incendi per l’installazione<br />
Decreto del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007.............................................................. p. 25<br />
l Antincendio e prodotti da costruzione: le novità sulle classi di reazione al fuoco<br />
Decreto del Ministero dell’Interno 25 ottobre 2007.............................................................. p. 35<br />
l Imballaggi per alimenti<br />
Decreto del Ministero della Salute 25 settembre 2007, n. 217 ............................................ p. 95<br />
l <strong>Sicurezza</strong> alimentare<br />
Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193 p. 96<br />
7
SOMMARIO<br />
l Inquinamento marino<br />
Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202 ...................................................................... p. 114<br />
l Gasolio per uso marittimo<br />
Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 205 ...................................................................... p. 114<br />
l Progettazione ecocompatibile di prodotti energivori<br />
Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 201 ...................................................................... p. 115<br />
l Dalle Regioni<br />
Delibere e leggi regionali ottobre-novembre 2007 .............................................................. p. 120<br />
Prassi<br />
l Sulla sospensione dell’attività di impresa ulteriori chiarimenti dal MinLavoro<br />
Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale - Direzione generale per l’Attività<br />
Ispettiva - Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro 14 novembre 2007, n. 24...<br />
Giurisprudenza<br />
8<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
p. 64<br />
l Responsabilità del datore di lavoro per un infortunio<br />
Cassazione penale, sez. IV, 24 aprile 2007, n. 16422......................................................... p. 99<br />
l Ripartizione dell’onere probatorio<br />
Cassazione civile, sezione lavoro, 18 maggio 2007, n. 11622 ............................................ p. 101<br />
l Scarti di lavorazione e insalubrità derivata dell’area<br />
Cassazione penale, sez. III, 17 ottobre 2007, n. 38272 ...................................................... p. 117<br />
l Deposito incontrollato di rifiuti e modificazione del territorio<br />
Cassazione penale, sez. III, 18 ottobre 2007, n. 38495 ...................................................... p. 118<br />
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Direttore responsabile: FRANCESCO DEMURO<br />
Responsabile di redazione: Massimo Cassani<br />
Coordinamento editoriale: Dario De Andrea (02/57316293)<br />
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11 dicembre 2007 N. 23
SINTESI<br />
INSINTESI<br />
10<br />
RUBRICA<br />
Speciale<br />
ANTINCENDIO<br />
COMMENTI E TESTI ........................................................................................................................................................................da pag. 20<br />
Leultimeindicazionisuprodottidacostruzione,motoriacombustioneinternaeattivitàRIRCon la pubblicazione del decreto<br />
del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007 è stata emanata la nuova regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione di motori a<br />
combustione interna accoppiati a una macchina generatrice elettrica o a una macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali,<br />
agricole, artigianali, commerciali e di servizi, che ne definisce i nuovi criteri di sicurezza contro i rischi d’incendio e di esplosione. Lo stesso<br />
Ministero, con decreto 25 ottobre 2007, ha modificato il decreto 10 marzo 2005, inerente alle classi di reazione al fuoco per i prodotti da<br />
costruzione utilizzati nelle opere per le quali è necessario il requisito della sicurezza in caso di incendio. Nel particolare, sono stati sostituiti gli<br />
Allegati A e C al D.M. 10 marzo 2005, rispettivamente con gli Allegati 1 e 2 al nuovo D.M. 25 ottobre 2007. Rileva, sempre in materia<br />
antincendio, anche lo schema di accordo tra il Ministero dell’Interno e la Regione Lombardia, pubblicato con delibera della Giunta Regionale<br />
5 ottobre 2007, n. 8/5469. Scopo dell’accordo è quello di definire le modalità di cooperazione, tra le parti firmatarie, al fine di migliorare la<br />
qualità dell’azione amministrativa per le attività inerenti ai controlli delle aziende a rischio di incidente rilevante, garantendo la tutela<br />
dell’incolumità delle persone, la salvaguardia dell’ambiente e il mantenimento delle condizioni di sicurezza necessarie nelle attività RIR.<br />
Igieneesicurezza<br />
ANTINCENDIO<br />
QUESITI SULL’ANTINCENDIO .............................................................................................................................................................a pag. 97<br />
Rivendita di cavi elettrici con deposito/Responsabilità in capo al preside di un istituto/Rinnovo del CPI In questo numero<br />
<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> propone tre chiarimenti. In primo luogo, sono definite alcune caratteristiche strutturali e di protezione antincendio di<br />
una rivendita di cavi elettrici, attività 8762, con annessa una zona di vendita e un deposito con altezza e carico di incendio definiti. Nel<br />
secondo chiarimento, sono poste in evidenza le responsabilità che ricadono in capo al preside di un istituto professionale statale privo del<br />
certificato di prevenzione incendi. Infine, sono analizzate le possibili azioni da intraprendere, da parte di un tecnico della prevenzione<br />
incendi, qualora si trovasse a prestare la sua opera per attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco e dovesse provvedere al rinnovo del<br />
loro CPI scaduto già da tempo.<br />
IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 95<br />
Imballaggi per alimenti Il decreto del Ministero della Salute 25 settembre 2007, n. 217, apporta alcune modifiche al D.M. 21 marzo<br />
1973, «Disciplina "igienica" degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze<br />
d’uso personale». In particolare, risulta sostituito l’art. 27, riferito all’utilizzo di carte e cartoni, adoperabili a contatto diretto con gli alimenti,<br />
da soli o accoppiati con altri o trasformati in imballaggi, soltanto se fabbricati secondo la buona tecnica industriale e conformi alle<br />
caratteristiche individuate. (in Gazzetta Ufficiale del 20 novembre 2007, n. 270)<br />
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96<br />
<strong>Sicurezza</strong>alimentareIl decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193, di attuazione della direttiva 2004/41/CE, a sua volta abrogatrice di<br />
alcune direttive recanti le norme sull’igiene dei prodotti alimentari e le disposizioni sanitarie per la produzione e la commercializzazione di<br />
determinati prodotti di origine animale destinati al consumo umano. Sono state introdotte disposizioni concernenti le macellazioni<br />
d’urgenza al di fuori del macello, quali carcasse, mezzane, quarti e mezzane tagliate in massimo tre parti, ottenute da macellazioni<br />
d’urgenza di ungulati domestici al di fuori del macello, con introduzione di un bollo sanitario standard dove dovranno essere indicate<br />
informazioni relative alla Usl dove si trova il macello in cui le carni macellate di urgenza sono trasportate, la sigla MSU seguita dal numero di<br />
macello e, nella parte inferiore, il nome o la Regione/Provincia autonoma dove è localizzato il macello. (in S.O. n. 228 alla Gazzetta Ufficiale<br />
del 9 novembre 2007, n. 261 e nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
COMMENTO ....................................................................................................................................................................................a pag. 62<br />
DOCUMENTO ...................................................................................................................................................................................a pag. 64<br />
Sulla sospensione dell’attività di impresa ulteriori chiarimenti dal MinLavoro Dopo la pubblicazione della circolare 22 agosto<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
11 dicembre 2007 N. 23
RUBRICA<br />
SINTESI<br />
2007, di chiarimento dell’art. 5, legge n. 123/2007, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha fornito ulteriori chiarimenti sull’istituto<br />
della sospensione dell’attività imprenditoriale, con lo scopo di dare altre indicazioni operative al personale ispettivo. Infatti, con la nuova<br />
circolare 14 novembre 2007, n. 24, di modifica e di integrazione della precedente, lo stesso Dicastero ha fornito alcune precisazioni sulla<br />
discrezionalità del provvedimento di sospensione, sulla strumentalità delle violazioni in materia di sicurezza, sulla natura della sanzione<br />
amministrativa aggiuntiva, sull’individuazione delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate.<br />
ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 68<br />
L’organizzazione della sicurezza aziendale parte integrante della gestione generale L’integrità fisica e la personalità morale del<br />
lavoratore in azienda deve essere garantita dalle diverse figure coinvolte nel “sistema sicurezza”. In modo particolare, il datore di lavoro deve<br />
adottare percorsi di aggiornamento con lo scopo di perseguire un continuo miglioramento dell’azione preventiva. Anche le altre figure<br />
professionali presenti in azienda dovranno adottare un comportamento tale che permetta di mettere in atto tutte le possibili accortezze, al fine di<br />
garantire la tutela della salute e della sicurezza della totalità delle persone presenti in azienda, compresi gli esterni. Per poter raggiungere questo<br />
obiettivo, è necessario che la politica aziendale della sicurezza sia sviluppata e messa in atto come parte integrante della gestione generale<br />
dell’azienda.<br />
ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 78<br />
Analisi del carico di lavoro: un elemento per mettere in atto la RSI Globalizzazione, nuove forme di lavoro, formazione del<br />
personale, fusioni e frammentazioni, lavoro femminile, outsorcing, mancata tutela, salute e sicurezza sul lavoro, rapporto tempolavoro e<br />
lavorovita, istruzione e tecnologie. Le componenti che caratterizzano l’attuale scenario del mercato del lavoro, se da un lato ne<br />
determinano la frammentazione, dall’altro impongono, con rinnovata forza, la necessità, per le aziende, di aderire a modelli di responsabilità<br />
sociale d’impresa (RSI) a patto che l’avvio di questa procedura rappresenti un percorso che, attraverso tappe volte verso obiettivi di<br />
miglioramento continuo, si mantenga costante nel tempo. Pertanto, la scelta di RSI non può che essere radicata all’interno delle politiche<br />
aziendali, influenzando l’intero sistema di governo, facilitando e sostenendo la produttività, quale sistema armonico tra capitale e lavoro,<br />
anziché una mera produzione, schiacciata sul profitto.<br />
ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 86<br />
Dalla Finanziaria 2007 alla legge 123: quali responsabilità per il committente? Sono molte le modifiche che l’art. 7, D.Lgs. n.<br />
626/1994, ha subito nel corso dell’ultimo periodo. Si è partiti dalla modifica operata dalla legge Finanziaria 2007 , la legge n. 296/2006, che<br />
ha inserito, in capo all’imprenditore committente, l’obbligo di rispondere in solido con l’appaltatore e con ognuno degli eventuali<br />
subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore infortunato non risulti indennizzato dall’INAIL. Altre modifiche che hanno interessato<br />
il disposto sono quelle dovute alla pubblicazione della legge 3 agosto 2007, n. 123; con la sostituzione del comma 3 è stato aggiunto, a<br />
carico del committente, l’obbligo di redigere un documento di valutazione dei rischi che deve includere anche quello interferenziale e le<br />
misure adottate per eliminarlo o, almeno, limitarlo; con l’aggiunta del comma 3ter, invece, è stato previsto che ogni contratto d’opera o<br />
appalto deve porre in evidenza i necessari oneri della sicurezza. Alla luce di tutte queste novità, è necessario stabilire i limiti della<br />
responsabilità del datore di lavoro committente in caso di appalto o di contratto d’opera.<br />
MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................................a pag. 99<br />
Responsabilitàdeldatoredilavoroperl’infortunioIl datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività<br />
lavorative in modo sicuro, assicurando anche l’adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche e organizzative per ridurre al<br />
minimo i rischi connessi all’attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più<br />
generalmente, al disposto dell’articolo 2087 del codice civile, in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante<br />
dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l’ovvia conseguenza che, ove egli non<br />
ottemperi all’obbligo di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall’articolo 40, comma 2,<br />
c.p. Pertanto, in caso di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per<br />
escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato occasione<br />
all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a<br />
neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento. (Cassazione penale, sez. IV, 24 aprile 2007, n. 16422 e nella sezione“Documentazioneintegrativa”<br />
del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 101<br />
Ripartizione dell’onere probatorio Il lavoratore che assuma la responsabilità ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro, in relazione ad un<br />
infortunio occorsogli, non ha l’onere di provare specifiche omissioni del datore in relazione alle norme antinfortunistiche, essendo soltanto<br />
tenuto a provare l’infortunio, il danno derivatone, il nesso causale tra l’uno e l’altro e la nocività dell’ambiente di lavoro, gravando sul datore<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
11
SINTESI<br />
RUBRICA<br />
una volta provate tali circostanze l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento<br />
dannoso. Tra tali cautele rientra anche l’adozione di misure relative all’organizzazione del lavoro, ed all’informazione dei dipendenti sui rischi<br />
e la pericolosità di macchine o lavorazioni, idonee ad evitare che lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti (nei confronti dei<br />
quali tale dovere si atteggia in maniera particolarmente intensa) siano coinvolti in lavorazioni pericolose. (Cassazione civile, sezione lavoro,<br />
18 maggio 2007, n. 11622 e nella sezione“Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
SICUREZZA IN CANTIERE<br />
ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 91<br />
Cantieritemporaneiemobilielegge123:qualinovitàperipianidisicurezza?La legge 3 agosto 2007, n. 123, in particolare la<br />
modifica all’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, ha sicuramente introdotto alcuni cambiamenti in merito alle prassi adempimentali dell’azienda in<br />
caso di appalto o di contratti d’opera; nessun riferimento in materia è stato fatto per il settore edile, ma il dubbio che possa comunque<br />
riguardarlo si manifesta in più soggetti appartenenti al campo delle costruzioni. Occorre stabilire se, oltre alla predisposizione del piano di<br />
sicurezza e di coordinamento (PSC) e del piano operativo di sicurezza (POS), bisogna procedere alla predisposizione del documento di<br />
valutazione del rischio interferenziale, come indicato all’art. 3, comma 1, legge n. 123/2007. Si pone, inoltre, il problema di come, per la<br />
corretta gestione del cantiere, dovrà essere affrontata la questione, se dovranno essere predisposti tre diversi documenti, oppure se sarà<br />
sufficiente integrare e aggiornare i contenuti del PSC e del POS.<br />
AMBIENTE<br />
ACQUA<br />
SINTESI ............................................................................................................................................................................................a pag. 114<br />
Inquinamento marino Il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202 risulta volto a individuare talune misure di sicurezza marittima e di<br />
miglioramento della protezione dell’ambiente marino sotto il profilo dell’inquinamento causato da navi, innovando alla datata disciplina preesistente<br />
in materia (articoli 16, 17 e 20, legge n. 979/1982 sulla tutela del mare, oggi abrogati) a causa dell’esigenza di adeguamento alla direttiva indicata al<br />
titolo, a propria volta attuativa della normativa internazionale vigente in materia (cosiddetta “Convenzione MARPOL 73/78”). (in S.O. n. 228 alla<br />
Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2007, n. 261 e nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
ARIA<br />
SINTESI............................................................................................................................................................................................ a pag. 114<br />
Combustibili.GasolioperusomarittimoIl decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 205 va a innovare la disciplina contenuta nel cosiddetto<br />
“Testo unico ambientale” (D.Lgs. n. 152/2006) in materia di specifiche dei combustibili utilizzabili, introducendo le nuove specifiche<br />
tecniche sui combustibili utilizzabili per uso marittimo (qualsiasi combustibile per uso marittimo la cui viscosità o densità rientra nei limiti di<br />
viscosità o di densità stabiliti per le qualità “DMB” e “DMC” dalla tabella 1 della norma ISO 8217, ad eccezione di quello utilizzato su fumi,<br />
canali, laghi e lagune nuovo art. 292, comma 2, lettera d), D.Lgs. n. 152/2006) (articolo 293 e Allegato X alla Parte V del D.Lgs. n.<br />
152/2006, modificati), con le nuove sanzioni del caso (nuovo art. 296, D.Lgs. n. 152/2006). (in S.O. n. 228 alla Gazzetta Ufficiale del 9<br />
novembre 2007, n. 261 e nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
ENERGIA<br />
SINTESI.............................................................................................................................................................................................a pag. 115<br />
ProgettazioneecocompatibilediprodottienergivoriIl decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 201 rappresenta la normativa italiana<br />
attuativa della direttiva 2005/32/CE recante un quadro per l’immissione sul mercato, la messa in servizio e la libera circolazione dei prodotti<br />
che consumano energia, intendendo come tali «un prodotto che, dopo l’immissione sul mercato ovvero la messa in servizio, dipende da un<br />
input di energia… per funzionare secondo l’uso cui è destinato o un prodotto per la generazione, il trasferimento e la misurazione di tale<br />
energia, incluse le parti che dipendono da input di energia e che sono destinate ad essere incorporate in un prodotto che consuma energia<br />
(…), immesse sul mercato ovvero messe in servizio come parti a sé stanti per gli utilizzatori finali, e le cui prestazioni ambientali possono<br />
essere valutate in maniera indipendente» (art. 2, comma 1, lettera a). (in S.O. n. 228 alla Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2007, n. 261 e<br />
nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
RIFIUTI<br />
ARTICOLO...................................................................................................................................................................................... a pag. 105<br />
Manutenzione delle infrastrutture: la Cassazione si occupa dei rifiuti L’art. 230, D.Lgs. n. 152/2006, prevede una<br />
disciplina speciale per i rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture. Sul tema è intervenuta la III sezione della<br />
Cassazione penale con la sentenza 5 settembre 2007, n. 33866, che, partendo da un caso di rifiuti vegetali sottoposti a un<br />
trattamento di triturazione (costituente già una fase di smaltimento), rileva come l’art. 230 del D.Lgs. n. 152/2006, nel prevedere<br />
un’eccezione alla regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione, sia<br />
12<br />
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11 dicembre 2007 N. 23
RUBRICA<br />
SINTESI<br />
espressamente mirato a consentire l’effettuazione della «valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente,<br />
direttamente e oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento». Di conseguenza, questo<br />
dispositivo non si applica nel caso di rifiuti in alcun modo riutilizzabili.<br />
ARTICOLO...................................................................................................................................................................................... a pag. 107<br />
Il trasporto dei rifiuti via mare tra vecchie e nuove normative ambientali Le semplificazioni previste per il trasporto marittimo di<br />
rifiuti (una su tutte l’esonero per i soggetti responsabili della detenzione dei rifiuti in ambito portuale dall’iscrizione nei relativi albi nazionali<br />
prevista per analoghe operazioni effettuate via terra) non deve fare dimenticare gli obblighi previsti dalla legislazione ambientale, come, ad<br />
es., la designazione di un responsabile delle operazioni di movimentazione dei rifiuti che deve essere facilmente individuabile anche dopo il<br />
completamento del ciclo del rifiuto stesso; e ancora, le Autorità Marittima e Portuale sono responsabili delle operazioni di imbarco e di<br />
movimentazione dei rifiuti in ambito portuale, attività per le quali possono essere affiancate dai professionisti che svolgono l’attività di<br />
chimico del porto quali ingegneri chimici, chimici industriali e chimici, che devono operare, pena la nullità delle certificazioni emesse,<br />
ciascuno nel rigoroso rispetto delle proprie competenze professionali.<br />
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 117<br />
Scarti di lavorazione e insalubrità derivata dell’area Il destinatario della normativa ambientalistica è il legale rappresentante dell’ente<br />
imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale la persona giuridica agisce nel campo delle relazioni intersoggettive. Tale compito discende<br />
dalla legge e non richiede espresso conferimento e comporta responsabilità penale perché il legale rappresentante, anche se non svolge mansioni<br />
tecniche, è pur sempre preposto alla gestione della società. Il predetto può trasferire ad altri soggetti tecnicamente preparati i compiti a lui demandati<br />
in base ad attribuzioni effettivamente delegate e volontariamente assunte e, in difetto di conferimento di valida delega, non può esimersi da<br />
responsabilità adducendo incompetenza tecnica oppure la lontananza del cantiere di lavoro dalla sede della società perché tali condizioni gli<br />
impongono di astenersi dall’assumere incarichi dirigenziali oppure di conferire in modo formale a esperti l’osservanza delle suddette norme.<br />
(Cassazione penale, sez. III, 17 ottobre 2007, n. 38272 e nella sezione“Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 118<br />
DepositoincontrollatodirifiutiemodificazionedelterritorioPer raggiungere il risultato di un equilibrato sviluppo degli interventi su<br />
tenitori vincolati, l’ articolo 163, decreto legislativo n. 490/1999 (ora articolo 181, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) stabilisce che<br />
le modifiche su di essi si svolgano secondo linee preordinate dall’autorità amministrativa; il reato si realizza con l’impedimento del preventivo<br />
controllo che, secondo la comune esperienza, pone in pericolo il paesaggio che è il bene giuridico tutelato in via mediata. Di conseguenza,<br />
integra la fattispecie di reato ogni modifica del territorio posta in essere senza la necessaria autorizzazione dell‘autorità preposta alla tutela<br />
del vincolo, dovendosi, pertanto, escludersi che solo con la costruzione di opere edilizie possa perfezionarsi l’illecito de quo. Il reato si<br />
configura con ogni intervento idoneo ad incidere, modificandolo, sull’originario assetto del territorio vincolato e, quindi, anche con la<br />
realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti. (Cassazione penale, sez. III, 18 ottobre 2007, n. 38495 e nella sezione“Documentazioneintegrativa”<br />
del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />
TUTELA AMBIENTALE<br />
ARTICOLO...................................................................................................................................................................................... a pag. 111<br />
Inquinamentomarinodaidrocarburi:requisitieautorizzazioniperiprodottiIprodotti per fronteggiare lo sversamento in<br />
mare di idrocarburi (panne galleggianti e materiali in grado di rimuovere il petrolio per assorbimento o per absorbimento) devono<br />
sottostare a una complessa procedura di verifica prima di poter essere immessi sul mercato. Esito della prassi è l’ottenimento di<br />
una dichiarazione ministeriale di idoneità per arrivare alla quale i prodotti devono superare severe prescrizioni di istituti di ricerca e<br />
specifici test da parte di laboratori accreditati per determinare l’efficacia, la stabilità, la tossicità (acuta e cronica), la biodegradabilità<br />
e l’entità di bioaccumulo.<br />
DalleRegioni<br />
SINTESI............................................................................................................................................................................................ a pag. 120<br />
Delibere e leggi regionali ottobrenovembre 2007 Tra le delibere e leggi regionali pubblicate nei mesi di ottobre e di<br />
novembre si segnalano la circolare Regione Lombardia 10 ottobre 2007, n. 30, sulle sorgenti radioattive ad alta attività, la<br />
determinazione della Giunta Regione Piemonte 22 ottobre 2007, n. 40, in materia di autorizzazioni di carattere generale per le<br />
emissioni in atmosfera da impianti di essiccazione di cereali e semi, la delibera della Giunta Provincia autonoma di Trento 22<br />
ottobre 2007, n. 3564, sui criteri e l’approvazione del Testo unico per la concessione di contributi per gli interventi di risparmio<br />
energetico e di utilizzo di fonti rinnovabili di energia e, infine, la delibera della Giunta Regione Puglia 15 ottobre 2007, n. 1641,<br />
inerente all’aggiornamento del Programma regionale per la tutela dell’ambiente.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
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13
RUBRICA<br />
OBBLIGHI,ADEMPIMENTI,SCADENZE<br />
acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma<br />
31<br />
DICEMBRE<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
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SCADENZARIO<br />
CONTRIBUTOCONSORTILEDEGLIOLIVEGETALIPERUSOALIMENTARE<br />
Il31dicembre2007scadeiltermineperilversamentotrimestraledelcontributodiriciclaggiodeglioliedei<br />
grassivegetalieanimaliesausti,daeffettuareafavoredelConsorzioobbligatorionazionalediraccoltaedi<br />
trattamentodeglioliedeigrassivegetalieanimaliesausti. (Art.2,D.M.27novembre2003)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Colorocheimmettonosulmercato<br />
nazionaleolivegetaliconfezionati,<br />
ancheimportati;checedonoolivegetalialleimpresecheliutilizzanocomeingredientidiprodotticomposti;<br />
che importano oli vegetali<br />
per utilizzarli direttamente come<br />
ingredientidiprodotticomposti<br />
Trimestrale 31marzo2008<br />
BATTERIEALPIOMBO:ANTICIPODELSOVRAPPREZZODIVENDITADELLEBATTERIEALPIOMBO<br />
Iproduttoriegliimportatoridibatteriealpiombo,nonchégliimportatoridibenicontenentibatteriealpiombo,devonoversare,entroil31dicembre2007,alCOBATConsorzioobbligatoriodellebatteriealpiombo<br />
esausteedeirifiutipiombosiilsovrapprezzounitariodivenditadellebatteriealpiombo,comedeterminato<br />
dall’art.1,D.M.16marzo2005,fornendo,inoltre,leinformazionipreviste.<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Produttorieimportatoridibatterie<br />
alpiombo,nonchéimportatoridi<br />
benicontenentibatteriealpiombo<br />
Trimestrale 31marzo2008<br />
ALBONAZIONALEGESTORIAMBIENTALI:CONTRIBUTOANNUALEPERL’ISCRIZIONENEIREGISTRISPECIALI<br />
Il31dicembre2007scadeilterminepereffettuareilversamentodeldirittoannualediiscrizioneneglispeciali<br />
registridell’Albonazionalegestoriambientali,relativamente,inparticolare,a:1)registrorelativoalleimprese<br />
firmatariediaccordiedicontrattidiprogrammaconlaPA,aisensidell’art.181,D.Lgs.n.152/2006;2)registro<br />
generaledelleimpreseautorizzateallagestionedirifiuti;3)registrodelleimpresecheeffettuanoattivitàdi<br />
smaltimentorifiutinonpericolosinelluogodiproduzionedeirifiutistessi,aisensidell’art.215,D.Lgs.n.152/<br />
2006;4)registrodelleimpresechesvolgonooperazionidirecuperodeirifiuti,aisensidell’art.216,D.Lgs.n.152/<br />
2006.Ilcontributo,previstodall’art.212,comma26,eart.214,comma7,D.Lgs.n.152/2006,èparia50euroe<br />
dovràessereversato,secondolemodalitàprevistedaunappositodecretoministeriale(daemanare),afavore<br />
dellacompetentesezioneregionaledell’Albo,laqualedovràprocedereaunacontabilizzazioneseparatadi<br />
questiversamenti,dadestinarsiallespeseperilfunzionamentodeglistessiregistri.<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Esercenti imprese iscritte all’Albo<br />
nazionale gestori ambientali nei<br />
registrispeciali<br />
Annuale 31dicembre2008<br />
EMISSIONIDIBIOSSIDODIZOLFO,OSSIDIDIAZOTO,COVEAMMONIACA:PROGRAMMANAZIONALEDIRIDUZIONE<br />
Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualeilMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>edellatuteladelterritorioedelmare<br />
deveinviare,allaCommissioneeuropea,ilprimoprogrammanazionaleperlariduzionedelleemissionidibiossido<br />
dizolfo,diossididiazoto,diCOVediammoniaca,comeprevistodall’art.5,comma2,D.Lgs.n.171/2004.<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />
Tuteladelterritorioedelmare<br />
Annuale 31dicembre2008<br />
IMPIANTIDIINCENERIMENTOEDICOINCENERIMENTO:ANALISIQUADRIMESTRALI<br />
Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualeigestoridiimpiantidiincenerimentoodicoincenerimento<br />
devonoeffettuarelamisurazioneperiodicadelleemissioniindicatenell’AllegatoI,paragrafoA,punti3e4,<br />
nonchédelleconcentrazionidiCO,NOx,SO2,polveritotali,TOC,HCleHFperlequalil’autoritàcompetente<br />
abbiaprescrittomisurazioniperiodiche.(Art.11,comma5,D.Lgs.n.133/2005).<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Gestoridiimpiantidiincenerimento Quadrimestrale 30aprile2008<br />
15
16<br />
SCADENZARIO<br />
31<br />
SETTEMBRE<br />
RUBRICA<br />
COMUNICAZIONETRIMESTRALESUGLIELETTRODOTTI<br />
Gliesercentidielettrodotticontensionedieserciziononinferiorea132kVdevonofornireagliorganidi<br />
controllo,secondolemodalitàfornitedaglistessi,12valoriperciascungiorno,corrispondentiaivalori<br />
medi delle correnti registrati ogni due ore nelle normali condizioni di esercizio. (Art. 5, comma 4,<br />
D.P.C.M.8luglio2003)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Esercenti di elettrodotti con tensione<br />
di esercizio non inferiore a<br />
132kV<br />
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Trimestrale 31marzo2008<br />
ISPEZIONIPROVINCIALIEINVIODEIRISULTATIDELLEOPERAZIONIDIRECUPERODEIRAEE<br />
CONPROCEDURESEMPLIFICATE<br />
Il 31 dicembre 2007 scade il termine entro il quale le Province devono effettuare l’ispezione annuale<br />
degli impianti esercenti attività di recupero dei RAEE con procedura semplificata ai sensi<br />
degliartt.31e33,dell’abrogatoD.Lgs.n.22/1997.Entrolastessadataleprovincedovrannoinviareirisultatidiquesteispezioniall’APAT,allaqualespetterà,inoltre,l’elaborazionediquestidati<br />
elatrasmissionealMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>edellatuteladelterritorioedelmare.(Art.8,commi<br />
5e8,D.Lgs.n.151/2006)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Province Annuale 31dicembre2008<br />
COMUNICAZIONEANNUALESULLEAPPARECCHIATUREELETTRICHEEDELETTRONICHE(AEE)IMMESSESULMERCATO<br />
IproduttoridiAEEdevonocomunicare,entroil31dicembre2007,alRegistronazionaledeisoggettiobbligatialtrattamentodeiRAEE,istituitopressoilMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>,lequantitàelecategoriediAEEimmessesulmercato,raccolte,reimpiegate,riciclateerecuperate,nonchéleindicazioni<br />
relative alle garanzie finanziarie previste dal D.Lgs. n. 151/2005. (Art. 13, comma 6,<br />
D.Lgs.n.151/2006)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Produttori di apparecchiature<br />
elettricheedelettroniche(AEE)<br />
Annuale 31dicembre2008<br />
AEEIMMESSESULMERCATOCONMEZZIDICOMUNICAZIONEADISTANZA<br />
IproduttoridiAEEimmessesulmercato,avvalendosidimezzidicomunicazioneadistanza,devono<br />
comunicare, entro il 31 dicembre 2007, al Registro nazionale dei soggetti obbligati al trattamento<br />
dei RAEE, istituito presso il Ministero dell’<strong>Ambiente</strong>, le quantità e le categorie di AEE immessesulmercatodelloStatoincuirisiedel’acquirente,nonchélemodalitàdiadempimentodell’obbligodifinanziamentodellagestionedeiRAEEstoriciprovenientidainucleidomestici.<br />
(Art.<br />
13,comma7,D.Lgs.n.151/2006)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Produttori di apparecchiature<br />
elettriche ed elettroniche (AEE)<br />
immesse sul mercato avvalendosi<br />
di mezzi di comunicazione a distanza<br />
Annuale 31dicembre2008<br />
RELAZIONEANNUALESULL’AUTORIZZAZIONEINTEGRATAAMBIENTALE(AIA)<br />
Le “autorità competenti” devono comunicare, entro il 31 dicembre 2007, al Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />
e della Tutela del territorio e del mare, i dati concernenti le domande ricevute di AIA, le<br />
autorizzazionirilasciateeisuccessiviaggiornamenti,nonchéunrapportosullesituazionidimancatorispettodelleprescrizionidell’autorizzazioneintegrataambientale(Art.13,comma2,D.Lgs.<br />
n.59/2005)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
AutoritàindividuatedalleRegioni<br />
o dalle Province autonome per rilasciare<br />
l’autorizzazione integrata<br />
ambientale (AIA) di competenza<br />
nonstatale<br />
Annuale 31dicembre2008<br />
11 dicembre 2007 N. 23
31<br />
DICEMBRE<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
RUBRICA<br />
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SCADENZARIO<br />
AGGIORNAMENTODEICATALOGHIPUBBLICIEPIANODIACCESSOALLEINFORMAZIONIINMATERIAAMBIENTALE<br />
Il31dicembre2007scadeiltermineperprocedere,dapartedituttele“autoritàpubbliche”,all’aggiornamentodelcatalogopubblicodelleinformazioniambientalidallestessedetenute,nonchéperaggiornareilpianopredispostoalfinedirendere“l’informazioneambientale”progressivamentedisponibilesubanchedatielettroniche.(Artt.4,comma1,e8,comma2,D.Lgs.n.195/2005)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Tutte le amministrazioni pubbliche<br />
statali, regionali, locali, le<br />
aziende autonome e speciali, gli<br />
enti pubblici e i concessionari di<br />
pubblici servizi, nonché ogni persona<br />
fisica o giuridica che svolga<br />
funzioni pubbliche connesse alle<br />
tematicheambientalioesercitiresponsabilità<br />
amministrative sotto<br />
ilcontrollodiunorganopubblico<br />
Annuale 31dicembre2008<br />
SMALTIMENTODEIRIFIUTIINDISCARICA<br />
Il31dicembre2007scadeilterminefinoalqualelediscarichegiàautorizzateall’entratainvigoredel<br />
D.Lgs.n.36/2003possonocontinuarearicevereirifiutipercuisonostateautorizzate.Finoallastessadata<br />
èconsentitolosmaltimentonellenuovediscariche,inosservanzaalledisposizionidelladeliberainterministeriale27luglio1984,art.6,D.P.R.8agosto1994econnessedeliberazioniregionali:a)nellediscaricheper<br />
irifiutiinerti,irifiutiprecedentementeavviatiadiscarichediIIcategoria,TipoA;b)nellediscaricheperi<br />
rifiutinonpericolosi,irifiutiprecedentementeavviatiallediscarichediIediIIcategoria,tipoB;c)nelle<br />
discaricheperirifiutipericolosi:irifiutiprecedentementeavviatiallediscarichediIIcategoria,tipoC,eIII<br />
categoria.(Art.17,commi1e2,D.Lgs.n.36/2003,modificatodall’art.1,comma184,leggen.296/2006).<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Chiunque <br />
DIRITTOALRICONOSCIMENTO/CONCESSIONEDIACQUAETERMINEPERLADENUNCIADEIPOZZI<br />
Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualepoterfarvalere,apenadidecadenza,aisensidegli<br />
artt.3e4,R.D.n.1775/1933,ildirittoalriconoscimentooallaconcessionediacquechehannoassunto<br />
naturapubblicaanormadell’art.1,comma1,leggen.36/1994(cosiddetta“leggeGalli”),nonchéperla<br />
presentazionedelledenuncedeipozziexart.10,D.Lgs.n.275/1993.Inquesticasiicanonidemaniali<br />
avrannodecorrenzaretroattivadal10agosto1999.(Art.96,comma7,D.Lgs.n.152/2006,modificato<br />
dall’art.2,comma1,D.L.n.300/2006,convertitoconmodificazioniinleggen.17/2007)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Proprietari,possessorioutilizzatoridipozziesistentiall’entratainvigoredelD.Lgs.n.275/1993.<br />
<br />
GALLERIEFERROVIARIE:RELAZIONEDISICUREZZAANNUALE<br />
Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualeil“responsabiledigalleria”deveredigereil«Rapportodi<br />
sintesisullasicurezzadellagalleria»incollaborazioneconilresponsabiledellasicurezza,trasmettendolo,<br />
inoltre,algestoredell’infrastruttura.Entrolostessotermine,iresponsabilidellegalleriedovrannoanche<br />
procedereallacompilazionedella«Relazioneannualesullostatodell’infrastrutturaedegliimpiantinonchésuglieventipericolosiesugliincidenti»,fornendoneunavalutazioneeindicandogliinterventiadottatiodaadottare,conpedissequatrasmissionedalgestoredell’infrastrutturaalMinisterodelleInfrastrutture.(Art.6,comma2,letterae),eart.14,comma1,D.M.28ottobre2005)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Responsabiledigalleria Annuale 31dicembre2008<br />
GASAEFFETTOSERRA:FINEDELPERIODODIEQUIPOLLENZAPERLEAUTORIZZAZIONIPREESISTENTI<br />
Il31dicembre2007scadeilterminefinoalqualeleautorizzazionirilasciateaisensidell’art.1,D.L.<br />
n.273/2004,convertitoinleggen.316/2004,potevanoconsiderarsiequipollentiaquellepreviste<br />
dall’art.4,D.Lgs.n.216/2006.(Art.27,comma4,D.Lgs.n.216/2004)<br />
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />
Chiunque <br />
17
RIR,MOTORIEPRODOTTIDACOSTRUZIONE:<br />
LEULTIMENOVITÀINMATERIADIANTINCENDIO<br />
DalMinisterodell’InternoedallaRegioneLombardia,leultimedisposizioniinmateriaantincendio.<br />
Inparticolare:<br />
l il decreto del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007, «Approvazionedellaregolatecnicadiprevenzioneincendiperlainstallazione<br />
di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice<br />
elettrica o a macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali,<br />
agricole,artigianali,commercialiediservizi»;<br />
l il decreto del Ministero dell’Interno 25 ottobre 2007, «Modifichealdecreto10marzo2005,concernente“Classidireazionealfuoco<br />
per i prodotti da costruzione da impiegarsi nelle opere per le quali è<br />
prescrittoilrequisitodellasicurezzaincasod’incendio»;<br />
l ladeliberadellaGiuntaRegioneLombardia5ottobre2007,n.<br />
8/5469,«SchemadiAccordoconilMinisterodell’InternoDipartimentodeiVigilidelFuoco,delSoccorsoPubblicoedellaDifesaCivileperla<br />
collaborazionenelleattivitàrelativealcontrollosulleaziendearischio<br />
diincidenterilevante(D.Lgs.n.334/1999esegg.mm.edii.)»<br />
Contributi di:<br />
• Marco Albanese<br />
• Stefano Marsella<br />
• Walter Restani
ANTINCENDIO<br />
Commento<br />
SPECIALE<br />
Non sono previsti adeguamenti per gli impianti preesistenti al nuovo D.M. 22 ottobre 2007<br />
Motori a combustione interna:<br />
la prevenzione incendi per l’installazione<br />
diMarcoAlbanese, ResponsabileUfficioSalute,<strong>Sicurezza</strong>e<strong>Ambiente</strong>-RimessaggiodelTirrenoS.r.l.<br />
IlMinisterodell’Interno,<br />
condecreto22ottobre2007,<br />
haapprovatolaregolatecnica<br />
diprevenzioneincendi<br />
perl’installazionedimotori<br />
acombustioneinternaaccoppiati<br />
aunamacchinageneratrice<br />
elettricaoaunamacchina<br />
operatriceaserviziodiattività<br />
civili,industriali,agricole,<br />
artigianali,commerciali<br />
ediservizi.Iltestodeldecreto<br />
riportaicriteridisicurezzacontro<br />
irischidiincendioediesplosione<br />
chepossonointeressare<br />
leinstallazioniterrestrifisse<br />
emobili.Nell’Allegatoaldecreto<br />
laregolatecnicaapprovata.<br />
20<br />
Con la pubblicazione del decreto<br />
del Ministero dell’Interno<br />
22 ottobre 2007 [1] è stata emanata<br />
la nuova regola tecnica di prevenzione<br />
incendi per l’installazione<br />
dei motori a combustione interna accoppiati<br />
a una macchina generatrice<br />
elettrica o a una macchina operatrice<br />
a servizio di attività civili, industriali,<br />
agricole, artigianali, commerciali e di<br />
servizi.<br />
Di fatto, con questo atto, sono stati<br />
definiti i nuovi criteri di sicurezza<br />
contro i rischi d’incendio e di esplosione<br />
inerenti alle installazioni. Si<br />
tratta di un aggiornamento della preesistente<br />
normativa che non teneva<br />
pienamente in considerazione le nuove<br />
tecnologie utilizzate per la costruzione<br />
dei motori a combustione interna<br />
accoppiati a una macchina generatrice<br />
elettrica o a una macchina operatrice,<br />
e non garantiva il completo<br />
allineamento delle regole nazionali<br />
con quelle emanate a livello europeo.<br />
La nuova regola tecnica entrerà in<br />
vigore il 1° gennaio 2008 (sessantesimo<br />
giorno successivo alla data di pubblicazione<br />
nella Gazzetta Ufficiale).<br />
IlD.M.22ottobre2007<br />
Il decreto del Ministero dell’Interno<br />
22 ottobre 2007 è costituito di sei<br />
articoli e da un allegato, all’interno<br />
del quale è contenuta la nuova regola<br />
di prevenzione incendi.<br />
Il nuovo provvedimento si applica<br />
solo alle installazioni di nuova realizzazione<br />
e ha stabilito i criteri di sicu-<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
rezza, contro i rischi d’incendio e di<br />
esplosione, inerenti alle installazioni<br />
terrestri fisse e mobili di motori a<br />
combustione interna accoppiati a<br />
macchine generatrici di energia elettrica<br />
o macchine operatrici con potenza<br />
elettrica complessiva compresa<br />
tra 25 kW e 2.500 kW, a servizio di<br />
attività civili, industriali, agricole, artigianali,<br />
commerciali e di servizi<br />
(art. 1, comma 1).<br />
Al contrario, quanto disposto dal<br />
nuovo provvedimento non riguarda<br />
le installazioni inserite in processi di<br />
produzione industriale e quelle antincendio,<br />
le stazioni elettriche, le centrali<br />
idroelettriche, le dighe e i ripetitori<br />
radio e, infine, le installazioni<br />
impiegate per il movimento di qualsiasi<br />
struttura, per le quali, però, costituisce<br />
comunque un utile riferimento<br />
in caso di installazione di<br />
gruppi elettrogeni annessi (art. 1,<br />
comma 2).<br />
Nel caso delle installazioni esistenti,<br />
non è richiesto alcun adeguamento<br />
per gli impianti esistenti alla<br />
data di entrata in vigore del decreto, a<br />
condizione che queste siano in regola<br />
con la preesistente normativa.<br />
Al fine di salvaguardare le persone<br />
e i beni in caso di incendio, gli<br />
impianti oggetto del campo di applicazione<br />
del nuovo provvedimento<br />
ministeriale devono essere realizzati<br />
in modo tale che sia evitata la fuoriuscita<br />
accidentale di carburante, che<br />
siano limitati i danni alle persone e ai<br />
beni e che sia garantita ai soccorritori<br />
[1] «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la installazione di motori a combustione interna accoppiati a<br />
macchina generatrice elettrica o a macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di<br />
servizi», in Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 2007, n. 256.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
la possibilità di operare in condizioni<br />
di sicurezza. È proprio per il raggiungimento<br />
di questi obiettivi che il<br />
Ministero dell’Interno ha approvato<br />
la regola tecnica di prevenzione incendi,<br />
contenuta nell’Allegato al<br />
D.M. 22 ottobre 2007 (art. 4, «Disposizioni<br />
tecniche»).<br />
Per quanto concerne la sicurezza<br />
degli apparecchi e dei relativi dispositivi,<br />
l’art. 5 fa esplicito riferimento<br />
alle norme di buona tecnica, stabilendo<br />
che, ai fini della salvaguardia e<br />
della sicurezza antincendio, gli apparecchi<br />
e i relativi dispositivi devono<br />
essere costruiti secondo la legislazione<br />
vigente e la normativa di buona<br />
tecnica.<br />
L’articolato del decreto termina<br />
con le disposizioni finali di cui all’art.<br />
6, per le quali sono abrogate le<br />
precedenti disposizioni di prevenzione<br />
incendi impartite dal Ministero<br />
dell’Interno. A questo proposito, è<br />
dato particolare risalto all’abrogazione<br />
delle circolari del Ministero dell’Interno<br />
31 agosto 1978, n. 31/<br />
MI.SA, e 8 luglio 2003, n. 12.<br />
Laregolatecnica<br />
Termini e definizioni<br />
L’Allegato al decreto del Ministero<br />
dell’Interno 22 ottobre 2007, nel<br />
quale è contenuta la nuova regola<br />
tecnica di prevenzione incendi per la<br />
installazione di motori a combustione<br />
interna accoppiati a una macchina<br />
generatrice elettrica o a una macchina<br />
operatrice, è costituito da quattro<br />
titoli. Nel primo titolo sono trattati<br />
aspetti di carattere generale, quali la<br />
terminologia, le definizioni, e le tolleranze<br />
dimensionali. In effetti, ai<br />
fini delle disposizioni contenute nella<br />
regola tecnica, si applicano i termini,<br />
le definizioni e le tolleranze dimensionali<br />
approvati con il decreto del<br />
Ministero dell’Interno 30 novembre<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
SPECIALE<br />
1983 [2] . Sono ribadite, comunque, alcune<br />
definizioni come quelle inerenti<br />
alla capacità di un serbatoio, alle<br />
condotte di adduzione del carburante,<br />
al gruppo elettrogeno, all’installazione<br />
rimovibile, ai locali, alla potenza,<br />
ai serbatoi, ai sistemi di contenimento<br />
e a quelli di rabbocco. È importante<br />
evidenziare che, per quanto<br />
concerne la definizione di carburante<br />
di alimentazione, è fatto esplicito riferimento<br />
alla classificazione di cui<br />
al decreto del Ministero dell’Interno<br />
31 luglio 1934 e successive modifiche<br />
[3] .<br />
L’installazione<br />
Secondo quanto disposto dal titolo<br />
II, Capo I, i gruppi elettrogeni possono<br />
essere collocati sia all’aperto,<br />
sia in locali esterni, sia in fabbricati o<br />
in strutture destinati anche ad altro<br />
uso o inseriti nella volumetria del<br />
fabbricato servito. Nel caso di istallazione<br />
negli edifici, i gruppi possono<br />
essere ubicati all’interno dei locali<br />
appartenenti ai piani fuori terra. Per i<br />
gruppi alimentati a carburante liquido<br />
di categoria C o a gas (con densità,<br />
rispetto all’aria, non superiore a<br />
0,8) è possibile prevederne l’ubicazione<br />
al primo piano interrato, solo<br />
se, però, il piano di calpestio del locale<br />
si trova, al massimo, 5 metri<br />
sotto il piano di riferimento. Al contrario,<br />
l’installazione dei gruppi alimentati<br />
a GPL è consentita solo nei<br />
locali fuori terra e non comunicanti<br />
con altri locali interrati.<br />
All’interno del volume degli edifici<br />
di altezza in gronda superiore a 24<br />
metri possono essere installati solo<br />
gruppi alimentati con carburanti liquidi<br />
di categoria C; in questo caso,<br />
il serbatoio dovrà avere una capacità<br />
non superiore a 120 l. Invece, gli impianti<br />
alimentati a gas di rete o a<br />
metano possono essere installati in<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
ANTINCENDIO<br />
Commento<br />
questa tipologia di edificio solo nel<br />
caso in cui siano posizionati sul terrazzo<br />
più elevato o sui terrazzi intermedi<br />
che presentano le caratteristiche<br />
di spazio scoperto.<br />
L’installazione degli impianti alimentati<br />
con carburante di tipo gassoso<br />
o liquido di categoria A o B negli<br />
edifici destinati, in tutto o in parte, a<br />
luoghi di pubblica utilità (cinema, teatro,<br />
sale riunione, scuole, chiese,<br />
ospedali ecc.), è consentita esclusivamente<br />
in locali non sottostanti e non<br />
contigui ad ambienti destinati all’affluenza<br />
del pubblico o al raggruppamento<br />
di persone o al passaggio di<br />
gruppi di persone. Al riguardo, inoltre,<br />
è opportuno precisare che questa<br />
disposizione deve essere particolarmente<br />
rispettata nel caso di attività<br />
soggette ai controlli di prevenzione<br />
incendi di cui ai punti 51, 75, 83, 84,<br />
85, 86, 87, 89, 90, 92 e 94, decreto<br />
del Ministero dell’Interno 16 febbraio<br />
1982 [4] .<br />
Il Capo I, Titolo II, prosegue esaminando<br />
il caso in cui, nelle installazioni,<br />
sia utilizzato un serbatoio incorporato<br />
o di servizio. In questa<br />
evenienza deve essere previsto un sistema<br />
di contenimento del carburante.<br />
Nel caso in cui non sia contemplato<br />
il serbatoio incorporato o di servizio,<br />
deve essere realizzato comunque<br />
un bacino di contenimento o una vasca<br />
di raccolta che circoscriva il<br />
gruppo elettrogeno, avente capacità<br />
di almeno 120 l.<br />
La regola tecnica ha stabilito che<br />
nello stesso locale possano essere sistemati<br />
due o più gruppi, purché la<br />
potenza complessiva massima non risulti<br />
superiore a 2.500 kW (punto<br />
2.7, capo I, titolo II).<br />
Infine, in un locale nel quale sono<br />
stati installati gruppi alimentati con<br />
carburante di categoria C è possibile<br />
l’installazione di impianti di produ-<br />
[2] «Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi», in Gazzetta Ufficiale del 12 dicembre 1983, n. 339.<br />
[3] «Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l’immagazzinamento, l’impiego o la vendita di oli minerali e per il<br />
trasporto degli oli stessi», in Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1934, n. 228.<br />
[4] «Modificazioni del decreto ministeriale 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di<br />
prevenzione incendi», in Gazzetta Ufficiale 9 aprile 1982, n. 98.<br />
21
ANTINCENDIO<br />
Commento<br />
zione di calore, alimentati anch’essi<br />
con combustibile di categoria C, a<br />
condizione che i serbatoi incorporati<br />
o di servizio dei gruppi non superino<br />
complessivamente i 120 l. In queste<br />
circostanze, le distanze laterali tra i<br />
gruppi e gli impianti di produzione di<br />
calore devono essere quelle indicate<br />
dai fabbricanti delle rispettive macchine,<br />
necessarie per lo svolgimento<br />
delle attività di manutenzione, e, comunque,<br />
non inferiori a 0,60 m.<br />
Le istallazioni all’aperto<br />
Le installazioni all’aperto devono<br />
essere realizzate a una distanza non<br />
inferiore a 3 metri dai depositi di sostanze<br />
combustibili, con l’unica eccezione<br />
dei depositi necessari per alimentare<br />
le installazioni stesse. Inoltre,<br />
i luoghi aventi caratteristiche di<br />
spazio scoperto possono contenere le<br />
installazioni solo se costruiti a questo<br />
scopo oppure se sono adeguatamente<br />
protetti dagli agenti atmosferici secondo<br />
quanto definito dal costruttore.<br />
Per quanto concerne la zona circostante<br />
l’installazione all’aperto, la regola<br />
tecnica prevede che i gruppi siano<br />
contornati da un’area avente profondità<br />
non minore di 3 metri e che<br />
la stessa sia priva di materiali o di<br />
vegetazione che possano costituire<br />
pericolo di incendio. Inoltre, nel caso<br />
in cui l’installazione sia prevista sulla<br />
copertura di un edificio, i gruppi devono<br />
poggiare obbligatoriamente<br />
sulle strutture, portanti e separanti,<br />
aventi una resistenza al fuoco non<br />
inferiore a REI 120.<br />
Stabilite le regole per le installazioni<br />
all’aperto, con il capo III, titolo<br />
II, sono definite le disposizioni tecniche<br />
per le installazioni in locali<br />
esterni. Questi locali devono essere<br />
realizzati a uso esclusivo del gruppo<br />
e dei relativi accessori. Inoltre, i locali<br />
esterni devono essere realizzati con<br />
materiali di classe 0 di reazione al<br />
22<br />
SPECIALE<br />
fuoco, ovvero classe A1, A1FL,<br />
A1L, ai sensi del decreto del Ministero<br />
dell’Interno 15 marzo 2005 [5] .<br />
In merito alla loro ubicazione, questi<br />
locali devono soddisfare i requisiti<br />
previsti dal titolo II, capo I. Per quanto<br />
concerne le dimensioni, invece, è<br />
ribadito il rispetto delle disposizioni<br />
definite al capo IV, comma 1, lettera<br />
c). Anche per la ventilazione è richiesto<br />
il rispetto di disposizioni contenute<br />
nel seguito dell’allegato al decreto.<br />
In particolare, le aperture di ventilazione<br />
non devono essere inferiori a<br />
quelle stabilite al capo IV, comma 1,<br />
lettera f).<br />
Nel caso in cui i locali siano realizzati<br />
sulla copertura dell’edificio, i<br />
gruppi devono sempre poggiare su<br />
strutture portanti e separanti, aventi<br />
una resistenza al fuoco non inferiore<br />
a REI 120. Per quanto concerne l’accesso,<br />
i locali esterni possono essere<br />
realizzati prevedendo che il passaggio<br />
avvenga sia direttamente dall’esterno,<br />
sia dai locali comuni interni<br />
del fabbricato servito, purché siano<br />
rispettate le modalità previste nel<br />
capo IV, comma 1, lettera d).<br />
Le installazioni interne<br />
Per le installazioni in fabbricati o<br />
in strutture destinati anche ad altro<br />
uso o in locali inseriti nella volumetria<br />
del fabbricato servito, il locale<br />
deve avere almeno una parete (di<br />
lunghezza non inferiore al 15% del<br />
perimetro) confinante con uno spazio<br />
scoperto o, nel caso di locali interrati,<br />
con una intercapedine a uso esclusivo,<br />
di sezione orizzontale netta non<br />
inferiore a quella richiesta per l’aerazione<br />
e, inoltre, larga non meno di<br />
0,6 m e attestata, superiormente, su<br />
uno spazio scoperto o su strada scoperta.<br />
Nel caso in cui la parete fosse attestata<br />
su una intercapedine, questa<br />
deve essere a esclusivo servizio del<br />
[5] «Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di<br />
prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo», in Gazzetta Ufficiale 30 marzo 2005, n. 73. Per maggiori<br />
informazioni si veda, dello stesso Autore, Prodotti da costruzione: nuove disposizioni in materia di prevenzione incendi, in<br />
<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 9/2005, pag. 60.<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
locale dove è installato il gruppo. È<br />
comunque ammesso che questa intercapedine<br />
possa essere anche a servizio<br />
dei locali in cui sono installati i<br />
relativi accessori, compresi i quadri<br />
elettrici. Nel caso in cui la parete fosse<br />
attestata su un terrapieno, il dislivello<br />
fra la quota del piano di campagna<br />
e il soffitto del locale deve essere<br />
almeno di 0,60 m, al fine di<br />
consentire la realizzazione di aperture<br />
di aerazione, le quali dovranno immettere<br />
a cielo libero e avere altezza<br />
non inferiore a 0,50 m.<br />
Per quanto concerne le strutture<br />
dei locali, orizzontali e verticali, devono<br />
avere caratteristiche di resistenza<br />
al fuoco di almeno R/REI-EI 120.<br />
L’altezza libera interna, dal pavimento<br />
al soffitto, non deve essere inferiore<br />
a 2,50 m, con un minimo di<br />
2,00 m sottotrave. Le distanze tra un<br />
qualsiasi punto esterno dei gruppi e<br />
dei relativi accessori e le pareti verticali<br />
e orizzontali del locale, nonché<br />
le distanze tra i gruppi installati nello<br />
stesso locale, devono poter consentire<br />
l’accessibilità agli organi di regolazione,<br />
di sicurezza e di controllo.<br />
Ovviamente, queste distanze devono<br />
assicurare l’esistenza dello spazio necessario<br />
per svolgere le attività di<br />
manutenzione, secondo quanto prescritto<br />
dal costruttore del gruppo.<br />
È posta particolare attenzione sugli<br />
accessi e sulle comunicazioni. Infatti,<br />
la regola tecnica ha previsto che<br />
l’accesso al locale può avvenire direttamente<br />
dall’esterno, da spazio<br />
scoperto, oppure tramite disimpegno<br />
aerato dall’esterno, con aperture di<br />
aerazione non inferiori a 0,30 m 2 .<br />
Queste aperture devono essere realizzate<br />
su una parete attestata su spazio<br />
scoperto, su strada scoperta o su intercapedine<br />
antincendio o, in alternativa,<br />
a mezzo di un condotto realizzato<br />
in materiale incombustibile e di<br />
sezione non inferiore a 0,10 m 2 , in<br />
11 dicembre 2007 N. 23
grado di assicurare una adeguata<br />
ventilazione del locale di disimpegno.<br />
Per quanto concerne la resistenza<br />
al fuoco, la struttura e le porte del<br />
disimpegno non devono essere inferiori<br />
a REI 60’.<br />
Per gli impianti installati in edifici<br />
destinati a luoghi di pubblica utilità<br />
(cinema, teatro, sale riunione, scuole,<br />
chiese, ospedali ecc.) o in edifici<br />
aventi altezza antincendio superiore a<br />
24 metri, l’accesso al locale deve essere<br />
realizzato direttamente da uno<br />
spazio scoperto oppure da una intercapedine<br />
antincendio a servizio<br />
esclusivo del locale stesso, indipendentemente<br />
dall’inserimento nella<br />
volumetria dell’edificio.<br />
In ogni caso, il locale non deve<br />
avere apertura di comunicazione diretta<br />
con locali destinati ad altri usi.<br />
Sono consentite, invece, le aperture<br />
verso locali destinati ad accogliere<br />
quadri elettrici di controllo e di manovra<br />
a servizio del gruppo.<br />
Le porte del locale devono aprirsi<br />
verso l’esterno, essere incombustibili<br />
e munite di dispositivo di autochiusura.<br />
Altre disposizioni, sempre inerenti<br />
alle caratteristiche costruttive del locale,<br />
riguardano la ventilazione dello<br />
stesso.<br />
Le aperture di aerazione devono<br />
avere una superficie non inferiore a<br />
1/30 della superficie in pianta del locale<br />
e, comunque, non inferiore a<br />
0,10 m 2 per impianti di potenza elettrica<br />
fino a 400 kW. Mentre, per gli<br />
impianti di potenza elettrica superiore<br />
a 400 kW, la superficie minima è<br />
calcolata nella misura di 12,5 cm 2 per<br />
ogni kW di potenza elettrica installata.<br />
Nel caso di locali interrati, è importante<br />
evidenziare che queste superfici<br />
devono essere maggiorate del<br />
25%. Infine, per i gruppi alimentati a<br />
GPL, la superficie di ventilazione deve<br />
essere non inferiore a 1/20 della<br />
superficie in pianta, di cui il 50%<br />
distribuita in basso a filo pavimento.<br />
I gruppi<br />
L’Allegato al D.M. 22 ottobre<br />
2007, al capo I, Titolo III, ha evi-<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
SPECIALE<br />
denziato che il gruppo, se soggetto<br />
alle disposizioni previste dalla “direttiva<br />
macchine”, deve essere dotato<br />
di marcatura CE e di dichiarazione<br />
CE di conformità. Proseguendo<br />
con le disposizioni concernenti<br />
i «Gruppi», l’utilizzatore ha<br />
l’obbligo di conservare e, in caso<br />
di controllo, di mettere a disposizione<br />
dell’organo di vigilanza, la<br />
copia della dichiarazione CE di<br />
conformità. Ovviamente, i dispositivi<br />
e i materiali accessori dovranno<br />
essere anch’essi certificati secondo<br />
le normative vigenti.<br />
Alimentazioni<br />
L’alimentazione dei motori del<br />
gruppo elettrogeno può avvenire da<br />
un deposito di gas, da una condotta<br />
interna di stabilimento o da una derivata<br />
dalla cabina di riduzione. In<br />
questi casi, la pressione di alimentazione<br />
non deve superare il valore di<br />
50 kPa. In presenza di alimentazioni<br />
a gas deve essere previsto un dispositivo<br />
manuale di intercettazione, situato<br />
in posizione facilmente raggiungibile<br />
e adeguatamente segnalato. Inoltre,<br />
deve essere inserito un dispositivo<br />
a comando elettrico e a ripristino<br />
manuale per consentire l’intercettazione<br />
del gas in caso di emergenza.<br />
Questi dispositivi devono necessariamente<br />
essere posizionati all’esterno<br />
del locale del gruppo elettrogeno.<br />
Per quanto concerne le tubazioni,<br />
l’impianto interno di alimentazione<br />
deve essere realizzato in acciaio e<br />
posizionato a vista. Nel caso siano<br />
necessari attraversamenti di muri, le<br />
tubazioni devono essere poste in una<br />
guaina sigillata verso la parete interna<br />
del locale.<br />
Prima di mettere in servizio<br />
l’impianto di distribuzione interna<br />
del gas, è necessario verificarne accuratamente<br />
la tenuta. A questo<br />
scopo, l’impianto deve essere provato<br />
con aria o con gas inerte, a una<br />
pressione pari almeno al doppio<br />
della pressione normale di esercizio.<br />
Questa prova deve essere estesa<br />
sia alla tubazione rigida sia alla<br />
tubazione flessibile.<br />
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ANTINCENDIO<br />
Commento<br />
Per quest’ultima, inoltre, il collegamento<br />
tra il gruppo elettrogeno e il<br />
terminale dell’impianto di alimentazione<br />
deve essere realizzato con un<br />
tratto di tubo metallico flessibile, con<br />
caratteristiche adeguate alla pressione<br />
di esercizio.<br />
I regolatori di pressione, posizionati<br />
all’interno del locale, possono<br />
essere muniti di valvole di sicurezza.<br />
In questo caso, le valvole di<br />
sicurezza dovranno essere dotate di<br />
un tubo di sfogo con l’estremità posta<br />
all’esterno del locale o dell’edificio<br />
a non meno di 1,50 m da qualsiasi<br />
apertura o presa d’aria.<br />
Per quanto concerne i dispositivi<br />
di sicurezza, devono esserne previsti<br />
almeno tre:<br />
l un dispositivo automatico di arresto<br />
del motore (per bassa o alta pressione<br />
del gas di alimentazione);<br />
l un rilevatore di presenza gas all’interno<br />
del locale (che deve comandare<br />
l’intercettazione del gas all’esterno<br />
del locale);<br />
l infine, un dispositivo di arresto<br />
del gas a motore fermo.<br />
Sono specificate, inoltre, le disposizioni<br />
concernenti le alimentazioni<br />
a carburante liquido. Il gruppo può<br />
essere alimentato sia direttamente<br />
dal serbatoio di deposito, sia attraverso<br />
un serbatoio incorporato o di<br />
servizio. L’alimentazione del serbatoio<br />
incorporato o di servizio deve<br />
avvenire per circolazione forzata.<br />
Nel caso di serbatoio incorporato,<br />
questo deve essere saldamente ancorato<br />
all’intelaiatura, protetto contro<br />
gli urti, le vibrazioni e il calore, e<br />
ogni motore non può averne più di<br />
uno. Inoltre, nel caso di carburante<br />
di categoria C, la capacità del<br />
serbatoio incorporato non può eccedere<br />
i 2.500 l; nel caso di alimentazione<br />
con carburante di categoria A<br />
o B, la capacità del serbatoio non<br />
può eccedere i 120 l.<br />
Per il serbatoio di servizio, che<br />
deve essere realizzato con materiale<br />
incombustibile, la capacità non deve<br />
essere superiore a 2.500 l per carburanti<br />
di categoria C, e a 120 l per<br />
carburanti di categoria A o B.<br />
23
ANTINCENDIO<br />
Commento<br />
Per i serbatoi incorporati o di servizio<br />
non alimentati dal serbatoio di<br />
deposito, il rifornimento deve avvenire<br />
necessariamente a gruppo fermo.<br />
Nel caso di gruppi con serbatoi<br />
di capacità superiore a 120 l, installati<br />
nella volumetria dei fabbricati, il<br />
rifornimento deve avvenire tramite<br />
un sistema di tubazioni fisse aventi<br />
origine all’esterno degli edifici. Inoltre,<br />
questi serbatoi devono essere dotati<br />
di valvola limitatrice di carico al<br />
90% della capacità dei medesimi.<br />
Nel caso in cui il gruppo sia alimentato<br />
con carburante di categoria<br />
C, da serbatoio incorporato di capacità<br />
inferiore a 120 l, il rifornimento<br />
del serbatoio può avvenire con recipienti<br />
portatili del tipo approvato secondo<br />
la normativa vigente.<br />
La capacità complessiva dei serbatoi<br />
incorporati o di servizio, presenti<br />
all’interno del locale nel quale sono<br />
installati i gruppi, non deve essere superiore<br />
a 2500 l, nel caso di carburante<br />
di categoria C, e di 120 l, nel caso<br />
di carburante di categoria A o B.<br />
Ai serbatoi di deposito, interrati o<br />
fuori terra, all’interno o all’esterno di<br />
edifici, deve essere applicata la disciplina<br />
prevista dal decreto del Ministero<br />
dell’Interno 28 aprile 2005 [6] .<br />
Inoltre, i serbatoi di deposito di carburante<br />
delle categorie A e B non<br />
possono essere sistemati all’interno<br />
dei locali o sui terrazzi e la loro installazione<br />
è disciplinata dalle norme<br />
di cui al decreto del Ministro dell’Interno<br />
31 luglio 1934 [7] .<br />
Controllo dei flussi<br />
In merito ai dispositivi di controllo<br />
del flusso del carburante, nel caso in<br />
cui sia previsto l’uso di un serbatoio<br />
di deposito a una quota uguale o inferiore<br />
a quella del gruppo, i serbatoi<br />
incorporati o di servizio devono essere<br />
muniti di una tubazione di scarico<br />
24<br />
SPECIALE<br />
del troppo pieno nel serbatoio di deposito.<br />
Questa condotta, che deve essere<br />
priva di valvole o di saracinesche<br />
di qualsiasi genere, non deve presentare<br />
impedimenti al naturale deflusso<br />
verso il serbatoio di deposito. Inoltre,<br />
il sistema di rabbocco dei serbatoi incorporati<br />
o di servizio deve essere<br />
munito di dispositivi di sicurezza<br />
(di intercettazione del flusso, di arresto<br />
delle pompe di alimentazione, di<br />
allarme ottico e acustico) che intervengono<br />
automaticamente sia quando<br />
il livello del carburante nei serbatoi<br />
supera quello massimo consentito, sia<br />
nel caso di versamento di liquidi nel<br />
sistema di contenimento. In alternativa,<br />
è possibile prevedere una condotta<br />
di deflusso verso il serbatoio di<br />
deposito o un altro serbatoio di analoga<br />
capacità, priva di valvole o di saracinesche<br />
di qualsiasi genere e che non<br />
presenti impedimenti al naturale deflusso.<br />
Nel caso di installazioni all’interno<br />
dei locali, con serbatoio di deposito o<br />
di alimentazione esterno, o serbatoio<br />
di servizio, deve essere previsto un<br />
dispositivo manuale di intercettazione<br />
del flusso di carburante, in posizione<br />
esterna al locale, equipaggiato con<br />
comando facilmente raggiungibile e<br />
adeguatamente segnalato.<br />
Le tubazioni esterne al locale<br />
devono essere di metallo. Nel caso<br />
il serbatoio di deposito sia a una<br />
quota maggiore di quella del gruppo,<br />
il sistema di contenimento deve<br />
essere in grado di raccogliere le<br />
perdite provenienti da qualsiasi<br />
punto all’interno del locale di installazione<br />
dei gruppi.<br />
Inoltre, in caso di versamento del<br />
carburante nel sistema di contenimento,<br />
devono automaticamente intervenire<br />
i dispositivi di intercettazione<br />
del flusso di carburante in un punto<br />
esterno al locale, quello di arresto<br />
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delle eventuali pompe elettriche di<br />
rifornimento e quello di allarme ottico<br />
e acustico esterno al locale.<br />
Infine, è indispensabile prevedere<br />
che, al di sotto del livello di intervento<br />
del sistema di sicurezza, non devono<br />
essere presenti cavi, dispositivi o<br />
apparecchiature elettriche che possono<br />
essere raggiunti dai liquidi eventualmente<br />
versati.<br />
Disposizioni complementari<br />
La regola tecnica contenuta nell’allegato<br />
al decreto del Ministero<br />
dell’Interno 22 ottobre 2007 termina<br />
con il Titolo IV, fornendo ulteriori disposizioni<br />
di carattere complementare.<br />
In particolare, sono introdotte ulteriori<br />
istruzioni concernenti i sistemi di<br />
scarico dei gas combusti, gli impianti,<br />
i mezzi di estinzione portatili e, infine,<br />
la segnaletica di sicurezza.<br />
Per quanto concerne i sistemi di<br />
scarico dei gas combusti, è precisato<br />
che lo scarico dei gas di combustione<br />
da portare fuori dal locale devono<br />
essere convogliati all’esterno mediante<br />
tubazioni di acciaio, di sufficiente<br />
robustezza e a perfetta tenuta,<br />
a valle della tubazione del gruppo. Il<br />
convogliamento deve avvenire in<br />
modo che il tubo di scarico sia posto<br />
a distanza adeguata, in ogni caso non<br />
inferiore a 1,50 m, da finestre, da<br />
pareti o da aperture praticabili o da<br />
prese d’aria di ventilazione e a quota<br />
non inferiore a tre metri sul piano<br />
praticabile.<br />
Le tubazioni all’interno del locale<br />
devono essere protette con materiali<br />
coibenti, devono essere adeguatamente<br />
protette o schermate per la<br />
protezione delle persone dai contatti<br />
accidentali e i materiali per la coibentazione<br />
e la protezione devono<br />
essere di classe 0, ovvero classe A1,<br />
A1FL, A1L di reazione al fuoco.<br />
Gli impianti e i relativi disposi-<br />
[6] «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti termici<br />
alimentati da combustibili liquidi», in Gazzetta Ufficiale 20 maggio 2005, n. 116. Per ulteriori informazioni sull’argomento, si veda,<br />
di Stefano Marsella, La regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti termici a combustibili liquidi, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />
n. 23/2005, pag. 19.<br />
[7] Si veda la nota 3.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
tivi devono essere eseguiti a regola<br />
d’arte in base alla normativa tecnica<br />
vigente.<br />
Il pulsante di arresto di emergenza<br />
del gruppo deve essere duplicato all’esterno<br />
del locale, in posizione facilmente<br />
raggiungibile e adeguatamente<br />
segnalata, e deve essere realizzato<br />
in modo tale da attivare anche il<br />
dispositivo di sezionamento esterno<br />
dei circuiti elettrici interni al locale<br />
alimentati non a bassissima tensione<br />
di sicurezza.<br />
Anche in questo ambito è posta<br />
particolare attenzione sui mezzi di<br />
estinzione incendi portatili.<br />
Infatti, deve sempre essere prevista<br />
l’installazione di estintori<br />
portatili di tipo omologato per fuo-<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
SPECIALE<br />
chi di classe 21-A, 113 B-C, con<br />
contenuto di agente estinguente<br />
non inferiore a 6 kg. Inoltre, queste<br />
attrezzature antincendio devono<br />
essere installate in una posizione<br />
facilmente raggiungibile e adeguatamente<br />
segnalati.<br />
Il numero di estintori portatili<br />
da installare deve essere pari a uno<br />
per installazioni di gruppi di potenza<br />
fino a 400 kW, a due per potenze<br />
fino a 800 kW. Nel caso in cui<br />
vi siano potenze superiori a 800<br />
kW è prevista, invece, la presenza<br />
di un estintore portatile di classe<br />
21-A, 113 B-C, con contenuto di<br />
agente estinguente non inferiore a<br />
6 kg, e quella di un estintore carrellato<br />
a polvere avente cari-<br />
Decreto del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007<br />
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ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
ca nominale non minore a 50 kg e<br />
capacità estinguente pari a A-B1.<br />
La regola tecnica di prevenzione<br />
incendi per l’installazione di motori<br />
a combustione interna accoppiati a<br />
una macchina generatrice elettrica<br />
o a una macchina operatrice termina<br />
con le disposizioni inerenti alla<br />
segnaletica di sicurezza. Questa deve<br />
essere conforme al decreto legislativo<br />
14 agosto 1996, n. 493. Infine,<br />
i gruppi che garantiscono il funzionamento<br />
dei dispositivi, degli<br />
impianti e dei sistemi preposti alla<br />
protezione antincendio, ai servizi di<br />
emergenza o di soccorso o ai servizi<br />
essenziali che necessitano della<br />
continuità di esercizio devono essere<br />
chiaramente segnalati. l<br />
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la installazione<br />
di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica<br />
o a macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali,<br />
agricole, artigianali, commerciali e di servizi.<br />
In Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 2007, n. 256<br />
Il Ministro dell’Interno<br />
Visto il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante<br />
“Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni<br />
ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a<br />
norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229”;<br />
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24<br />
luglio 1996, n. 459, “Regolamento per l’attuazione delle<br />
direttive n. 89/392/CEE, n. 91/368/CEE, n. 93/44/CEE e<br />
n. 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni<br />
degli Stati membri relative alle macchine”;<br />
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 12<br />
gennaio 1998, n. 37, “Regolamento recante la disciplina<br />
dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma<br />
dell’art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n.<br />
59”;<br />
Rilevata la necessità di aggiornare le disposizioni di<br />
sicurezza antincendio per la installazione di motori a<br />
combustione interna accoppiati a macchina generatrice<br />
elettrica o a macchina operatrice elettrica a servizio di<br />
attività civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali<br />
e di servizi”;<br />
Acquisito il parere favorevole del Comitato centrale<br />
tecnico scientifico per la prevenzione incendi di cui al-<br />
l’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29<br />
luglio 1982, n. 577, come modificato dall’art. 3 del decreto<br />
del Presidente della Repubblica 10 giugno 2004, n.<br />
200;<br />
Espletata la procedura di informazione ai sensi della<br />
direttiva n. 98/34/CE, come modificata dalla direttiva n.<br />
98/48/CE<br />
Decreta:<br />
Art.1<br />
Scopoecampodiapplicazione<br />
1. Il presente decreto indica i criteri di sicurezza contro<br />
i rischi d’incendio e di esplosione riguardanti le installazioni<br />
terrestri fisse e mobili di motori a combustione<br />
interna accoppiati a macchine generatrici di energia elettrica<br />
o macchine operatrici e si applica ad installazioni di<br />
nuova realizzazione aventi potenza elettrica complessiva<br />
compresa tra 25 kW e 2.500 kW a servizio di attività<br />
civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di<br />
servizi.<br />
2. Le presenti disposizioni non si applicano ad installazioni<br />
inserite in processi di produzione industriale, instal-<br />
25
ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
lazioni antincendio, stazioni elettriche, centrali idroelettriche,<br />
dighe e ripetitori radio ed installazioni impiegate al<br />
movimento di qualsiasi struttura. Per l’installazione di<br />
gruppi elettrogeni in tali ambiti, le presenti disposizioni<br />
costituiscono utili criteri di riferimento.<br />
Art.2<br />
Disposizioniperleinstallazioniesistenti<br />
1. Agli impianti esistenti alla data di entrata in vigore<br />
del presente decreto, in regola con la previgente normativa,<br />
non è richiesto alcun adeguamento.<br />
Art.3<br />
Obiettivi<br />
1. Ai fini della prevenzione degli incendi e allo scopo<br />
di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla<br />
salvaguardia delle persone e dei beni, gli impianti di cui<br />
all’art. 1 sono realizzati in modo da:<br />
a) evitare la fuoriuscita accidentale di carburante;<br />
b) limitare, in caso di incendio o esplosione, danni alle<br />
persone ed ai beni;<br />
c) consentire ai soccorritori di operare in condizioni di<br />
sicurezza.<br />
Art.4<br />
Disposizionitecniche<br />
1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi riportati<br />
26<br />
SPECIALE<br />
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all’art. 3 è approvata la regola tecnica di prevenzione<br />
incendi allegata al presente decreto.<br />
Art.5<br />
<strong>Sicurezza</strong>degliapparecchi<br />
edeirelatividispositivi<br />
1. Ai fini della salvaguardia e della sicurezza antincendio,<br />
gli apparecchi ed i relativi dispositivi di<br />
sicurezza, regolazione e controllo devono essere costruiti<br />
secondo la legislazione vigente e le norme di<br />
buona tecnica.<br />
Art.6<br />
Disposizionifinali<br />
1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 2 del presente<br />
decreto per le installazioni esistenti, sono abrogate tutte le<br />
precedenti disposizioni di prevenzione incendi impartite<br />
in materia dal Ministero dell’Interno con particolare riferimento<br />
a:<br />
- circolare del Ministero dell’Interno 31 agosto 1978,<br />
n. 31/MI.SA;<br />
- circolare del Ministero dell’Interno 8 luglio 2003, n.<br />
12.<br />
Il presente decreto entra in vigore il sessantesimo giorno<br />
successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta<br />
Ufficiale della Repubblica italiana. l<br />
Allegato<br />
Regolatecnicadiprevenzioneincendiperlainstallazionedimotoriacombustione<br />
internaaccoppiatiamacchinageneratriceelettricaoamacchinaoperatrice<br />
aserviziodiattivitàcivili,industriali,agricole,artigianali,commercialiediservizi<br />
TitoloI<br />
Generalità<br />
1.Termini,definizionietolleranzedimensionali<br />
1.1. Ai fini delle presenti disposizioni si applicano i termini, le definizioni e le tolleranze dimensionali<br />
approvati con il decreto del Ministero dell’Interno 30 novembre 1983, pubblicato nellaGazzettaUfficiale del<br />
12 dicembre 1983, n. 339. Inoltre, si definisce:<br />
a) capacità di un serbatoio: volume geometrico interno del serbatoio;<br />
b) carburante di alimentazione:<br />
liquido, di categoria A, B o C di cui al decreto del Ministero dell’Interno 31 luglio 1934, pubblicato nella<br />
GazzettaUfficiale 28 settembre 1934, n. 228 e successive modifiche, anche di origine vegetale;<br />
gassoso;<br />
c) condotte di adduzione del carburante: insieme di tubazioni rigide e flessibili, curve, raccordi ed accessori,<br />
uniti fra loro per la distribuzione del carburante, conformi alla normativa vigente;<br />
d) involucro metallico: cofanatura di protezione entro la quale è installato il gruppo elettrogeno e relativi<br />
accessori, normalmente per funzionamento all’esterno, ma installabile anche all’interno di locali di cui al titolo<br />
II della presente regola tecnica. La cofanatura può avere anche funzione di riduzione delle emissioni acustiche;<br />
e) gruppo o gruppo elettrogeno: complesso derivante dall’accoppiamento di un motore a combustione interna<br />
con un generatore di energia elettrica o macchina operatrice; può essere di tipo fisso, rimovibile e mobile;<br />
f) gruppo elettrogeno mobile: gruppo montato su carrello, automezzo o altro mezzo mobile destinato ad<br />
utilizzo temporaneo;<br />
11 dicembre 2007 N. 23
SPECIALE<br />
ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
g) installazione rimovibile: gruppo di tipo non fisso e non mobile, facilmente disinstallabile;<br />
h) locale esterno: locale ubicato su spazio scoperto, anche in adiacenza all’edificio servito, purché strutturalmente<br />
separato e privo di pareti comuni. Sono considerati locali esterni anche quelli ubicati sulla copertura<br />
piana dell’edificio servito purché privi di pareti comuni;<br />
i) locale fuori terra: locale il cui piano di calpestio è a quota non inferiore a quello del piano di riferimento;<br />
l) locale interrato: locale in cui l’intradosso del solaio di copertura è a quota inferiore a + 0,6 m al di sopra del<br />
piano di riferimento;<br />
m) locale seminterrato: locale che non è definibile fuori terra né interrato;<br />
n) normativa vigente: disposizioni stabilite dalle direttive comunitarie, normative nazionali di recepimento<br />
di direttive comunitarie, normative nazionali, norme tecniche europee armonizzate per le quali vengono<br />
pubblicati i riferimenti nellaGazzettaUfficiale della Unione europea o, in loro assenza, documenti europei<br />
di armonizzazione, norme europee, norme nazionali o internazionali;<br />
o) piano di riferimento: piano della strada pubblica o privata o dello spazio scoperto sul quale è attestata la<br />
parete nella quale sono realizzate le aperture di aerazione;<br />
p) potenza: potenza elettrica espressa in kW, disponibile ai morsetti del generatore. La potenza è dichiarata<br />
dal fabbricante e deve essere riportata sulla targa di identificazione del gruppo;<br />
q) serbatoio: recipiente idoneo al contenimento del carburante;<br />
r) serbatoio incorporato: serbatoio per carburanti non gassosi, montato a bordo gruppo;<br />
s) serbatoio di servizio: serbatoio per carburanti non gassosi, alternativo al serbatoio incorporato, posto<br />
nello stesso locale del gruppo elettrogeno;<br />
t) serbatoio di deposito: serbatoio costituente il deposito per il contenimento del carburante;<br />
u) sistema di contenimento: sistema che impedisce lo spargimento del carburante contenuto all’interno del<br />
serbatoio incorporato o di servizio. Il sistema può essere realizzato con bacini o vasche sottostanti il<br />
serbatoio o anche utilizzando serbatoi con doppia parete;<br />
v) sistema di rabbocco: sistema automatico che consente il trasferimento del carburante dal serbatoio di<br />
deposito al serbatoio incorporato o a quello di servizio durante il normale funzionamento del gruppo.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
TitoloII<br />
Installazionegruppi<br />
CapoI<br />
Generalità<br />
1.Luoghidiinstallazionedeigruppi<br />
1.1. I gruppi possono essere installati:<br />
a) all’aperto;<br />
b) in locali esterni;<br />
c) in fabbricati o strutture destinati anche ad altro uso o in locali inseriti nella volumetria del fabbricato<br />
servito.<br />
2.Disposizionicomuni<br />
2.1. I gruppi, se installati in edifici, possono essere ubicati in locali ai piani fuori terra.<br />
2.2. Per i gruppi alimentati a carburante liquido di categoria C o a gas aventi densità rispetto all’aria non<br />
superiore a 0,8 è consentita l’ubicazione al primo piano interrato, il cui piano di calpestio non può comunque<br />
essere ubicato a quota inferiore a 5 m al di sotto del piano di riferimento.<br />
2.3. Per i gruppi alimentati a GPL è consentita l’installazione nei locali fuori terra non comunicanti con locali<br />
interrati.<br />
2.4. Entro il volume degli edifici di altezza in gronda superiore a 24 m possono essere installati esclusivamente<br />
gruppi alimentati con carburanti liquidi di categoria C; in questo caso l’eventuale serbatoio incorporato o<br />
di servizio deve avere una capacità non superiore a 120 l. Gli impianti alimentati a gas di rete o metano o gas<br />
aventi densità rispetto all’aria non superiore a 0,8, possono essere installati sul terrazzo più elevato degli<br />
edifici suddetti o su terrazzi intermedi, aventi caratteristiche di spazio scoperto, con esclusione delle superfici<br />
aggettanti.<br />
2.5. Quando si tratta di edifici destinati, in tutto o in parte, a cinema, teatro, sale di riunione, scuole, chiese,<br />
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27
ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
SPECIALE<br />
ospedali e simili, con particolare riferimento alle attività di cui ai punti 51, 75, 83, 84, 85, 86, 87, 89, 90, 92, 94<br />
del decreto del Ministero dell’Interno 16 febbraio 1982, pubblicato nellaGazzettaUfficiale 9 aprile 1982, n.<br />
98, l’installazione di impianti alimentati con carburante di tipo gassoso o liquido di categoria A o B è<br />
consentita esclusivamente in locali non sottostanti e non contigui ad ambienti destinati ad affluenza di<br />
pubblico o raggruppamento di persone o passaggio di gruppi di persone.<br />
2.6. Nel caso venga utilizzato un serbatoio incorporato o di servizio, deve essere previsto un sistema di<br />
contenimento del carburante contenuto nei suddetti serbatoi. Qualora non sia previsto il serbatoio incorporato<br />
o di servizio, deve comunque essere realizzato un bacino di contenimento o una vasca di raccolta che<br />
circoscriva il gruppo elettrogeno, con capacità di almeno 120 l.<br />
2.7. Nello stesso locale possono essere sistemati due o più gruppi purché la potenza complessiva massima<br />
non risulti superiore a 2.500 kW.<br />
2.8. Nel locale ove sono installati uno o più gruppi alimentati con carburante di categoria C è consentita la<br />
coesistenza di impianti di produzione di calore alimentati con combustibile di categoria C, a condizione che i<br />
serbatoi incorporati o di servizio dei gruppi non superino complessivamente 120 l.<br />
Le distanze laterali tra i gruppi e gli impianti di produzione di calore devono essere quelle indicate dai<br />
fabbricanti delle rispettive macchine per la effettuazione della relativa manutenzione ordinaria e straordinaria<br />
e comunque non inferiori a 0,60 m.<br />
28<br />
CapoII<br />
Installazioneall’aperto<br />
1. Le installazioni all’aperto devono essere poste ad una distanza non inferiore a 3 m da depositi di sostanze<br />
combustibili, fatta eccezione per quelli destinati ad alimentare le installazioni stesse fermo restando il<br />
rispetto delle distanze di sicurezza interne relative ai depositi di GPL. I gruppi installati all’aperto, in luogo<br />
avente le caratteristiche di spazio scoperto, devono essere costruiti per tale tipo di installazione oppure<br />
adeguatamente protetti dagli agenti atmosferici secondo quanto stabilito dal costruttore.<br />
2. I gruppi devono essere contornati da un’area avente profondità non minore di 3 m priva di materiali o<br />
vegetazione che possano costituire pericolo di incendio.<br />
3. Qualora l’installazione sia prevista sulla copertura dell’edificio, i gruppi devono poggiare su strutture,<br />
portanti e separanti, aventi una resistenza al fuoco non inferiore a REI 120.<br />
CapoIII<br />
Installazioneinlocaliesterni<br />
1. I locali devono essere ad uso esclusivo del gruppo e dei relativi accessori e realizzati in materiali di classe 0<br />
di reazione al fuoco ovvero classe A1, A1FL, A1L, ai sensi del decreto del Ministero dell’Interno 15 marzo<br />
2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 marzo 2005, n. 73. Inoltre, essi devono soddisfare i requisiti di<br />
ubicazione richiesti dal titolo II, capo I.<br />
2. Le dimensioni dei locali devono rispettare quanto previsto al Capo IV, comma 1, letterac); le aperture di<br />
ventilazione non devono essere inferiori a quelle stabilite al Capo IV, comma 1, letteraf).<br />
3. Qualora i locali siano realizzati sulla copertura dell’edificio, i gruppi devono poggiare su strutture portanti<br />
e separanti aventi una resistenza al fuoco non inferiore a REI 120.<br />
4. L’accesso ai locali esterni può avvenire, oltre che direttamente dall’esterno, anche dai locali comuni interni<br />
del fabbricato servito, secondo le modalità previste nel successivo capo IV, comma 1, letterad).<br />
CapoIV<br />
Installazioneinfabbricatiostrutturedestinatiancheadaltrouso<br />
oinlocaliinseritinellavolumetriadelfabbricatoservito<br />
1. Il locale deve avere le seguenti caratteristiche:<br />
a) Attestazione.<br />
1. Almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro, deve essere confinante con spazio<br />
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11 dicembre 2007 N. 23
SPECIALE<br />
ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
scoperto o strada pubblica o privata scoperta o, nel caso di locali interrati, con intercapedine ad uso<br />
esclusivo, di sezione orizzontale netta non inferiore a quella richiesta per l’aerazione e larga non meno di<br />
0,6 m ed attestata superiormente su spazio scoperto o su strada scoperta.<br />
2. Se la parete è attestata su intercapedine, questa deve essere ad esclusivo servizio del locale dove è<br />
installato il gruppo;<br />
è ammesso che tale intercapedine sia anche a servizio dei locali in cui sono installati i relativi accessori<br />
compresi i quadri elettrici;<br />
deve avere larghezza minima non inferiore a 0,60 m e, al piano grigliato, sezione netta non inferiore ad una<br />
volta e mezza la superficie di aerazione del locale stesso. Quando l’intercapedine immette su cortile, questo<br />
deve presentare i requisiti fissati al precedente capoverso.<br />
3. Se la parete è attestata su terrapieno, il dislivello fra la quota del piano di campagna ed il soffitto del<br />
locale deve essere almeno di 0,60 m, onde consentire la realizzazione di aperture di aerazione. Dette<br />
aperture dovranno immettere a cielo libero ed avere altezza non inferiore a 0,50 m.<br />
b) Strutture.<br />
1. Le strutture orizzontali e verticali devono avere una resistenza al fuoco di almeno R/REIEI 120.<br />
c) Dimensioni.<br />
1. L’altezza libera interna dal pavimento al soffitto non deve essere inferiore a 2,50 m con un minimo di 2,00<br />
m sottotrave.<br />
2. Le distanze tra un qualsiasi punto esterno dei gruppi e dei relativi accessori e le pareti verticali ed<br />
orizzontali del locale, nonché le distanze tra i gruppi installati nello stesso locale, devono permettere<br />
l’accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria<br />
secondo quanto prescritto dal costruttore del gruppo.<br />
d) Accesso e comunicazioni.<br />
1. L’accesso al locale può avvenire:<br />
direttamente dall’esterno da spazio scoperto;<br />
tramite disimpegno aerato dall’esterno con aperture di aerazione non inferiori a 0,30 m 2 realizzate su<br />
parete attestata su spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta o su intercapedine antincendio,<br />
oppure a mezzo di condotto realizzato in materiale incombustibile di sezione non inferiore a 0,10 m 2 atto a<br />
conseguire una adeguata ventilazione del locale di disimpegno. La struttura e le porte del disimpegno<br />
devono avere resistenza al fuoco non inferiore a REI 60’;<br />
da intercapedini antincendio per l’accesso esclusivo al locale stesso e ad eventuali locali accessori, nelle quali<br />
non è consentita l’installazione di apparecchiature di qualsiasi tipo;<br />
2. Indipendentemente dall’inserimento o no nella volumetria dell’edificio, per impianti installati in edifici<br />
destinati, in tutto o in parte, a cinema, teatro, sale di riunione, scuole, chiese, ospedali e simili, nonché alle<br />
attività di cui ai punti 51, 75, 83, 84, 85, 86, 87, 89, 90, 92 e 94 indicati nel decreto del Ministero dell’Interno<br />
16 febbraio 1982, pubblicato nellaGazzettaUfficiale 9 aprile 1982, n. 98, o edifici aventi altezza antincendio<br />
superiore a 24 m, l’accesso al locale deve realizzarsi direttamente da spazio scoperto oppure da intercapedine<br />
antincendio a servizio esclusivo del locale stesso.<br />
3. Il locale non deve avere apertura di comunicazione diretta con locali destinati ad altri usi; sono consentite<br />
le aperture verso locali destinati ad accogliere quadri elettrici di controllo e manovra, a servizio del gruppo.<br />
e) Porte.<br />
1. Le porte del locale devono essere apribili verso l’esterno, incombustibili e munite di congegno di autochiusura.<br />
Quelle che si aprono verso i locali di cui alla precedente letterad), punto 3, devono essere REI 120.<br />
f) Ventilazione.<br />
1. Le aperture di aerazione, da realizzarsi sulla parete di cui al capo IV, comma 1, lettera a), devono avere<br />
una superficie non inferiore ad 1/30 della superficie in pianta del locale e comunque non inferiore a 0,10 m 2<br />
per impianti di potenza elettrica fino a 400 kW; per gli impianti di potenza elettrica superiore a 400 kW, la<br />
superficie minima è calcolata come segue: 12,5 cm 2 per ogni kW di potenza elettrica installata. Per i locali<br />
interrati le superfici suddette sono maggiorate del 25%.<br />
2. Per gruppi alimentati a GPL, la superficie di ventilazione deve essere non inferiore a 1/20 della superficie in<br />
pianta, di cui il 50% distribuita in basso a filo pavimento.<br />
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29
30<br />
ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
SPECIALE<br />
TitoloIII<br />
Gruppi<br />
CapoI<br />
Generalità<br />
1.1.MarcaturaCE<br />
1. Il gruppo, se soggetto alle disposizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996,<br />
n. 459, recante il regolamento per l’attuazione delle direttive n. 89/392/CEE, n. 91/368/CEE, n. 93/44/CEE e n.<br />
93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine, deve<br />
essere dotato di marcatura CE e di dichiarazione CE di conformità; in tal caso l’utilizzatore è tenuto ad<br />
esibire copia della dichiarazione CE di conformità ed il manuale di uso e manutenzione, ai fini dei controlli<br />
dell’organo di vigilanza.<br />
2. I dispositivi e i materiali accessori devono essere certificati secondo le normative vigenti.<br />
CapoII<br />
Alimentazionedeimotori<br />
SezioneI<br />
Alimentazioneagas<br />
1.1.Alimentazione<br />
1. L’alimentazione del gruppo elettrogeno può avvenire da deposito gas, da condotta interna di stabilimento<br />
o condotta derivata da cabina di riduzione; la pressione di alimentazione non deve superare il valore di 50 kPa.<br />
1.2.Dispositiviesternidiintercettazione<br />
1. Deve essere previsto un dispositivo manuale di intercettazione in posizione facilmente e sicuramente<br />
raggiungibile e adeguatamente segnalata.<br />
2. Inoltre deve essere previsto un dispositivo a comando elettrico e ripristino manuale che consenta l’intercettazione<br />
del gas in caso di emergenza.<br />
3. Entrambi i dispositivi devono essere posizionati all’esterno del locale gruppo elettrogeno.<br />
1.3.Tubazioni<br />
a) Impianto interno.<br />
1. L’impianto interno di alimentazione deve essere realizzato in acciaio e posizionato a vista; in caso di<br />
attraversamento di muri deve essere posto in guaina sigillata verso la parete interna del locale.<br />
2. Esso non deve presentare prese libere.<br />
b) Prove di tenuta.<br />
1. Prima di mettere in servizio l’impianto di distribuzione interna del gas, si deve verificarne accuratamente<br />
la tenuta;<br />
l’impianto deve essere provato con aria o gas inerte ad una pressione pari almeno al doppio della pressione<br />
normale di esercizio.<br />
2. Tale prova deve essere estesa sia alla tubazione rigida che alla tubazione flessibile.<br />
c) Tubazioni flessibili.<br />
1. Il collegamento tra gruppo elettrogeno e terminale dell’impianto di alimentazione dovrà essere realizzato<br />
con un tratto di tubo metallico flessibile, con caratteristiche adeguate alla pressione di esercizio.<br />
1.4.Regolatoridipressione<br />
1. I regolatori di pressione, sistemati all’interno del locale, possono essere muniti di valvole di sicurezza. Se<br />
muniti di valvole di sicurezza, queste devono avere un tubo di sfogo con l’estremità posta all’esterno del<br />
locale o dell’edificio a non meno di 1,50 m da qualsiasi apertura o presa d’aria.<br />
1.5.Dispositividisicurezza<br />
1. L’installazione deve prevedere almeno i seguenti dispositivi:<br />
a) un dispositivo automatico di arresto del motore, per bassa o alta pressione del gas di alimentazione;<br />
b) all’interno del locale un rilevatore di presenza gas che deve comandare l’intercettazione del gas all’esterno<br />
del locale;<br />
c) un dispositivo di arresto del gas a motore fermo.<br />
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ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
SezioneII<br />
Alimentazioneacarburanteliquido<br />
1.1.Sistemadialimentazione<br />
1. Il gruppo può essere alimentato direttamente dal serbatoio di deposito o attraverso un serbatoio<br />
incorporato o di servizio. L’alimentazione del serbatoio incorporato o di servizio deve avvenire per circolazione<br />
forzata.<br />
1.2.Serbatoioincorporato<br />
1. Ciascun motore non può avere più di un serbatoio incorporato anche diviso in più setti; il serbatoio deve<br />
essere saldamente ancorato all’intelaiatura, protetto contro urti, vibrazioni e calore.<br />
2. La capacità del serbatoio incorporato non può eccedere i 2.500 l nel caso di carburante di categoria C; nel<br />
caso di alimentazione con carburante di categoria A o B, la capacità del serbatoio non può eccedere i 120 l.<br />
1.3.Serbatoiodiservizio<br />
1. La capacità del serbatoio di servizio, realizzato con materiale incombustibile, non deve essere superiore a<br />
2.500 l per carburanti di categoria C e 120 l per carburanti di categoria A o B.<br />
1.4.Alimentazionedelserbatoioincorporatoodiservizio<br />
1. Il presente paragrafo si applica per serbatoi incorporati o di servizio non alimentati dal serbatoio di<br />
deposito.<br />
Il rifornimento deve avvenire a gruppo fermo; nel caso di gruppi con serbatoi di capacità superiore a 120 l,<br />
installati nella volumetria dei fabbricati, tale rifornimento deve avvenire tramite sistema di tubazioni fisse<br />
aventi origine all’esterno di edifici;<br />
tali serbatoi devono essere dotati di valvola limitatrice di carico al 90% della capacità dei medesimi.<br />
Quando il gruppo è alimentato con carburante di categoria C da serbatoio incorporato di capacità inferiore<br />
a 120 l, il rifornimento del serbatoio è consentito con recipienti portatili del tipo approvato secondo la<br />
vigente normativa.<br />
1.5.Capacitàcomplessivadeiserbatoiinterniallocalediinstallazione<br />
1. La capacità complessiva dei serbatoi incorporati o di servizio installati all’interno del locale in cui sono<br />
ubicati i gruppi, non può essere superiore a 2500 l. nel caso di carburante di categoria C o 120 l. nel caso di<br />
carburante di categoria A o B.<br />
1.6.Serbatoidideposito<br />
1. Per i serbatoi, interrati o fuori terra, all’interno o all’esterno di edifici, si applica la disciplina di cui al<br />
decreto del Ministero dell’Interno 28 aprile 2005 pubblicato nellaGazzettaUfficiale 20 maggio 2005, n. 116.<br />
2. I serbatoi di deposito di carburante delle categorie A e B non possono essere sistemati entro locali o su<br />
terrazzi. L’installazione di detti serbatoi è disciplinata dalle norme di cui al decreto del Ministro dell’interno<br />
31 luglio 1934, pubblicato nellaGazzettaUfficiale 28 settembre 1934, n. 228.<br />
1.7.Dispositividicontrollodelflussodelcarburante<br />
1. Nel caso di utilizzazione di serbatoio di deposito, a quota uguale o inferiore a quella del gruppo, i serbatoi<br />
incorporati o di servizio devono essere muniti di una tubazione di scarico del troppo pieno nel serbatoio di<br />
deposito. Tale condotta deve essere priva di valvole o di saracinesche di qualsiasi genere e non presentare<br />
impedimenti al naturale deflusso verso il serbatoio di deposito.<br />
2. Inoltre, il sistema di rabbocco dei serbatoi incorporati o di servizio, deve essere munito dei seguenti<br />
dispositivi di sicurezza che intervengono automaticamente quando il livello del carburante nei suddetti<br />
serbatoi supera quello massimo consentito:<br />
a) dispositivo di intercettazione del flusso;<br />
b) dispositivo di arresto delle pompe di alimentazione;<br />
c) dispositivo di allarme ottico e acustico.<br />
3. Tali dispositivi devono intervenire anche in caso di versamento di liquidi nel sistema di contenimento; in<br />
alternativa tale sistema può prevedere una condotta di deflusso verso il serbatoio di deposito, o altro<br />
serbatoio di analoga capacità, priva di valvole o di saracinesche di qualsiasi genere e che non presenti<br />
impedimenti al naturale deflusso.<br />
4. Nel caso di installazioni all’interno di locali, con serbatoio di deposito o alimentazione esterno e/o<br />
serbatoio di servizio, deve essere previsto un dispositivo manuale di intercettazione del flusso di carburante,<br />
in posizione esterna al locale, con comando facilmente e sicuramente raggiungibile e adeguatamente<br />
segnalato.<br />
Le tubazioni esterne al locale devono essere in metallo.<br />
31
ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
SPECIALE<br />
5.Nelcasoilserbatoiodidepositosiaadunaquotamaggiorediquelladelgruppo,ilsistemadicontenimento<br />
deve essere in grado di raccogliere le perdite provenienti da qualsiasi punto all’interno del locale di<br />
installazionedeigruppi.<br />
In caso di versamento del carburante nel sistema di contenimento devono automaticamente intervenire i<br />
seguentidispositividisicurezza:<br />
a)intercettazionedelflussodicarburanteinunpuntoesternoallocale;<br />
b)arrestodelleeventualipompeelettricherifornimento;<br />
c)allarmeotticoedacusticoesternoallocale.<br />
Al di sotto del livello di intervento del sistema di sicurezza, in posizione raggiungibile dai liquidi eventualmenteversati,nondevonoesserepresenticavi,dispositivioapparecchiatureelettriche.<br />
TitoloIV<br />
Disposizionicomplementari<br />
1.Sistemidiscaricodeigascombusti<br />
1.1.Varie<br />
1. Le precisazioni del presente paragrafo si riferiscono allo scarico dei gas di combustione da portare fuori<br />
dellocale:essidevonoessereconvogliatiall’esternomediantetubazioniinacciaiodisufficienterobustezzae<br />
aperfettatenutaavalledellatubazionedelgruppo.Ilconvogliamentodeveavvenireinmodocheiltubodi<br />
scarico sia posto a distanza adeguata, comunque non inferiore a 1,5 m da finestre, pareti o aperture<br />
praticabiliopresed’ariadiventilazioneeaquotanoninferioreatremetrisulpianopraticabile.<br />
1.2.Protezionidelletubazioni.<br />
a)letubazioniall’internodellocaledevonoessereprotetteconmaterialicoibenti;<br />
b) le tubazioni devono essere adeguatamente protette o schermate per la protezione delle persone da<br />
contattiaccidentali;<br />
c) i materiali per la coibentazione e la protezione devono essere di classe 0 ovvero classe A1, A1FL, A1L,di<br />
reazionealfuoco.<br />
2.Impianti<br />
1. Gli impianti e i dispositivi posti a servizio sia del gruppo che del locale di installazione, devono essere<br />
eseguiti a regola d’arte in base alla normativa tecnica vigente. Il pulsante di arresto di emergenza del<br />
gruppodeveessereduplicatoall’esternodellocale,inposizionefacilmenteraggiungibileeadeguatamente<br />
segnalata, e deve anche attivare il dispositivo di sezionamento esterno dei circuiti elettrici interni al locale<br />
alimentatinonabassissimatensionedisicurezza.<br />
3.Mezzidiestinzioneportatili<br />
1.Deveessereprevistal’installazioneinposizionesegnalataefacilmenteraggiungibilediestintoriportatilidi<br />
tipoomologatoperfuochidiclasse21A,113BCconcontenutodiagenteestinguentenoninferiorea6kg.<br />
2.Ilnumerodiestintorideveessere:<br />
a)unoperinstallazionidigruppidipotenzafinoa400kW;<br />
b)dueperpotenzefinoa800kW;<br />
c)unestintoreportatilecomesopraedunestintorecarrellatoapolvereaventecaricanominalenonminore<br />
di50kgecapacitàestinguentepariaAB1perpotenzesuperioria800kW.<br />
4.Segnaleticadisicurezza<br />
1.Lasegnaleticadisicurezzadeveessereconformealdecretolegislativo14agosto1996,n.493.Igruppiche<br />
garantiscono il funzionamento di dispositivi, impianti e sistemi preposti alla protezione antincendio, a<br />
servizi di emergenza o soccorso o a servizi essenziali che necessitano della continuità di esercizio, devono<br />
esserechiaramentesegnalati.<br />
32<br />
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11 dicembre 2007 N. 23
SPECIALE<br />
ANTINCENDIO<br />
Commento<br />
Sostituiti gli Allegati A e C al decreto del Ministero dell’Interno 10 marzo 2005<br />
Antincendio e prodotti da costruzione:<br />
le novità sulle classi di reazione al fuoco<br />
diStefanoMarsella, dirigentedelCorpoNazionaledeiVVF<br />
Condecreto25ottobre2007,<br />
«Modifichealdecreto10marzo<br />
2005,concernente”Classidi<br />
reazionealfuocoperiprodotti<br />
dacostruzionedaimpiegarsi<br />
nelleopereperlequaliè<br />
prescrittoilrequisitodella<br />
sicurezzaincasod’incendio»,<br />
ilMinisterodell’Internoha<br />
apportatoalcunemodifiche<br />
aldecretoministerialedello<br />
stessoDicastero10marzo2005,<br />
inerentealleclassidireazioni<br />
alfuocoperiprodotti<br />
dacostruzionechesonoutilizzati<br />
nelleopereperlequali<br />
ènecessarioilrequisito<br />
dellasicurezzaincaso<br />
diincendio.Nelparticolare,<br />
sonosostituitigliAllegatiA<br />
eCalD.M.10marzo2005<br />
rispettivamentecongliAllegati1<br />
e2alnuovoprovvedimento<br />
ministeriale.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
La sicurezza passiva delle costruzioni<br />
dipende dalla resistenza<br />
al fuoco degli elementi portanti<br />
(quindi, dalla capacità delle<br />
strutture di garantire, per un tempo<br />
predeterminato, le caratteristiche di<br />
resistenza meccanica) e dalla reazione<br />
al fuoco dei materiali e dei prodotti<br />
presenti negli ambienti. Questa<br />
seconda caratteristica riguarda la capacità<br />
dei materiali o dei prodotti,<br />
presenti nell’edificio, di non propagare<br />
(o di propagare in modo limitato)<br />
la combustione e di resistere all’innesco.<br />
I materiali che hanno una<br />
classificazione di reazione al fuoco<br />
sono, per lo più, materiali combustibili,<br />
che con il loro potere calorifico<br />
contribuiscono al carico di incendio<br />
del compartimento, anche se classificati<br />
in classi molto basse di reazione<br />
al fuoco (tranne quelli incombustibili,<br />
che non possono sviluppare energia<br />
termica durante l’incendio). Questo<br />
aspetto non sempre è del tutto<br />
chiaro, ma serve anche a ricordare<br />
che la resistenza al fuoco e la reazione<br />
al fuoco, pur trattando questioni<br />
afferenti alla sicurezza passiva, hanno<br />
finalità e caratteristiche tecniche<br />
molto diverse.<br />
Lareazionealfuoco<br />
Con riferimento alla reazione al<br />
fuoco dei materiali e dei prodotti, con<br />
il decreto del Ministero dell’Interno<br />
25 ottobre 2007, «Modifiche al decreto<br />
10 marzo 2005, concernente<br />
“Classi di reazione al fuoco per i<br />
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prodotti da costruzione da impiegarsi<br />
nelle opere per le quali è prescritto<br />
il requisito della sicurezza in caso<br />
d’incendio» [1] , sono state fornite delle<br />
nuove disposizioni tecniche. Questo<br />
provvedimento, in particolare, è finalizzato<br />
ad aggiornare gli Allegati A e<br />
C al decreto del Ministro dell’Interno<br />
10 marzo 2005, «Classi di reazione<br />
al fuoco per i prodotti da costruzione<br />
da impiegarsi nelle opere per le quali<br />
è prescritto il requisito della sicurezza<br />
in caso d’incendio» [2] .<br />
La necessità di porre mano a questo<br />
aggiornamento scaturisce da motivi<br />
di carattere tecnico, è dovuta, infatti,<br />
alla emanazione di diversi atti:<br />
l la decisione della Commissione<br />
Ue 15 maggio 2007, n. 2007/348/<br />
CE, che determina le classi di reazione<br />
all’azione dell’incendio per alcuni<br />
prodotti da costruzione per quanto riguarda<br />
i pannelli a base di legno);<br />
l la decisione 27 ottobre 2006, n.<br />
2006/751/CE, per quanto riguarda la<br />
classificazione della reazione all’azione<br />
del’incendio dei prodotti da<br />
costruzione;<br />
l la decisione 5 ottobre 2006, n.<br />
2006/673/CE, che determina le classi<br />
di reazione all’azione dell’incendio<br />
per alcuni prodotti da costruzione per<br />
quanto riguarda i pannelli in cartongesso;<br />
l la decisione 6 marzo 2006, n.<br />
2006/213/CE, inerente alle classi di<br />
reazione al fuoco per alcuni prodotti<br />
da costruzione per quanto concerne<br />
le pavimentazioni in legno e i rivesti-<br />
[1] In Gazzetta Ufficiale del 5 novembre 2007, n. 257.<br />
[2] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, di Marco Albanese, Prodotti da costruzione: nuove disposizioni in materia di<br />
prevenzione incendi, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 9/2005, pag. 60.<br />
33
ANTINCENDIO<br />
Commento<br />
menti e i pannelli in legno massiccio;<br />
l la decisione 9 agosto 2005, n.<br />
2005/610/CE, sulle classi di reazione<br />
al fuoco per alcuni prodotti da costruzione.<br />
L’articolato del D.M. 25 ottobre<br />
2007 è condensato nei due provvedimenti<br />
di sostituzione degli Allegati A<br />
e C, che erano stati approvati con il<br />
decreto ministeriale 10 marzo 2005 e<br />
che dovranno essere sostituiti con i<br />
nuovi allegati.<br />
Lenovità<br />
delD.M.25ottobre2007<br />
L’Allegato 1<br />
Entrando nel merito tecnico del<br />
decreto ministeriale 25 ottobre 2007,<br />
per quanto riguarda il nuovo Allegato<br />
I, che sostituisce l’Allegato A, il<br />
provvedimento prevede che, quando<br />
la condizione di uso finale di un prodotto<br />
è tale da contribuire alla generazione<br />
e alla propagazione del fuoco<br />
e del fumo all’interno di un locale, è<br />
obbligatorio classificare il prodotto<br />
in relazione alla sua reazione al fuoco.<br />
Il sistema di classificazione è<br />
esposto nelle tabelle 1, 2 e 3 dell’Allegato<br />
stesso. A questo riguardo, il<br />
nuovo provvedimento ha stabilito,<br />
molto significativamente, che è necessario<br />
analizzare il materiale installato<br />
nel locale di origine dell’incendio<br />
o in un’area diversa. A questo<br />
proposito, quindi, può essere utile richiamare<br />
la difficoltà di definire a<br />
priori il locale di origine dell’incendio.<br />
Questa difficoltà è stata abbondantemente<br />
trattata nell’ambito dell’approccio<br />
ingegneristico (recentemente<br />
oggetto di regolamentazione<br />
procedurale con il decreto del Ministero<br />
dell’Interno 9 maggio 2007 [3] ),<br />
dedicato alla individuazione degli<br />
scenari di incendio delle parti significative<br />
del processo di valutazione.<br />
Tornando al merito tecnico del<br />
provvedimento, è molto importante<br />
34<br />
SPECIALE<br />
rilevare che il nuovo decreto prevede<br />
che, se le metodologie di prova e i<br />
criteri approvati con il decreto si rivelano<br />
inadeguati ai fini della classificazione,<br />
è possibile seguire una<br />
procedura di classificazione che preveda<br />
prove alternative. Quindi, anche<br />
in questo caso, la norma si allinea<br />
alla maggior parte delle disposizioni<br />
vigenti in materia di sicurezza antincendio<br />
e, insieme ai riferimenti normativi,<br />
apre alla possibilità di verificare<br />
se il livello di sicurezza possa<br />
essere garantito in modo alternativo<br />
alla metodologia adottata.<br />
Per comprendere i criteri che sono<br />
stati posti alla base delle norme di<br />
prova che consentono la nuova classificazione<br />
dei materiali, ai fini della<br />
reazione al fuoco, può essere utile richiamare<br />
il fatto che nell’Allegato è<br />
presente una tabella relativa alla definizione<br />
dei simboli utilizzati nel decreto<br />
stesso. Questi simboli riguardano<br />
i valori relativi all’aumento di<br />
temperatura, alla perdita di massa, alla<br />
durata dell’incendio, al potenziale<br />
calorifico lordo, al tasso di incremento<br />
dell’incendio, al rilascio totale di<br />
calore e alla produzione e propagazione<br />
del fuoco e alla produzione del<br />
fumo. In questa elencazione si ritrovano<br />
diverse grandezze che sono utilizzate,<br />
direttamente o indirettamente,<br />
nella trattazione ingegneristica della<br />
sicurezza (come, per esempio, il tasso<br />
di produzione di fumo di un dato materiale,<br />
essenziale per valutare l’evoluzione,<br />
nel tempo, delle caratteristiche<br />
di sostenibilità dell’ambiente e di<br />
visibilità dei percorsi di esodo); questo<br />
aspetto lascia capire quanto sia<br />
stretto il rapporto tra il settore che si<br />
occupa delle prove dei materiali e<br />
quello che ha consentito l’evoluzione<br />
dell’approccio ingegneristico applicato<br />
alla sicurezza antincendi.<br />
L’Allegato 2<br />
Il nuovo Allegato C, sostituito<br />
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dall’Allegato 2 al D.M. 25 ottobre<br />
2007, ha adottato l’elenco dei materiali<br />
da considerare come appartenenti<br />
alle classi A1 e A1FL di reazione al<br />
fuoco (di cui alla decisione n. 2000/<br />
147/CE) senza necessità di prove.<br />
Questi materiali sono quelli che, nei<br />
primi decreti sulla reazione al fuoco,<br />
erano classificati automaticamente<br />
nella classe zero e che erano definiti<br />
incombustibili. Per rientrare nell’elenco<br />
che permette l’appartenenza<br />
alle classi A1 e A1FL, i prodotti devono<br />
essere composti solo da uno o<br />
più dei materiali elencati e, se è presente<br />
l’incollatura, la possibilità di<br />
non ricorrere a prove è ristretta solo ai<br />
casi in cui questa non superi lo 0,1 per<br />
cento in peso o in volume.<br />
Nel caso di pannelli, la classificazione<br />
di cui all’elenco non si applica,<br />
mentre rientrano, nella tipologia oggetto<br />
dell’Allegato C, quelli ricoperti<br />
di strati di materiale non organico. Da<br />
ultimo, il nuovo Allegato C specifica<br />
che, in ogni caso, il materiale organico<br />
presente all’interno dei materiali<br />
elencati nella tabella non deve superare,<br />
in peso o in volume, l’1% e deve<br />
essere ripartito in maniera omogenea.<br />
La parte successiva dell’allegato<br />
introduce le nuove tabelle relative ai:<br />
l pannelli a base di legno;<br />
l pannelli in cartongesso;<br />
l pannelli decorativi laminati ad alta<br />
pressione;<br />
l prodotti di legno da costruzione.<br />
Sono presi in considerazione, inoltre,<br />
il legno lamellare, i rivestimenti<br />
laminati per pavimentazioni, i rivestimenti<br />
tessili per pavimentazioni, i<br />
pannelli e i rivestimenti in legno massiccio<br />
e le pavimentazioni in legno.<br />
Dal punto di vista applicativo, si<br />
possono intravedere nel decreto alcuni<br />
aspetti interessanti. Infatti, il provvedimento<br />
ministeriale contiene<br />
l’elencazione delle norme EN da utilizzare<br />
nelle prove dei materiali e dei<br />
prodotti. Sotto questo punto di vista,<br />
[3] Per un approfondimento sul tema, si veda, dello stesso Autore, Antincendio e approccio ingegneristico: i criteri per la valutazione<br />
del rischio, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 12/2007, pag. 16, e Antincendio e approccio ingegneristico: al via l’osservatorio su progetti e<br />
deroghe, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 18/2007, pag. 64.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
l’interesse principale verso il decreto è<br />
quello dei produttori dei materiali<br />
classificabili ai fini della reazione al<br />
fuoco. A questo riguardo, si deve ricordare<br />
che i riferimenti ai metodi di<br />
prova, utilizzati per classificare i prodotti<br />
ai fini della reazione al fuoco,<br />
devono essere citati nella documentazione<br />
predisposta dal produttore a corredo<br />
del prodotto immesso in commercio.<br />
Contemporaneamente, però,<br />
il nuovo provvedimento consente al<br />
professionista di avere un’idea dei cri-<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
SPECIALE<br />
teri che sono stati adottati per la definizione<br />
dei livelli di sicurezza connessi<br />
all’uso dei prodotti oggetto della<br />
norma, contribuendo ad aumentare la<br />
consapevolezza delle scelte progettuali<br />
ai fini della sicurezza antincendio.<br />
In questo ambito, quindi, si rileva ancora<br />
una volta quanto sia stato importante<br />
il contenuto del documento interpretativo<br />
al requisito esenziale n. 2<br />
della “direttiva sui prodotti da costruzione”,<br />
la 89/106/CE. All’inizio degli<br />
anni novanta, infatti, questo documen-<br />
Decreto del Ministero dell’Interno 25 ottobre 2007<br />
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ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
to aveva delineato i criteri da porre<br />
alla base delle norme di prodotto (e,<br />
cioè, di quelle che definiscono le prove<br />
alle quali sottoporre i materiali per<br />
poterli classificare), in un ambito che<br />
rendesse coerenti queste attività di laboratorio<br />
con la strategia di progettazione<br />
delle opere. Gli effetti del lavoro<br />
si riconoscono anche nel decreto ministeriale<br />
25 orrobre 2007, che lega<br />
l’attività di prova al comportamento<br />
dei materiali, secondo criteri utili anche<br />
ai fini dell’analisi prestazionale.l<br />
Modifiche al decreto 10 marzo 2005, concernente “Classi di reazione al fuoco<br />
per i prodotti da costruzione da impiegarsi nelle opere per le quali<br />
è prescritto il requisito della sicurezza in caso d’incendio”.<br />
In Gazzetta Ufficiale del 5 novembre 2007, n. 257<br />
IL MINISTRO DELL’INTERNO<br />
Visto il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante<br />
“Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni<br />
ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a<br />
norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229”;<br />
Visto il decreto del Ministro dell’interno 10 marzo<br />
2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica<br />
italiana n. 73 del 30 marzo 2005, recante ”Classi di<br />
reazione al fuoco per i prodotti da costruzione da impiegarsi<br />
nelle opere per le quali è prescritto il requisito della<br />
sicurezza in caso d’incendio”, in particolare il comma 2<br />
dell’art. 2 e il comma 2 dell’art. 3;<br />
Vista la decisione 2007/348/CE del 15 maggio 2007<br />
della Commissione dell’Unione europea che determina le<br />
classi di reazione all’azione dell’incendio per taluni prodotti<br />
da costruzione per quanto riguarda i pannelli a base<br />
di legno;<br />
Vista la decisione 2006/751/CE del 27 ottobre 2006<br />
della Commissione dell’Unione europea che modifica la<br />
decisione 200/147/CE che attua la direttiva 89/106/CEE<br />
del Consiglio per quanto riguarda la classificazione della<br />
reazione all’azione dell’incendio dei prodotti da costruzione;<br />
Vista la decisione 2006/673/CE del 5 ottobre 2006<br />
della Commissione dell’Unione europea che determina le<br />
classi di reazione all’azione dell’incendio per taluni prodotti<br />
da costruzione per quanto riguarda i pannelli in<br />
cartongesso;<br />
Vista la decisione 2006/213/CE del 6 marzo 2006 della<br />
Commissione dell’Unione europea che determina le classi<br />
di reazione al fuoco per alcuni prodotti da costruzione<br />
per quanto concerne le pavimentazioni in legno e i rivestimenti<br />
e i pannelli in legno massiccio;<br />
Vista la decisione 2005/610/CE del 9 agosto 2005<br />
della Commissione dell’Unione europea che determina<br />
le classi di reazione al fuoco per taluni prodotti da costruzione;<br />
Ravvisata la necessita’ di aggiornare gli allegati A e C<br />
del citato decreto del Ministro dell’interno 10 marzo<br />
2005;<br />
Sentito il parere favorevole del Comitato centrale tecnico<br />
scientifico per la prevenzione incendi di cui all’art.<br />
10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio<br />
1982, n. 577, e successive modificazioni;<br />
Decreta:<br />
Art.1<br />
1. L’allegato A del decreto del Ministro dell’Interno 10<br />
marzo 2005, citato in premessa, è sostituito dall’allegato 1<br />
al presente decreto.<br />
Art.2<br />
1. L’allegato C del decreto del Ministro dell’Interno<br />
10 marzo 2005 è sostituito dall’allegato 2 al presente<br />
decreto.<br />
Il presente decreto viene pubblicato nella Gazzetta<br />
Ufficiale della Repubblica italiana ed entra in vigore il<br />
giorno successivo alla sua pubblicazione. l<br />
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ANTINCENDIO<br />
Legislazione<br />
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Allegato 1<br />
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ANTINCENDIO<br />
Articolo<br />
SPECIALE<br />
Ancora atteso il perfezionamento del trasferimento delle funzioni amministrative<br />
Regione Lombardia e MinInterno<br />
insieme per il controllo sulle attività RIR<br />
diWalterRestani, dirigenteUnitàOrganizzativaRischioIndustrialeARPALombardia<br />
CondeliberadellaGiunta<br />
regionale5ottobre2007,<br />
n.8/5469,laRegioneLombardia<br />
hapubbicatounoschema<br />
diaccordoconilMinistero<br />
dell’Internoalfinediinstaurare<br />
unacollaborazionetraledue<br />
partiperleattivitàinerenti<br />
aicontrollidelleaziendeche<br />
presentanorischidiincidenti<br />
rilevanti.Scopodell’accordo<br />
èquellodidefinirelemodalità<br />
dicooperazione,tralaRegione<br />
eilDicasterofirmatari,che<br />
permettanodimigliorare<br />
laqualitàdell’azione<br />
amministrativa,alfinedipoter<br />
garantendo,allostessotempo,<br />
latuteladell’incolumità<br />
dellepersone,lasalvaguardia<br />
dell’ambienteeilmantenimento<br />
dellecondizionidisicurezza<br />
necessarieall’interno<br />
delleattivitàRIR.<br />
[1] In B.U. Regione Lombardia del 15 ottobre 2007, n. 42.<br />
58<br />
Il testo integrale della delibera della Giunta<br />
Regione Lombardia 5 ottobre 2007, n. 8/5469, è<br />
disponibile nella sezione “Documentazione integrativa”delsito:<br />
La delibera della Giunta Regionale<br />
5 ottobre 2007, n.<br />
VIII/005469 [1] , è uno schema<br />
di accordo tra la Regione Lombardia<br />
e il Ministero dell’Interno<br />
- Dipartimento dei Vigili del Fuoco,<br />
del soccorso pubblico e della<br />
difesa civile, per la collaborazione<br />
nelle attività relative al controllo<br />
sulle aziende a rischio di<br />
incidente rilevante (D.Lgs. n.<br />
334/1999 e seguenti modifiche e<br />
intergazioni).<br />
Questo schema di accordo deve<br />
essere approvato e sottoscritto dal<br />
Ministero dell’Interno.<br />
Le finalità dell’accordo perseguono<br />
l’obbiettivo di definire le<br />
modalità di una reciproca collaborazione<br />
tra la Regione Lombardia<br />
e il Ministero dell’Interno,<br />
nell’attività di controllo di pericoli<br />
di incidente rilevante, connessi<br />
con determinate sostanze pericolose,<br />
che porterà alla emanazione<br />
di un apposito decreto del Presidente<br />
del Consiglio dei Ministri.<br />
A tal fine, le parti si sono impegnate<br />
ad attivare iniziative sinergiche<br />
che, al fine di garantire la<br />
tutela della incolumità delle persone,<br />
la salvaguardia dell’ambien-<br />
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te e il mantenimento delle necessarie<br />
condizioni di sicurezza delle<br />
attività economiche, migliorino la<br />
qualità dell’azione amministrativa.<br />
Con questo accordo le parti sono<br />
tese, inoltre, a sviluppare i<br />
rapporti già in corso al fine di<br />
rafforzare e di rendere sempre più<br />
moderno, efficiente e diffuso il<br />
sistema dei controlli presso le attività<br />
a rischio di incidente rilevante.<br />
La diffusione delle attività a rischio<br />
di incidente rilevante è pari,<br />
nella Regione Lombardia, a più<br />
del 20% (circa il 24%) del totale<br />
insistente sul territorio nazionale.<br />
Iltrasferimento<br />
dellecompetenze<br />
Questo processo si è reso necessario<br />
nelle more del perfezionamento<br />
del trasferimento delle<br />
funzioni amministrative dallo Stato<br />
alle Regioni, in materia di stabilimenti<br />
a rischio di incidente rilevante,<br />
ai sensi del combinato disposto<br />
degli artt. 7 e 72, D.Lgs. 31<br />
marzo 1998, n. 112, e dell’art. 7,<br />
legge 15 marzo 1997, n. 59.<br />
L’art. 72, D.Lgs. n. 112/1998,<br />
11 dicembre 2007 N. 23
al comma 3, ha disposto che il<br />
trasferimento delle competenze, di<br />
cui al comma 1, deve avvenire subordinatamente<br />
al verificarsi di<br />
tutti i seguenti presupposti:<br />
l l’adozione della normativa di<br />
cui al comma 2 (disciplina regionale<br />
sulla materia ai fini del raccordo<br />
tra i soggetti incaricati dell’istruttoria<br />
e di garantire la sicurezza<br />
del territorio e della popolazione).<br />
La Regione Lombardia,<br />
con legge regionale 23 novembre<br />
2001, n. 19, ha adottato la normativa<br />
di settore di cui all’art. 72;<br />
l l’attivazione dell’Agenzia regionale<br />
protezione ambiente, di cui<br />
all’art. 3, decreto legge 4 dicembre<br />
1993, n. 496, convertito con modificazioni<br />
nella legge 21 gennaio<br />
1994, n. 61. Con legge regionale<br />
14 agosto 1999, n. 16, la regione<br />
Lombardia ha istituito, appunto,<br />
l’ARPA;<br />
l l’accordo di programma tra lo<br />
Stato e la Regione per la verifica<br />
dei presupposti per lo svolgimento<br />
delle funzioni, nonché per le procedure<br />
di dichiarazione.<br />
Il 22 luglio 2003, tra il Ministero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela<br />
del territorio e la Regione Lombardia,<br />
è stato siglato un accordo<br />
di programma per la verifica dei<br />
presupposti della legge regionale<br />
23 novembre 2001, n. 19.<br />
Su questo accordo la Corte dei<br />
Conti, sezione di controllo di legittimità<br />
sugli atti del governo<br />
delle amministrazioni dello Stato,<br />
con deliberazione 7 luglio 2005,<br />
n. 11/2005/P, ha formulato alcuni<br />
rilievi, con particolare riferimento<br />
alla mancata osservanza delle procedure<br />
necessarie al trasferimento<br />
delle funzioni e, conseguentemente,<br />
ha rifiutato il visto di registrazione<br />
chiesto dal Ministero procedente.<br />
In data 21 settembre 2005 è<br />
stato sottoscritto, tra il Ministero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> e la Regione Lombardia,<br />
un nuovo accordo di rettifica<br />
e di integrazione del precedente<br />
e a tutela dell’affidamento<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
SPECIALE<br />
dei terzi rispetto ai provvedimenti<br />
amministrativi già assunti nei loro<br />
confronti.<br />
Considerato che questo trasferimento<br />
deve essere attuato,<br />
inoltre, ai sensi dell’art. 7, legge<br />
15 marzo 1997, n. 59, attraverso<br />
l’emanazione di<br />
un apposito decreto<br />
del Presidente<br />
del Consiglio<br />
dei Ministri<br />
(sentiti i Ministeri<br />
interessati e<br />
il Ministero del<br />
Tesoro), non ancora<br />
avvenuta,<br />
l’esercizio delle<br />
funzioni da parte<br />
di ciascuna regione<br />
avrà, quale<br />
decorrenza effettiva,<br />
quella<br />
che sarà indicata<br />
nel D.P.C.M.;<br />
nelle more del perfezionamento,<br />
l’esercizio provvisorio riguarderà<br />
altre attività.<br />
Attivitàpregresse<br />
A partire dal 22 luglio 2003, data<br />
della sottoscrizione dell’accordo<br />
di programma per la verifica dei<br />
presupposti della legge regionale<br />
23 novembre 2001, n. 19, la Regione<br />
Lombardia ha adottato alcuni<br />
provvedimenti autorizzatori, sulla<br />
scorta dell’attività consultiva svolta<br />
in sede di Comitato di Valutazione<br />
dei Rischi (CVR), previsto dalla<br />
stessa legge regionale 23 novembre<br />
2001, n. 19.<br />
Inoltre, lo schema di accordo<br />
previsto dalla delibera della Giunta<br />
regionale 5 ottobre 2007, n. 8/5469,<br />
ha riconosciuto che le condizioni di<br />
trasferibilità delle funzioni dallo<br />
Stato alla Regione, in tema di<br />
aziende a rischio di incidente rilevante,<br />
si sono verificate.<br />
Sulla base di questi due presupposti,<br />
comunque, a garanzia della<br />
certezza del procedimento, la Regione<br />
e il Ministero hanno dato<br />
atto che il CVR, di cui alla legge<br />
Icompitidipianificazione<br />
edigestione<br />
dell’emergenzaesterna<br />
perglistabilimentiRIR<br />
rimangonoaffidati<br />
aiprefetti<br />
finoall’adozione<br />
delleopportune<br />
disposizioniregionali<br />
inmateria<br />
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ANTINCENDIO<br />
Articolo<br />
regionale n. 19/2001, ha svolto<br />
l’attività istruttoria e di controllo<br />
assegnatagli dalla disciplina regionale.<br />
Inoltre, per la tutela dell’affidamento<br />
dei gestori, sempre nello<br />
schema di accordo, le parti hanno<br />
riconosciuto l’attività<br />
svolta e<br />
l’adozione, da<br />
parte della regione,<br />
di provvedimenti<br />
posti<br />
in essere in esito<br />
alle attività, alla<br />
data della sottoscrizionedell’accordo<br />
e hanno<br />
predisposto<br />
un piano di visite-sopralluogo,<br />
da realizzare<br />
congiuntamente<br />
nei casi in cui ne<br />
ricorra l’opportunità,<br />
al fine di verificare la sussistenza<br />
delle generali condizioni<br />
di sicurezza, anche nell’ottica dei<br />
prescritti adempimenti di prevenzione<br />
incendi.<br />
Prevenzioneincendi<br />
In particolare, la Regione si è<br />
impegnata a promuovere l’intesa<br />
con il Ministero dell’Interno per<br />
la definizione di modalità che assicurino<br />
il necessario raccordo tra<br />
le procedure per la valutazione<br />
dei rapporti di sicurezza (art. 8) e<br />
le procedure di prevenzione incendi<br />
di cui al D.P.R. 29 luglio<br />
1982, n. 577, e al successivo<br />
D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139.<br />
Attività in corso e future<br />
Sino al definitivo trasferimento<br />
delle funzioni amministrative in<br />
materia di stabilimenti a rischio di<br />
incidente rilevante, da attuarsi ai<br />
sensi della disciplina fissata dal<br />
combinato disposto dell’art. 7, decreto<br />
legislativo 31 marzo 1998,<br />
n. 112, con l’art. 7, legge 15 marzo<br />
1997, n. 59, per gli stabilimenti<br />
di cui all’art. 8, D.Lgs. n. 334/<br />
59
ANTINCENDIO<br />
Articolo<br />
1999, restano ferme le procedure<br />
di cui all’art. 19 dello stesso decreto<br />
legislativo n. 344/1999.<br />
Quindi, le istruttorie dei rapporti<br />
di sicurezza (art. 8) saranno<br />
predisposte presso il CTR (Comitato<br />
tecnico regionale), presso la<br />
direzione regionale dei VVF, ai<br />
sensi del D.Lgs. n. 334/1999.<br />
Partecipano al CTR e alle ispezioni,<br />
ai sensi dell’art. 21, D.Lgs.<br />
n. 334/1999, anche funzionari<br />
rappresentanti della regione e dell’ARPA.<br />
I controlli, le visite ispettive inerenti<br />
al SGS (Sistema di Gestione<br />
della <strong>Sicurezza</strong>) sono svolti ai sensi<br />
dell’art. 25, D.Lgs. n. 334/1999, e sono<br />
disposti ai sensi del decreto del<br />
Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> 5 novembre<br />
1997 (le cosiddette verifiche ispettive<br />
ministeriali).<br />
60<br />
SPECIALE<br />
Competenza<br />
della prefettura sulla PEE<br />
I compiti di pianificazione e di<br />
gestione dell’emergenza esterna<br />
per gli stabilimenti a rischio di incidente<br />
rilevante previsti dall’art.<br />
20, decreto legislativo 17 agosto<br />
1999, n. 334, come modificato dal<br />
decreto legislativo 21 settembre<br />
2005, n. 238, rimangono affidati ai<br />
prefetti fino alla attuazione dell’art.<br />
72, D.Lgs. 1° marzo 1998, n.<br />
112, e sino all’adozione dell’apposita<br />
disposizione regionale in materia.<br />
Il Ministero dell’Interno e la<br />
Regione si sono impegnati, fin da<br />
ora, a definire congiuntamente<br />
quanto necessario per garantire il<br />
graduale trasferimento dei compiti,<br />
evitando ogni interruzione<br />
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nell’attività di pianificazione e di<br />
gestione dell’emergenza esterna.<br />
Verifica dello stato<br />
di attuazione dell’accordo<br />
Al fine di verificare lo stato di<br />
attuazione dell’accordo e di valutare<br />
un suo possibile adeguamento<br />
con nuove misure, sarà mantenuto<br />
operativo un gruppo di governo<br />
dell’accordo, da costituirsi d’intesa<br />
tra le parti, e presieduto, alternativamente,<br />
per un periodo di un<br />
anno, dal direttore generale della<br />
Direzione della Regione individuata<br />
per le attribuzioni in materia<br />
di attività a rischio di incidente<br />
rilevante e dal direttore regionale<br />
dei VVF.<br />
La durata dell’accordo è prevista<br />
di tre anni. l<br />
11 dicembre 2007 N. 23
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Commento<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Dopo la circolare 22 agosto 2007, il Ministero ritorna sull’art. 5, legge n. 123/2007<br />
Sulla sospensione dell’attività di impresa<br />
ulteriori chiarimenti dal MinLavoro<br />
diGiocondaRapuano, ispettoretecnicoDPLdiArezzo,eGiulianoEsposito,ispettoredellavoroDPLdiArezzo<br />
Inseguitoaunprimo<br />
chiarimentointerpretativo<br />
sull’applicazionedell’art.5,<br />
leggen.123/2007,<br />
lalettera-circolare22agosto<br />
2007,mirataafornirealcune<br />
istruzionioperativealpersonale<br />
ispettivoinriferimento<br />
alprovvedimentodisospensione<br />
dell’attivitàimprenditoriale,<br />
ilMinisterodelLavoroedella<br />
Previdenzasocialehavoluto<br />
aggiungerealcune<br />
puntualizzazionisullamateria<br />
conlacircolare14novembre<br />
2007,n.24.Ilnuovo<br />
provvedimento,dimodifica<br />
ediintegrazionedeicontenuti<br />
dellaprecedentecircolare,<br />
hafornitoalcuneprecisazioni<br />
sulladiscrezionalità<br />
delprovvedimento<br />
disospensione,<br />
sullastrumentalità<br />
delleviolazioniinmateria<br />
disicurezza,sullanatura<br />
dellasanzioneamministrativa<br />
aggiuntiva,sull’individuazione<br />
dellesanzioniamministrative<br />
complessivamenteirrogate.<br />
62<br />
Il 10 agosto 2007 è stata pubblicata<br />
in Gazzetta Ufficiale la legge 3<br />
agosto 2007, n.123, «Misure in<br />
tema di tutela della salute e della<br />
sicurezza sul lavoro e delega al Governo<br />
per il riassetto e la riforma<br />
della normativa in materia» [1] .<br />
L’art. 1 indica i principi e i criteri<br />
ai quali il Governo dovrà attenersi<br />
nella predisposizione del Testo unico<br />
in materia di tutela della salute e della<br />
sicurezza sui luoghi di lavoro mentre<br />
gli articoli successivi contengono<br />
norme di immediata attuazione, già<br />
in vigore dal 25 agosto 2007; in particolare,<br />
con l’art. 5, «Disposizioni<br />
per il contrasto del lavoro irregolare<br />
e per la tutela della salute e sicurezza<br />
dei lavoratori», il legislatore ha voluto<br />
sottolineare l’equazione “lavoro<br />
regolare = lavoro sicuro”, introdotta<br />
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (di<br />
conversione del D.L. 4 luglio 2006,<br />
n. 223, cosiddetto “decreto Bersani”),<br />
la quale ha posto in rapporto di<br />
causa ed effetto rispettivamente il<br />
contrasto al lavoro “nero” e la sicurezza<br />
nei luoghi di lavoro.<br />
Premesso questo, desta particolare<br />
interesse l’analisi del provvedimento<br />
di sospensione dell’attività,<br />
di cui all’art. 5, che ha riprodotto<br />
e rafforzato (soprattutto,<br />
quanto all’ambito applicativo)<br />
l’analogo provvedimento introdotto<br />
dall’art. 36-bis, legge n. 248/<br />
2006, limitato all’attività svolta<br />
nei cantieri edili. Si tratta di un<br />
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provvedimento che, nonostante alcune<br />
problematiche applicative, ha<br />
dato ottimi risultati nella lotta al<br />
lavoro sommerso e irregolare.<br />
Dall’esame dei dati forniti dal Ministero<br />
del Lavoro è emerso che,<br />
dal 12 agosto 2006 (data di entrata<br />
in vigore del “decreto Bersani”) al<br />
30 giugno 2007, sono stati adottati<br />
1.760 provvedimenti di sospensione<br />
a fronte dell’occupazione di<br />
3.789 lavoratori “in nero”, di cui<br />
673 clandestini, con un incremento<br />
del recupero dei contributi evasi<br />
pari al 15,66%.<br />
Ilprovvedimento<br />
disospensione<br />
L’art. 5, legge n. 123/2007, nel<br />
delineare il provvedimento di sospensione<br />
delle attività, ha introdotto<br />
una serie di novità che caratterizzano<br />
l’istituto rispetto alla versione precedente.<br />
Innanzitutto, è di immediata evidenza<br />
l’estensione dell’ambito di<br />
operatività del provvedimento di sospensione;<br />
mantenendo fermo quanto<br />
previsto all’art. 36-bis, legge n. 248/<br />
2006, relativamente al settore dell’edilizia,<br />
lil disposto ha sancito la<br />
generalizzata applicabilità dell’atto<br />
al ricorrere dei presupposti di legge,<br />
indipendentemente dal tipo di attività<br />
imprenditoriale esercitata [2] .<br />
In secondo luogo, ferma restando<br />
la competenza all’emanazione, da<br />
parte del personale ispettivo del Mi-<br />
[1] Il testo completo della legge, composto da 12 articoli, è disponibile sul sito www.parlamento.it.<br />
[2] L’unica limitazione consiste, allora, nel carattere di “imprenditorialità” dell’attività e cioè che essa abbia forma, organizzazione e<br />
finalità d’impresa ai sensi dell’art. 2082, c.c., per il quale «è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica<br />
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi».<br />
11 dicembre 2007 N. 23
nistero del Lavoro e della Previdenza<br />
sociale [3] , come gli ispettori del lavoro,<br />
gli accertatori del lavoro, gli addetti<br />
alla vigilanza e i militari del<br />
Nucleo carabinieri presso le Direzioni<br />
provinciali del lavoro, la segnalazione<br />
dei fatti che possono portare<br />
all’adozione del provvedimento non<br />
è più limitata all’INPS e all’INAIL,<br />
ma a tutte le amministrazioni pubbliche<br />
che, «secondo le rispettive competenze»<br />
e nell’ambito della propria<br />
azione amministrativa, si trovino a<br />
verificare l’esistenza dei presupposti<br />
per l’applicazione dell’atto di sospensione<br />
dell’attività.<br />
Altra rilevante novità, anch’essa<br />
volta all’estensione della sfera operativa<br />
dell’istituto, riguarda i casi di applicabilità<br />
della sospensione. Accanto<br />
alle ipotesi di impiego di lavoratori<br />
non risultanti dalle scritture o da altra<br />
documentazione obbligatoria e di reiterate<br />
violazioni della disciplina relativa<br />
al superamento dei tempi di lavoro<br />
(ipotesi che non subiscono alcun<br />
mutamento nella legge n. 123/<br />
2007), è aggiunta una nuova previsione<br />
che giustifica l’adozione del<br />
provvedimento, il verificarsi di «gravi<br />
e reiterate violazioni della disciplina<br />
in materia di tutela della salute e<br />
sicurezza nei luoghi di lavoro».<br />
Le condizioni per la revoca del<br />
provvedimento sono:<br />
l la regolarizzazione dei lavoratori<br />
non risultanti dalle scritture o da altra<br />
documentazione obbligatoria;<br />
l l’accertamento del ripristino delle<br />
regolari condizioni di lavoro nel caso<br />
di gravi e reiterate violazioni in materia<br />
di lavoro e in materia di tutela della<br />
salute e della sicurezza sul lavoro;<br />
l il pagamento di una sanzione amministrativa<br />
aggiuntiva pari a un<br />
quinto delle sanzioni amministrative<br />
complessivamente irrogate.<br />
Quest’ultima previsione ha finalmente<br />
risolto una importante questione<br />
sorta immediatamente dopo l’entrata<br />
in vigore della legge n. 248/2006.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Una prima interpretazione da parte<br />
della Direzione Generale dell’attività<br />
ispettiva del Ministero del Lavoro<br />
subordinava la revoca della sospensione<br />
e la ripresa dell’attività lavorativa,<br />
oltre che all’eliminazione<br />
delle violazioni, anche al «pagamento<br />
delle sanzioni amministrative e civili»;<br />
questa interpretazione appariva<br />
senz’altro viziata sotto l’aspetto delle<br />
garanzie che la legge riconosce al<br />
trasgressore. Si pensi al termine di<br />
sessanta giorni che l’art. 16, legge n.<br />
689/1981, ha accordato al trasgressore<br />
per il pagamento delle sanzioni<br />
amministrative, all’istanza di riesame<br />
della fondatezza dell’accertamento<br />
prevista dall’art. 18 o, infine, alla<br />
possibilità di chiedere il pagamento<br />
rateale della sanzione pecuniaria, ai<br />
sensi dell’art. 26, legge n. 689/1981.<br />
La Direzione generale per l’attività<br />
ispettiva del Ministero del Lavoro,<br />
con nota 11 aprile 2007 aveva preso<br />
atto del problema esclusivamente sul<br />
piano pratico; infatti, pur confermando<br />
che la regolarizzazione richiede la<br />
«reintegrazione dell’ordine giuridico<br />
violato anche attraverso il pagamento<br />
delle sanzioni amministrative»,<br />
aveva posto l’accento sulle difficoltà<br />
finanziarie nelle quali l’impresa<br />
avrebbe potuto trovarsi in virtù di<br />
«provvedimenti sanzionatori che prevedono<br />
il pagamento di rilevanti importi<br />
pecuniari». Nell’affidare all’organo<br />
di vigilanza la verifica delle difficoltà<br />
finanziarie, la circolare aveva<br />
previsto che, in questi casi, la revoca<br />
della sospensione potesse prescindere<br />
dal pagamento delle sanzioni ed essere<br />
subordinata alla mera reintegrazione<br />
dell’ordine giuridico violato.<br />
L’entrata in vigore dell’art. 5, legge<br />
n. 123/2007, ha introdotto una<br />
sanzione ad hoc che, tuttavia, poteva<br />
lasciare dubbi a proposito del tipo di<br />
sanzioni amministrative complessivamente<br />
irrogate.<br />
L’intervento del Ministero del Lavoro<br />
è stato tempestivo; infatti, con<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Commento<br />
lettera circolare 22 agosto 2007, nel<br />
dettare le prime istruzioni operative<br />
al personale ispettivo, ha chiarito che<br />
la quantificazione dell’importo sanzionatorio<br />
dovrà avvenire con riferimento<br />
alle sole sanzioni immediatamente<br />
accertate; la successiva circolare<br />
14 novembre 2007, n. 24, ha<br />
ulteriormente chiarito che, trattandosi<br />
di una questione che si pone solo con<br />
riferimento all’ipotesi di cui alla lettera<br />
a), comma 2, art. 5, legge n.<br />
123/2007, possono essere considerate<br />
tutte le sanzioni irrogate per «l’occupazione<br />
di manodopera in nero».<br />
Laproblematicaapplicazione<br />
dellasospensione<br />
La novità introdotta dalla legge n.<br />
123/2007 che ha suscitato le maggiori<br />
perplessità è senza dubbio l’estensione<br />
del provvedimento di sospensione<br />
ai casi di gravi e di reiterate<br />
violazioni della disciplina in materia<br />
di tutela della salute e della sicurezza<br />
sul lavoro, sia con riferimento alla<br />
gravità sia alla reiterazione.<br />
In realtà, la lettera circolare esplicativa<br />
del Ministero del Lavoro 22<br />
agosto 2007, pur dichiarando l’intenzione<br />
di eliminare quanto più possibile<br />
ogni incertezza interpretativa,<br />
aveva individuato le gravi violazioni<br />
nelle «disposizioni sanzionatorie punite<br />
con le pene più gravi (sia di<br />
carattere detentivo che pecuniario)»,<br />
lasciando indefinito il criterio di individuazione<br />
della gravità di entrambe,<br />
sia delle violazioni sia delle pene correlate.<br />
Per quanto riguarda il requisito<br />
della reiterazione, la circolare sembrava<br />
fare riferimento ad accertamenti<br />
che avessero a oggetto il quinquennio<br />
precedente alla emanazione<br />
della legge. La nuova interpretazione<br />
ministeriale, formulata d’intesa dalla<br />
Direzione generale per l’attività<br />
ispettiva e dalla Direzione generale<br />
della tutela delle condizioni di lavoro,<br />
sentito il Coordinamento tecnico<br />
delle Regioni, nel ritenere che nel-<br />
[3] Deve essere segnalato, quale rilevante innovazione proprio in ordine alla competenza a emanare il provvedimento, che il comma 6,<br />
art. 5, legge n. 123/2007, ha esteso l’adottabilità dello stesso al personale ispettivo delle Aziende sanitarie locali quando lo stesso<br />
accerti violazioni alla disciplina in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.<br />
63
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Documento<br />
l’ambito delle “gravi” violazioni in<br />
materia prevenzionistica rientrino le<br />
violazioni che giustificano l’adozione<br />
del provvedimento interdittivo, in<br />
quanto ledono i principi fondamentali<br />
del sistema prevenzionale e mettono<br />
a repentaglio gli interessi generali<br />
dell’ordinamento, fa riserva di definire<br />
un elenco esplicito delle stesse da<br />
concordarsi con il predetto Coordinamento<br />
tecnico.<br />
Relativamente al requisito della<br />
reiterazione, è stato chiarito che «la<br />
ripetizione di condotte illecite gravi<br />
nell’arco temporale dell’ultimo quinquennio,<br />
in ossequio a quanto previsto<br />
dall’art. 11 delle Disposizioni sulla<br />
legge in generale va individuato a<br />
decorrere dall’entrata in vigore della<br />
L. n.123/2007».<br />
Altro importante chiarimento ha<br />
riguardato l’ambito di applicazione<br />
del provvedimento.<br />
Con la circolare 22 agosto 2007, il<br />
Ministero del Lavoro aveva fornito<br />
64<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
una interpretazione letterale della<br />
norma («Fermo restando quanto previsto<br />
dall’art. 36-bis della legge 4<br />
agosto 2006, n. 248»), ritenendo che<br />
le previsioni dell’art. 5 si dovessero<br />
riferire a tutte le altre attività imprenditoriali,<br />
a esclusione dei cantieri edili<br />
ai quali continuava ad applicarsi<br />
l’art. 36-bis.<br />
Con la nuova circolare, lo stesso<br />
Dicastero ha interpretato «quel fermo<br />
restando» quale legame rafforzativo<br />
tra le due norme, arrivando alla indubbia<br />
considerazione che nella nozione<br />
di attività imprenditoriale debbano<br />
essere fatte rientrare anche le<br />
aziende operanti nel settore edile,<br />
trattandosi indubbiamente di uno dei<br />
settori lavorativi maggiormente colpito<br />
dal fenomeno degli infortuni<br />
gravi e mortali ed essendo, inoltre, il<br />
principale settore in cui il personale<br />
ispettivo del Ministero del Lavoro ha<br />
mantenuto una competenza “concorrente”<br />
a vigilare sulla materia della<br />
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salute e della sicurezza sul lavoro.<br />
D’altra parte, una giusta interpretazione<br />
dell’art. 5 non può prescindere<br />
dalla previsione della lettera q), art.<br />
1, legge n. 123/2007, quella della<br />
«razionalizzazione e coordinamento<br />
delle strutture centrali e territoriali<br />
di vigilanza nel rispetto dei principi<br />
di cui all’art. 19 del decreto legislativo<br />
19 dicembre 1994, n. 758, e dell’articolo<br />
23, comma 4, del decreto<br />
legislativo 19 settembre 1994, n.<br />
626». Partendo da questa correlazione,<br />
la circolare n. 24/2007 ha chiarito<br />
definitivamente che gli ispettori del<br />
lavoro hanno competenza ad adottare<br />
il provvedimento di sospensione per<br />
gravi e reiterate violazioni in materia<br />
di salute e sicurezza sul lavoro limitatamente<br />
alle materie individuate<br />
con il D.P.C.M. n. 412/1997. Ulteriori<br />
approfondimenti sul tema saranno<br />
pubblicati sui prossimi numeri di<br />
<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>. l<br />
Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale<br />
- Direzione generale per l’Attività Ispettiva<br />
- Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro<br />
14 novembre 2007, n. 24<br />
Legge n. 123/2007 - Norme di diretta attuazione - Indicazioni operative al personale ispettivo<br />
Con riferimento alla concreta applicazione delle norme<br />
di diretta attuazione contenute nella L. n. 123/2007, questo<br />
Ministero ha provveduto a fornire le prime indicazioni<br />
di carattere interpretativo al personale ispettivo, seppur<br />
con esclusivo riferimento al provvedimento di sospensione<br />
dell’attività imprenditoriale.<br />
A seguito di un più attento ed approfondito esame delle<br />
questioni connesse alla applicazione della citata normativa<br />
si ritiene opportuno fornire i seguenti chiarimenti a parziale<br />
modifica ed integrazione dei contenuti della lettera circolare<br />
del 22 agosto 2007, chiarimenti formulati d’intesa<br />
con la Direzione generale della Tutela delle Condizioni di<br />
Lavoro e sentito il Coordinamento tecnico delle Regioni.<br />
Provvedimentodisospensione<br />
dell’attivitàimprenditoriale<br />
La nuova formulazione contenuta nell’art. 5 L. n.<br />
123/2007 riprende sostanzialmente i contenuti dell’art.<br />
36-bis del D.L. n. 223/2006 (conv. da L. n. 248/2006),<br />
ampliando però sia la platea dei destinatari che i pre-<br />
supposti operativi del provvedimento interdittivo.<br />
Ferme restando, pertanto, le previsioni di cui al citato<br />
art. 36-bis, si sottolinea il legame di forte continuità fra le<br />
due disposizioni, entrambe volte a coniugare i principi di<br />
sicurezza e di regolarità del rapporto di lavoro e caratterizzate<br />
dalla sussistenza dei medesimi presupposti operativi.<br />
L’elemento innovativo introdotto dall’art. 5 della L. n.<br />
123/2007, rappresentato dal presupposto delle “gravi e<br />
reiterate violazioni in materia di sicurezza”, non fa altro<br />
che rafforzare l’efficacia dello strumento interdittivo, in<br />
particolare in tutte quelle realtà caratterizzate da rischi<br />
rilevanti e da una particolare incidenza del fenomeno<br />
infortunistico.<br />
Ne consegue, pertanto, che la nozione di attività imprenditoriale,<br />
già interpretata nel senso di “unità produttiva”<br />
con la predetta lettera circolare del 22 agosto u.s., non<br />
può non ricomprendere, necessariamente, anche le aziende<br />
operanti nel settore edile nel quale, come noto, maggiormente<br />
si avverte l’esigenza di elevare gli standards di<br />
sicurezza e tutela delle condizioni di lavoro.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
Discrezionalità del provvedimento di sospensione<br />
Fermo restando quanto già precisato con la citata lettera<br />
circolare del 22 agosto u.s., relativamente alla possibilità<br />
di non emanare il provvedimento di sospensione nelle<br />
ipotesi in cui la sua adozione comporti una imminente<br />
situazione di pericolo sia per i lavoratori che per i terzi<br />
nonché nelle ipotesi in cui l’interruzione dell’attività imprenditoriale<br />
comporti un irrimediabile degrado “degli<br />
impianti e delle attrezzature”, vanno svolte ulteriori considerazioni<br />
in ordine alla opportunità di non adottare o<br />
differire l’adozione dello stesso provvedimento.<br />
In particolare, va attentamente valutata l’opportunità di<br />
adottare il provvedimento di sospensione in tutte quelle<br />
ipotesi in cui si venga a compromettere il regolare funzionamento<br />
di una attività di servizio pubblico, anche in<br />
connessione (ad esempio attività di trasporto, di fornitura<br />
di energia elettrica, acqua, luce, gas ecc.), così pregiudicando<br />
il godimento di diritti costituzionalmente garantiti.<br />
Una possibile limitazione all’esercizio di tali diritti trova<br />
invece giustificazione laddove il provvedimento di sospensione<br />
per gravi e reiterate violazioni della normativa<br />
in materia di sicurezza sia funzionale alla tutela del primario<br />
diritto costituzionale alla salute di cui all’art. 32 Cost.<br />
Strumentalità dell’accertamento<br />
delle violazioni in materia di sicurezza<br />
Un primo dubbio interpretativo sollevato attiene al riconoscimento<br />
in capo al personale ispettivo del Ministero<br />
del Lavoro, in virtù dell’art. 5, comma 1, della L. n.<br />
123/2007 di una generalizzata competenza nella materia<br />
attinente alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.<br />
In primo luogo va chiarito che con la citata disposizione<br />
il Legislatore non sembra aver voluto modificare il<br />
preesistente quadro delle competenze che, come noto,<br />
prevede il conferimento in via generale delle funzioni di<br />
vigilanza nella materia in questione al personale ispettivo<br />
delle aziende sanitarie locali (L. n. 833/1978) e una competenza<br />
“concorrente” degli ispettori del lavoro limitatamente<br />
alle materie individuate con il D.P.C.M. n. 412/<br />
1997. Da ciò consegue che, almeno in via di prima applicazione<br />
dell’istituto, salvo successive diverse istruzioni<br />
da concordare con il Coordinamento tecnico delle Regioni,<br />
il personale ispettivo del Ministero del Lavoro provvede<br />
ad adottare l’atto di sospensione in caso di gravi e<br />
reiterate violazioni in materia di tutela della sicurezza e<br />
salute del lavoro con esclusivo riferimento al proprio<br />
ambito di competenza e cioè nel settore delle costruzioni<br />
edili o di genio civile, nei lavori in sotterraneo e gallerie,<br />
nei lavori mediante cassoni in aria compressa e subacquei,<br />
nei lavori in ambito ferroviario, e nel settore delle<br />
radiazioni ionizzanti. Per quanto attiene al requisito della<br />
reiterazione, da intendersi come ripetizione di condotte<br />
illecite “gravi” nell’arco temporale dell’ultimo quinquennio,<br />
in ossequio a quanto previsto dall’art. 11 delle Disposizioni<br />
sulla legge in generale, lo stesso va individuato a<br />
decorrere dalla data di entrata in vigore della L. n. 123/<br />
2007 con esclusione, quindi, delle condotte antecedenti a<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Documento<br />
tale data. La verifica del requisito della reiterazione impone,<br />
evidentemente, una ricerca delle violazioni pregresse<br />
da svolgersi nel modo più rigoroso e quindi, in particolare,<br />
sia all’interno della Amministrazione di appartenenza<br />
sia mediante lo scambio di informazioni con gli altri<br />
organi di vigilanza competenti in materia, sia tramite<br />
l’accertamento dell’esistenza di sentenze penali passate in<br />
giudicato, sia presso l’impresa soggetta ad ispezione. Per<br />
quanto attiene invece alla individuazione delle “gravi”<br />
violazioni in materia prevenzionistica, nel ribadire che in<br />
tale ambito rientrano le violazioni che giustificano l’adozione<br />
del provvedimento interdittivo in quanto ledono i<br />
principi fondamentali del sistema prevenzionale e mettono<br />
a repentaglio gli interessi generali dell’ordinamento, si<br />
fa riserva di definire un elenco esplicito delle stesse da<br />
concordarsi con il Coordinamento tecnico delle Regioni.<br />
Ciò nel rispetto del principio di tassatività che non può<br />
non connotare il presupposto per l’adozione di un provvedimento<br />
di rilevante gravità quale la sospensione di una<br />
attività imprenditoriale.<br />
Natura della “sanzione amministrativa aggiuntiva”<br />
Un altro dubbio interpretativo attiene al pagamento<br />
della “sanzione amministrativa aggiuntiva” quale presupposto<br />
per la revoca del provvedimento di sospensione.<br />
Al riguardo occorre preliminarmente precisare che, nonostante<br />
il tenore letterale della disposizione normativa, non<br />
si è in presenza di una sanzione amministrativa, quanto<br />
piuttosto di un “onere economico accessorio”.<br />
A tale conclusione si giunge considerando, da un lato,<br />
che ad essa non trova applicazione il meccanismo di<br />
quantificazione di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981, in<br />
quanto il criterio di computo è già definito dalla legge,<br />
dall’altro perché in caso di mancato pagamento da parte<br />
del trasgressore di detto onere, l’unica conseguenza consiste<br />
nella mera permanenza degli effetti sospensivi del<br />
provvedimento, senza alcun ulteriore seguito in termini di<br />
riscossione coattiva del relativo importo.<br />
Individuazione delle sanzioni amministrative<br />
complessivamente irrogate<br />
Ulteriore nodo interpretativo da sciogliere concerne<br />
l’esatta individuazione della nozione di sanzioni amministrative<br />
complessivamente irrogate.<br />
In primo luogo è da rilevare che la questione si pone<br />
evidentemente solo con riferimento all’ipotesi di cui alla<br />
lettera a) del comma 2 dell’art. 5 della L. n. 123/2007 e<br />
cioè alle violazioni da considerarsi “connesse” all’illecito<br />
concernente l’utilizzazione di lavoratori non risultanti dalle<br />
scritture o da altra documentazione obbligatoria. A<br />
titolo esemplificativo, pertanto, si possono considerare<br />
tutte quelle ipotesi di violazione conseguenti all’occupazione<br />
di monodopera in nero e cioè la “maxisanzione”,<br />
l’omessa istituzione ed esibizione dei libri obbligatori, la<br />
mancata scritturazione del personale sui libri obbligatori,<br />
il mancato inoltro all’INAIL della denuncia nominativa<br />
assicurati, l’omessa comunicazione di assunzione al Cen-<br />
65
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Documento<br />
tro per l’Impiego, l’omessa consegna al lavoratore della<br />
lettera di assunzione nonché del prospetto di paga.<br />
Quanto alla formulazione normativa che fa riferimento<br />
alla “irrogazione” delle sanzioni, già con la lettera circolare<br />
del 22 agosto 2007, si è fatto ricorso alla nozione di<br />
violazioni immediatamente accertate dal personale ispettivo<br />
in sede di verifica in quanto, in realtà, l’accertamento<br />
è il presupposto logico necessario all’irrogazione delle<br />
sanzioni stesse. Dal punto di vista operativo, pertanto, è<br />
sufficiente considerare gli importi relativi alle violazioni<br />
riportate nel verbale di accertamento, indipendentemente<br />
dal fatto che per le stesse, a livello procedimentale, si<br />
debba adottare la diffida obbligatoria ex art. 13 D.Lgs. n.<br />
124/2004, ovvero procedere alla contestazione di illecito<br />
amministrativo ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689/1981.<br />
Inoltre, per quanto attiene alla quantificazione dell’importo<br />
relativo alle violazioni di cui sopra - così come già<br />
indicato con la citata lettera circolare del 22 agosto 2007 -<br />
lo stesso va comunque quantificato ai sensi dell’art. 16<br />
della L. n. 689/1981, a prescindere che sussistano o meno<br />
i presupposti della diffida obbligatoria.<br />
Va tenuto presente, infatti, che la commisurazione di<br />
tale importo aggiuntivo è meramente strumentale alla<br />
adozione della revoca del provvedimento di sospensionema<br />
come già detto, non ha una sua autonomia quale<br />
distinta fattispecie sanzionatoria. Sotto il profilo procedimentale<br />
infine, l’adozione del provvedimento di diffida o<br />
di notificazione di illecito amministrativo, relativi a dette<br />
violazioni, può avvenire anche in un momento successivo<br />
all’adozione del provvedimento di sospensione, secondo<br />
l’iter ordinario.<br />
ModificazionialD.Lgs.n.626/1994<br />
inmateriadiappalti<br />
Di particolare rilievo appare la previsione che, sostituendo<br />
il comma 3 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 626/1994 dà<br />
un significato puntuale alla nozione di cooperazione e<br />
coordinamento fra datore di lavoro committente e appaltatore<br />
in ordine alla pianificazione di sicurezza, introducendo<br />
a carico del primo l’obbligo di elaborare un documento<br />
unico di valutazione relativo ai rischi scaturenti<br />
dalla “interferenza” delle lavorazioni.<br />
È evidente che per tutti gli altri rischi non riferibili alle<br />
interferenze resta immutato l’obbligo per ciascuna impresa<br />
di elaborare il proprio documento di valutazione dei<br />
rischi e di provvedere all’attuazione delle misure di sicurezza<br />
necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi<br />
specifici propri dell’attività svolta.<br />
Premesso che nell’ambito della nozione di “appalto”,<br />
in considerazione delle finalità sopra evidenziate, non<br />
possono non rientrare anche le ipotesi di subappalto così<br />
come quelle di “fornitura e posa in opera” di materiali,<br />
tutte accomunate dalla caratteristica dell’impiego necessario<br />
di manodopera, si precisa che l’obbligo di pianificazione<br />
a carico del committente trova applicazione in tutti<br />
gli appalti c.d. “interni” nei confronti di imprese o lavora-<br />
66<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
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tori autonomi ma, in virtù delle modifiche introdotte dall’art.<br />
1, comma 910, della L. n. 296/2006 (Finanziaria<br />
2007), anche nel caso di affidamento di lavori o servizi<br />
rientranti “Nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda<br />
medesima”. Ciò comporta che l’obbligo di elaborazione<br />
del documento unico di valutazione del rischio<br />
sussiste anche nelle ipotesi di appalti “extraziendali” che<br />
tuttavia risultino necessari al fine della realizzazione del<br />
ciclo produttivo dell’opera o del servizio e non siano<br />
semplicemente preparatori o complementari della attività<br />
produttiva in senso stretto.<br />
È da ritenere che da tale ambito debbano escludersi le<br />
attività che, pur rientrando nel ciclo produttivo aziendale,<br />
si svolgano in locali sottratti alla giuridica disponibilità<br />
del committente e, quindi, alla possibilità per lo stesso di<br />
svolgere nel medesimo ambiente gli adempimenti stabiliti<br />
dalla legge.<br />
Il documento unico di valutazione del rischio, inoltre,<br />
non può considerarsi un documento “statico” ma necessariamente<br />
“dinamico”, per cui la valutazione effettuata<br />
prima dell’inizio dei lavori deve necessariamente essere<br />
aggiornata in caso di subappalti o forniture e posa in<br />
opera intervenuti successivamente ovvero in caso di modifiche<br />
di carattere tecnico, logistico o organizzativo incidenti<br />
sulle modalità realizzative dell’opera o del servizio<br />
che dovessero intervenire in corso d’opera.<br />
RappresentantedeiLavoratori<br />
perla<strong>Sicurezza</strong>edocumento<br />
divalutazionedeirischi<br />
Modificando l’art. 19, comma 5, del D.Lgs. n. 626/<br />
1994 la normativa in esame interviene a risolvere con<br />
chiarezza la problematica concernente la fruizione da parte<br />
del Rappresentante dei Lavoratori per la <strong>Sicurezza</strong> del<br />
documento di valutazione dei rischi. Nonostante già con<br />
circ. n. 68/2000 di questo Ministero il diritto di accesso al<br />
documento in questione fosse stato interpretato come materiale<br />
consegna del documento salvo ipotesi eccezionali,<br />
continuavano a verificarsi comportamenti datoriali non in<br />
linea con la citata interpretazione ministeriale. La previsione<br />
normativa esplicita ora che il datore di lavoro è tenuto a<br />
consegnare materialmente copia del documento nonché<br />
del registro infortuni al Rappresentante dei Lavoratori per<br />
la <strong>Sicurezza</strong>. A tal proposito è però opportuno ricordare<br />
che l’art. 9, comma 3, del D.Lgs. n. 626/1994 impone ai<br />
Rappresentanti dei Lavoratori per la <strong>Sicurezza</strong> il segreto in<br />
ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza<br />
nell’esercizio delle loro funzioni. Si rimarca, altresì, che i<br />
Rappresentanti dei Lavoratori per la <strong>Sicurezza</strong> possono<br />
utilizzare le informazioni contenute nei documenti in parola<br />
unicamente per esercitare le funzioni loro riservate,<br />
dovendo rispettare al riguardo le previsioni di legge in<br />
materia di tutela del segreto industriale e riservatezza.<br />
Tesseradiriconoscimento<br />
delpersonaleimpegnatoinappalti<br />
L’art. 6 della normativa in esame introduce, anche per i<br />
11 dicembre 2007 N. 23
datori di lavoro operanti in attività non edili, l’obbligo di<br />
munire il personale occupato nell’ambito degli appalti e<br />
subappalti, a decorrere dal 1° settembre 2007, di apposita<br />
tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente<br />
le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore<br />
di lavoro.<br />
Quanto al campo di applicazione della previsione va<br />
precisato che l’ambito di riferimento è da individuarsi nei<br />
soli appalti “interni”, considerata la ratio della disposizione<br />
volta a consentire una più agevole identificazione del<br />
personale impegnato in contesti organizzativi complessi<br />
caratterizzati dalla compresenza, in uno stesso luogo, di<br />
lavoratori appartenenti a diversi datori di lavoro.<br />
L’obbligo datoriale, come risulta chiaramente dalla formulazione<br />
normativa, è quello di “munire” il “personale<br />
occupato” dall’azienda - come tale intendendosi sia i lavoratori<br />
subordinati che coloro i quali risultano comunque<br />
inseriti nel ciclo produttivo, ricevendo direttive in ordine<br />
alle concrete modalità di svolgimento della prestazione<br />
lavorativa dedotta in contratto (ad esempio lavoratore a<br />
progetto) - della tessera di riconoscimento, mentre l’obbligo<br />
in capo al lavoratore è quello di esporre detta tessera.<br />
Tenuto conto delle citate finalità della disposizione, i<br />
lavoratori sono tenuti a portare indosso in chiara evidenza<br />
la tessera di riconoscimento e medesimo obbligo fa capo ai<br />
lavoratori autonomi che operano nell’ambito dell’appalto, i<br />
quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto (ad esempio<br />
artigiani). I dati contenuti nella tessera di riconoscimento<br />
devono consentire l’inequivoco ed immediato riconoscimento<br />
del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia,<br />
deve essere riportato in modo leggibile almeno il<br />
nome, il cognome e la data di nascita. La tessera inoltre<br />
deve indicare il nome o la ragione sociale dell’impresa<br />
datrice di lavoro. La previsione normativa stabilisce ancora<br />
che, in via alternativa, i soli datori di lavoro che occupano<br />
meno di dieci dipendenti (cioè massimo nove) possono<br />
assolvere all’obbligo di esporre la tessera “mediante annotazione,<br />
su apposito registro vidimato dalla Direzione provinciale<br />
del lavoro territorialmente competente da tenersi<br />
sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente<br />
impiegato nei lavori”. Con riferimento all’ambito<br />
applicativo della previsione si rinvia a quanto già precisato<br />
dalla circ. n. 29/2006 di questo Ministero.<br />
Dalla formulazione della norma, inoltre, si evince che<br />
l’obbligo di tenere il registro in argomento è riferito a<br />
ciascun appalto di opere o servizi, cosicché l’impresa<br />
interessata è tenuta ad istituire più registri qualora svolga<br />
la propria attività in luoghi diversi.<br />
Tale registro non può mai essere rimosso dal luogo di<br />
lavoro in quanto altrimenti si vanifica la finalità per la<br />
quale lo stesso è stato istituito; va altresì precisato che le<br />
annotazioni sullo stesso vanno effettuate necessariamente<br />
prima dell’inizio dell’attività lavorativa giornaliera in<br />
quanto trattasi di un registro “di presenza” sul luogo di<br />
lavoro.<br />
Per quanto concerne le modalità di vidimazione del<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Documento<br />
registro da parte delle Direzioni provinciali del lavoro è<br />
possibile rinviare in via analogica a quanto previsto dal<br />
T.U. n. 1124/1965 con riferimento ai libri di paga e matricola.<br />
Sotto il profilo sanzionatorio la mancata tenuta sul<br />
luogo di lavoro del registro ovvero l’irregolare tenuta<br />
dello stesso comporta in capo al datore di lavoro la medesima<br />
sanzione prevista con riferimento alle tessere di<br />
riconoscimento (dae100 ade500 per ciascun lavoratore),<br />
essendo il registro uno strumento alternativo ed equipollente<br />
alle stesse.<br />
Nei confronti di tali sanzioni si ricorda da ultimo che<br />
non è ammessa la procedura di diffida di cui all’articolo 13<br />
del D.Lgs. n. 124/2004 per espressa previsione normativa.<br />
Modifichealcomma1198<br />
dellaL.n.296/2006<br />
L’art. 11 della legge modifica l’art. 1, comma 1198,<br />
della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007) che precludeva<br />
per un anno gli accertamenti ispettivi anche in materia di<br />
sicurezza nei confronti delle imprese che hanno presentato<br />
domanda di emersione, prevedendo altresì un periodo<br />
di moratoria di pari durata per la regolarizzazione delle<br />
carenze prevenzionistiche.<br />
Preso atto delle possibili criticità anche sul piano dei<br />
principi costituzionali della formulazione normativa, la<br />
disposizione chiarisce in modo inequivoco che la sospensione<br />
delle verifiche ispettive non trova applicazione con<br />
riferimento alla materia della sicurezza e salute dei lavoratori,<br />
materia in ordine alla quale rimangono intatte le<br />
prerogative accertative degli organi di vigilanza. È dunque<br />
conseguentemente soppressa la possibilità da parte<br />
del datore di lavoro di usufruire del termine annuale per la<br />
regolarizzazione delle citate carenze prevenzionistiche.<br />
Applicazionedelladiffidadaparte<br />
delpersonaleamministrativo<br />
degliIstitutiprevidenziali<br />
L’art. 4, comma 6 interviene a risolvere la problematica<br />
concernente la applicazione dell’istituto della diffida<br />
obbligatoria di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 da<br />
parte del personale amministrativo degli Enti previdenziali<br />
che accerta d’ufficio la sussistenza di violazioni amministrative<br />
“comunque sanabili”. Essendo l’istituto della<br />
diffida prerogativa del personale ispettivo del Ministero<br />
del Lavoro e degli Enti si poneva infatti il problema della<br />
sua adozione - anche in quanto condizione di procedibilità<br />
dell’illecito - da parte di personale degli Enti che non<br />
riveste tale qualifica pur svolgendo, ai sensi dell’art. 13<br />
della L. n. 689/1981, una attività accertativa in materia<br />
previdenziale. La disposizione, con estrema chiarezza,<br />
prevede dunque l’estensione della procedura di diffida<br />
anche con riferimento a tale personale risolvendo peraltro<br />
una delicata questione sul piano della parità di trattamento<br />
dei contravventori e privilegiando il profilo “sostanziale”<br />
del procedimento di composizione dell’illecito amministrativo<br />
rispetto all’elemento “formale” della qualifica rivestita<br />
dal soggetto accertatore. l<br />
67
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
In capo a ogni figura professionale le mansioni per la tutela del lavoratore<br />
L’organizzazione della sicurezza aziendale<br />
parte integrante della gestione generale<br />
diGiuseppeDeDominicis, consulentesicurezzaeambientelavoro<br />
All’internodell’organizzazione<br />
diunaaziendaèincapo<br />
allediversefigurecoinvolte<br />
nel“sistemasicurezza”<br />
l’obbligodigarantire«l’integrità<br />
fisicaelapersonalitàmorale»<br />
deilavoratori(art.2087,codice<br />
civile).Inparticolare,ildatore<br />
dilavorodeveadottarepercorsi<br />
diaggiornamentoalfine<br />
diottenereuncontinuo<br />
miglioramentodelleazioni<br />
preventive.Allostessomodo,<br />
lealtrefigureprofessionali<br />
presentinell’azienda,<br />
daldirigentealpreposto,<br />
dallavoratorestessoal<br />
responsabiledelservizio<br />
diprevenzioneeprotezione<br />
dairischi,finoalmedico<br />
competente,alRLS,all’addetto<br />
alprontosoccorsoeallasquadra<br />
diemergenza,dovrannofare<br />
inmododimettereinattotutte<br />
lepossibiliaccortezzealsolo<br />
scopodigarantirelatutela<br />
dellasaluteedellasicurezza<br />
dituttelepersonepresenti<br />
inaziendaedesterne.<br />
68<br />
2087, c.c., dispone che è<br />
opportuno «adottare in<br />
L’art.<br />
azienda le misure che, secondo<br />
la particolarità del lavoro,<br />
l’esperienza e la tecnica, sono necessarie<br />
per tutelare l’integrità fisica<br />
e la personalità morale dei prestatori<br />
di lavoro» (si veda lo schema<br />
1).<br />
La cosa più importante di questa<br />
disposizione legislativa è che il datore<br />
di lavoro deve attuare, nel tempo,<br />
percorsi di aggiornamento per<br />
un continuo miglioramento delle attività<br />
preventive da adottare in<br />
azienda, al passo con l’evoluzione<br />
dell’esperienza industriale e del<br />
progresso tecnico.<br />
Così facendo, si pone all’apice<br />
dell’interesse la sicurezza umana e<br />
la tutela della salute del personale<br />
aziendale e ne scaturisce che ogni<br />
iniziativa produttiva deve interessarsi<br />
e preoccuparsi di non creare<br />
danni a questo bene primario che è<br />
la vita umana.<br />
Per l’imprenditore il dovere di<br />
tutelare la salute e l’integrità fisica<br />
dei propri dipendenti deve essere<br />
inteso come prioritario a ogni altro<br />
obbiettivo.<br />
Lapoliticaaziendale<br />
inmateriadisicurezza<br />
La politica della salute e della<br />
sicurezza sul lavoro costituisce parte<br />
integrante della gestione generale<br />
dell’azienda e, pertanto, le misure<br />
da attuare da parte della direzione<br />
aziendale passano necessariamente<br />
attraverso le seguenti attività (si veda<br />
anche lo schema 2):<br />
l predisporre il lavoro delle proprie<br />
unità produttive, in particolare<br />
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al momento delle scelte tecniche e<br />
organizzative delle operazioni, nel<br />
rispetto delle norme e dei criteri di<br />
prevenzione e in armonia con gli<br />
obbiettivi e i programmi generali<br />
aziendali, al fine di permettere la<br />
pianificazione dei lavori in condizioni<br />
di sicurezza;<br />
l assicurare il puntuale rispetto degli<br />
adempimenti legislativi in materia<br />
di sicurezza sul lavoro, in tema<br />
di protezione e di tutela della salute<br />
dei lavoratori e in merito all’antincendio,<br />
in particolare, per l’individuazione<br />
dei fattori di rischio e per<br />
la valutazione degli stessi;<br />
l utilizzare risorse economiche e<br />
formulare il budget annuale ai fini<br />
della preventivazione e delle realizzazioni<br />
di interventi per migliorare<br />
la sicurezza delle macchine, degli<br />
impianti, degli immobili, degli ambienti<br />
di lavoro in genere, per l’acquisto<br />
dei dispositivi di protezione<br />
individuale (DPI) e per il monitoraggio<br />
periodico ambientale delle<br />
unità produttive;<br />
l coordinare le attività di lavoro in<br />
modo che le singole operazioni e i<br />
singoli apporti siano armonizzati al<br />
fine di evitare che, con la loro interferenza<br />
e con il loro modo irrazionale<br />
di esprimersi, possano creare<br />
condizioni di rischio ulteriori;<br />
l individuare, anche attraverso le<br />
unità competenti nelle attività (per<br />
esempio, di produzione, di manutenzione,<br />
di ricerca, di magazzino<br />
ecc.), le misure preventive che il<br />
personale dipendente dovrà attuare;<br />
l accertare che queste siano efficaci<br />
ed efficienti ai fini dell’antinfortunistica<br />
e della salute, in caso contrario<br />
provvedere a ristabilire le<br />
11 dicembre 2007 N. 23
normali condizioni di sicurezza e,<br />
se necessario, a emanare procedure<br />
operative, in special modo per i lavori<br />
a rischio maggiore;<br />
l assicurare, avvalendosi anche di<br />
personale preposto, la rispondenza alle<br />
disposizioni di legge delle macchine,<br />
degli impianti, delle attrezzature,<br />
dei mezzi di sollevamento, delle opere<br />
provvisionali, dei materiali, dei<br />
prodotti chimici e di quanto altro utilizzato,<br />
adeguandoli, se necessario,<br />
alle nuove tecnologie in materia di<br />
sicurezza, di igiene ambientale e a<br />
quanto altro richiesto dalla normativa<br />
di prevenzione incendio;<br />
l assicurare che i dispositivi di sicurezza<br />
istallati (protezioni elettriche<br />
e meccaniche, parapetti, sistemi<br />
di allarme, attrezzature antincendio,<br />
opere provvisionali, sistemi anticaduta<br />
per lavori in quota, sistemi di<br />
affrancatura e di sollevamento ecc.)<br />
siano utilizzati e siano in perfetto<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Art. 2087, codice civile<br />
stato di efficienza, nonché disporre,<br />
controllare ed esigere che tutti osservino<br />
le normative di legge e le<br />
disposizioni interne in materia di<br />
sicurezza, di igiene e di tutela dell’ambiente,<br />
utilizzando tutto quanto<br />
messo a disposizione;<br />
l formulare programmi per la realizzazione<br />
di corsi in materia di sicurezza<br />
sul lavoro, da organizzare<br />
periodicamente all’interno dell’azienda,<br />
con la partecipazione del<br />
personale dipendente al fine di acculturare<br />
e sensibilizzare i propri<br />
dipendenti ai problemi della sicurezza<br />
attraverso una conoscenza<br />
specifica dei rischi presenti nelle<br />
singole attività di lavoro;<br />
l far redigere dal servizio di prevenzione<br />
e protezione procedure<br />
per l’emergenza e per l’evacuazione<br />
del personale;<br />
l programmare le riunioni con i<br />
responsabili di produzione, con il<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Schema 1<br />
«Adottare in azienda le misure che secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica<br />
sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro»<br />
Il datore di lavoro deve nel tempo attuare percorsi di aggiornamento per un continuo miglioramento<br />
delle attività preventive da adottare in azienda, al passo con l’evoluzione dell’esperienza<br />
industriale e del progresso tecnico.<br />
la sicurezza umana<br />
Così facendo si pone all’apice degli interessi<br />
la tutela della salute<br />
del personale<br />
aziendale<br />
di non creare danni<br />
alla vita umana che<br />
è un bene primario<br />
servizio di prevenzione e protezione,<br />
con il medico competente e<br />
con il rappresentante della sicurezza<br />
dei lavoratori per discutere, accertare<br />
e definire iniziative in merito<br />
alla sicurezza sul lavoro;<br />
l assicurare che il personale dipendente<br />
sia sottoposto alle visite<br />
mediche richieste, all’atto dell’assunzione<br />
e periodicamente, da parte<br />
del medico competente;<br />
l seguire l’andamento statistico<br />
degli infortuni e delle malattie professionali<br />
(per esempio, indici di<br />
frequenza, indici di gravità degli infortuni,<br />
percentuale delle ore di assenza<br />
per infortuni ecc.) al fine di<br />
verificare se l’andamento infortunistico<br />
è in fase crescente o meno e,<br />
quindi, apportare, se necessario, le<br />
iniziative per promuovere una migliore<br />
prevenzione aziendale;<br />
l istituire il servizio di prevenzione<br />
e protezione e designare il re-<br />
69
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
sponsabile (RSPP) che svolge i<br />
compiti previsti dall’art. 9, D.Lgs.<br />
n. 626/1994;<br />
l nominare, quando necessario, il<br />
medico competente per la sorveglianza<br />
sanitaria del personale (art.<br />
4, comma 4, lettera c), D.Lgs. n.<br />
626/1994);<br />
l eleggere e nominare il rappresentante<br />
della sicurezza dei lavoratori<br />
(art. 18, D.Lgs. n. 626/1994);<br />
l nominare gli addetti al pronto<br />
soccorso e all’emergenza (D.M. 10<br />
marzo 1998).<br />
Leattivitàdell’azienda<br />
Al fine di effettuare una efficace<br />
pianificazione della sicurezza in<br />
azienda (si veda la tabella 1), la<br />
stessa deve:<br />
l provvedere (al momento dell’assunzione,<br />
in caso di cambio di mansione,<br />
per l’utilizzo di nuovi prodotti<br />
chimici, per modifiche organizzative<br />
ecc.) affinché ciascun la-<br />
70<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Politica aziendale della prevenzione<br />
Direzione aziendale<br />
Politica della sicurezza<br />
Misure generali da attuare<br />
voratore riceva un’adeguata informazione<br />
sui rischi specifici connessi<br />
all’attività e una formazione in<br />
merito alla prevenzione da attuare;<br />
l elaborare i documenti di valutazione<br />
dei rischi per singola attività<br />
lavorativa (compreso il rischio<br />
chimico, il rischio rumore e<br />
vibrazioni, miscele esplosive, se<br />
presenti, il rischio biologico e<br />
quello determinato dalla movimentazione<br />
manuale dei carichi),<br />
così come previsto dall’art. 4,<br />
commi 1 e 2, D.Lgs. n. 626/1994;<br />
l definire i dispositivi di protezione<br />
individuale (DPI) da consegnare<br />
agli addetti ai lavori in relazione ai<br />
rischi specifici presenti durante il<br />
lavoro;<br />
l formulare delle linee guida per<br />
ogni singola mansione aventi lo scopo<br />
di fornire, ai singoli addetti (artt.<br />
21 e 22, D.Lgs. n. 626/1994), informazioni<br />
sui rischi specifici connessi<br />
all’attività, informazioni e disposizio-<br />
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Schema 2<br />
• predisporre il lavoro nel rispetto delle norme di prevenzione ed in armonia con gli obiettivi<br />
aziendali per permettere la pianificazione dei lavori in condizioni di sicurezza;<br />
• assicurare il rispetto degli adempimenti legislativi;<br />
• utilizzare risorse economiche e formulare budget di spesa;<br />
• individuare le misure preventive ed emanare procedure operative;<br />
• disporre, controllare ed esigere che tutti osservino le normative di legge e le disposizioni interne;<br />
• formulare programmi per la realizzazione dei corsi;<br />
• programmare riunioni periodiche per definire iniziative;<br />
• assicurare la sorveglianza sanitaria;<br />
• seguire l’andamento statistico degli infortuni e malattie professionali;<br />
• istituisce il servizio di prevenzione e protezione e designare il responsabile.<br />
ni generali al personale in materia di<br />
antinfortunistica, sulle misure e sulle<br />
prescrizioni di protezione e di prevenzione<br />
specifiche che gli operatori devono<br />
attuare durante il lavoro e<br />
l’elenco dei DPI da usare; queste linee<br />
guida vengono posizionate in tutti<br />
i posti di lavoro e a disposizione dei<br />
lavoratori che possono consultarle in<br />
ogni momento;<br />
l formare i lavoratori addetti all’attività<br />
di prevenzione incendi, di<br />
evacuazione del personale in caso<br />
di emergenza e di pronto soccorso;<br />
l richiedere l’osservanza, da parte<br />
dei singoli lavoratori, delle norme<br />
vigenti, nonché delle disposizioni<br />
aziendali in materia di sicurezza e<br />
di igiene del lavoro e di uso dei<br />
mezzi di protezione collettivi e dei<br />
dispositivi di protezione individuali<br />
(DPI) messi a loro disposizione;<br />
l disporre di una manutenzione<br />
programmata degli ambienti di lavoro,<br />
delle attrezzature, delle<br />
11 dicembre 2007 N. 23
macchine, degli impianti, dei<br />
mezzi di sollevamento e di trasporto,<br />
con particolare riguardo ai<br />
dispositivi di sicurezza in conformità<br />
alle indicazioni riportate sui<br />
libretti di manutenzione e di uso<br />
rilasciati dalle ditte costruttrici (è<br />
opportuno che le riparazioni e le<br />
manutenzioni eseguite siano riportate<br />
su apposite “schede-macchina”<br />
anche per essere mostrate,<br />
in caso di richiesta, agli organi di<br />
vigilanza competenti);<br />
l eseguire periodicamente rilievi<br />
ambientali per riscontrare l’eventuale<br />
presenza di fattori di rischio<br />
nocivi alla salute (per esempio,<br />
presenza di fibre di amianto, di<br />
polveri, di fumi aerodispersi, di<br />
vibrazioni, di rumorosità, ricerca<br />
di componenti di materie prime e<br />
di prodotti chimici presenti, agenti<br />
biologici ecc.);<br />
l anche attraverso incontri e riunioni<br />
di lavoro, mantenere periodicamente<br />
e sistematicamente viva e forte l’attenzione<br />
di tutti i dipendenti a svolgere<br />
le loro attività all’interno del-<br />
Attivitàaziendale<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
l’azienda, tenendo presente che la politica<br />
sul problema della prevenzione<br />
e della protezione dai rischi per la<br />
sicurezza e la salute dei lavoratori è<br />
parte integrante delle finalità stesse<br />
dell’azienda;<br />
l in merito ai lavori che vengono<br />
commissionati a ditte appaltatrici,<br />
obbligare queste ultime a rispettare<br />
tutte le disposizioni di legge in materia<br />
di assunzioni, di retribuzione,<br />
di assicurazione, di previdenza per<br />
il personale impegnato nelle operazioni<br />
relative all’espletamento del<br />
contratto; inoltre, è pertinenza delle<br />
ditte appaltatrici l’osservanza di tutte<br />
le opportune norme antinfortunistiche<br />
e l’impegno preciso a far rispettare,<br />
dal loro personale dipendente,<br />
ogni eventuale disposizione<br />
in merito alla sicurezza che, nell’esecuzione<br />
dell’incarico pattuito,<br />
venga prescritta o comunicata, dalla<br />
committente dei lavori, a tutela della<br />
incolumità del proprio personale<br />
dipendente; al fine di dimostrare, ai<br />
sensi dell’art. 7, comma 1, lettera<br />
a), D.Lgs. n. 626/1994, la propria<br />
Pianificazioneeorganizzazione<br />
dellemisurepreventiveeprotettivedellasicurezza<br />
Informazionesuirischispecificieformazionesullaprevenzione.<br />
Elaborazionedeidocumentidivalutazionedeirischi.<br />
SceltaedistribuzionedeiDPIinrelazioneairischispecifici.<br />
Formulazionedilineeguidaoperativepersingolamansione.<br />
Formazioneagliaddettiall’emergenzaedalprimoprontosoccorso.<br />
Osservanzadeilavoratoridellenormevigentiedelledisposizioniaziendali.<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
idoneità tecnico-professionale, la<br />
ditta appaltatrice deve produrre,<br />
prima dell’inizio dei lavori, la seguente<br />
documentazione:<br />
- una copia del certificato di<br />
iscrizione alla camera di commercio,<br />
industria e artigianato;<br />
- la polizza assicurativa per la<br />
responsabilità civile verso terzi;<br />
- una copia del libro matricola recante<br />
i dati dei lavoratori dipendenti<br />
che saranno utilizzati nell’appalto;<br />
- una copia della documentazione<br />
che accerta le iscrizioni e i versamenti<br />
presso gli istituti previdenziali<br />
(INPS- INAIL);<br />
- una copia del documento di<br />
valutazione del rischio (art. 4,<br />
D.Lgs. n. 626/1994) o, se si tratta di<br />
lavori edili, del POS (art. 9, comma<br />
1, lettera c-bis), D.Lgs. n. 494/<br />
1996) relativo ai lavori appaltati;<br />
- la dichiarazione nella quale si<br />
attesta di aver provveduto:<br />
a) all’informazione e alla formazione<br />
specifica dei lavoratori riguardante<br />
i rischi relativi alla mansione<br />
svolta presso lo stabilimento<br />
TABELLA1<br />
Manutenzioneprogrammatadegliambientilavoro,delleattrezzature,dellemacchineedegliimpianti.<br />
Eseguirerilieviambientaliconstrumentazione.<br />
Rispettodellanormativavigenteperditteappaltatricipresentiinazienda.<br />
Controllodelleprotezionidegliorganimeccaniciedelleapparecchiatureelettriche.<br />
Controllodell’antinfortunisticanelleattivitàdimagazzino.<br />
Sorveglianzasanitaria.<br />
Controllodell’attrezzaturaantincendio.<br />
Elaborazionediprocedurediemergenza.<br />
Riesameperimiglioramentidellemisurepreventiveinatto.<br />
71
72<br />
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Attoridellaprevenzioneinazienda<br />
Responsabilità<br />
operativedellasicurezza:<br />
Responsabilità<br />
consultiva:<br />
(artt. 21 e 22, D.Lgs. n. 626/1994);<br />
b) alla nomina del responsabile<br />
del servizio di prevenzione e protezione<br />
(RSPP), del rappresentante<br />
dei lavoratori della sicurezza<br />
(RLS) e del medico competente<br />
(dove previsto); in applicazione<br />
alle disposizioni contenute nell’art.<br />
7, comma 1, lettera b),<br />
D.Lgs. n. 626/1994, la ditta appaltante<br />
deve fornire all’appaltatrice<br />
Ildirigente<br />
datoredilavoro; imprenditoreeorganizzatore.<br />
informazioni sui rischi specifici<br />
esistenti nell’ambiente oggetto<br />
dell’appalto (questa informazione<br />
è necessaria per consentire alla<br />
ditta appaltatrice di attuare, per il<br />
proprio personale dipendente, la<br />
prevenzione specifica in relazione<br />
ai rischi presenti negli ambienti<br />
oggetto dell’appalto).<br />
In data 25 agosto 2007 è entrata<br />
in vigore la legge 3 agosto 2007, n.<br />
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TABELLA2<br />
dirigente; organizzaillavorodialtrepersone.<br />
preposto; controlla la corretta esecuzione dei<br />
lavori.<br />
lavoratore; esegueilavoriinsicurezza.<br />
addettoalprontosoccorso; provvede a soccorrere e medicare<br />
l’infortunato.<br />
addettoall’emergenza; incaricato al primo intervento antincendio,perl’evacuazione.<br />
responsabiledelserviziodiprevenzioneeprotezionedairischi;<br />
ausiliotecnico.<br />
medicocompetente; ausiliomedico.<br />
rappresentantedeilavoratoriperlasicurezza; ausilioconsultivo.<br />
1 Attua lavigentenormativageneraleinmateriadisicurezza;<br />
123, la quale ha stabilito, in materia<br />
di appalti, che:<br />
l il datore di lavoro committente<br />
l’appalto deve elaborare un unico documento<br />
di valutazione dei rischi che<br />
indichi le misure da adottare per eliminare<br />
le interferenze sul lavoro (tra<br />
il personale dipendente della ditta appaltante<br />
e quello dipendente della ditta<br />
appaltatrice) oggetto di probabili<br />
infortuni; questo documento deve es-<br />
TABELLA3<br />
2 accertacheiresponsabilidiunità(daluidipendenti)conoscanolenormevigenti, adoperandosi,sedelcaso,<br />
perchéaglistessivenganoillustratemetodicamentelenecessarienozioni;<br />
3 impartiscedisposizioniinmateriadisicurezzacontrollandochevenganoapplicate;<br />
4 progettagliambientidilavoroegliimpiantidiproduzionenelrispettodiunasanapoliticadellaprevenzione;<br />
5 pianificaeprogrammagliinterventidiriparazione,manutenzione,miglioramentodegliimpianti,introduzionedeidispositivi,secondolenecessitàdisicurezzaemergentidall’andamentodellelavorazioni;<br />
6 eliminairischiinrelazionealleconoscenzeacquisite,inbasealprogressotecnicoe,oveciònonèpossibile,<br />
liriducealminimo;<br />
7 sostituiscequellocheèpericolosoconquellochenonloèoèmenopericoloso;<br />
8 valutalecapacitàdeilavoratoriinrapportoallalorosaluteesicurezzaaifinidelladefinizionedeicompitie<br />
delleattivitàdilavoro;<br />
9 dàprioritàallemisurediprotezionecollettivarispettoallemisurediprotezioneindividuale;<br />
10 bloccal’attivitàincasodipericoligravi;<br />
11 organizzaleattivitàpropriedistabilimentoconquelledelleditteesterneperevitareincidentieinfortuni;<br />
12 assicuralarealizzazionedicorsiinmateriadisicurezzaperlemaestranze.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
11 dicembre 2007 N. 23<br />
Ilpreposto<br />
sere allegato al contratto di appalto o<br />
d’opera (queste disposizioni non si<br />
applicano ai rischi specifici propri<br />
dell’attività delle imprese appaltatrici<br />
o dei singoli lavoratori autonomi);<br />
l nei contratti devono essere specificatamente<br />
indicati i costi relativi alla<br />
sicurezza sul lavoro (a questo documento<br />
possono accedere sia il RLS<br />
sia le organizzazioni sindacali);<br />
l i dipendenti e i lavoratori autonomi<br />
che svolgono attività in regime di<br />
appalto o di subappalto devono essere<br />
muniti di tessera di riconoscimento<br />
(vale la stessa disciplina già introdotta<br />
per i cantieri edili) corredata di<br />
fotografia, contenente le generalità<br />
del lavoratore e l’indicazione del datore<br />
di lavoro (i lavoratori sono tenuti<br />
a esporre questa tessera di riconoscimento).<br />
Lefunzioni<br />
dellefigureaziendali<br />
In capo a ogni figura professionale<br />
all’interno dell’azienda ricadono<br />
determinate mansioni in materia<br />
di tutela della salute e della<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
sicurezza del lavoratore (si veda la<br />
tabella 2), in particolare:<br />
l il dirigente (si veda la tabella<br />
3) deve:<br />
- disporre e adottare tutte le prescritte<br />
e necessarie misure e apparati<br />
stabiliti dalla normativa generale vigente<br />
in materia di prevenzione degli<br />
infortuni, di igiene e di sicurezza del<br />
lavoro, di salute dei lavoratori sul luogo<br />
di lavoro e di antincendio (a mero<br />
titolo esemplificativo, si indicano il<br />
D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, il<br />
D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, il<br />
D.P.R. 19 marzo 1956, n. 302, il<br />
D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, il<br />
D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459, il<br />
D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493, il<br />
D.Lgs. n. 626/1994, il D.Lgs. 25 luglio<br />
2006, n. 257, il D.Lgs. 19 agosto<br />
2005, n. 187, il D.Lgs. 10 aprile<br />
2006, n. 195, la legge 3 agosto 2007,<br />
n. 123, il D.M. 10 marzo 1998) ovvero<br />
necessari e/o opportuni in relazione<br />
alle attuali acquisizioni scientifiche<br />
e/o tecnologiche, in modo tale da<br />
garantire la piena incolumità dei lavoratori<br />
dipendenti nonché di quelli au-<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
TABELLA4<br />
1 Definisceconildirigentelemisuregeneraliespecificheperlaprotezionedeilavoratorieleattivitàdicontrolloperiodiconegliambientidilavoro;<br />
2 attualemisuredisicurezzadecise,organizzateepredispostedelpropriosuperiore;<br />
3 istituiscedisposizionialpersonaleaffinchévenganosegnalatesituazionidipericolo;<br />
4 accertacheilpersonaleopericonmetodologiedilavorosicuro;<br />
5 coordinaleattivitàdilavoroperevitareinterferenzecondipendentididitteterze;<br />
6 controllalostatodiefficienzadeidispositividisicurezzaistallatiechevenganoutilizzati;<br />
7 accertal’utilizzodeiDPIdapartedelpersonaledipendente;<br />
8 provvedeainformareeformareilpersonale;<br />
9 assicuraognimisuranecessariainmateriadiambientedilavoro;<br />
10 attualemisurepreventivedefiniteperogniattivitàlavorativaeriportatesuldocumentodivalutazionedel<br />
rischio;<br />
11 controllacheilpersonalenoneffettuiinterventimanualisuelementiinmovimentodellemacchineesuapparecchiatureelettricheinfunzione;<br />
12 controllacheilavoratorinoncompianodipropriainiziativaazioniomanovrechenonsianodipropriacompetenza;<br />
13 controlla neilavorieseguiti inquotacheilpersonaleusiponteggi,piattaformee,quandonecessario,l’imbracaturadisicurezza;<br />
14 segnalaalladirezioneaziendaleinominatividicolorochenonrispettanoledisposizioniimpartite.<br />
tonomi e, comunque, dei terzi eventualmente<br />
presenti e da evitare il verificarsi<br />
di danni a persone o a cose;<br />
- accertare che i responsabili delle<br />
unità da lui dipendenti conoscano le<br />
norme vigenti in materia di sicurezza<br />
sul lavoro, adoperandosi perché agli<br />
stessi, a scopo di completamento e<br />
approfondimento, siano illustrate metodicamente<br />
le necessarie nozioni;<br />
- impartire o fare impartire dai<br />
“preposti” le istruzioni o le disposizioni<br />
al personale in materia di sicurezza,<br />
controllando o facendo controllare<br />
che esse siano applicate;<br />
- eseguire o disporre opportuni<br />
controlli alle linee di produzione, ai<br />
magazzini, alle aree di manutenzione<br />
al fine di accertare, con la necessaria<br />
periodicità, l’applicazione puntuale e<br />
costante delle misure antinfortunistiche<br />
da parte dei “preposti”;<br />
- controllare che i propri organi<br />
tecnici (ufficio progettazione, uffici<br />
tecnici ecc.) si attengano, nel progettare<br />
gli ambienti di lavoro e gli<br />
impianti di produzione, al rispetto<br />
di una sana politica della preven-<br />
73
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
zione e all’adempimento dell’obbligo<br />
di osservare le normative che<br />
impongono parametri di idoneità, di<br />
efficienza e di sicurezza, con il<br />
rispetto di norme specifiche;<br />
- pianificare e programmare gli interventi<br />
di riparazione, di manutenzione,<br />
di miglioramento degli impianti,<br />
di introduzione di dispositivi ecc.,<br />
secondo le disposizioni di legge e di<br />
buona tecnica, ovvero secondo le necessità<br />
di sicurezza emergenti nell’andamento<br />
delle lavorazioni;<br />
- eliminare i rischi in relazione<br />
alle conoscenze acquisite, in base al<br />
progresso tecnico e, quando questo<br />
non è possibile, ridurli al minimo;<br />
- sostituire quello che è fonte di<br />
pericolo (per esempio, materie prime,<br />
prodotti chimici ecc.) con quello<br />
che non lo è o è meno pericoloso;<br />
- valutare le capacità e le condizioni<br />
dei lavoratori, in rapporto alla<br />
loro salute e sicurezza, ai fini della<br />
definizione dei compiti e delle attività<br />
di lavoro;<br />
- dare priorità alle misure di protezione<br />
collettiva rispetto alle misure<br />
di protezione individuale;<br />
- bloccare l’attività in caso di pericoli<br />
gravi e imminenti;<br />
- coordinare, in caso di appalti,<br />
le attività proprie di stabilimento<br />
con quelle delle ditte esterne al fine<br />
dell’attuazione congiunta delle misure<br />
di prevenzione, per evitare incidenti<br />
e infortuni;<br />
- assicurare la realizzazione dei<br />
corsi in materia di sicurezza per le<br />
maestranze da lui dipendenti;<br />
74<br />
Illavoratore<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
l il preposto (si veda la tabella<br />
4), il quale generalmente si identifica<br />
nel capo reparto, nel capo turno,<br />
nel capo cantiere, nel capo linea,<br />
nel capo squadra o in coloro che<br />
esercitano attività di coordinamento<br />
e di controllo, deve:<br />
- definire, in collaborazione col dirigente<br />
di settore, le misure generali e<br />
specifiche per la protezione della salute<br />
e per la sicurezza del personale<br />
da lui dipendente e le attività di controllo<br />
periodico per accertare che le<br />
macchine, gli impianti, le attrezzature,<br />
i mezzi di sollevamento, gli automezzi,<br />
le opere provvisionali, le materie<br />
prime e i prodotti chimici utilizzati<br />
presentino sempre le garanzie di<br />
sicurezza necessarie;<br />
- attuare le misure di sicurezza<br />
decise, organizzate e predisposte<br />
dal proprio superiore;<br />
- istituire disposizioni interne al<br />
personale dipendente affinché vengano<br />
segnalate immediatamente situazioni<br />
di pericolo e vengano trovate<br />
soluzioni, anche immediate, che<br />
provvedano a eliminare il rischio;<br />
- accertare che il personale operi<br />
con metodologie di lavoro sicure,<br />
nel rispetto delle norme di sicurezza<br />
disposte e che utilizzi i dispositivi<br />
di protezione dati in dotazione<br />
(per esempio, guanti, calzature di<br />
sicurezza, occhiali antinfortunistici,<br />
mascherine antipolvere, maschere<br />
antigas, otoprotettori, imbracature<br />
di sicurezza, casco ecc.);<br />
- coordinare le attività di lavoro<br />
del personale in modo che le singo-<br />
1 Osservaledisposizionieleistruzioniimpartitedalpropriosuperiore;<br />
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le operazioni e i singoli apporti siano<br />
armonizzati al fine di evitare che<br />
si verifichino interferenze con altri<br />
addetti (eventualmente presenti) dipendenti<br />
di ditte terze;<br />
- controllare che i dispositivi di sicurezza<br />
istallati (per esempio, protezioni<br />
elettriche e meccaniche, parapetti,<br />
andatoie, passerelle, ponteggi,<br />
attrezzature anticaduta per i lavori in<br />
quota, impianti di aspirazione di polveri<br />
o di fumi aerodispersi, dispositivi<br />
di emergenza, allarmi ecc.) siano utilizzati<br />
dal personale e siano in perfetto<br />
stato di efficienza;<br />
- provvedere, direttamente sui<br />
posti di lavoro, a informare e a formare<br />
il personale, periodicamente<br />
e/o quando necessario (all’assunzione,<br />
al cambio di attività, in caso<br />
di acquisto di nuove attrezzature e<br />
di nuovi materiali ecc.), sui rischi<br />
specifici esistenti, rendendo note le<br />
norme essenziali di prevenzione;<br />
- assicurare ogni misura necessaria<br />
in materia di igiene sul lavoro,<br />
accertando che siano approntati<br />
gli opportuni mezzi di prevenzione<br />
(per esempio, impianti di<br />
aspirazione e di abbattimento di fumi<br />
e/o di polveri, impianti insonorizzanti,<br />
attrezzature antivibranti<br />
ecc.) e che, conseguentemente, le<br />
condizioni degli ambienti di lavoro<br />
siano e rimangano rispondenti alle<br />
prescrizioni di legge e alle disposizioni<br />
aziendali;<br />
- attuare, ai fini della sicurezza<br />
sul lavoro, le misure preventive definite<br />
per ogni attività lavorativa e<br />
2 utilizzacorrettamenteimacchinari,leattrezzature,lesostanzepericolosenonchéidispositividisicurezza;<br />
3 utilizzainmodoappropriato iDPI;<br />
4 segnalaalpropriosuperiorelecondizionidipericoloriscontrate;<br />
5 nonrimuoveomodificasenzaautorizzazioniidispositividisicurezza;<br />
6 noncompiedipropriainiziativaoperazionichenonsonodisuacompetenza;<br />
7 noncompieinterventimanualisuorganimeccaniciinmovimentoesuapparecchiatureintensione;<br />
8 èobbligatoausare,neilavoriinquota,inambientinonprotetti,l’usodell’imbracaturadisicurezza.<br />
TABELLA5<br />
11 dicembre 2007 N. 23
IlRSPP<br />
riportate sul documento di valutazione<br />
del rischio;<br />
- vigilare e accertare che il personale<br />
non effettui lavori di pulizia, di<br />
ingrassaggio, di oliatura o interventi<br />
manuali in genere su elementi in<br />
movimento delle macchine;<br />
- controllare che i singoli lavoratori<br />
non compiano, di propria iniziativa,<br />
azioni e manovre che non<br />
siano di propria competenza e che<br />
possano compromettere la sicurezza<br />
propria e degli altri lavoratori;<br />
- segnalare, alla direzione aziendale,<br />
i nominativi di quelli che non<br />
rispettano le disposizioni impartite<br />
in materia di sicurezza sul lavoro e<br />
proporre che vengano presi provvedimenti<br />
disciplinari;<br />
l il lavoratore (si veda la tabella<br />
5) svolge le attività definite nell’art.<br />
5, D.Lgs. n. 626/1994, in particolare,<br />
deve:<br />
- osservare le disposizioni e le<br />
istruzioni impartite dal proprio superiore,<br />
ai fini della protezione collettiva<br />
e individuale;<br />
- utilizzare correttamente i macchinari,<br />
le apparecchiature, gli utensili,<br />
le sostanze e i preparati perico-<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
losi, i mezzi di trasporto e le altre<br />
attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi<br />
di sicurezza;<br />
- utilizzare in modo appropriato i<br />
dispositivi di protezione individuale<br />
(DPI) messi a sua disposizione;<br />
- segnalare immediatamente al<br />
proprio superiore le deficienze dei<br />
mezzi e dei dispositivi di sicurezza<br />
nonché le altre eventuali condizioni<br />
di pericolo di cui viene a conoscenza;<br />
- non rimuovere o modificare<br />
senza autorizzazione i dispositivi di<br />
sicurezza o di segnalazione o di<br />
controllo;<br />
- non compiere, di propria iniziativa,<br />
operazioni o manovre che non<br />
siano di sua competenza ovvero che<br />
possano compromettere la sicurezza<br />
propria o di altri lavoratori;<br />
l il responsabile del servizio di<br />
prevenzione e protezione (RSPP)<br />
(si veda la tabella 6), il quale, per<br />
lo svolgimento della sua funzione,<br />
deve essere in possesso di un attestato<br />
di frequenza a specifici corsi<br />
di formazione in materia di prevenzione<br />
e di protezione dai rischi e<br />
con obbligo di frequenza di corsi di<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
1 Provvedeallaindividuazionedeifattoridirischio,allavalutazionedeirischieall’individuazionedellemisureperlasicurezzaelasalubritàdell’ambientedilavoro,nelrispettodellanormativavigente;<br />
2 elaboraidocumentidivalutazionedelrischiooipianioperatividellasicurezza;<br />
3 elaboraprocedureoperativeelineeguida;<br />
4 proponealladirezioneaziendaleprogrammiperl’informazioneelaformazione;<br />
5 partecipaariunioniaziendali;<br />
6 controllaperiodicamentelostatodisicurezzadegliambientidilavoro;<br />
7 proponeindaginistrumentali perrilieviambientali;<br />
8 collaboraconilmedicocompetente;<br />
9 esamina,infasepreliminare,nuoviprogettiperverificarelalororispondenzaallenormedilegge,alla<br />
buonatecnicaedaicriteriergonomici;<br />
10 verifical’esistenzael’efficaciadellasegnaleticaaziendale;<br />
11 mantieneirapporticongliorganidivigilanza(ASL,ISPESL,Ispettoratodellavoro,VigilidelFuoco);<br />
12 seguestatisticamentegliinfortunisullavoroelemalattieprofessionali;<br />
13 assisteiresponsabilidistabilimentoperlascelta,lagestioneel’utilizzazionedeiDPI;<br />
14 raccoglieleleggipubblicateeprovvedeallalorodivulgazione;<br />
15 provvedeallarealizzazionediprocedurediemergenzaeorganizzaesercitazioniantincendio.<br />
TABELLA6<br />
aggiornamento, con cadenza almeno<br />
quinquennale (D.Lgs. 23 giugno<br />
2003, n. 195). Il RSPP deve svolgere<br />
le attività definite all’art. 9,<br />
D.Lgs. n. 626/1994, in particolare:<br />
- provvedere all’individuazione<br />
dei fattori di rischio, alla valutazione<br />
dei rischi e all’individuazione delle<br />
misure per la sicurezza e la salubrità<br />
dell’ambiente di lavoro, nel rispetto<br />
della normativa vigente;<br />
- eseguire l’elaborazione del documento<br />
di valutazione del rischio<br />
o del piano operativo di sicurezza<br />
(compreso il rischio rumore, vibrazioni,<br />
biologico, chimico e quello<br />
relativo alla movimentazione manuale<br />
dei carichi);<br />
- provvedere alla elaborazione,<br />
quando necessario e in collaborazione<br />
con i responsabili di produzione<br />
e/o di cantiere (nell’edilizia),<br />
di procedure operative e di linee<br />
guida (specie nelle attività particolarmente<br />
pericolose) che hanno lo<br />
scopo di fornire le informazioni sui<br />
rischi specifici connessi con l’attività,<br />
le informazioni e le disposizioni<br />
generali al personale in materia<br />
di antinfortunistica, di antincendio<br />
75
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
e di ambiente di lavoro, le misure e<br />
le prescrizioni di protezione e di<br />
prevenzione specifiche che gli operatori<br />
devono attuare durante il lavoro,<br />
l’elenco dei dispositivi di protezione<br />
individuale da usare in relazione<br />
al rischio specifico;<br />
- proporre alla direzione aziendale<br />
i programmi per l’informazione<br />
e la formazione dei lavoratori;<br />
- partecipare alle riunioni aziendali<br />
per discutere i problemi attinenti<br />
alla sicurezza sul lavoro e all’ambiente<br />
di lavoro e per la pianificazione<br />
e l’identificazione dei pericoli,<br />
la valutazione e il controllo<br />
dei rischi e l’implementazione,<br />
quando necessario, delle misure di<br />
controllo da esercitare nelle singole<br />
attività produttive;<br />
- controllare periodicamente lo<br />
stato di sicurezza delle macchine,<br />
degli impianti, delle attrezzature e<br />
dei luoghi di lavoro (per esempio,<br />
viabilità, spazi, depositi magazzini,<br />
officine ecc.);<br />
- proporre indagini strumentali<br />
per eseguire accertamenti relativamente<br />
ai fattori di rischio ambientali<br />
(per esempio, rumorosità, polverosità,<br />
fumi aerodispersi, vibrazioni,<br />
agenti biologici, presenza di miscele<br />
esplosive ecc.);<br />
- collaborare con il medico<br />
competente ai fini dell’attuazione<br />
delle misure per la tutela della salute<br />
e dell’integrità psico-fisica dei<br />
lavoratori;<br />
76<br />
Ilmedicocompetente<br />
1 Eseguelasorveglianzasanitaria;<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
- esaminare, in fase preliminare,<br />
i progetti di ambiente, riferiti alle<br />
macchine, agli impianti, alle attrezzature<br />
e ai dispositivi, per verificare<br />
la loro rispondenza alle norme di<br />
legge, alla buona tecnica e ai criteri<br />
ergonomici (questa attività ha lo<br />
scopo di individuare, di valutare e<br />
di annullare i rischi alla loro fonte<br />
primaria, quindi, in fase progettuale,<br />
e implica la collaborazione tra la<br />
sicurezza e le funzioni tecniche di<br />
progettazione, di produzione e di<br />
manutenzione);<br />
- verificare l’esistenza e l’efficacia<br />
della segnaletica e delle informazioni<br />
di sicurezza;<br />
- controllare le situazioni soggette<br />
ad autorizzazione e a verifica da<br />
parte degli enti esterni (ASL, Ispettorato<br />
del lavoro, ISPESL,<br />
INAIL, Vigili del Fuoco);<br />
- formulare piani a lungo-mediobreve<br />
termine che portino all’approvazione<br />
dell’alta direzione per<br />
la realizzazione di un programma<br />
che tenga conto delle effettive necessità<br />
in relazione allo stato di sicurezza<br />
aziendale;<br />
- seguire statisticamente gli infortuni<br />
sul lavoro e le malattie professionali<br />
e, pertanto, provvedere<br />
alla raccolta e all’esame sistematico<br />
dei dati e delle informazioni al<br />
fine di procedere a un’analisi attenta<br />
delle cause che li hanno determinati;<br />
- assistere i responsabili di stabi-<br />
2 collaboraconilserviziodiprevenzioneeprotezione;<br />
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limento per la scelta, la gestione e<br />
l’utilizzazione dei dispositivi di<br />
protezione individuale e collettivi;<br />
- raccogliere le leggi pubblicate in<br />
materia di sicurezza, di ambiente e<br />
di antincendio e provvedere alla loro<br />
divulgazione (anche con relazioni di<br />
sintesi) presso l’alta direzione e le<br />
unità aziendali interessate;<br />
- provvedere, in collaborazione<br />
con le unità interessate, alla realizzazione<br />
di procedure di emergenza,<br />
per fronteggiare incendi, scoppi,<br />
esplosioni, immissioni di sostanze<br />
tossiche nell’ambiente, calamità naturali,<br />
e alla nomina delle persone<br />
addette alla evacuazione del personale,<br />
all’abbattimento di incendi e<br />
al primo pronto soccorso;<br />
- organizzare esercitazioni antincendio,<br />
in collaborazione con i responsabili<br />
delle unità interessate;<br />
l il medico competente (si veda la<br />
tabella 7), libero professionista o dipendente<br />
della società, specializzato<br />
in medicina del lavoro (art. 17, D.Lgs.<br />
n. 626/1994), ha il compito di:<br />
- eseguire la sorveglianza sanitaria<br />
attraverso accertamenti e visite preventive<br />
e periodiche e dichiarazioni<br />
di idoneità alla mansione specifica;<br />
- collaborare con il servizio di<br />
prevenzione e protezione, sulla specifica<br />
conoscenza delle situazioni<br />
di rischio, alla predisposizione dell’attuazione<br />
delle misure per la tutela<br />
della salute e dell’integrità psico-fisica<br />
dei lavoratori;<br />
3 istituisceeaggiornalacartellasanitariaedirischioconsalvaguardiadelsegretoprofessionale;<br />
4 fornisceinformazioneailavoratorisulsignificatodegliaccertamenti;<br />
5 partecipaallariunioneannualedellasicurezzadicuiall’art.11,D.Lgs.n.626/1994;<br />
6 collaboraperlapredisposizionedelserviziodiprontosoccorso;<br />
7 esprimegiudizidiidoneitàallamansionespecifica;<br />
8 visitagliambientidilavorocongiuntamentealRSPP;<br />
9 collaboraconilRSPPallaelaborazionedeldocumentodivalutazionedelrischio.<br />
TABELLA7<br />
11 dicembre 2007 N. 23
IlRLS<br />
- istituire e aggiornare, sotto la propria<br />
responsabilità, per ogni lavoratore<br />
sottoposto a sorveglianza sanitaria,<br />
una cartella sanitaria e di rischio, da<br />
custodire in azienda, con salvaguardia<br />
del segreto professionale;<br />
- fornire informazioni ai lavoratori<br />
sul significato degli accertamenti sanitari<br />
ai quali sono sottoposti;<br />
- comunicare, in occasione della<br />
riunione di cui all’art. 11, D.Lgs. n.<br />
626/1994, i risultati anonimi collettivi<br />
degli accertamenti clinici e<br />
strumentali effettuati e fornire indicazioni<br />
sul significato di questi;<br />
- collaborare per la predisposizione<br />
in azienda del servizio di<br />
pronto soccorso;<br />
- qualora esprima un giudizio<br />
sull’idoneità parziale o temporanea<br />
o totale del lavoratore, ne deve informare<br />
per iscritto la direzione<br />
aziendale e il lavoratore;<br />
- collaborare alla stesura del documento<br />
di valutazione del rischio<br />
con il servizio di prevenzione e protezione;<br />
l il rappresentante dei lavoratori<br />
per la sicurezza (RLS) (si<br />
veda la tabella 8), nelle aziende<br />
che occupano sino a 15 dipendenti,<br />
è eletto direttamente dai lavoratori<br />
al loro interno; nelle aziende<br />
o unità produttive con più di 15<br />
dipendenti, il RLS è eletto o designato<br />
dai lavoratori nell’ambito<br />
delle rappresentanze sindacali in<br />
azienda. In assenza di queste rappresentanze,<br />
è eletto dai lavoratori<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
al loro interno. Il rappresentante<br />
dei lavoratori per la sicurezza riceve<br />
una formazione specifica frequentando<br />
un corso di 32 ore. I<br />
compiti assegnati al rappresentante<br />
per la sicurezza (art. 19, D.Lgs.<br />
n. 626/1994) sono i seguenti:<br />
- partecipare (in quanto consultato<br />
preventivamente dal responsabile<br />
del servizio di prevenzione e protezione)<br />
alla valutazione dei rischi, alla<br />
individuazione, alla programmazione,<br />
alla realizzazione e alla verifica<br />
della prevenzione in azienda;<br />
- partecipare alla designazione<br />
degli addetti al servizio di prevenzione,<br />
all’attività di prevenzione incendi,<br />
al pronto soccorso, alla evacuazione<br />
dei lavoratori;<br />
- essere consultato in merito all’organizzazione<br />
della formazione;<br />
- ricevere le informazioni e la<br />
documentazione aziendale inerente<br />
alla valutazione dei rischi e alle<br />
relative misure di prevenzione,<br />
nonché quelle inerenti alle sostanze<br />
e ai preparati pericolosi utilizzati,<br />
alle macchine, agli impianti,<br />
all’organizzazione e agli ambienti<br />
di lavoro, agli infortuni e alle malattie<br />
professionali;<br />
- promuovere l’elaborazione,<br />
l’individuazione e l’attuazione delle<br />
misure di prevenzione idonee a tutelare<br />
la salute e l’integrità fisica<br />
dei lavoratori;<br />
- partecipare alla riunione periodica<br />
della sicurezza di cui all’art.<br />
11, D.Lgs. n. 626/1994;<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
1 Partecipa(inquantoconsultato)allavalutazionedeirischieall’individuazionedellaprevenzione;<br />
2 partecipaalladesignazionedegliaddettialserviziodiprevenzione,all’attivitàdiprevenzioneincendie<br />
all’emergenza;<br />
3 èconsultatoinmeritoall’organizzazionedellaformazione;<br />
4 riceveladocumentazioneaziendaleinerenteallavalutazionedeirischi;<br />
5 promuovel’attuazionedellemisurediprevenzione;<br />
6 partecipaallariunioneperiodicadellasicurezzadicuiall’art.11,D.Lgs.n.626/1994;<br />
7 avverteilresponsabilediproduzionedeirischiindividuati;<br />
8 puòfarericorsoall’autoritàcompetente.<br />
TABELLA8<br />
- eseguire proposte in merito all’attività<br />
di prevenzione;<br />
- avvertire il responsabile di produzione<br />
(o di stabilimento) dei rischi<br />
individuati nel corso della sua<br />
attività;<br />
- può fare ricorso alle autorità<br />
competenti qualora ritenga che le misure<br />
di prevenzione e di protezione<br />
dai rischi, adottate dal datore di lavoro,<br />
e i mezzi impiegati per attuarle<br />
non siano idonei a garantire la sicurezza<br />
e la salute durante il lavoro;<br />
l l’addetto al pronto soccorso è il<br />
lavoratore designato e incaricato delle<br />
misure di primo pronto soccorso all’interno<br />
dell’azienda o del cantiere<br />
(in edilizia). Riceve una formazione<br />
specifica frequentando un corso di 12<br />
o 16 ore (dipende dalla classificazione<br />
aziendale) che dovrà essere ripetuta<br />
almeno ogni tre anni (D.M. 15 luglio<br />
2003, n. 388);<br />
l l’addetto alla squadra di emergenza<br />
è il lavoratore designato e incaricato<br />
delle misure di primo intervento<br />
antincendio, d’emergenza e<br />
per l’evacuazione del personale. Riceve<br />
una formazione specifica frequentando<br />
un corso della durata di 4,<br />
8 o 16 ore (la durata del corso è<br />
correlata alla tipologia dell’attività e<br />
al livello di rischio di incendio della<br />
stessa, nonché agli specifici compiti<br />
affidati ai lavoratori; il livello di rischio<br />
di incendio può essere classificato<br />
in alto, medio o basso), come<br />
previsto dal decreto ministeriale 10<br />
marzo 1998. l<br />
77
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
La responsabilità sociale di impresa deve essere radicata all’interno delle politiche aziendali<br />
Con l’analisi del carico di lavoro<br />
un elemento per attuare la RSI<br />
diCinziaFrascheri, direttoredelprogetto“Gliindicatoridirilevazionenazionalirelativiallavalutazione<br />
deldisagiolavorativo”<br />
Dallaglobalizzazione<br />
all’esternalizzazionedellerisorse<br />
sonomoltepliciedeterogeneele<br />
componenticheincidono,<br />
caratterizzandolo,sull’attuale<br />
mercatodellavoro.Tuttavia,resta<br />
ilfattocheperattuareun<br />
cambiamentoculturaleprofondo<br />
eradicatoinuncontesto<br />
organizzativoall’internodi un<br />
ambientedilavoro,nonsipuò<br />
pensarediprescinderedal<br />
promuoverespintechedevono<br />
nasceredaesigenzesentiteed<br />
espressedallacollettivitàcheè<br />
chiamataacompiere<br />
ilcambiamento.<br />
Uncontestolavorativosenza<br />
un’adeguataorganizzazione<br />
dellavoro(chetendeatutelaree,<br />
ancorpiùavalorizzare,ilcapitale<br />
umano)nonèingrado<br />
direndereillavorocompetitivo<br />
editenereilpassoconlosviluppo<br />
esoprattutto<br />
conlaconcorrenzaancorpiùse<br />
rappresentataascalamondiale,<br />
anzichésolosulpianomeramente<br />
locale.Inquestosenso,lasceltadi<br />
adottare<br />
unaresponsabilitàsociale<br />
all’internodell’impresadeve<br />
necessariamenteessereradicata<br />
all’internodellepolitiche<br />
aziendali.<br />
78<br />
Il mondo del lavoro, specie negli<br />
ultimi anni, ha subito profondi<br />
cambiamenti, susseguitisi a una<br />
velocità sorprendente. Il mercato del<br />
lavoro, così come la sua organizzazione,<br />
non hanno più nulla a che vedere<br />
con quelli che fino a ieri erano<br />
ancora considerati i principi regolatori<br />
di base, le regole canoniche e i<br />
punti di riferimento certi. In tabella 1<br />
sono riepilogate sinteticamente le<br />
principali componenti che concorrono<br />
a comporre questo nuovo scenario.<br />
A cambiare oggi non è più solo il<br />
macro-sistema socio-economico, ma<br />
anche il micro-sistema [1] , quello di livello<br />
aziendale, e di conseguenza,<br />
quello dei consumi e dei bisogni individuali.<br />
La dipendenza diretta e reciproca<br />
tra il mondo produttivo e quello<br />
del mercato del lavoro porta, più di<br />
qualsiasi altro momento storico-economico,<br />
a non poter prescindere da<br />
un’analisi complessiva, cioè da un<br />
approccio olistico.<br />
L’organizzazione nel lavoro:<br />
unassetfondamentale<br />
Compito di una buona organizzazione<br />
finalizzata a ottimizzare la gestione<br />
del lavoro è armonizzare il potenziale<br />
rappresentato dalla popolazione<br />
lavorativa con le esigenze e le<br />
regole aziendali, le criticità del mercato,<br />
le disposizioni contrattuali e le<br />
istanze della committenza.<br />
Un contesto lavorativo senza<br />
un’adeguata organizzazione del lavo-<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
ro (che tende a tutelare e, ancor più, a<br />
valorizzare il capitale umano) non è<br />
in grado di rendere il lavoro competitivo<br />
e di tenere il passo con lo sviluppo<br />
- e, soprattutto, con la concorrenza<br />
- ancor più se rappresentata a scala<br />
mondiale, anziché solo sul piano meramente<br />
locale.<br />
Se è possibile affermare, con piena<br />
convinzione, quanto sia lunga la tradizione<br />
di ricerche in ambito organizzativo<br />
e manageriale, a partire dagli<br />
studi sulle dinamiche relazionali in<br />
ambiente di lavoro fino a giungere a<br />
quelle più recenti centrate sul concetto<br />
di clima organizzativo e sulle diverse<br />
teorie sulle quali la comunità<br />
scientifica si è sempre adoperata, sviluppando<br />
sistemi gestionali diversi<br />
(pur non trovando una linea di consenso),<br />
il mondo del lavoro e delle<br />
aziende (italiane) non ha mai dimostrato<br />
in modo diffuso sintonia d’intenti,<br />
interesse, convenienza nell’adoperarsi<br />
a conoscere - e quindi adottare<br />
- alcun modello, ritenendolo criticamente<br />
non “inadeguato e insoddisfacente”,<br />
bensì “non pragmaticamente<br />
necessario” e correlabile ai quotidiani<br />
problemi, interessi e obiettivi produttivi<br />
e, pertanto, non prioritario per<br />
l’imprenditore.<br />
Consolidandosi nel tempo, anziché<br />
ridursi, «sempre più frequentemente i<br />
capi responsabili hanno ridotto<br />
l’azione manageriale alla definizione<br />
degli obiettivi e al controllo dei risultati,<br />
trascurando quasi totalmente, at-<br />
[1] L’economia italiana negli ultimi anni è aumentata (solo) dell’1,2%, quasi un punto percentuale in meno dell’area euro (2,0%). A<br />
mancare maggiormente in base alle statistiche è stata l’industria che è rimasta stazionaria. Il contributo maggiore alla crescita è<br />
(segue)<br />
11 dicembre 2007 N. 23
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Evoluzionedelmondodellavoro:<br />
principalicomponenti<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
TABELLA1<br />
Globalizzazione Siassisteaunacrescentemondializzazionedeimercati,riassuntacome“fenomenodellaglobalizzazione”.Laconcorrenzaeunacompetizione(esasperata)sonolenuove“regole”impostedalmercatoeil<br />
conflittotraleimpreseèsemprepiùduro,conunadiffusionedelsottodimensionamentodel<br />
personaleedellaflessibilitàdellavoro.<br />
Nuoveforme<br />
dilavoro<br />
Lavoro<br />
femminile<br />
Formazione<br />
delpersonale<br />
Fusionie<br />
frammentazioni<br />
Siregistraunadiversificazionecrescentedelleformedilavoroascapitodicontrattidilavorodipendenteatempoindeterminato,dovelediversitàsiarticolanoprincipalmentesuquattroelementi:<br />
•laduratadelrapporto;<br />
•lacoperturaprevidenziale;<br />
•l’orariodilavoro;<br />
•leformeditutela,apartiredallasaluteesicurezzasullavoro.<br />
Unincrementodeltassodioccupazioneèdovutoallacrescentepartecipazionedelledonnealmercatodellavoro<br />
[*] ,dato,questo,avariazionepositiva,maestremamentedelicato,tenutocontodellaposizionedidebolezzadasemprerappresentatadalledonnenell’ambientedilavoro<br />
[**] ,atuttiilivelli.<br />
Laformazionedelpersonale,nellaconcezioneaziendalediffusa(specieneiPaesidell’areamediterranea),<br />
rimane una voce “unicamente” di costo, ancorché riconosciuta/riaffermata quale fattore<br />
strategico di sviluppo e strumento necessario di accompagnamento alle continue trasformazioni,<br />
nonesclusivamenteaquelledinaturatecnologica,ma,inparticolare,aquellelegateaiprocessiorganizzativogestionalierelazionali.<br />
C’èunacrescentetendenzadellesocietàafondersi,diversificandosieaccorpandosi,oaessereassorbite/frammentate,afavorediunliberismoorientatoaprivatizzazioniselvagge,senzaregole,che<br />
perseguelasola“culturadelrisultato”.<br />
Speseecosti Nonostantesiinvochifrequentemente larazionalizzazionedellespese,inrealtàsiriduconosemplicementeicosti(spessorappresentatidalpersonaleoafavorediquesto).Sitendearidimensionareea<br />
scegliereformequalil’outsourcingoilsubappalto,anzichériorganizzare,cambiarepermigliorare.<br />
Esternalizzazione Il ciclo produttivo viene frazionato, si affidano all’esterno le lavorazioni. Si trasferiscono all’estero<br />
(rappresentatooramaidaiPaesidelterzomondoodell’EstremoOriente)interecateneproduttivee<br />
sitendearidurrealminimogliorganici.Cresceilfenomenodelpendolarismodilungatratta.Lamobilità,laflessibilità,larichiesta/esigenzafreneticaepressantediriadattamentocontinuosonouna<br />
costantecomelaprecarizzazioneel’incertezza.<br />
Mancatatutela Nonostantesimigliorilaqualitàdelservizionell’otticadiaumentarelevendite,sivalorizzil’utente<br />
perchérivalutatocomegrandeclienteesiscriva(giustamente)la“cartadeidiritti”,adesempio,del<br />
consumatore,delcliente,delpaziente,dell’utenteodelviaggiatore,siattenta(ancora)aidirittidel<br />
lavoratoreedellalavoratrice,andandoaminareiprincipifondamentaliditutela.<br />
Saluteesicurezza<br />
sullavoro<br />
Istruzione<br />
etecnologie<br />
Rapporto<br />
lavoro-vita<br />
Èancoralontanoiltraguardodiunconcretoediffusoradicamentoculturale,nellediverserealtàlavorative,diunaadeguatatuteladellasaluteesicurezzasullavoro.L’approccio“miope”aitemidellatutela,troppospessorelegato(solo)adassociareilrispettodegliobblighiaicontestidirischioevidente(seppurancoradidimensioniinaccettabili,dicircaquattrodecessialgiorno),determinaancoraoggiunritardosignificativodiinterventi,inparticolarenellepiccolerealtàproduttive,eun’insufficiente<br />
attenzione alla salute, a partire dalle malattie professionali (sono ottomila circa i tumori di<br />
certaoriginelavorativa)aidisagiedannilavorativi(cresconoitraumimuscoloscheletrici).<br />
Illivelloculturalemedio,nonsolodaunpuntodivistastrettamentescolastico,ècresciuto.Lasocietà<br />
moderna,veloce,complessaestimolante,èprovocatoriamentegenerosadisollecitazioni.L’offerta<br />
diinformationcommunicationtechnologynelmondosviluppatoeglobalizzatoèampiaeaccessibileatutti.Sièliberidisceglieretratantediverseproposte,dicambiare,distruggereericostruire.<br />
Silavoraintrenoandando“allavoro”,telefonandodall’autoconlaqualesiva“allavoro”,cisirende<br />
reperibilisempreeraggiungibilidovunque,senzasoluzionedicontinuità.Nonpiù,quindi,unavita<br />
dedicataallavoro,maunlavorochepervadetotalmentelavita,diventandostrumentoperilconseguimentodisoddisfazione,identificazione,valorizzazioneerealizzazionepersonale,momentodi<br />
crescitaescambio,relazioneeconfronto.<br />
[*]Lapresenzadelledonnenelmondodellavorohavistounasignificativacrescitanegliultimianniseppurenoncaratterizzatada<br />
omogeneitàsututtoilterritorionazionale.L’incrementoavutosinelcentronordnonèstatoregistratonelsud,doveledonne<br />
occupatesonomenodel40%delledonneinetàdalavoro,adifferenzadellaLombardiacheregistrail58,5%edell’EmiliaRomagnaconil65%.<br />
[**]Siregistraunaumentodeitassid’incidenzadegliinfortunitralelavoratricialivelloeuropeo,ancheperquantoriguardagli<br />
infortunimortalisullavoro(datiEurostat).Perquantononrappresentinocheil17,8%dellemalattieprofessionalidiagnosticate,<br />
ledonnefannoregistrarepercentualinettamentesuperioriagliuominiindeterminatigruppi:45%delleallergie,61%dellemalattieinfettive,55%deiproblemidinaturaneurologica,48%deiproblemidinaturaepaticaedermatologica.Questecifreevidenziano,pertanto,lespecificitàsignificativedelledonneneiriguardidellemalattieprofessionali.<br />
79
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
traverso una sorta di delega non richiesta,<br />
le differenti operazioni del<br />
processo esecutivo. Cresce nella gerarchia<br />
un disinteresse per le modalità<br />
elaborate nel conseguire i risultati,<br />
con la creazione di uno iato esperienziale<br />
tra chi definisce cosa si debba<br />
fare e ne controlla i risultati conclusivi<br />
e tutti coloro che quotidianamente<br />
operano lungo le tracce di un’invenzione<br />
che (…) non entra (…) in<br />
un’esperienza collettiva di successo<br />
capace come tale di creare cultura» [2] .<br />
Così, ponendo la sola produzione<br />
avulsa dal contesto lavorativo al centro<br />
di tutti gli interventi e di tutte le<br />
azioni, l’individuo lavoratore ha sempre<br />
ricoperto (oggi, per alcuni aspetti,<br />
più che mai) un ruolo all’interno dell’azienda<br />
meramente strumentale. Ma<br />
se, da un lato, la forza lavoro non<br />
aveva dignità nei confronti della direzione<br />
aziendale, dall’altro, la comunità<br />
lavorativa viveva una sua dimensione<br />
collettiva forte e coesa.<br />
Modificandosi il tessuto sociale e<br />
culturale, le regole di base di un’economia<br />
tradizionale, il sistema mercato,<br />
venendo meno i valori profondi<br />
sul piano sociale, se prima era rappresentato<br />
da un modello a rete di origine<br />
spontanea, ora non ha più trovato<br />
le leve di fondo sulle quali per molti<br />
secoli aveva poggiato le basi. Priva di<br />
un qualsiasi sistema organizzativo, la<br />
gestione del lavoro ha mostrato la sua<br />
più ampia vulnerabilità, mettendo in<br />
crisi, di conseguenza, la produttività.<br />
Organizzazionedellavoro:<br />
armonizzareglielementi<br />
L’organizzazione del lavoro, se potesse<br />
basarsi e riferirsi solo alla gestione<br />
degli aspetti meramente strutturali<br />
e tecnici, potrebbe essere certa (o co-<br />
80<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
munque tendere), una volta portato<br />
tutti i processi a eccellenza, di poter<br />
raggiungere la soglia di una piena efficienza,<br />
che, a patto di essere monitorata<br />
e perseguita, potrebbe mantenersi<br />
tale nel tempo. Uno stato di efficienza,<br />
difatti, è quando un atto produce l’effetto<br />
voluto.<br />
L’organizzazione del lavoro però<br />
non può trascurare che all’interno del<br />
processo lavorativo non vi sia solo la<br />
componente tecnica, ma anche l’elemento<br />
pulsante, la componente umana<br />
rappresentata dalla popolazione lavorativa<br />
nel suo complesso. Pertanto, lo<br />
stato di efficienza, raggiungibile portando<br />
i processi tecnici a eccellenza,<br />
dovendo necessariamente comprendere<br />
anche il fattore umano, muta le sue<br />
caratteristiche, perdendo, da un lato, la<br />
certezza di una meccanica riproducibilità<br />
degli effetti voluti e acquistando,<br />
dall’altro, la possibilità di poter giungere<br />
a un livello ben più complesso, di<br />
efficacia degli effetti, pur non sempre<br />
matematicamente certi, ma garanti di<br />
consistenza evolutiva. L’efficacia, difatti<br />
non è uno stato nel quale un atto<br />
produce effetti voluti, bensì è la capacità<br />
di questo di produrli.<br />
Sostenere, quindi, che il «manager<br />
è responsabile dell’efficienza, mentre<br />
è co-responsabile dell’efficacia» sta a<br />
significare che i processi che possono<br />
svolgersi influenzati dalla componente<br />
umana sono molto più variabili, dinamici,<br />
ma senz’altro potenzialmente<br />
più significativi in quanto produttivi<br />
di evoluzione e progresso, crescita e<br />
mutamento, a confronto di quelli tecnici,<br />
per loro essenza privi di capacità<br />
autonoma di cambiamento. La co-responsabilità<br />
della figura apicale prevede,<br />
pertanto, non un più ridotto e<br />
limitato campo di intervento nei con-<br />
derivato da due settori “tradizionali” quali le costruzioni e l’agricoltura. A seguire, il terziario. La dimensione media delle realtà<br />
aziendali italiane si attesta su circa 4,7 addetti per ciascuna. Le Camere di Commercio hanno registrato in questi ultimi anni un<br />
aumento di circa 100.000 nuove imprese. Tra queste, un dato particolare, mette in risalto che più di 30mila di queste hanno come<br />
titolari immigrati extracomunitari. Il lavoro sommerso, da stime indirette, si calcola fra il 15% e il 17% del totale (seppure molti<br />
ritengono che si possa parlare anche di una forbice che va dal 20% al 27%). Sebbene sia ancora insufficiente il livello di<br />
informatizzazione delle aziende italiane, in particolare in quelle di media e piccola dimensione, si registra un significativo aumento<br />
di strumentazione informatica e di siti strutturati tra le aziende con meno di 10 dipendenti, mentre il numero delle aziende pubbliche<br />
in possesso di un proprio sito internet strutturato e accessibile dall’utenza esterna ammontano oggi in Italia soltanto a 90.000 circa.<br />
[2] G. Varchetta, Soddisfazione per il lavoro e climi organizzativi in Sviluppo & Organizzazione n.206, nov.dic. 2004.<br />
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fronti di una gestione tesa all’efficienza,<br />
ma una necessaria valutazione,<br />
analisi e coinvolgimento della componente<br />
relativa alle risorse umane<br />
presenti e tipiche del contesto lavorativo<br />
di riferimento e, al contempo, una<br />
piena consapevolezza di non poter<br />
governare e determinare in maniera<br />
autoritaria e vincolante i processi e il<br />
raggiungimento degli effetti preventivati<br />
come sul piano tecnico. In questo<br />
modo, la co-responsabilità può agevolare<br />
e favorire le dinamiche di processo<br />
e di sviluppo mediante azioni mirate,<br />
giungendo a stimolare e a rendere<br />
l’organizzazione del lavoro (non trascurando<br />
il clima organizzativo) un<br />
terreno, per alcuni aspetti di fondamentale<br />
concretezza e per altri di più<br />
“virtuale” consistenza, adeguatamente<br />
fertile per il radicamento di percorsi,<br />
di processi e per il consolidamento di<br />
pratiche finalizzate a produrre effetti<br />
efficaci a durata costante, evolutiva,<br />
ma significativamente collettiva.<br />
La potenzialità data dal fattore<br />
umano all’interno dei processi (lavorativi),<br />
se rappresenta un dato oggettivo<br />
innegabile, al contempo, va valutata<br />
alla luce della complessità intrinseca<br />
che la relativa gestione richiede<br />
per poter esprimere il proprio valore,<br />
di regole, interventi, gestioni particolari<br />
e specifiche riassumibili in una<br />
strategia d’insieme e progettazione<br />
complessiva. Questa politica è declinabile<br />
e attuabile mediante una pianificazione<br />
di interventi non reiterabili<br />
o applicabili indifferentemente a<br />
qualsiasi realtà collettiva, ma rispondenti<br />
a esigenze/caratteristiche di uno<br />
specifico contesto lavorativo tipizzato<br />
dal proprio sistema produttivo e dalla<br />
propria concezione e modello organizzativo<br />
del lavoro.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
IL CLIMA ORGANIZZATIVO<br />
Per giungere a un mero risultato di<br />
efficienza, pertanto, le leve sulle quali<br />
poter/dover agire non potranno che<br />
essere: le regole, le formule, gli standard,<br />
i documenti e, in caso di necessità,<br />
dovendo ricondurre l’agire entro<br />
limiti previsti (imposti), si adotteranno<br />
delibere, disposizioni e norme, fino<br />
a trovare supporto nelle sanzioni.<br />
Ma, a fronte del raggiungimento di<br />
un livello di efficacia tenendo conto<br />
prioritariamente del fattore umano<br />
quale componente centrale e determinante<br />
dei processi, le leve di riferimento<br />
potranno ritenersi non solo<br />
quelle rispondenti in senso stretto alla<br />
condizione causa ed effetto, azione e<br />
re-azione, ma, prioritariamente, a<br />
quelle rispondenti a logiche, criteri,<br />
modalità basate su condizioni variabili<br />
quali la motivazione, l’appartenenza,<br />
il senso del dovere, il sapere, la<br />
competenza, la mission, l’emozione<br />
[3] , lo spirito di gruppo, la solidarietà,<br />
come anche il conflitto, la concorrenza,<br />
la paura, l’ansia, la tensione, la<br />
fatica mentale e fisica, l’interesse e il<br />
rapporto con la gerarchia.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Favorireilbisogno<br />
dicambiamentoculturale<br />
Ogni cambiamento necessita di<br />
una o più spinte che, variando, incidono<br />
sul cambiamento stesso e, addirittura,<br />
sulla relativa natura. Prima di<br />
arrivare al “cuore” del problema è bene<br />
analizzare, a titolo di paragone, un<br />
paio di casi di mutazioni imposte.<br />
Quando alcuni anni fa, per motivi<br />
“tecnici”, si è dovuto mutare la modalità<br />
di composizione del numero per<br />
telefonare ai telefoni cellulari (si è dovuto<br />
eliminare da tutti i numeri la<br />
prima cifra “0”), il cambiamento è<br />
stato radicale, ma ha comportato un<br />
periodo di adattamento piuttosto limitato.<br />
Nel caso specifico, infatti, a contribuire<br />
in modo sostanziale sono state<br />
sia la spinta individuale (necessità<br />
di utilizzare lo strumento) sia il blocco<br />
strutturale che, dopo un certo tempo,<br />
ha impedito di telefonare a chiunque<br />
non rispettasse le nuove regole<br />
previste. Un cambiamento radicale e<br />
complessivo, visto il significativo numero<br />
di popolazione coinvolta, ma<br />
che non può essere ricompreso tra<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Il termine “clima organizzativo” (organizational climate) si può attribuire a C. Argyris, che sviluppò un modello che<br />
consideravailclimacomeunoelementodiregolazionedelsistemaorganizzativoingradodiincideresulsuofunzionamento.Nontrascurabilerimane,però,ilconcettodiclimaorganizzativoelaboratodaG.A.ForehandeB.H.Gilmer,chelo<br />
identificarono come «un set di caratteristiche che descrivono una organizzazione e che a) la distinguono dalle altre<br />
organizzazioni; b) sono relativamente durature nel tempo; e che c) influenzano il comportamento degli individui<br />
nell’organizzazione».L’influenzacheleteoriediEdgarH.Scheinebberosuglistudidelclimaorganizzativodiederouna<br />
significativasvoltaintroducendolavariabiledellaleadershipqualebasedioriginediunaidentitàculturaledell’organizzazione;inparticolare,conScheinsiarrivòasostenereche«culturaeleadershippossonoesserevistecomeleduefacce<br />
della stessa medaglia». «È possibile secondo Schein che l’unico compito davvero importante dei leader consista nel<br />
creareegestirelaculturaorganizzativaechediconseguenzal’unicotalentocheileaderdevonopossederesiaquellodi<br />
sapergestirelacultura».Oggi,allalucedellemoltissimeteorie,noncertocollimanti,volendoriconoscereunadefinizione<br />
equilibrataecondivisibilediclimaorganizzativo,sidovrebbeconsiderarlocome«uncostruttopsicologicochesiriferisce<br />
a percezioni sviluppate dalle persone nei riguardi del proprio ambiente di lavoro. Il gruppo è la sede privilegiata del<br />
clima. Il clima è contemporaneamente il risultato e il determinante del comportamento degli individui e dei gruppi<br />
all’internodiunastruttura»[G.MaroccieE.Pozzi,Ilclimaorganizzativoelasuaevoluzione,inV.MajereG.Barocci(a<br />
curadi),Ilclimaorganizzativo,Carocci,Roma2003,1940].<br />
quelli sociali profondi; difatti, è possibile<br />
tranquillamente ipotizzare, a<br />
fronte di un eventuale ulteriore cambiamento,<br />
un riadattamento in tempi<br />
brevi senza alcun trauma o resistenza<br />
particolare. La necessità (e pertanto la<br />
scelta cosciente e autonoma) dell’adozione<br />
di uno strumento utile può<br />
risultare determinante nell’accorciare<br />
i tempi di cambiamento.<br />
Di natura diversa, invece, si deve<br />
considerare il cambiamento rappresentato<br />
dall’obbligo di allacciare le<br />
cinture di sicurezza in macchina.<br />
Questo cambiamento, seppur anch’esso<br />
radicale e coinvolgente un<br />
numero ampio di individui, non ha<br />
sortito lo stesso risultato in termini di<br />
rispetto (e di tempo) come per il precedente.<br />
In questo caso, infatti, le due<br />
spinte coercitive, di natura strutturale<br />
la prima e di interesse l’altra, contrariamente<br />
al caso precedente, non hanno<br />
rappresentato per la popolazione<br />
una motivazione sufficiente al cambiamento.<br />
In questo caso, infatti, potendo<br />
ugualmente utilizzare la macchina<br />
senza dover mettere le cinture<br />
[3] E. Spaltro sostiene che, negli ultimi tempi, si sta assistendo a un lento, ma significativo passaggio dal predominio della ragione al<br />
rapporto emozione-ragione all’interno dei sistemi organizzativi aziendali. L’Autore evidenzia come sia in atto una trasformazione<br />
da un modello cognitivo razionale verso una nuova concezione di natura specificamente emotiva del lavoro e della formazione<br />
organizzativa, ritenendo, inoltre, che la supremazia della ragione, come modalità privilegiata di comprensione della realtà<br />
organizzativa, sia la risposta a livello diffuso del malessere oggi nelle organizzazioni aziendali (E. Spaltro, P. De Vito Priscitelli,<br />
Psicologia per le organizzazioni, Carocci, Roma 2002.<br />
81
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
ed essendovi sanzione/restrizione solo<br />
in caso di presenza attiva delle forze<br />
dell’ordine, il cambiamento culturale<br />
sociale non si è radicato diffusamente,<br />
tenendo anche conto del potenziale di<br />
pericolosità rappresentato dal mancato<br />
rispetto del precetto normativo; solamente<br />
chi, infatti, ne ha colto e fatto<br />
proprio il valore profondo della disposizione<br />
volta alla tutela della persona<br />
ha modificato il suo comportamento,<br />
mentre chi lo ha solo accolto<br />
come mero obbligo imposto lo ha gestito<br />
in maniera occasionale o strumentale<br />
(mettendosi le cinture solo in<br />
presenza di pericolo di controllo). Si<br />
coglie, in questo senso, come, al di là<br />
delle caratteristiche più o meno significative<br />
e determinanti delle spinte per<br />
il cambiamento, il fattore umano, la<br />
variabile soggettiva e la discrezionalità<br />
personale contino in maniera assoluta<br />
in qualsiasi processo di cambiamento<br />
culturale a carattere individuale<br />
e pertanto sociale.<br />
L’organizzazione del lavoro, pur<br />
essendo costituita da una struttura basata<br />
su aspetti di natura formale e da<br />
una sua oggettività di procedimenti e<br />
di procedure, ha parallelamente una<br />
sua ampia dimensione (il cuore pulsante)<br />
fondata su aspetti di natura informale<br />
e altri tipici frutto di processi,<br />
atteggiamenti, consuetudini e modalità<br />
proprie caratteristiche di quella collettività<br />
a cui il singolo appartiene.<br />
Gli aspetti di natura informale «si trovano<br />
concretizzati nella prassi routinaria<br />
quotidiana e definiscono lo scenario<br />
di azione degli attori. Sono essi<br />
che determinano le modalità operative<br />
spontanee di un’organizzazione.<br />
Ogni aspetto dell’organizzazione risulta<br />
carico di significati simbolici<br />
che fanno riferimento direttamente al<br />
mondo dei valori profondi, personali,<br />
82<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
ma soprattutto collettivi» [4] . Pertanto,<br />
per attuare un cambiamento culturale<br />
profondo e radicato in un contesto organizzativo<br />
in ambiente di lavoro,<br />
non si può pensare di prescindere dal<br />
promuovere spinte che, più che trovare<br />
ragione in mere imposizioni coercitive,<br />
in limiti oggettivi e strutturali,<br />
nascano piuttosto da esigenze sentite<br />
ed espresse dalla collettività che è<br />
chiamata a compiere il cambiamento.<br />
Nessun mutamento culturale può trovare<br />
concreta cittadinanza in una collettività<br />
che non ha vissuto, partecipato<br />
e “condiviso” (accettato e compreso)<br />
la creazione delle spinte e le leve<br />
del cambiamento.<br />
È provato come gli interventi di<br />
cambiamento organizzativo in ambito<br />
lavorativo siano uno dei motivi di<br />
maggior causa di situazioni di malessere<br />
diffuso nelle popolazioni lavorative.<br />
Le ragioni profonde di questo<br />
stato, al di là delle singole variabili e<br />
accentuazioni personali, si collocano<br />
non tanto (o soltanto) nella difficoltà<br />
di dover affrontare elementi nuovi/diversi<br />
sul piano (con tutto ciò che questo<br />
comporta dal punto di vista, fisico<br />
e biologico, dall’impiego di energie<br />
sovradimensionato al normale svolgimento<br />
delle proprie attività), ma,<br />
principalmente, nella resistenza che<br />
viene a crearsi, non avendo partecipato<br />
al processo di scelta del cambiamento,<br />
condiviso le ragioni e vissuto<br />
“emotivamente” le fasi di avvicinamento<br />
alla decisione di cambiamento.<br />
Le fusioni aziendali, i ridimensionamenti,<br />
gli accorpamenti, oggi purtroppo<br />
realtà costanti di una dimensione<br />
economica di forte crisi iniziata<br />
sul finire degli anni ‘90, hanno comportato<br />
un livello di malessere diffuso<br />
nelle realtà aziendali che ha significativamente<br />
oltrepassato la soglia con-<br />
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naturale del disagio dovuto alla trasformazione<br />
di molte situazioni<br />
aziendali un tempo floride e in crescita,<br />
a una dimensione di crisi e di<br />
regresso. La condizione di malessere<br />
diffuso oggi è molto più conseguenza<br />
di una diffusa inadeguata capacità organizzativa<br />
di gestione e accompagnamento<br />
di questi processi di cambiamento<br />
che di una oggettiva condizione<br />
di crisi sul livello produttivo<br />
(che, comunque, non può essere ignorata).<br />
Non si dimentichi che, ancora<br />
oggi, nelle realtà lavorative italiane il<br />
principale motivo per il quale l’applicazione<br />
delle regole in materia di salute<br />
e sicurezza tende a mancare - e<br />
con questo un radicamento profondo<br />
della cultura della prevenzione e protezione<br />
dei lavoratori in ambiente di<br />
lavoro e dell’importanza della valutazione<br />
di tutti [5] i rischi a cui i soggetti<br />
attivi in azienda sono esposti - non è<br />
da imputare prioritariamente a un mero<br />
mancato rispetto degli obblighi di<br />
legge previsti, in primis, a carico del<br />
datore di lavoro, ma al mancato salto<br />
culturale e, pertanto, al significativo<br />
cambiamento sociale che non è avvenuto<br />
nella popolazione lavorativa (intesa<br />
nel senso più ampio, ricomprendendo<br />
tutti i soggetti), a causa dei<br />
quali ancora oggi non viene percepita<br />
l’importanza della salvaguardia della<br />
salute e, al contempo, si è persa la<br />
capacità di “reagire” di fronte ai dati<br />
drammatici degli infortuni e delle<br />
morti sul lavoro.<br />
L’analisidellefonti<br />
delmalessere<br />
Molti oggi sono i dati che affermano<br />
la significativa correlazione tra lo<br />
stress e le caratteristiche dell’organizzazione<br />
del lavoro (o meglio della sua<br />
assenza o della sua inadeguatezza e insufficienza).<br />
Secondo i dati emersi dal-<br />
[4] K.Weick, Senso e significato nell’organizzazione, tr.it. Cortina, Milano 1997.<br />
[5] Nella legislazione italiana un interessante ambito di ricomprensione della materia è dato dall’importante modifica/integrazione del<br />
testo del D.Lgs. n. 626/1994 a seguito della sentenza di condanna emessa dalla Corte di Giustizia europea (C-49/00 del 15<br />
novembre 2001) nei confronti dell’Italia a causa di un non corretto recepimento del testo della direttiva 89/391/CE da parte del<br />
Legislatore nazionale. Mediante la sentenza di condanna, supportata dalle precise e inequivocabili parole della Corte di Giustizia<br />
europea («i datori di lavoro sono tenuti a valutare l’insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori»), l’Italia ha ricevuto<br />
(se comunque ve ne fosse stato bisogno) una conferma sull’obbligo a carico del datore di lavoro, in sede di valutazione dei rischi, di<br />
rilevare «tutti» (termine oggi inserito nella “nuova” versione dell’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 626/1994) gli aspetti presenti in<br />
ambiente di lavoro e suscettibili, in forma diretta e indiretta, di natura tecnica o organizzativa, di costituire fonte di rischio per i<br />
lavoratori.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
Efficienza<br />
la «Second European Survey on<br />
Working Conditions in the European<br />
Union», pubblicata dalla Fondazione<br />
Europea di Dublino nel 2000, il 28% di<br />
lavoratori dell’Unione europea riferivano<br />
disturbi correlati allo stress; percentuale<br />
che equivale a circa 41 milioni di<br />
lavoratori europei colpiti ogni anno da<br />
stress legato ad attività lavorativa [6] .<br />
Sebbene il lavoro rappresenti soltanto<br />
uno dei possibili aspetti della<br />
vita da cui può derivare l’esperienza<br />
di stress e di malattia, le ricerche e gli<br />
studi oggi lo identificano come una<br />
delle principali fonti. Diviene, pertanto,<br />
di rilevante interesse analizzare alcuni<br />
degli indicatori più significativi<br />
che sono stati riconosciuti determinanti<br />
nel contesto lavorativo per poter<br />
elaborare una diagnosi di clima mettendo<br />
sotto analisi gli elementi “sensibili”<br />
con i quali il clima organizzativo<br />
di una realtà aziendale si caratterizza<br />
e si identifica. Non può, infatti,<br />
essere trascurato il moderno concetto<br />
secondo il quale «è difficile pensare<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Regole<br />
Formule<br />
Standard<br />
Documenti<br />
Limiti<br />
Disposizioni<br />
Sanzioni<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Titolo<br />
Efficacia<br />
che gli assetti che si andranno a costituire<br />
negli anni a venire potranno<br />
essere determinati unicamente da forze<br />
economiche e politiche, senza alcun<br />
contributo da parte dei soggetti<br />
sociali (…), all’interno del processo<br />
di globalizzazione occorrerà distinguere<br />
comunque la dimensione strutturale<br />
da quella soggettiva» [7] .<br />
Non va certo considerato che tutti<br />
gli indicatori [8] rappresentino un ambito<br />
di analisi (necessaria) in ogni realtà<br />
lavorativa. Ma l’elenco, dal chiaro fine<br />
esemplificativo sebbene non esaustivo,<br />
funge da monito nel far emergere<br />
gli aspetti più ricorrenti di debolezza<br />
e di criticità nelle organizzazioni<br />
del lavoro al fine di richiamarne l’attenzione<br />
e la necessaria valutazione<br />
per poter identificare al meglio quelli<br />
che sono (forniti dalla casistica e dagli<br />
studi di settore) gli spazi e gli ambiti<br />
nei quali si va (potenzialmente) annidando,<br />
in forme diverse, quel “malessere”<br />
a carattere collettivo che spesso<br />
se trascurato, sottovalutato o non og-<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
Figura 1<br />
gettivato, conduce a situazioni di disagio<br />
lavorativo diffuso e difficile da<br />
recuperare, in tempi utili, senza rischiare<br />
l’insorgenza di gravi e permanenti<br />
danni ai lavoratori.<br />
Unmetododianalisi<br />
delcaricodilavoro<br />
Ritenendo di rilevante importanza,<br />
anche sulla base di un ampio supporto<br />
di studi, prendere a riferimento il<br />
carico di lavoro quale indicatore significativo<br />
di potenziale disagio, da<br />
parte della collettività lavorativa, in<br />
ambito lavorativo, su mandato del<br />
Ministero del Lavoro e della Previdenza<br />
Sociale [9] , è stato elaborato uno<br />
specifico metodo di analisi.<br />
Rifuggendo l’approccio tipico (e<br />
al contempo spesso debole e non<br />
scientifico) che porta a valutare le<br />
condizioni di lavoro mediante raccolta<br />
di dati basati esclusivamente sulla<br />
percezione del singolo lavoratore (di<br />
frequente, poi, anche non previamente<br />
informato e/o formato sul linguag-<br />
[6] Sul tema si veda l’approfondimento di F. Erbi, P. Santantonio e A. Bellomo, pubblicato sul n. 12/2007 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />
[7] C. Giaccardi, M. Magatti, L’io globale, Laterza, Roma-Bari, 2003.<br />
[8] Secondo la European Agency for Safety and Healt at Work (2000), gli indicatori di rilievo da prendere in esame per un’adeguata<br />
analisi del clima organizzativo in azienda, in base al contesto organizzativo sono: la cultura organizzativa; le modalità di gestione<br />
dei ruoli; i processi di sviluppo di carriera; i criteri di decisione e controllo; le relazioni interpersonali; il livello decisionale. In base<br />
alle modalità di lavoro, sono, invece: il carico di lavoro e i ritmi di lavoro; l’ambiente; la programmazione del lavoro; lo<br />
svolgimento della funzione.<br />
[9] Progetto del 2007 finanziato da parte del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale alla Società Euroesse S.r.l, dal titolo: “Gli<br />
indicatori di rilevazione nazionali relativi alla valutazione del disagio lavorativo e dei rischi di natura psico-sociale”.<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Motivazione<br />
Appartenenza<br />
Mission<br />
Emozione<br />
Solidarietà<br />
Conflitto<br />
Fatica mentale<br />
Ansia<br />
Tensione<br />
Interesse<br />
Rapporto con la gerarchia<br />
83
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
gio, obiettivi e scopo della rilevazione),<br />
si è lavorato incentrando il metodo<br />
intorno a una struttura semplice<br />
abbinata alla fallibilità dell’operatore<br />
in cui si ritiene di fondamentale importanza<br />
la quantificazione di un indice<br />
di rischio che tenga conto delle<br />
condizioni ambientali, del task, ma,<br />
soprattutto, delle funzioni cognitive<br />
abbinate a una determinata mansione<br />
(seguendo una metodologia basata<br />
sull’osservazione [10] e non sull’autovalutazione).<br />
Partendo dalla metodologia della<br />
Task Analysis, che permette sia di<br />
identificare ed esaminare i task che<br />
devono essere eseguiti dagli operatori<br />
quando interagiscono con un sistema,<br />
sia di studiare ciò che è richiesto in<br />
termini di azioni e/o processi al fine<br />
di raggiungere uno scopo, si giunge,<br />
non prima di essere passati dalla fase<br />
dell’analisi puntuale mediante la hierarchical<br />
task analysis - HTA (metodo<br />
in base al quale l’analista esamina<br />
le procedure secondo un approccio<br />
“dal basso verso l’alto”. In questo<br />
modo si attribuisce un ordine gerarchico<br />
per cui l’operatore non può<br />
compiere un task se prima non ha<br />
compiuto i precedenti) e utilizzando<br />
la metodologia offerta dal CREAM -<br />
cognitive reliability and error method<br />
analysis (metodo di analisi cognitivo<br />
sulla valutazione del potenziale di rischio<br />
rappresentato dall’eventuale errore<br />
umano), a svolgere una valutazione<br />
del carico cognitivo richiesto da<br />
una determinata prestazione. L’esito è<br />
quello di poter esprimere un giudizio<br />
di affidabilità del sistema organizzativo<br />
interno alla realtà lavorativa (analizzabile<br />
anche per singole unità operative).<br />
Si ottiene l’indice di valutazione<br />
della funzione f), che esprime<br />
un’analisi-giudizio di merito sul carico<br />
cognitivo associabile a una deter-<br />
84<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
minata funzione, permettendo , così,<br />
di poter identificare le carenze organizzative<br />
riferite alle singole funzioni<br />
(e, pertanto, ai lavoratori a esse impiegati),<br />
dando indicazione su quali<br />
ambiti (se necessario) dover intervenire<br />
per migliorare.<br />
Sono molte le realtà lavorative ancora<br />
oggi nelle quali, spesso, per una<br />
non adeguata (o disattenta) capacità<br />
organizzativa e gestionale, il clima lavorativo,<br />
le performance e le condizioni<br />
ambientali sono minati da uno<br />
stato di malessere diffuso dei lavoratori<br />
e delle lavoratrici che, nel tempo,<br />
procura conseguenze dalle ripercussioni<br />
diverse, a partire dalla qualità<br />
della produzione, all’immagine dell’azienda,<br />
al senso di appartenenza, ai<br />
costi (in particolare sanitari), all’assenteismo<br />
fino al turn over, per poi<br />
giungere drammaticamente a produrre<br />
disagio lavorativo ed eventuali casi<br />
di danno individuale.<br />
Responsabilitàsociale<br />
dell’impresapraticata<br />
Se per spiegare che cos’è la responsabilità<br />
sociale delle imprese<br />
(RSI) [11] bastasse una definizione autorevole<br />
e diffusamente riconosciuta,<br />
la Commissione europea, mediante il<br />
Libro Verde dal titolo “Promuovere<br />
un quadro europeo per la responsabilità<br />
sociale delle imprese”, redatto nel<br />
2001, avrebbe già da alcuni anni affrontato<br />
e regolato il tema: «l’integrazione<br />
volontaria delle preoccupazioni<br />
sociali ed ecologiche delle imprese<br />
nelle loro attività commerciali e nei<br />
loro rapporti con le parti interessate».<br />
Ma la RSI è, in primo luogo, un<br />
modus di concepire e gestire l’azienda,<br />
anziché uno status. Difatti, la scelta<br />
di avviare l’azienda verso un processo<br />
di RSI non è una scelta che si<br />
può considerare a sé stante, ma è l’in-<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
nesco di un percorso che, attraverso<br />
tappe volte verso obiettivi di miglioramento<br />
continuo, si susseguono nel<br />
tempo. Pertanto, la scelta di RSI non<br />
può che essere radicata all’interno<br />
delle politiche aziendali, influenzando<br />
l’intero sistema di governo, facilitando<br />
e sostenendo la produttività,<br />
quale sistema armonico tra capitale e<br />
lavoro, anziché una mera produzione<br />
schiacciata sul profitto. Alla base del<br />
percorso, pertanto, ci deve essere una<br />
scelta maturata all’interno della realtà<br />
produttiva che deve trovare, in primis,<br />
nella piena volontarietà, l’ambito<br />
di avvio e, subito dopo, quale ragione<br />
profonda e costante, l’andare “oltre”,<br />
gli obblighi specifici legislativi e regolativi,<br />
siano essi nazionali, comunitari<br />
che internazionali.<br />
Su questa linea di confine, oggi si<br />
trova, grazie anche al chiaro e illuminato<br />
pronunciamento del Parlamento<br />
europeo (13 marzo 2007) [12] , il tema:<br />
l dell’organizzazione del lavoro;<br />
l delle modalità gestionali;<br />
l delle (migliori) condizioni di lavoro<br />
e della centralità della persona nel<br />
lavoro.<br />
Aree di intervento sicuramente<br />
soggette a precisi obblighi legislativi a<br />
carico delle aziende (nella figura del<br />
datore di lavoro), ma che, se trovano e<br />
troveranno sempre più uno spazio di<br />
attenzione, impegno, investimento da<br />
parte delle aziende a favore di una<br />
crescita e miglioramento della qualità<br />
del lavoro e della dimensione di sostegno<br />
e tutela dell’integrità psico-fisica<br />
[13] del lavoratore e della lavoratrice,<br />
porteranno davvero a un cambiamento<br />
profondo e radicato della natura del<br />
lavoro e della produzione nazionale,<br />
facendo del “made in italy”, non solo<br />
un marchio di prodotto, ma una garanzia<br />
(reale e concreta) di produttività di<br />
valore, etica, sociale e sostenibile. l<br />
[10] La metodologia è stata progettata a uso dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione, basandola, pertanto, su criteri di<br />
carattere tecnico-ingegneristico e non psicologico, corredandola di tabelle e indicatori di analisi applicabili in modo logico e<br />
pragmatico, in ogni realtà lavorativa, a ogni funzione/mansione in essa svolta.<br />
[11] C. Frascheri, Oltre il limite. Quale limite… La Responsabilità Sociale delle Imprese, Edizioni Lavoro, Roma 2007.<br />
[12] Risoluzione del Parlamento Europeo 13 marzo 2007. Adottando un linguaggio diretto, chiaro e puntuale in tema di interventi<br />
necessari di responsabilità sociale delle imprese (RSI), il Parlamento riafferma l’importanza di promuovere la RSI a partire<br />
dall’interno dei problemi del lavoro, rilanciando quale via (unica) di sviluppo e crescita la “competitività responsabile”, attraverso<br />
i temi centrali del lavoro, come: l’organizzazione del lavoro nel rispetto della persona; la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;<br />
le migliori condizioni di lavoro; il rilancio e sostegno del lavoro femminile; etica e trasparenza economico-finanziaria.<br />
[13] C. Frascheri, Stress sul lavoro. I rischi emergenti nelle organizzazioni pubbliche e private, Maggioli, Bologna 2006, dal quale sono<br />
tratti alcuni passaggi di questo contributo.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
L’appaltatore esegue l’opera organizzando e gestendo i mezzi “a proprio rischio”<br />
Dalla Finanziaria 2007 alla legge 123<br />
quali responsabilità per il committente?<br />
diAldoAvvisati, avvocatodelforodiTorreAnnunziataNapoli,specialistaindirittodell’ambientee<br />
sicurezzasullavoro<br />
Apartiredallapubblicazione<br />
dellaleggen.296/2006fino<br />
adarrivareallaleggen.123/2007,<br />
sonostateoperatebentre<br />
modificheall’art.7,D.Lgs.<br />
n.626/1994.Partendodalle<br />
modificheapportatedallalegge<br />
n.123/2007,conlasostituzione<br />
delcomma3,art.7,D.Lgs.<br />
n.626/1994,èstatoaggiunto,<br />
acaricodelcommittente,<br />
l’obbligodiredigere<br />
undocumentodivalutazione<br />
deirischicheindichilemisure<br />
pereliminareleinterferenzee,<br />
conl’introduzionedelcomma<br />
3ter,èstatoprevistocheogni<br />
appaltoocontrattod’opera,<br />
anchediservizi,deveevidenziare<br />
inecessaricostidellasicurezza.<br />
Inriferimentoallalegge<br />
Finanziariaperil2007,invece,la<br />
modificaall’art.7hainserito,<br />
incapoall’imprenditore<br />
committente,l’obbligodi<br />
rispondereinsolidocon<br />
l’appaltatorenonché<br />
conciascunodeglieventuali<br />
subappaltatori,pertuttiidanni<br />
periqualiillavoratore<br />
infortunatononrisulti<br />
indennizzatodall’INAIL.<br />
86<br />
Secondo un filone interpretativo<br />
emerso in alcuni interventi della<br />
pubblicistica specializzata, le<br />
più significative novità contenute nell’art.<br />
7, D.Lgs. n. 626/1994 e nel<br />
D.Lgs. n. 494/1996, recanti nuove disposizioni<br />
in tema di sicurezza sui<br />
luoghi di lavoro, sarebbero l’individuazione<br />
del datore di lavoro committente,<br />
in relazione alla sua qualifica<br />
formale e non alle funzioni effettivamente<br />
esercitate, nonché la totale responsabilizzazione<br />
dello stesso per<br />
tutte le situazioni di rischio che dovessero<br />
crearsi in azienda e/o nel cantiere.<br />
In tema di responsabilità, i principi<br />
individuati in materia, nel corso di<br />
una lunga e laboriosa elaborazione<br />
giurisprudenziale, erano esattamente<br />
di segno opposto. Infatti, si riteneva<br />
che le responsabilità del datore di lavoro<br />
committente fossero circoscritte<br />
ai rischi derivanti da quella parte di<br />
organizzazione aziendale che lo stesso<br />
poteva avere determinato o concorso<br />
a determinare, di conseguenza<br />
che, nei cantieri interni o esterni all’azienda,<br />
la responsabilità del committente<br />
fosse limitata all’idoneità<br />
professionale ed economica dell’appaltatore<br />
(cosiddetta culpa in eligendo)<br />
e all’ipotesi in cui avesse operato<br />
rilevanti ingerenze nell’organizzazione<br />
imprenditoriale di quest’ultimo.<br />
Ilprincipio<br />
di“noningerenza”<br />
Era valido, in realtà, il cosiddetto<br />
principio di “non ingerenza” secondo<br />
il quale, attraverso la sottoscrizione<br />
del contratto di appalto di cui all’art.<br />
1655, c.c., l’appaltatore, a fronte del<br />
compenso pattuito, assumeva su di sé<br />
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ogni rischio circa la realizzazione dell’opera,<br />
compresi gli oneri riguardanti<br />
la sicurezza da curare sui luoghi<br />
oggetto dell’esecuzione del lavoro.<br />
Stante il continuo e incessante fenomeno<br />
infortunistico, il legislatore<br />
ha deciso, con il D.Lgs. n. 626/1994,<br />
di limitare, in un certo qual modo, il<br />
principio di non ingerenza prevedendo,<br />
con l’art. 7, a carico del datore di<br />
lavoro committente, in caso di affidamento<br />
dei lavori a imprese appaltatrici<br />
o a lavoratori autonomi all’interno<br />
della propria azienda, o singola unità<br />
produttiva, una serie di oneri, quali<br />
l’obbligo di:<br />
«a) verifica anche attraverso<br />
l’iscrizione alla Camera di commercio,<br />
industria ed artigianato, dell’idoneità<br />
tecnico-professionale delle<br />
imprese appaltatrici o dei lavoratori<br />
autonomi riguardo ai lavori da affidare<br />
in appalto o contratto d’opera;<br />
b) fornire agli stessi soggetti dettagliate<br />
informazioni sui rischi specifici<br />
esistenti nell’ambiente in cui sono destinati<br />
ad operare, e sulle misure di<br />
prevenzione e d’emergenza adottate a<br />
proposito della propria attività».<br />
La lettera a), comma 1, è, in pratica,<br />
la trasposizione in norma della<br />
cosiddetta culpa in eligendo, categoria<br />
che la giurisprudenza aveva già<br />
elaborato.<br />
Sempre l’art. 7, al comma 2, ha<br />
previsto l’obbligo, per i datori di lavoro,<br />
tanto il committente quanto<br />
l’appaltatore e/o il subappaltatore, di:<br />
l cooperare «all’attuazione delle<br />
misure di prevenzione e protezione<br />
dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività<br />
lavorativa oggetto dell’appalto»<br />
(comma 2, lettera a);<br />
11 dicembre 2007 N. 23
l coordinare «gli interventi di protezione<br />
e prevenzione dai rischi cui sono<br />
esposti i lavoratori, informandosi<br />
reciprocamente anche al fine di eliminare<br />
i rischi dovuti alle interferenze<br />
tra i lavori delle diverse imprese<br />
coinvolte nell’esecuzione dell’opera<br />
complessiva» (comma 2, lettera b).<br />
Inoltre, ai sensi del comma 3, il<br />
datore di lavoro committente aveva<br />
l’onere di promuovere il coordinamento<br />
di cui alla lettera b), comma 2.<br />
Con la novità introdotta dal<br />
D.Lgs. n. 242/1996, il datore di lavoro<br />
non si limitava solo a promuovere<br />
il coordinamento ma anche la cooperazione<br />
di cui al punto precedente.<br />
Mentre è rimasto immutato il secondo<br />
capoverso del comma 3, nel<br />
quale è precisato che l’obbligo di<br />
promozione, in capo al datore di lavoro<br />
committente, non si estende ai<br />
rischi specifici [1] propri dell’attività<br />
delle imprese appaltatrici o dei singoli<br />
lavoratori autonomi.<br />
Questo disposto è di importanza<br />
fondamentale. Infatti, ha posto e pone<br />
un argine a quelle interpretazioni<br />
della dottrina, sin troppo evolutive,<br />
che hanno ritenuto verificata una netta<br />
inversione di tendenza del principio<br />
di “non ingerenza”, giungendo<br />
alla apparente e forse agevole conclusione<br />
secondo la quale, lo stesso<br />
datore di lavoro committente, è diventato<br />
responsabile di qualsiasi rischio<br />
si dovesse creare in azienda e/o<br />
nel cantiere.<br />
Questa interpretazione, non condivisibile,<br />
è sembrata rafforzarsi con<br />
l’emanazione del D.Lgs. n. 494/1996<br />
e con gli obblighi previsti nella stessa<br />
norma posti a carico del committente,<br />
ovverosia di curare che, non il<br />
cantiere, ma tutte le operazioni di<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
cantiere devono essere realizzate in<br />
conformità alle prescrizioni antinfortunistiche<br />
e che il coordinatore per<br />
l’esecuzione, in nome e per conto del<br />
committente, deve procedere alla sospensione<br />
dei lavori o a interrompere<br />
immediatamente le singole lavorazioni<br />
in tutti i casi di pericolo.<br />
Questa interpretazione “forzata”<br />
aveva avuto origine da un vario articolato<br />
di cui si componeva, in origine,<br />
il D.Lgs. n. 494/1996, e che faceva<br />
propendere per la tesi della responsabilità<br />
esclusiva del datore di lavoro<br />
committente, con conseguente esenzione<br />
del datore di lavoro appaltatore.<br />
In particolare, la disposizione che<br />
si prestava a una interpretazione più<br />
restrittiva del D.Lgs. n. 494/1996, in<br />
termini di responsabilità del datore di<br />
lavoro committente, era l’originario<br />
art. 9, il quale, al comma 2, aveva<br />
previsto che «La redazione ovvero<br />
l’accettazione e la gestione da parte<br />
dei singoli datori di lavoro dei piani<br />
di sicurezza e coordinamento secondo<br />
quanto definito dall’art. 12 costituisce<br />
adempimento delle norme<br />
previste dall’art. 4, commi 1, 2 e 7 e<br />
dell’articolo 7, commi 1, lettera b) e<br />
2 del D.Lgs. n. 626/1994».<br />
Da qui il convincimento, anche da<br />
parte di alcuni organi di vigilanza, che<br />
al datore di lavoro appaltatore bastasse<br />
l’accettazione del PSC per soddisfare<br />
gli obblighi di revisione del proprio documento<br />
di sicurezza e delle attività di<br />
informazione, di coordinamento e di<br />
cooperazione con il committente.<br />
Altro corollario era il convincimento<br />
che fosse il datore di lavoro<br />
committente a dover “immaginare” e<br />
schedare, nel PSC, ogni rischio possibile<br />
sul cantiere, anche i cosiddetti<br />
“rischi propri” dell’attività appaltatri-<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
ce, rimanendone coinvolto anche sotto<br />
il profilo della vigilanza e delle<br />
conseguenti responsabilità.<br />
Quindi, il datore di lavoro appaltatore,<br />
per ogni attività sul cantiere, si<br />
riteneva andasse “a rimorchio” del<br />
datore di lavoro committente.<br />
Questo “corto circuito” interpretativo<br />
è stato spezzato con la modifica<br />
al D.Lgs. n. 494/1996, che ha introdotto,<br />
all’art. 9, lettera c-bis), da un<br />
lato, espressamente l’obbligo di redigere<br />
il piano operativo di sicurezza<br />
(POS) a carico del datore di lavoro<br />
dell’impresa esecutrice, come specificazione<br />
per il singolo cantiere del<br />
documento di sicurezza già redatto ai<br />
sensi dell’art. 4, D.Lgs. n. 626/1994,<br />
e, dall’altro, ha riformulato il comma<br />
2, art. 9, prevedendo che «l’accettazione<br />
da parte di ciascun datore di<br />
lavoro delle imprese esecutrici del<br />
piano di sicurezza e di coordinamento<br />
di cui all’art. 12 e la redazione del<br />
piano operativo di sicurezza costituiscono<br />
limitatamente al singolo cantiere<br />
interessato adempimento alle<br />
disposizioni di cui all’art. 4, commi<br />
1, 2 e 7, e all’articolo 7, comma 1,<br />
lettera b) del decreto legislativo n.<br />
626/1994».<br />
Tuttavia, ritornando all’analisi dell’art.<br />
7, D.Lgs. n. 626/1994, sono proprio<br />
i continui rimandi operati dall’articolato<br />
del D.Lgs. n. 494/1996 al<br />
D.Lgs. n. 626/1994 e, su tutti, la disposizione<br />
di chiusura contenuta nel<br />
comma 2, art. 1, D.Lgs. n. 494/1996,<br />
la quale prevede che le disposizioni<br />
del D.Lgs. n. 626/1994 e della legislazione<br />
vigente in materia di prevenzione<br />
degli infortuni e dell’igiene del<br />
lavoro si applicano al settore dei cantieri<br />
temporanei e mobili, fatte salve<br />
le specifiche disposizioni contenute<br />
[1] In tema di differenze tra “rischio specifico” e “rischio ambientale”, si veda Cass. pen., sez., IV, 16 gennaio 1987, secondo cui «in<br />
tema di prevenzione infortuni sul lavoro, l’obbligo dell’imprenditore, che si avvalga per l’esecuzione di opere accessorie di un<br />
lavoratore autonomo in base ad un contratto d’opera, di renderlo edotto dei rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro in cui è<br />
chiamato ad operare, non si estende anche ai rischi propri dell’attività professionale o del mestiere che il lavoratore autonomo è<br />
incaricato di prestare. Ed, invero, con il contratto d’opera il prestatore assume ogni rischio inerente all’esecuzione dei lavori ed a lui<br />
compete l’obbligo di munirsi dei mezzi infortunistici previsti dalla legge ed a farne uso, senza che possa ravvisarsi una qualche<br />
corresponsabilità del committente in caso di incidente a causa della mancata osservanza di tale obbligo» (fattispecie in cui era stata<br />
accertata la sussistenza di un contratto di subappalto in favore di un muratore artigiano, dotato di proprie attrezzature e, in<br />
particolare, di cinture di sicurezza).<br />
87
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
nel D.Lgs. n. 494/1996 stesso.<br />
Per cui, lo stesso capoverso dell’art<br />
7, comma 3, secondo il quale il<br />
datore di lavoro committente è sciolto<br />
dall’obbligo di promuovere il coordinamento<br />
e la cooperazione anche per<br />
i rischi specifici propri dell’attività<br />
delle imprese appaltatrici e/o dei singoli<br />
lavoratori autonomi, è pienamente<br />
applicabile al datore di lavoro committente<br />
del D.Lgs. n. 494/1996.<br />
Pertanto, quest’ultimo non potrà<br />
mai essere chiamato a rispondere per<br />
responsabilità di tipo penale e/o civile<br />
per il mancato assolvimento degli<br />
obblighi da parte del datore di lavoro<br />
appaltatore.<br />
Laresponsabilizzazione<br />
delcommittente<br />
Una maggiore responsabilizzazione<br />
del committente nella scelta e nella<br />
selezione degli appaltatori, in relazione<br />
alla serietà del loro approccio<br />
alle problematiche della sicurezza, è<br />
certamente condivisibile, porre in capo<br />
a questi l’obbligo di attivarsi per<br />
curare la cooperazione e il coordinamento<br />
dell’attività delle diverse imprese<br />
e per evitare che si creino lacune<br />
prevenzionali lo è altrettanto, come<br />
anche inevitabile appare la responsabilizzazione<br />
del committente<br />
per tutti i rischi derivanti dall’organizzazione<br />
complessiva del cantiere<br />
nonché delle infrastrutture e delle attrezzature<br />
da questi predisposte e<br />
88<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
messe a disposizione degli appaltatori.<br />
Andare oltre, spingersi fino a una<br />
sorta di responsabilità oggettiva del<br />
committente, per tutto quanto può<br />
accadere nel cantiere, significa aprire,<br />
invece, un conflitto con i principi<br />
generali che ispirano il nuovo sistema<br />
di prevenzione creato in Italia sin<br />
dagli anni ’50 e ridefinito, senza particolari<br />
stravolgimenti, con l’emanazione<br />
del D.Lgs. n. 626/1994. In questo<br />
quadro normativo, la responsabilizzazione<br />
del datore di lavoro, del<br />
dirigente e del preposto opera in relazione<br />
alle funzioni (organizzative e<br />
direzionali) effettivamente svolte da<br />
questi all’interno dell’azienda; questa<br />
appare sempre strettamente proporzionale<br />
rispetto al potere (direttivo e<br />
organizzativo) effettivamente esercitato<br />
da questi e, in tale collegamento,<br />
trova la sua giustificazione in coerenza<br />
con il principio generale di personalità<br />
della responsabilità penale.<br />
Un’interpretazione che si pone in<br />
contrasto con questi principi non può<br />
non lasciare alquanto perplesso il<br />
giurista ed esporre la norma a seri<br />
dubbi di legittimità costituzionale.<br />
Implicherebbe, inoltre, uno stravolgimento<br />
dei principi stessi che regolano<br />
il contratto di appalto che, nell’ordinamento<br />
italiano, è caratterizzato<br />
proprio dal fatto che l’appaltatore assume<br />
il compimento di un’opera con<br />
l’organizzazione e la gestione dei<br />
[2] Con tecnica legislativa discutibile, il legislatore ha condensato in un unico strumento normativo disposizioni immediatamente<br />
cogenti e precettive con altre contenenti principi all’indirizzo del Governo per la redazione del Testo unico.<br />
[3] Nell’ambito dei cantieri cosiddetti “interni”, sussistono due particolari categorie di fattori di rischio, i rischi “aggiuntivi” e i rischi<br />
“interferenziali”.<br />
«I rischi “aggiuntivi” sono quelli derivanti dalla presenza simultanea o successiva dell’impresa del ddl/committente e della/e<br />
impresa/e appaltatrici e/o di eventuali lavoratori autonomi nella medesima area di lavoro. Essi non ineriscono dunque al rischio<br />
specifico insito in ciascuna singola attività lavorativa, isolatamente considerata, ma sono bensì generati ex novo dalla suddetta<br />
situazione di promiscuità e/o di polifunzionalità. I rischi aggiuntivi devono pertanto essere considerati quali nuovi fattori di rischio,<br />
il cui valore aggiunto origina dallo svolgimento, anche non contestuale, di molteplici attività professionali.<br />
I rischi “interferenziali” sono invece quelli conseguenti alla specifica interazione tra le diverse attività lavorative svolte dalle<br />
imprese e dai lavoratori autonomi operanti nell’area del cantiere.<br />
Il D.Lgs. n. 626/1994, così come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996, ha introdotto limitatamente ai cd. appalti interni, quelli da<br />
realizzarsi cioè nell’ambito dell’azienda del committente, una diretta responsabilizzazione aggiuntiva di quest’ultimo in ordine al<br />
coordinamento fra le varie sfere organizzative (dell’appaltante e dei vari appaltatori) ed alla cooperazione fra tutti i soggetti<br />
coinvolti nell’adempimento del dovere di sicurezza. Mentre in precedenza, secondo l’orientamento della giurisprudenza (e in<br />
mancanza di norme legislative) tali obblighi di cooperazione e coordinamento incombevano in egual misura su tutti i soggetti<br />
coinvolti, l’art. 7 del D.Lgs, n. 626/1994 ha individuato dunque nel committente il soggetto obbligato ad attivarsi per ottenere<br />
l’adempimento». Fonte: di Pierguido Soprani La <strong>Sicurezza</strong> nei cantieri, Il Sole 24 Ore.<br />
[4] In questo modo aumenta ancor di più la corrispondenza tra l’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994 e il D.Lgs. n. 494/1996. In effetti, l’obbligo<br />
in capo al datore di lavoro committente di redigere il documento di cui al nuovo comma 3 è molto simile all’obbligo di cui all’art.<br />
12, che vige in capo al committente del cantiere di redigere o far redigere a cura del coordinatore per la progettazione il PSC.<br />
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mezzi necessari “a proprio rischio”,<br />
di cui all’art. 1655, c.c. L’appalto sarebbe,<br />
invece, un rapporto nell’ambito<br />
del quale si verificherebbe un’ingerenza<br />
totale del committente nell’organizzazione<br />
e nella gestione dei<br />
lavori.<br />
Modifichealcomma3<br />
L’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, fondamentale<br />
architrave nella costruzione<br />
della nuova gestione della sicurezza<br />
in azienda, è stato sottoposto a<br />
interpretazioni ma anche a modifiche<br />
sostanziali.<br />
Nell’ultimo anno, ovvero dall’approvazione<br />
dell’ultima Finanziaria<br />
2007 a oggi, ha subito ben tre modifiche.<br />
Procedendo a ritroso, difatti, nella<br />
legge 3 agosto 2007, n. 123, «Misure<br />
in tema di tutela della salute e della<br />
sicurezza sul lavoro e delega al Governo<br />
per il riassetto della normativa<br />
in materia» [2] , è stato modificato il<br />
comma 3, con la specificazione che<br />
«il datore di lavoro committente promuove<br />
la cooperazione ed il coordinamento<br />
di cui al comma 2, elaborando<br />
un unico documento di valutazione<br />
dei rischi che indichi le misure<br />
adottate per eliminare le interferenze<br />
[3] . Tale documento è allegato al<br />
contratto di appalto o d’opera» [4] .<br />
Quindi, è stato aggiunto, a carico del<br />
committente, l’obbligo di redigere un<br />
11 dicembre 2007 N. 23
documento di valutazione dei rischi,<br />
da intendersi come specificazione di<br />
quello di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 626/<br />
1994, che indichi le misure per eliminare<br />
le interferenze.<br />
Fino a ora, gli strumenti per operare<br />
la cooperazione e il coordinamento<br />
tra i datori di lavoro erano<br />
dettati dall’autonomia organizzativa<br />
concordata tra le parti. Ora, invece,<br />
lo strumento imposto dal legislatore<br />
è, obbligatoriamente, il documento di<br />
valutazione dei rischi con onere di<br />
redigerlo a carico del datore di lavoro<br />
committente. In termini di responsabilità<br />
conseguenti alla novità introdotta,<br />
è opportuno sottolineare che<br />
non vi è stata una corrispondente modifica,<br />
in quanto l’art. 89 prevede, in<br />
ogni caso, per i datori di lavoro inadempienti,<br />
tanto il committente<br />
quanto l’appaltatore, l’arresto da due<br />
a quattro mesi o l’ammenda da 516 a<br />
2.582 euro. La nuova formulazione<br />
del comma 3 attribuisce, a ogni modo,<br />
un adempimento ulteriore e gravoso<br />
a carico del datore di lavoro<br />
committente che non potrà non avere<br />
ripercussioni, quanto meno dal lato<br />
civilistico delle responsabilità, laddove,<br />
in caso di sinistro, qualche rischio<br />
o qualche misura conseguente non<br />
siano stati indicati nel documento<br />
elaborato e/o non sia stato concretamente<br />
approntato.<br />
Leintegrazionialcomma3<br />
L’altro comma aggiunto dalla leg-<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
ge 3 agosto 2007, n. 123, all’art. 7, è<br />
il comma 3-ter, il quale ha previsto<br />
che «ferme restando le disposizioni in<br />
materia di sicurezza e salute del lavoro<br />
previste dalla disciplina vigente<br />
degli appalti pubblici, nei contratti di<br />
somministrazione, di appalto e di subappalto,<br />
di cui agli articoli 1559,<br />
1655 e 1656 del codice civile, devono<br />
essere specificatamente indicati i costi<br />
relativi alla sicurezza del lavoro».<br />
Anche questo disposto rientra tra<br />
le disposizioni della legge immediatamente<br />
precettive. Pertanto, ogni appalto<br />
o contratto d’opera, anche di<br />
servizi, deve, a partire dal 25 agosto<br />
2007, avere evidenziato i costi che la<br />
sicurezza del lavoro richiede.<br />
Lemodifiche<br />
dellaFinanziaria2007<br />
Con la legge 27 dicembre 2006, n.<br />
296, cosiddetta Finanziaria 2007,<br />
erano già state operate alcune modifiche<br />
di rilievo all’art. 7.<br />
Al precedente comma 1 era stata<br />
sostituita una formulazione che, in<br />
maniera più adeguata, ha colto il senso<br />
del campo di operatività della disposizione<br />
stessa [5] .<br />
Al comma 3 era stato aggiunto,<br />
poi, un comma 3-bis nel quale era<br />
stato specificato che l’imprenditore<br />
committente deve rispondere in solido<br />
con l’appaltatore e con ciascuno<br />
degli eventuali subappaltatori, per<br />
tutti i danni per i quali il lavoratore,<br />
dipendente dall’appaltatore o dal su-<br />
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SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
bappaltatore, non risulti indennizzato<br />
a opera dell’INAIL [6] .<br />
Ai sensi dell’art. 10, D.P.R. 30<br />
giugno 1965, n. 1124, «Testo unico<br />
delle disposizioni per l’assicurazione<br />
obbligatoria contro gli infortuni sul<br />
lavoro e le malattie professionali», il<br />
datore di lavoro è esonerato dall’obbligo<br />
di risarcire il prestatore d’opera<br />
infortunato mentre lavorava alle sue<br />
dipendenze. Ma, a dire il vero, questa<br />
polizza non copre il datore di lavoro<br />
per ogni profilo di danno richiesto. Si<br />
tratta, come risulterà chiaro più avanti,<br />
di un esonero parziale per il datore<br />
di lavoro [7] .<br />
I danni ai quali si riferisce il comma<br />
3-bis, art. 7, sono relativi a quell’area<br />
in cui la dottrina e la giurisprudenza<br />
fanno rientrare le categorie del<br />
“danno differenziale” e del “danno<br />
complementare”.<br />
Al lavoratore spetta, inoltre, secondo<br />
le normali regole della responsabilità<br />
civile, il diritto al risarcimento<br />
del cosiddetto “danno differenziale”<br />
costituito dalla differenza<br />
tra valutazione del danno biologico,<br />
compiuta in sede previdenziale, da<br />
quella da compiersi in ambito civile<br />
[8] , nonché il diritto al risarcimento<br />
del cosiddetto “danno complementare”,<br />
a sua volta costituito da ulteriori<br />
quote di ristoro non coperte dalle<br />
prestazioni previdenziali ricevute [9] ,<br />
entrambe da esigersi nei confronti<br />
del responsabile civile del fatto ille-<br />
[5] «Il datore di lavoro in caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda,<br />
o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima».<br />
[6] In forza del principio di “automaticità delle prestazioni”, che caratterizza da sempre la legislazione infortunistica, anche il<br />
lavoratore cosiddetto “in nero” o, comunque, non denunciato dall’impresa all’INAIL gode, in caso di infortunio, dei trattamenti<br />
previsti dall’Ente assicuratore per gli infortuni sul lavoro.<br />
[7] Nel nuovo sistema di tutela assicurativa contro i rischi del lavoro, introdotto dall’art. 13, D.Lgs. n. 38/2000, un ruolo centrale è<br />
assegnato al danno biologico di origine professionale, assunto a fondamento dell’intervento indennitario a favore del lavoratore<br />
che, a seguito di infortunio o di tecnopatia, abbia subito una menomazione permanente, totale o parziale, della propria integrità<br />
psico-fisica. Per conseguenza, il sistema introdotto dal D.Lgs. n. 38/2000 è costituzionalmente improntato alla logica dell’indennizzo,<br />
che è di per sé logica di non completa valorizzazione del danno alla salute, sia sul piano della considerazione dei pregiudizi sia<br />
su quello del loro ristoro.<br />
[8] Alla stregua di queste regole, il risarcimento del danno differenziale è ammesso, dunque, se e nella misura in cui ecceda<br />
l’ammontare delle prestazioni previdenziali, avendo il lavoratore diritto di percepire a questo titolo dal datore di lavoro solo quanto<br />
eventualmente residui all’esito della deduzione, dal quantum dovuto secondo le comuni regole civilistiche, dell’indennizzo regolato<br />
dall’INAIL (in tal senso, Corte Cost., 22 giugno 1971, n. 134, in Riv. Inf. Mal. Prof., 1971, II, pag. 187).<br />
[9] Sono da ricomprendersi nel danno complementare i profili in radice esclusi dalla sfera dell’indennizzo assicurativo-sociale, come il<br />
danno biologico da inabilità temporanea, da micropermanente non ascendente alla minima del 6% o il danno morale.<br />
[10] Il loro risarcimento potrà essere richiesto alla stregua delle regole generali senza operatività alcuna dell’esonero per il datore di<br />
lavoro ex art. 10, Testo unico. Si veda la sentenza Tribunale di Monza, sez. IV, 7-16 giugno 2005, n. 1828, e la sentenza Tribunale di<br />
Monza 1° marzo 2005.<br />
89
SICUREZZA DEL LAVORO<br />
Articolo<br />
cito generatore dell’infortunio [10] .<br />
Pertanto, le fattispecie di richiesta<br />
di risarcimento, per le quali, ai sensi<br />
dell’art. 3, comma 3-bis, art. 7,<br />
D.Lgs. n. 626/1994, sarà possibile<br />
chiedere, per il lavoratore della ditta<br />
appaltatrice o sub-appaltatrice, al datore<br />
di lavoro committente di rispondere<br />
in via solidale, sono molteplici.<br />
L’aggravio per quest’ultimo, in<br />
termini di costi, è rilevante.<br />
La finalità della norma appare<br />
chiara e si pone in quel filone dottrinale<br />
teso a rafforzare e a estendere la<br />
posizione di responsabilità del committente.<br />
Ma, ancora una volta, la manovra<br />
appare molto forzata e ai limiti,<br />
configurando la responsabilità soli-<br />
90<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
dale un’assurda responsabilità di<br />
tipo oggettivo. Infatti, non si comprende<br />
a quale titolo, nel caso fosse<br />
riconosciuta la mancanza di<br />
ogni responsabilità, nell’infortunio<br />
del lavoratore, da parte del committente<br />
o suoi aventi causa, si potrebbe<br />
richiedere delle somme per<br />
il risarcimento allo stesso datore di<br />
lavoro committente.<br />
Tanto più quando, nel secondo capoverso<br />
del comma 2, art. 7, D.Lgs.<br />
n. 626/1994, specificando che l’obbligo<br />
di promozione in capo al datore<br />
di lavoro committente non si estende<br />
ai rischi specifici propri dell’attività<br />
delle imprese appaltatrici o dei singoli<br />
lavoratori autonomi, si intende<br />
mandare esente proprio il datore di<br />
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lavoro committente da eventuali<br />
comportamenti e/o omissioni non ricadenti<br />
nella sfera delle attribuzioni a<br />
lui imputabili [11] .<br />
Senza obbligazione assunta e senza<br />
fatto illecito non si comprende come<br />
il datore di lavoro committente<br />
possa essere tenuto a risarcire civilmente<br />
qualcuno. Una lettura della<br />
normativa italiana coerente con il resto<br />
dell’ordinamento legislativo deve<br />
indurre l’interprete, quindi, a ritenere<br />
che la responsabilità del committente<br />
e dei suoi collaboratori si limiti all’organizzazione<br />
del cantiere e delle<br />
attrezzature messe a disposizione<br />
delle imprese appaltatrici nonché alla<br />
promozione della cooperazione e del<br />
coordinamento. l<br />
[11] In questo senso, si veda Cass. pen., sez. IV, 5 luglio 1990, secondo la quale «Eventuali clausole di trasferimento di rischio e<br />
responsabilità tra appaltatore e subappaltatore non hanno alcuna operatività agli effetti dell’osservanza delle norme di prevenzione<br />
antinfortunistica giacché tali norme sono di diritto pubblico e non possono essere derogate da fatti privati quando non riguardano il<br />
rischio specifico del subappaltatore». Si veda anche Cass. pen., sez. IV, 25 febbraio 1999.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
IGIENE E SICUREZZA<br />
SICUREZZA IN CANTIERE<br />
Articolo<br />
Per le attività edili è necessaria l’integrazione dei contenuti di POS e PSC<br />
Cantieri temporanei e mobili e legge 123:<br />
quali novità per i piani di sicurezza?<br />
diDamianoRomeo, amministratoreunicodellaRomeoS.r.l.<br />
Lalegge3agosto2007,n.123<br />
hamodificatol’art.7,D.Lgs.<br />
n.626/1994.Certamentequeste<br />
rettifichehannointrodottoalcuni<br />
cambiamentiinmeritoallaprassi<br />
adempimentaleinvigoreprima<br />
dellapubblicazionedellelegge,<br />
maènecessariostabilire<br />
se,inconseguenzaaquesta,<br />
devonosubirevariazionianche<br />
icontenutidelPOS,ilquale<br />
dovrebbetrattareirischi<br />
provenientidalleinterferenze<br />
traleattivitàsvolte<br />
dall’appaltatore<br />
edalsubappaltatore,<br />
eseancheilPSCdeveadattarsie<br />
integrarsiperessereinlinea<br />
coninuovidisposti<br />
dicuiallaleggen.123/2007.<br />
Èimportantecapire,inoltre,<br />
seancheneicantieriedilideve<br />
esserepredispostoildocumento<br />
unicodivalutazionedeirischi<br />
delleinterferenze(DUVRI).<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
Con la modifica apportata dalla<br />
legge n. 123/2007, il nuovo art.<br />
7, D.Lgs. n. 626/1994, prevede<br />
che il datore di lavoro committente<br />
elabori un documento di valutazione<br />
dei rischi che contenga le misure adottate<br />
per eliminare i rischi interferenziali;<br />
per quanto riguarda il settore edile,<br />
occorre stabilire se, oltre alla predisposizione<br />
del PSC e del POS, bisogna<br />
procedere alla redazione di questo documento<br />
unico di valutazione dei rischi<br />
(DUVRI).<br />
Soprattutto, si pone il problema di<br />
come dovrà essere affrontata la questione,<br />
se dovranno essere predisposti<br />
tre diversi documenti (PSC, POS, DU-<br />
VRI) per la gestione corretta del cantiere,<br />
oppure se potranno essere sufficienti<br />
alcune modifiche e aggiornamenti<br />
da apportare ai contenuti del<br />
PSC e del POS, al fine di soddisfare<br />
l’obbligo di valutare i rischi prodotti<br />
dalle interferenze per la loro eliminazione<br />
o riduzione.<br />
Sono dubbi ai quali occorre dare<br />
delle risposte tenendo presente due<br />
aspetti preliminari:<br />
l i rischi da attività interferenti rappresentano<br />
un problema reale e complesso<br />
nel sistema della prevenzione<br />
che merita molta attenzione;<br />
l l’eccessiva burocratizzazione del<br />
sistema, con la predisposizione di<br />
svariati documenti [PSC, POS, DU-<br />
VRI, PiMUS, DVRR (rumore),<br />
DVRC (chimico), DVRV (vibrazioni)<br />
ecc.], sicuramente aiuta a fare<br />
prevenzione, ma crea anche, come<br />
effetto collaterale, un distacco, una<br />
disaffezione, un rifiuto del sistema.<br />
La prevenzione sarebbe percepita, in<br />
questo modo, come una serie di<br />
adempimenti burocratici ai quali<br />
adempiere che però non incidono sul<br />
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miglioramento delle reali condizioni<br />
di lavoro.<br />
È importante, al fine di fare sicurezza<br />
in modo sostanziale e non formale,<br />
mettere in campo strumenti condivisi,<br />
semplici, comprensibili, che aiutino le<br />
imprese a fare una migliore prevenzione,<br />
riducendo la mole di carta e semplificando<br />
le procedure.<br />
Per le aziende che effettivamente<br />
non sono esposte, nel ciclo produttivo,<br />
a rischi particolari (per esempio, il rumore,<br />
le vibrazioni, il rischio chimico,<br />
la MMC ecc.) bisognerebbe utilizzare<br />
l’istituto dell’autocertificazione. Uno<br />
strumento, questo, che permette di semplificare<br />
gli adempimenti, con l’unica<br />
controindicazione dell’abuso che alcuni<br />
datori di lavoro potrebbero farne.<br />
Per i cantieri temporanei e mobili,<br />
nel regime del D.Lgs. n. 494/1996, la<br />
scelta logica, nell’applicare l’art. 7,<br />
D.Lgs. n. 626/1994, così come modificato<br />
dalla legge n. 123/2007, è quella<br />
di modificare, di implementare, di aggiornare<br />
i due attuali strumenti, il PSC<br />
e il POS, evitando di introdurre un terzo<br />
documento di valutazione dei rischi,<br />
il DUVRI.<br />
Le interferenze, i loro rischi, le misure<br />
di sicurezza da prevedere devono<br />
essere affrontati e inseriti in questi due<br />
piani di sicurezza.<br />
Quanto affermato trova corrispondenza<br />
in alcune disposizioni normative<br />
già in essere, in particolare:<br />
l l’art. 9, comma 2 D.Lgs. n. 494/<br />
1996, secondo il quale «L’accettazione<br />
da parte di ciascun datore di lavoro<br />
delle imprese esecutrici del piano di<br />
sicurezza e di coordinamento e la redazione<br />
del piano operativo di sicurezza<br />
costituiscono, limitatamente al singolo<br />
cantiere interessato, adempimento<br />
alle disposizioni di cui all’articolo 4<br />
91
92<br />
SICUREZZA IN CANTIERE<br />
Articolo<br />
commi 1, 2 e 7, e all’articolo 7, comma<br />
1, lettera b), del decreto legislativo<br />
n. 626 del 1994»; in altre parole, il<br />
PSC e il POS rappresentano adempimento<br />
alla predisposizione della valutazione<br />
dei rischi;<br />
l l’art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 494/<br />
1996, definisce il PSC come quel piano<br />
che contiene «le misure di prevenzione<br />
dei rischi risultanti dalla eventuale<br />
presenza simultanea o successiva<br />
di più imprese o dei lavoratori autonomi<br />
ed è redatto anche al fine di<br />
prevedere, quando ciò risulti necessario,<br />
l’utilizzazione di impianti comuni<br />
quali infrastrutture, mezzi logistici e di<br />
protezione collettiva», recante anche le<br />
«protezioni o misure di sicurezza contro<br />
i possibili rischi provenienti dall’ambiente<br />
esterno»;<br />
l l’art. 4, D.P.R. n. 222/2003 dispone,<br />
al comma 1, che «Il coordinatore per<br />
la progettazione effettua l’analisi delle<br />
interferenze tra le lavorazioni, anche<br />
quando sono dovute alle lavorazioni di<br />
una stessa impresa esecutrice o alla<br />
presenza di lavoratori autonomi, e<br />
predispone il cronoprogramma dei lavori»,<br />
aggiungendo, ai commi 2 e 3,<br />
che «In riferimento alle interferenze<br />
tra le lavorazioni, il PSC contiene le<br />
prescrizioni operative per lo sfasamento<br />
spaziale o temporale delle lavo-<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
Analisidelleinterferenzeall’internodiunPSC<br />
razioni interferenti e le modalità di verifica<br />
del rispetto di tali prescrizioni;<br />
nel caso in cui permangono rischi di<br />
interferenza, indica le misure preventive<br />
e protettive ed i dispositivi di protezione<br />
individuale, atti a ridurre al minimo<br />
tali rischi. Durante i periodi di<br />
maggior rischio dovuto ad interferenze<br />
di lavoro, il coordinatore per l’esecuzione<br />
verifica periodicamente, previa<br />
consultazione della direzione dei lavori,<br />
delle imprese esecutrici e dei lavoratori<br />
autonomi interessati, la compatibilità<br />
della relativa parte di PSC con<br />
l’andamento dei lavori, aggiornando il<br />
piano ed in particolare il cronoprogramma<br />
dei lavori, se necessario».<br />
Da questo ne deriva che la valutazione<br />
dei rischi del singolo cantiere è<br />
data dalla presenza del PSC e del POS.<br />
Sono questi gli strumenti, predisposti<br />
nella fase di progettazione (il PSC)<br />
e nell’esecuzione (il POS), che devono<br />
affrontare tutti i rischi, anche quelli generati<br />
dalle interferenze.<br />
La lettura di queste disposizioni conferma,<br />
senza equivoco, che la valutazione<br />
dei rischi del cantiere è data dalla<br />
presenza congiunta del PSC e del POS,<br />
quindi, la valutazione dei rischi delle<br />
interferenze è già prevista. Quindi, la<br />
valutazione ex art. 7, D.Lgs. n. 626/<br />
1994, come modificato dalla legge n.<br />
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TABELLA1<br />
Fasidilavorointerferenti Indicazionitecniche,organizzativeeprocedurali,finaliz<br />
FasedilavoroA FasedilavoroA<br />
zateallariduzionedell’insorgenzadirischicausatidall’interferenzadipiùfasidilavoro<br />
Allestimentodelcantiere Scaviesbancamenti Alfinedievitareinterferenzetraledueattivitàoccorrecompartimentare<br />
l’area oggetto degli scavi definendo i percorsi dei<br />
mezziutilizzati(cingolati,gommatieautocarri)conleattivitàdi<br />
allestimento del cantiere (posa baracche, impianti ecc.). Nell’areaoggettodelloscavo,perquantopossibile,nondevonoesseresvolteattivitàdicantierizzazione.<br />
Operedicarpenteria Impermeabilizzazioni Adisarmieffettuati,iniziareconleattivitàdiimpermeabilizzazione,nonoperareconledueattivitàinproiezioneverticalenellastessaarea.<br />
Operedicarpenteria Costruzionedelponteggio Leattivitàdicarpenteriadelprimosolaiofuoriterrarimangono<br />
subordinateallapreventivaimpostazionedelponteggiolungoil<br />
perimetrodelsolaiostesso.<br />
Ilponteggiodovràsovrastare,inognicaso,dialmenounapuntata<br />
laquotadovesieseguonoleattivitàdicarpenteria.<br />
Gettodellacopertura Costruzionedelponteggio Leattivitàincoperturapotrannoiniziareaseguitodelcompletamentodelleopereinerentialponteggio,ilparapettodiquestodovràesserealtom1,20dall’estradossoeaverecorrentiadistanzanonsuperionedim0,40.<br />
123/2007, conseguentemente, non può<br />
che essere considerata integrata all’interno<br />
di questi documenti, il PSC e il<br />
POS.<br />
Questa considerazione conferma<br />
che, per le attività di cantiere, non deve<br />
essere predisposto il DUVRI, ma devono<br />
essere completati i documenti in<br />
essere.<br />
Al fine di contribuire alle modifiche<br />
e alle integrazioni del PSC e del<br />
POS, a titolo di esempio non esaustivo,<br />
si propongono gli elementi e/o gli<br />
aspetti da tenere in considerazione.<br />
IlPSC<br />
Per il PSC è opportuno considerare<br />
tre possibili scenari:<br />
l l’appalto unico, in cui l’opera è affidata<br />
a un singolo appaltatore che, in<br />
fase di progettazione, non è ancora in<br />
grado di definire quali attività saranno<br />
subappaltate;<br />
l l’appalto scorporato, l’opera è assegnata<br />
a una serie di appaltatori distinti,<br />
per esempio, l’impresa che fa lo scavo,<br />
l’impresa civile, l’impresa meccanica,<br />
l’impresa elettrica ecc.;<br />
l l’appalto con presenza di terzi, si<br />
tratta di lavori da eseguire in presenza<br />
di altre attività che non possono essere<br />
sospese (per esempio, i lavori stradali<br />
in presenza di traffico, i lavori di ma-<br />
11 dicembre 2007 N. 23
nutenzione all’interno delle scuole, degli<br />
ospedali, degli uffici, delle fabbriche<br />
dove, oltre ai lavori di manutenzione,<br />
continuano a svolgersi le normali<br />
attività lavorative).<br />
L’appalto unico<br />
Nel caso di un appalto unico, in cui<br />
l’opera è affidata a un singolo appaltatore,<br />
il CSP, in fase di progettazione,<br />
può determinare poco in quanto non si<br />
è ancora a conoscenza delle lavorazioni,<br />
delle imprese, dei tempi, ecc. e dei<br />
diversi subappaltatori che potrebbero<br />
essere successivamente presenti. La<br />
gestione delle interferenze dovrà essere<br />
effettuata dall’appaltatore principale e<br />
dai subappaltatori attraverso la corretta<br />
predisposizione del POS. Il CSE, nella<br />
sua attività di verifica e di controllo,<br />
dovrà vigilare e coordinare le interferenze.<br />
L’appalto scorporato<br />
Nel caso dell’appalto scorporato, in<br />
cui l’opera è assegnata a diversi appaltatori<br />
distinti, il CSP, attraverso la predisposizione<br />
del cronoprogramma e,<br />
conseguentemente, del PSC, deve:<br />
l individuare il numero e il tipo di<br />
appalti scorporati;<br />
l predisporre il programma dei lavori<br />
(Gantt o altro) specificando le imprese<br />
coinvolte e le attività svolte per singola<br />
impresa;<br />
l individuare le interferenze tra le varie<br />
attività delle imprese (per esempio,<br />
tra civili e meccanici);<br />
l indicare le misure di sicurezza atte<br />
a eliminare o a ridurre il rischio (in<br />
questa fase si può agire anche modificando<br />
il programma dei lavori al fine<br />
di ridurre le interferenze).<br />
Il CSE avrà, comunque, il compito<br />
di svolgere le attività di verifica, di<br />
controllo, di supervisione e, attraverso<br />
le azioni di coordinamento, di gestire,<br />
durante l’esecuzione dei lavori, le interferenze,<br />
eliminando o riducendo i rischi.<br />
Nella tabella 1 si riporta un esempio<br />
di attività interferenti trattate all’interno<br />
del PSC.<br />
L’appalto con presenza di terzi<br />
Nel caso dell’appalto con presenza<br />
di terzi, dove i lavori sono svolti in<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
presenza di altre attività e l’interferenza<br />
non è tra più imprese esecutrici, ma<br />
tra un’impresa e le attività svolte dai<br />
lavoratori dipendenti del committente<br />
e presenti sul luogo di lavoro-cantiere,<br />
la valutazione dei rischi è reciproca,<br />
sia il datore di lavoro committente sia<br />
l’appaltatore dovranno valutare i rischi<br />
generati dalle interferenze. L’appaltatore<br />
(impresa esecutrice) potrà considerare<br />
il rischio interferente nel POS,<br />
mentre il datore di lavoro committente<br />
dovrà predisporre il DUVRI da consegnare<br />
all’appaltatore in fase di appalto.<br />
I due documenti, che devono essere<br />
considerati complementari, e la reciproca<br />
informazione e coordinamento<br />
permettono di svolgere le attività in<br />
maggiore sicurezza.<br />
IlPOS<br />
Anche per la predisposizione del<br />
piano operativo di sicurezza sono possibili<br />
tre scenari:<br />
l l’impresa che esegue le attività con<br />
personale proprio, in assenza di subappalto<br />
e di interferenza con terzi;<br />
l l’impresa che subappalta, in parte,<br />
le attività ad altre imprese o a lavoratori<br />
autonomi con interferenza tra appaltatore<br />
e subappaltatore e/o tra diversi<br />
subappaltatori;<br />
l l’impresa che esegue le attività, anche<br />
con subappaltatori, in presenza di<br />
attività terze (per esempio, i lavori all’interno<br />
di un negozio, di un ufficio<br />
ecc.) dove l’interferenza è con terzi.<br />
Assenza di subappalto<br />
Nel caso in cui l’impresa esegua le<br />
attività unicamente con proprio personale<br />
non si riscontrano interferenze né<br />
con subappaltatori né con terzi; ne<br />
consegue che il rischio dato dalle interferenze<br />
non è presente, quindi, non deve<br />
essere valutato.<br />
Subappalto<br />
Nel caso dell’impresa che subappalta,<br />
in parte, le attività ad altre imprese o<br />
a lavoratori autonomi, chi affida i lavori<br />
in subappalto assume la funzione di<br />
datore di lavoro committente, il quale,<br />
in questa veste, ha l’obbligo di analizzare<br />
i rischi generati dalle attività interferenti<br />
sia tra appaltatore-subappaltatore<br />
sia tra subappaltatori diversi.<br />
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SICUREZZA IN CANTIERE<br />
Articolo<br />
La valutazione delle interferenze<br />
può essere fatta tenendo presente:<br />
l il programma dei lavori (tipo di lavorazioni,<br />
tempi di esecuzione, modalità<br />
esecutive ecc.);<br />
l le imprese presenti (subappaltatori,<br />
lavoratori autonomi);<br />
l le aree (impianti, strutture verticali,<br />
strutture orizzontali, luoghi in quota<br />
ecc.) dove si creano le situazioni interferenti.<br />
In relazione alle informazioni raccolte,<br />
il datore di lavoro committente<br />
(l’appaltatore) analizza i rischi e indica<br />
le misure di prevenzione e di protezione<br />
per eliminare o ridurre gli stessi.<br />
Subappalto con presenza<br />
di attività terze<br />
Nel caso in cui l’impresa debba<br />
eseguire la propria attività, anche con<br />
subappaltatori, in presenza di terze attività,<br />
l’interferenza non è riscontrabile<br />
direttamente con una attività di cantiere<br />
ma con altre diverse attività; per<br />
esempio, nel caso di opere da pittore o<br />
di adeguamento di impianti all’interno<br />
di un edificio, di un negozio o di<br />
un’industria si creerebbero delle interferenze<br />
tra opere civili o impiantistiche<br />
e attività svolte, nel sito, dai lavoratori<br />
dipendenti del datore di lavoro committente.<br />
Anche in questo caso, queste interferenze<br />
devono essere valutate, tenendo<br />
presente che è necessario:<br />
l individuare i luoghi dove si eseguono<br />
le opere in appalto;<br />
l individuare le attività svolte dall’appaltatore;<br />
l individuare le attività svolte dai dipendenti<br />
del datore di lavoro committente;<br />
l individuare le interferenze e i rischi<br />
correlati;<br />
l indicare le misure finalizzate alla<br />
eliminazione dei rischi e/o alla riduzione<br />
degli stessi.<br />
Nella tabella 2 è riportato un esempio<br />
di attività interferente del tipo “appaltatore-subappaltatore”<br />
gestito attraverso<br />
il POS.<br />
Il piano operativo di sicurezza può<br />
rappresentare uno strumento indispensabile<br />
per gestire tutti gli aspetti della<br />
sicurezza legati all’appalto. In altre parole,<br />
gli obblighi dell’appaltatore nei<br />
93
SICUREZZA IN CANTIERE<br />
Articolo<br />
confronti del subappaltatore, previsti<br />
dall’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, possono<br />
essere interamente gestiti attraverso<br />
il POS a condizione che questo, oltre a<br />
quanto previsto dal D.P.R. n. 222/<br />
2003, riporti, tra i suoi contenuti:<br />
l gli elementi di reciproca informazione<br />
sui rischi esistenti in cantiere;<br />
l gli strumenti di cooperazione, di<br />
coordinamento, di consultazione tra<br />
appaltatore e subappaltatori;<br />
l la valutazione dei rischi generati<br />
dalle interferenze e le misure da porre<br />
in essere per eliminarle.<br />
Il POS dovrà essere trasferito, dal<br />
datore di lavoro committente all’appaltatore<br />
e/o subappaltatore, tramite un<br />
atto formale opportunamente documentato.<br />
Al fine di applicare pienamente<br />
l’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, occorre<br />
che, prima di affidare alcune attività in<br />
subappalto, l’appaltatore provveda a:<br />
l verificare i requisiti del subappaltatore<br />
(CCIAA, DURC, adempimenti<br />
di sicurezza, lavori svolti, referenze<br />
ecc.);<br />
94<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
l prevedere, in via contrattuale,<br />
l’importo degli oneri della sicurezza<br />
da riconoscere per l’esecuzione dei<br />
lavori.<br />
Icostidellasicurezza<br />
In merito alla questione dei costi<br />
della sicurezza, vista anche la normativa<br />
di cui al Codice degli appalti, il<br />
D.Lgs. n. 163/2006, modificato dal<br />
D.Lgs. n. 113/2007 [1] , gli oneri da trasferire<br />
al subappaltatore, senza nessun<br />
ribasso, sono quelli relativi alle<br />
singole voci del computo metrico dei<br />
costi, riferite alle lavorazioni affidate<br />
in subappalto.<br />
Per esempio, se le attività di scavo<br />
e di movimento terra sono affidate in<br />
subappalto, gli oneri della sicurezza da<br />
riconoscere potrebbero essere, riportati<br />
in un elenco certamente non esaustivo:<br />
l l’armatura delle pareti dello scavo;<br />
l il parapetto di delimitazione del perimetro<br />
degli scavi;<br />
l gli apprestamenti per accedere al<br />
fondo scavo (scale, impalcati ecc.);<br />
Analisidelleinterferenzeall’internodelPOS<br />
Interferenza:carpenteriainlegnoallestimentodeiponteggi<br />
[1] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, dello stesso Autore, Modificato il Codice degli appalti: novità su DURC e indici<br />
di congruità, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 17/2007, pag. 54.<br />
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l il sistema di abbattimento delle polveri;<br />
l ecc.<br />
Conclusioni<br />
L’applicazione corretta della legge<br />
n. 123/2007 comporta che il POS subisca,<br />
inevitabilmente, alcune modifiche<br />
e integrazioni, lo stesso vale, in modo<br />
parziale, anche per il PSC.<br />
Applicando i criteri di semplificazione<br />
e di razionalizzazione, il POS,<br />
oltre che rispondere a quanto richiesto<br />
dal D.Lgs. n. 494/1996 e dal D.P.R. n.<br />
222/2003, se correttamente impostato<br />
potrebbe:<br />
l rappresentare un utile strumento di<br />
reciproca informazione tra appaltatore<br />
e subappaltatore (lo scambio dei POS<br />
comporta lo scambio delle informazioni<br />
sui rischi presenti);<br />
l unitamente al DURC e ai dati forniti<br />
dalla CCIAA, rappresentare un<br />
elemento di pre-qualificazione dell’impresa<br />
(il POS completo e contestualizzato<br />
indica che l’impresa è tendenzialmente<br />
strutturata). l<br />
TABELLA2<br />
Dettagliodell’attivitàinterferente1 Opereincarpenteriainlegno,posadelferro,gettodeimanufatti<br />
Dettagliodell’attivitàinterferente2 Allestimentodeiponteggiesterni<br />
Rischiderivanti<br />
dalleinterferenze<br />
delleattività<br />
Misurediprevenzioneediprotezionepereliminare<br />
irischigeneratidalleinterferenze<br />
Caduta di materiale l’esecuzionedelleattivitàinterferentideveessereprecedutadaunariunionedireciprocainformazionee<br />
dall’alto in fase di mo dicoordinamentonellaqualesidecidonolemodalitàoperative.Inviapreliminare,l’areadovràessere<br />
vimentazione: suddivisa,occorreevitaredioperaresullostessofronteconleattivitàdicarpenteriaedimontaggiodel<br />
ponteggio.<br />
Caduta nel vuoto di<br />
personeecose:<br />
Ribaltamento di carichi:<br />
Crollo di strutture e di<br />
ponteggi:<br />
Elettrocuzione:<br />
l’allestimentodelponteggioèprioritariorispettoalleoperedicarpenteria,icarpentieripotrannooperaresoloaseguitodell’ultimazionedegliimpalcatidelponteggio.<br />
ilsollevamentodeicavalletti,periponteggisti,odellegname,pericarpentieri,deveavvenirenellearee<br />
assegnateevitandodipassareconilcaricoagganciatoallagrusopraleareedicompetenzadialtreimprese.<br />
primadimettereinusoilponteggio,neiconfrontidelleimpresepresentiincantiere,ilponteggistaeil<br />
propostodovrannoverificarechetuttiglielementichelocostituiscono,ancoraggi,parapetti,impalcati,<br />
scaleinterneecc.,sianopresenti,idoneieconformi;inassenzadiquestielementi,ilponteggiononpotrà<br />
esseredatoinusoalleimpreseesecutrici.<br />
primadiconsegnarel’impiantoallevarieimpreseutilizzatrici,ènecessarioverificarelafunzionalitàdegli<br />
interruttoridifferenziali,ilcoordinamentoconl’impiantodimessaaterraelaresistenzadellastessa.<br />
11 dicembre 2007 N. 23
IGIENE E SICUREZZA<br />
RASSEGNADILEGISLAZIONE<br />
acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma<br />
ITALIA<br />
IMBALLAGGI PER ALIMENTI<br />
DecretodelMinisterodellaSalute<br />
25settembre2007,n.217<br />
«Regolamento recante aggiornamento del<br />
decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente<br />
la disciplina igienica degli imballaggi,<br />
recipienti, utensili destinati a venire a contatto<br />
con le sostanze alimentari o con sostanze<br />
d’uso personale» (G.U. del 20 novembre 2007,<br />
n. 270)<br />
Il decreto apporta alcune modifiche al D.M.<br />
21 marzo 1973, «Disciplina ”igienica” degli<br />
imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire<br />
in contatto con le sostanze alimentari o<br />
con sostanze d’uso personale».<br />
Innanzitutto, risulta sostituito l’art. 27, riferito<br />
all’utilizzo di carte e di cartoni, adoperabili<br />
a contatto diretto con gli alimenti, da soli o<br />
accoppiati con altri o trasformati in imballaggi,<br />
soltanto se fabbricati secondo buona tecnica<br />
industriale e conformi alle caratteristiche<br />
individuate:<br />
• nel caso di imballaggi per alimenti per i<br />
quali sono previste prove di migrazione, devono<br />
essere costituiti da almeno il 75% di<br />
materie fibrose, al massimo il 10% di sostanze<br />
di carica, al massimo il 15% di sostanze<br />
ausiliarie;<br />
• nel caso di imballaggi per alimenti per i<br />
quali non sono previste prove di migrazione,<br />
devono essere costituiti da almeno il 60% di<br />
materie fibrose, al massimo il 25% di sostanze<br />
di carica, al massimo il 15% di sostanze<br />
ausiliarie (percentuali tutte da riferirsi alla<br />
sostanza secca).<br />
I coadiuvanti tecnologici di lavorazione con<br />
funzione di reattivi, di agenti di dispersione,<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
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LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
di flottazione e di drenaggio, di agenti antischiuma<br />
e antilimo, saranno ammissibili soltanto<br />
in tracce (art. 1).<br />
Risulta sostituito anche l’art. 27bis, decreto<br />
ministeriale 21 marzo 1973, relativo ai requisiti<br />
dei contenitori, costituibili da cartoni<br />
multistrati a grammatura minima di 200 g/m 2<br />
e composti da almeno tre strati con le nuove<br />
caratteristiche individuate (copertura, centro<br />
e “retro”, quale lo strato destinato al contatto<br />
diretto con l’alimento), sostanzialmente<br />
utilizzabili soltanto per determinate categorie<br />
di alimenti (per esempio, camomilla, tè ed<br />
erbe infusionali, cereali secchi, cereali tostati,<br />
frutta fresca fornita di tegumento esterno<br />
protettivo ecc.), di cui all’art. 2.<br />
La nuova disciplina introduce, inoltre, ulteriori<br />
novità in materia di controlli analitici<br />
sull’idoneità all’impiego di carte e di cartoni<br />
(art. 28, D.M. 21 marzo 1973 e relativo Allegato<br />
IV), di soggetti tenuti agli accertamenti<br />
di idoneità delle carte e dei cartoni utilizzati<br />
(art. 29), di normativa relativa ai collanti impiegabili<br />
(consentita ora anche utilizzando<br />
sostanze diverse da quelle previste dal D.M.<br />
21 marzo 1973 a condizione che non si abbia<br />
alcuna fuoriuscita di essi dai bordi sul lato<br />
destinato a venire in contatto con alimenti)<br />
(art. 30), di colorazione della carta e dei cartoni<br />
stessi (art. 31), di indicazione del lato di<br />
contatto con gli alimenti (art. 32) e di utilizzabilità<br />
di carte e di cartoni non conformi<br />
alle specifiche tecniche di cui all’Allegato IV<br />
al D.M. 21 marzo 1973.<br />
Infine, il decreto ha inserito modifiche tecniche<br />
all’Allegato II, Sezione 4, «Carte e cartoni,<br />
Parte B: Coadiuvanti tecnologici di lavorazione»,<br />
D.M. 21 marzo 1973.<br />
Risultano riconosciute, peraltro, in via automatica,<br />
le disposizioni degli altri Paesi appartenenti<br />
all’Unione europea ovvero contraen<br />
95
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
ti l’accordo sullo spazio economico europeo,<br />
nonché della Turchia (nuovo art. 38bis, D.M.<br />
21 marzo 1973).<br />
SICUREZZA ALIMENTARE<br />
Decretolegislativo<br />
6novembre2007,n.193<br />
«Attuazione della direttiva 2004/41/CE<br />
relativa ai controlli in materia di sicurezza<br />
alimentare e applicazione dei regolamenti<br />
comunitari nel medesimo settore» (S.O. n.<br />
228 alla G.U. del 9 novembre 2007, n. 261)<br />
Si tratta della disciplina italiana attuativa<br />
della direttiva 2004/41/CE, a sua volta abrogatrice<br />
di alcune direttive recanti norme sull’igiene<br />
dei prodotti alimentari e disposizioni<br />
sanitarie per la produzione e la commercializzazione<br />
di determinati prodotti di origine<br />
96<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
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animale destinati al consumo umano. Sono<br />
state introdotte disposizioni concernenti le<br />
macellazioni d’urgenza al di fuori del macello,<br />
quali carcasse, mezzane, quarti e mezzane<br />
tagliate in massimo tre parti, ottenute da<br />
macellazioni d’urgenza di ungulati domestici<br />
al di fuori del macello, con introduzione di<br />
un bollo sanitario standard dove dovranno<br />
essere indicate informazioni relative alla Usl<br />
dove si trova il macello, in cui le carni macellate<br />
di urgenza sono trasportate, la sigla<br />
MSU seguita dal numero di macello e, nella<br />
parte inferiore, il nome o la Regione/Provincia<br />
autonoma dove è localizzato il macello.<br />
Oltre ad alcune modifiche alla normativa in<br />
materia di scambi e di informazioni (D.Lgs. n.<br />
674/1996) il decreto introduce l’apparato<br />
sanzionatorio per il mancato rispetto della<br />
nuova normativa nonché comunitaria di riferimento<br />
(Regolamenti comunitari n. 852/<br />
2004, e n. 853/2004). l<br />
11 dicembre 2007 N. 23
IGIENE E SICUREZZA<br />
QUESITISULL’ANTINCENDIO<br />
diMarioAbate, DirettoreviceDirigenteComandoprovincialeVVFMilano<br />
RIVENDITA DI CAVI ELETTRICI CON DEPOSITO<br />
Un’attività 8762 è caratterizzata da una<br />
zona di vendita di m 2 450, un deposito di<br />
m 2 2.000, un carico d’incendio inferiore a 50<br />
Kg/m 2 , un’altezza della struttura di m 8; inoltre,<br />
l’edificio è isolato con transito lungo tutto<br />
il perimetro per i mezzi dei VVF. Si chiede:<br />
• se è possibile la comunicazione tra la vendita<br />
e il deposito;<br />
• se è necessario un impianto sprinkler;<br />
• se è necessaria una protezione esterna con<br />
idranti a colonna UNI 70.<br />
Appare difficile rispondere esattamente<br />
in assenza di una presa visione dello stato<br />
dei luoghi e di una specifica valutazione<br />
del rischio. L’installazione di un impianto idrico<br />
automatico antincendio di tipo sprinkler,<br />
in considerazione dei costi, potrebbe essere<br />
non strettamente necessaria. L’impianto di<br />
protezione esterna idranti, diversamente, potrebbe<br />
essere opportuno. La comunicazione<br />
fra la vendita e il deposito, se necessaria, può<br />
essere sempre proposta, eventualmente in<br />
deroga alla circolare del Ministero dell’Interno<br />
3 luglio 1967, n. 75, «Criteri di prevenzione<br />
incendi per grandi magazzini, empori,<br />
ecc.».<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
RESPONSABILITÀ IN CAPO<br />
AL PRESIDE DI UN ISTITUTO<br />
Un preside di un istituto professionale<br />
statale evidenzia che l’istituto è privo del<br />
certificato di prevenzione incendi. Leggendo<br />
l’art. 20, decreto legislativo n. 139/2006, sembrerebbechevisialapossibilitàdiincorrerein<br />
una sanzione penale (a carico del preside)<br />
proprio per la mancanza della certificazione<br />
antincendio.<br />
È possibile avere chiarimenti in merito a questo<br />
aspetto?<br />
Per quanto riguarda l’applicazione del<br />
regime sanzionatorio alle attività sogget<br />
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DOMANDE E RISPOSTE<br />
te ai controlli di prevenzione incendi, nell’art.<br />
20, D.Lgs. n. 139/2006, vengono previste sanzioni<br />
penali, nei casi di omissione di richiesta<br />
di rilascio o di rinnovo del certificato di prevenzione<br />
incendi, a carico dei titolari delle<br />
attività nelle quali vengono detenuti e impiegati<br />
prodotti infiammabili o esplodenti da cui<br />
derivano, in caso di incendio, gravi pericoli<br />
per l’incolumità della vita e dei beni.<br />
Nellostessodispostosiprecisachequesteattività<br />
dovranno essere individuate con apposito<br />
D.P.R. da emanarsi a norma dell’art. 17, comma<br />
1, legge n. 400/1988.<br />
Si precisa inoltre che, come chiarito dalla circolare<br />
10 marzo 2006, prot. n. 47234, «il testo<br />
normativo (ovvero il D.Lgs. n. 139/2006) non<br />
introduce nuove sanzioni, né modifica sostanzialmente<br />
quelle previste, ma riporta, con dei<br />
necessari aggiornamenti, quanto già previsto<br />
dall’art. 5, comma 1, della legge n. 818/1984».<br />
Nella stessa circolare è ribadito che «a un<br />
successivo provvedimento amministrativo viene<br />
poi demandata solo la funzione integrativa<br />
in ordine a quegli elementi che non possono<br />
essere indicati in modo particolareggiato<br />
dalla legge; si tratta dello stesso criterio previsto<br />
per il reato di cui agli artt. 36, 67 e 389<br />
del D.P.R. n. 547/1955 tuttora vigente ed applicabile,<br />
come confermato da recenti decisioni<br />
della Cassazione (cfr. Cassazione penale,<br />
Sez. III, sent. n. 45064 del 24/11/2003)».<br />
Poiché queste previsioni normative non risultano<br />
ancora emanate, in caso di mancata richiesta<br />
del certificato di prevenzione incendi<br />
(CPI), occorre fare riferimento al D.P.R. n. 547/<br />
1955 e al D.P.R. n. 689/1959.<br />
Ai sensi della normativa vigente, solo le attività<br />
di cui all’elenco allegato alle tabelle A e B,<br />
D.P.R. n. 689/1959, sono sanzionabili, ai sensi<br />
dell’art. 389, D.P.R. n. 547/1955, per l’inosservanza<br />
dell’art. 37, ovvero per l’omessa richiesta<br />
del parere di conformità sul progetto o<br />
per l’omessa richiesta di visita di collaudo ai<br />
97
DOMANDE E RISPOSTE<br />
fini del rilascio del certificato di prevenzione<br />
incendi.<br />
In particolare, nella tabella A allegata al<br />
D.P.R. n. 689/1959 sono elencate le aziende e<br />
le lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano,<br />
si sviluppano e si detengono prodotti<br />
infiammabili, incendiabili o esplodenti,<br />
mentre nella tabella B sono riportate le aziende<br />
e le lavorazioni che per dimensioni, ubicazione<br />
e altre ragioni presentano, in caso di<br />
incendio, gravi pericoli per la incolumità dei<br />
lavoratori.<br />
Lescuole,diogniordineegradoconoltre100<br />
persone presenti, pur essendo soggette ai<br />
controlli di prevenzione incendi, in quanto<br />
rientranti al punto 85, Allegato al D.M. 16<br />
febbraio 1982, non sono ricomprese tra le attività<br />
riportate nelle tabelle A e B, D.P.R. n.<br />
689/1959, per le quali la mancata richiesta del<br />
certificato di prevenzione incendi comporta<br />
una sanzione penale ai sensi del D.P.R. n. 547/<br />
1955.<br />
98<br />
RINNOVO DELCPI<br />
Un professionista iscritto negli elenchi del<br />
Ministero dell’Interno, di cui alla legge n.<br />
818/1984, si occupa da anni di prevenzione<br />
incendi.<br />
Ha, però, dei dubbi sul comportamento da<br />
adottare quando i titolari di attività soggette<br />
al controllo dei Vigili del Fuoco gli affidano<br />
l’incarico di rinnovare un certificato di prevenzione<br />
incendi scaduto.<br />
I dubbi riguardano le responsabilità che competono<br />
al professionista stesso e quelle del<br />
titolare che intende rinnovare il CPI, alcune<br />
volte, dopo un lungo periodo dalla scadenza.<br />
Esiste un termine massimo entro il quale rinnovare<br />
il certificato di prevenzione incendi?<br />
La validità dello stesso è variata in caso di<br />
rinnovo in data posteriore alla scadenza?<br />
Come mai i Comandi VVF si comportano in<br />
modo differente a riguardo, visto che alcuni<br />
notificano il mancato rinnovo mentre altri dispongono<br />
il sopralluogo di controllo sulle<br />
istanze di rinnovo?<br />
Il caso prospettato, ovvero la formulazione<br />
dell’istanza di rinnovo del certificato<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
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di prevenzione incendi in data successiva alla<br />
scadenza, è stato specificato da una precisa<br />
istruzione ministeriale fornita dalla letteracircolare<br />
5 febbraio 1999, prot. n. P03/4101.<br />
La circolare ha ribadito che «ricade nell’ambito<br />
della responsabilità diretta del titolare dell’attività<br />
l’aver proseguito l’esercizio della<br />
stessa in assenza del certificato di prevenzione<br />
incendi in corso di validità»; di conseguenza, i<br />
Comandi provinciali devono procedere al rinnovo<br />
dello stesso senza variarne il periodo di<br />
validità.<br />
Si ricorda che l’istanza di rinnovo è corredata<br />
di «una dichiarazione del responsabile dell’attività<br />
attestante che non è mutata la situazione<br />
riscontrata alla data del rilascio del certificato<br />
di prevenzione incendi e da una perizia<br />
giurata comprovante l’efficienza dei dispositivi,<br />
nonché dei sistemi e degli impianti antincendio»,<br />
recanti una data congruente a quella<br />
di presentazione dell’istanza.<br />
Quindi, indipendentemente dalla data di<br />
scadenza del certificato di prevenzione incendi,<br />
sulla base della documentazione prodotta,<br />
il Comando può avviare e concludere<br />
il procedimento di rinnovo nei tempi previsti<br />
(15 giorni) con validità del certificato di<br />
prevenzione incendi che decorre dalla data<br />
di presentazione della domanda.<br />
L’art. 4, D.P.R. n. 37/1998, ha previsto che «ai<br />
fini del rinnovo del certificato di prevenzione<br />
incendi, gli interessati presentano in tempo<br />
utile e comunque prima della scadenza del<br />
certificato, apposita domanda conforme alle<br />
previsioni contenute nell’art. 1». I comandi<br />
VVF potrebbero, in teoria, avvertire gli utenti,<br />
all’approssimarsi della data di scadenza del<br />
CPI, degli obblighi ai quali sono tenuti per<br />
legge, anche al fine di intraprendere tutte le<br />
iniziative ritenute idonee in caso di mancato<br />
riscontro e/o accertata negligenza nel regolarizzare<br />
lo stato autorizzativo dell’attività.<br />
Inoltre, gli stessi Comandi possono disporre,<br />
nell’ambito dell’esercizio del controllo delle<br />
condizioni di sicurezza ai fini della prevenzione<br />
incendi e in qualunque momento, «accertamenti<br />
sulla sussistenza delle condizioni di<br />
sicurezza antincendio presso le attività interessate<br />
sia prima che dopo il rilascio del CPI»<br />
e, quindi, se ritenuto opportuno, anche in occasione<br />
del rinnovo del certificato di prevenzione<br />
incendi stesso. l<br />
11 dicembre 2007 N. 23
IGIENE E SICUREZZA<br />
RASSEGNADIGIURISPRUDENZA<br />
acuradiPierguidoSoprani, avvocato<br />
RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO<br />
PER UN INFORTUNIO<br />
Cassazionepenale,sez.IV,<br />
(ud.29gennaio2007)<br />
24aprile2007,n.16422,<br />
Pres.eRel.Senese<br />
Lavoro-Infortunisullavoro-Normativaantinfortunistica-Datoredilavoro-Obbligodi<br />
garantire la sicurezza nel luogo di lavoro -<br />
Fondamento - Contenuto della posizione di<br />
garanzia - Comportamento negligente del<br />
lavoratore-Rilevanza-Limiti-Fattispecie<br />
Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente<br />
per organizzare le attività lavorative in<br />
modo sicuro, assicurando anche l’adozione da<br />
partedeidipendentidelledoverosemisuretecniche<br />
e organizzative per ridurre al minimo i rischi<br />
connessi all’attività lavorativa: tale obbligo dovendolo<br />
ricondurre, oltre che alle disposizioni<br />
specifiche,proprio,piùgeneralmente,aldisposto<br />
dell’articolo 2087 del codice civile, in forza del<br />
quale il datore di lavoro è comunque costituito<br />
garantedell’incolumitàfisicaedellasalvaguardia<br />
della personalità morale dei prestatori di lavoro,<br />
conl’ovviaconseguenzache,oveeglinonottemperiall’obbligoditutela,l’eventolesivocorrettamente<br />
gli viene imputato in forza del meccanismo<br />
previsto dall’articolo 40, comma 2, c.p. Pertanto,<br />
in caso di infortunio sul lavoro originato<br />
dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione,<br />
nessuna efficacia causale, per escludere la<br />
responsabilità del datore di lavoro, può essere<br />
attribuitaalcomportamentodellavoratoreinfortunato,<br />
che abbia dato occasione all’evento,<br />
quandoquestosiadaricondurre,comunque,alla<br />
mancanzaoinsufficienzadiquellecauteleche,se<br />
adottate,sarebberovalseaneutralizzareproprio<br />
ilrischiodisiffattocomportamento.<br />
Nota<br />
Un datore di lavoro aveva subìto una condanna,<br />
in entrambi i gradi del giudizio di merito, alla<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
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GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
penadi3mesie15giornidireclusione,inrelazione<br />
a un infortunio occorso a un dipendente che,<br />
mentre era sul tetto di un capannone industriale<br />
per procedere alla riparazione di un lucernaio,<br />
era precipitato dall’altezza di circa dieci metri, a<br />
seguito della rottura di una lastra di vetroresina<br />
posta su di un altro lucernaio, riportando lesioni<br />
personali gravi al cranio, con pericolo di vita. Le<br />
contestazioni erano sia di colpa generica (aver<br />
omesso di verificare e imporre al lavoratore il rispetto<br />
delle cautele suggerite dalla comune prudenza),<br />
sia di colpa specifica (inosservanza dell’art.<br />
70, D.P.R. n. 164/1956, secondo il quale, primadiprocedereall’esecuzionedeilavorisulucernari,tetti,copertureesimili,deveessereaccertato<br />
il loro grado di resistenza in relazione al peso<br />
deglioperaiedelmaterialediimpiego).<br />
Con il ricorso per Cassazione, l’imputato aveva<br />
dedotto, contestando, tra l’altro, la sentenza di<br />
appello:<br />
• che l’asserita pericolosità del tetto ricurvo del<br />
capannone industriale, costituente una vera e<br />
propria insidia per la presenza di lucernari non<br />
facilmente rilevabili da coloro che si fossero trovatisoprailtettodelcapannone,perl’omogeneità<br />
(in vetroresina) rispetto alla intera copertura<br />
(ineternit),erainsussistente;<br />
•che,inoltre,contrariamenteaquantosostenuto<br />
dai Giudici del merito, la zona di lavoro doveva<br />
considerarsi ben delimitata e non si era tenuto<br />
contochelacadutadell’operaioeraavvenutada<br />
un lucernaio distante circa dieci metri dal luogo<br />
incuidovevaessereeseguitol’interventodiriparazione.<br />
Peraltroverso,sieradedottochel’infortunioera<br />
stato determinato esclusivamente dal comportamento<br />
imprudente della vittima, che aveva ammesso<br />
di essere salita sul tetto passando da una<br />
tettoia non inclinata e che, al momento dell’incidente,sieratrovatainunazonadistantedaquelladoveavrebbedovutoessereeseguitoillavoro.<br />
LaCortediCassazioneharigettatointoto,però,<br />
ilricorsorilevandocorrettamentecheacaricodel<br />
datoredilavoro,erastataravvisatasialaviolazione<br />
delle comuni regole di prudenza e, quindi, la<br />
99
GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
colpa generica (in linea con il disposto dell’art.<br />
2087, c.c.), sia le violazioni specifiche, con esatto<br />
richiamoallanormativadiprevenzione.<br />
In particolare, la Corte d’Appello, nel ricostruire<br />
la dinamica del sinistro, aveva sottolineato che<br />
l’incidente si era verificato in un contesto già genericamentepericoloso,qualequellodeltettoricurvo<br />
di un capannone di tipo industriale con<br />
presenzadilucernari,caratterizzatooltretuttoda<br />
una specifica insidia, costituita dal fatto che le<br />
parti della complessiva copertura, aventi funzione<br />
di lucernari, non presentavano, dal punto di<br />
vista strutturale, alcuna soluzione di continuità<br />
rispetto alle altre parti, potendo, anzi, sia per la<br />
conformazione,siaperilmaterialeimpiegato(di<br />
una sfumatura di colore diverso), essere confuse<br />
con le altre zone del tetto (almeno per quanti,<br />
comel’infortunato,sifosserotrovatialdisopradi<br />
esso).<br />
Quanto alla prospettata interruzione del nesso<br />
causale, basata sul comportamento imprudente<br />
della parte offesa (che avrebbe inopinatamente<br />
assuntol’iniziativadisaliresultettopassandoda<br />
unatettoianoninclinata,comedaluistessoammesso)<br />
e sulla ulteriore circostanza che la normale<br />
attività di riparazione non presentava alcun<br />
elemento di rischio, la Suprema Corte ha<br />
rilevatoche,poichélenormediprevenzioneantinfortunistica<br />
mirano a tutelare il lavoratore<br />
anche in ordine agli incidenti che possano derivaredasuanegligenza,imprudenzaeimperizia,<br />
la responsabilità del datore di lavoro e, in generale,<br />
del destinatario dell’obbligo di adottare le<br />
misure di prevenzione può essere esclusa, per<br />
causasopravvenuta,soloinpresenzadiuncomportamento<br />
del lavoratore che presenti i caratteri<br />
dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza,<br />
rispetto al procedimento lavorativo e<br />
alle precise direttive organizzative ricevute, che<br />
siadeltuttoimprevedibileoinopinabile.Nelcaso<br />
di specie, valutata la dinamica del sinistro,<br />
doveva essere esclusa questa evenienza, tanto<br />
più considerando che il datore di lavoro non<br />
avevapredispostoalcunaoperaprovvisionaleed<br />
eravenutomenoall’obbligodiinformazionenei<br />
confronti del dipendente sulla specifica pericolositàdelluogodilavoro.Peraltro,laCassazione<br />
ha precisato che, nell’ipotesi di infortunio sul<br />
lavoro originato dall’assenza o dall’inidoneità<br />
delle misure di prevenzione, nessuna efficacia<br />
causale,perescluderelaresponsabilitàdeldatore<br />
di lavoro, può essere attribuita al comportamentodellavoratoreinfortunato,cheabbiada<br />
100<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
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to occasione all’evento, quando questo sia da<br />
ricondurre, comunque, alla mancanza o alla insufficienza<br />
di quelle cautele che, se adottate,<br />
sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio<br />
diquestocomportamento(Cass.pen.,sez.IV,16<br />
novembre2006).<br />
I Giudici di legittimità hanno ulteriormente puntualizzato<br />
che, in tema di responsabilità colposa<br />
deldatoredilavoro,ilD.Lgs.n.626/1994sedaun<br />
latoprevedeunobbligodidiligenzadellavoratore,<br />
configurando addirittura una previsione sanzionatoriaasuocarico,dall’altrolatononesimeil<br />
datore di lavoro, le altre figure istituzionalizzate<br />
e, in mancanza, il soggetto preposto alla responsabilitàealcontrollodellafaselavorativaspecifica,<br />
dal debito di sicurezza nei confronti dei lavoratori<br />
subordinati (il quale consiste, oltre che in<br />
un dovere generico di formazione e di informazione,<br />
anche in forme di controllo idonee a prevenireirischidellalavorazione).<br />
Ne consegue che il datore di lavoro, sia in forza<br />
della disposizione generale di cui all’art. 2087,<br />
c.c.,siadiquellespecificheprevistedallanormativa<br />
antinfortunistica, ha il dovere di accertarsi del<br />
rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto<br />
che il lavoratore possa prestare la propria opera<br />
incondizionidisicurezza,vigilando,inoltre,ache<br />
le condizioni di sicurezza siano mantenute per<br />
tutto il tempo in cui è prestata l’opera; quindi, il<br />
datore di lavoro è costituito garante dell’incolumità<br />
fisica e della salvaguardia della personalità<br />
moraledeiprestatoridilavoro,conl’ovviaconseguenzache,oveeglinonottemperiagliobblighi<br />
di tutela, l’evento lesivo gli viene correttamente<br />
imputatoinforzadelmeccanismoreattivoprevisto<br />
dall’art. 40, comma 2, c.p. (in tal senso, Cass.<br />
pen., sez. IV, 4 luglio 2006; Cass. pen., sez. IV, 12<br />
gennaio2005).<br />
L’obbligo comportamentale di attivarsi positivamente<br />
per organizzare le attività lavorative in<br />
modo sicuro, assicurando anche l’adozione da<br />
parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche<br />
e organizzative per ridurre al minimo i<br />
rischiconnessiall’attivitàlavorativa,siponequale<br />
conseguenza immediata e diretta della “posizionedigaranzia”cheildatoredilavoroassume<br />
nei confronti del lavoratore, in relazione all’obbligo<br />
di garantire condizioni di lavoro quanto<br />
piùpossibilisicure.Questoobbligoèditalespessore<br />
che, quand’anche il datore di lavoro abbia<br />
rispettato formalmente le norme, sussiste pur<br />
sempre quello di agire, in ogni caso, con la diligenza,<br />
la prudenza e l’accortezza necessarie a<br />
11 dicembre 2007 N. 23
evitare che dalla propria attività derivi un nocumento<br />
a terzi (Cass. pen., sez. IV, 12 dicembre<br />
2000).<br />
RIPARTIZIONE DELL’ONERE PROBATORIO<br />
Cassazionecivile,sezionelavoro,<br />
(ud.16gennaio2007)<br />
18maggio2007,n.11622,<br />
Pres.eRel.Senese<br />
Infortuni sul lavoro - Movimentazione manuale<br />
di carichi - Lavoratore inesperto - Responsabilitàcontrattualedeldatoredilavoro<br />
ex art. 2087 c.c. - Valutazione - Sussiste -<br />
Ripartizionedell’onereprobatorio-Criteri<br />
Il lavoratore che assuma la responsabilità ex<br />
art. 2087 c.c. del datore di lavoro, in relazione<br />
ad un infortunio occorsogli, non ha l’onere di<br />
provare specifiche omissioni del datore in relazione<br />
alle norme antinfortunistiche, essendo<br />
soltanto tenuto a provare l’infortunio, il danno<br />
derivatone, il nesso causale tra l’uno e l’altro e<br />
la nocività dell’ambiente di lavoro, gravando<br />
sul datore una volta provate tali circostanze <br />
l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le<br />
cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento<br />
dannoso. Tra tali cautele rientra anche<br />
l’adozionedimisurerelativeall’organizzazione<br />
del lavoro, ed all’informazione dei dipendenti<br />
sui rischi e la pericolosità di macchine o lavorazioni,<br />
idonee ad evitare che lavoratori di giovane<br />
età e professionalmente inesperti (nei confronti<br />
dei quali tale dovere si atteggia in maniera<br />
particolarmente intensa) siano coinvolti<br />
in lavorazioni pericolose.<br />
Nota<br />
Un apprendista marmista aveva subìto un infortunio<br />
sul lavoro mentre tentava di aiutare due<br />
espertioperaiacollocareunalastradimarmosul<br />
banco di lavoro. Assumendo che l’infortunio era<br />
addebitabile all’omessa adozione, da parte del<br />
datoredilavoro,dellemisurenecessarieatutelarelapropriaintegritàfisica,l’infortunatoneavevachiestolacondannaalrisarcimentodeldanno<br />
morale e biologico conseguiti all’infortunio. La<br />
domanda del lavoratore era stata rigettata sia in<br />
primogradosiainappello.Inparticolare,laCorte<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
d’Appello, valutato il reale assetto organizzativo<br />
dell’impresa,avevaritenuto:<br />
•chenonfosseroravvisabiliviolazionidellespecifiche<br />
norme antinfortunistiche indicate dal lavoratore(artt.47e48,D.P.R.n.626/1994,eAllegato<br />
VIallostessodecreto);<br />
• che la verificazione del sinistro non era sufficiente,<br />
di per sé, a «far scattare a carico dell’imprenditore<br />
l’onere probatorio di aver adottato<br />
ogni sorta di misura idonea ad evitare l’evento,<br />
atteso che la prova liberatoria presuppone sempreladimostrazione,dapartedellavoratore,che<br />
vi è stata omissione nel predisporre le misure di<br />
sicurezza necessarie ad evitare il danno, e non<br />
puòessereestesaadogniipoteticamisuradiprevenzione»;<br />
• che, infine, sulla scorta delle deposizioni testimoniali<br />
e della stessa CTU, l’infortunio risultava<br />
addebitabile a una condotta maldestra eseguita<br />
dallavoratore,ilqualedipropriainiziativaaveva<br />
inteso aiutare gli operai che stavano sollevando<br />
lalastradimarmo.<br />
Con il ricorso in Cassazione, il lavoratore aveva<br />
lamentato:<br />
• che la sentenza impugnata non aveva tenuto<br />
contodellenumeroseviolazionidelD.Lgs.n.626/<br />
1994risultantianchedall’esperitaconsulenzatecnica;<br />
• che i Giudici di merito avevano erroneamente<br />
ritenutochel’oneredeldatoredilavorodiprovare<br />
diaveradottatotuttelemisurenecessarieaimpedire<br />
l’evento dannoso presupponga la previa dimostrazione,dapartedell’infortunato,diun’omissionenelpredisporrelemisuredisicurezza;•cheinopinatamentelacircostanzachel’infortunio<br />
si fosse verificato a seguito di una condotta<br />
maldestra del lavoratore era stata ritenuta esaustiva,<br />
ai fini dell’esonero di responsabilità del datoredilavoro.<br />
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, osservandochelaresponsabilitàdeldatoredilavoro<br />
per l’infortunio occorso a un dipendente non è<br />
esclusa dalla condotta imprudente del lavoratore,senonneicasiincuiquest’ultimapresenti<br />
i caratteri dell’abnormità e della imprevedibilità.<br />
Per altro verso, il lavoratore che assuma la<br />
responsabilità ex art. 2087, c.c., del datore di<br />
lavoro, in relazione a un infortunio occorsogli,<br />
non ha l’onere di provare specifiche omissioni<br />
deldatoreinrelazioneallenormeantinfortuni<br />
101
GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
stiche, essendo soltanto tenuto a provare l’infortunio,<br />
il danno derivatone, il nesso causale<br />
tra l’uno e l’altro e la nocività dell’ambiente di<br />
lavoro, gravando sul datore, una volta provate<br />
queste circostanze, l’onere di dimostrare di<br />
avere adottato tutte le cautele necessarie per<br />
evitare il verificarsi dell’evento dannoso (ex<br />
plurimis Cass. nn. 9856/2002, 7629/2004, 11932/<br />
2004,4840/2006,16881/2006).Traquestecautele,<br />
poi, non rientra soltanto l’osservanza di<br />
puntuali precetti relativi alle macchine impiegateoaspecifichelavorazioni,maanchel’adozione<br />
di misure relative all’organizzazione del<br />
lavoro, tali da evitare che lavoratori inesperti<br />
siano coinvolti in lavorazioni pericolose, e all’informazione<br />
dei dipendenti sui rischi e sulla<br />
pericolosità delle macchine o delle lavorazioni.<br />
«Etaledovere»,secondoiGiudicidilegittimità,<br />
«siatteggiainmanieraparticolarmenteintensa<br />
nei confronti di lavoratori di giovane età e professionalmenteinesperti,esiesaltainpresenza<br />
di apprendisti nei cui confronti la legge pone a<br />
carico del datore di lavoro precisi obblighi di<br />
formazione e addestramento, tra i quali non<br />
può che primeggiare l’educazione alla sicurezza<br />
del lavoro».<br />
Nellaspecie,risultandoaccertatocheillavoratore<br />
infortunatoeraunapprendista,chel’ambientedi<br />
lavoro ove si movimentavano grossi blocchi di<br />
marmoerapericoloso,chel’infortunioavevaavuto<br />
luogo mentre l’apprendista tentava di aiutare<br />
due operai a collocare una lastra di marmo sul<br />
banco di lavoro e, quindi, a seguito di una condottanoncertoimprevedibileeabnorme,incombeva<br />
sul datore di lavoro l’onere di provare di<br />
avereadottatotuttelecautelenecessarieaimpedire<br />
il verificarsi dell’evento, con particolare riguardo<br />
all’assetto organizzativo del lavoro, specieperquantoriguardaicompitidell’apprendista<br />
e le istruzioni impartitegli, e all’informazione e<br />
formazione di quest’ultimo sui rischi insiti nelle<br />
lavorazioni.<br />
Per la generale affermazione che l’art. 2087, c.c.,<br />
nonconfiguraun’ipotesidiresponsabilitàoggettiva,<br />
in quanto la responsabilità del datore di lavoro<br />
deve essere collegata alla violazione degli<br />
obblighi di comportamento imposti da norme di<br />
leggeosuggeritidalleconoscenzesperimentalio<br />
tecnichedelmomento(quindi,aifinidell’accertamento<br />
della responsabilità del datore di lavoro,<br />
[1] Si veda Cass. civ., sez. lavoro, 23 luglio 2004, n. 13887.<br />
102<br />
IGIENE E SICUREZZA<br />
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gravasullavoratorechelamentidiaversubìto,a<br />
causadell’attivitàlavorativasvolta,undannoalla<br />
salute, l’onere di provare l’esistenza di questo<br />
danno, la mancata adozione di determinate misure<br />
di sicurezza specifiche o generiche e il nesso<br />
causaletraquestidueelementi;quandoillavoratore<br />
abbia provato queste circostanze, grava sul<br />
datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver<br />
adottato tutte le cautele necessarie a impedire il<br />
verificarsi del danno) [1] . Peraltro, l’oggetto della<br />
provaènecessariamentecorrelatoallaidentificazione<br />
delle modalità del fatto e presuppone, in<br />
relazioneaesse,l’accertamentodellecausechelo<br />
hanno determinato, cause che devono essere<br />
provate dal lavoratore (Cass. civ., sezione lavoro,<br />
1°giugno2004,n.11932;conformeaCons.Stato,<br />
sez.VI,21marzo2005).<br />
Conriguardoall’infortuniooccorsoaunamacchina<br />
matassatrice di fili di ferro che, pur essendo<br />
costruita in conformità alle norme vigenti, era<br />
utilizzata con modalità operative difformi dalle<br />
disposizioni di legge e dalle indicazioni contenutenellibrettod’usoemanutenzionefornitodalla<br />
dittacostruttrice,sivedalapronunciadiCass.civ.,<br />
sezionelavoro,23luglio2004,n.14270.<br />
Con riguardo a un caso di caduta sul luogo di<br />
lavoro, avendo il lavoratore ricondotto la caduta<br />
a due distinte modalità, scivolamento sul pavimento<br />
ovvero inciampo su una mattonella<br />
sconnessa, la S.C. ha rigettato la domanda del<br />
lavoratore, volta a ottenere il risarcimento del<br />
danno, in quanto non era possibile individuare<br />
quali misure di prevenzione, diverse in relazione<br />
ai due eventi, il datore di lavoro avesse<br />
omessodiapprontare(Cass.civ.,sezionelavoro,<br />
21 aprile 2004, n. 7629). Analogamente, nel caso<br />
di lesione a un occhio perché si era spezzata<br />
la maniglia del furgone aziendale alla quale il<br />
dipendente si era aggrappato per salire sul<br />
mezzo,iGiudicidimeritoavevanoaffermatola<br />
responsabilitàdell’aziendadatricedilavoro,sul<br />
presupposto che a quest’ultima spettasse di<br />
provare rigorosamente l’osservanza degli obblighi<br />
di sicurezza e, in particolare, di avere<br />
controllato lo stato della carrozzeria; nell’annullare<br />
questa decisione, la S.C. ha rilevato, tra<br />
l’altro, che la sentenza aveva pretermesso di<br />
valutare che il mezzo era stato sottoposto a<br />
revisione pochi giorni prima dell’infortunio<br />
(Cass. civ., sezione lavoro, 5 marzo 2002). l<br />
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AMBIENTE<br />
RIFIUTI<br />
Articolo<br />
La disciplina speciale dell’art. 230, D.Lgs. n. 152/2006, non si applica in assenza di riutilizzo<br />
Manutenzione delle infrastrutture:<br />
la Cassazione si occupa dei rifiuti<br />
diPasqualeFimiani, GiudicepressolaCortediCassazione<br />
Benchél’art.230,D.Lgs.<br />
n.152/2006prevedauna<br />
disciplinaspecialeperirifiuti<br />
derivantidaattività<br />
dimanutenzione<br />
delleinfrastrutture,sultema<br />
mancaancorachiarezza.<br />
LasentenzadellaCassazione<br />
penale,sez.III,5settembre2007,<br />
n.33866,interviene,siapure<br />
senzaparticolari<br />
approfondimenti,suiproblemi<br />
legatiaquestaspecialedisciplina<br />
valorizzandounalineadirigore<br />
nellarelativaapplicazioneesclusaquandoilmaterialetolto<br />
d’operatrasportato(che,nelcaso<br />
inesame,eracostituitodarifiuti<br />
vegetaligiàsottoposti<br />
auntrattamentoditriturazione,<br />
checostituisceunafase<br />
dismaltimento) «per la successiva<br />
valutazione tecnica, finalizzata<br />
all’individuazione del materiale<br />
effettivamente, direttamente<br />
ed oggettivamente riutilizzabile,<br />
senza essere sottoposto ad alcun<br />
trattamento»,nonèinalcun<br />
modoriutilizzabile.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
Il testo integrale della sentenza della Cassazione<br />
penale, sez. III, 5 settembre 2007, n. 33866, è disponibile<br />
nella sezione “Documentazione integrativa“<br />
del sito:<br />
MASSIMA<br />
L’art. 230 del D.Lgs. n. 152/2006, nel prevedere un’eccezione alla<br />
regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in<br />
luogo diverso da quello di produzione, è espressamente mirato a<br />
consentire l’effettuazione della “valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione<br />
del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente<br />
riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento”<br />
e, quindi, non si applica nel caso di rifiuti in alcun modo<br />
riutilizzabili (nella specie rifiuti vegetali sottoposti ad un trattamento<br />
di triturazione, costituente già una fase di smaltimento)<br />
[Cassazione penale, sez. III, 5 settembre 2007 (c.c. 8 giugno 2007), n.<br />
33866]<br />
Ilquadrolegislativo<br />
Com’è noto, l’art. 230, D.Lgs. n.<br />
152/2006 (TU ambientale) prevede<br />
una disciplina speciale per i rifiuti<br />
derivanti da attività di manutenzione<br />
delle infrastrutture. La norma deroga<br />
ai concetti generali di cui all’art. 183<br />
in materia di:<br />
l luogo di produzione dei rifiuti [secondo<br />
la lettera i), «uno o più edifici<br />
o stabilimenti o siti infrastrutturali<br />
collegati tra loro all’interno di<br />
un’area delimitata in cui si svolgono<br />
le attività di produzione dalle quali<br />
sono originati i rifiuti»];<br />
l stoccaggio [secondo la lettera l),<br />
«le attività di smaltimento consistenti<br />
nelle operazioni di deposito preliminare<br />
di rifiuti di cui al punto D15<br />
dell’Allegato B alla parte quarta del<br />
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presente decreto, nonché le attività di<br />
recupero consistenti nelle operazioni<br />
di messa in riserva di materiali di cui<br />
al punto R13 dell’Allegato C alla<br />
medesima parte quarta»];<br />
l deposito temporaneo [secondo la<br />
lettera m), «il raggruppamento dei<br />
rifiuti effettuato, prima della raccolta,<br />
nel luogo in cui gli stessi sono<br />
prodotti»].<br />
In effetti, per queste particolari categorie<br />
di rifiuti, il luogo di produzione<br />
può coincidere (art. 230, comma 1):<br />
l con la sede del cantiere che gestisce<br />
l’attività manutentiva o<br />
l con la sede locale del gestore della<br />
infrastruttura nelle cui competenze<br />
rientra il tratto di infrastruttura interessata<br />
dai lavori di manutenzione ovvero<br />
l con il luogo di concentramento<br />
105
RIFIUTI<br />
Articolo<br />
dove il materiale tolto d’opera viene<br />
trasportato per la successiva valutazione<br />
tecnica, finalizzata all’individuazione<br />
del materiale effettivamente,<br />
direttamente e oggettivamente riutilizzabile,<br />
senza essere sottoposto ad<br />
alcun trattamento.<br />
Il comma 2 prevede che «la valutazione<br />
tecnica del gestore della infrastruttura<br />
(…) è eseguita non oltre<br />
sessanta giorni dalla data di ultimazione<br />
dei lavori. La documentazione<br />
relativa alla valutazione tecnica è<br />
conservata, unitamente ai registri di<br />
carico e scarico, per cinque anni». Il<br />
comma 4 precisa che, fermo restando<br />
quanto previsto nell’articolo 190,<br />
comma 3, i registri di carico e scarico<br />
relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti<br />
e dalle attività indicate possono essere<br />
tenuti nel luogo di produzione dei<br />
rifiuti così come innanzi definito.<br />
LasentenzadellaCassazione<br />
La sentenza della Cassazione penale,<br />
sez. III, 5 settembre 2007, n.<br />
33866, interviene, sia pure senza particolari<br />
approfondimenti, sui problemi<br />
applicativi della speciale disciplina.<br />
Sotto un primo profilo, l’individuazione<br />
dei rifiuti che possono godere<br />
della deroga è regolato:<br />
l dal comma 1, il quale fa riferimento<br />
ai «rifiuti derivanti da attività di<br />
manutenzione alle infrastrutture, effettuata<br />
direttamente dal gestore dell’infrastruttura<br />
a rete e degli impianti per<br />
l’erogazione di forniture e servizi di<br />
interesse pubblico o tramite terzi» e<br />
l dal comma 3: «Le disposizioni dei<br />
commi 1 e 2 si applicano anche ai<br />
rifiuti derivanti da attività manutentiva,<br />
effettuata direttamente da gestori<br />
erogatori di pubblico servizio o tramite<br />
terzi, dei mezzi e degli impianti<br />
fruitori delle infrastrutture di cui al<br />
comma 1».<br />
La difficoltà di delimitare l’ambito<br />
di operatività della deroga nasce<br />
dall’assenza, nell’ordinamento italiano,<br />
di una nozione generale di:<br />
l «infrastrutture»: termine usato<br />
con riferimento a opere rilevanti per<br />
lo sviluppo economico (le infrastrutture<br />
strategiche di cui alla legge n.<br />
443/2001), ovvero inerenti a settori<br />
particolari (le infrastrutture ferrovia-<br />
106<br />
AMBIENTE<br />
rie, nell’articolo 1, comma 87, legge<br />
n. 266/2005; gli impianti che producono<br />
energia nella direttiva 18 gennaio<br />
2006, n. 2005/89/CE). Manca,<br />
però, una definizione normativa di<br />
infrastruttura, tanto che la sentenza si<br />
pone - senza risolverla, considerata la<br />
soluzione scelta - la questione se il<br />
“verde comunale” sia un’infrastruttura<br />
cittadina (in effetti, se il Legislatore<br />
ha ritenuto di individuare le infrastrutture<br />
strategiche, implicitamente<br />
conferma che ve ne siano altre, non<br />
strategiche);<br />
l «pubblico servizio»: analogamente,<br />
la materia dei pubblici servizi è<br />
«dai confini non compiutamente delimitati»<br />
(Corte Costituzionale, 6 luglio<br />
2004, n. 204) e di essa la giurisprudenza,<br />
sia pure ad altri fini (ad esempio<br />
in tema di riparto di giurisdizione<br />
tra giudice ordinario ed amministrativo),<br />
si è dovuta più volte occupare,<br />
con esiti spesso contraddittori.<br />
In queste difficoltà interpretative,<br />
la soluzione data dalla sentenza in<br />
commento - che quindi ha evitato di<br />
esaminare la questione se il “verde<br />
comunale” sia un’infrastruttura cittadina<br />
- sembra valorizzare una linea di<br />
rigore nell’applicazione della speciale<br />
disciplina, esclusa quando il materiale<br />
tolto d’opera trasportato «per la<br />
successiva valutazione tecnica, finalizzata<br />
all’individuazione del materiale<br />
effettivamente, direttamente ed<br />
oggettivamente riutilizzabile, senza<br />
essere sottoposto ad alcun trattamento»,<br />
non è in alcun modo riutilizzabile<br />
(nel caso preso in esame si trattava<br />
di rifiuti vegetali già sottoposti a un<br />
trattamento di triturazione, che costituisce<br />
una fase di smaltimento). Soluzione,<br />
questa, che costituisce applicazione<br />
di principi consolidati in materia<br />
di gestione di rifiuti e, in particolare,<br />
di ricorso a forme di deroga<br />
alle regole generali e applicazione di<br />
regimi di favore:<br />
l il principio di effettività, nel senso<br />
che l’attività per cui si invoca la deroga<br />
non deve essere meramente potenziale<br />
o eventuale, ma certa fin da<br />
prima del suo svolgimento (si pensi<br />
alle attività di recupero o alla nozione<br />
di sottoprodotto);<br />
l il principio per cui chi invoca un<br />
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regime differenziato e di favore ha<br />
l’onere di allegare la sussistenza di tutte<br />
le condizioni per la sua applicazione.<br />
Quest’obbligo non può dirsi assolto<br />
con mere dichiarazioni soggettive dell’interessato,<br />
il quale, invece, deve fornire<br />
la prova piena delle ragioni per cui<br />
opera il regime differenziato invocato<br />
(al proposito, si vedano le sentenze<br />
della Cassazione penale, sez. III, 23<br />
aprile 1994, n. 4706 e 5 giugno 2005,<br />
n. 22511. Quest’ultima, in particolare,<br />
in un’ipotesi in cui il materiale di demolizione<br />
era stato scaricato sul suolo<br />
con accumulo di detriti di scavo, misti<br />
a lastroni di cemento che venivano sottoposti<br />
a operazioni di trasformazione<br />
preliminare - depezzamento e frantumazione<br />
- dall’addetto alla macchina<br />
operatrice, onde renderli utilizzabili<br />
per la realizzazione di un piano viabile<br />
destinato ai mezzi di cantiere, ha ritenuto<br />
che il materiale stesso fosse del<br />
tutto eterogeneo e non avesse caratteristiche<br />
tali da consentirne l’immediata<br />
riutilizzazione senza preventivo trattamento,<br />
venendo così in evidenza<br />
un’operazione idonea a creare un effettivo<br />
pericolo per l’ambiente, insuscettibile<br />
di essere ricondotta alla previsione<br />
derogativa introdotta dall’art. 14, D.L.<br />
n. 138/2002).<br />
Conclusioni<br />
Per quanto sopra, chi intenda far<br />
coincidere il luogo di produzione del<br />
rifiuto con quello di concentramento<br />
dove il materiale tolto d’opera viene<br />
trasportato per la successiva valutazione<br />
tecnica, ha l’onere di provare la<br />
sussistenza di specifici elementi di<br />
fatto in base ai quali poter dimostrare:<br />
l che i rifiuti prodotti non sono stati<br />
già oggetto di attività di recupero e<br />
smaltimento, prima del trasporto nel<br />
luogo di concentramento;<br />
l che essi - per caratteristiche oggettive<br />
- sono suscettibili di effettivo<br />
e diretto riutilizzo, senza alcun trattamento.<br />
Mere dichiarazioni soggettive, non<br />
accompagnate dalla prova di questi<br />
elementi di fatto, non consentono di<br />
invocare il regime di favore. È, invece,<br />
opportuno seguire una procedura<br />
ricognitiva delle fasi della lavorazione,<br />
idonea a offrire una ricostruzione<br />
puntuale e non equivoca. l<br />
11 dicembre 2007 N. 23
AMBIENTE<br />
RIFIUTI<br />
Articolo<br />
Le Autorità devono stabilire le procedure caso per caso e in relazione alle esigenze locali<br />
Il trasporto dei rifiuti via mare<br />
tra vecchie e nuove normative ambientali<br />
diMarcoIacono, CapitanodiCorvetta,CapitaneriadiPortodiAugustaeCarmeloTinè,Chemical<br />
Engineer,CEng.M.I.Ch.E.,U.K.StudioTecnicoTinè,IngegneriaeChimicaIndustrialeperla<strong>Sicurezza</strong><br />
MarittimaePortuale<br />
Daun’analisiincrociatatrala<br />
legislazioneambientale<br />
elenormativenazionali<br />
einternazionalisultrasporto<br />
marittimodeirifiutiemergono<br />
semplificazioniperisoggetti<br />
responsabilidelladetenzione<br />
deirifiutiinambitoportuale<br />
iqualirisultanoesonerati<br />
dall’iscrizioneneirelativialbi<br />
nazionaliprevistaperanaloghe<br />
operazionieffettuateviaterra.<br />
Questesemplificazionivanno,<br />
però,sempreecomunque<br />
armonizzateaquantodisposto<br />
dallalegislazioneambientale<br />
cheesige,perognifasedella<br />
movimentazionedeirifiuti,<br />
ladesignazionediunresponsabile<br />
delleoperazioni<br />
chesiafacilmenteindividuabile<br />
anchedopoilcompletamento<br />
delciclodelrifiutoconilsuo<br />
definitivosmaltimento.<br />
Se,daunaparte,lanormativa<br />
semplificaleoperazioni<br />
dimovimentazione,dall’altra<br />
responsabilizzamaggiormente<br />
leautoritàmarittimeeportuali<br />
sulrispettodellesemplificazioni<br />
introdotteesullasicurezzaditutte<br />
leoperazioniditrasporto.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
Iltrasportoviamare<br />
deirifiuti<br />
L’art. 265, comma 2, D.Lgs. n.<br />
152/2006 [1] , dispone che «in attesa<br />
della emanazione di specifiche norme<br />
regolamentari e tecniche in materia<br />
di trasporto di rifiuti, di cui all’art.<br />
195, comma 2, lettera l, (…) i rifiuti<br />
sono assimilabili alle merci per quanto<br />
concerne il regime normativo in<br />
materia di trasporto via mare e la<br />
disciplina delle operazioni di carico,<br />
scarico, trasbordo deposito e maneggio<br />
in aree portuali». Con questo dispositivo<br />
e nelle more dell’emanazione<br />
delle norme specifiche viene, di<br />
fatto, esonerato il trasporto dei rifiuti<br />
via mare di parte degli adempimenti<br />
prescritti dalla normativa di tutela<br />
ambientale nel settore dei rifiuti; in<br />
particolare le imprese coinvolte nel<br />
trasporto (agenti marittimi, spedizionieri,<br />
armatori, imprese portuali, ecc.)<br />
risultano esonerate:<br />
l dall’obbligo della iscrizione all’Albo<br />
nazionale gestori ambientali<br />
previsto dall’art. 212, commi 5 e 8,<br />
D.Lgs. n. 152/2006;<br />
l dall’obbligo della tenuta dei registri<br />
di carico e scarico previsto dall’art.<br />
190, comma 1;<br />
l dall’obbligo di dotarsi di un formulario<br />
di identificazione previsto<br />
dall’art. 193 dello stesso decreto,<br />
pur dovendo sottostare alle normative<br />
sul trasporto delle merci pericolose<br />
o non pericolose, a seconda<br />
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />
della tipologia di merce in cui i rifiuti<br />
vengono classificati, nonché alle restrizioni<br />
previste dagli articoli ancora<br />
vigenti del D.Lgs. n. 459/1991 [2] .<br />
L’applicazione della normativa dovrà,<br />
comunque, essere conforme al D.Lgs.<br />
n. 152/2006 e al precedente D.Lgs. n.<br />
22/1997 [3] , in parte ancora vigente,<br />
che impongono l’individuazione di<br />
un responsabile ben preciso in ogni<br />
fase di trattamento dei rifiuti; di ciò è<br />
opportuno tener conto al fine di definire<br />
le precauzioni di sicurezza da<br />
adottare per le operazioni di imbarco,<br />
sbarco, trasbordo, trasporto dei rifiuti<br />
anche in funzione delle locali esigenze<br />
del porto e secondo quanto previsto<br />
dagli artt. 5 e 13, D.Lgs. n. 134/<br />
2005 [4] e dall’art. 21, D.Lgs. n. 272/<br />
1999 [5] .<br />
Assimilazionedeirifiuti<br />
allemerci<br />
Secondo il dettato combinato dal<br />
D.Lgs. n. 152/2006, dal D.Lgs. n.<br />
459/1991 e dal D.Lgs. n. 134/2005, il<br />
detentore di un rifiuto che intenda<br />
trasportarlo via mare deve preventivamente<br />
provvedere alla sua classificazione<br />
ai fini del trasporto marittimo.<br />
A questo scopo, il detentore:<br />
l dovrà dare incarico a un chimico<br />
iscritto all’Albo professionale di effettuare<br />
la classificazione del rifiuto<br />
ai fini del trasporto via mare ovvero<br />
l dovrà richiedere una dichiarazione<br />
nella quale il professionista:<br />
[1] «Norme in materia ambientale» (in S.O. n. 96 alla Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2006, n. 88).<br />
[2] «Regolamento recante norme sul trasporto marittimo dei rifiuti in colli» (in Gazzetta Ufficiale del 16 dicembre 1991, n. 294).<br />
(segue)<br />
107
RIFIUTI<br />
Articolo<br />
- attesta di avere effettuato le analisi<br />
e il controllo dei rifiuti;<br />
- ne certifica le caratteristiche chimico-fisiche,<br />
i risultati delle analisi<br />
qualitative e quantitative effettuate e<br />
la conseguente appartenenza del rifiuto<br />
alla classe del Codice IMDG in<br />
cui è riportata la materia più pericolosa<br />
riscontrata nel rifiuto e secondo<br />
quanto previsto da questo codice.<br />
Nel caso in cui dai risultati delle<br />
analisi chimiche effettuate non rilevi<br />
presenza di materie pericolose riportate<br />
nel codice IMDG, il professionista<br />
certifica la “non pericolosità” del<br />
rifiuto analizzato.<br />
La classificazione del rifiuto ne<br />
permette il trasporto marittimo adottando<br />
procedure analoghe alla merce<br />
a cui il rifiuto è assimilato e pertanto,<br />
resa nota la classificazione, il detentore<br />
potrà stabilire, secondo le proprie<br />
esigenze, la modalità del trasporto<br />
che potrà avvenire o alla rinfusa<br />
nelle stive di una nave o in colli.<br />
Trasportodirifiuti<br />
allarinfusaviamare<br />
Il D.M. 22 luglio 1991 [6] elenca le<br />
merci che possono essere trasportate<br />
alla rinfusa nelle stive di una nave e<br />
indica, in relazione alle caratteristiche<br />
delle merci, le norme di sicurezza<br />
da adottare per il trasporto. Tra le<br />
merci elencate nel decreto ve ne sono<br />
alcune che la vigente normativa ambientale<br />
individua come rifiuti, che,<br />
pertanto, se vengono individuati tra<br />
le merci elencate, possono essere trasportati<br />
via mare alla rinfusa. L’elen-<br />
108<br />
AMBIENTE<br />
co delle merci riportato nel decreto<br />
subisce periodici aggiornamenti, l’ultimo<br />
dei quali è stato effettuato con<br />
decreto ministeriale 10 aprile 2007 [7] ,<br />
con il quale è stata inclusa la merce<br />
“frammenti di gusci di semi di palma”,<br />
sostanza che la normativa ambientale<br />
riporta nell’elenco dei rifiuti<br />
con codice CER 02 03 03.<br />
Il trasporto di un rifiuto via mare<br />
alla rinfusa nelle stive di una nave<br />
potrà essere effettuato, quindi, solo se<br />
il rifiuto fa parte dell’elenco delle sostanze<br />
riportato nel D.M. 22 luglio<br />
1991 e nel rispetto delle norme previste<br />
da questo decreto e alle prescrizioni<br />
di sicurezza disposte dalla locale<br />
autorità marittima e autorità portuale.<br />
Trasportodirifiutiincolli<br />
Richiesta autorizzazioni<br />
Il disposto combinato del D.Lgs.<br />
n. 459/1991 e del D.Lgs. n. 134/<br />
2005 prevede che:<br />
l il detentore di un rifiuto pericoloso,<br />
qualora intenda trasportarlo via<br />
mare, dovrà inoltrare domanda per<br />
l’imbarco al Capo del compartimento<br />
marittimo nella cui circoscrizione è<br />
ubicato il porto di imbarco; la domanda<br />
dovrà essere corredata:<br />
- dalla dichiarazione di assimilazione<br />
del rifiuto, che il detentore del<br />
rifiuto dovrà sottoscrivere dichiarando,<br />
inoltre, che «i rifiuti sono imballati,<br />
contrassegnati ed etichettati (…)<br />
e che si trovano nelle condizioni previste<br />
per il trasporto»;<br />
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- dal “formulario per il trasporto<br />
multimodale di merci pericolose”,<br />
che dovrà essere compilato sul modello<br />
riportato dal Codice IMDG;<br />
- dal “documento di movimentazione<br />
rifiuti”.<br />
Quando si tratta di trasporto transfrontaliero<br />
questo documento dovrà<br />
soddisfare i requisiti richiesti dall’art.<br />
194, D.Lgs. n. 152/2006, mentre quando<br />
si tratta di trasporto interregionale, il<br />
documento consisterà nel formulario<br />
del rifiuto redatto a norma e sul modello<br />
definito dal decreto del Ministero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong> n. 145/1998 [8] e dalla<br />
conseguente circolare esplicativa 4<br />
agosto 1998 [9] , che, al comma 2, punto<br />
V, riporta in merito al trasporto misto<br />
un riferimento all’ipotesi di una eventuale<br />
tratta marittima da specificare<br />
nelle annotazioni, con disposizione di<br />
allegare anche i documenti relativi al<br />
trasporto marittimo. Nel caso di trasporto<br />
misto interregionale e transfrontaliero,<br />
la documentazione prevista dall’art.<br />
194 sostituisce validamente il formulario<br />
del rifiuto come previsto dall’art.<br />
193, comma 7, D.Lgs. n. 152/<br />
2006;<br />
l il detentore di un rifiuto non pericoloso<br />
che intenda trasportarlo via<br />
mare deve inoltrare domanda per<br />
l’imbarco al Capo del Compartimento<br />
Marittimo nella cui circoscrizione<br />
è ubicato il porto di imbarco; la domanda<br />
dovrà essere corredata:<br />
- dalla dichiarazione di non pericolosità<br />
del rifiuto redatta dal chimico<br />
e sottoscritta dal detentore del ri-<br />
[3] «Attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di<br />
imballaggio» (in S.O. alla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 1997, n. 38).<br />
[4] «Regolamento recante disciplina per le navi mercantili dei requisiti per l’imbarco, il trasporto e lo sbarco di merci pericolose» (in<br />
S.O. n. 123 alla Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2005, n. 163).<br />
[5] «Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell’espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di<br />
operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale a norma della legge 31 dicembre 1998, n.<br />
485» (in S.O. n. 151 alla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1999, n. 185).<br />
[6] «Norme sulla separazione delle merci pericolose incompatibili caricate su una stessa nave» (in Gazzetta Ufficiale del 22 luglio 1991,<br />
n. 240).<br />
[7] «Aggiornamento dell’Appendice B del decreto 22 luglio 1991, recante norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa di<br />
carichi solidi» (in Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2007, n. 101). Per testo e commento a cura di P. Verna, si veda a pag. 78 di<br />
<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 16/2007.<br />
[8] «Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli<br />
15, 18, comma 2, lettera e) e comma 4) del D.Lgs. n. 22/97» (in Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 1998, n. 109).<br />
[9] Circolare del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e del Ministero dell’Industria 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98 «Circolare esplicativa<br />
sulla compilazione dei registri di carico e scarico dei rifiuti e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati individuati<br />
rispettivamente dal D.M. 1° aprile 1998, n. 145 e dal D.M. 1° aprile 1998, n. 148».<br />
11 dicembre 2007 N. 23
fiuto, il quale dovrà anche dichiarare<br />
che i colli contenenti i rifiuti sono<br />
imballati in idonei recipienti metallici<br />
della capacità massima di 400 kg e<br />
contrassegnati con la dicitura “Rifiuti<br />
non pericolosi”;<br />
- dal «documento di movimentazione<br />
rifiuti» redatto come per i rifiuti<br />
pericolosi.<br />
È opportuno notare che per i rifiuti<br />
non pericolosi l’obbligo dell’imballaggio<br />
in «idonei recipienti<br />
metallici» disposto dall’art. 7, comma<br />
2, D.Lgs. n. 459/1991, risulta, a<br />
volte, più oneroso degli imballaggi<br />
previsti dal Codice IMDG per rifiuti<br />
simili, ma classificati pericolosi; è il<br />
caso, per esempio, di un rifiuto classificato<br />
«Materia inquinante per<br />
l’ambiente solida, NAS, Classe 9,<br />
Un 3077, Pg III, inquinante marino»,<br />
che può essere trasportato nei<br />
meno onerosi GIR, comunemente<br />
detti “sacconi di plastica”, o ancora<br />
più convenientemente in contenitori<br />
alla rinfusa, soluzioni queste certamente<br />
meno onerose dell’imballaggio<br />
in recipienti metallici.<br />
D’altra parte, la disposizione 909<br />
del Codice IMDG, che estende questa<br />
classificazione anche ai «rifiuti non<br />
altrimenti soggetti alla disposizione»<br />
del Codice (di fatto, i rifiuti non pericolosi),<br />
non può trovare applicazione<br />
in Italia, dove esiste una regolamentazione<br />
specifica per il trasporto dei rifiuti<br />
non pericolosi, (l’art. 7, comma<br />
2, D.Lgs. n. 459/1991), né può valere<br />
la vetustà di questa norma a favore<br />
della applicazione del Codice, poiché<br />
lo stesso D.Lgs. n. 134/2005, che con<br />
l’art. 3, comma 1, dispone l’applicazione<br />
del Codice IMDG, con il successivo<br />
art. 36 comma 1, punto s),<br />
rivede il dettato del D.Lgs. n. 459/<br />
1991 abrogando diversi articoli, ma<br />
lasciando valido l’art. 7, comma 2.<br />
Pertanto, qualora vi siano le con-<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
AMBIENTE<br />
dizioni, potrà essere conveniente<br />
classificare “pericoloso” ai fini del<br />
trasporto marittimo un rifiuto altrimenti<br />
“inquadrato” dalle normative<br />
ambientali; ciò è possibile poiché le<br />
due normative di classificazione sono<br />
diverse. Sarà, pertanto, cura del<br />
professionista chimico che effettua la<br />
classificazione gestire al meglio queste<br />
problematiche.<br />
Rilascio autorizzazioni<br />
Il rilascio delle autorizzazioni all’imbarco<br />
e alla movimentazione dei<br />
rifiuti in ambito portuale è a cura della<br />
Autorità Marittima e Portuale e<br />
viene concesso secondo il combinato<br />
disposto delle seguenti normative:<br />
l l’art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 459/<br />
1991 che dispone «il Capo del Compartimento<br />
Marittimo (…) sentito<br />
eventualmente il chimico di porto appone<br />
in calce ad un esemplare della<br />
dichiarazione l’autorizzazione all’imbarco<br />
stabilendone le modalità a<br />
seconda delle condizioni locali e delle<br />
circostanze speciali»;<br />
l l’art. 208, comma 14, D.Lgs. n.<br />
152/2006 che demanda alla Autorità<br />
Portuale «il controllo e l’autorizzazione<br />
alle operazioni di carico, scarico,<br />
trasbordo, maneggio dei rifiuti in<br />
aree portuali»;<br />
l l’art. 21, D.Lgs. n. 272/1999 che<br />
dispone: «Il datore di lavoro, in base<br />
alle prescrizioni contenute nell’autorizzazione<br />
d’imbarco o nel nulla-osta<br />
allo sbarco rilasciata dall’Autorità<br />
marittima, deve informare i lavoratori<br />
incaricati della esecuzione delle<br />
operazioni portuali sulla natura pericolosa<br />
delle merci, impartendo istruzioni<br />
in ordine alle modalità delle<br />
operazioni, agli attrezzi da usare ed<br />
alle cautele da adottare per la loro<br />
manipolazione»;<br />
l l’art 81, Codice della Navigazio-<br />
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RIFIUTI<br />
Articolo<br />
ne [10] , che dispone: «il Comandante<br />
del porto provvede per tutto quanto<br />
concerne in genere la sicurezza e la<br />
polizia del porto».<br />
Ne consegue che entrambe le Autorità<br />
Marittima e Portuale sono responsabili<br />
delle operazioni di imbarco<br />
e di movimentazione dei rifiuti in<br />
ambito portuale; tuttavia, è da sottolineare<br />
il ruolo incisivo della Autorità<br />
Marittima a cui l’art. 21, D.Lgs. n.<br />
272/1999 demanda esplicitamente di<br />
dettare le prescrizioni di sicurezza da<br />
adottare non solo nelle fasi di imbarco,<br />
ma anche durante le altre operazioni<br />
portuali, quali la movimentazione<br />
e il deposito dei rifiuti e ciò in<br />
linea con il disposto dell’art. 81, Codice<br />
della Navigazione, che demanda<br />
proprio a questa Autorità le competenze<br />
di sicurezza e di polizia nell’ambito<br />
portuale.<br />
In questi compiti, le Autorità potranno<br />
essere affiancate dai professionisti<br />
che svolgono l’attività di<br />
chimico del porto quali ingegneri<br />
chimici, chimici industriali e chimici,<br />
che devono operare, pena la nullità<br />
delle certificazioni emesse, ciascuno<br />
nel rigoroso rispetto delle<br />
proprie competenze professionali.<br />
Quando le competenze richieste<br />
consistono nella effettuazione di<br />
analisi chimiche e nella certificazione<br />
dei risultati analitici ottenuti, come<br />
per esempio, nel caso già discusso<br />
dell’analisi e della classificazione<br />
dei rifiuti, le competenze professionali<br />
sono attribuite dalla vigente<br />
normativa sulle professioni [11]<br />
ai chimici; quando, come nel caso<br />
ora in discussione, le attività richieste<br />
consistono nella definizione delle<br />
procedure e delle prescrizioni di<br />
sicurezza da adottare nelle operazioni<br />
di movimentazione di prodotti<br />
chimici, quali i rifiuti, le competenze<br />
professionali sono attribuite dalla<br />
vigente legislazione [12] e giurisprudenza<br />
[13] agli ingegneri chimici e ai<br />
[10] R.D. 30 marzo 1942, n. 327 e succ. modd. e intt.<br />
[11] Regio decreto 1° marzo 1928, n. 842 «Regolamento per l’esercizio della professione di chimico».<br />
[12] Regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 «Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto» (in Gazzetta Ufficiale del 15<br />
febbraio 1926, n. 37).<br />
[13] Sentenza del TAR Lazio 19 gennaio 1995, n. 360.<br />
109
RIFIUTI<br />
Articolo<br />
chimici industriali; saranno, pertanto,<br />
questi professionisti a indicare,<br />
in relazione alle esigenze locali e<br />
specifiche, le precauzioni di sicurezza<br />
da osservare durante le operazioni<br />
di imbarco, sbarco, trasbordo<br />
e deposito dei rifiuti in ambito portuale.<br />
Nel definire le procedure,<br />
questi professionisti devono tenere<br />
bene in conto lo “spirito” della vecchia<br />
e della nuova normativa ambientale,<br />
che, in ogni fase della movimentazione<br />
del rifiuto, impongono<br />
di designare un responsabile delle<br />
operazioni facilmente individuabile<br />
anche dopo che sia stato completato<br />
il ciclo del rifiuto con il suo<br />
definitivo smaltimento; ciò rappresenta<br />
un arduo compito poiché l’attuale<br />
legislazione non individua<br />
esplicitamente precise figure istituzionali<br />
responsabili delle movimentazioni<br />
in ambito portuale; sarà,<br />
pertanto, cura di questi due professionisti,<br />
che assumono in questo<br />
contesto un ruolo significativo, in-<br />
110<br />
AMBIENTE<br />
dicare le procedure in modo che in<br />
tutte le fasi operative sia individuato<br />
e individuabile anche nel futuro<br />
un responsabile delle operazioni.<br />
L’Autorità Marittima e l’Autorità<br />
Portuale, acquisiti dal chimico industriale<br />
o dall’ingegnere chimico i certificati<br />
di perizia con le relative indicazioni<br />
delle precauzioni di sicurezza<br />
da adottare durante le operazioni, autorizzano,<br />
ciascuna nell’ambito delle<br />
proprie competenze istituzionali, le<br />
operazioni di movimentazione e di<br />
trasporto dei rifiuti.<br />
Conclusioni<br />
L’analisi delle vecchie e nuove<br />
normative ambientali messe in relazione<br />
con le normative nazionali<br />
e internazionali che regolano il trasporto<br />
marittimo dei rifiuti fa concludere<br />
che, fino all’emanazione<br />
delle specifiche norme previste<br />
dall’art. 265, comma 2, decreto legislativo<br />
3 aprile 2006, n. 152, il<br />
trasporto dei rifiuti via mare può<br />
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essere effettuato assimilando queste<br />
sostanze alle merci; vanno, pertanto,<br />
integrate le norme relative al<br />
trasporto dei rifiuti con le norme<br />
relative al trasporto delle merci ed<br />
effettuate valutazioni legate, oltre<br />
che alle caratteristiche dei rifiuti,<br />
anche alla sicurezza delle operazioni<br />
di imbarco, sbarco, trasbordo<br />
e permanenza di queste sostanze in<br />
ambito portuale. Le valutazioni<br />
vanno, comunque, effettuate in linea<br />
con il D.Lgs. n. 152/2006 che,<br />
in ogni fase della movimentazione,<br />
impone di conoscere un responsabile<br />
che sia facilmente individuabile<br />
anche dopo il completamento<br />
del ciclo dei rifiuti con il definitivo<br />
smaltimento. Queste situazioni<br />
rendono più oneroso il ruolo delle<br />
Autorità Marittime e Portuali coinvolte<br />
quando devono stabilire le<br />
condizioni di sicurezza da adottare<br />
per la movimentazione ed il trasporto<br />
anche in relazione alle esigenze<br />
locali del porto. l<br />
11 dicembre 2007 N. 23
AMBIENTE<br />
TUTELA AMBIENTALE<br />
Articolo<br />
Particolarmente articolata la procedura di rilascio emanata dal Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />
Inquinamento marino da idrocarburi:<br />
requisiti e autorizzazioni per i prodotti<br />
diPietroVerna, CapitanodiVascello,ComandantedellaCapitaneriadiportodiTrapani<br />
L’inquinamentomarinocausato<br />
daidrocarburièunfenomeno<br />
moltocomplessocherichiede<br />
un’adeguatarispostaapartire<br />
dalcorrettoutilizzodeiprodotti<br />
presentisulmercato,nonacaso<br />
soggettiadappositaprocedura<br />
dirilasciodettatadaldecreto<br />
direttorialedelMinistero<br />
dell’<strong>Ambiente</strong>edellaTutela<br />
delterritorioedelmare<br />
23dicembre2002.<br />
Questaprocedura,<br />
particolarmentearticolata,<br />
prevede,traglialtri,testcon<br />
metodidiprovastandardizzati<br />
relativiall’efficacia,<br />
allastabilità,allatossicità<br />
(acutaecronica),<br />
allabiodegradabilità<br />
eall’entitàdibioaccumulo.<br />
Iprodottigeneralmente<br />
sidividonoindisperdenti<br />
eassorbenti.<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
Irequisitideiprodotti<br />
L’inquinamento marino causato<br />
da idrocarburi può essere fronteggiato<br />
con l’impiego di unità dedicate (si<br />
veda il box), pompe da aspirazione<br />
on-board, galleggianti ovvero con<br />
prodotti assorbenti o disperdenti, come:<br />
l panne galleggianti (di varie dimensioni<br />
e foggia) che riescono a<br />
contenere, dirigere o concentrare il<br />
petrolio sversato e che ben si prestano<br />
a delimitare spandimenti di greggio<br />
o di altri combustibili in aree ristrette;<br />
l materiali in grado di rimuovere il<br />
petrolio per assorbimento (intrappolandolo<br />
nei pori) o per absorbimento<br />
(per adesione superficiale) [1] .<br />
In ogni caso, qualsiasi prodotto<br />
(disperdente o assorbente) che si intenda<br />
impiegare deve essere riconosciuto<br />
idoneo dal Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />
e della Tutela del territorio e<br />
del mare, ai sensi del decreto direttoriale<br />
23 dicembre 2002 [2] .<br />
Laproceduraperilrilascio<br />
La procedura per il rilascio del<br />
provvedimento è complessa. Le società<br />
che intendono immettere in<br />
commercio prodotti disperdenti ed<br />
assorbenti devono presentare istanza<br />
di riconoscimento di idoneità, corredata<br />
della documentazione tecnica<br />
prevista negli Allegati I e II del decreto<br />
direttoriale su indicato, che deve<br />
provenire da laboratori autorizzati<br />
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operanti secondo la norma UNI CEI<br />
EN ISO/IEC 17025 e accreditati da<br />
organismi conformi alla norma UNI<br />
CEI EN 45003 e che - precisa il decreto<br />
- una volta pervenuta al Ministero,<br />
deve essere sottoposta al vaglio<br />
dell’Istituto centrale di ricerca applicata<br />
al mare e dell’Istituto superiore<br />
di sanità, al fine di acquisire i rispettivi<br />
pareri.<br />
Ladichiarazione<br />
ministerialediidoneità<br />
Scopo della dichiarazione ministeriale<br />
di idoneità è assicurare che<br />
i prodotti disinquinanti siano compatibili<br />
con l’ecosistema marino.<br />
Infatti, il provvedimento in questione<br />
è subordinato non solo al<br />
placet e alle prescrizioni dei suddetti<br />
istituti di ricerca, ma anche al<br />
superamento di specifici test ai<br />
quali devono essere obbligatoriamente<br />
sottoposti.<br />
Nell’ordine, i laboratori accreditati,<br />
dopo aver individuato le proprietà<br />
(stato fisico, punto di infiammabilità,<br />
densità, viscosità e punto di intorbidimento)<br />
dei prodotti, testano gli<br />
stessi con metodi di prova standardizzati,<br />
allo scopo di determinare:<br />
l per i disperdenti: l’efficacia, la<br />
stabilità, la tossicità (acuta e cronica),<br />
la biodegradabilità e l’entità di bioaccumulo;<br />
l per gli assorbenti: l’efficacia, la<br />
stabilità e la tossicità.<br />
Ad esempio, i disperdenti devono<br />
[1] Per un’approfondita analisi su questi prodotti e sulle relative modalità d’uso si veda l’articolo di L. Trinci a pag. 21 del n. 5/2007 di<br />
Tecnologie&Soluzioni.<br />
[2] «Definizione delle procedure per il riconoscimento di idoneità dei prodotti disperdenti ed assorbenti da impiegare in mare per la<br />
bonifica dalla contaminazione da idrocarburi petroliferi» (in Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 2003, n. 35).<br />
111
TUTELA AMBIENTALE<br />
Articolo<br />
AMBIENTE<br />
Leunitàdedicateall’attivitàdidisinquinamento<br />
Dal1999ilMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>edellaTuteladelterritorioedelmare,inottemperanzaalleconvenzioni<br />
internazionali in materia di lotta agli inquinamenti marini da idrocarburi e da sostanze tossiconocive, ha<br />
elaboratoun«Manualedelleprocedureoperativeinmateriaditutelaedifesadell’ambientemarinoeper<br />
gli interventi di emergenza in mare» e attivato un servizio finalizzato alla prevenzione e alla lotta agli<br />
inquinamentimarini,mediantel’impiegodiunitànavalispecializzate.Laflottadedicatasicomponediunità<br />
dialtura,unitàlitoranee/alturiereediunitàcostiere,quest’ultimedislocateinprossimitàdelleareemarine<br />
protetteoinquellediparticolarepregionaturalistico.<br />
Lecaratteristicheeledotazionidibordosonoleseguenti:<br />
l unitàalturiere*:<br />
lunghezzafuorituttochevariada43a64metri;<br />
capacitàdistoccaggiodegliidrocarburirecuperatidi200metricubi;<br />
velocità12nodi;<br />
400metridipanned’altura,200metridipannecostiereeimpiantieattrezzispecificiperlaraccoltadegli<br />
idrocarburiinmare;<br />
l unitàlitoranee/alturiere:<br />
lunghezzafuorituttochevariada30a36metri;<br />
velocitàdi10nodi;<br />
capacitàdistoccaggiodegliidrocarburirecuperatida40a200metricubi;<br />
200metridipanned’alturae200metridipannecostiere;<br />
dotazionidibordoequivalentiaquellidellaclassesuperiore;<br />
l unitàcostiere:<br />
lunghezzafuorituttochevariada10,80a22,00metri;<br />
velocitàdi8nodi;<br />
capacitàdistoccaggiodegliidrocarburirecuperatida10a16metricubi;<br />
100metridipannecostiere;sonoparticolarmenteindicatiperlaraccoltadirifiutisolidieliquidiinquinanti<br />
apochissimadistanzadallacosta.<br />
*Questeunitàpossonoanchesvolgereattivitàdidisincaglioorimorchioafavoredinaviindifficoltà,alfinediprevenire<br />
inquinamenti.<br />
avere la capacità di emulsionare almeno<br />
il 60% del prodotto disperso e<br />
un punto di infiammabilità superiore<br />
a 55 gradi centigradi; gli assorbenti, a<br />
loro volta, devono essere ininfiammabili<br />
e garantire una rimozione del<br />
petrolio assorbito sulle particelle almeno<br />
del 60%.<br />
Particolarmente rilevante è il test<br />
di tossicità, che, ad es. sugli assorbenti,<br />
è finalizzato ad accertare che<br />
non vengano rilasciati nell’acqua di<br />
mare composti in grado esercitare<br />
un’azione tossica su organismi marini<br />
(il test avviene su un crostaceo<br />
della specie Mysidopsis bahia). La<br />
tossicità dei disperdenti è, invece, valutata<br />
attraverso la determinazione<br />
degli effetti di questi prodotti su specie<br />
marine a breve (test di tossicità<br />
acuta) e medio termine (test di tossicità<br />
cronica); in dettaglio:<br />
112<br />
l i primi sono effettuati su alghe,<br />
crostacei e pesci (le classi di tossicità<br />
sono: non tossico, praticamente non<br />
tossico; leggermente tossico; moderatamente<br />
tossico; tossico; molto tossico;<br />
estremamente tossico);<br />
l i test di tossicità cronica sono<br />
effettuati soltanto su crostacei e<br />
pesci (le classi di tossicità sono:<br />
irrilevante; bassa; moderata; alta;<br />
molto alta).<br />
Prodottidisperdenti<br />
eassorbenti<br />
I disperdenti sono composti caratterizzati<br />
dalla presenza di agenti<br />
tensio-attivi che tendono a ridurre la<br />
tensione superficiale tra gli idrocarburi<br />
e l’acqua del mare, sicché sortiscono<br />
l’effetto di scomporre la macchia<br />
oleosa in piccolissime gocce (dispersione)<br />
che, a loro volta, si disper-<br />
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dono rapidamente nella massa d’acqua<br />
(biodegradazione). Si suddividono<br />
in:<br />
l convenzionali: costituiti da solventi<br />
e da un miscuglio di emulsificanti,<br />
possono essere utilizzati allo<br />
stato puro, senza essere diluiti;<br />
l concentrati: costituiti da sostanze<br />
più attive rispetto ai disperdenti convenzionali,<br />
assicurano una dispersione<br />
più celere.<br />
In concreto, la dispersione è la<br />
tecnica più rapida ed efficace per<br />
combattere l’inquinamento marino<br />
da idrocarburi, anche se - sottolinea<br />
il «Manuale delle procedure<br />
operative in materia di tutela e<br />
difesa dell’ambiente marino e per<br />
gli interventi di emergenza in mare»<br />
- una scelta di questo tipo va<br />
effettuata con cautela ed è, comunque,<br />
da escludere qualora si abbia-<br />
11 dicembre 2007 N. 23
11 dicembre 2007 N. 23<br />
AMBIENTE<br />
Tecnicheperildisinquinamentodellacosta<br />
no fondati elementi che il greggio<br />
disperso causi danni superiori a<br />
quelli che può causare alle risorse<br />
di superficie una macchia non trattata.<br />
In ogni caso, l’eventuale impiego<br />
dei disperdenti in prossimità<br />
del litorale è consigliabile in presenza<br />
di lidi sabbiosi, ghiaiosi e<br />
ciottolosi, dove l’energia del mare<br />
è debole o dove le coste sono rocciose<br />
e protette dal vento (si veda<br />
la tabella 1), mentre è sconsigliabile<br />
nelle zone particolarmente<br />
esposte al mare e al vento, in cui<br />
l’azione dirompente dei disperdenti<br />
contribuisce a rimuovere in gran<br />
parte i danni.<br />
Quanto agli assorbenti, potendo<br />
essere sia naturali (paglia, segatura,<br />
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TUTELA AMBIENTALE<br />
Articolo<br />
TABELLA1<br />
Raccoltameccanica Siutilizzano rastrellimeccanici,palemeccaniche,apripista,ecc.<br />
Questatipologiadiinterventoè,però,menoselettivadiquellamanuale.<br />
Raccoltamanuale Tipologiaapplicabileaognitipodicosta,maparticolarmenteindicataperinquinamentidipiccoledimensioni.Sitrattadiunmetodoselettivo,mamoltodispendiosoecherichiedelunghitempidirecupero.<br />
Interramento Ilprodottononvienerimosso,mainterratoperaccelerarequellocheèilsuonaturaleprocessodidecontaminazione.<br />
Èunmetodochepuòessereapplicatosuspiaggechenonhannoalcunavalenza<br />
turistica.<br />
Incendio Èunsistemapocoutilizzato,inquantoirisultatichesiottengonosonomodesti<br />
eportanoalladistruzionedellafloraedellafaunadellazonacontaminata;inoltre,nonsiriesceaottenerelatotalecombustionedegliidrocarburi,acausadel<br />
raffreddamento dovuto al substrato costiero. Da non sottovalutare, infine,<br />
l’azionedelfumo,cherischiadiallargarel’areainquinata.<br />
Nessuntipodiintervento Applicabilesoloovel’utilizzodialtrisistemipossonoarrecareundannosuperiore<br />
a quello generato dall’inquinamento stesso, deve essere considerato come<br />
ultimarisorsaadisposizione.Inognicaso,ènecessariaun’attivitàdisorveglianzacostantedellazonainquinata,alloscopodiconstatareseiparametrisuiquali<br />
sibasail“nonintervento”rendononecessarial’adozionedialtretecniche.<br />
polvere di pomice) che sintetici<br />
(gommapiuma di poliuretani e polipropilene):<br />
l possono catturare gli idrocarburi<br />
che galleggiano sulla superficie del<br />
mare;<br />
l sono particolarmente efficaci per<br />
i piccoli sversamenti o quando non<br />
è possibile intervenire con altri prodotti.<br />
l<br />
113
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
AMBIENTE<br />
RASSEGNADILEGISLAZIONE<br />
a cura diMarcoFabrizio, avvocatoinRoma<br />
ITALIA<br />
INQUINAMENTO MARINO<br />
Decretolegislativo<br />
6novembre2007,n.202<br />
«Attuazionedelladirettiva2005/35/CErelativa<br />
all’inquinamento provocato dalle navi e<br />
conseguenti sanzioni» (S.O. n. 228 alla G.U. del 9<br />
novembre 2007, n. 261)<br />
Il decreto ha individuato alcune misure di sicurezza<br />
marittima e di miglioramento della protezione<br />
dell’ambiente marino sotto il profilo dell’inquinamento<br />
causato dalle navi, innovando la disciplina<br />
preesistente in materia (artt. 16, 17 e 20, legge n.<br />
979/1982, ora abrogati) a causa dell’esigenza di<br />
adeguamento alla direttiva 2005/35/CE, a propria<br />
volta attuativa della normativa internazionale vigente<br />
in materia (cosiddetta Convenzione<br />
MARPOL 73/78). Sostanzialmente, risulta reiterato<br />
il divieto di scarico (da navi) di alcune sostanze<br />
inquinanti (già art. 16, legge n. 979/1982), appartenenti<br />
agli Allegati I (idrocarburi) e II (sostanze<br />
liquide nocive trasportate alla rinfusa), Convenzione<br />
MARPOL 73/78, come richiamate nell’Allegato<br />
A alla legge n. 979/1982; divieto applicabile<br />
agli scarichi in mare provenienti dalle navi battenti<br />
qualsiasi bandiera ed effettuati:<br />
• nelle acque interne (compresi i porti);<br />
• nelle acque territoriali (fino a 12 miglia marine<br />
dalla costa, misurate dalla cosiddetta «Linea di<br />
base»);<br />
• negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale<br />
e soggetti al regime di (libero) passaggio<br />
di transito;<br />
• nella zona economica esclusiva (ZEE, piattaforma<br />
marina sfruttabile economicamente da uno<br />
Stato) o altra zona equivalente istituita ai sensi<br />
del diritto internazionale e nazionale;<br />
• in alto mare, oltre 12 miglia marine dalla costa e<br />
non soggetto alla sovranità nazionale di uno Stato<br />
(combinato disposto degli artt. 1 e 3).<br />
Il divieto di scarico, ribadito dall’art. 4, sarà dero<br />
114<br />
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gabile, peraltro, soltanto in casi conformi alla disciplina<br />
internazionale in materia (Allegato I, norme<br />
15, 34, 4.1 o 4.3, o Allegato II, norme 13, 3.1, 3.3,<br />
Convenzione MARPOL 73/78). Gli artt. 6 e 7 prevedono<br />
la disciplina sui controlli, sia all’interno dei<br />
porti, sia sulle navi in transito nelle acque (in questo<br />
caso, attraverso informazioni che dovranno essere<br />
inviate allo Stato del porto di approdo). Gli<br />
artt. 8 e 9 innovano, a propria volta, la disciplina<br />
sanzionatoria già prevista dall’art. 20, legge n.<br />
979/1982 (abrogato), prevedendo, rispettivamente,<br />
la fattispecie di«inquinamentodoloso» da parte<br />
di un Comandante di nave (battente qualsiasi<br />
bandiera), dei membri dell’equipaggio, del proprietario<br />
e dell’armatore della nave, punito con<br />
l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da€<br />
10.000 a € 50.000 (arresto da uno a tre anni e<br />
ammenda da€10.000 a€80.000, nel caso di danni<br />
permanenti o gravi alla qualità delle acque o alle<br />
specie animali e vegetali), ovvero la fattispecie di<br />
«inquinamento colposo», punito con l’ammenda<br />
da € 10.000 a € 30.000 (arresto da sei mesi a due<br />
anni e ammenda da€10.000 a€30.000, nel caso<br />
di danni permanenti o di particolare gravità nel<br />
senso sopra menzionato). Inoltre, è prevista la pena<br />
accessoria della sospensione del titolo professionale<br />
par la durata non inferiore a un anno (art.<br />
10), nonché l’inibizione dell’attracco a un porto<br />
italiano per non meno di un anno (art. 11).<br />
GASOLIO PER USO MARITTIMO<br />
Decretolegislativo<br />
6novembre2007,n.205<br />
«Attuazione della direttiva 2005/33/CE che<br />
modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione<br />
altenoredizolfodeicombustibiliperusomarittimo»<br />
(S.O. n. 228 alla G.U. del 9 novembre 2007, n.<br />
261)<br />
Il decreto ha modificato la disciplina contenuta<br />
nel cosiddetto Testo unico ambientale (D.Lgs. n.<br />
152/2006) in materia di specifiche dei combustibili<br />
utilizzabili, introducendo le nuove caratteristiche<br />
11 dicembre 2007 N. 23
tecniche sui combustibili utilizzabili per uso marittimo,«qualsiasicombustibileperusomarittimolacuiviscositàodensitàrientraneilimitidiviscosità<br />
o di densità stabiliti per le qualità “DMB” e<br />
“DMC” dalla tabella 1 della norma ISO 8217, ad<br />
eccezione di quello utilizzato su fumi, canali, laghielagune».<br />
PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE<br />
DI PRODOTTI ENERGIVORI<br />
Decretolegislativo<br />
6novembre2007,n.201<br />
«Attuazionedelladirettiva2005/32/CErelativa<br />
all’istituzione di un quadro per l’elaborazione<br />
di specifiche per la progettazione ecocompatibile<br />
di prodotti che consumano energia»<br />
(S.O. n. 228 alla G.U. del 9 novembre 2007, n. 26)<br />
Si tratta della normativa italiana attuativa della<br />
direttiva 2005/32/CE recante un quadro per l’immissione<br />
sul mercato, la messa in servizio e la<br />
libera circolazione dei prodotti che consumano<br />
energia, intendendo per «prodotto che consuma<br />
energia “un prodotto che, dopo l’immissione sul<br />
mercato ovvero la messa in servizio, dipende da<br />
un inputdienergiaperfunzionaresecondol’uso<br />
cuièdestinatoounprodottoperlagenerazione,<br />
il trasferimento e la misurazione di tale energia,<br />
incluselepartichedipendonoda inputdienergia<br />
e che sono destinate ad essere incorporate in un<br />
prodottocheconsumaenergia,immessesulmercatoovveromesseinserviziocomepartiaséstanti<br />
per gli utilizzatori finali, e le cui prestazioni<br />
ambientali possono essere valutate in maniera<br />
indipendente» (art. 2, comma 1, lettera a). Sostanzialmente,<br />
la nuova disciplina si basa sulla<br />
possibilità di immettere sul mercato, ovvero di<br />
mettere in servizio, prodotti consumanti energia<br />
oggetto delle misure attuative della direttiva<br />
2005/32/CE (cosiddette “misure di esecuzione”)<br />
solo qualora i prodotti medesimi risultino conformi<br />
a queste misure, ovvero solo se conformi ai<br />
provvedimenti attuativi in tal senso (art. 3, comma<br />
1). In ogni caso, questi prodotti dovranno essere<br />
provvisti della marcatura CE apposta ai sensi<br />
dell’art. 9. Inoltre, in caso di importazione di questi<br />
prodotti e di mancata residenza nel territorio<br />
comunitario del fabbricante, spetteranno all’importatore<br />
sia l’obbligo di garantire la conformità<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
AMBIENTE<br />
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LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
del prodotto alla disciplina, sia quello di ottenere<br />
la dichiarazione di conformità e la documentazione<br />
tecnica relativa alla valutazione di conformità<br />
eseguita e alle dichiarazioni emesse (art. 8).<br />
Prima di immettere sul mercato ovvero di messa<br />
in servizio di un prodotto oggetto di misure di<br />
esecuzione, è previsto, inoltre, a carico del fabbricante<br />
(o suo mandatario) o dell’importatore , la<br />
verifica della conformità del prodotto a tutte le<br />
pertinenti prescrizioni della misura di esecuzione<br />
applicabile, verifica eseguibile attraverso il controllo<br />
della progettazione interno, ovvero attraverso<br />
un «Sistemadigestionedivalutazionedelle<br />
conformità», rispettivamente, agli Allegati IV o V<br />
al decreto (art. 11, comma 1). È opportuno considerare<br />
come, nel secondo caso, il sistema di gestione<br />
dovrà basarsi, sostanzialmente, su un «Sistema<br />
di gestione degli elementi ambientali»,<br />
comprensivo della politica delle prestazioni ambientali<br />
del prodotto, degli elementi di attuazione<br />
e della documentazione identificati nonché<br />
delle azioni di controllo e correttive (punto 3,<br />
Allegato V). Al riguardo, è prevista anche una<br />
presunzione di osservanza dell’Allegato IV, nel caso<br />
in cui il prodotto risulti progettato da una<br />
organizzazione che aderisce al regolamento (CE)<br />
n. 761/2001 (EMAS) e la funzione di progettazione<br />
risulti inclusa nell’ambito della registrazione<br />
(art. 11, comma 2).<br />
La nuova disciplina considera con attenzione, infine,<br />
il ruolo che i consumatori possono avere in<br />
una politica premiante per questa tipologia di<br />
prodotti, prevedendo a loro favore un obbligo di<br />
informazione, da parte del fabbricante, sia sul<br />
ruolo dei consumatori in materia di uso sostenibile<br />
del prodotto, sia relativamente al profilo ecologico<br />
del prodotto e ai vantaggi dell’ecoprogettazione,<br />
qualora richiesti dalle relative misure di<br />
esecuzione (art. 16).<br />
A carico dei trasgressori sono previste sanzioni<br />
amministrative pecuniarie, in riferimento all’immissione<br />
in commercio o messa in servizio di prodotti<br />
privi della marcatura CE o della dichiarazione<br />
CE, ovvero con marcatura o dichiarazione contraffatta,<br />
nel caso di mancato rispetto del divieto<br />
di commercializzazione, nel caso di mancato rispetto<br />
dell’eventuale divieto di immissione sul<br />
mercato/messa in servizio, per la mancata conservazione<br />
decennale della documentazione del caso<br />
(art. 18). l<br />
115
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AMBIENTE<br />
RASSEGNADIGIURISPRUDENZA<br />
acuradiAlessandroJazzetti, magistrato<br />
SCARTI DI LAVORAZIONE<br />
E INSALUBRITÀ DERIVATA DELL’AREA<br />
Cassazionepenale,sez.III,<br />
17ottobre2007,n.38272,<br />
Pres.E.Lupo,Rel.A.Teresi<br />
Rifiuti - Pluralità di reati - Scarti di lavorazione<br />
e insalubrità derivata dell’area -<br />
Scarico non occasionale di acque reflue in<br />
un canale pubblico - Deposito non temporaneo<br />
di rifiuti<br />
1) Il destinatario della normativa ambientalistica<br />
è il legale rappresentante dell’ente imprenditore,<br />
quale persona fisica attraverso la<br />
quale la persona giuridica agisce nel campo<br />
delle relazioni intersoggettive. Tale compito<br />
discende dalla legge e non richiede espresso<br />
conferimento e comporta responsabilità penale<br />
perché il legale rappresentante, anche se<br />
non svolge mansioni tecniche, è pur sempre<br />
preposto alla gestione della società. Il predetto<br />
può trasferire ad altri soggetti tecnicamente<br />
preparati i compiti a lui demandati in base<br />
ad attribuzioni effettivamente delegate e volontariamente<br />
assunte e, in difetto di conferimento<br />
di valida delega, non può esimersi da<br />
responsabilità adducendo incompetenza tecnica<br />
oppure la lontananza del cantiere di lavoro<br />
dalla sede della società perché tali condizioni<br />
gli impongono di astenersi dall’assumere<br />
incarichi dirigenziali oppure di conferire in<br />
modoformaleaespertil’osservanzadellesuddette<br />
norme.<br />
2) Nell’ipotesi in cui i reflui non autorizzati<br />
confluiscano, tramite la predisposta tubazioneinPVC,innotevoliquantitativineltorrente<br />
pubblico, deve escludersi il carattere occasionale<br />
dello scarico e va affermata la configurabilità<br />
del reato di scarico non autorizzato che<br />
non impone la presenza di una tubazione che<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
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GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
recapiti lo scarico, essendo sufficiente una<br />
condotta, cioè un qualsiasi sistema con il quale<br />
si consente il passaggio o il deflusso delle<br />
acque reflue.<br />
Nota<br />
1) Massima conforme al costante insegnamento<br />
della Suprema Corte, affermato soprattutto<br />
in materia di prevenzione infortuni sul lavoro;<br />
in particolare, con la sentenza n. 28358/<br />
2006,laCassazionehastabilitoilprincipioche<br />
se datore di lavoro è una persona giuridica,<br />
destinatariodellenormeèillegalerappresentante<br />
dell’ente imprenditore, quale persona<br />
fisica attraverso la quale il soggetto collettivo<br />
agisce nel campo delle relazioni intersoggettive,<br />
così che la sua responsabilità penale, in<br />
assenza di valida delega, sia indipendente<br />
dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche,<br />
attesa la sua qualità di preposto alla gestione<br />
societaria. Quanto ai requisiti della delega,<br />
la Suprema Corte (sentenza 13 marzo<br />
2003, n. 22931), con specifico riferimento alla<br />
normativa ambientale ha affermato che, in<br />
temadiresponsabilitàpenaleall’internodiun<br />
entecollettivo,ladelegadifunzionideveavere<br />
forma espressa e contenuto chiaro, deve<br />
garantire al delegato autonomia gestionale e<br />
capacità di spesa e deve essere attribuita a<br />
persona professionalmente idonea, mentre<br />
non è richiesta la forma scritta né requisiti<br />
dimensionali dell’impresa tali da imporre il<br />
decentramento delle mansioni. Sul requisito<br />
della forma, va segnalato come la giurisprudenza<br />
più recente (sentenza 6 giugno 2007, n.<br />
32014) ha affermato che la delega può anche<br />
essere conferita oralmente dal titolare dell’impresa,<br />
non essendo richiesta per la sua validità<br />
la forma scritta né ”ad substantiam” né<br />
”ad probationem”, posto che l’efficacia devolutiva<br />
dell’atto di delega è subordinata all’esi<br />
117
GIURISPRUDENZA<br />
Massime<br />
stenza di un atto traslativo delle funzioni delegate<br />
connotato unicamente dal requisito<br />
della certezza che prescinde dalla forma impiegata,<br />
salvo che per il settore pubblico in<br />
cui è invece richiesto l’atto scritto di delega.<br />
2) La giurisprudenza della Suprema Corte ha<br />
puntualizzatolanozionediscaricoqualedefinita<br />
dal D.Lgs. n. 152/1999, con particolare<br />
riferimento al confine tra la disciplina sulle<br />
acque e quella sui rifiuti. A questo riguardo è<br />
necessario, perché si possa parlare di scarico<br />
non autorizzato di acque reflue, che lo stesso<br />
avvenga tramite una condotta, o un sistema<br />
di convogliabilità, senza che sia necessaria la<br />
presenza di una tubazione (sentenza 4 febbraio<br />
2003, n. 12005).<br />
118<br />
DEPOSITO INCONTROLLATO DI RIFIUTI<br />
E MODIFICAZIONE DEL TERRITORIO<br />
Cassazionepenale,sez.III,<br />
18ottobre2007,n.38495,<br />
Pres.E.Lupo.<br />
Rifiuti - Non pericolosi - Deposito incontrollato-Areaassoggettataavincoloambientale<br />
- Integrazione del reato ambientale - Modificazione<br />
del territorio senza necessaria<br />
autorizzazione<br />
Per raggiungere il risultato di un equilibrato<br />
sviluppo degli interventi su territori vincolati,<br />
l’articolo 163, decreto legislativo n. 490/1999<br />
(ora articolo 181, decreto legislativo 22 gennaio<br />
2004, n. 42) stabilisce che le modifiche su<br />
di essi si svolgano secondo linee preordinate<br />
dall’autorità amministrativa; il reato si realizza<br />
con l’impedimento del preventivo controlloche,secondolacomuneesperienza,ponein<br />
pericolo il paesaggio che è il bene giuridico<br />
tutelato in via mediata. Di conseguenza, integra<br />
la fattispecie di reato ogni modifica del<br />
territorio posta in essere senza la necessaria<br />
autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela<br />
del vincolo, dovendosi, pertanto, escludersi<br />
che solo con la costruzione di opere edilizie<br />
possa perfezionarsi l’illecito de quo. Il<br />
AMBIENTE<br />
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reato si configura con ogni intervento idoneo<br />
ad incidere, modificandolo, sull’originario assetto<br />
del territorio vincolato e, quindi, anche<br />
con la realizzazione di un deposito incontrollato<br />
di rifiuti.<br />
Nota<br />
Massima conforme all’insegnamento della Suprema<br />
Corte sul punto. Invero, in tema di tutela<br />
delle zone paesistiche, configura il reato<br />
di cui all’art. 163, decreto legislativo 29 ottobre<br />
1999 n. 490, ora sostituito dall’art. 181,<br />
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (cosiddetto<br />
“codice Urbani”), ogni modificazione<br />
dell’assetto del territorio, in assenza di autorizzazione,<br />
attuata attraverso qualsiasi opera<br />
nonsoltantoedilizia,madiqualunquegenere<br />
(ad eccezione degli interventi consistenti: nella<br />
manutenzione, ordinaria e straordinaria,<br />
nel consolidamento statico o restauro conservativo,<br />
purché non alterino lo stato dei luoghi<br />
e l’aspetto esteriore degli edifici; nell’esercizio<br />
dell’attività agrosilvopastorale, che non<br />
comporti alterazione permanente dello stato<br />
dei luoghi con costruzioni edilizie od altre<br />
opere civili e sempre che si tratti di attività ed<br />
opere che non alterano l’assetto idrogeologico;<br />
nel taglio colturale, forestazione, riforestazione,<br />
opere di bonifica, antincendio e di<br />
conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle<br />
foreste, purché previsti ed autorizzati in base<br />
alle norme vigenti in materia), atteso che, con<br />
le disposizioni in questione, si è inteso assicurare<br />
un’immediata informazione e una preventiva<br />
valutazione da parte della pubblica<br />
amministrazione dell’impatto sul paesaggio<br />
di ogni tipo di intervento intrinsecamente<br />
idoneo a comportare modificazioni ambientali<br />
e paesaggistiche (sentenza 12 febbraio<br />
2004, n. 23980). L’ambito di applicazione della<br />
normativa penale in materia di tutela dei beni<br />
ambientali non è ristretto, infatti, alla esecuzione<br />
di opere edilizie per le quali sia necessario<br />
un titolo abilitativo e ben può rientrare<br />
nella previsione dell’art. 151, D.Lgs. n. 490/<br />
1999 anche lo scarico e il deposito di rifiuti e<br />
di materiali di risulta. l<br />
11 dicembre 2007 N. 23
RASSEGNA DI DELIBERE E LEGGI REGIONALI<br />
OTTOBRE-NOVEMBRE 2007<br />
Sintesi........................................................................................................pag.120
LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
AMBIENTE<br />
RASSEGNADIDELIBEREELEGGIREGIONALI<br />
acuradiAlessandroJazzetti,magistrato<br />
120<br />
OTTOBRE-NOVEMBRE2008<br />
Regione Ambito Estremienota<br />
LOMBARDIA<br />
Sostanze<br />
pericolose<br />
PIEMONTE Acqua<br />
SARDEGNA Acqua<br />
PIEMONTE Aria<br />
PIEMONTE Aria<br />
TRENTINOA-A<br />
Provincia<br />
Autonoma<br />
diTrento<br />
Energia<br />
PUGLIA Rifiuti<br />
TRENTINOA-A<br />
Provincia<br />
Autonoma<br />
diTrento<br />
Sostanze<br />
pericolose<br />
SICUREZZA<br />
Circolare10ottobre2007,n.30<br />
«D.Lgs. n. 52/2007 - Sorgenti radioattive ad alta attività -<br />
Indicazioniapplicative»<br />
(inB.U.Lombardia22ottobre2007,n.43)<br />
AMBIENTE<br />
DeliberaPresidenteGiuntaRegionale29ottobre2007,n.10/R<br />
«Regolamento regionale recante: “Disciplina generale<br />
dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle<br />
acquereflueeprogrammadiazioneperlezonevulnerabilidanitrati<br />
diorigineagricola(Leggeregionale29dicembre2000,n.61)”»<br />
(inB.U.Piemonte31ottobre2007,n.44)<br />
LeggeRegionale31ottobre2007,n.12<br />
«Norme in materia di progettazione, costruzione, esercizio e<br />
vigilanza degli sbarramenti di ritenuta e dei relativi bacini di<br />
accumulodicompetenzadellaRegioneSardegna»<br />
(inB.U.Sardegna8novembre2007,n.35)<br />
DeterminazioneGiuntaRegionale23ottobre2007,n.40<br />
«D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - Autorizzazioni di carattere<br />
generaleperleemissioniinatmosferaprovenientidaimpianti<br />
diessiccazionedicerealiesemi»<br />
(inS.O.n.3alB.U.Piemonte25ottobre2007,n.43)<br />
DeliberaGiuntaRegionale15ottobre2007,n.40-7099<br />
«ModificadelDisciplinareperl’effettuazionedeicontrollideigasdi<br />
scarico dei veicoli a motore e per il rilascio del Bollino Blu (art. 2,<br />
comma 1, lettera g), della legge regionale 7 aprile 2000, n. 43)<br />
approvato con Delib. G.R. 26 febbraio 2001, n. 8-2311 e già<br />
modificatoconDelib.G.R.5giugno2003,n.30-9526»<br />
(inB.U.Piemonte18ottobre2007,n.42)<br />
DeliberaGiuntaProvinciale22ottobre2007,n.3564<br />
«Modifica dei criteri e approvazione del Testo Unico per la<br />
concessionedicontributiaisensidell'articolo1,comma3della<br />
legge provinciale del 19 febbraio 1993, n. 4 per interventi di<br />
risparmioenergeticoediutilizzodifontirinnovabilidienergia»<br />
(inSupplementon.1alB.U.Trentino-AltoAdige6novembre<br />
2007,n.45)<br />
LeggeRegionale31ottobre2007n.29<br />
«Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non<br />
pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano<br />
nelterritorioregionaleesonodestinatiaimpiantidismaltimentositi<br />
nellaRegionePuglia»<br />
(inB.U.Puglia2novembre2007,n.157)<br />
LeggeProvinciale19ottobre2007,n.18<br />
«Disposizioni transitorie in materia di utilizzo di organismi<br />
geneticamentemodificati(OGM)inagricoltura»<br />
(inB.U.Trentino-AltoAdige30ottobre2007,n.44)<br />
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11 dicembre 2007 N. 23
ABRUZZO<br />
BASILICATA<br />
FRIULI-VENEZIA<br />
GIULIA<br />
LOMBARDIA<br />
PUGLIA<br />
UMBRIA<br />
11 dicembre 2007 N. 23<br />
Tutela<br />
ambientale<br />
Tutela<br />
ambientale<br />
Tutela<br />
ambientale<br />
Tutela<br />
ambientale<br />
Tutela<br />
ambientale<br />
Tutela<br />
ambientale<br />
MARCHE VIA<br />
AMBIENTE<br />
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LEGISLAZIONE<br />
In breve<br />
DeliberaGiuntaRegionale8ottobre2007,n.997<br />
«Delib. G.R. 3 maggio 2006, n. 461 avente per oggetto: D.Lgs. n.<br />
59/2005concernente“AttuazioneintegraledellaDirettiva96/61/CE<br />
relativaallaprevenzioneeriduzioneintegratedell’inquinamento“<br />
Modifica»<br />
(inB.U.Abruzzo24ottobre2007,n.59)<br />
LeggeRegionale22ottobre2007,n.17<br />
«Modifiche ed integrazioni alla L.R. 12 febbraio 1990, n. 3 di<br />
approvazionedeipianiterritorialipaesisticidiareavasta»<br />
(inB.U.Basilicata26ottobre2007,n.50)<br />
DecretoPresidenteRegionale16ottobre2007,n.0329/Pres.<br />
«L.R.n.5/2007,art.10.AdozionePianoterritorialeregionale»<br />
(inS.O.19ottobre2007,n.27alB.U.Friuli-VeneziaGiulia17<br />
ottobre2007,n.42)<br />
DecretoDirettoriale16ottobre2007,n.11931<br />
«Accordo di Programma per lo sviluppo economico e la<br />
competitività del sistema lombardo - Asse 3 Promozione del<br />
territorio e ambiente - Bando di sostegno a tecnologie innovative<br />
perlalogisticasostenibiledellemerciinambitourbanofinalizzate<br />
allaminimizzazionedegliimpattisull’ambiente»<br />
(in S.S. 25 ottobre 2007, n. 2 al B.U. Lombardia 22 ottobre<br />
2007,n.43)<br />
DeliberaGiuntaRegionale15ottobre2007,n.1641<br />
«Delib.G.R.n.1440/2003,Delib.G.R.n.1963/2004,Delib.G.R.n.<br />
1087/2005, Delib. G.R. n. 801/2006, Delib. G.R. n. 1193/2006 e<br />
Delib. G.R. n. 539/2007 - "Legge regionale n. 17/2000 - art. 4 -<br />
Programma regionale per la tutela dell'ambiente“.<br />
Aggiornamento»<br />
(inB.U.Puglia26ottobre2007,n.153)<br />
LeggeRegionale31ottobre2007,n.29<br />
«Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 6<br />
marzo 1998, n. 9 (Norme sulla istituzione e disciplina dell’Agenzia<br />
regionaleperlaprotezionedell’ambienteARPA)»<br />
(inB.U.Umbria7novembre2007,n.48)<br />
LeggeRegionale12ottobre2007,n.11<br />
«Modificaallaleggeregionale14aprile2004,n.7“Disciplinadella<br />
proceduradivalutazionediimpattoambientale”comemodificata<br />
dallaleggeregionale12giugno2007,n.6»<br />
(inB.U.Marche25ottobre2007,n.93)<br />
121
COMPRESI<br />
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