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SPECIALE<br />

Antincendio<br />

Le ultime novità su RIR,<br />

motori e prodotti da costruzione<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

<strong>Sicurezza</strong> del lavoro<br />

Dal MinLavoro ancora chiarimenti<br />

sull’istituto della sospensione ex legge 123<br />

<strong>Sicurezza</strong> in cantiere<br />

Legge 123 e cantieri:<br />

quali novità per i piani di sicurezza?<br />

AMBIENTE<br />

Rifiuti<br />

Manutenzione delle infrastrutture:<br />

la Cassazione si occupa dei rifiuti<br />

Come si gestisce il trasporto via mare?<br />

COMMENTI DA PAGINA<br />

TESTI DA PAGINA<br />

COMMENTO A PAGINA<br />

TESTI DA PAGINA<br />

ARTICOLO A PAGINA<br />

ARTICOLO A PAGINA<br />

ARTICOLO A PAGINA<br />

20<br />

25<br />

62<br />

64<br />

91<br />

105<br />

107<br />

Tutti gli abbonati<br />

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<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

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Carilettori,<br />

Dal2008<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>sifaintre<br />

Duenuovisupplementispecialistici<br />

perun’informazionetecnicapiùapprofonditaepuntuale<br />

dalprossimonumero,<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>sipresenteràcompletamenterinnovatasianellavestegraficasia<br />

nellastruttura.<br />

All’esigenzadiaggiornarel’immaginedellarivistasiè,infatti,aggiuntalanecessitàdiadeguarel’organizza­<br />

zionedeicontenutialprocessodicambiamentoche,daqualcheannoaquestaparte,hainvestitoisettori<br />

dellasicurezzasullavoro,dell’ambienteedellacertificazione.<br />

Sempre più forte, infatti, è stata la spinta verso l’integrazione dei tre segmenti, che, partita inizialmente<br />

dalmondodellanormativatecnica(peresempio,conlacosiddetta“VISON2000”),ha,inseguito,coinvolto<br />

ilversantelegislativo(daultimi,ilD.Lgs.n.231/2001elaleggen.123/2007).<br />

Su questa base, <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> passerà dall’attuale suddivisione dei temi tra “Igiene e <strong>Sicurezza</strong>” e<br />

“<strong>Ambiente</strong>”aun’organizzazionepiùflessibileincinque“macroaree”chesisuccederannosenzasoluzione<br />

di continuità, in modo da valorizzare al massimo i profili di trasversalità dei contenuti. Allo stesso tempo,<br />

sarannopresentielementicherenderannopossibilel’individuazioneistantaneanonsolodellatematica(per<br />

esempio,sicurezzasullavoro,rifiuti,ecc.),maanchedellamacroareanellaqualel’articoloèstatoinserito.<br />

Un’altra novità non meno importante coinvolgerà iSupplementi ad <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> che raddoppie­<br />

ranno, assecondando, così, un processo di forte verticalizzazione tematica: l’attuale Tecnologie&Soluzioni<br />

sarà, infatti, sostituito da “Tecnologie&Soluzioni per l’<strong>Ambiente</strong>” (bimestrale di sistemi, processi e prodotti<br />

per la tutela dell’ambiente) e da “Lavoro Sicuro” (bimestrale di sistemi, processi e prodotti per la sicurezza<br />

sul lavoro), in modo da riservare più spazio ai risvolti tecnologici di settore, valorizzando al massimo le<br />

specificità.<br />

L’esito finale di questa operazione di restyling e di potenziamento sarà quello di poterVi offrire un nuovo<br />

sistemaintegratodiperiodicispecialisticisecondologichepiùmoderne,flessibiliedesaustive.<br />

Il nostro obiettivo resta, come al solito, di andare incontro alle Vostre esigenze di aggiornamento e<br />

approfondimentoprofessionale.<br />

Buonannoebuonlavoroatutti<br />

Laredazione


11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

GAZZETTAUFFICIALE:GLIULTIMI15GIORNI<br />

GAZZETTAUFFICIALEREPUBBLICAITALIANA<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

NOVITÀ<br />

ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATOIN<br />

Igiene<br />

dialimenti<br />

ebevande<br />

<strong>Sicurezza</strong><br />

deitrasporti<br />

Decretolegislativo<br />

6novembre2007,<br />

n.193<br />

DecretodelMinistero<br />

dellaSalute<br />

25settembre2007,<br />

n.217<br />

Decretolegislativo<br />

6novembre2007,<br />

n.203<br />

Acqua Decretolegislativo<br />

6novembre2007,<br />

n.202<br />

Aria Decretolegislativo<br />

9novembre2007,<br />

n.205<br />

Energia Decretolegislativo<br />

6novembre2007,<br />

n.201<br />

Inquinamento Decretolegislativo<br />

elettromagnetico 6novembre2007,<br />

n.194<br />

SICUREZZA<br />

«Attuazione della direttiva 2004/41/CE<br />

relativa ai controlli in materia di sicurezza<br />

alimentare e applicazione dei regolamenti<br />

comunitari nel medesimo<br />

settore»<br />

«Regolamento recante aggiornamento<br />

deldecretoministeriale21marzo1973,<br />

concernente la disciplina igienica degli<br />

imballaggi, recipienti, utensili destinati<br />

a venire a contatto con le sostanze<br />

alimentari o con sostanze d’uso personale»<br />

«Attuazione della direttiva 2005/65/CE<br />

relativa al miglioramento della sicurezza<br />

nei porti»<br />

AMBIENTE<br />

«Attuazione della direttiva 2005/35/CE relativaall’inquinamentoprovocatodallenavieconseguentisanzioni»<br />

«Attuazionedelladirettiva2005/33/CEche<br />

modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione<br />

al tenore di zolfo dei combustibili per<br />

usomarittimo»<br />

«Attuazione della direttiva 2005/32/CE relativaall’istituzionediunquadroperl’elaborazionedispecificheperlaprogettazione<br />

ecocompatibile dei prodotti che consumanoenergia»<br />

«Attuazione della direttiva 2004/108/CE<br />

concernente il riavvicinamento delle legislazioni<br />

degli Stati membri relative alla<br />

compatibilitàelettromagneticaecheabrogaladirettiva89/336/CEE»<br />

Iltestoèdisponibileon­lineall’indirizzo<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

S.O. n. 228 alla Gazzetta<br />

Ufficiale del 9<br />

novembre2007,n.261<br />

Insintesiapag.95<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del 20 novembre<br />

2007,n.270<br />

Insintesiapag.95<br />

S.O. n. 228 alla Gazzetta<br />

Ufficiale del 9<br />

novembre2007,n.261<br />

S.O. n. 228 alla<br />

Gazzetta Ufficiale<br />

del9novembre2007,n.<br />

261<br />

Insintesiapag.114<br />

S.O.n.228alla<br />

GazzettaUfficiale<br />

del9novembre2007,<br />

n.261<br />

Insintesiapag.114<br />

S.O.n.228alla<br />

GazzettaUfficiale<br />

del9novembre2007,<br />

n.261<br />

Insintesiapag.115<br />

S.O.n.228allaGazzetta<br />

Ufficiale del 9<br />

novembre2007,n.261<br />

5


Insintesi<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

SOMMARIO<br />

IGIENE E SICUREZZA................................................................................................................ p. 10<br />

AMBIENTE ............................................................................................................................. p. 10<br />

DALLE REGIONI ..................................................................................................................... p. 12<br />

Articoli<br />

Approfondimenti<br />

l Motori a combustione interna: la prevenzione incendi per l’installazione<br />

di Marco Albanese .............................................................................................................. p. 20<br />

l Antincendio e prodotti da costruzione: le novità sulle classi di reazione al fuoco<br />

di Stefano Marsella ............................................................................................................. p. 33<br />

l Regione Lombardia e MinInterno insieme per il controllo sulle attività RIR<br />

di Walter Restani................................................................................................................. p. 58<br />

l Sulla sospensione dell’attività di impresa ulteriori chiarimenti dal MinLavoro<br />

di Gioconda Rapuano e Giuliano Esposito.......................................................................... p. 62<br />

l L’organizzazione della sicurezza aziendale parte integrante<br />

della gestione generale<br />

di Giuseppe De Dominicis................................................................................................... p. 68<br />

l Con l’analisi del carico di lavoro un elemento per attuare la RSI<br />

di Cinzia Frascheri .............................................................................................................. p. 78<br />

l Dalla Finanziaria 2007 alla legge 123 quali responsabilità per il committente?<br />

di Aldo Avvisati.................................................................................................................... p. 86<br />

l Cantieri temporanei e mobili e legge 123: quali novità per i piani di sicurezza?<br />

di Damiano Romeo ............................................................................................................. p. 91<br />

l Rivendita di cavi elettrici con deposito/Responsabilità in capo al preside<br />

di un istituto/Rinnovo del CPI<br />

di Mario Abate..................................................................................................................... p. 97<br />

l Manutenzione delle infrastrutture: la Cassazione si occupa dei rifiuti<br />

di Pasquale Fimiani............................................................................................................. p. 105<br />

l Il trasporto dei rifiuti via mare tra vecchie e nuove normative ambientali<br />

di Marco Iacono e Carmelo Tinè ......................................................................................... p. 107<br />

l Inquinamento marino da idrocarburi: requisiti e autorizzazioni per i prodotti<br />

di Pietro Verna .................................................................................................................... p. 111<br />

Legislazione<br />

l Motori a combustione interna: la prevenzione incendi per l’installazione<br />

Decreto del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007.............................................................. p. 25<br />

l Antincendio e prodotti da costruzione: le novità sulle classi di reazione al fuoco<br />

Decreto del Ministero dell’Interno 25 ottobre 2007.............................................................. p. 35<br />

l Imballaggi per alimenti<br />

Decreto del Ministero della Salute 25 settembre 2007, n. 217 ............................................ p. 95<br />

l <strong>Sicurezza</strong> alimentare<br />

Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193 p. 96<br />

7


SOMMARIO<br />

l Inquinamento marino<br />

Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202 ...................................................................... p. 114<br />

l Gasolio per uso marittimo<br />

Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 205 ...................................................................... p. 114<br />

l Progettazione ecocompatibile di prodotti energivori<br />

Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 201 ...................................................................... p. 115<br />

l Dalle Regioni<br />

Delibere e leggi regionali ottobre-novembre 2007 .............................................................. p. 120<br />

Prassi<br />

l Sulla sospensione dell’attività di impresa ulteriori chiarimenti dal MinLavoro<br />

Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale - Direzione generale per l’Attività<br />

Ispettiva - Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro 14 novembre 2007, n. 24...<br />

Giurisprudenza<br />

8<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

p. 64<br />

l Responsabilità del datore di lavoro per un infortunio<br />

Cassazione penale, sez. IV, 24 aprile 2007, n. 16422......................................................... p. 99<br />

l Ripartizione dell’onere probatorio<br />

Cassazione civile, sezione lavoro, 18 maggio 2007, n. 11622 ............................................ p. 101<br />

l Scarti di lavorazione e insalubrità derivata dell’area<br />

Cassazione penale, sez. III, 17 ottobre 2007, n. 38272 ...................................................... p. 117<br />

l Deposito incontrollato di rifiuti e modificazione del territorio<br />

Cassazione penale, sez. III, 18 ottobre 2007, n. 38495 ...................................................... p. 118<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

Direttore responsabile: FRANCESCO DEMURO<br />

Responsabile di redazione: Massimo Cassani<br />

Coordinamento editoriale: Dario De Andrea (02/57316293)<br />

Redazione: Katia Rebucini (02/57316300; fax 02/39646926)<br />

Proprietario ed editore: IL SOLE 24 ORE S.p.A.<br />

Presidente: GIANCARLO CERUTTI<br />

Amministratore Delegato: CLAUDIO CALABI<br />

Registrazione Tribunale di Milano n. 749 del 9 novembre 1998.<br />

Sede legale: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano.<br />

Amministrazione: Via Monte Rosa, 91 ­ 20149 Milano.<br />

Direzione, redazione: Via G. Patecchio, 2 ­ 20141 Milano ­ Fax<br />

02/30223992.<br />

IL SOLE 24 ORE S.p.A. Tutti i diritti sono riservati. Le fotocopie<br />

per uso personale del lettore possono essere effettuate nei<br />

limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento<br />

alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5,<br />

della legge 22 aprile 1941, n. 633. Le riproduzioni effettuate<br />

per finalità di carattere professionale, economico o commerciale<br />

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Servizio clienti periodici: IL SOLE 24 ORE S.p.A. Via Tiburtina<br />

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Pubblicità: Rete Ediltarget ­ Il Sole 24 ORE Editoria Specializzata<br />

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5) km 68,700 ­ 67061 Carsoli (AQ).<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


SINTESI<br />

INSINTESI<br />

10<br />

RUBRICA<br />

Speciale<br />

ANTINCENDIO<br />

COMMENTI E TESTI ........................................................................................................................................................................da pag. 20<br />

Leultimeindicazionisuprodottidacostruzione,motoriacombustioneinternaeattivitàRIR­Con la pubblicazione del decreto<br />

del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007 è stata emanata la nuova regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione di motori a<br />

combustione interna accoppiati a una macchina generatrice elettrica o a una macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali,<br />

agricole, artigianali, commerciali e di servizi, che ne definisce i nuovi criteri di sicurezza contro i rischi d’incendio e di esplosione. Lo stesso<br />

Ministero, con decreto 25 ottobre 2007, ha modificato il decreto 10 marzo 2005, inerente alle classi di reazione al fuoco per i prodotti da<br />

costruzione utilizzati nelle opere per le quali è necessario il requisito della sicurezza in caso di incendio. Nel particolare, sono stati sostituiti gli<br />

Allegati A e C al D.M. 10 marzo 2005, rispettivamente con gli Allegati 1 e 2 al nuovo D.M. 25 ottobre 2007. Rileva, sempre in materia<br />

antincendio, anche lo schema di accordo tra il Ministero dell’Interno e la Regione Lombardia, pubblicato con delibera della Giunta Regionale<br />

5 ottobre 2007, n. 8/5469. Scopo dell’accordo è quello di definire le modalità di cooperazione, tra le parti firmatarie, al fine di migliorare la<br />

qualità dell’azione amministrativa per le attività inerenti ai controlli delle aziende a rischio di incidente rilevante, garantendo la tutela<br />

dell’incolumità delle persone, la salvaguardia dell’ambiente e il mantenimento delle condizioni di sicurezza necessarie nelle attività RIR.<br />

Igieneesicurezza<br />

ANTINCENDIO<br />

QUESITI SULL’ANTINCENDIO .............................................................................................................................................................a pag. 97<br />

Rivendita di cavi elettrici con deposito/Responsabilità in capo al preside di un istituto/Rinnovo del CPI ­ In questo numero<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> propone tre chiarimenti. In primo luogo, sono definite alcune caratteristiche strutturali e di protezione antincendio di<br />

una rivendita di cavi elettrici, attività 87­62, con annessa una zona di vendita e un deposito con altezza e carico di incendio definiti. Nel<br />

secondo chiarimento, sono poste in evidenza le responsabilità che ricadono in capo al preside di un istituto professionale statale privo del<br />

certificato di prevenzione incendi. Infine, sono analizzate le possibili azioni da intraprendere, da parte di un tecnico della prevenzione<br />

incendi, qualora si trovasse a prestare la sua opera per attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco e dovesse provvedere al rinnovo del<br />

loro CPI scaduto già da tempo.<br />

IGIENE DI ALIMENTI E BEVANDE<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 95<br />

Imballaggi per alimenti ­ Il decreto del Ministero della Salute 25 settembre 2007, n. 217, apporta alcune modifiche al D.M. 21 marzo<br />

1973, «Disciplina "igienica" degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze<br />

d’uso personale». In particolare, risulta sostituito l’art. 27, riferito all’utilizzo di carte e cartoni, adoperabili a contatto diretto con gli alimenti,<br />

da soli o accoppiati con altri o trasformati in imballaggi, soltanto se fabbricati secondo la buona tecnica industriale e conformi alle<br />

caratteristiche individuate. (in Gazzetta Ufficiale del 20 novembre 2007, n. 270)<br />

SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 96<br />

<strong>Sicurezza</strong>alimentare­Il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193, di attuazione della direttiva 2004/41/CE, a sua volta abrogatrice di<br />

alcune direttive recanti le norme sull’igiene dei prodotti alimentari e le disposizioni sanitarie per la produzione e la commercializzazione di<br />

determinati prodotti di origine animale destinati al consumo umano. Sono state introdotte disposizioni concernenti le macellazioni<br />

d’urgenza al di fuori del macello, quali carcasse, mezzane, quarti e mezzane tagliate in massimo tre parti, ottenute da macellazioni<br />

d’urgenza di ungulati domestici al di fuori del macello, con introduzione di un bollo sanitario standard dove dovranno essere indicate<br />

informazioni relative alla Usl dove si trova il macello in cui le carni macellate di urgenza sono trasportate, la sigla MSU seguita dal numero di<br />

macello e, nella parte inferiore, il nome o la Regione/Provincia autonoma dove è localizzato il macello. (in S.O. n. 228 alla Gazzetta Ufficiale<br />

del 9 novembre 2007, n. 261 e nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

COMMENTO ....................................................................................................................................................................................a pag. 62<br />

DOCUMENTO ...................................................................................................................................................................................a pag. 64<br />

Sulla sospensione dell’attività di impresa ulteriori chiarimenti dal MinLavoro ­ Dopo la pubblicazione della circolare 22 agosto<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


RUBRICA<br />

SINTESI<br />

2007, di chiarimento dell’art. 5, legge n. 123/2007, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha fornito ulteriori chiarimenti sull’istituto<br />

della sospensione dell’attività imprenditoriale, con lo scopo di dare altre indicazioni operative al personale ispettivo. Infatti, con la nuova<br />

circolare 14 novembre 2007, n. 24, di modifica e di integrazione della precedente, lo stesso Dicastero ha fornito alcune precisazioni sulla<br />

discrezionalità del provvedimento di sospensione, sulla strumentalità delle violazioni in materia di sicurezza, sulla natura della sanzione<br />

amministrativa aggiuntiva, sull’individuazione delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate.<br />

ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 68<br />

L’organizzazione della sicurezza aziendale parte integrante della gestione generale ­ L’integrità fisica e la personalità morale del<br />

lavoratore in azienda deve essere garantita dalle diverse figure coinvolte nel “sistema sicurezza”. In modo particolare, il datore di lavoro deve<br />

adottare percorsi di aggiornamento con lo scopo di perseguire un continuo miglioramento dell’azione preventiva. Anche le altre figure<br />

professionali presenti in azienda dovranno adottare un comportamento tale che permetta di mettere in atto tutte le possibili accortezze, al fine di<br />

garantire la tutela della salute e della sicurezza della totalità delle persone presenti in azienda, compresi gli esterni. Per poter raggiungere questo<br />

obiettivo, è necessario che la politica aziendale della sicurezza sia sviluppata e messa in atto come parte integrante della gestione generale<br />

dell’azienda.<br />

ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 78<br />

Analisi del carico di lavoro: un elemento per mettere in atto la RSI ­ Globalizzazione, nuove forme di lavoro, formazione del<br />

personale, fusioni e frammentazioni, lavoro femminile, outsorcing, mancata tutela, salute e sicurezza sul lavoro, rapporto tempo­lavoro e<br />

lavoro­vita, istruzione e tecnologie. Le componenti che caratterizzano l’attuale scenario del mercato del lavoro, se da un lato ne<br />

determinano la frammentazione, dall’altro impongono, con rinnovata forza, la necessità, per le aziende, di aderire a modelli di responsabilità<br />

sociale d’impresa (RSI) a patto che l’avvio di questa procedura rappresenti un percorso che, attraverso tappe volte verso obiettivi di<br />

miglioramento continuo, si mantenga costante nel tempo. Pertanto, la scelta di RSI non può che essere radicata all’interno delle politiche<br />

aziendali, influenzando l’intero sistema di governo, facilitando e sostenendo la produttività, quale sistema armonico tra capitale e lavoro,<br />

anziché una mera produzione, schiacciata sul profitto.<br />

ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 86<br />

Dalla Finanziaria 2007 alla legge 123: quali responsabilità per il committente? ­ Sono molte le modifiche che l’art. 7, D.Lgs. n.<br />

626/1994, ha subito nel corso dell’ultimo periodo. Si è partiti dalla modifica operata dalla legge Finanziaria 2007 , la legge n. 296/2006, che<br />

ha inserito, in capo all’imprenditore committente, l’obbligo di rispondere in solido con l’appaltatore e con ognuno degli eventuali<br />

subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore infortunato non risulti indennizzato dall’INAIL. Altre modifiche che hanno interessato<br />

il disposto sono quelle dovute alla pubblicazione della legge 3 agosto 2007, n. 123; con la sostituzione del comma 3 è stato aggiunto, a<br />

carico del committente, l’obbligo di redigere un documento di valutazione dei rischi che deve includere anche quello interferenziale e le<br />

misure adottate per eliminarlo o, almeno, limitarlo; con l’aggiunta del comma 3­ter, invece, è stato previsto che ogni contratto d’opera o<br />

appalto deve porre in evidenza i necessari oneri della sicurezza. Alla luce di tutte queste novità, è necessario stabilire i limiti della<br />

responsabilità del datore di lavoro committente in caso di appalto o di contratto d’opera.<br />

MASSIMA E NOTA ............................................................................................................................................................................a pag. 99<br />

Responsabilitàdeldatoredilavoroperl’infortunio­Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per organizzare le attività<br />

lavorative in modo sicuro, assicurando anche l’adozione da parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche e organizzative per ridurre al<br />

minimo i rischi connessi all’attività lavorativa: tale obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni specifiche, proprio, più<br />

generalmente, al disposto dell’articolo 2087 del codice civile, in forza del quale il datore di lavoro è comunque costituito garante<br />

dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l’ovvia conseguenza che, ove egli non<br />

ottemperi all’obbligo di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall’articolo 40, comma 2,<br />

c.p. Pertanto, in caso di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per<br />

escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato occasione<br />

all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a<br />

neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento. (Cassazione penale, sez. IV, 24 aprile 2007, n. 16422 e nella sezione“Documentazioneintegrativa”<br />

del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 101<br />

Ripartizione dell’onere probatorio ­ Il lavoratore che assuma la responsabilità ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro, in relazione ad un<br />

infortunio occorsogli, non ha l’onere di provare specifiche omissioni del datore in relazione alle norme antinfortunistiche, essendo soltanto<br />

tenuto a provare l’infortunio, il danno derivatone, il nesso causale tra l’uno e l’altro e la nocività dell’ambiente di lavoro, gravando sul datore<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

11


SINTESI<br />

RUBRICA<br />

­ una volta provate tali circostanze ­ l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento<br />

dannoso. Tra tali cautele rientra anche l’adozione di misure relative all’organizzazione del lavoro, ed all’informazione dei dipendenti sui rischi<br />

e la pericolosità di macchine o lavorazioni, idonee ad evitare che lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti (nei confronti dei<br />

quali tale dovere si atteggia in maniera particolarmente intensa) siano coinvolti in lavorazioni pericolose. (Cassazione civile, sezione lavoro,<br />

18 maggio 2007, n. 11622 e nella sezione“Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

SICUREZZA IN CANTIERE<br />

ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 91<br />

Cantieritemporaneiemobilielegge123:qualinovitàperipianidisicurezza?­La legge 3 agosto 2007, n. 123, in particolare la<br />

modifica all’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, ha sicuramente introdotto alcuni cambiamenti in merito alle prassi adempimentali dell’azienda in<br />

caso di appalto o di contratti d’opera; nessun riferimento in materia è stato fatto per il settore edile, ma il dubbio che possa comunque<br />

riguardarlo si manifesta in più soggetti appartenenti al campo delle costruzioni. Occorre stabilire se, oltre alla predisposizione del piano di<br />

sicurezza e di coordinamento (PSC) e del piano operativo di sicurezza (POS), bisogna procedere alla predisposizione del documento di<br />

valutazione del rischio interferenziale, come indicato all’art. 3, comma 1, legge n. 123/2007. Si pone, inoltre, il problema di come, per la<br />

corretta gestione del cantiere, dovrà essere affrontata la questione, se dovranno essere predisposti tre diversi documenti, oppure se sarà<br />

sufficiente integrare e aggiornare i contenuti del PSC e del POS.<br />

AMBIENTE<br />

ACQUA<br />

SINTESI ............................................................................................................................................................................................a pag. 114<br />

Inquinamento marino ­ Il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202 risulta volto a individuare talune misure di sicurezza marittima e di<br />

miglioramento della protezione dell’ambiente marino sotto il profilo dell’inquinamento causato da navi, innovando alla datata disciplina preesistente<br />

in materia (articoli 16, 17 e 20, legge n. 979/1982 sulla tutela del mare, oggi abrogati) a causa dell’esigenza di adeguamento alla direttiva indicata al<br />

titolo, a propria volta attuativa della normativa internazionale vigente in materia (cosiddetta “Convenzione MARPOL 73/78”). (in S.O. n. 228 alla<br />

Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2007, n. 261 e nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

ARIA<br />

SINTESI............................................................................................................................................................................................ a pag. 114<br />

Combustibili.Gasolioperusomarittimo­Il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 205 va a innovare la disciplina contenuta nel cosiddetto<br />

“Testo unico ambientale” (D.Lgs. n. 152/2006) in materia di specifiche dei combustibili utilizzabili, introducendo le nuove specifiche<br />

tecniche sui combustibili utilizzabili per uso marittimo (qualsiasi combustibile per uso marittimo la cui viscosità o densità rientra nei limiti di<br />

viscosità o di densità stabiliti per le qualità “DMB” e “DMC” dalla tabella 1 della norma ISO 8217, ad eccezione di quello utilizzato su fumi,<br />

canali, laghi e lagune ­ nuovo art. 292, comma 2, lettera d), D.Lgs. n. 152/2006) (articolo 293 e Allegato X alla Parte V del D.Lgs. n.<br />

152/2006, modificati), con le nuove sanzioni del caso (nuovo art. 296, D.Lgs. n. 152/2006). (in S.O. n. 228 alla Gazzetta Ufficiale del 9<br />

novembre 2007, n. 261 e nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

ENERGIA<br />

SINTESI.............................................................................................................................................................................................a pag. 115<br />

Progettazioneecocompatibilediprodottienergivori­Il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 201 rappresenta la normativa italiana<br />

attuativa della direttiva 2005/32/CE recante un quadro per l’immissione sul mercato, la messa in servizio e la libera circolazione dei prodotti<br />

che consumano energia, intendendo come tali «un prodotto che, dopo l’immissione sul mercato ovvero la messa in servizio, dipende da un<br />

input di energia… per funzionare secondo l’uso cui è destinato o un prodotto per la generazione, il trasferimento e la misurazione di tale<br />

energia, incluse le parti che dipendono da input di energia e che sono destinate ad essere incorporate in un prodotto che consuma energia<br />

(…), immesse sul mercato ovvero messe in servizio come parti a sé stanti per gli utilizzatori finali, e le cui prestazioni ambientali possono<br />

essere valutate in maniera indipendente» (art. 2, comma 1, lettera a). (in S.O. n. 228 alla Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2007, n. 261 e<br />

nella sezione“Notizienormative” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

RIFIUTI<br />

ARTICOLO...................................................................................................................................................................................... a pag. 105<br />

Manutenzione delle infrastrutture: la Cassazione si occupa dei rifiuti ­ L’art. 230, D.Lgs. n. 152/2006, prevede una<br />

disciplina speciale per i rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture. Sul tema è intervenuta la III sezione della<br />

Cassazione penale con la sentenza 5 settembre 2007, n. 33866, che, partendo da un caso di rifiuti vegetali sottoposti a un<br />

trattamento di triturazione (costituente già una fase di smaltimento), rileva come l’art. 230 del D.Lgs. n. 152/2006, nel prevedere<br />

un’eccezione alla regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione, sia<br />

12<br />

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11 dicembre 2007 ­ N. 23


RUBRICA<br />

SINTESI<br />

espressamente mirato a consentire l’effettuazione della «valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente,<br />

direttamente e oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento». Di conseguenza, questo<br />

dispositivo non si applica nel caso di rifiuti in alcun modo riutilizzabili.<br />

ARTICOLO...................................................................................................................................................................................... a pag. 107<br />

Il trasporto dei rifiuti via mare tra vecchie e nuove normative ambientali ­ Le semplificazioni previste per il trasporto marittimo di<br />

rifiuti (una su tutte l’esonero per i soggetti responsabili della detenzione dei rifiuti in ambito portuale dall’iscrizione nei relativi albi nazionali<br />

prevista per analoghe operazioni effettuate via terra) non deve fare dimenticare gli obblighi previsti dalla legislazione ambientale, come, ad<br />

es., la designazione di un responsabile delle operazioni di movimentazione dei rifiuti che deve essere facilmente individuabile anche dopo il<br />

completamento del ciclo del rifiuto stesso; e ancora, le Autorità Marittima e Portuale sono responsabili delle operazioni di imbarco e di<br />

movimentazione dei rifiuti in ambito portuale, attività per le quali possono essere affiancate dai professionisti che svolgono l’attività di<br />

chimico del porto quali ingegneri chimici, chimici industriali e chimici, che devono operare, pena la nullità delle certificazioni emesse,<br />

ciascuno nel rigoroso rispetto delle proprie competenze professionali.<br />

MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 117<br />

Scarti di lavorazione e insalubrità derivata dell’area ­ Il destinatario della normativa ambientalistica è il legale rappresentante dell’ente<br />

imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale la persona giuridica agisce nel campo delle relazioni intersoggettive. Tale compito discende<br />

dalla legge e non richiede espresso conferimento e comporta responsabilità penale perché il legale rappresentante, anche se non svolge mansioni<br />

tecniche, è pur sempre preposto alla gestione della società. Il predetto può trasferire ad altri soggetti tecnicamente preparati i compiti a lui demandati<br />

in base ad attribuzioni effettivamente delegate e volontariamente assunte e, in difetto di conferimento di valida delega, non può esimersi da<br />

responsabilità adducendo incompetenza tecnica oppure la lontananza del cantiere di lavoro dalla sede della società perché tali condizioni gli<br />

impongono di astenersi dall’assumere incarichi dirigenziali oppure di conferire in modo formale a esperti l’osservanza delle suddette norme.<br />

(Cassazione penale, sez. III, 17 ottobre 2007, n. 38272 e nella sezione“Documentazioneintegrativa” del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

MASSIMA E NOTA ..........................................................................................................................................................................a pag. 118<br />

Depositoincontrollatodirifiutiemodificazionedelterritorio­Per raggiungere il risultato di un equilibrato sviluppo degli interventi su<br />

tenitori vincolati, l’ articolo 163, decreto legislativo n. 490/1999 (ora articolo 181, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) stabilisce che<br />

le modifiche su di essi si svolgano secondo linee preordinate dall’autorità amministrativa; il reato si realizza con l’impedimento del preventivo<br />

controllo che, secondo la comune esperienza, pone in pericolo il paesaggio che è il bene giuridico tutelato in via mediata. Di conseguenza,<br />

integra la fattispecie di reato ogni modifica del territorio posta in essere senza la necessaria autorizzazione dell‘autorità preposta alla tutela<br />

del vincolo, dovendosi, pertanto, escludersi che solo con la costruzione di opere edilizie possa perfezionarsi l’illecito de quo. Il reato si<br />

configura con ogni intervento idoneo ad incidere, modificandolo, sull’originario assetto del territorio vincolato e, quindi, anche con la<br />

realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti. (Cassazione penale, sez. III, 18 ottobre 2007, n. 38495 e nella sezione“Documentazioneintegrativa”<br />

del sitowww.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

ARTICOLO...................................................................................................................................................................................... a pag. 111<br />

Inquinamentomarinodaidrocarburi:requisitieautorizzazioniperiprodotti­Iprodotti per fronteggiare lo sversamento in<br />

mare di idrocarburi (panne galleggianti e materiali in grado di rimuovere il petrolio per assorbimento o per absorbimento) devono<br />

sottostare a una complessa procedura di verifica prima di poter essere immessi sul mercato. Esito della prassi è l’ottenimento di<br />

una dichiarazione ministeriale di idoneità per arrivare alla quale i prodotti devono superare severe prescrizioni di istituti di ricerca e<br />

specifici test da parte di laboratori accreditati per determinare l’efficacia, la stabilità, la tossicità (acuta e cronica), la biodegradabilità<br />

e l’entità di bioaccumulo.<br />

DalleRegioni<br />

SINTESI............................................................................................................................................................................................ a pag. 120<br />

Delibere e leggi regionali ottobre­novembre 2007 ­ Tra le delibere e leggi regionali pubblicate nei mesi di ottobre e di<br />

novembre si segnalano la circolare Regione Lombardia 10 ottobre 2007, n. 30, sulle sorgenti radioattive ad alta attività, la<br />

determinazione della Giunta Regione Piemonte 22 ottobre 2007, n. 40, in materia di autorizzazioni di carattere generale per le<br />

emissioni in atmosfera da impianti di essiccazione di cereali e semi, la delibera della Giunta Provincia autonoma di Trento 22<br />

ottobre 2007, n. 3564, sui criteri e l’approvazione del Testo unico per la concessione di contributi per gli interventi di risparmio<br />

energetico e di utilizzo di fonti rinnovabili di energia e, infine, la delibera della Giunta Regione Puglia 15 ottobre 2007, n. 1641,<br />

inerente all’aggiornamento del Programma regionale per la tutela dell’ambiente.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

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13


RUBRICA<br />

OBBLIGHI,ADEMPIMENTI,SCADENZE<br />

acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma<br />

31<br />

DICEMBRE<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

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SCADENZARIO<br />

CONTRIBUTOCONSORTILEDEGLIOLIVEGETALIPERUSOALIMENTARE<br />

Il31dicembre2007scadeiltermineperilversamentotrimestraledelcontributodiriciclaggiodeglioliedei<br />

grassivegetalieanimaliesausti,daeffettuareafavoredelConsorzioobbligatorionazionalediraccoltaedi<br />

trattamentodeglioliedeigrassivegetalieanimaliesausti. (Art.2,D.M.27novembre2003)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Colorocheimmettonosulmercato<br />

nazionaleolivegetaliconfezionati,<br />

ancheimportati;checedonoolivegetalialleimpresecheliutilizzanocomeingredientidiprodotticomposti;<br />

che importano oli vegetali<br />

per utilizzarli direttamente come<br />

ingredientidiprodotticomposti<br />

Trimestrale 31marzo2008<br />

BATTERIEALPIOMBO:ANTICIPODELSOVRAPPREZZODIVENDITADELLEBATTERIEALPIOMBO<br />

Iproduttoriegliimportatoridibatteriealpiombo,nonchégliimportatoridibenicontenentibatteriealpiombo,devonoversare,entroil31dicembre2007,alCOBAT­Consorzioobbligatoriodellebatteriealpiombo<br />

esausteedeirifiutipiombosi­ilsovrapprezzounitariodivenditadellebatteriealpiombo,comedeterminato<br />

dall’art.1,D.M.16marzo2005,fornendo,inoltre,leinformazionipreviste.<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Produttorieimportatoridibatterie<br />

alpiombo,nonchéimportatoridi<br />

benicontenentibatteriealpiombo<br />

Trimestrale 31marzo2008<br />

ALBONAZIONALEGESTORIAMBIENTALI:CONTRIBUTOANNUALEPERL’ISCRIZIONENEIREGISTRISPECIALI<br />

Il31dicembre2007scadeilterminepereffettuareilversamentodeldirittoannualediiscrizioneneglispeciali<br />

registridell’Albonazionalegestoriambientali,relativamente,inparticolare,a:1)registrorelativoalleimprese<br />

firmatariediaccordiedicontrattidiprogrammaconlaPA,aisensidell’art.181,D.Lgs.n.152/2006;2)registro<br />

generaledelleimpreseautorizzateallagestionedirifiuti;3)registrodelleimpresecheeffettuanoattivitàdi<br />

smaltimentorifiutinonpericolosinelluogodiproduzionedeirifiutistessi,aisensidell’art.215,D.Lgs.n.152/<br />

2006;4)registrodelleimpresechesvolgonooperazionidirecuperodeirifiuti,aisensidell’art.216,D.Lgs.n.152/<br />

2006.Ilcontributo,previstodall’art.212,comma26,eart.214,comma7,D.Lgs.n.152/2006,èparia50euroe<br />

dovràessereversato,secondolemodalitàprevistedaunappositodecretoministeriale(daemanare),afavore<br />

dellacompetentesezioneregionaledell’Albo,laqualedovràprocedereaunacontabilizzazioneseparatadi<br />

questiversamenti,dadestinarsiallespeseperilfunzionamentodeglistessiregistri.<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Esercenti imprese iscritte all’Albo<br />

nazionale gestori ambientali nei<br />

registrispeciali<br />

Annuale 31dicembre2008<br />

EMISSIONIDIBIOSSIDODIZOLFO,OSSIDIDIAZOTO,COVEAMMONIACA:PROGRAMMANAZIONALEDIRIDUZIONE<br />

Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualeilMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>edellatuteladelterritorioedelmare<br />

deveinviare,allaCommissioneeuropea,ilprimoprogrammanazionaleperlariduzionedelleemissionidibiossido<br />

dizolfo,diossididiazoto,diCOVediammoniaca,comeprevistodall’art.5,comma2,D.Lgs.n.171/2004.<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e della<br />

Tuteladelterritorioedelmare<br />

Annuale 31dicembre2008<br />

IMPIANTIDIINCENERIMENTOEDICOINCENERIMENTO:ANALISIQUADRIMESTRALI<br />

Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualeigestoridiimpiantidiincenerimentoodicoincenerimento<br />

devonoeffettuarelamisurazioneperiodicadelleemissioniindicatenell’AllegatoI,paragrafoA,punti3e4,<br />

nonchédelleconcentrazionidiCO,NOx,SO2,polveritotali,TOC,HCleHFperlequalil’autoritàcompetente<br />

abbiaprescrittomisurazioniperiodiche.(Art.11,comma5,D.Lgs.n.133/2005).<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Gestoridiimpiantidiincenerimento Quadrimestrale 30aprile2008<br />

15


16<br />

SCADENZARIO<br />

31<br />

SETTEMBRE<br />

RUBRICA<br />

COMUNICAZIONETRIMESTRALESUGLIELETTRODOTTI<br />

Gliesercentidielettrodotticontensionedieserciziononinferiorea132kVdevonofornireagliorganidi<br />

controllo,secondolemodalitàfornitedaglistessi,12valoriperciascungiorno,corrispondentiaivalori<br />

medi delle correnti registrati ogni due ore nelle normali condizioni di esercizio. (Art. 5, comma 4,<br />

D.P.C.M.8luglio2003)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Esercenti di elettrodotti con tensione<br />

di esercizio non inferiore a<br />

132kV<br />

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Trimestrale 31marzo2008<br />

ISPEZIONIPROVINCIALIEINVIODEIRISULTATIDELLEOPERAZIONIDIRECUPERODEIRAEE<br />

CONPROCEDURESEMPLIFICATE<br />

Il 31 dicembre 2007 scade il termine entro il quale le Province devono effettuare l’ispezione annuale<br />

degli impianti esercenti attività di recupero dei RAEE con procedura semplificata ai sensi<br />

degliartt.31e33,dell’abrogatoD.Lgs.n.22/1997.Entrolastessadataleprovincedovrannoinviareirisultatidiquesteispezioniall’APAT,allaqualespetterà,inoltre,l’elaborazionediquestidati<br />

elatrasmissionealMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>edellatuteladelterritorioedelmare.(Art.8,commi<br />

5e8,D.Lgs.n.151/2006)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Province Annuale 31dicembre2008<br />

COMUNICAZIONEANNUALESULLEAPPARECCHIATUREELETTRICHEEDELETTRONICHE(AEE)IMMESSESULMERCATO<br />

IproduttoridiAEEdevonocomunicare,entroil31dicembre2007,alRegistronazionaledeisoggettiobbligatialtrattamentodeiRAEE,istituitopressoilMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>,lequantitàelecategoriediAEEimmessesulmercato,raccolte,reimpiegate,riciclateerecuperate,nonchéleindicazioni<br />

relative alle garanzie finanziarie previste dal D.Lgs. n. 151/2005. (Art. 13, comma 6,<br />

D.Lgs.n.151/2006)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Produttori di apparecchiature<br />

elettricheedelettroniche(AEE)<br />

Annuale 31dicembre2008<br />

AEEIMMESSESULMERCATOCONMEZZIDICOMUNICAZIONEADISTANZA<br />

IproduttoridiAEEimmessesulmercato,avvalendosidimezzidicomunicazioneadistanza,devono<br />

comunicare, entro il 31 dicembre 2007, al Registro nazionale dei soggetti obbligati al trattamento<br />

dei RAEE, istituito presso il Ministero dell’<strong>Ambiente</strong>, le quantità e le categorie di AEE immessesulmercatodelloStatoincuirisiedel’acquirente,nonchélemodalitàdiadempimentodell’obbligodifinanziamentodellagestionedeiRAEEstoriciprovenientidainucleidomestici.<br />

(Art.<br />

13,comma7,D.Lgs.n.151/2006)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Produttori di apparecchiature<br />

elettriche ed elettroniche (AEE)<br />

immesse sul mercato avvalendosi<br />

di mezzi di comunicazione a distanza<br />

Annuale 31dicembre2008<br />

RELAZIONEANNUALESULL’AUTORIZZAZIONEINTEGRATAAMBIENTALE(AIA)<br />

Le “autorità competenti” devono comunicare, entro il 31 dicembre 2007, al Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />

e della Tutela del territorio e del mare, i dati concernenti le domande ricevute di AIA, le<br />

autorizzazionirilasciateeisuccessiviaggiornamenti,nonchéunrapportosullesituazionidimancatorispettodelleprescrizionidell’autorizzazioneintegrataambientale(Art.13,comma2,D.Lgs.<br />

n.59/2005)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

AutoritàindividuatedalleRegioni<br />

o dalle Province autonome per rilasciare<br />

l’autorizzazione integrata<br />

ambientale (AIA) di competenza<br />

nonstatale<br />

Annuale 31dicembre2008<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


31<br />

DICEMBRE<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

RUBRICA<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

SCADENZARIO<br />

AGGIORNAMENTODEICATALOGHIPUBBLICIEPIANODIACCESSOALLEINFORMAZIONIINMATERIAAMBIENTALE<br />

Il31dicembre2007scadeiltermineperprocedere,dapartedituttele“autoritàpubbliche”,all’aggiornamentodelcatalogopubblicodelleinformazioniambientalidallestessedetenute,nonchéperaggiornareilpianopredispostoalfinedirendere“l’informazioneambientale”progressivamentedisponibilesubanchedatielettroniche.(Artt.4,comma1,e8,comma2,D.Lgs.n.195/2005)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Tutte le amministrazioni pubbliche<br />

statali, regionali, locali, le<br />

aziende autonome e speciali, gli<br />

enti pubblici e i concessionari di<br />

pubblici servizi, nonché ogni persona<br />

fisica o giuridica che svolga<br />

funzioni pubbliche connesse alle<br />

tematicheambientalioesercitiresponsabilità<br />

amministrative sotto<br />

ilcontrollodiunorganopubblico<br />

Annuale 31dicembre2008<br />

SMALTIMENTODEIRIFIUTIINDISCARICA<br />

Il31dicembre2007scadeilterminefinoalqualelediscarichegiàautorizzateall’entratainvigoredel<br />

D.Lgs.n.36/2003possonocontinuarearicevereirifiutipercuisonostateautorizzate.Finoallastessadata<br />

èconsentitolosmaltimentonellenuovediscariche,inosservanzaalledisposizionidelladeliberainterministeriale27luglio1984,art.6,D.P.R.8agosto1994econnessedeliberazioniregionali:a)nellediscaricheper<br />

irifiutiinerti,irifiutiprecedentementeavviatiadiscarichediIIcategoria,TipoA;b)nellediscaricheperi<br />

rifiutinonpericolosi,irifiutiprecedentementeavviatiallediscarichediIediIIcategoria,tipoB;c)nelle<br />

discaricheperirifiutipericolosi:irifiutiprecedentementeavviatiallediscarichediIIcategoria,tipoC,eIII<br />

categoria.(Art.17,commi1e2,D.Lgs.n.36/2003,modificatodall’art.1,comma184,leggen.296/2006).<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Chiunque ­ ­<br />

DIRITTOALRICONOSCIMENTO/CONCESSIONEDIACQUAETERMINEPERLADENUNCIADEIPOZZI<br />

Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualepoterfarvalere,apenadidecadenza,aisensidegli<br />

artt.3e4,R.D.n.1775/1933,ildirittoalriconoscimentooallaconcessionediacquechehannoassunto<br />

naturapubblicaanormadell’art.1,comma1,leggen.36/1994(cosiddetta“leggeGalli”),nonchéperla<br />

presentazionedelledenuncedeipozziexart.10,D.Lgs.n.275/1993.Inquesticasiicanonidemaniali<br />

avrannodecorrenzaretroattivadal10agosto1999.(Art.96,comma7,D.Lgs.n.152/2006,modificato<br />

dall’art.2,comma1,D.L.n.300/2006,convertitoconmodificazioniinleggen.17/2007)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Proprietari,possessorioutilizzatoridipozziesistentiall’entratainvigoredelD.Lgs.n.275/1993.<br />

­ ­<br />

GALLERIEFERROVIARIE:RELAZIONEDISICUREZZAANNUALE<br />

Il31dicembre2007scadeiltermineentroilqualeil“responsabiledigalleria”deveredigereil«Rapportodi<br />

sintesisullasicurezzadellagalleria»incollaborazioneconilresponsabiledellasicurezza,trasmettendolo,<br />

inoltre,algestoredell’infrastruttura.Entrolostessotermine,iresponsabilidellegalleriedovrannoanche<br />

procedereallacompilazionedella«Relazioneannualesullostatodell’infrastrutturaedegliimpiantinonchésuglieventipericolosiesugliincidenti»,fornendoneunavalutazioneeindicandogliinterventiadottatiodaadottare,conpedissequatrasmissionedalgestoredell’infrastrutturaalMinisterodelleInfrastrutture.(Art.6,comma2,letterae),eart.14,comma1,D.M.28ottobre2005)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Responsabiledigalleria Annuale 31dicembre2008<br />

GASAEFFETTOSERRA:FINEDELPERIODODIEQUIPOLLENZAPERLEAUTORIZZAZIONIPREESISTENTI<br />

Il31dicembre2007scadeilterminefinoalqualeleautorizzazionirilasciateaisensidell’art.1,D.L.<br />

n.273/2004,convertitoinleggen.316/2004,potevanoconsiderarsiequipollentiaquellepreviste<br />

dall’art.4,D.Lgs.n.216/2006.(Art.27,comma4,D.Lgs.n.216/2004)<br />

SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMASCADENZA<br />

Chiunque ­ ­<br />

17


RIR,MOTORIEPRODOTTIDACOSTRUZIONE:<br />

LEULTIMENOVITÀINMATERIADIANTINCENDIO<br />

DalMinisterodell’InternoedallaRegioneLombardia,leultimedisposizioniinmateriaantincendio.<br />

Inparticolare:<br />

l il decreto del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007, «Approvazionedellaregolatecnicadiprevenzioneincendiperlainstallazione<br />

di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice<br />

elettrica o a macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali,<br />

agricole,artigianali,commercialiediservizi»;<br />

l il decreto del Ministero dell’Interno 25 ottobre 2007, «Modifichealdecreto10marzo2005,concernente“Classidireazionealfuoco<br />

per i prodotti da costruzione da impiegarsi nelle opere per le quali è<br />

prescrittoilrequisitodellasicurezzaincasod’incendio»;<br />

l ladeliberadellaGiuntaRegioneLombardia5ottobre2007,n.<br />

8/5469,«SchemadiAccordoconilMinisterodell’Interno­DipartimentodeiVigilidelFuoco,delSoccorsoPubblicoedellaDifesaCivileperla<br />

collaborazionenelleattivitàrelativealcontrollosulleaziendearischio<br />

diincidenterilevante(D.Lgs.n.334/1999esegg.mm.edii.)»<br />

Contributi di:<br />

• Marco Albanese<br />

• Stefano Marsella<br />

• Walter Restani


ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

SPECIALE<br />

Non sono previsti adeguamenti per gli impianti preesistenti al nuovo D.M. 22 ottobre 2007<br />

Motori a combustione interna:<br />

la prevenzione incendi per l’installazione<br />

diMarcoAlbanese, ResponsabileUfficioSalute,<strong>Sicurezza</strong>e<strong>Ambiente</strong>-RimessaggiodelTirrenoS.r.l.<br />

IlMinisterodell’Interno,<br />

condecreto22ottobre2007,<br />

haapprovatolaregolatecnica<br />

diprevenzioneincendi<br />

perl’installazionedimotori<br />

acombustioneinternaaccoppiati<br />

aunamacchinageneratrice<br />

elettricaoaunamacchina<br />

operatriceaserviziodiattività<br />

civili,industriali,agricole,<br />

artigianali,commerciali<br />

ediservizi.Iltestodeldecreto<br />

riportaicriteridisicurezzacontro<br />

irischidiincendioediesplosione<br />

chepossonointeressare<br />

leinstallazioniterrestrifisse<br />

emobili.Nell’Allegatoaldecreto<br />

laregolatecnicaapprovata.<br />

20<br />

Con la pubblicazione del decreto<br />

del Ministero dell’Interno<br />

22 ottobre 2007 [1] è stata emanata<br />

la nuova regola tecnica di prevenzione<br />

incendi per l’installazione<br />

dei motori a combustione interna accoppiati<br />

a una macchina generatrice<br />

elettrica o a una macchina operatrice<br />

a servizio di attività civili, industriali,<br />

agricole, artigianali, commerciali e di<br />

servizi.<br />

Di fatto, con questo atto, sono stati<br />

definiti i nuovi criteri di sicurezza<br />

contro i rischi d’incendio e di esplosione<br />

inerenti alle installazioni. Si<br />

tratta di un aggiornamento della preesistente<br />

normativa che non teneva<br />

pienamente in considerazione le nuove<br />

tecnologie utilizzate per la costruzione<br />

dei motori a combustione interna<br />

accoppiati a una macchina generatrice<br />

elettrica o a una macchina operatrice,<br />

e non garantiva il completo<br />

allineamento delle regole nazionali<br />

con quelle emanate a livello europeo.<br />

La nuova regola tecnica entrerà in<br />

vigore il 1° gennaio 2008 (sessantesimo<br />

giorno successivo alla data di pubblicazione<br />

nella Gazzetta Ufficiale).<br />

IlD.M.22ottobre2007<br />

Il decreto del Ministero dell’Interno<br />

22 ottobre 2007 è costituito di sei<br />

articoli e da un allegato, all’interno<br />

del quale è contenuta la nuova regola<br />

di prevenzione incendi.<br />

Il nuovo provvedimento si applica<br />

solo alle installazioni di nuova realizzazione<br />

e ha stabilito i criteri di sicu-<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

rezza, contro i rischi d’incendio e di<br />

esplosione, inerenti alle installazioni<br />

terrestri fisse e mobili di motori a<br />

combustione interna accoppiati a<br />

macchine generatrici di energia elettrica<br />

o macchine operatrici con potenza<br />

elettrica complessiva compresa<br />

tra 25 kW e 2.500 kW, a servizio di<br />

attività civili, industriali, agricole, artigianali,<br />

commerciali e di servizi<br />

(art. 1, comma 1).<br />

Al contrario, quanto disposto dal<br />

nuovo provvedimento non riguarda<br />

le installazioni inserite in processi di<br />

produzione industriale e quelle antincendio,<br />

le stazioni elettriche, le centrali<br />

idroelettriche, le dighe e i ripetitori<br />

radio e, infine, le installazioni<br />

impiegate per il movimento di qualsiasi<br />

struttura, per le quali, però, costituisce<br />

comunque un utile riferimento<br />

in caso di installazione di<br />

gruppi elettrogeni annessi (art. 1,<br />

comma 2).<br />

Nel caso delle installazioni esistenti,<br />

non è richiesto alcun adeguamento<br />

per gli impianti esistenti alla<br />

data di entrata in vigore del decreto, a<br />

condizione che queste siano in regola<br />

con la preesistente normativa.<br />

Al fine di salvaguardare le persone<br />

e i beni in caso di incendio, gli<br />

impianti oggetto del campo di applicazione<br />

del nuovo provvedimento<br />

ministeriale devono essere realizzati<br />

in modo tale che sia evitata la fuoriuscita<br />

accidentale di carburante, che<br />

siano limitati i danni alle persone e ai<br />

beni e che sia garantita ai soccorritori<br />

[1] «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la installazione di motori a combustione interna accoppiati a<br />

macchina generatrice elettrica o a macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di<br />

servizi», in Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 2007, n. 256.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


la possibilità di operare in condizioni<br />

di sicurezza. È proprio per il raggiungimento<br />

di questi obiettivi che il<br />

Ministero dell’Interno ha approvato<br />

la regola tecnica di prevenzione incendi,<br />

contenuta nell’Allegato al<br />

D.M. 22 ottobre 2007 (art. 4, «Disposizioni<br />

tecniche»).<br />

Per quanto concerne la sicurezza<br />

degli apparecchi e dei relativi dispositivi,<br />

l’art. 5 fa esplicito riferimento<br />

alle norme di buona tecnica, stabilendo<br />

che, ai fini della salvaguardia e<br />

della sicurezza antincendio, gli apparecchi<br />

e i relativi dispositivi devono<br />

essere costruiti secondo la legislazione<br />

vigente e la normativa di buona<br />

tecnica.<br />

L’articolato del decreto termina<br />

con le disposizioni finali di cui all’art.<br />

6, per le quali sono abrogate le<br />

precedenti disposizioni di prevenzione<br />

incendi impartite dal Ministero<br />

dell’Interno. A questo proposito, è<br />

dato particolare risalto all’abrogazione<br />

delle circolari del Ministero dell’Interno<br />

31 agosto 1978, n. 31/<br />

MI.SA, e 8 luglio 2003, n. 12.<br />

Laregolatecnica<br />

Termini e definizioni<br />

L’Allegato al decreto del Ministero<br />

dell’Interno 22 ottobre 2007, nel<br />

quale è contenuta la nuova regola<br />

tecnica di prevenzione incendi per la<br />

installazione di motori a combustione<br />

interna accoppiati a una macchina<br />

generatrice elettrica o a una macchina<br />

operatrice, è costituito da quattro<br />

titoli. Nel primo titolo sono trattati<br />

aspetti di carattere generale, quali la<br />

terminologia, le definizioni, e le tolleranze<br />

dimensionali. In effetti, ai<br />

fini delle disposizioni contenute nella<br />

regola tecnica, si applicano i termini,<br />

le definizioni e le tolleranze dimensionali<br />

approvati con il decreto del<br />

Ministero dell’Interno 30 novembre<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

SPECIALE<br />

1983 [2] . Sono ribadite, comunque, alcune<br />

definizioni come quelle inerenti<br />

alla capacità di un serbatoio, alle<br />

condotte di adduzione del carburante,<br />

al gruppo elettrogeno, all’installazione<br />

rimovibile, ai locali, alla potenza,<br />

ai serbatoi, ai sistemi di contenimento<br />

e a quelli di rabbocco. È importante<br />

evidenziare che, per quanto<br />

concerne la definizione di carburante<br />

di alimentazione, è fatto esplicito riferimento<br />

alla classificazione di cui<br />

al decreto del Ministero dell’Interno<br />

31 luglio 1934 e successive modifiche<br />

[3] .<br />

L’installazione<br />

Secondo quanto disposto dal titolo<br />

II, Capo I, i gruppi elettrogeni possono<br />

essere collocati sia all’aperto,<br />

sia in locali esterni, sia in fabbricati o<br />

in strutture destinati anche ad altro<br />

uso o inseriti nella volumetria del<br />

fabbricato servito. Nel caso di istallazione<br />

negli edifici, i gruppi possono<br />

essere ubicati all’interno dei locali<br />

appartenenti ai piani fuori terra. Per i<br />

gruppi alimentati a carburante liquido<br />

di categoria C o a gas (con densità,<br />

rispetto all’aria, non superiore a<br />

0,8) è possibile prevederne l’ubicazione<br />

al primo piano interrato, solo<br />

se, però, il piano di calpestio del locale<br />

si trova, al massimo, 5 metri<br />

sotto il piano di riferimento. Al contrario,<br />

l’installazione dei gruppi alimentati<br />

a GPL è consentita solo nei<br />

locali fuori terra e non comunicanti<br />

con altri locali interrati.<br />

All’interno del volume degli edifici<br />

di altezza in gronda superiore a 24<br />

metri possono essere installati solo<br />

gruppi alimentati con carburanti liquidi<br />

di categoria C; in questo caso,<br />

il serbatoio dovrà avere una capacità<br />

non superiore a 120 l. Invece, gli impianti<br />

alimentati a gas di rete o a<br />

metano possono essere installati in<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

questa tipologia di edificio solo nel<br />

caso in cui siano posizionati sul terrazzo<br />

più elevato o sui terrazzi intermedi<br />

che presentano le caratteristiche<br />

di spazio scoperto.<br />

L’installazione degli impianti alimentati<br />

con carburante di tipo gassoso<br />

o liquido di categoria A o B negli<br />

edifici destinati, in tutto o in parte, a<br />

luoghi di pubblica utilità (cinema, teatro,<br />

sale riunione, scuole, chiese,<br />

ospedali ecc.), è consentita esclusivamente<br />

in locali non sottostanti e non<br />

contigui ad ambienti destinati all’affluenza<br />

del pubblico o al raggruppamento<br />

di persone o al passaggio di<br />

gruppi di persone. Al riguardo, inoltre,<br />

è opportuno precisare che questa<br />

disposizione deve essere particolarmente<br />

rispettata nel caso di attività<br />

soggette ai controlli di prevenzione<br />

incendi di cui ai punti 51, 75, 83, 84,<br />

85, 86, 87, 89, 90, 92 e 94, decreto<br />

del Ministero dell’Interno 16 febbraio<br />

1982 [4] .<br />

Il Capo I, Titolo II, prosegue esaminando<br />

il caso in cui, nelle installazioni,<br />

sia utilizzato un serbatoio incorporato<br />

o di servizio. In questa<br />

evenienza deve essere previsto un sistema<br />

di contenimento del carburante.<br />

Nel caso in cui non sia contemplato<br />

il serbatoio incorporato o di servizio,<br />

deve essere realizzato comunque<br />

un bacino di contenimento o una vasca<br />

di raccolta che circoscriva il<br />

gruppo elettrogeno, avente capacità<br />

di almeno 120 l.<br />

La regola tecnica ha stabilito che<br />

nello stesso locale possano essere sistemati<br />

due o più gruppi, purché la<br />

potenza complessiva massima non risulti<br />

superiore a 2.500 kW (punto<br />

2.7, capo I, titolo II).<br />

Infine, in un locale nel quale sono<br />

stati installati gruppi alimentati con<br />

carburante di categoria C è possibile<br />

l’installazione di impianti di produ-<br />

[2] «Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi», in Gazzetta Ufficiale del 12 dicembre 1983, n. 339.<br />

[3] «Approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l’immagazzinamento, l’impiego o la vendita di oli minerali e per il<br />

trasporto degli oli stessi», in Gazzetta Ufficiale 28 settembre 1934, n. 228.<br />

[4] «Modificazioni del decreto ministeriale 27 settembre 1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di<br />

prevenzione incendi», in Gazzetta Ufficiale 9 aprile 1982, n. 98.<br />

21


ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

zione di calore, alimentati anch’essi<br />

con combustibile di categoria C, a<br />

condizione che i serbatoi incorporati<br />

o di servizio dei gruppi non superino<br />

complessivamente i 120 l. In queste<br />

circostanze, le distanze laterali tra i<br />

gruppi e gli impianti di produzione di<br />

calore devono essere quelle indicate<br />

dai fabbricanti delle rispettive macchine,<br />

necessarie per lo svolgimento<br />

delle attività di manutenzione, e, comunque,<br />

non inferiori a 0,60 m.<br />

Le istallazioni all’aperto<br />

Le installazioni all’aperto devono<br />

essere realizzate a una distanza non<br />

inferiore a 3 metri dai depositi di sostanze<br />

combustibili, con l’unica eccezione<br />

dei depositi necessari per alimentare<br />

le installazioni stesse. Inoltre,<br />

i luoghi aventi caratteristiche di<br />

spazio scoperto possono contenere le<br />

installazioni solo se costruiti a questo<br />

scopo oppure se sono adeguatamente<br />

protetti dagli agenti atmosferici secondo<br />

quanto definito dal costruttore.<br />

Per quanto concerne la zona circostante<br />

l’installazione all’aperto, la regola<br />

tecnica prevede che i gruppi siano<br />

contornati da un’area avente profondità<br />

non minore di 3 metri e che<br />

la stessa sia priva di materiali o di<br />

vegetazione che possano costituire<br />

pericolo di incendio. Inoltre, nel caso<br />

in cui l’installazione sia prevista sulla<br />

copertura di un edificio, i gruppi devono<br />

poggiare obbligatoriamente<br />

sulle strutture, portanti e separanti,<br />

aventi una resistenza al fuoco non<br />

inferiore a REI 120.<br />

Stabilite le regole per le installazioni<br />

all’aperto, con il capo III, titolo<br />

II, sono definite le disposizioni tecniche<br />

per le installazioni in locali<br />

esterni. Questi locali devono essere<br />

realizzati a uso esclusivo del gruppo<br />

e dei relativi accessori. Inoltre, i locali<br />

esterni devono essere realizzati con<br />

materiali di classe 0 di reazione al<br />

22<br />

SPECIALE<br />

fuoco, ovvero classe A1, A1FL,<br />

A1L, ai sensi del decreto del Ministero<br />

dell’Interno 15 marzo 2005 [5] .<br />

In merito alla loro ubicazione, questi<br />

locali devono soddisfare i requisiti<br />

previsti dal titolo II, capo I. Per quanto<br />

concerne le dimensioni, invece, è<br />

ribadito il rispetto delle disposizioni<br />

definite al capo IV, comma 1, lettera<br />

c). Anche per la ventilazione è richiesto<br />

il rispetto di disposizioni contenute<br />

nel seguito dell’allegato al decreto.<br />

In particolare, le aperture di ventilazione<br />

non devono essere inferiori a<br />

quelle stabilite al capo IV, comma 1,<br />

lettera f).<br />

Nel caso in cui i locali siano realizzati<br />

sulla copertura dell’edificio, i<br />

gruppi devono sempre poggiare su<br />

strutture portanti e separanti, aventi<br />

una resistenza al fuoco non inferiore<br />

a REI 120. Per quanto concerne l’accesso,<br />

i locali esterni possono essere<br />

realizzati prevedendo che il passaggio<br />

avvenga sia direttamente dall’esterno,<br />

sia dai locali comuni interni<br />

del fabbricato servito, purché siano<br />

rispettate le modalità previste nel<br />

capo IV, comma 1, lettera d).<br />

Le installazioni interne<br />

Per le installazioni in fabbricati o<br />

in strutture destinati anche ad altro<br />

uso o in locali inseriti nella volumetria<br />

del fabbricato servito, il locale<br />

deve avere almeno una parete (di<br />

lunghezza non inferiore al 15% del<br />

perimetro) confinante con uno spazio<br />

scoperto o, nel caso di locali interrati,<br />

con una intercapedine a uso esclusivo,<br />

di sezione orizzontale netta non<br />

inferiore a quella richiesta per l’aerazione<br />

e, inoltre, larga non meno di<br />

0,6 m e attestata, superiormente, su<br />

uno spazio scoperto o su strada scoperta.<br />

Nel caso in cui la parete fosse attestata<br />

su una intercapedine, questa<br />

deve essere a esclusivo servizio del<br />

[5] «Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di<br />

prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo», in Gazzetta Ufficiale 30 marzo 2005, n. 73. Per maggiori<br />

informazioni si veda, dello stesso Autore, Prodotti da costruzione: nuove disposizioni in materia di prevenzione incendi, in<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 9/2005, pag. 60.<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

locale dove è installato il gruppo. È<br />

comunque ammesso che questa intercapedine<br />

possa essere anche a servizio<br />

dei locali in cui sono installati i<br />

relativi accessori, compresi i quadri<br />

elettrici. Nel caso in cui la parete fosse<br />

attestata su un terrapieno, il dislivello<br />

fra la quota del piano di campagna<br />

e il soffitto del locale deve essere<br />

almeno di 0,60 m, al fine di<br />

consentire la realizzazione di aperture<br />

di aerazione, le quali dovranno immettere<br />

a cielo libero e avere altezza<br />

non inferiore a 0,50 m.<br />

Per quanto concerne le strutture<br />

dei locali, orizzontali e verticali, devono<br />

avere caratteristiche di resistenza<br />

al fuoco di almeno R/REI-EI 120.<br />

L’altezza libera interna, dal pavimento<br />

al soffitto, non deve essere inferiore<br />

a 2,50 m, con un minimo di<br />

2,00 m sottotrave. Le distanze tra un<br />

qualsiasi punto esterno dei gruppi e<br />

dei relativi accessori e le pareti verticali<br />

e orizzontali del locale, nonché<br />

le distanze tra i gruppi installati nello<br />

stesso locale, devono poter consentire<br />

l’accessibilità agli organi di regolazione,<br />

di sicurezza e di controllo.<br />

Ovviamente, queste distanze devono<br />

assicurare l’esistenza dello spazio necessario<br />

per svolgere le attività di<br />

manutenzione, secondo quanto prescritto<br />

dal costruttore del gruppo.<br />

È posta particolare attenzione sugli<br />

accessi e sulle comunicazioni. Infatti,<br />

la regola tecnica ha previsto che<br />

l’accesso al locale può avvenire direttamente<br />

dall’esterno, da spazio<br />

scoperto, oppure tramite disimpegno<br />

aerato dall’esterno, con aperture di<br />

aerazione non inferiori a 0,30 m 2 .<br />

Queste aperture devono essere realizzate<br />

su una parete attestata su spazio<br />

scoperto, su strada scoperta o su intercapedine<br />

antincendio o, in alternativa,<br />

a mezzo di un condotto realizzato<br />

in materiale incombustibile e di<br />

sezione non inferiore a 0,10 m 2 , in<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


grado di assicurare una adeguata<br />

ventilazione del locale di disimpegno.<br />

Per quanto concerne la resistenza<br />

al fuoco, la struttura e le porte del<br />

disimpegno non devono essere inferiori<br />

a REI 60’.<br />

Per gli impianti installati in edifici<br />

destinati a luoghi di pubblica utilità<br />

(cinema, teatro, sale riunione, scuole,<br />

chiese, ospedali ecc.) o in edifici<br />

aventi altezza antincendio superiore a<br />

24 metri, l’accesso al locale deve essere<br />

realizzato direttamente da uno<br />

spazio scoperto oppure da una intercapedine<br />

antincendio a servizio<br />

esclusivo del locale stesso, indipendentemente<br />

dall’inserimento nella<br />

volumetria dell’edificio.<br />

In ogni caso, il locale non deve<br />

avere apertura di comunicazione diretta<br />

con locali destinati ad altri usi.<br />

Sono consentite, invece, le aperture<br />

verso locali destinati ad accogliere<br />

quadri elettrici di controllo e di manovra<br />

a servizio del gruppo.<br />

Le porte del locale devono aprirsi<br />

verso l’esterno, essere incombustibili<br />

e munite di dispositivo di autochiusura.<br />

Altre disposizioni, sempre inerenti<br />

alle caratteristiche costruttive del locale,<br />

riguardano la ventilazione dello<br />

stesso.<br />

Le aperture di aerazione devono<br />

avere una superficie non inferiore a<br />

1/30 della superficie in pianta del locale<br />

e, comunque, non inferiore a<br />

0,10 m 2 per impianti di potenza elettrica<br />

fino a 400 kW. Mentre, per gli<br />

impianti di potenza elettrica superiore<br />

a 400 kW, la superficie minima è<br />

calcolata nella misura di 12,5 cm 2 per<br />

ogni kW di potenza elettrica installata.<br />

Nel caso di locali interrati, è importante<br />

evidenziare che queste superfici<br />

devono essere maggiorate del<br />

25%. Infine, per i gruppi alimentati a<br />

GPL, la superficie di ventilazione deve<br />

essere non inferiore a 1/20 della<br />

superficie in pianta, di cui il 50%<br />

distribuita in basso a filo pavimento.<br />

I gruppi<br />

L’Allegato al D.M. 22 ottobre<br />

2007, al capo I, Titolo III, ha evi-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

SPECIALE<br />

denziato che il gruppo, se soggetto<br />

alle disposizioni previste dalla “direttiva<br />

macchine”, deve essere dotato<br />

di marcatura CE e di dichiarazione<br />

CE di conformità. Proseguendo<br />

con le disposizioni concernenti<br />

i «Gruppi», l’utilizzatore ha<br />

l’obbligo di conservare e, in caso<br />

di controllo, di mettere a disposizione<br />

dell’organo di vigilanza, la<br />

copia della dichiarazione CE di<br />

conformità. Ovviamente, i dispositivi<br />

e i materiali accessori dovranno<br />

essere anch’essi certificati secondo<br />

le normative vigenti.<br />

Alimentazioni<br />

L’alimentazione dei motori del<br />

gruppo elettrogeno può avvenire da<br />

un deposito di gas, da una condotta<br />

interna di stabilimento o da una derivata<br />

dalla cabina di riduzione. In<br />

questi casi, la pressione di alimentazione<br />

non deve superare il valore di<br />

50 kPa. In presenza di alimentazioni<br />

a gas deve essere previsto un dispositivo<br />

manuale di intercettazione, situato<br />

in posizione facilmente raggiungibile<br />

e adeguatamente segnalato. Inoltre,<br />

deve essere inserito un dispositivo<br />

a comando elettrico e a ripristino<br />

manuale per consentire l’intercettazione<br />

del gas in caso di emergenza.<br />

Questi dispositivi devono necessariamente<br />

essere posizionati all’esterno<br />

del locale del gruppo elettrogeno.<br />

Per quanto concerne le tubazioni,<br />

l’impianto interno di alimentazione<br />

deve essere realizzato in acciaio e<br />

posizionato a vista. Nel caso siano<br />

necessari attraversamenti di muri, le<br />

tubazioni devono essere poste in una<br />

guaina sigillata verso la parete interna<br />

del locale.<br />

Prima di mettere in servizio<br />

l’impianto di distribuzione interna<br />

del gas, è necessario verificarne accuratamente<br />

la tenuta. A questo<br />

scopo, l’impianto deve essere provato<br />

con aria o con gas inerte, a una<br />

pressione pari almeno al doppio<br />

della pressione normale di esercizio.<br />

Questa prova deve essere estesa<br />

sia alla tubazione rigida sia alla<br />

tubazione flessibile.<br />

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ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

Per quest’ultima, inoltre, il collegamento<br />

tra il gruppo elettrogeno e il<br />

terminale dell’impianto di alimentazione<br />

deve essere realizzato con un<br />

tratto di tubo metallico flessibile, con<br />

caratteristiche adeguate alla pressione<br />

di esercizio.<br />

I regolatori di pressione, posizionati<br />

all’interno del locale, possono<br />

essere muniti di valvole di sicurezza.<br />

In questo caso, le valvole di<br />

sicurezza dovranno essere dotate di<br />

un tubo di sfogo con l’estremità posta<br />

all’esterno del locale o dell’edificio<br />

a non meno di 1,50 m da qualsiasi<br />

apertura o presa d’aria.<br />

Per quanto concerne i dispositivi<br />

di sicurezza, devono esserne previsti<br />

almeno tre:<br />

l un dispositivo automatico di arresto<br />

del motore (per bassa o alta pressione<br />

del gas di alimentazione);<br />

l un rilevatore di presenza gas all’interno<br />

del locale (che deve comandare<br />

l’intercettazione del gas all’esterno<br />

del locale);<br />

l infine, un dispositivo di arresto<br />

del gas a motore fermo.<br />

Sono specificate, inoltre, le disposizioni<br />

concernenti le alimentazioni<br />

a carburante liquido. Il gruppo può<br />

essere alimentato sia direttamente<br />

dal serbatoio di deposito, sia attraverso<br />

un serbatoio incorporato o di<br />

servizio. L’alimentazione del serbatoio<br />

incorporato o di servizio deve<br />

avvenire per circolazione forzata.<br />

Nel caso di serbatoio incorporato,<br />

questo deve essere saldamente ancorato<br />

all’intelaiatura, protetto contro<br />

gli urti, le vibrazioni e il calore, e<br />

ogni motore non può averne più di<br />

uno. Inoltre, nel caso di carburante<br />

di categoria C, la capacità del<br />

serbatoio incorporato non può eccedere<br />

i 2.500 l; nel caso di alimentazione<br />

con carburante di categoria A<br />

o B, la capacità del serbatoio non<br />

può eccedere i 120 l.<br />

Per il serbatoio di servizio, che<br />

deve essere realizzato con materiale<br />

incombustibile, la capacità non deve<br />

essere superiore a 2.500 l per carburanti<br />

di categoria C, e a 120 l per<br />

carburanti di categoria A o B.<br />

23


ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

Per i serbatoi incorporati o di servizio<br />

non alimentati dal serbatoio di<br />

deposito, il rifornimento deve avvenire<br />

necessariamente a gruppo fermo.<br />

Nel caso di gruppi con serbatoi<br />

di capacità superiore a 120 l, installati<br />

nella volumetria dei fabbricati, il<br />

rifornimento deve avvenire tramite<br />

un sistema di tubazioni fisse aventi<br />

origine all’esterno degli edifici. Inoltre,<br />

questi serbatoi devono essere dotati<br />

di valvola limitatrice di carico al<br />

90% della capacità dei medesimi.<br />

Nel caso in cui il gruppo sia alimentato<br />

con carburante di categoria<br />

C, da serbatoio incorporato di capacità<br />

inferiore a 120 l, il rifornimento<br />

del serbatoio può avvenire con recipienti<br />

portatili del tipo approvato secondo<br />

la normativa vigente.<br />

La capacità complessiva dei serbatoi<br />

incorporati o di servizio, presenti<br />

all’interno del locale nel quale sono<br />

installati i gruppi, non deve essere superiore<br />

a 2500 l, nel caso di carburante<br />

di categoria C, e di 120 l, nel caso<br />

di carburante di categoria A o B.<br />

Ai serbatoi di deposito, interrati o<br />

fuori terra, all’interno o all’esterno di<br />

edifici, deve essere applicata la disciplina<br />

prevista dal decreto del Ministero<br />

dell’Interno 28 aprile 2005 [6] .<br />

Inoltre, i serbatoi di deposito di carburante<br />

delle categorie A e B non<br />

possono essere sistemati all’interno<br />

dei locali o sui terrazzi e la loro installazione<br />

è disciplinata dalle norme<br />

di cui al decreto del Ministro dell’Interno<br />

31 luglio 1934 [7] .<br />

Controllo dei flussi<br />

In merito ai dispositivi di controllo<br />

del flusso del carburante, nel caso in<br />

cui sia previsto l’uso di un serbatoio<br />

di deposito a una quota uguale o inferiore<br />

a quella del gruppo, i serbatoi<br />

incorporati o di servizio devono essere<br />

muniti di una tubazione di scarico<br />

24<br />

SPECIALE<br />

del troppo pieno nel serbatoio di deposito.<br />

Questa condotta, che deve essere<br />

priva di valvole o di saracinesche<br />

di qualsiasi genere, non deve presentare<br />

impedimenti al naturale deflusso<br />

verso il serbatoio di deposito. Inoltre,<br />

il sistema di rabbocco dei serbatoi incorporati<br />

o di servizio deve essere<br />

munito di dispositivi di sicurezza<br />

(di intercettazione del flusso, di arresto<br />

delle pompe di alimentazione, di<br />

allarme ottico e acustico) che intervengono<br />

automaticamente sia quando<br />

il livello del carburante nei serbatoi<br />

supera quello massimo consentito, sia<br />

nel caso di versamento di liquidi nel<br />

sistema di contenimento. In alternativa,<br />

è possibile prevedere una condotta<br />

di deflusso verso il serbatoio di<br />

deposito o un altro serbatoio di analoga<br />

capacità, priva di valvole o di saracinesche<br />

di qualsiasi genere e che non<br />

presenti impedimenti al naturale deflusso.<br />

Nel caso di installazioni all’interno<br />

dei locali, con serbatoio di deposito o<br />

di alimentazione esterno, o serbatoio<br />

di servizio, deve essere previsto un<br />

dispositivo manuale di intercettazione<br />

del flusso di carburante, in posizione<br />

esterna al locale, equipaggiato con<br />

comando facilmente raggiungibile e<br />

adeguatamente segnalato.<br />

Le tubazioni esterne al locale<br />

devono essere di metallo. Nel caso<br />

il serbatoio di deposito sia a una<br />

quota maggiore di quella del gruppo,<br />

il sistema di contenimento deve<br />

essere in grado di raccogliere le<br />

perdite provenienti da qualsiasi<br />

punto all’interno del locale di installazione<br />

dei gruppi.<br />

Inoltre, in caso di versamento del<br />

carburante nel sistema di contenimento,<br />

devono automaticamente intervenire<br />

i dispositivi di intercettazione<br />

del flusso di carburante in un punto<br />

esterno al locale, quello di arresto<br />

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delle eventuali pompe elettriche di<br />

rifornimento e quello di allarme ottico<br />

e acustico esterno al locale.<br />

Infine, è indispensabile prevedere<br />

che, al di sotto del livello di intervento<br />

del sistema di sicurezza, non devono<br />

essere presenti cavi, dispositivi o<br />

apparecchiature elettriche che possono<br />

essere raggiunti dai liquidi eventualmente<br />

versati.<br />

Disposizioni complementari<br />

La regola tecnica contenuta nell’allegato<br />

al decreto del Ministero<br />

dell’Interno 22 ottobre 2007 termina<br />

con il Titolo IV, fornendo ulteriori disposizioni<br />

di carattere complementare.<br />

In particolare, sono introdotte ulteriori<br />

istruzioni concernenti i sistemi di<br />

scarico dei gas combusti, gli impianti,<br />

i mezzi di estinzione portatili e, infine,<br />

la segnaletica di sicurezza.<br />

Per quanto concerne i sistemi di<br />

scarico dei gas combusti, è precisato<br />

che lo scarico dei gas di combustione<br />

da portare fuori dal locale devono<br />

essere convogliati all’esterno mediante<br />

tubazioni di acciaio, di sufficiente<br />

robustezza e a perfetta tenuta,<br />

a valle della tubazione del gruppo. Il<br />

convogliamento deve avvenire in<br />

modo che il tubo di scarico sia posto<br />

a distanza adeguata, in ogni caso non<br />

inferiore a 1,50 m, da finestre, da<br />

pareti o da aperture praticabili o da<br />

prese d’aria di ventilazione e a quota<br />

non inferiore a tre metri sul piano<br />

praticabile.<br />

Le tubazioni all’interno del locale<br />

devono essere protette con materiali<br />

coibenti, devono essere adeguatamente<br />

protette o schermate per la<br />

protezione delle persone dai contatti<br />

accidentali e i materiali per la coibentazione<br />

e la protezione devono<br />

essere di classe 0, ovvero classe A1,<br />

A1FL, A1L di reazione al fuoco.<br />

Gli impianti e i relativi disposi-<br />

[6] «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti termici<br />

alimentati da combustibili liquidi», in Gazzetta Ufficiale 20 maggio 2005, n. 116. Per ulteriori informazioni sull’argomento, si veda,<br />

di Stefano Marsella, La regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti termici a combustibili liquidi, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong><br />

n. 23/2005, pag. 19.<br />

[7] Si veda la nota 3.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


tivi devono essere eseguiti a regola<br />

d’arte in base alla normativa tecnica<br />

vigente.<br />

Il pulsante di arresto di emergenza<br />

del gruppo deve essere duplicato all’esterno<br />

del locale, in posizione facilmente<br />

raggiungibile e adeguatamente<br />

segnalata, e deve essere realizzato<br />

in modo tale da attivare anche il<br />

dispositivo di sezionamento esterno<br />

dei circuiti elettrici interni al locale<br />

alimentati non a bassissima tensione<br />

di sicurezza.<br />

Anche in questo ambito è posta<br />

particolare attenzione sui mezzi di<br />

estinzione incendi portatili.<br />

Infatti, deve sempre essere prevista<br />

l’installazione di estintori<br />

portatili di tipo omologato per fuo-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

SPECIALE<br />

chi di classe 21-A, 113 B-C, con<br />

contenuto di agente estinguente<br />

non inferiore a 6 kg. Inoltre, queste<br />

attrezzature antincendio devono<br />

essere installate in una posizione<br />

facilmente raggiungibile e adeguatamente<br />

segnalati.<br />

Il numero di estintori portatili<br />

da installare deve essere pari a uno<br />

per installazioni di gruppi di potenza<br />

fino a 400 kW, a due per potenze<br />

fino a 800 kW. Nel caso in cui<br />

vi siano potenze superiori a 800<br />

kW è prevista, invece, la presenza<br />

di un estintore portatile di classe<br />

21-A, 113 B-C, con contenuto di<br />

agente estinguente non inferiore a<br />

6 kg, e quella di un estintore carrellato<br />

a polvere avente cari-<br />

Decreto del Ministero dell’Interno 22 ottobre 2007<br />

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ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

ca nominale non minore a 50 kg e<br />

capacità estinguente pari a A-B1.<br />

La regola tecnica di prevenzione<br />

incendi per l’installazione di motori<br />

a combustione interna accoppiati a<br />

una macchina generatrice elettrica<br />

o a una macchina operatrice termina<br />

con le disposizioni inerenti alla<br />

segnaletica di sicurezza. Questa deve<br />

essere conforme al decreto legislativo<br />

14 agosto 1996, n. 493. Infine,<br />

i gruppi che garantiscono il funzionamento<br />

dei dispositivi, degli<br />

impianti e dei sistemi preposti alla<br />

protezione antincendio, ai servizi di<br />

emergenza o di soccorso o ai servizi<br />

essenziali che necessitano della<br />

continuità di esercizio devono essere<br />

chiaramente segnalati. l<br />

Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la installazione<br />

di motori a combustione interna accoppiati a macchina generatrice elettrica<br />

o a macchina operatrice a servizio di attività civili, industriali,<br />

agricole, artigianali, commerciali e di servizi.<br />

In Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 2007, n. 256<br />

Il Ministro dell’Interno<br />

Visto il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante<br />

“Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni<br />

ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a<br />

norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229”;<br />

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24<br />

luglio 1996, n. 459, “Regolamento per l’attuazione delle<br />

direttive n. 89/392/CEE, n. 91/368/CEE, n. 93/44/CEE e<br />

n. 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni<br />

degli Stati membri relative alle macchine”;<br />

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 12<br />

gennaio 1998, n. 37, “Regolamento recante la disciplina<br />

dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma<br />

dell’art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n.<br />

59”;<br />

Rilevata la necessità di aggiornare le disposizioni di<br />

sicurezza antincendio per la installazione di motori a<br />

combustione interna accoppiati a macchina generatrice<br />

elettrica o a macchina operatrice elettrica a servizio di<br />

attività civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali<br />

e di servizi”;<br />

Acquisito il parere favorevole del Comitato centrale<br />

tecnico scientifico per la prevenzione incendi di cui al-<br />

l’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29<br />

luglio 1982, n. 577, come modificato dall’art. 3 del decreto<br />

del Presidente della Repubblica 10 giugno 2004, n.<br />

200;<br />

Espletata la procedura di informazione ai sensi della<br />

direttiva n. 98/34/CE, come modificata dalla direttiva n.<br />

98/48/CE<br />

Decreta:<br />

Art.1<br />

Scopoecampodiapplicazione<br />

1. Il presente decreto indica i criteri di sicurezza contro<br />

i rischi d’incendio e di esplosione riguardanti le installazioni<br />

terrestri fisse e mobili di motori a combustione<br />

interna accoppiati a macchine generatrici di energia elettrica<br />

o macchine operatrici e si applica ad installazioni di<br />

nuova realizzazione aventi potenza elettrica complessiva<br />

compresa tra 25 kW e 2.500 kW a servizio di attività<br />

civili, industriali, agricole, artigianali, commerciali e di<br />

servizi.<br />

2. Le presenti disposizioni non si applicano ad installazioni<br />

inserite in processi di produzione industriale, instal-<br />

25


ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

lazioni antincendio, stazioni elettriche, centrali idroelettriche,<br />

dighe e ripetitori radio ed installazioni impiegate al<br />

movimento di qualsiasi struttura. Per l’installazione di<br />

gruppi elettrogeni in tali ambiti, le presenti disposizioni<br />

costituiscono utili criteri di riferimento.<br />

Art.2<br />

Disposizioniperleinstallazioniesistenti<br />

1. Agli impianti esistenti alla data di entrata in vigore<br />

del presente decreto, in regola con la previgente normativa,<br />

non è richiesto alcun adeguamento.<br />

Art.3<br />

Obiettivi<br />

1. Ai fini della prevenzione degli incendi e allo scopo<br />

di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla<br />

salvaguardia delle persone e dei beni, gli impianti di cui<br />

all’art. 1 sono realizzati in modo da:<br />

a) evitare la fuoriuscita accidentale di carburante;<br />

b) limitare, in caso di incendio o esplosione, danni alle<br />

persone ed ai beni;<br />

c) consentire ai soccorritori di operare in condizioni di<br />

sicurezza.<br />

Art.4<br />

Disposizionitecniche<br />

1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi riportati<br />

26<br />

SPECIALE<br />

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all’art. 3 è approvata la regola tecnica di prevenzione<br />

incendi allegata al presente decreto.<br />

Art.5<br />

<strong>Sicurezza</strong>degliapparecchi<br />

edeirelatividispositivi<br />

1. Ai fini della salvaguardia e della sicurezza antincendio,<br />

gli apparecchi ed i relativi dispositivi di<br />

sicurezza, regolazione e controllo devono essere costruiti<br />

secondo la legislazione vigente e le norme di<br />

buona tecnica.<br />

Art.6<br />

Disposizionifinali<br />

1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 2 del presente<br />

decreto per le installazioni esistenti, sono abrogate tutte le<br />

precedenti disposizioni di prevenzione incendi impartite<br />

in materia dal Ministero dell’Interno con particolare riferimento<br />

a:<br />

- circolare del Ministero dell’Interno 31 agosto 1978,<br />

n. 31/MI.SA;<br />

- circolare del Ministero dell’Interno 8 luglio 2003, n.<br />

12.<br />

Il presente decreto entra in vigore il sessantesimo giorno<br />

successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta<br />

Ufficiale della Repubblica italiana. l<br />

Allegato<br />

Regolatecnicadiprevenzioneincendiperlainstallazionedimotoriacombustione<br />

internaaccoppiatiamacchinageneratriceelettricaoamacchinaoperatrice<br />

aserviziodiattivitàcivili,industriali,agricole,artigianali,commercialiediservizi<br />

TitoloI<br />

Generalità<br />

1.Termini,definizionietolleranzedimensionali<br />

1.1. Ai fini delle presenti disposizioni si applicano i termini, le definizioni e le tolleranze dimensionali<br />

approvati con il decreto del Ministero dell’Interno 30 novembre 1983, pubblicato nellaGazzettaUfficiale del<br />

12 dicembre 1983, n. 339. Inoltre, si definisce:<br />

a) capacità di un serbatoio: volume geometrico interno del serbatoio;<br />

b) carburante di alimentazione:<br />

­ liquido, di categoria A, B o C di cui al decreto del Ministero dell’Interno 31 luglio 1934, pubblicato nella<br />

GazzettaUfficiale 28 settembre 1934, n. 228 e successive modifiche, anche di origine vegetale;<br />

gassoso;<br />

c) condotte di adduzione del carburante: insieme di tubazioni rigide e flessibili, curve, raccordi ed accessori,<br />

uniti fra loro per la distribuzione del carburante, conformi alla normativa vigente;<br />

d) involucro metallico: cofanatura di protezione entro la quale è installato il gruppo elettrogeno e relativi<br />

accessori, normalmente per funzionamento all’esterno, ma installabile anche all’interno di locali di cui al titolo<br />

II della presente regola tecnica. La cofanatura può avere anche funzione di riduzione delle emissioni acustiche;<br />

e) gruppo o gruppo elettrogeno: complesso derivante dall’accoppiamento di un motore a combustione interna<br />

con un generatore di energia elettrica o macchina operatrice; può essere di tipo fisso, rimovibile e mobile;<br />

f) gruppo elettrogeno mobile: gruppo montato su carrello, automezzo o altro mezzo mobile destinato ad<br />

utilizzo temporaneo;<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


SPECIALE<br />

ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

g) installazione rimovibile: gruppo di tipo non fisso e non mobile, facilmente disinstallabile;<br />

h) locale esterno: locale ubicato su spazio scoperto, anche in adiacenza all’edificio servito, purché strutturalmente<br />

separato e privo di pareti comuni. Sono considerati locali esterni anche quelli ubicati sulla copertura<br />

piana dell’edificio servito purché privi di pareti comuni;<br />

i) locale fuori terra: locale il cui piano di calpestio è a quota non inferiore a quello del piano di riferimento;<br />

l) locale interrato: locale in cui l’intradosso del solaio di copertura è a quota inferiore a + 0,6 m al di sopra del<br />

piano di riferimento;<br />

m) locale seminterrato: locale che non è definibile fuori terra né interrato;<br />

n) normativa vigente: disposizioni stabilite dalle direttive comunitarie, normative nazionali di recepimento<br />

di direttive comunitarie, normative nazionali, norme tecniche europee armonizzate per le quali vengono<br />

pubblicati i riferimenti nellaGazzettaUfficiale della Unione europea o, in loro assenza, documenti europei<br />

di armonizzazione, norme europee, norme nazionali o internazionali;<br />

o) piano di riferimento: piano della strada pubblica o privata o dello spazio scoperto sul quale è attestata la<br />

parete nella quale sono realizzate le aperture di aerazione;<br />

p) potenza: potenza elettrica espressa in kW, disponibile ai morsetti del generatore. La potenza è dichiarata<br />

dal fabbricante e deve essere riportata sulla targa di identificazione del gruppo;<br />

q) serbatoio: recipiente idoneo al contenimento del carburante;<br />

r) serbatoio incorporato: serbatoio per carburanti non gassosi, montato a bordo gruppo;<br />

s) serbatoio di servizio: serbatoio per carburanti non gassosi, alternativo al serbatoio incorporato, posto<br />

nello stesso locale del gruppo elettrogeno;<br />

t) serbatoio di deposito: serbatoio costituente il deposito per il contenimento del carburante;<br />

u) sistema di contenimento: sistema che impedisce lo spargimento del carburante contenuto all’interno del<br />

serbatoio incorporato o di servizio. Il sistema può essere realizzato con bacini o vasche sottostanti il<br />

serbatoio o anche utilizzando serbatoi con doppia parete;<br />

v) sistema di rabbocco: sistema automatico che consente il trasferimento del carburante dal serbatoio di<br />

deposito al serbatoio incorporato o a quello di servizio durante il normale funzionamento del gruppo.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

TitoloII<br />

Installazionegruppi<br />

CapoI<br />

Generalità<br />

1.Luoghidiinstallazionedeigruppi<br />

1.1. I gruppi possono essere installati:<br />

a) all’aperto;<br />

b) in locali esterni;<br />

c) in fabbricati o strutture destinati anche ad altro uso o in locali inseriti nella volumetria del fabbricato<br />

servito.<br />

2.Disposizionicomuni<br />

2.1. I gruppi, se installati in edifici, possono essere ubicati in locali ai piani fuori terra.<br />

2.2. Per i gruppi alimentati a carburante liquido di categoria C o a gas aventi densità rispetto all’aria non<br />

superiore a 0,8 è consentita l’ubicazione al primo piano interrato, il cui piano di calpestio non può comunque<br />

essere ubicato a quota inferiore a 5 m al di sotto del piano di riferimento.<br />

2.3. Per i gruppi alimentati a GPL è consentita l’installazione nei locali fuori terra non comunicanti con locali<br />

interrati.<br />

2.4. Entro il volume degli edifici di altezza in gronda superiore a 24 m possono essere installati esclusivamente<br />

gruppi alimentati con carburanti liquidi di categoria C; in questo caso l’eventuale serbatoio incorporato o<br />

di servizio deve avere una capacità non superiore a 120 l. Gli impianti alimentati a gas di rete o metano o gas<br />

aventi densità rispetto all’aria non superiore a 0,8, possono essere installati sul terrazzo più elevato degli<br />

edifici suddetti o su terrazzi intermedi, aventi caratteristiche di spazio scoperto, con esclusione delle superfici<br />

aggettanti.<br />

2.5. Quando si tratta di edifici destinati, in tutto o in parte, a cinema, teatro, sale di riunione, scuole, chiese,<br />

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27


ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

SPECIALE<br />

ospedali e simili, con particolare riferimento alle attività di cui ai punti 51, 75, 83, 84, 85, 86, 87, 89, 90, 92, 94<br />

del decreto del Ministero dell’Interno 16 febbraio 1982, pubblicato nellaGazzettaUfficiale 9 aprile 1982, n.<br />

98, l’installazione di impianti alimentati con carburante di tipo gassoso o liquido di categoria A o B è<br />

consentita esclusivamente in locali non sottostanti e non contigui ad ambienti destinati ad affluenza di<br />

pubblico o raggruppamento di persone o passaggio di gruppi di persone.<br />

2.6. Nel caso venga utilizzato un serbatoio incorporato o di servizio, deve essere previsto un sistema di<br />

contenimento del carburante contenuto nei suddetti serbatoi. Qualora non sia previsto il serbatoio incorporato<br />

o di servizio, deve comunque essere realizzato un bacino di contenimento o una vasca di raccolta che<br />

circoscriva il gruppo elettrogeno, con capacità di almeno 120 l.<br />

2.7. Nello stesso locale possono essere sistemati due o più gruppi purché la potenza complessiva massima<br />

non risulti superiore a 2.500 kW.<br />

2.8. Nel locale ove sono installati uno o più gruppi alimentati con carburante di categoria C è consentita la<br />

coesistenza di impianti di produzione di calore alimentati con combustibile di categoria C, a condizione che i<br />

serbatoi incorporati o di servizio dei gruppi non superino complessivamente 120 l.<br />

Le distanze laterali tra i gruppi e gli impianti di produzione di calore devono essere quelle indicate dai<br />

fabbricanti delle rispettive macchine per la effettuazione della relativa manutenzione ordinaria e straordinaria<br />

e comunque non inferiori a 0,60 m.<br />

28<br />

CapoII<br />

Installazioneall’aperto<br />

1. Le installazioni all’aperto devono essere poste ad una distanza non inferiore a 3 m da depositi di sostanze<br />

combustibili, fatta eccezione per quelli destinati ad alimentare le installazioni stesse fermo restando il<br />

rispetto delle distanze di sicurezza interne relative ai depositi di GPL. I gruppi installati all’aperto, in luogo<br />

avente le caratteristiche di spazio scoperto, devono essere costruiti per tale tipo di installazione oppure<br />

adeguatamente protetti dagli agenti atmosferici secondo quanto stabilito dal costruttore.<br />

2. I gruppi devono essere contornati da un’area avente profondità non minore di 3 m priva di materiali o<br />

vegetazione che possano costituire pericolo di incendio.<br />

3. Qualora l’installazione sia prevista sulla copertura dell’edificio, i gruppi devono poggiare su strutture,<br />

portanti e separanti, aventi una resistenza al fuoco non inferiore a REI 120.<br />

CapoIII<br />

Installazioneinlocaliesterni<br />

1. I locali devono essere ad uso esclusivo del gruppo e dei relativi accessori e realizzati in materiali di classe 0<br />

di reazione al fuoco ovvero classe A1, A1FL, A1L, ai sensi del decreto del Ministero dell’Interno 15 marzo<br />

2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 marzo 2005, n. 73. Inoltre, essi devono soddisfare i requisiti di<br />

ubicazione richiesti dal titolo II, capo I.<br />

2. Le dimensioni dei locali devono rispettare quanto previsto al Capo IV, comma 1, letterac); le aperture di<br />

ventilazione non devono essere inferiori a quelle stabilite al Capo IV, comma 1, letteraf).<br />

3. Qualora i locali siano realizzati sulla copertura dell’edificio, i gruppi devono poggiare su strutture portanti<br />

e separanti aventi una resistenza al fuoco non inferiore a REI 120.<br />

4. L’accesso ai locali esterni può avvenire, oltre che direttamente dall’esterno, anche dai locali comuni interni<br />

del fabbricato servito, secondo le modalità previste nel successivo capo IV, comma 1, letterad).<br />

CapoIV<br />

Installazioneinfabbricatiostrutturedestinatiancheadaltrouso<br />

oinlocaliinseritinellavolumetriadelfabbricatoservito<br />

1. Il locale deve avere le seguenti caratteristiche:<br />

a) Attestazione.<br />

1. Almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro, deve essere confinante con spazio<br />

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11 dicembre 2007 ­ N. 23


SPECIALE<br />

ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

scoperto o strada pubblica o privata scoperta o, nel caso di locali interrati, con intercapedine ad uso<br />

esclusivo, di sezione orizzontale netta non inferiore a quella richiesta per l’aerazione e larga non meno di<br />

0,6 m ed attestata superiormente su spazio scoperto o su strada scoperta.<br />

2. Se la parete è attestata su intercapedine, questa deve essere ad esclusivo servizio del locale dove è<br />

installato il gruppo;<br />

è ammesso che tale intercapedine sia anche a servizio dei locali in cui sono installati i relativi accessori<br />

compresi i quadri elettrici;<br />

deve avere larghezza minima non inferiore a 0,60 m e, al piano grigliato, sezione netta non inferiore ad una<br />

volta e mezza la superficie di aerazione del locale stesso. Quando l’intercapedine immette su cortile, questo<br />

deve presentare i requisiti fissati al precedente capoverso.<br />

3. Se la parete è attestata su terrapieno, il dislivello fra la quota del piano di campagna ed il soffitto del<br />

locale deve essere almeno di 0,60 m, onde consentire la realizzazione di aperture di aerazione. Dette<br />

aperture dovranno immettere a cielo libero ed avere altezza non inferiore a 0,50 m.<br />

b) Strutture.<br />

1. Le strutture orizzontali e verticali devono avere una resistenza al fuoco di almeno R/REI­EI 120.<br />

c) Dimensioni.<br />

1. L’altezza libera interna dal pavimento al soffitto non deve essere inferiore a 2,50 m con un minimo di 2,00<br />

m sottotrave.<br />

2. Le distanze tra un qualsiasi punto esterno dei gruppi e dei relativi accessori e le pareti verticali ed<br />

orizzontali del locale, nonché le distanze tra i gruppi installati nello stesso locale, devono permettere<br />

l’accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria<br />

secondo quanto prescritto dal costruttore del gruppo.<br />

d) Accesso e comunicazioni.<br />

1. L’accesso al locale può avvenire:<br />

direttamente dall’esterno da spazio scoperto;<br />

tramite disimpegno aerato dall’esterno con aperture di aerazione non inferiori a 0,30 m 2 realizzate su<br />

parete attestata su spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta o su intercapedine antincendio,<br />

oppure a mezzo di condotto realizzato in materiale incombustibile di sezione non inferiore a 0,10 m 2 atto a<br />

conseguire una adeguata ventilazione del locale di disimpegno. La struttura e le porte del disimpegno<br />

devono avere resistenza al fuoco non inferiore a REI 60’;<br />

da intercapedini antincendio per l’accesso esclusivo al locale stesso e ad eventuali locali accessori, nelle quali<br />

non è consentita l’installazione di apparecchiature di qualsiasi tipo;<br />

2. Indipendentemente dall’inserimento o no nella volumetria dell’edificio, per impianti installati in edifici<br />

destinati, in tutto o in parte, a cinema, teatro, sale di riunione, scuole, chiese, ospedali e simili, nonché alle<br />

attività di cui ai punti 51, 75, 83, 84, 85, 86, 87, 89, 90, 92 e 94 indicati nel decreto del Ministero dell’Interno<br />

16 febbraio 1982, pubblicato nellaGazzettaUfficiale 9 aprile 1982, n. 98, o edifici aventi altezza antincendio<br />

superiore a 24 m, l’accesso al locale deve realizzarsi direttamente da spazio scoperto oppure da intercapedine<br />

antincendio a servizio esclusivo del locale stesso.<br />

3. Il locale non deve avere apertura di comunicazione diretta con locali destinati ad altri usi; sono consentite<br />

le aperture verso locali destinati ad accogliere quadri elettrici di controllo e manovra, a servizio del gruppo.<br />

e) Porte.<br />

1. Le porte del locale devono essere apribili verso l’esterno, incombustibili e munite di congegno di autochiusura.<br />

Quelle che si aprono verso i locali di cui alla precedente letterad), punto 3, devono essere REI 120.<br />

f) Ventilazione.<br />

1. Le aperture di aerazione, da realizzarsi sulla parete di cui al capo IV, comma 1, lettera a), devono avere<br />

una superficie non inferiore ad 1/30 della superficie in pianta del locale e comunque non inferiore a 0,10 m 2<br />

per impianti di potenza elettrica fino a 400 kW; per gli impianti di potenza elettrica superiore a 400 kW, la<br />

superficie minima è calcolata come segue: 12,5 cm 2 per ogni kW di potenza elettrica installata. Per i locali<br />

interrati le superfici suddette sono maggiorate del 25%.<br />

2. Per gruppi alimentati a GPL, la superficie di ventilazione deve essere non inferiore a 1/20 della superficie in<br />

pianta, di cui il 50% distribuita in basso a filo pavimento.<br />

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29


30<br />

ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

SPECIALE<br />

TitoloIII<br />

Gruppi<br />

CapoI<br />

Generalità<br />

1.1.MarcaturaCE<br />

1. Il gruppo, se soggetto alle disposizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996,<br />

n. 459, recante il regolamento per l’attuazione delle direttive n. 89/392/CEE, n. 91/368/CEE, n. 93/44/CEE e n.<br />

93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle macchine, deve<br />

essere dotato di marcatura CE e di dichiarazione CE di conformità; in tal caso l’utilizzatore è tenuto ad<br />

esibire copia della dichiarazione CE di conformità ed il manuale di uso e manutenzione, ai fini dei controlli<br />

dell’organo di vigilanza.<br />

2. I dispositivi e i materiali accessori devono essere certificati secondo le normative vigenti.<br />

CapoII<br />

Alimentazionedeimotori<br />

SezioneI<br />

Alimentazioneagas<br />

1.1.Alimentazione<br />

1. L’alimentazione del gruppo elettrogeno può avvenire da deposito gas, da condotta interna di stabilimento<br />

o condotta derivata da cabina di riduzione; la pressione di alimentazione non deve superare il valore di 50 kPa.<br />

1.2.Dispositiviesternidiintercettazione<br />

1. Deve essere previsto un dispositivo manuale di intercettazione in posizione facilmente e sicuramente<br />

raggiungibile e adeguatamente segnalata.<br />

2. Inoltre deve essere previsto un dispositivo a comando elettrico e ripristino manuale che consenta l’intercettazione<br />

del gas in caso di emergenza.<br />

3. Entrambi i dispositivi devono essere posizionati all’esterno del locale gruppo elettrogeno.<br />

1.3.Tubazioni<br />

a) Impianto interno.<br />

1. L’impianto interno di alimentazione deve essere realizzato in acciaio e posizionato a vista; in caso di<br />

attraversamento di muri deve essere posto in guaina sigillata verso la parete interna del locale.<br />

2. Esso non deve presentare prese libere.<br />

b) Prove di tenuta.<br />

1. Prima di mettere in servizio l’impianto di distribuzione interna del gas, si deve verificarne accuratamente<br />

la tenuta;<br />

l’impianto deve essere provato con aria o gas inerte ad una pressione pari almeno al doppio della pressione<br />

normale di esercizio.<br />

2. Tale prova deve essere estesa sia alla tubazione rigida che alla tubazione flessibile.<br />

c) Tubazioni flessibili.<br />

1. Il collegamento tra gruppo elettrogeno e terminale dell’impianto di alimentazione dovrà essere realizzato<br />

con un tratto di tubo metallico flessibile, con caratteristiche adeguate alla pressione di esercizio.<br />

1.4.Regolatoridipressione<br />

1. I regolatori di pressione, sistemati all’interno del locale, possono essere muniti di valvole di sicurezza. Se<br />

muniti di valvole di sicurezza, queste devono avere un tubo di sfogo con l’estremità posta all’esterno del<br />

locale o dell’edificio a non meno di 1,50 m da qualsiasi apertura o presa d’aria.<br />

1.5.Dispositividisicurezza<br />

1. L’installazione deve prevedere almeno i seguenti dispositivi:<br />

a) un dispositivo automatico di arresto del motore, per bassa o alta pressione del gas di alimentazione;<br />

b) all’interno del locale un rilevatore di presenza gas che deve comandare l’intercettazione del gas all’esterno<br />

del locale;<br />

c) un dispositivo di arresto del gas a motore fermo.<br />

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SPECIALE<br />

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ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

SezioneII<br />

Alimentazioneacarburanteliquido<br />

1.1.Sistemadialimentazione<br />

1. Il gruppo può essere alimentato direttamente dal serbatoio di deposito o attraverso un serbatoio<br />

incorporato o di servizio. L’alimentazione del serbatoio incorporato o di servizio deve avvenire per circolazione<br />

forzata.<br />

1.2.Serbatoioincorporato<br />

1. Ciascun motore non può avere più di un serbatoio incorporato anche diviso in più setti; il serbatoio deve<br />

essere saldamente ancorato all’intelaiatura, protetto contro urti, vibrazioni e calore.<br />

2. La capacità del serbatoio incorporato non può eccedere i 2.500 l nel caso di carburante di categoria C; nel<br />

caso di alimentazione con carburante di categoria A o B, la capacità del serbatoio non può eccedere i 120 l.<br />

1.3.Serbatoiodiservizio<br />

1. La capacità del serbatoio di servizio, realizzato con materiale incombustibile, non deve essere superiore a<br />

2.500 l per carburanti di categoria C e 120 l per carburanti di categoria A o B.<br />

1.4.Alimentazionedelserbatoioincorporatoodiservizio<br />

1. Il presente paragrafo si applica per serbatoi incorporati o di servizio non alimentati dal serbatoio di<br />

deposito.<br />

Il rifornimento deve avvenire a gruppo fermo; nel caso di gruppi con serbatoi di capacità superiore a 120 l,<br />

installati nella volumetria dei fabbricati, tale rifornimento deve avvenire tramite sistema di tubazioni fisse<br />

aventi origine all’esterno di edifici;<br />

tali serbatoi devono essere dotati di valvola limitatrice di carico al 90% della capacità dei medesimi.<br />

Quando il gruppo è alimentato con carburante di categoria C da serbatoio incorporato di capacità inferiore<br />

a 120 l, il rifornimento del serbatoio è consentito con recipienti portatili del tipo approvato secondo la<br />

vigente normativa.<br />

1.5.Capacitàcomplessivadeiserbatoiinterniallocalediinstallazione<br />

1. La capacità complessiva dei serbatoi incorporati o di servizio installati all’interno del locale in cui sono<br />

ubicati i gruppi, non può essere superiore a 2500 l. nel caso di carburante di categoria C o 120 l. nel caso di<br />

carburante di categoria A o B.<br />

1.6.Serbatoidideposito<br />

1. Per i serbatoi, interrati o fuori terra, all’interno o all’esterno di edifici, si applica la disciplina di cui al<br />

decreto del Ministero dell’Interno 28 aprile 2005 pubblicato nellaGazzettaUfficiale 20 maggio 2005, n. 116.<br />

2. I serbatoi di deposito di carburante delle categorie A e B non possono essere sistemati entro locali o su<br />

terrazzi. L’installazione di detti serbatoi è disciplinata dalle norme di cui al decreto del Ministro dell’interno<br />

31 luglio 1934, pubblicato nellaGazzettaUfficiale 28 settembre 1934, n. 228.<br />

1.7.Dispositividicontrollodelflussodelcarburante<br />

1. Nel caso di utilizzazione di serbatoio di deposito, a quota uguale o inferiore a quella del gruppo, i serbatoi<br />

incorporati o di servizio devono essere muniti di una tubazione di scarico del troppo pieno nel serbatoio di<br />

deposito. Tale condotta deve essere priva di valvole o di saracinesche di qualsiasi genere e non presentare<br />

impedimenti al naturale deflusso verso il serbatoio di deposito.<br />

2. Inoltre, il sistema di rabbocco dei serbatoi incorporati o di servizio, deve essere munito dei seguenti<br />

dispositivi di sicurezza che intervengono automaticamente quando il livello del carburante nei suddetti<br />

serbatoi supera quello massimo consentito:<br />

a) dispositivo di intercettazione del flusso;<br />

b) dispositivo di arresto delle pompe di alimentazione;<br />

c) dispositivo di allarme ottico e acustico.<br />

3. Tali dispositivi devono intervenire anche in caso di versamento di liquidi nel sistema di contenimento; in<br />

alternativa tale sistema può prevedere una condotta di deflusso verso il serbatoio di deposito, o altro<br />

serbatoio di analoga capacità, priva di valvole o di saracinesche di qualsiasi genere e che non presenti<br />

impedimenti al naturale deflusso.<br />

4. Nel caso di installazioni all’interno di locali, con serbatoio di deposito o alimentazione esterno e/o<br />

serbatoio di servizio, deve essere previsto un dispositivo manuale di intercettazione del flusso di carburante,<br />

in posizione esterna al locale, con comando facilmente e sicuramente raggiungibile e adeguatamente<br />

segnalato.<br />

Le tubazioni esterne al locale devono essere in metallo.<br />

31


ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

SPECIALE<br />

5.Nelcasoilserbatoiodidepositosiaadunaquotamaggiorediquelladelgruppo,ilsistemadicontenimento<br />

deve essere in grado di raccogliere le perdite provenienti da qualsiasi punto all’interno del locale di<br />

installazionedeigruppi.<br />

In caso di versamento del carburante nel sistema di contenimento devono automaticamente intervenire i<br />

seguentidispositividisicurezza:<br />

a)intercettazionedelflussodicarburanteinunpuntoesternoallocale;<br />

b)arrestodelleeventualipompeelettricherifornimento;<br />

c)allarmeotticoedacusticoesternoallocale.<br />

Al di sotto del livello di intervento del sistema di sicurezza, in posizione raggiungibile dai liquidi eventualmenteversati,nondevonoesserepresenticavi,dispositivioapparecchiatureelettriche.<br />

TitoloIV<br />

Disposizionicomplementari<br />

1.Sistemidiscaricodeigascombusti<br />

1.1.Varie<br />

1. Le precisazioni del presente paragrafo si riferiscono allo scarico dei gas di combustione da portare fuori<br />

dellocale:essidevonoessereconvogliatiall’esternomediantetubazioniinacciaiodisufficienterobustezzae<br />

aperfettatenutaavalledellatubazionedelgruppo.Ilconvogliamentodeveavvenireinmodocheiltubodi<br />

scarico sia posto a distanza adeguata, comunque non inferiore a 1,5 m da finestre, pareti o aperture<br />

praticabiliopresed’ariadiventilazioneeaquotanoninferioreatremetrisulpianopraticabile.<br />

1.2.Protezionidelletubazioni.<br />

a)letubazioniall’internodellocaledevonoessereprotetteconmaterialicoibenti;<br />

b) le tubazioni devono essere adeguatamente protette o schermate per la protezione delle persone da<br />

contattiaccidentali;<br />

c) i materiali per la coibentazione e la protezione devono essere di classe 0 ovvero classe A1, A1FL, A1L,di<br />

reazionealfuoco.<br />

2.Impianti<br />

1. Gli impianti e i dispositivi posti a servizio sia del gruppo che del locale di installazione, devono essere<br />

eseguiti a regola d’arte in base alla normativa tecnica vigente. Il pulsante di arresto di emergenza del<br />

gruppodeveessereduplicatoall’esternodellocale,inposizionefacilmenteraggiungibileeadeguatamente<br />

segnalata, e deve anche attivare il dispositivo di sezionamento esterno dei circuiti elettrici interni al locale<br />

alimentatinonabassissimatensionedisicurezza.<br />

3.Mezzidiestinzioneportatili<br />

1.Deveessereprevistal’installazioneinposizionesegnalataefacilmenteraggiungibilediestintoriportatilidi<br />

tipoomologatoperfuochidiclasse21­A,113B­Cconcontenutodiagenteestinguentenoninferiorea6kg.<br />

2.Ilnumerodiestintorideveessere:<br />

a)unoperinstallazionidigruppidipotenzafinoa400kW;<br />

b)dueperpotenzefinoa800kW;<br />

c)unestintoreportatilecomesopraedunestintorecarrellatoapolvereaventecaricanominalenonminore<br />

di50kgecapacitàestinguentepariaA­B1perpotenzesuperioria800kW.<br />

4.Segnaleticadisicurezza<br />

1.Lasegnaleticadisicurezzadeveessereconformealdecretolegislativo14agosto1996,n.493.Igruppiche<br />

garantiscono il funzionamento di dispositivi, impianti e sistemi preposti alla protezione antincendio, a<br />

servizi di emergenza o soccorso o a servizi essenziali che necessitano della continuità di esercizio, devono<br />

esserechiaramentesegnalati.<br />

32<br />

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SPECIALE<br />

ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

Sostituiti gli Allegati A e C al decreto del Ministero dell’Interno 10 marzo 2005<br />

Antincendio e prodotti da costruzione:<br />

le novità sulle classi di reazione al fuoco<br />

diStefanoMarsella, dirigentedelCorpoNazionaledeiVVF<br />

Condecreto25ottobre2007,<br />

«Modifichealdecreto10marzo<br />

2005,concernente”Classidi<br />

reazionealfuocoperiprodotti<br />

dacostruzionedaimpiegarsi<br />

nelleopereperlequaliè<br />

prescrittoilrequisitodella<br />

sicurezzaincasod’incendio»,<br />

ilMinisterodell’Internoha<br />

apportatoalcunemodifiche<br />

aldecretoministerialedello<br />

stessoDicastero10marzo2005,<br />

inerentealleclassidireazioni<br />

alfuocoperiprodotti<br />

dacostruzionechesonoutilizzati<br />

nelleopereperlequali<br />

ènecessarioilrequisito<br />

dellasicurezzaincaso<br />

diincendio.Nelparticolare,<br />

sonosostituitigliAllegatiA<br />

eCalD.M.10marzo2005<br />

rispettivamentecongliAllegati1<br />

e2alnuovoprovvedimento<br />

ministeriale.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

La sicurezza passiva delle costruzioni<br />

dipende dalla resistenza<br />

al fuoco degli elementi portanti<br />

(quindi, dalla capacità delle<br />

strutture di garantire, per un tempo<br />

predeterminato, le caratteristiche di<br />

resistenza meccanica) e dalla reazione<br />

al fuoco dei materiali e dei prodotti<br />

presenti negli ambienti. Questa<br />

seconda caratteristica riguarda la capacità<br />

dei materiali o dei prodotti,<br />

presenti nell’edificio, di non propagare<br />

(o di propagare in modo limitato)<br />

la combustione e di resistere all’innesco.<br />

I materiali che hanno una<br />

classificazione di reazione al fuoco<br />

sono, per lo più, materiali combustibili,<br />

che con il loro potere calorifico<br />

contribuiscono al carico di incendio<br />

del compartimento, anche se classificati<br />

in classi molto basse di reazione<br />

al fuoco (tranne quelli incombustibili,<br />

che non possono sviluppare energia<br />

termica durante l’incendio). Questo<br />

aspetto non sempre è del tutto<br />

chiaro, ma serve anche a ricordare<br />

che la resistenza al fuoco e la reazione<br />

al fuoco, pur trattando questioni<br />

afferenti alla sicurezza passiva, hanno<br />

finalità e caratteristiche tecniche<br />

molto diverse.<br />

Lareazionealfuoco<br />

Con riferimento alla reazione al<br />

fuoco dei materiali e dei prodotti, con<br />

il decreto del Ministero dell’Interno<br />

25 ottobre 2007, «Modifiche al decreto<br />

10 marzo 2005, concernente<br />

“Classi di reazione al fuoco per i<br />

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prodotti da costruzione da impiegarsi<br />

nelle opere per le quali è prescritto<br />

il requisito della sicurezza in caso<br />

d’incendio» [1] , sono state fornite delle<br />

nuove disposizioni tecniche. Questo<br />

provvedimento, in particolare, è finalizzato<br />

ad aggiornare gli Allegati A e<br />

C al decreto del Ministro dell’Interno<br />

10 marzo 2005, «Classi di reazione<br />

al fuoco per i prodotti da costruzione<br />

da impiegarsi nelle opere per le quali<br />

è prescritto il requisito della sicurezza<br />

in caso d’incendio» [2] .<br />

La necessità di porre mano a questo<br />

aggiornamento scaturisce da motivi<br />

di carattere tecnico, è dovuta, infatti,<br />

alla emanazione di diversi atti:<br />

l la decisione della Commissione<br />

Ue 15 maggio 2007, n. 2007/348/<br />

CE, che determina le classi di reazione<br />

all’azione dell’incendio per alcuni<br />

prodotti da costruzione per quanto riguarda<br />

i pannelli a base di legno);<br />

l la decisione 27 ottobre 2006, n.<br />

2006/751/CE, per quanto riguarda la<br />

classificazione della reazione all’azione<br />

del’incendio dei prodotti da<br />

costruzione;<br />

l la decisione 5 ottobre 2006, n.<br />

2006/673/CE, che determina le classi<br />

di reazione all’azione dell’incendio<br />

per alcuni prodotti da costruzione per<br />

quanto riguarda i pannelli in cartongesso;<br />

l la decisione 6 marzo 2006, n.<br />

2006/213/CE, inerente alle classi di<br />

reazione al fuoco per alcuni prodotti<br />

da costruzione per quanto concerne<br />

le pavimentazioni in legno e i rivesti-<br />

[1] In Gazzetta Ufficiale del 5 novembre 2007, n. 257.<br />

[2] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, di Marco Albanese, Prodotti da costruzione: nuove disposizioni in materia di<br />

prevenzione incendi, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 9/2005, pag. 60.<br />

33


ANTINCENDIO<br />

Commento<br />

menti e i pannelli in legno massiccio;<br />

l la decisione 9 agosto 2005, n.<br />

2005/610/CE, sulle classi di reazione<br />

al fuoco per alcuni prodotti da costruzione.<br />

L’articolato del D.M. 25 ottobre<br />

2007 è condensato nei due provvedimenti<br />

di sostituzione degli Allegati A<br />

e C, che erano stati approvati con il<br />

decreto ministeriale 10 marzo 2005 e<br />

che dovranno essere sostituiti con i<br />

nuovi allegati.<br />

Lenovità<br />

delD.M.25ottobre2007<br />

L’Allegato 1<br />

Entrando nel merito tecnico del<br />

decreto ministeriale 25 ottobre 2007,<br />

per quanto riguarda il nuovo Allegato<br />

I, che sostituisce l’Allegato A, il<br />

provvedimento prevede che, quando<br />

la condizione di uso finale di un prodotto<br />

è tale da contribuire alla generazione<br />

e alla propagazione del fuoco<br />

e del fumo all’interno di un locale, è<br />

obbligatorio classificare il prodotto<br />

in relazione alla sua reazione al fuoco.<br />

Il sistema di classificazione è<br />

esposto nelle tabelle 1, 2 e 3 dell’Allegato<br />

stesso. A questo riguardo, il<br />

nuovo provvedimento ha stabilito,<br />

molto significativamente, che è necessario<br />

analizzare il materiale installato<br />

nel locale di origine dell’incendio<br />

o in un’area diversa. A questo<br />

proposito, quindi, può essere utile richiamare<br />

la difficoltà di definire a<br />

priori il locale di origine dell’incendio.<br />

Questa difficoltà è stata abbondantemente<br />

trattata nell’ambito dell’approccio<br />

ingegneristico (recentemente<br />

oggetto di regolamentazione<br />

procedurale con il decreto del Ministero<br />

dell’Interno 9 maggio 2007 [3] ),<br />

dedicato alla individuazione degli<br />

scenari di incendio delle parti significative<br />

del processo di valutazione.<br />

Tornando al merito tecnico del<br />

provvedimento, è molto importante<br />

34<br />

SPECIALE<br />

rilevare che il nuovo decreto prevede<br />

che, se le metodologie di prova e i<br />

criteri approvati con il decreto si rivelano<br />

inadeguati ai fini della classificazione,<br />

è possibile seguire una<br />

procedura di classificazione che preveda<br />

prove alternative. Quindi, anche<br />

in questo caso, la norma si allinea<br />

alla maggior parte delle disposizioni<br />

vigenti in materia di sicurezza antincendio<br />

e, insieme ai riferimenti normativi,<br />

apre alla possibilità di verificare<br />

se il livello di sicurezza possa<br />

essere garantito in modo alternativo<br />

alla metodologia adottata.<br />

Per comprendere i criteri che sono<br />

stati posti alla base delle norme di<br />

prova che consentono la nuova classificazione<br />

dei materiali, ai fini della<br />

reazione al fuoco, può essere utile richiamare<br />

il fatto che nell’Allegato è<br />

presente una tabella relativa alla definizione<br />

dei simboli utilizzati nel decreto<br />

stesso. Questi simboli riguardano<br />

i valori relativi all’aumento di<br />

temperatura, alla perdita di massa, alla<br />

durata dell’incendio, al potenziale<br />

calorifico lordo, al tasso di incremento<br />

dell’incendio, al rilascio totale di<br />

calore e alla produzione e propagazione<br />

del fuoco e alla produzione del<br />

fumo. In questa elencazione si ritrovano<br />

diverse grandezze che sono utilizzate,<br />

direttamente o indirettamente,<br />

nella trattazione ingegneristica della<br />

sicurezza (come, per esempio, il tasso<br />

di produzione di fumo di un dato materiale,<br />

essenziale per valutare l’evoluzione,<br />

nel tempo, delle caratteristiche<br />

di sostenibilità dell’ambiente e di<br />

visibilità dei percorsi di esodo); questo<br />

aspetto lascia capire quanto sia<br />

stretto il rapporto tra il settore che si<br />

occupa delle prove dei materiali e<br />

quello che ha consentito l’evoluzione<br />

dell’approccio ingegneristico applicato<br />

alla sicurezza antincendi.<br />

L’Allegato 2<br />

Il nuovo Allegato C, sostituito<br />

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dall’Allegato 2 al D.M. 25 ottobre<br />

2007, ha adottato l’elenco dei materiali<br />

da considerare come appartenenti<br />

alle classi A1 e A1FL di reazione al<br />

fuoco (di cui alla decisione n. 2000/<br />

147/CE) senza necessità di prove.<br />

Questi materiali sono quelli che, nei<br />

primi decreti sulla reazione al fuoco,<br />

erano classificati automaticamente<br />

nella classe zero e che erano definiti<br />

incombustibili. Per rientrare nell’elenco<br />

che permette l’appartenenza<br />

alle classi A1 e A1FL, i prodotti devono<br />

essere composti solo da uno o<br />

più dei materiali elencati e, se è presente<br />

l’incollatura, la possibilità di<br />

non ricorrere a prove è ristretta solo ai<br />

casi in cui questa non superi lo 0,1 per<br />

cento in peso o in volume.<br />

Nel caso di pannelli, la classificazione<br />

di cui all’elenco non si applica,<br />

mentre rientrano, nella tipologia oggetto<br />

dell’Allegato C, quelli ricoperti<br />

di strati di materiale non organico. Da<br />

ultimo, il nuovo Allegato C specifica<br />

che, in ogni caso, il materiale organico<br />

presente all’interno dei materiali<br />

elencati nella tabella non deve superare,<br />

in peso o in volume, l’1% e deve<br />

essere ripartito in maniera omogenea.<br />

La parte successiva dell’allegato<br />

introduce le nuove tabelle relative ai:<br />

l pannelli a base di legno;<br />

l pannelli in cartongesso;<br />

l pannelli decorativi laminati ad alta<br />

pressione;<br />

l prodotti di legno da costruzione.<br />

Sono presi in considerazione, inoltre,<br />

il legno lamellare, i rivestimenti<br />

laminati per pavimentazioni, i rivestimenti<br />

tessili per pavimentazioni, i<br />

pannelli e i rivestimenti in legno massiccio<br />

e le pavimentazioni in legno.<br />

Dal punto di vista applicativo, si<br />

possono intravedere nel decreto alcuni<br />

aspetti interessanti. Infatti, il provvedimento<br />

ministeriale contiene<br />

l’elencazione delle norme EN da utilizzare<br />

nelle prove dei materiali e dei<br />

prodotti. Sotto questo punto di vista,<br />

[3] Per un approfondimento sul tema, si veda, dello stesso Autore, Antincendio e approccio ingegneristico: i criteri per la valutazione<br />

del rischio, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 12/2007, pag. 16, e Antincendio e approccio ingegneristico: al via l’osservatorio su progetti e<br />

deroghe, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 18/2007, pag. 64.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


l’interesse principale verso il decreto è<br />

quello dei produttori dei materiali<br />

classificabili ai fini della reazione al<br />

fuoco. A questo riguardo, si deve ricordare<br />

che i riferimenti ai metodi di<br />

prova, utilizzati per classificare i prodotti<br />

ai fini della reazione al fuoco,<br />

devono essere citati nella documentazione<br />

predisposta dal produttore a corredo<br />

del prodotto immesso in commercio.<br />

Contemporaneamente, però,<br />

il nuovo provvedimento consente al<br />

professionista di avere un’idea dei cri-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

SPECIALE<br />

teri che sono stati adottati per la definizione<br />

dei livelli di sicurezza connessi<br />

all’uso dei prodotti oggetto della<br />

norma, contribuendo ad aumentare la<br />

consapevolezza delle scelte progettuali<br />

ai fini della sicurezza antincendio.<br />

In questo ambito, quindi, si rileva ancora<br />

una volta quanto sia stato importante<br />

il contenuto del documento interpretativo<br />

al requisito esenziale n. 2<br />

della “direttiva sui prodotti da costruzione”,<br />

la 89/106/CE. All’inizio degli<br />

anni novanta, infatti, questo documen-<br />

Decreto del Ministero dell’Interno 25 ottobre 2007<br />

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ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

to aveva delineato i criteri da porre<br />

alla base delle norme di prodotto (e,<br />

cioè, di quelle che definiscono le prove<br />

alle quali sottoporre i materiali per<br />

poterli classificare), in un ambito che<br />

rendesse coerenti queste attività di laboratorio<br />

con la strategia di progettazione<br />

delle opere. Gli effetti del lavoro<br />

si riconoscono anche nel decreto ministeriale<br />

25 orrobre 2007, che lega<br />

l’attività di prova al comportamento<br />

dei materiali, secondo criteri utili anche<br />

ai fini dell’analisi prestazionale.l<br />

Modifiche al decreto 10 marzo 2005, concernente “Classi di reazione al fuoco<br />

per i prodotti da costruzione da impiegarsi nelle opere per le quali<br />

è prescritto il requisito della sicurezza in caso d’incendio”.<br />

In Gazzetta Ufficiale del 5 novembre 2007, n. 257<br />

IL MINISTRO DELL’INTERNO<br />

Visto il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, recante<br />

“Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni<br />

ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a<br />

norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229”;<br />

Visto il decreto del Ministro dell’interno 10 marzo<br />

2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica<br />

italiana n. 73 del 30 marzo 2005, recante ”Classi di<br />

reazione al fuoco per i prodotti da costruzione da impiegarsi<br />

nelle opere per le quali è prescritto il requisito della<br />

sicurezza in caso d’incendio”, in particolare il comma 2<br />

dell’art. 2 e il comma 2 dell’art. 3;<br />

Vista la decisione 2007/348/CE del 15 maggio 2007<br />

della Commissione dell’Unione europea che determina le<br />

classi di reazione all’azione dell’incendio per taluni prodotti<br />

da costruzione per quanto riguarda i pannelli a base<br />

di legno;<br />

Vista la decisione 2006/751/CE del 27 ottobre 2006<br />

della Commissione dell’Unione europea che modifica la<br />

decisione 200/147/CE che attua la direttiva 89/106/CEE<br />

del Consiglio per quanto riguarda la classificazione della<br />

reazione all’azione dell’incendio dei prodotti da costruzione;<br />

Vista la decisione 2006/673/CE del 5 ottobre 2006<br />

della Commissione dell’Unione europea che determina le<br />

classi di reazione all’azione dell’incendio per taluni prodotti<br />

da costruzione per quanto riguarda i pannelli in<br />

cartongesso;<br />

Vista la decisione 2006/213/CE del 6 marzo 2006 della<br />

Commissione dell’Unione europea che determina le classi<br />

di reazione al fuoco per alcuni prodotti da costruzione<br />

per quanto concerne le pavimentazioni in legno e i rivestimenti<br />

e i pannelli in legno massiccio;<br />

Vista la decisione 2005/610/CE del 9 agosto 2005<br />

della Commissione dell’Unione europea che determina<br />

le classi di reazione al fuoco per taluni prodotti da costruzione;<br />

Ravvisata la necessita’ di aggiornare gli allegati A e C<br />

del citato decreto del Ministro dell’interno 10 marzo<br />

2005;<br />

Sentito il parere favorevole del Comitato centrale tecnico<br />

scientifico per la prevenzione incendi di cui all’art.<br />

10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio<br />

1982, n. 577, e successive modificazioni;<br />

Decreta:<br />

Art.1<br />

1. L’allegato A del decreto del Ministro dell’Interno 10<br />

marzo 2005, citato in premessa, è sostituito dall’allegato 1<br />

al presente decreto.<br />

Art.2<br />

1. L’allegato C del decreto del Ministro dell’Interno<br />

10 marzo 2005 è sostituito dall’allegato 2 al presente<br />

decreto.<br />

Il presente decreto viene pubblicato nella Gazzetta<br />

Ufficiale della Repubblica italiana ed entra in vigore il<br />

giorno successivo alla sua pubblicazione. l<br />

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36<br />

ANTINCENDIO<br />

Legislazione<br />

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Allegato 1<br />

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ANTINCENDIO<br />

Articolo<br />

SPECIALE<br />

Ancora atteso il perfezionamento del trasferimento delle funzioni amministrative<br />

Regione Lombardia e MinInterno<br />

insieme per il controllo sulle attività RIR<br />

diWalterRestani, dirigenteUnitàOrganizzativaRischioIndustriale­ARPALombardia<br />

CondeliberadellaGiunta<br />

regionale5ottobre2007,<br />

n.8/5469,laRegioneLombardia<br />

hapubbicatounoschema<br />

diaccordoconilMinistero<br />

dell’Internoalfinediinstaurare<br />

unacollaborazionetraledue<br />

partiperleattivitàinerenti<br />

aicontrollidelleaziendeche<br />

presentanorischidiincidenti<br />

rilevanti.Scopodell’accordo<br />

èquellodidefinirelemodalità<br />

dicooperazione,tralaRegione<br />

eilDicasterofirmatari,che<br />

permettanodimigliorare<br />

laqualitàdell’azione<br />

amministrativa,alfinedipoter<br />

garantendo,allostessotempo,<br />

latuteladell’incolumità<br />

dellepersone,lasalvaguardia<br />

dell’ambienteeilmantenimento<br />

dellecondizionidisicurezza<br />

necessarieall’interno<br />

delleattivitàRIR.<br />

[1] In B.U. Regione Lombardia del 15 ottobre 2007, n. 42.<br />

58<br />

Il testo integrale della delibera della Giunta<br />

Regione Lombardia 5 ottobre 2007, n. 8/5469, è<br />

disponibile nella sezione “Documentazione integrativa”delsito:<br />

La delibera della Giunta Regionale<br />

5 ottobre 2007, n.<br />

VIII/005469 [1] , è uno schema<br />

di accordo tra la Regione Lombardia<br />

e il Ministero dell’Interno<br />

- Dipartimento dei Vigili del Fuoco,<br />

del soccorso pubblico e della<br />

difesa civile, per la collaborazione<br />

nelle attività relative al controllo<br />

sulle aziende a rischio di<br />

incidente rilevante (D.Lgs. n.<br />

334/1999 e seguenti modifiche e<br />

intergazioni).<br />

Questo schema di accordo deve<br />

essere approvato e sottoscritto dal<br />

Ministero dell’Interno.<br />

Le finalità dell’accordo perseguono<br />

l’obbiettivo di definire le<br />

modalità di una reciproca collaborazione<br />

tra la Regione Lombardia<br />

e il Ministero dell’Interno,<br />

nell’attività di controllo di pericoli<br />

di incidente rilevante, connessi<br />

con determinate sostanze pericolose,<br />

che porterà alla emanazione<br />

di un apposito decreto del Presidente<br />

del Consiglio dei Ministri.<br />

A tal fine, le parti si sono impegnate<br />

ad attivare iniziative sinergiche<br />

che, al fine di garantire la<br />

tutela della incolumità delle persone,<br />

la salvaguardia dell’ambien-<br />

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te e il mantenimento delle necessarie<br />

condizioni di sicurezza delle<br />

attività economiche, migliorino la<br />

qualità dell’azione amministrativa.<br />

Con questo accordo le parti sono<br />

tese, inoltre, a sviluppare i<br />

rapporti già in corso al fine di<br />

rafforzare e di rendere sempre più<br />

moderno, efficiente e diffuso il<br />

sistema dei controlli presso le attività<br />

a rischio di incidente rilevante.<br />

La diffusione delle attività a rischio<br />

di incidente rilevante è pari,<br />

nella Regione Lombardia, a più<br />

del 20% (circa il 24%) del totale<br />

insistente sul territorio nazionale.<br />

Iltrasferimento<br />

dellecompetenze<br />

Questo processo si è reso necessario<br />

nelle more del perfezionamento<br />

del trasferimento delle<br />

funzioni amministrative dallo Stato<br />

alle Regioni, in materia di stabilimenti<br />

a rischio di incidente rilevante,<br />

ai sensi del combinato disposto<br />

degli artt. 7 e 72, D.Lgs. 31<br />

marzo 1998, n. 112, e dell’art. 7,<br />

legge 15 marzo 1997, n. 59.<br />

L’art. 72, D.Lgs. n. 112/1998,<br />

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al comma 3, ha disposto che il<br />

trasferimento delle competenze, di<br />

cui al comma 1, deve avvenire subordinatamente<br />

al verificarsi di<br />

tutti i seguenti presupposti:<br />

l l’adozione della normativa di<br />

cui al comma 2 (disciplina regionale<br />

sulla materia ai fini del raccordo<br />

tra i soggetti incaricati dell’istruttoria<br />

e di garantire la sicurezza<br />

del territorio e della popolazione).<br />

La Regione Lombardia,<br />

con legge regionale 23 novembre<br />

2001, n. 19, ha adottato la normativa<br />

di settore di cui all’art. 72;<br />

l l’attivazione dell’Agenzia regionale<br />

protezione ambiente, di cui<br />

all’art. 3, decreto legge 4 dicembre<br />

1993, n. 496, convertito con modificazioni<br />

nella legge 21 gennaio<br />

1994, n. 61. Con legge regionale<br />

14 agosto 1999, n. 16, la regione<br />

Lombardia ha istituito, appunto,<br />

l’ARPA;<br />

l l’accordo di programma tra lo<br />

Stato e la Regione per la verifica<br />

dei presupposti per lo svolgimento<br />

delle funzioni, nonché per le procedure<br />

di dichiarazione.<br />

Il 22 luglio 2003, tra il Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e della Tutela<br />

del territorio e la Regione Lombardia,<br />

è stato siglato un accordo<br />

di programma per la verifica dei<br />

presupposti della legge regionale<br />

23 novembre 2001, n. 19.<br />

Su questo accordo la Corte dei<br />

Conti, sezione di controllo di legittimità<br />

sugli atti del governo<br />

delle amministrazioni dello Stato,<br />

con deliberazione 7 luglio 2005,<br />

n. 11/2005/P, ha formulato alcuni<br />

rilievi, con particolare riferimento<br />

alla mancata osservanza delle procedure<br />

necessarie al trasferimento<br />

delle funzioni e, conseguentemente,<br />

ha rifiutato il visto di registrazione<br />

chiesto dal Ministero procedente.<br />

In data 21 settembre 2005 è<br />

stato sottoscritto, tra il Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> e la Regione Lombardia,<br />

un nuovo accordo di rettifica<br />

e di integrazione del precedente<br />

e a tutela dell’affidamento<br />

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SPECIALE<br />

dei terzi rispetto ai provvedimenti<br />

amministrativi già assunti nei loro<br />

confronti.<br />

Considerato che questo trasferimento<br />

deve essere attuato,<br />

inoltre, ai sensi dell’art. 7, legge<br />

15 marzo 1997, n. 59, attraverso<br />

l’emanazione di<br />

un apposito decreto<br />

del Presidente<br />

del Consiglio<br />

dei Ministri<br />

(sentiti i Ministeri<br />

interessati e<br />

il Ministero del<br />

Tesoro), non ancora<br />

avvenuta,<br />

l’esercizio delle<br />

funzioni da parte<br />

di ciascuna regione<br />

avrà, quale<br />

decorrenza effettiva,<br />

quella<br />

che sarà indicata<br />

nel D.P.C.M.;<br />

nelle more del perfezionamento,<br />

l’esercizio provvisorio riguarderà<br />

altre attività.<br />

Attivitàpregresse<br />

A partire dal 22 luglio 2003, data<br />

della sottoscrizione dell’accordo<br />

di programma per la verifica dei<br />

presupposti della legge regionale<br />

23 novembre 2001, n. 19, la Regione<br />

Lombardia ha adottato alcuni<br />

provvedimenti autorizzatori, sulla<br />

scorta dell’attività consultiva svolta<br />

in sede di Comitato di Valutazione<br />

dei Rischi (CVR), previsto dalla<br />

stessa legge regionale 23 novembre<br />

2001, n. 19.<br />

Inoltre, lo schema di accordo<br />

previsto dalla delibera della Giunta<br />

regionale 5 ottobre 2007, n. 8/5469,<br />

ha riconosciuto che le condizioni di<br />

trasferibilità delle funzioni dallo<br />

Stato alla Regione, in tema di<br />

aziende a rischio di incidente rilevante,<br />

si sono verificate.<br />

Sulla base di questi due presupposti,<br />

comunque, a garanzia della<br />

certezza del procedimento, la Regione<br />

e il Ministero hanno dato<br />

atto che il CVR, di cui alla legge<br />

Icompitidipianificazione<br />

edigestione<br />

dell’emergenzaesterna<br />

perglistabilimentiRIR<br />

rimangonoaffidati<br />

aiprefetti<br />

finoall’adozione<br />

delleopportune<br />

disposizioniregionali<br />

inmateria<br />

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ANTINCENDIO<br />

Articolo<br />

regionale n. 19/2001, ha svolto<br />

l’attività istruttoria e di controllo<br />

assegnatagli dalla disciplina regionale.<br />

Inoltre, per la tutela dell’affidamento<br />

dei gestori, sempre nello<br />

schema di accordo, le parti hanno<br />

riconosciuto l’attività<br />

svolta e<br />

l’adozione, da<br />

parte della regione,<br />

di provvedimenti<br />

posti<br />

in essere in esito<br />

alle attività, alla<br />

data della sottoscrizionedell’accordo<br />

e hanno<br />

predisposto<br />

un piano di visite-sopralluogo,<br />

da realizzare<br />

congiuntamente<br />

nei casi in cui ne<br />

ricorra l’opportunità,<br />

al fine di verificare la sussistenza<br />

delle generali condizioni<br />

di sicurezza, anche nell’ottica dei<br />

prescritti adempimenti di prevenzione<br />

incendi.<br />

Prevenzioneincendi<br />

In particolare, la Regione si è<br />

impegnata a promuovere l’intesa<br />

con il Ministero dell’Interno per<br />

la definizione di modalità che assicurino<br />

il necessario raccordo tra<br />

le procedure per la valutazione<br />

dei rapporti di sicurezza (art. 8) e<br />

le procedure di prevenzione incendi<br />

di cui al D.P.R. 29 luglio<br />

1982, n. 577, e al successivo<br />

D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139.<br />

Attività in corso e future<br />

Sino al definitivo trasferimento<br />

delle funzioni amministrative in<br />

materia di stabilimenti a rischio di<br />

incidente rilevante, da attuarsi ai<br />

sensi della disciplina fissata dal<br />

combinato disposto dell’art. 7, decreto<br />

legislativo 31 marzo 1998,<br />

n. 112, con l’art. 7, legge 15 marzo<br />

1997, n. 59, per gli stabilimenti<br />

di cui all’art. 8, D.Lgs. n. 334/<br />

59


ANTINCENDIO<br />

Articolo<br />

1999, restano ferme le procedure<br />

di cui all’art. 19 dello stesso decreto<br />

legislativo n. 344/1999.<br />

Quindi, le istruttorie dei rapporti<br />

di sicurezza (art. 8) saranno<br />

predisposte presso il CTR (Comitato<br />

tecnico regionale), presso la<br />

direzione regionale dei VVF, ai<br />

sensi del D.Lgs. n. 334/1999.<br />

Partecipano al CTR e alle ispezioni,<br />

ai sensi dell’art. 21, D.Lgs.<br />

n. 334/1999, anche funzionari<br />

rappresentanti della regione e dell’ARPA.<br />

I controlli, le visite ispettive inerenti<br />

al SGS (Sistema di Gestione<br />

della <strong>Sicurezza</strong>) sono svolti ai sensi<br />

dell’art. 25, D.Lgs. n. 334/1999, e sono<br />

disposti ai sensi del decreto del<br />

Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> 5 novembre<br />

1997 (le cosiddette verifiche ispettive<br />

ministeriali).<br />

60<br />

SPECIALE<br />

Competenza<br />

della prefettura sulla PEE<br />

I compiti di pianificazione e di<br />

gestione dell’emergenza esterna<br />

per gli stabilimenti a rischio di incidente<br />

rilevante previsti dall’art.<br />

20, decreto legislativo 17 agosto<br />

1999, n. 334, come modificato dal<br />

decreto legislativo 21 settembre<br />

2005, n. 238, rimangono affidati ai<br />

prefetti fino alla attuazione dell’art.<br />

72, D.Lgs. 1° marzo 1998, n.<br />

112, e sino all’adozione dell’apposita<br />

disposizione regionale in materia.<br />

Il Ministero dell’Interno e la<br />

Regione si sono impegnati, fin da<br />

ora, a definire congiuntamente<br />

quanto necessario per garantire il<br />

graduale trasferimento dei compiti,<br />

evitando ogni interruzione<br />

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nell’attività di pianificazione e di<br />

gestione dell’emergenza esterna.<br />

Verifica dello stato<br />

di attuazione dell’accordo<br />

Al fine di verificare lo stato di<br />

attuazione dell’accordo e di valutare<br />

un suo possibile adeguamento<br />

con nuove misure, sarà mantenuto<br />

operativo un gruppo di governo<br />

dell’accordo, da costituirsi d’intesa<br />

tra le parti, e presieduto, alternativamente,<br />

per un periodo di un<br />

anno, dal direttore generale della<br />

Direzione della Regione individuata<br />

per le attribuzioni in materia<br />

di attività a rischio di incidente<br />

rilevante e dal direttore regionale<br />

dei VVF.<br />

La durata dell’accordo è prevista<br />

di tre anni. l<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Commento<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Dopo la circolare 22 agosto 2007, il Ministero ritorna sull’art. 5, legge n. 123/2007<br />

Sulla sospensione dell’attività di impresa<br />

ulteriori chiarimenti dal MinLavoro<br />

diGiocondaRapuano, ispettoretecnicoDPLdiArezzo,eGiulianoEsposito,ispettoredellavoroDPLdiArezzo<br />

Inseguitoaunprimo<br />

chiarimentointerpretativo<br />

sull’applicazionedell’art.5,<br />

leggen.123/2007,<br />

lalettera-circolare22agosto<br />

2007,mirataafornirealcune<br />

istruzionioperativealpersonale<br />

ispettivoinriferimento<br />

alprovvedimentodisospensione<br />

dell’attivitàimprenditoriale,<br />

ilMinisterodelLavoroedella<br />

Previdenzasocialehavoluto<br />

aggiungerealcune<br />

puntualizzazionisullamateria<br />

conlacircolare14novembre<br />

2007,n.24.Ilnuovo<br />

provvedimento,dimodifica<br />

ediintegrazionedeicontenuti<br />

dellaprecedentecircolare,<br />

hafornitoalcuneprecisazioni<br />

sulladiscrezionalità<br />

delprovvedimento<br />

disospensione,<br />

sullastrumentalità<br />

delleviolazioniinmateria<br />

disicurezza,sullanatura<br />

dellasanzioneamministrativa<br />

aggiuntiva,sull’individuazione<br />

dellesanzioniamministrative<br />

complessivamenteirrogate.<br />

62<br />

Il 10 agosto 2007 è stata pubblicata<br />

in Gazzetta Ufficiale la legge 3<br />

agosto 2007, n.123, «Misure in<br />

tema di tutela della salute e della<br />

sicurezza sul lavoro e delega al Governo<br />

per il riassetto e la riforma<br />

della normativa in materia» [1] .<br />

L’art. 1 indica i principi e i criteri<br />

ai quali il Governo dovrà attenersi<br />

nella predisposizione del Testo unico<br />

in materia di tutela della salute e della<br />

sicurezza sui luoghi di lavoro mentre<br />

gli articoli successivi contengono<br />

norme di immediata attuazione, già<br />

in vigore dal 25 agosto 2007; in particolare,<br />

con l’art. 5, «Disposizioni<br />

per il contrasto del lavoro irregolare<br />

e per la tutela della salute e sicurezza<br />

dei lavoratori», il legislatore ha voluto<br />

sottolineare l’equazione “lavoro<br />

regolare = lavoro sicuro”, introdotta<br />

dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (di<br />

conversione del D.L. 4 luglio 2006,<br />

n. 223, cosiddetto “decreto Bersani”),<br />

la quale ha posto in rapporto di<br />

causa ed effetto rispettivamente il<br />

contrasto al lavoro “nero” e la sicurezza<br />

nei luoghi di lavoro.<br />

Premesso questo, desta particolare<br />

interesse l’analisi del provvedimento<br />

di sospensione dell’attività,<br />

di cui all’art. 5, che ha riprodotto<br />

e rafforzato (soprattutto,<br />

quanto all’ambito applicativo)<br />

l’analogo provvedimento introdotto<br />

dall’art. 36-bis, legge n. 248/<br />

2006, limitato all’attività svolta<br />

nei cantieri edili. Si tratta di un<br />

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provvedimento che, nonostante alcune<br />

problematiche applicative, ha<br />

dato ottimi risultati nella lotta al<br />

lavoro sommerso e irregolare.<br />

Dall’esame dei dati forniti dal Ministero<br />

del Lavoro è emerso che,<br />

dal 12 agosto 2006 (data di entrata<br />

in vigore del “decreto Bersani”) al<br />

30 giugno 2007, sono stati adottati<br />

1.760 provvedimenti di sospensione<br />

a fronte dell’occupazione di<br />

3.789 lavoratori “in nero”, di cui<br />

673 clandestini, con un incremento<br />

del recupero dei contributi evasi<br />

pari al 15,66%.<br />

Ilprovvedimento<br />

disospensione<br />

L’art. 5, legge n. 123/2007, nel<br />

delineare il provvedimento di sospensione<br />

delle attività, ha introdotto<br />

una serie di novità che caratterizzano<br />

l’istituto rispetto alla versione precedente.<br />

Innanzitutto, è di immediata evidenza<br />

l’estensione dell’ambito di<br />

operatività del provvedimento di sospensione;<br />

mantenendo fermo quanto<br />

previsto all’art. 36-bis, legge n. 248/<br />

2006, relativamente al settore dell’edilizia,<br />

lil disposto ha sancito la<br />

generalizzata applicabilità dell’atto<br />

al ricorrere dei presupposti di legge,<br />

indipendentemente dal tipo di attività<br />

imprenditoriale esercitata [2] .<br />

In secondo luogo, ferma restando<br />

la competenza all’emanazione, da<br />

parte del personale ispettivo del Mi-<br />

[1] Il testo completo della legge, composto da 12 articoli, è disponibile sul sito www.parlamento.it.<br />

[2] L’unica limitazione consiste, allora, nel carattere di “imprenditorialità” dell’attività e cioè che essa abbia forma, organizzazione e<br />

finalità d’impresa ai sensi dell’art. 2082, c.c., per il quale «è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica<br />

organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi».<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


nistero del Lavoro e della Previdenza<br />

sociale [3] , come gli ispettori del lavoro,<br />

gli accertatori del lavoro, gli addetti<br />

alla vigilanza e i militari del<br />

Nucleo carabinieri presso le Direzioni<br />

provinciali del lavoro, la segnalazione<br />

dei fatti che possono portare<br />

all’adozione del provvedimento non<br />

è più limitata all’INPS e all’INAIL,<br />

ma a tutte le amministrazioni pubbliche<br />

che, «secondo le rispettive competenze»<br />

e nell’ambito della propria<br />

azione amministrativa, si trovino a<br />

verificare l’esistenza dei presupposti<br />

per l’applicazione dell’atto di sospensione<br />

dell’attività.<br />

Altra rilevante novità, anch’essa<br />

volta all’estensione della sfera operativa<br />

dell’istituto, riguarda i casi di applicabilità<br />

della sospensione. Accanto<br />

alle ipotesi di impiego di lavoratori<br />

non risultanti dalle scritture o da altra<br />

documentazione obbligatoria e di reiterate<br />

violazioni della disciplina relativa<br />

al superamento dei tempi di lavoro<br />

(ipotesi che non subiscono alcun<br />

mutamento nella legge n. 123/<br />

2007), è aggiunta una nuova previsione<br />

che giustifica l’adozione del<br />

provvedimento, il verificarsi di «gravi<br />

e reiterate violazioni della disciplina<br />

in materia di tutela della salute e<br />

sicurezza nei luoghi di lavoro».<br />

Le condizioni per la revoca del<br />

provvedimento sono:<br />

l la regolarizzazione dei lavoratori<br />

non risultanti dalle scritture o da altra<br />

documentazione obbligatoria;<br />

l l’accertamento del ripristino delle<br />

regolari condizioni di lavoro nel caso<br />

di gravi e reiterate violazioni in materia<br />

di lavoro e in materia di tutela della<br />

salute e della sicurezza sul lavoro;<br />

l il pagamento di una sanzione amministrativa<br />

aggiuntiva pari a un<br />

quinto delle sanzioni amministrative<br />

complessivamente irrogate.<br />

Quest’ultima previsione ha finalmente<br />

risolto una importante questione<br />

sorta immediatamente dopo l’entrata<br />

in vigore della legge n. 248/2006.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Una prima interpretazione da parte<br />

della Direzione Generale dell’attività<br />

ispettiva del Ministero del Lavoro<br />

subordinava la revoca della sospensione<br />

e la ripresa dell’attività lavorativa,<br />

oltre che all’eliminazione<br />

delle violazioni, anche al «pagamento<br />

delle sanzioni amministrative e civili»;<br />

questa interpretazione appariva<br />

senz’altro viziata sotto l’aspetto delle<br />

garanzie che la legge riconosce al<br />

trasgressore. Si pensi al termine di<br />

sessanta giorni che l’art. 16, legge n.<br />

689/1981, ha accordato al trasgressore<br />

per il pagamento delle sanzioni<br />

amministrative, all’istanza di riesame<br />

della fondatezza dell’accertamento<br />

prevista dall’art. 18 o, infine, alla<br />

possibilità di chiedere il pagamento<br />

rateale della sanzione pecuniaria, ai<br />

sensi dell’art. 26, legge n. 689/1981.<br />

La Direzione generale per l’attività<br />

ispettiva del Ministero del Lavoro,<br />

con nota 11 aprile 2007 aveva preso<br />

atto del problema esclusivamente sul<br />

piano pratico; infatti, pur confermando<br />

che la regolarizzazione richiede la<br />

«reintegrazione dell’ordine giuridico<br />

violato anche attraverso il pagamento<br />

delle sanzioni amministrative»,<br />

aveva posto l’accento sulle difficoltà<br />

finanziarie nelle quali l’impresa<br />

avrebbe potuto trovarsi in virtù di<br />

«provvedimenti sanzionatori che prevedono<br />

il pagamento di rilevanti importi<br />

pecuniari». Nell’affidare all’organo<br />

di vigilanza la verifica delle difficoltà<br />

finanziarie, la circolare aveva<br />

previsto che, in questi casi, la revoca<br />

della sospensione potesse prescindere<br />

dal pagamento delle sanzioni ed essere<br />

subordinata alla mera reintegrazione<br />

dell’ordine giuridico violato.<br />

L’entrata in vigore dell’art. 5, legge<br />

n. 123/2007, ha introdotto una<br />

sanzione ad hoc che, tuttavia, poteva<br />

lasciare dubbi a proposito del tipo di<br />

sanzioni amministrative complessivamente<br />

irrogate.<br />

L’intervento del Ministero del Lavoro<br />

è stato tempestivo; infatti, con<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Commento<br />

lettera circolare 22 agosto 2007, nel<br />

dettare le prime istruzioni operative<br />

al personale ispettivo, ha chiarito che<br />

la quantificazione dell’importo sanzionatorio<br />

dovrà avvenire con riferimento<br />

alle sole sanzioni immediatamente<br />

accertate; la successiva circolare<br />

14 novembre 2007, n. 24, ha<br />

ulteriormente chiarito che, trattandosi<br />

di una questione che si pone solo con<br />

riferimento all’ipotesi di cui alla lettera<br />

a), comma 2, art. 5, legge n.<br />

123/2007, possono essere considerate<br />

tutte le sanzioni irrogate per «l’occupazione<br />

di manodopera in nero».<br />

Laproblematicaapplicazione<br />

dellasospensione<br />

La novità introdotta dalla legge n.<br />

123/2007 che ha suscitato le maggiori<br />

perplessità è senza dubbio l’estensione<br />

del provvedimento di sospensione<br />

ai casi di gravi e di reiterate<br />

violazioni della disciplina in materia<br />

di tutela della salute e della sicurezza<br />

sul lavoro, sia con riferimento alla<br />

gravità sia alla reiterazione.<br />

In realtà, la lettera circolare esplicativa<br />

del Ministero del Lavoro 22<br />

agosto 2007, pur dichiarando l’intenzione<br />

di eliminare quanto più possibile<br />

ogni incertezza interpretativa,<br />

aveva individuato le gravi violazioni<br />

nelle «disposizioni sanzionatorie punite<br />

con le pene più gravi (sia di<br />

carattere detentivo che pecuniario)»,<br />

lasciando indefinito il criterio di individuazione<br />

della gravità di entrambe,<br />

sia delle violazioni sia delle pene correlate.<br />

Per quanto riguarda il requisito<br />

della reiterazione, la circolare sembrava<br />

fare riferimento ad accertamenti<br />

che avessero a oggetto il quinquennio<br />

precedente alla emanazione<br />

della legge. La nuova interpretazione<br />

ministeriale, formulata d’intesa dalla<br />

Direzione generale per l’attività<br />

ispettiva e dalla Direzione generale<br />

della tutela delle condizioni di lavoro,<br />

sentito il Coordinamento tecnico<br />

delle Regioni, nel ritenere che nel-<br />

[3] Deve essere segnalato, quale rilevante innovazione proprio in ordine alla competenza a emanare il provvedimento, che il comma 6,<br />

art. 5, legge n. 123/2007, ha esteso l’adottabilità dello stesso al personale ispettivo delle Aziende sanitarie locali quando lo stesso<br />

accerti violazioni alla disciplina in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.<br />

63


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Documento<br />

l’ambito delle “gravi” violazioni in<br />

materia prevenzionistica rientrino le<br />

violazioni che giustificano l’adozione<br />

del provvedimento interdittivo, in<br />

quanto ledono i principi fondamentali<br />

del sistema prevenzionale e mettono<br />

a repentaglio gli interessi generali<br />

dell’ordinamento, fa riserva di definire<br />

un elenco esplicito delle stesse da<br />

concordarsi con il predetto Coordinamento<br />

tecnico.<br />

Relativamente al requisito della<br />

reiterazione, è stato chiarito che «la<br />

ripetizione di condotte illecite gravi<br />

nell’arco temporale dell’ultimo quinquennio,<br />

in ossequio a quanto previsto<br />

dall’art. 11 delle Disposizioni sulla<br />

legge in generale va individuato a<br />

decorrere dall’entrata in vigore della<br />

L. n.123/2007».<br />

Altro importante chiarimento ha<br />

riguardato l’ambito di applicazione<br />

del provvedimento.<br />

Con la circolare 22 agosto 2007, il<br />

Ministero del Lavoro aveva fornito<br />

64<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

una interpretazione letterale della<br />

norma («Fermo restando quanto previsto<br />

dall’art. 36-bis della legge 4<br />

agosto 2006, n. 248»), ritenendo che<br />

le previsioni dell’art. 5 si dovessero<br />

riferire a tutte le altre attività imprenditoriali,<br />

a esclusione dei cantieri edili<br />

ai quali continuava ad applicarsi<br />

l’art. 36-bis.<br />

Con la nuova circolare, lo stesso<br />

Dicastero ha interpretato «quel fermo<br />

restando» quale legame rafforzativo<br />

tra le due norme, arrivando alla indubbia<br />

considerazione che nella nozione<br />

di attività imprenditoriale debbano<br />

essere fatte rientrare anche le<br />

aziende operanti nel settore edile,<br />

trattandosi indubbiamente di uno dei<br />

settori lavorativi maggiormente colpito<br />

dal fenomeno degli infortuni<br />

gravi e mortali ed essendo, inoltre, il<br />

principale settore in cui il personale<br />

ispettivo del Ministero del Lavoro ha<br />

mantenuto una competenza “concorrente”<br />

a vigilare sulla materia della<br />

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salute e della sicurezza sul lavoro.<br />

D’altra parte, una giusta interpretazione<br />

dell’art. 5 non può prescindere<br />

dalla previsione della lettera q), art.<br />

1, legge n. 123/2007, quella della<br />

«razionalizzazione e coordinamento<br />

delle strutture centrali e territoriali<br />

di vigilanza nel rispetto dei principi<br />

di cui all’art. 19 del decreto legislativo<br />

19 dicembre 1994, n. 758, e dell’articolo<br />

23, comma 4, del decreto<br />

legislativo 19 settembre 1994, n.<br />

626». Partendo da questa correlazione,<br />

la circolare n. 24/2007 ha chiarito<br />

definitivamente che gli ispettori del<br />

lavoro hanno competenza ad adottare<br />

il provvedimento di sospensione per<br />

gravi e reiterate violazioni in materia<br />

di salute e sicurezza sul lavoro limitatamente<br />

alle materie individuate<br />

con il D.P.C.M. n. 412/1997. Ulteriori<br />

approfondimenti sul tema saranno<br />

pubblicati sui prossimi numeri di<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>. l<br />

Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale<br />

- Direzione generale per l’Attività Ispettiva<br />

- Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro<br />

14 novembre 2007, n. 24<br />

Legge n. 123/2007 - Norme di diretta attuazione - Indicazioni operative al personale ispettivo<br />

Con riferimento alla concreta applicazione delle norme<br />

di diretta attuazione contenute nella L. n. 123/2007, questo<br />

Ministero ha provveduto a fornire le prime indicazioni<br />

di carattere interpretativo al personale ispettivo, seppur<br />

con esclusivo riferimento al provvedimento di sospensione<br />

dell’attività imprenditoriale.<br />

A seguito di un più attento ed approfondito esame delle<br />

questioni connesse alla applicazione della citata normativa<br />

si ritiene opportuno fornire i seguenti chiarimenti a parziale<br />

modifica ed integrazione dei contenuti della lettera circolare<br />

del 22 agosto 2007, chiarimenti formulati d’intesa<br />

con la Direzione generale della Tutela delle Condizioni di<br />

Lavoro e sentito il Coordinamento tecnico delle Regioni.<br />

Provvedimentodisospensione<br />

dell’attivitàimprenditoriale<br />

La nuova formulazione contenuta nell’art. 5 L. n.<br />

123/2007 riprende sostanzialmente i contenuti dell’art.<br />

36-bis del D.L. n. 223/2006 (conv. da L. n. 248/2006),<br />

ampliando però sia la platea dei destinatari che i pre-<br />

supposti operativi del provvedimento interdittivo.<br />

Ferme restando, pertanto, le previsioni di cui al citato<br />

art. 36-bis, si sottolinea il legame di forte continuità fra le<br />

due disposizioni, entrambe volte a coniugare i principi di<br />

sicurezza e di regolarità del rapporto di lavoro e caratterizzate<br />

dalla sussistenza dei medesimi presupposti operativi.<br />

L’elemento innovativo introdotto dall’art. 5 della L. n.<br />

123/2007, rappresentato dal presupposto delle “gravi e<br />

reiterate violazioni in materia di sicurezza”, non fa altro<br />

che rafforzare l’efficacia dello strumento interdittivo, in<br />

particolare in tutte quelle realtà caratterizzate da rischi<br />

rilevanti e da una particolare incidenza del fenomeno<br />

infortunistico.<br />

Ne consegue, pertanto, che la nozione di attività imprenditoriale,<br />

già interpretata nel senso di “unità produttiva”<br />

con la predetta lettera circolare del 22 agosto u.s., non<br />

può non ricomprendere, necessariamente, anche le aziende<br />

operanti nel settore edile nel quale, come noto, maggiormente<br />

si avverte l’esigenza di elevare gli standards di<br />

sicurezza e tutela delle condizioni di lavoro.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


Discrezionalità del provvedimento di sospensione<br />

Fermo restando quanto già precisato con la citata lettera<br />

circolare del 22 agosto u.s., relativamente alla possibilità<br />

di non emanare il provvedimento di sospensione nelle<br />

ipotesi in cui la sua adozione comporti una imminente<br />

situazione di pericolo sia per i lavoratori che per i terzi<br />

nonché nelle ipotesi in cui l’interruzione dell’attività imprenditoriale<br />

comporti un irrimediabile degrado “degli<br />

impianti e delle attrezzature”, vanno svolte ulteriori considerazioni<br />

in ordine alla opportunità di non adottare o<br />

differire l’adozione dello stesso provvedimento.<br />

In particolare, va attentamente valutata l’opportunità di<br />

adottare il provvedimento di sospensione in tutte quelle<br />

ipotesi in cui si venga a compromettere il regolare funzionamento<br />

di una attività di servizio pubblico, anche in<br />

connessione (ad esempio attività di trasporto, di fornitura<br />

di energia elettrica, acqua, luce, gas ecc.), così pregiudicando<br />

il godimento di diritti costituzionalmente garantiti.<br />

Una possibile limitazione all’esercizio di tali diritti trova<br />

invece giustificazione laddove il provvedimento di sospensione<br />

per gravi e reiterate violazioni della normativa<br />

in materia di sicurezza sia funzionale alla tutela del primario<br />

diritto costituzionale alla salute di cui all’art. 32 Cost.<br />

Strumentalità dell’accertamento<br />

delle violazioni in materia di sicurezza<br />

Un primo dubbio interpretativo sollevato attiene al riconoscimento<br />

in capo al personale ispettivo del Ministero<br />

del Lavoro, in virtù dell’art. 5, comma 1, della L. n.<br />

123/2007 di una generalizzata competenza nella materia<br />

attinente alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.<br />

In primo luogo va chiarito che con la citata disposizione<br />

il Legislatore non sembra aver voluto modificare il<br />

preesistente quadro delle competenze che, come noto,<br />

prevede il conferimento in via generale delle funzioni di<br />

vigilanza nella materia in questione al personale ispettivo<br />

delle aziende sanitarie locali (L. n. 833/1978) e una competenza<br />

“concorrente” degli ispettori del lavoro limitatamente<br />

alle materie individuate con il D.P.C.M. n. 412/<br />

1997. Da ciò consegue che, almeno in via di prima applicazione<br />

dell’istituto, salvo successive diverse istruzioni<br />

da concordare con il Coordinamento tecnico delle Regioni,<br />

il personale ispettivo del Ministero del Lavoro provvede<br />

ad adottare l’atto di sospensione in caso di gravi e<br />

reiterate violazioni in materia di tutela della sicurezza e<br />

salute del lavoro con esclusivo riferimento al proprio<br />

ambito di competenza e cioè nel settore delle costruzioni<br />

edili o di genio civile, nei lavori in sotterraneo e gallerie,<br />

nei lavori mediante cassoni in aria compressa e subacquei,<br />

nei lavori in ambito ferroviario, e nel settore delle<br />

radiazioni ionizzanti. Per quanto attiene al requisito della<br />

reiterazione, da intendersi come ripetizione di condotte<br />

illecite “gravi” nell’arco temporale dell’ultimo quinquennio,<br />

in ossequio a quanto previsto dall’art. 11 delle Disposizioni<br />

sulla legge in generale, lo stesso va individuato a<br />

decorrere dalla data di entrata in vigore della L. n. 123/<br />

2007 con esclusione, quindi, delle condotte antecedenti a<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Documento<br />

tale data. La verifica del requisito della reiterazione impone,<br />

evidentemente, una ricerca delle violazioni pregresse<br />

da svolgersi nel modo più rigoroso e quindi, in particolare,<br />

sia all’interno della Amministrazione di appartenenza<br />

sia mediante lo scambio di informazioni con gli altri<br />

organi di vigilanza competenti in materia, sia tramite<br />

l’accertamento dell’esistenza di sentenze penali passate in<br />

giudicato, sia presso l’impresa soggetta ad ispezione. Per<br />

quanto attiene invece alla individuazione delle “gravi”<br />

violazioni in materia prevenzionistica, nel ribadire che in<br />

tale ambito rientrano le violazioni che giustificano l’adozione<br />

del provvedimento interdittivo in quanto ledono i<br />

principi fondamentali del sistema prevenzionale e mettono<br />

a repentaglio gli interessi generali dell’ordinamento, si<br />

fa riserva di definire un elenco esplicito delle stesse da<br />

concordarsi con il Coordinamento tecnico delle Regioni.<br />

Ciò nel rispetto del principio di tassatività che non può<br />

non connotare il presupposto per l’adozione di un provvedimento<br />

di rilevante gravità quale la sospensione di una<br />

attività imprenditoriale.<br />

Natura della “sanzione amministrativa aggiuntiva”<br />

Un altro dubbio interpretativo attiene al pagamento<br />

della “sanzione amministrativa aggiuntiva” quale presupposto<br />

per la revoca del provvedimento di sospensione.<br />

Al riguardo occorre preliminarmente precisare che, nonostante<br />

il tenore letterale della disposizione normativa, non<br />

si è in presenza di una sanzione amministrativa, quanto<br />

piuttosto di un “onere economico accessorio”.<br />

A tale conclusione si giunge considerando, da un lato,<br />

che ad essa non trova applicazione il meccanismo di<br />

quantificazione di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981, in<br />

quanto il criterio di computo è già definito dalla legge,<br />

dall’altro perché in caso di mancato pagamento da parte<br />

del trasgressore di detto onere, l’unica conseguenza consiste<br />

nella mera permanenza degli effetti sospensivi del<br />

provvedimento, senza alcun ulteriore seguito in termini di<br />

riscossione coattiva del relativo importo.<br />

Individuazione delle sanzioni amministrative<br />

complessivamente irrogate<br />

Ulteriore nodo interpretativo da sciogliere concerne<br />

l’esatta individuazione della nozione di sanzioni amministrative<br />

complessivamente irrogate.<br />

In primo luogo è da rilevare che la questione si pone<br />

evidentemente solo con riferimento all’ipotesi di cui alla<br />

lettera a) del comma 2 dell’art. 5 della L. n. 123/2007 e<br />

cioè alle violazioni da considerarsi “connesse” all’illecito<br />

concernente l’utilizzazione di lavoratori non risultanti dalle<br />

scritture o da altra documentazione obbligatoria. A<br />

titolo esemplificativo, pertanto, si possono considerare<br />

tutte quelle ipotesi di violazione conseguenti all’occupazione<br />

di monodopera in nero e cioè la “maxisanzione”,<br />

l’omessa istituzione ed esibizione dei libri obbligatori, la<br />

mancata scritturazione del personale sui libri obbligatori,<br />

il mancato inoltro all’INAIL della denuncia nominativa<br />

assicurati, l’omessa comunicazione di assunzione al Cen-<br />

65


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Documento<br />

tro per l’Impiego, l’omessa consegna al lavoratore della<br />

lettera di assunzione nonché del prospetto di paga.<br />

Quanto alla formulazione normativa che fa riferimento<br />

alla “irrogazione” delle sanzioni, già con la lettera circolare<br />

del 22 agosto 2007, si è fatto ricorso alla nozione di<br />

violazioni immediatamente accertate dal personale ispettivo<br />

in sede di verifica in quanto, in realtà, l’accertamento<br />

è il presupposto logico necessario all’irrogazione delle<br />

sanzioni stesse. Dal punto di vista operativo, pertanto, è<br />

sufficiente considerare gli importi relativi alle violazioni<br />

riportate nel verbale di accertamento, indipendentemente<br />

dal fatto che per le stesse, a livello procedimentale, si<br />

debba adottare la diffida obbligatoria ex art. 13 D.Lgs. n.<br />

124/2004, ovvero procedere alla contestazione di illecito<br />

amministrativo ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689/1981.<br />

Inoltre, per quanto attiene alla quantificazione dell’importo<br />

relativo alle violazioni di cui sopra - così come già<br />

indicato con la citata lettera circolare del 22 agosto 2007 -<br />

lo stesso va comunque quantificato ai sensi dell’art. 16<br />

della L. n. 689/1981, a prescindere che sussistano o meno<br />

i presupposti della diffida obbligatoria.<br />

Va tenuto presente, infatti, che la commisurazione di<br />

tale importo aggiuntivo è meramente strumentale alla<br />

adozione della revoca del provvedimento di sospensionema<br />

come già detto, non ha una sua autonomia quale<br />

distinta fattispecie sanzionatoria. Sotto il profilo procedimentale<br />

infine, l’adozione del provvedimento di diffida o<br />

di notificazione di illecito amministrativo, relativi a dette<br />

violazioni, può avvenire anche in un momento successivo<br />

all’adozione del provvedimento di sospensione, secondo<br />

l’iter ordinario.<br />

ModificazionialD.Lgs.n.626/1994<br />

inmateriadiappalti<br />

Di particolare rilievo appare la previsione che, sostituendo<br />

il comma 3 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 626/1994 dà<br />

un significato puntuale alla nozione di cooperazione e<br />

coordinamento fra datore di lavoro committente e appaltatore<br />

in ordine alla pianificazione di sicurezza, introducendo<br />

a carico del primo l’obbligo di elaborare un documento<br />

unico di valutazione relativo ai rischi scaturenti<br />

dalla “interferenza” delle lavorazioni.<br />

È evidente che per tutti gli altri rischi non riferibili alle<br />

interferenze resta immutato l’obbligo per ciascuna impresa<br />

di elaborare il proprio documento di valutazione dei<br />

rischi e di provvedere all’attuazione delle misure di sicurezza<br />

necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi<br />

specifici propri dell’attività svolta.<br />

Premesso che nell’ambito della nozione di “appalto”,<br />

in considerazione delle finalità sopra evidenziate, non<br />

possono non rientrare anche le ipotesi di subappalto così<br />

come quelle di “fornitura e posa in opera” di materiali,<br />

tutte accomunate dalla caratteristica dell’impiego necessario<br />

di manodopera, si precisa che l’obbligo di pianificazione<br />

a carico del committente trova applicazione in tutti<br />

gli appalti c.d. “interni” nei confronti di imprese o lavora-<br />

66<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

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tori autonomi ma, in virtù delle modifiche introdotte dall’art.<br />

1, comma 910, della L. n. 296/2006 (Finanziaria<br />

2007), anche nel caso di affidamento di lavori o servizi<br />

rientranti “Nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda<br />

medesima”. Ciò comporta che l’obbligo di elaborazione<br />

del documento unico di valutazione del rischio<br />

sussiste anche nelle ipotesi di appalti “extraziendali” che<br />

tuttavia risultino necessari al fine della realizzazione del<br />

ciclo produttivo dell’opera o del servizio e non siano<br />

semplicemente preparatori o complementari della attività<br />

produttiva in senso stretto.<br />

È da ritenere che da tale ambito debbano escludersi le<br />

attività che, pur rientrando nel ciclo produttivo aziendale,<br />

si svolgano in locali sottratti alla giuridica disponibilità<br />

del committente e, quindi, alla possibilità per lo stesso di<br />

svolgere nel medesimo ambiente gli adempimenti stabiliti<br />

dalla legge.<br />

Il documento unico di valutazione del rischio, inoltre,<br />

non può considerarsi un documento “statico” ma necessariamente<br />

“dinamico”, per cui la valutazione effettuata<br />

prima dell’inizio dei lavori deve necessariamente essere<br />

aggiornata in caso di subappalti o forniture e posa in<br />

opera intervenuti successivamente ovvero in caso di modifiche<br />

di carattere tecnico, logistico o organizzativo incidenti<br />

sulle modalità realizzative dell’opera o del servizio<br />

che dovessero intervenire in corso d’opera.<br />

RappresentantedeiLavoratori<br />

perla<strong>Sicurezza</strong>edocumento<br />

divalutazionedeirischi<br />

Modificando l’art. 19, comma 5, del D.Lgs. n. 626/<br />

1994 la normativa in esame interviene a risolvere con<br />

chiarezza la problematica concernente la fruizione da parte<br />

del Rappresentante dei Lavoratori per la <strong>Sicurezza</strong> del<br />

documento di valutazione dei rischi. Nonostante già con<br />

circ. n. 68/2000 di questo Ministero il diritto di accesso al<br />

documento in questione fosse stato interpretato come materiale<br />

consegna del documento salvo ipotesi eccezionali,<br />

continuavano a verificarsi comportamenti datoriali non in<br />

linea con la citata interpretazione ministeriale. La previsione<br />

normativa esplicita ora che il datore di lavoro è tenuto a<br />

consegnare materialmente copia del documento nonché<br />

del registro infortuni al Rappresentante dei Lavoratori per<br />

la <strong>Sicurezza</strong>. A tal proposito è però opportuno ricordare<br />

che l’art. 9, comma 3, del D.Lgs. n. 626/1994 impone ai<br />

Rappresentanti dei Lavoratori per la <strong>Sicurezza</strong> il segreto in<br />

ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza<br />

nell’esercizio delle loro funzioni. Si rimarca, altresì, che i<br />

Rappresentanti dei Lavoratori per la <strong>Sicurezza</strong> possono<br />

utilizzare le informazioni contenute nei documenti in parola<br />

unicamente per esercitare le funzioni loro riservate,<br />

dovendo rispettare al riguardo le previsioni di legge in<br />

materia di tutela del segreto industriale e riservatezza.<br />

Tesseradiriconoscimento<br />

delpersonaleimpegnatoinappalti<br />

L’art. 6 della normativa in esame introduce, anche per i<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


datori di lavoro operanti in attività non edili, l’obbligo di<br />

munire il personale occupato nell’ambito degli appalti e<br />

subappalti, a decorrere dal 1° settembre 2007, di apposita<br />

tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente<br />

le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore<br />

di lavoro.<br />

Quanto al campo di applicazione della previsione va<br />

precisato che l’ambito di riferimento è da individuarsi nei<br />

soli appalti “interni”, considerata la ratio della disposizione<br />

volta a consentire una più agevole identificazione del<br />

personale impegnato in contesti organizzativi complessi<br />

caratterizzati dalla compresenza, in uno stesso luogo, di<br />

lavoratori appartenenti a diversi datori di lavoro.<br />

L’obbligo datoriale, come risulta chiaramente dalla formulazione<br />

normativa, è quello di “munire” il “personale<br />

occupato” dall’azienda - come tale intendendosi sia i lavoratori<br />

subordinati che coloro i quali risultano comunque<br />

inseriti nel ciclo produttivo, ricevendo direttive in ordine<br />

alle concrete modalità di svolgimento della prestazione<br />

lavorativa dedotta in contratto (ad esempio lavoratore a<br />

progetto) - della tessera di riconoscimento, mentre l’obbligo<br />

in capo al lavoratore è quello di esporre detta tessera.<br />

Tenuto conto delle citate finalità della disposizione, i<br />

lavoratori sono tenuti a portare indosso in chiara evidenza<br />

la tessera di riconoscimento e medesimo obbligo fa capo ai<br />

lavoratori autonomi che operano nell’ambito dell’appalto, i<br />

quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto (ad esempio<br />

artigiani). I dati contenuti nella tessera di riconoscimento<br />

devono consentire l’inequivoco ed immediato riconoscimento<br />

del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia,<br />

deve essere riportato in modo leggibile almeno il<br />

nome, il cognome e la data di nascita. La tessera inoltre<br />

deve indicare il nome o la ragione sociale dell’impresa<br />

datrice di lavoro. La previsione normativa stabilisce ancora<br />

che, in via alternativa, i soli datori di lavoro che occupano<br />

meno di dieci dipendenti (cioè massimo nove) possono<br />

assolvere all’obbligo di esporre la tessera “mediante annotazione,<br />

su apposito registro vidimato dalla Direzione provinciale<br />

del lavoro territorialmente competente da tenersi<br />

sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente<br />

impiegato nei lavori”. Con riferimento all’ambito<br />

applicativo della previsione si rinvia a quanto già precisato<br />

dalla circ. n. 29/2006 di questo Ministero.<br />

Dalla formulazione della norma, inoltre, si evince che<br />

l’obbligo di tenere il registro in argomento è riferito a<br />

ciascun appalto di opere o servizi, cosicché l’impresa<br />

interessata è tenuta ad istituire più registri qualora svolga<br />

la propria attività in luoghi diversi.<br />

Tale registro non può mai essere rimosso dal luogo di<br />

lavoro in quanto altrimenti si vanifica la finalità per la<br />

quale lo stesso è stato istituito; va altresì precisato che le<br />

annotazioni sullo stesso vanno effettuate necessariamente<br />

prima dell’inizio dell’attività lavorativa giornaliera in<br />

quanto trattasi di un registro “di presenza” sul luogo di<br />

lavoro.<br />

Per quanto concerne le modalità di vidimazione del<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Documento<br />

registro da parte delle Direzioni provinciali del lavoro è<br />

possibile rinviare in via analogica a quanto previsto dal<br />

T.U. n. 1124/1965 con riferimento ai libri di paga e matricola.<br />

Sotto il profilo sanzionatorio la mancata tenuta sul<br />

luogo di lavoro del registro ovvero l’irregolare tenuta<br />

dello stesso comporta in capo al datore di lavoro la medesima<br />

sanzione prevista con riferimento alle tessere di<br />

riconoscimento (dae100 ade500 per ciascun lavoratore),<br />

essendo il registro uno strumento alternativo ed equipollente<br />

alle stesse.<br />

Nei confronti di tali sanzioni si ricorda da ultimo che<br />

non è ammessa la procedura di diffida di cui all’articolo 13<br />

del D.Lgs. n. 124/2004 per espressa previsione normativa.<br />

Modifichealcomma1198<br />

dellaL.n.296/2006<br />

L’art. 11 della legge modifica l’art. 1, comma 1198,<br />

della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007) che precludeva<br />

per un anno gli accertamenti ispettivi anche in materia di<br />

sicurezza nei confronti delle imprese che hanno presentato<br />

domanda di emersione, prevedendo altresì un periodo<br />

di moratoria di pari durata per la regolarizzazione delle<br />

carenze prevenzionistiche.<br />

Preso atto delle possibili criticità anche sul piano dei<br />

principi costituzionali della formulazione normativa, la<br />

disposizione chiarisce in modo inequivoco che la sospensione<br />

delle verifiche ispettive non trova applicazione con<br />

riferimento alla materia della sicurezza e salute dei lavoratori,<br />

materia in ordine alla quale rimangono intatte le<br />

prerogative accertative degli organi di vigilanza. È dunque<br />

conseguentemente soppressa la possibilità da parte<br />

del datore di lavoro di usufruire del termine annuale per la<br />

regolarizzazione delle citate carenze prevenzionistiche.<br />

Applicazionedelladiffidadaparte<br />

delpersonaleamministrativo<br />

degliIstitutiprevidenziali<br />

L’art. 4, comma 6 interviene a risolvere la problematica<br />

concernente la applicazione dell’istituto della diffida<br />

obbligatoria di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 da<br />

parte del personale amministrativo degli Enti previdenziali<br />

che accerta d’ufficio la sussistenza di violazioni amministrative<br />

“comunque sanabili”. Essendo l’istituto della<br />

diffida prerogativa del personale ispettivo del Ministero<br />

del Lavoro e degli Enti si poneva infatti il problema della<br />

sua adozione - anche in quanto condizione di procedibilità<br />

dell’illecito - da parte di personale degli Enti che non<br />

riveste tale qualifica pur svolgendo, ai sensi dell’art. 13<br />

della L. n. 689/1981, una attività accertativa in materia<br />

previdenziale. La disposizione, con estrema chiarezza,<br />

prevede dunque l’estensione della procedura di diffida<br />

anche con riferimento a tale personale risolvendo peraltro<br />

una delicata questione sul piano della parità di trattamento<br />

dei contravventori e privilegiando il profilo “sostanziale”<br />

del procedimento di composizione dell’illecito amministrativo<br />

rispetto all’elemento “formale” della qualifica rivestita<br />

dal soggetto accertatore. l<br />

67


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

In capo a ogni figura professionale le mansioni per la tutela del lavoratore<br />

L’organizzazione della sicurezza aziendale<br />

parte integrante della gestione generale<br />

diGiuseppeDeDominicis, consulentesicurezzaeambientelavoro<br />

All’internodell’organizzazione<br />

diunaaziendaèincapo<br />

allediversefigurecoinvolte<br />

nel“sistemasicurezza”<br />

l’obbligodigarantire«l’integrità<br />

fisicaelapersonalitàmorale»<br />

deilavoratori(art.2087,codice<br />

civile).Inparticolare,ildatore<br />

dilavorodeveadottarepercorsi<br />

diaggiornamentoalfine<br />

diottenereuncontinuo<br />

miglioramentodelleazioni<br />

preventive.Allostessomodo,<br />

lealtrefigureprofessionali<br />

presentinell’azienda,<br />

daldirigentealpreposto,<br />

dallavoratorestessoal<br />

responsabiledelservizio<br />

diprevenzioneeprotezione<br />

dairischi,finoalmedico<br />

competente,alRLS,all’addetto<br />

alprontosoccorsoeallasquadra<br />

diemergenza,dovrannofare<br />

inmododimettereinattotutte<br />

lepossibiliaccortezzealsolo<br />

scopodigarantirelatutela<br />

dellasaluteedellasicurezza<br />

dituttelepersonepresenti<br />

inaziendaedesterne.<br />

68<br />

2087, c.c., dispone che è<br />

opportuno «adottare in<br />

L’art.<br />

azienda le misure che, secondo<br />

la particolarità del lavoro,<br />

l’esperienza e la tecnica, sono necessarie<br />

per tutelare l’integrità fisica<br />

e la personalità morale dei prestatori<br />

di lavoro» (si veda lo schema<br />

1).<br />

La cosa più importante di questa<br />

disposizione legislativa è che il datore<br />

di lavoro deve attuare, nel tempo,<br />

percorsi di aggiornamento per<br />

un continuo miglioramento delle attività<br />

preventive da adottare in<br />

azienda, al passo con l’evoluzione<br />

dell’esperienza industriale e del<br />

progresso tecnico.<br />

Così facendo, si pone all’apice<br />

dell’interesse la sicurezza umana e<br />

la tutela della salute del personale<br />

aziendale e ne scaturisce che ogni<br />

iniziativa produttiva deve interessarsi<br />

e preoccuparsi di non creare<br />

danni a questo bene primario che è<br />

la vita umana.<br />

Per l’imprenditore il dovere di<br />

tutelare la salute e l’integrità fisica<br />

dei propri dipendenti deve essere<br />

inteso come prioritario a ogni altro<br />

obbiettivo.<br />

Lapoliticaaziendale<br />

inmateriadisicurezza<br />

La politica della salute e della<br />

sicurezza sul lavoro costituisce parte<br />

integrante della gestione generale<br />

dell’azienda e, pertanto, le misure<br />

da attuare da parte della direzione<br />

aziendale passano necessariamente<br />

attraverso le seguenti attività (si veda<br />

anche lo schema 2):<br />

l predisporre il lavoro delle proprie<br />

unità produttive, in particolare<br />

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al momento delle scelte tecniche e<br />

organizzative delle operazioni, nel<br />

rispetto delle norme e dei criteri di<br />

prevenzione e in armonia con gli<br />

obbiettivi e i programmi generali<br />

aziendali, al fine di permettere la<br />

pianificazione dei lavori in condizioni<br />

di sicurezza;<br />

l assicurare il puntuale rispetto degli<br />

adempimenti legislativi in materia<br />

di sicurezza sul lavoro, in tema<br />

di protezione e di tutela della salute<br />

dei lavoratori e in merito all’antincendio,<br />

in particolare, per l’individuazione<br />

dei fattori di rischio e per<br />

la valutazione degli stessi;<br />

l utilizzare risorse economiche e<br />

formulare il budget annuale ai fini<br />

della preventivazione e delle realizzazioni<br />

di interventi per migliorare<br />

la sicurezza delle macchine, degli<br />

impianti, degli immobili, degli ambienti<br />

di lavoro in genere, per l’acquisto<br />

dei dispositivi di protezione<br />

individuale (DPI) e per il monitoraggio<br />

periodico ambientale delle<br />

unità produttive;<br />

l coordinare le attività di lavoro in<br />

modo che le singole operazioni e i<br />

singoli apporti siano armonizzati al<br />

fine di evitare che, con la loro interferenza<br />

e con il loro modo irrazionale<br />

di esprimersi, possano creare<br />

condizioni di rischio ulteriori;<br />

l individuare, anche attraverso le<br />

unità competenti nelle attività (per<br />

esempio, di produzione, di manutenzione,<br />

di ricerca, di magazzino<br />

ecc.), le misure preventive che il<br />

personale dipendente dovrà attuare;<br />

l accertare che queste siano efficaci<br />

ed efficienti ai fini dell’antinfortunistica<br />

e della salute, in caso contrario<br />

provvedere a ristabilire le<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


normali condizioni di sicurezza e,<br />

se necessario, a emanare procedure<br />

operative, in special modo per i lavori<br />

a rischio maggiore;<br />

l assicurare, avvalendosi anche di<br />

personale preposto, la rispondenza alle<br />

disposizioni di legge delle macchine,<br />

degli impianti, delle attrezzature,<br />

dei mezzi di sollevamento, delle opere<br />

provvisionali, dei materiali, dei<br />

prodotti chimici e di quanto altro utilizzato,<br />

adeguandoli, se necessario,<br />

alle nuove tecnologie in materia di<br />

sicurezza, di igiene ambientale e a<br />

quanto altro richiesto dalla normativa<br />

di prevenzione incendio;<br />

l assicurare che i dispositivi di sicurezza<br />

istallati (protezioni elettriche<br />

e meccaniche, parapetti, sistemi<br />

di allarme, attrezzature antincendio,<br />

opere provvisionali, sistemi anticaduta<br />

per lavori in quota, sistemi di<br />

affrancatura e di sollevamento ecc.)<br />

siano utilizzati e siano in perfetto<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Art. 2087, codice civile<br />

stato di efficienza, nonché disporre,<br />

controllare ed esigere che tutti osservino<br />

le normative di legge e le<br />

disposizioni interne in materia di<br />

sicurezza, di igiene e di tutela dell’ambiente,<br />

utilizzando tutto quanto<br />

messo a disposizione;<br />

l formulare programmi per la realizzazione<br />

di corsi in materia di sicurezza<br />

sul lavoro, da organizzare<br />

periodicamente all’interno dell’azienda,<br />

con la partecipazione del<br />

personale dipendente al fine di acculturare<br />

e sensibilizzare i propri<br />

dipendenti ai problemi della sicurezza<br />

attraverso una conoscenza<br />

specifica dei rischi presenti nelle<br />

singole attività di lavoro;<br />

l far redigere dal servizio di prevenzione<br />

e protezione procedure<br />

per l’emergenza e per l’evacuazione<br />

del personale;<br />

l programmare le riunioni con i<br />

responsabili di produzione, con il<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Schema 1<br />

«Adottare in azienda le misure che secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica<br />

sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro»<br />

Il datore di lavoro deve nel tempo attuare percorsi di aggiornamento per un continuo miglioramento<br />

delle attività preventive da adottare in azienda, al passo con l’evoluzione dell’esperienza<br />

industriale e del progresso tecnico.<br />

la sicurezza umana<br />

Così facendo si pone all’apice degli interessi<br />

la tutela della salute<br />

del personale<br />

aziendale<br />

di non creare danni<br />

alla vita umana che<br />

è un bene primario<br />

servizio di prevenzione e protezione,<br />

con il medico competente e<br />

con il rappresentante della sicurezza<br />

dei lavoratori per discutere, accertare<br />

e definire iniziative in merito<br />

alla sicurezza sul lavoro;<br />

l assicurare che il personale dipendente<br />

sia sottoposto alle visite<br />

mediche richieste, all’atto dell’assunzione<br />

e periodicamente, da parte<br />

del medico competente;<br />

l seguire l’andamento statistico<br />

degli infortuni e delle malattie professionali<br />

(per esempio, indici di<br />

frequenza, indici di gravità degli infortuni,<br />

percentuale delle ore di assenza<br />

per infortuni ecc.) al fine di<br />

verificare se l’andamento infortunistico<br />

è in fase crescente o meno e,<br />

quindi, apportare, se necessario, le<br />

iniziative per promuovere una migliore<br />

prevenzione aziendale;<br />

l istituire il servizio di prevenzione<br />

e protezione e designare il re-<br />

69


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

sponsabile (RSPP) che svolge i<br />

compiti previsti dall’art. 9, D.Lgs.<br />

n. 626/1994;<br />

l nominare, quando necessario, il<br />

medico competente per la sorveglianza<br />

sanitaria del personale (art.<br />

4, comma 4, lettera c), D.Lgs. n.<br />

626/1994);<br />

l eleggere e nominare il rappresentante<br />

della sicurezza dei lavoratori<br />

(art. 18, D.Lgs. n. 626/1994);<br />

l nominare gli addetti al pronto<br />

soccorso e all’emergenza (D.M. 10<br />

marzo 1998).<br />

Leattivitàdell’azienda<br />

Al fine di effettuare una efficace<br />

pianificazione della sicurezza in<br />

azienda (si veda la tabella 1), la<br />

stessa deve:<br />

l provvedere (al momento dell’assunzione,<br />

in caso di cambio di mansione,<br />

per l’utilizzo di nuovi prodotti<br />

chimici, per modifiche organizzative<br />

ecc.) affinché ciascun la-<br />

70<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Politica aziendale della prevenzione<br />

Direzione aziendale<br />

Politica della sicurezza<br />

Misure generali da attuare<br />

voratore riceva un’adeguata informazione<br />

sui rischi specifici connessi<br />

all’attività e una formazione in<br />

merito alla prevenzione da attuare;<br />

l elaborare i documenti di valutazione<br />

dei rischi per singola attività<br />

lavorativa (compreso il rischio<br />

chimico, il rischio rumore e<br />

vibrazioni, miscele esplosive, se<br />

presenti, il rischio biologico e<br />

quello determinato dalla movimentazione<br />

manuale dei carichi),<br />

così come previsto dall’art. 4,<br />

commi 1 e 2, D.Lgs. n. 626/1994;<br />

l definire i dispositivi di protezione<br />

individuale (DPI) da consegnare<br />

agli addetti ai lavori in relazione ai<br />

rischi specifici presenti durante il<br />

lavoro;<br />

l formulare delle linee guida per<br />

ogni singola mansione aventi lo scopo<br />

di fornire, ai singoli addetti (artt.<br />

21 e 22, D.Lgs. n. 626/1994), informazioni<br />

sui rischi specifici connessi<br />

all’attività, informazioni e disposizio-<br />

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Schema 2<br />

• predisporre il lavoro nel rispetto delle norme di prevenzione ed in armonia con gli obiettivi<br />

aziendali per permettere la pianificazione dei lavori in condizioni di sicurezza;<br />

• assicurare il rispetto degli adempimenti legislativi;<br />

• utilizzare risorse economiche e formulare budget di spesa;<br />

• individuare le misure preventive ed emanare procedure operative;<br />

• disporre, controllare ed esigere che tutti osservino le normative di legge e le disposizioni interne;<br />

• formulare programmi per la realizzazione dei corsi;<br />

• programmare riunioni periodiche per definire iniziative;<br />

• assicurare la sorveglianza sanitaria;<br />

• seguire l’andamento statistico degli infortuni e malattie professionali;<br />

• istituisce il servizio di prevenzione e protezione e designare il responsabile.<br />

ni generali al personale in materia di<br />

antinfortunistica, sulle misure e sulle<br />

prescrizioni di protezione e di prevenzione<br />

specifiche che gli operatori devono<br />

attuare durante il lavoro e<br />

l’elenco dei DPI da usare; queste linee<br />

guida vengono posizionate in tutti<br />

i posti di lavoro e a disposizione dei<br />

lavoratori che possono consultarle in<br />

ogni momento;<br />

l formare i lavoratori addetti all’attività<br />

di prevenzione incendi, di<br />

evacuazione del personale in caso<br />

di emergenza e di pronto soccorso;<br />

l richiedere l’osservanza, da parte<br />

dei singoli lavoratori, delle norme<br />

vigenti, nonché delle disposizioni<br />

aziendali in materia di sicurezza e<br />

di igiene del lavoro e di uso dei<br />

mezzi di protezione collettivi e dei<br />

dispositivi di protezione individuali<br />

(DPI) messi a loro disposizione;<br />

l disporre di una manutenzione<br />

programmata degli ambienti di lavoro,<br />

delle attrezzature, delle<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


macchine, degli impianti, dei<br />

mezzi di sollevamento e di trasporto,<br />

con particolare riguardo ai<br />

dispositivi di sicurezza in conformità<br />

alle indicazioni riportate sui<br />

libretti di manutenzione e di uso<br />

rilasciati dalle ditte costruttrici (è<br />

opportuno che le riparazioni e le<br />

manutenzioni eseguite siano riportate<br />

su apposite “schede-macchina”<br />

anche per essere mostrate,<br />

in caso di richiesta, agli organi di<br />

vigilanza competenti);<br />

l eseguire periodicamente rilievi<br />

ambientali per riscontrare l’eventuale<br />

presenza di fattori di rischio<br />

nocivi alla salute (per esempio,<br />

presenza di fibre di amianto, di<br />

polveri, di fumi aerodispersi, di<br />

vibrazioni, di rumorosità, ricerca<br />

di componenti di materie prime e<br />

di prodotti chimici presenti, agenti<br />

biologici ecc.);<br />

l anche attraverso incontri e riunioni<br />

di lavoro, mantenere periodicamente<br />

e sistematicamente viva e forte l’attenzione<br />

di tutti i dipendenti a svolgere<br />

le loro attività all’interno del-<br />

Attivitàaziendale<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

l’azienda, tenendo presente che la politica<br />

sul problema della prevenzione<br />

e della protezione dai rischi per la<br />

sicurezza e la salute dei lavoratori è<br />

parte integrante delle finalità stesse<br />

dell’azienda;<br />

l in merito ai lavori che vengono<br />

commissionati a ditte appaltatrici,<br />

obbligare queste ultime a rispettare<br />

tutte le disposizioni di legge in materia<br />

di assunzioni, di retribuzione,<br />

di assicurazione, di previdenza per<br />

il personale impegnato nelle operazioni<br />

relative all’espletamento del<br />

contratto; inoltre, è pertinenza delle<br />

ditte appaltatrici l’osservanza di tutte<br />

le opportune norme antinfortunistiche<br />

e l’impegno preciso a far rispettare,<br />

dal loro personale dipendente,<br />

ogni eventuale disposizione<br />

in merito alla sicurezza che, nell’esecuzione<br />

dell’incarico pattuito,<br />

venga prescritta o comunicata, dalla<br />

committente dei lavori, a tutela della<br />

incolumità del proprio personale<br />

dipendente; al fine di dimostrare, ai<br />

sensi dell’art. 7, comma 1, lettera<br />

a), D.Lgs. n. 626/1994, la propria<br />

Pianificazioneeorganizzazione<br />

dellemisurepreventiveeprotettivedellasicurezza<br />

Informazionesuirischispecificieformazionesullaprevenzione.<br />

Elaborazionedeidocumentidivalutazionedeirischi.<br />

SceltaedistribuzionedeiDPIinrelazioneairischispecifici.<br />

Formulazionedilineeguidaoperativepersingolamansione.<br />

Formazioneagliaddettiall’emergenzaedalprimoprontosoccorso.<br />

Osservanzadeilavoratoridellenormevigentiedelledisposizioniaziendali.<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

idoneità tecnico-professionale, la<br />

ditta appaltatrice deve produrre,<br />

prima dell’inizio dei lavori, la seguente<br />

documentazione:<br />

- una copia del certificato di<br />

iscrizione alla camera di commercio,<br />

industria e artigianato;<br />

- la polizza assicurativa per la<br />

responsabilità civile verso terzi;<br />

- una copia del libro matricola recante<br />

i dati dei lavoratori dipendenti<br />

che saranno utilizzati nell’appalto;<br />

- una copia della documentazione<br />

che accerta le iscrizioni e i versamenti<br />

presso gli istituti previdenziali<br />

(INPS- INAIL);<br />

- una copia del documento di<br />

valutazione del rischio (art. 4,<br />

D.Lgs. n. 626/1994) o, se si tratta di<br />

lavori edili, del POS (art. 9, comma<br />

1, lettera c-bis), D.Lgs. n. 494/<br />

1996) relativo ai lavori appaltati;<br />

- la dichiarazione nella quale si<br />

attesta di aver provveduto:<br />

a) all’informazione e alla formazione<br />

specifica dei lavoratori riguardante<br />

i rischi relativi alla mansione<br />

svolta presso lo stabilimento<br />

TABELLA1<br />

Manutenzioneprogrammatadegliambientilavoro,delleattrezzature,dellemacchineedegliimpianti.<br />

Eseguirerilieviambientaliconstrumentazione.<br />

Rispettodellanormativavigenteperditteappaltatricipresentiinazienda.<br />

Controllodelleprotezionidegliorganimeccaniciedelleapparecchiatureelettriche.<br />

Controllodell’antinfortunisticanelleattivitàdimagazzino.<br />

Sorveglianzasanitaria.<br />

Controllodell’attrezzaturaantincendio.<br />

Elaborazionediprocedurediemergenza.<br />

Riesameperimiglioramentidellemisurepreventiveinatto.<br />

71


72<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Attoridellaprevenzioneinazienda<br />

Responsabilità<br />

operativedellasicurezza:<br />

Responsabilità<br />

consultiva:<br />

(artt. 21 e 22, D.Lgs. n. 626/1994);<br />

b) alla nomina del responsabile<br />

del servizio di prevenzione e protezione<br />

(RSPP), del rappresentante<br />

dei lavoratori della sicurezza<br />

(RLS) e del medico competente<br />

(dove previsto); in applicazione<br />

alle disposizioni contenute nell’art.<br />

7, comma 1, lettera b),<br />

D.Lgs. n. 626/1994, la ditta appaltante<br />

deve fornire all’appaltatrice<br />

Ildirigente<br />

datoredilavoro; imprenditoreeorganizzatore.<br />

informazioni sui rischi specifici<br />

esistenti nell’ambiente oggetto<br />

dell’appalto (questa informazione<br />

è necessaria per consentire alla<br />

ditta appaltatrice di attuare, per il<br />

proprio personale dipendente, la<br />

prevenzione specifica in relazione<br />

ai rischi presenti negli ambienti<br />

oggetto dell’appalto).<br />

In data 25 agosto 2007 è entrata<br />

in vigore la legge 3 agosto 2007, n.<br />

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TABELLA2<br />

dirigente; organizzaillavorodialtrepersone.<br />

preposto; controlla la corretta esecuzione dei<br />

lavori.<br />

lavoratore; esegueilavoriinsicurezza.<br />

addettoalprontosoccorso; provvede a soccorrere e medicare<br />

l’infortunato.<br />

addettoall’emergenza; incaricato al primo intervento antincendio,perl’evacuazione.<br />

responsabiledelserviziodiprevenzioneeprotezionedairischi;<br />

ausiliotecnico.<br />

medicocompetente; ausiliomedico.<br />

rappresentantedeilavoratoriperlasicurezza; ausilioconsultivo.<br />

1 Attua lavigentenormativageneraleinmateriadisicurezza;<br />

123, la quale ha stabilito, in materia<br />

di appalti, che:<br />

l il datore di lavoro committente<br />

l’appalto deve elaborare un unico documento<br />

di valutazione dei rischi che<br />

indichi le misure da adottare per eliminare<br />

le interferenze sul lavoro (tra<br />

il personale dipendente della ditta appaltante<br />

e quello dipendente della ditta<br />

appaltatrice) oggetto di probabili<br />

infortuni; questo documento deve es-<br />

TABELLA3<br />

2 accertacheiresponsabilidiunità(daluidipendenti)conoscanolenormevigenti, adoperandosi,sedelcaso,<br />

perchéaglistessivenganoillustratemetodicamentelenecessarienozioni;<br />

3 impartiscedisposizioniinmateriadisicurezzacontrollandochevenganoapplicate;<br />

4 progettagliambientidilavoroegliimpiantidiproduzionenelrispettodiunasanapoliticadellaprevenzione;<br />

5 pianificaeprogrammagliinterventidiriparazione,manutenzione,miglioramentodegliimpianti,introduzionedeidispositivi,secondolenecessitàdisicurezzaemergentidall’andamentodellelavorazioni;<br />

6 eliminairischiinrelazionealleconoscenzeacquisite,inbasealprogressotecnicoe,oveciònonèpossibile,<br />

liriducealminimo;<br />

7 sostituiscequellocheèpericolosoconquellochenonloèoèmenopericoloso;<br />

8 valutalecapacitàdeilavoratoriinrapportoallalorosaluteesicurezzaaifinidelladefinizionedeicompitie<br />

delleattivitàdilavoro;<br />

9 dàprioritàallemisurediprotezionecollettivarispettoallemisurediprotezioneindividuale;<br />

10 bloccal’attivitàincasodipericoligravi;<br />

11 organizzaleattivitàpropriedistabilimentoconquelledelleditteesterneperevitareincidentieinfortuni;<br />

12 assicuralarealizzazionedicorsiinmateriadisicurezzaperlemaestranze.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

Ilpreposto<br />

sere allegato al contratto di appalto o<br />

d’opera (queste disposizioni non si<br />

applicano ai rischi specifici propri<br />

dell’attività delle imprese appaltatrici<br />

o dei singoli lavoratori autonomi);<br />

l nei contratti devono essere specificatamente<br />

indicati i costi relativi alla<br />

sicurezza sul lavoro (a questo documento<br />

possono accedere sia il RLS<br />

sia le organizzazioni sindacali);<br />

l i dipendenti e i lavoratori autonomi<br />

che svolgono attività in regime di<br />

appalto o di subappalto devono essere<br />

muniti di tessera di riconoscimento<br />

(vale la stessa disciplina già introdotta<br />

per i cantieri edili) corredata di<br />

fotografia, contenente le generalità<br />

del lavoratore e l’indicazione del datore<br />

di lavoro (i lavoratori sono tenuti<br />

a esporre questa tessera di riconoscimento).<br />

Lefunzioni<br />

dellefigureaziendali<br />

In capo a ogni figura professionale<br />

all’interno dell’azienda ricadono<br />

determinate mansioni in materia<br />

di tutela della salute e della<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

sicurezza del lavoratore (si veda la<br />

tabella 2), in particolare:<br />

l il dirigente (si veda la tabella<br />

3) deve:<br />

- disporre e adottare tutte le prescritte<br />

e necessarie misure e apparati<br />

stabiliti dalla normativa generale vigente<br />

in materia di prevenzione degli<br />

infortuni, di igiene e di sicurezza del<br />

lavoro, di salute dei lavoratori sul luogo<br />

di lavoro e di antincendio (a mero<br />

titolo esemplificativo, si indicano il<br />

D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, il<br />

D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, il<br />

D.P.R. 19 marzo 1956, n. 302, il<br />

D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, il<br />

D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459, il<br />

D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 493, il<br />

D.Lgs. n. 626/1994, il D.Lgs. 25 luglio<br />

2006, n. 257, il D.Lgs. 19 agosto<br />

2005, n. 187, il D.Lgs. 10 aprile<br />

2006, n. 195, la legge 3 agosto 2007,<br />

n. 123, il D.M. 10 marzo 1998) ovvero<br />

necessari e/o opportuni in relazione<br />

alle attuali acquisizioni scientifiche<br />

e/o tecnologiche, in modo tale da<br />

garantire la piena incolumità dei lavoratori<br />

dipendenti nonché di quelli au-<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

TABELLA4<br />

1 Definisceconildirigentelemisuregeneraliespecificheperlaprotezionedeilavoratorieleattivitàdicontrolloperiodiconegliambientidilavoro;<br />

2 attualemisuredisicurezzadecise,organizzateepredispostedelpropriosuperiore;<br />

3 istituiscedisposizionialpersonaleaffinchévenganosegnalatesituazionidipericolo;<br />

4 accertacheilpersonaleopericonmetodologiedilavorosicuro;<br />

5 coordinaleattivitàdilavoroperevitareinterferenzecondipendentididitteterze;<br />

6 controllalostatodiefficienzadeidispositividisicurezzaistallatiechevenganoutilizzati;<br />

7 accertal’utilizzodeiDPIdapartedelpersonaledipendente;<br />

8 provvedeainformareeformareilpersonale;<br />

9 assicuraognimisuranecessariainmateriadiambientedilavoro;<br />

10 attualemisurepreventivedefiniteperogniattivitàlavorativaeriportatesuldocumentodivalutazionedel<br />

rischio;<br />

11 controllacheilpersonalenoneffettuiinterventimanualisuelementiinmovimentodellemacchineesuapparecchiatureelettricheinfunzione;<br />

12 controllacheilavoratorinoncompianodipropriainiziativaazioniomanovrechenonsianodipropriacompetenza;<br />

13 controlla neilavorieseguiti inquotacheilpersonaleusiponteggi,piattaformee,quandonecessario,l’imbracaturadisicurezza;<br />

14 segnalaalladirezioneaziendaleinominatividicolorochenonrispettanoledisposizioniimpartite.<br />

tonomi e, comunque, dei terzi eventualmente<br />

presenti e da evitare il verificarsi<br />

di danni a persone o a cose;<br />

- accertare che i responsabili delle<br />

unità da lui dipendenti conoscano le<br />

norme vigenti in materia di sicurezza<br />

sul lavoro, adoperandosi perché agli<br />

stessi, a scopo di completamento e<br />

approfondimento, siano illustrate metodicamente<br />

le necessarie nozioni;<br />

- impartire o fare impartire dai<br />

“preposti” le istruzioni o le disposizioni<br />

al personale in materia di sicurezza,<br />

controllando o facendo controllare<br />

che esse siano applicate;<br />

- eseguire o disporre opportuni<br />

controlli alle linee di produzione, ai<br />

magazzini, alle aree di manutenzione<br />

al fine di accertare, con la necessaria<br />

periodicità, l’applicazione puntuale e<br />

costante delle misure antinfortunistiche<br />

da parte dei “preposti”;<br />

- controllare che i propri organi<br />

tecnici (ufficio progettazione, uffici<br />

tecnici ecc.) si attengano, nel progettare<br />

gli ambienti di lavoro e gli<br />

impianti di produzione, al rispetto<br />

di una sana politica della preven-<br />

73


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

zione e all’adempimento dell’obbligo<br />

di osservare le normative che<br />

impongono parametri di idoneità, di<br />

efficienza e di sicurezza, con il<br />

rispetto di norme specifiche;<br />

- pianificare e programmare gli interventi<br />

di riparazione, di manutenzione,<br />

di miglioramento degli impianti,<br />

di introduzione di dispositivi ecc.,<br />

secondo le disposizioni di legge e di<br />

buona tecnica, ovvero secondo le necessità<br />

di sicurezza emergenti nell’andamento<br />

delle lavorazioni;<br />

- eliminare i rischi in relazione<br />

alle conoscenze acquisite, in base al<br />

progresso tecnico e, quando questo<br />

non è possibile, ridurli al minimo;<br />

- sostituire quello che è fonte di<br />

pericolo (per esempio, materie prime,<br />

prodotti chimici ecc.) con quello<br />

che non lo è o è meno pericoloso;<br />

- valutare le capacità e le condizioni<br />

dei lavoratori, in rapporto alla<br />

loro salute e sicurezza, ai fini della<br />

definizione dei compiti e delle attività<br />

di lavoro;<br />

- dare priorità alle misure di protezione<br />

collettiva rispetto alle misure<br />

di protezione individuale;<br />

- bloccare l’attività in caso di pericoli<br />

gravi e imminenti;<br />

- coordinare, in caso di appalti,<br />

le attività proprie di stabilimento<br />

con quelle delle ditte esterne al fine<br />

dell’attuazione congiunta delle misure<br />

di prevenzione, per evitare incidenti<br />

e infortuni;<br />

- assicurare la realizzazione dei<br />

corsi in materia di sicurezza per le<br />

maestranze da lui dipendenti;<br />

74<br />

Illavoratore<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

l il preposto (si veda la tabella<br />

4), il quale generalmente si identifica<br />

nel capo reparto, nel capo turno,<br />

nel capo cantiere, nel capo linea,<br />

nel capo squadra o in coloro che<br />

esercitano attività di coordinamento<br />

e di controllo, deve:<br />

- definire, in collaborazione col dirigente<br />

di settore, le misure generali e<br />

specifiche per la protezione della salute<br />

e per la sicurezza del personale<br />

da lui dipendente e le attività di controllo<br />

periodico per accertare che le<br />

macchine, gli impianti, le attrezzature,<br />

i mezzi di sollevamento, gli automezzi,<br />

le opere provvisionali, le materie<br />

prime e i prodotti chimici utilizzati<br />

presentino sempre le garanzie di<br />

sicurezza necessarie;<br />

- attuare le misure di sicurezza<br />

decise, organizzate e predisposte<br />

dal proprio superiore;<br />

- istituire disposizioni interne al<br />

personale dipendente affinché vengano<br />

segnalate immediatamente situazioni<br />

di pericolo e vengano trovate<br />

soluzioni, anche immediate, che<br />

provvedano a eliminare il rischio;<br />

- accertare che il personale operi<br />

con metodologie di lavoro sicure,<br />

nel rispetto delle norme di sicurezza<br />

disposte e che utilizzi i dispositivi<br />

di protezione dati in dotazione<br />

(per esempio, guanti, calzature di<br />

sicurezza, occhiali antinfortunistici,<br />

mascherine antipolvere, maschere<br />

antigas, otoprotettori, imbracature<br />

di sicurezza, casco ecc.);<br />

- coordinare le attività di lavoro<br />

del personale in modo che le singo-<br />

1 Osservaledisposizionieleistruzioniimpartitedalpropriosuperiore;<br />

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le operazioni e i singoli apporti siano<br />

armonizzati al fine di evitare che<br />

si verifichino interferenze con altri<br />

addetti (eventualmente presenti) dipendenti<br />

di ditte terze;<br />

- controllare che i dispositivi di sicurezza<br />

istallati (per esempio, protezioni<br />

elettriche e meccaniche, parapetti,<br />

andatoie, passerelle, ponteggi,<br />

attrezzature anticaduta per i lavori in<br />

quota, impianti di aspirazione di polveri<br />

o di fumi aerodispersi, dispositivi<br />

di emergenza, allarmi ecc.) siano utilizzati<br />

dal personale e siano in perfetto<br />

stato di efficienza;<br />

- provvedere, direttamente sui<br />

posti di lavoro, a informare e a formare<br />

il personale, periodicamente<br />

e/o quando necessario (all’assunzione,<br />

al cambio di attività, in caso<br />

di acquisto di nuove attrezzature e<br />

di nuovi materiali ecc.), sui rischi<br />

specifici esistenti, rendendo note le<br />

norme essenziali di prevenzione;<br />

- assicurare ogni misura necessaria<br />

in materia di igiene sul lavoro,<br />

accertando che siano approntati<br />

gli opportuni mezzi di prevenzione<br />

(per esempio, impianti di<br />

aspirazione e di abbattimento di fumi<br />

e/o di polveri, impianti insonorizzanti,<br />

attrezzature antivibranti<br />

ecc.) e che, conseguentemente, le<br />

condizioni degli ambienti di lavoro<br />

siano e rimangano rispondenti alle<br />

prescrizioni di legge e alle disposizioni<br />

aziendali;<br />

- attuare, ai fini della sicurezza<br />

sul lavoro, le misure preventive definite<br />

per ogni attività lavorativa e<br />

2 utilizzacorrettamenteimacchinari,leattrezzature,lesostanzepericolosenonchéidispositividisicurezza;<br />

3 utilizzainmodoappropriato iDPI;<br />

4 segnalaalpropriosuperiorelecondizionidipericoloriscontrate;<br />

5 nonrimuoveomodificasenzaautorizzazioniidispositividisicurezza;<br />

6 noncompiedipropriainiziativaoperazionichenonsonodisuacompetenza;<br />

7 noncompieinterventimanualisuorganimeccaniciinmovimentoesuapparecchiatureintensione;<br />

8 èobbligatoausare,neilavoriinquota,inambientinonprotetti,l’usodell’imbracaturadisicurezza.<br />

TABELLA5<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


IlRSPP<br />

riportate sul documento di valutazione<br />

del rischio;<br />

- vigilare e accertare che il personale<br />

non effettui lavori di pulizia, di<br />

ingrassaggio, di oliatura o interventi<br />

manuali in genere su elementi in<br />

movimento delle macchine;<br />

- controllare che i singoli lavoratori<br />

non compiano, di propria iniziativa,<br />

azioni e manovre che non<br />

siano di propria competenza e che<br />

possano compromettere la sicurezza<br />

propria e degli altri lavoratori;<br />

- segnalare, alla direzione aziendale,<br />

i nominativi di quelli che non<br />

rispettano le disposizioni impartite<br />

in materia di sicurezza sul lavoro e<br />

proporre che vengano presi provvedimenti<br />

disciplinari;<br />

l il lavoratore (si veda la tabella<br />

5) svolge le attività definite nell’art.<br />

5, D.Lgs. n. 626/1994, in particolare,<br />

deve:<br />

- osservare le disposizioni e le<br />

istruzioni impartite dal proprio superiore,<br />

ai fini della protezione collettiva<br />

e individuale;<br />

- utilizzare correttamente i macchinari,<br />

le apparecchiature, gli utensili,<br />

le sostanze e i preparati perico-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

losi, i mezzi di trasporto e le altre<br />

attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi<br />

di sicurezza;<br />

- utilizzare in modo appropriato i<br />

dispositivi di protezione individuale<br />

(DPI) messi a sua disposizione;<br />

- segnalare immediatamente al<br />

proprio superiore le deficienze dei<br />

mezzi e dei dispositivi di sicurezza<br />

nonché le altre eventuali condizioni<br />

di pericolo di cui viene a conoscenza;<br />

- non rimuovere o modificare<br />

senza autorizzazione i dispositivi di<br />

sicurezza o di segnalazione o di<br />

controllo;<br />

- non compiere, di propria iniziativa,<br />

operazioni o manovre che non<br />

siano di sua competenza ovvero che<br />

possano compromettere la sicurezza<br />

propria o di altri lavoratori;<br />

l il responsabile del servizio di<br />

prevenzione e protezione (RSPP)<br />

(si veda la tabella 6), il quale, per<br />

lo svolgimento della sua funzione,<br />

deve essere in possesso di un attestato<br />

di frequenza a specifici corsi<br />

di formazione in materia di prevenzione<br />

e di protezione dai rischi e<br />

con obbligo di frequenza di corsi di<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

1 Provvedeallaindividuazionedeifattoridirischio,allavalutazionedeirischieall’individuazionedellemisureperlasicurezzaelasalubritàdell’ambientedilavoro,nelrispettodellanormativavigente;<br />

2 elaboraidocumentidivalutazionedelrischiooipianioperatividellasicurezza;<br />

3 elaboraprocedureoperativeelineeguida;<br />

4 proponealladirezioneaziendaleprogrammiperl’informazioneelaformazione;<br />

5 partecipaariunioniaziendali;<br />

6 controllaperiodicamentelostatodisicurezzadegliambientidilavoro;<br />

7 proponeindaginistrumentali perrilieviambientali;<br />

8 collaboraconilmedicocompetente;<br />

9 esamina,infasepreliminare,nuoviprogettiperverificarelalororispondenzaallenormedilegge,alla<br />

buonatecnicaedaicriteriergonomici;<br />

10 verifical’esistenzael’efficaciadellasegnaleticaaziendale;<br />

11 mantieneirapporticongliorganidivigilanza(ASL,ISPESL,Ispettoratodellavoro,VigilidelFuoco);<br />

12 seguestatisticamentegliinfortunisullavoroelemalattieprofessionali;<br />

13 assisteiresponsabilidistabilimentoperlascelta,lagestioneel’utilizzazionedeiDPI;<br />

14 raccoglieleleggipubblicateeprovvedeallalorodivulgazione;<br />

15 provvedeallarealizzazionediprocedurediemergenzaeorganizzaesercitazioniantincendio.<br />

TABELLA6<br />

aggiornamento, con cadenza almeno<br />

quinquennale (D.Lgs. 23 giugno<br />

2003, n. 195). Il RSPP deve svolgere<br />

le attività definite all’art. 9,<br />

D.Lgs. n. 626/1994, in particolare:<br />

- provvedere all’individuazione<br />

dei fattori di rischio, alla valutazione<br />

dei rischi e all’individuazione delle<br />

misure per la sicurezza e la salubrità<br />

dell’ambiente di lavoro, nel rispetto<br />

della normativa vigente;<br />

- eseguire l’elaborazione del documento<br />

di valutazione del rischio<br />

o del piano operativo di sicurezza<br />

(compreso il rischio rumore, vibrazioni,<br />

biologico, chimico e quello<br />

relativo alla movimentazione manuale<br />

dei carichi);<br />

- provvedere alla elaborazione,<br />

quando necessario e in collaborazione<br />

con i responsabili di produzione<br />

e/o di cantiere (nell’edilizia),<br />

di procedure operative e di linee<br />

guida (specie nelle attività particolarmente<br />

pericolose) che hanno lo<br />

scopo di fornire le informazioni sui<br />

rischi specifici connessi con l’attività,<br />

le informazioni e le disposizioni<br />

generali al personale in materia<br />

di antinfortunistica, di antincendio<br />

75


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

e di ambiente di lavoro, le misure e<br />

le prescrizioni di protezione e di<br />

prevenzione specifiche che gli operatori<br />

devono attuare durante il lavoro,<br />

l’elenco dei dispositivi di protezione<br />

individuale da usare in relazione<br />

al rischio specifico;<br />

- proporre alla direzione aziendale<br />

i programmi per l’informazione<br />

e la formazione dei lavoratori;<br />

- partecipare alle riunioni aziendali<br />

per discutere i problemi attinenti<br />

alla sicurezza sul lavoro e all’ambiente<br />

di lavoro e per la pianificazione<br />

e l’identificazione dei pericoli,<br />

la valutazione e il controllo<br />

dei rischi e l’implementazione,<br />

quando necessario, delle misure di<br />

controllo da esercitare nelle singole<br />

attività produttive;<br />

- controllare periodicamente lo<br />

stato di sicurezza delle macchine,<br />

degli impianti, delle attrezzature e<br />

dei luoghi di lavoro (per esempio,<br />

viabilità, spazi, depositi magazzini,<br />

officine ecc.);<br />

- proporre indagini strumentali<br />

per eseguire accertamenti relativamente<br />

ai fattori di rischio ambientali<br />

(per esempio, rumorosità, polverosità,<br />

fumi aerodispersi, vibrazioni,<br />

agenti biologici, presenza di miscele<br />

esplosive ecc.);<br />

- collaborare con il medico<br />

competente ai fini dell’attuazione<br />

delle misure per la tutela della salute<br />

e dell’integrità psico-fisica dei<br />

lavoratori;<br />

76<br />

Ilmedicocompetente<br />

1 Eseguelasorveglianzasanitaria;<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

- esaminare, in fase preliminare,<br />

i progetti di ambiente, riferiti alle<br />

macchine, agli impianti, alle attrezzature<br />

e ai dispositivi, per verificare<br />

la loro rispondenza alle norme di<br />

legge, alla buona tecnica e ai criteri<br />

ergonomici (questa attività ha lo<br />

scopo di individuare, di valutare e<br />

di annullare i rischi alla loro fonte<br />

primaria, quindi, in fase progettuale,<br />

e implica la collaborazione tra la<br />

sicurezza e le funzioni tecniche di<br />

progettazione, di produzione e di<br />

manutenzione);<br />

- verificare l’esistenza e l’efficacia<br />

della segnaletica e delle informazioni<br />

di sicurezza;<br />

- controllare le situazioni soggette<br />

ad autorizzazione e a verifica da<br />

parte degli enti esterni (ASL, Ispettorato<br />

del lavoro, ISPESL,<br />

INAIL, Vigili del Fuoco);<br />

- formulare piani a lungo-mediobreve<br />

termine che portino all’approvazione<br />

dell’alta direzione per<br />

la realizzazione di un programma<br />

che tenga conto delle effettive necessità<br />

in relazione allo stato di sicurezza<br />

aziendale;<br />

- seguire statisticamente gli infortuni<br />

sul lavoro e le malattie professionali<br />

e, pertanto, provvedere<br />

alla raccolta e all’esame sistematico<br />

dei dati e delle informazioni al<br />

fine di procedere a un’analisi attenta<br />

delle cause che li hanno determinati;<br />

- assistere i responsabili di stabi-<br />

2 collaboraconilserviziodiprevenzioneeprotezione;<br />

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limento per la scelta, la gestione e<br />

l’utilizzazione dei dispositivi di<br />

protezione individuale e collettivi;<br />

- raccogliere le leggi pubblicate in<br />

materia di sicurezza, di ambiente e<br />

di antincendio e provvedere alla loro<br />

divulgazione (anche con relazioni di<br />

sintesi) presso l’alta direzione e le<br />

unità aziendali interessate;<br />

- provvedere, in collaborazione<br />

con le unità interessate, alla realizzazione<br />

di procedure di emergenza,<br />

per fronteggiare incendi, scoppi,<br />

esplosioni, immissioni di sostanze<br />

tossiche nell’ambiente, calamità naturali,<br />

e alla nomina delle persone<br />

addette alla evacuazione del personale,<br />

all’abbattimento di incendi e<br />

al primo pronto soccorso;<br />

- organizzare esercitazioni antincendio,<br />

in collaborazione con i responsabili<br />

delle unità interessate;<br />

l il medico competente (si veda la<br />

tabella 7), libero professionista o dipendente<br />

della società, specializzato<br />

in medicina del lavoro (art. 17, D.Lgs.<br />

n. 626/1994), ha il compito di:<br />

- eseguire la sorveglianza sanitaria<br />

attraverso accertamenti e visite preventive<br />

e periodiche e dichiarazioni<br />

di idoneità alla mansione specifica;<br />

- collaborare con il servizio di<br />

prevenzione e protezione, sulla specifica<br />

conoscenza delle situazioni<br />

di rischio, alla predisposizione dell’attuazione<br />

delle misure per la tutela<br />

della salute e dell’integrità psico-fisica<br />

dei lavoratori;<br />

3 istituisceeaggiornalacartellasanitariaedirischioconsalvaguardiadelsegretoprofessionale;<br />

4 fornisceinformazioneailavoratorisulsignificatodegliaccertamenti;<br />

5 partecipaallariunioneannualedellasicurezzadicuiall’art.11,D.Lgs.n.626/1994;<br />

6 collaboraperlapredisposizionedelserviziodiprontosoccorso;<br />

7 esprimegiudizidiidoneitàallamansionespecifica;<br />

8 visitagliambientidilavorocongiuntamentealRSPP;<br />

9 collaboraconilRSPPallaelaborazionedeldocumentodivalutazionedelrischio.<br />

TABELLA7<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


IlRLS<br />

- istituire e aggiornare, sotto la propria<br />

responsabilità, per ogni lavoratore<br />

sottoposto a sorveglianza sanitaria,<br />

una cartella sanitaria e di rischio, da<br />

custodire in azienda, con salvaguardia<br />

del segreto professionale;<br />

- fornire informazioni ai lavoratori<br />

sul significato degli accertamenti sanitari<br />

ai quali sono sottoposti;<br />

- comunicare, in occasione della<br />

riunione di cui all’art. 11, D.Lgs. n.<br />

626/1994, i risultati anonimi collettivi<br />

degli accertamenti clinici e<br />

strumentali effettuati e fornire indicazioni<br />

sul significato di questi;<br />

- collaborare per la predisposizione<br />

in azienda del servizio di<br />

pronto soccorso;<br />

- qualora esprima un giudizio<br />

sull’idoneità parziale o temporanea<br />

o totale del lavoratore, ne deve informare<br />

per iscritto la direzione<br />

aziendale e il lavoratore;<br />

- collaborare alla stesura del documento<br />

di valutazione del rischio<br />

con il servizio di prevenzione e protezione;<br />

l il rappresentante dei lavoratori<br />

per la sicurezza (RLS) (si<br />

veda la tabella 8), nelle aziende<br />

che occupano sino a 15 dipendenti,<br />

è eletto direttamente dai lavoratori<br />

al loro interno; nelle aziende<br />

o unità produttive con più di 15<br />

dipendenti, il RLS è eletto o designato<br />

dai lavoratori nell’ambito<br />

delle rappresentanze sindacali in<br />

azienda. In assenza di queste rappresentanze,<br />

è eletto dai lavoratori<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

al loro interno. Il rappresentante<br />

dei lavoratori per la sicurezza riceve<br />

una formazione specifica frequentando<br />

un corso di 32 ore. I<br />

compiti assegnati al rappresentante<br />

per la sicurezza (art. 19, D.Lgs.<br />

n. 626/1994) sono i seguenti:<br />

- partecipare (in quanto consultato<br />

preventivamente dal responsabile<br />

del servizio di prevenzione e protezione)<br />

alla valutazione dei rischi, alla<br />

individuazione, alla programmazione,<br />

alla realizzazione e alla verifica<br />

della prevenzione in azienda;<br />

- partecipare alla designazione<br />

degli addetti al servizio di prevenzione,<br />

all’attività di prevenzione incendi,<br />

al pronto soccorso, alla evacuazione<br />

dei lavoratori;<br />

- essere consultato in merito all’organizzazione<br />

della formazione;<br />

- ricevere le informazioni e la<br />

documentazione aziendale inerente<br />

alla valutazione dei rischi e alle<br />

relative misure di prevenzione,<br />

nonché quelle inerenti alle sostanze<br />

e ai preparati pericolosi utilizzati,<br />

alle macchine, agli impianti,<br />

all’organizzazione e agli ambienti<br />

di lavoro, agli infortuni e alle malattie<br />

professionali;<br />

- promuovere l’elaborazione,<br />

l’individuazione e l’attuazione delle<br />

misure di prevenzione idonee a tutelare<br />

la salute e l’integrità fisica<br />

dei lavoratori;<br />

- partecipare alla riunione periodica<br />

della sicurezza di cui all’art.<br />

11, D.Lgs. n. 626/1994;<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

1 Partecipa(inquantoconsultato)allavalutazionedeirischieall’individuazionedellaprevenzione;<br />

2 partecipaalladesignazionedegliaddettialserviziodiprevenzione,all’attivitàdiprevenzioneincendie<br />

all’emergenza;<br />

3 èconsultatoinmeritoall’organizzazionedellaformazione;<br />

4 riceveladocumentazioneaziendaleinerenteallavalutazionedeirischi;<br />

5 promuovel’attuazionedellemisurediprevenzione;<br />

6 partecipaallariunioneperiodicadellasicurezzadicuiall’art.11,D.Lgs.n.626/1994;<br />

7 avverteilresponsabilediproduzionedeirischiindividuati;<br />

8 puòfarericorsoall’autoritàcompetente.<br />

TABELLA8<br />

- eseguire proposte in merito all’attività<br />

di prevenzione;<br />

- avvertire il responsabile di produzione<br />

(o di stabilimento) dei rischi<br />

individuati nel corso della sua<br />

attività;<br />

- può fare ricorso alle autorità<br />

competenti qualora ritenga che le misure<br />

di prevenzione e di protezione<br />

dai rischi, adottate dal datore di lavoro,<br />

e i mezzi impiegati per attuarle<br />

non siano idonei a garantire la sicurezza<br />

e la salute durante il lavoro;<br />

l l’addetto al pronto soccorso è il<br />

lavoratore designato e incaricato delle<br />

misure di primo pronto soccorso all’interno<br />

dell’azienda o del cantiere<br />

(in edilizia). Riceve una formazione<br />

specifica frequentando un corso di 12<br />

o 16 ore (dipende dalla classificazione<br />

aziendale) che dovrà essere ripetuta<br />

almeno ogni tre anni (D.M. 15 luglio<br />

2003, n. 388);<br />

l l’addetto alla squadra di emergenza<br />

è il lavoratore designato e incaricato<br />

delle misure di primo intervento<br />

antincendio, d’emergenza e<br />

per l’evacuazione del personale. Riceve<br />

una formazione specifica frequentando<br />

un corso della durata di 4,<br />

8 o 16 ore (la durata del corso è<br />

correlata alla tipologia dell’attività e<br />

al livello di rischio di incendio della<br />

stessa, nonché agli specifici compiti<br />

affidati ai lavoratori; il livello di rischio<br />

di incendio può essere classificato<br />

in alto, medio o basso), come<br />

previsto dal decreto ministeriale 10<br />

marzo 1998. l<br />

77


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

La responsabilità sociale di impresa deve essere radicata all’interno delle politiche aziendali<br />

Con l’analisi del carico di lavoro<br />

un elemento per attuare la RSI<br />

diCinziaFrascheri, direttoredelprogetto“Gliindicatoridirilevazionenazionalirelativiallavalutazione<br />

deldisagiolavorativo”<br />

Dallaglobalizzazione<br />

all’esternalizzazionedellerisorse<br />

sonomoltepliciedeterogeneele<br />

componenticheincidono,<br />

caratterizzandolo,sull’attuale<br />

mercatodellavoro.Tuttavia,resta<br />

ilfattocheperattuareun<br />

cambiamentoculturaleprofondo<br />

eradicatoinuncontesto<br />

organizzativoall’internodi un<br />

ambientedilavoro,nonsipuò<br />

pensarediprescinderedal<br />

promuoverespintechedevono<br />

nasceredaesigenzesentiteed<br />

espressedallacollettivitàcheè<br />

chiamataacompiere<br />

ilcambiamento.<br />

Uncontestolavorativosenza<br />

un’adeguataorganizzazione<br />

dellavoro(chetendeatutelaree,<br />

ancorpiùavalorizzare,ilcapitale<br />

umano)nonèingrado<br />

direndereillavorocompetitivo<br />

editenereilpassoconlosviluppo<br />

­esoprattutto<br />

conlaconcorrenza­ancorpiùse<br />

rappresentataascalamondiale,<br />

anzichésolosulpianomeramente<br />

locale.Inquestosenso,lasceltadi<br />

adottare<br />

unaresponsabilitàsociale<br />

all’internodell’impresadeve<br />

necessariamenteessereradicata<br />

all’internodellepolitiche<br />

aziendali.<br />

78<br />

Il mondo del lavoro, specie negli<br />

ultimi anni, ha subito profondi<br />

cambiamenti, susseguitisi a una<br />

velocità sorprendente. Il mercato del<br />

lavoro, così come la sua organizzazione,<br />

non hanno più nulla a che vedere<br />

con quelli che fino a ieri erano<br />

ancora considerati i principi regolatori<br />

di base, le regole canoniche e i<br />

punti di riferimento certi. In tabella 1<br />

sono riepilogate sinteticamente le<br />

principali componenti che concorrono<br />

a comporre questo nuovo scenario.<br />

A cambiare oggi non è più solo il<br />

macro-sistema socio-economico, ma<br />

anche il micro-sistema [1] , quello di livello<br />

aziendale, e di conseguenza,<br />

quello dei consumi e dei bisogni individuali.<br />

La dipendenza diretta e reciproca<br />

tra il mondo produttivo e quello<br />

del mercato del lavoro porta, più di<br />

qualsiasi altro momento storico-economico,<br />

a non poter prescindere da<br />

un’analisi complessiva, cioè da un<br />

approccio olistico.<br />

L’organizzazione nel lavoro:<br />

unassetfondamentale<br />

Compito di una buona organizzazione<br />

finalizzata a ottimizzare la gestione<br />

del lavoro è armonizzare il potenziale<br />

rappresentato dalla popolazione<br />

lavorativa con le esigenze e le<br />

regole aziendali, le criticità del mercato,<br />

le disposizioni contrattuali e le<br />

istanze della committenza.<br />

Un contesto lavorativo senza<br />

un’adeguata organizzazione del lavo-<br />

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ro (che tende a tutelare e, ancor più, a<br />

valorizzare il capitale umano) non è<br />

in grado di rendere il lavoro competitivo<br />

e di tenere il passo con lo sviluppo<br />

- e, soprattutto, con la concorrenza<br />

- ancor più se rappresentata a scala<br />

mondiale, anziché solo sul piano meramente<br />

locale.<br />

Se è possibile affermare, con piena<br />

convinzione, quanto sia lunga la tradizione<br />

di ricerche in ambito organizzativo<br />

e manageriale, a partire dagli<br />

studi sulle dinamiche relazionali in<br />

ambiente di lavoro fino a giungere a<br />

quelle più recenti centrate sul concetto<br />

di clima organizzativo e sulle diverse<br />

teorie sulle quali la comunità<br />

scientifica si è sempre adoperata, sviluppando<br />

sistemi gestionali diversi<br />

(pur non trovando una linea di consenso),<br />

il mondo del lavoro e delle<br />

aziende (italiane) non ha mai dimostrato<br />

in modo diffuso sintonia d’intenti,<br />

interesse, convenienza nell’adoperarsi<br />

a conoscere - e quindi adottare<br />

- alcun modello, ritenendolo criticamente<br />

non “inadeguato e insoddisfacente”,<br />

bensì “non pragmaticamente<br />

necessario” e correlabile ai quotidiani<br />

problemi, interessi e obiettivi produttivi<br />

e, pertanto, non prioritario per<br />

l’imprenditore.<br />

Consolidandosi nel tempo, anziché<br />

ridursi, «sempre più frequentemente i<br />

capi responsabili hanno ridotto<br />

l’azione manageriale alla definizione<br />

degli obiettivi e al controllo dei risultati,<br />

trascurando quasi totalmente, at-<br />

[1] L’economia italiana negli ultimi anni è aumentata (solo) dell’1,2%, quasi un punto percentuale in meno dell’area euro (2,0%). A<br />

mancare maggiormente in base alle statistiche è stata l’industria che è rimasta stazionaria. Il contributo maggiore alla crescita è<br />

(segue)<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Evoluzionedelmondodellavoro:<br />

principalicomponenti<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

TABELLA1<br />

Globalizzazione Siassisteaunacrescentemondializzazionedeimercati,riassuntacome“fenomenodellaglobalizzazione”.Laconcorrenzaeunacompetizione(esasperata)sonolenuove“regole”impostedalmercatoeil<br />

conflittotraleimpreseèsemprepiùduro,conunadiffusionedelsottodimensionamentodel<br />

personaleedellaflessibilitàdellavoro.<br />

Nuoveforme<br />

dilavoro<br />

Lavoro<br />

femminile<br />

Formazione<br />

delpersonale<br />

Fusionie<br />

frammentazioni<br />

Siregistraunadiversificazionecrescentedelleformedilavoroascapitodicontrattidilavorodipendenteatempoindeterminato,dovelediversitàsiarticolanoprincipalmentesuquattroelementi:<br />

•laduratadelrapporto;<br />

•lacoperturaprevidenziale;<br />

•l’orariodilavoro;<br />

•leformeditutela,apartiredallasaluteesicurezzasullavoro.<br />

Unincrementodeltassodioccupazioneèdovutoallacrescentepartecipazionedelledonnealmercatodellavoro<br />

[*] ,dato,questo,avariazionepositiva,maestremamentedelicato,tenutocontodellaposizionedidebolezzadasemprerappresentatadalledonnenell’ambientedilavoro<br />

[**] ,atuttiilivelli.<br />

Laformazionedelpersonale,nellaconcezioneaziendalediffusa(specieneiPaesidell’areamediterranea),<br />

rimane una voce “unicamente” di costo, ancorché riconosciuta/riaffermata quale fattore<br />

strategico di sviluppo e strumento necessario di accompagnamento alle continue trasformazioni,<br />

nonesclusivamenteaquelledinaturatecnologica,ma,inparticolare,aquellelegateaiprocessiorganizzativo­gestionalierelazionali.<br />

C’èunacrescentetendenzadellesocietàafondersi,diversificandosieaccorpandosi,oaessereassorbite/frammentate,afavorediunliberismoorientatoaprivatizzazioniselvagge,senzaregole,che<br />

perseguelasola“culturadelrisultato”.<br />

Speseecosti Nonostantesiinvochifrequentemente larazionalizzazionedellespese,inrealtàsiriduconosemplicementeicosti(spessorappresentatidalpersonaleoafavorediquesto).Sitendearidimensionareea<br />

scegliereformequalil’outsourcingoilsubappalto,anzichéri­organizzare,cambiarepermigliorare.<br />

Esternalizzazione Il ciclo produttivo viene frazionato, si affidano all’esterno le lavorazioni. Si trasferiscono all’estero<br />

(rappresentatooramaidaiPaesidelterzomondoodell’EstremoOriente)interecateneproduttivee<br />

sitendearidurrealminimogliorganici.Cresceilfenomenodelpendolarismodilungatratta.Lamobilità,laflessibilità,larichiesta/esigenzafreneticaepressantediri­adattamentocontinuosonouna<br />

costantecomelaprecarizzazioneel’incertezza.<br />

Mancatatutela Nonostantesimigliorilaqualitàdelservizionell’otticadiaumentarelevendite,sivalorizzil’utente<br />

perchéri­valutatocomegrandeclienteesiscriva(giustamente)la“cartadeidiritti”,adesempio,del<br />

consumatore,delcliente,delpaziente,dell’utenteodelviaggiatore,siattenta(ancora)aidirittidel<br />

lavoratoreedellalavoratrice,andandoaminareiprincipifondamentaliditutela.<br />

Saluteesicurezza<br />

sullavoro<br />

Istruzione<br />

etecnologie<br />

Rapporto<br />

lavoro-vita<br />

Èancoralontanoiltraguardodiunconcretoediffusoradicamentoculturale,nellediverserealtàlavorative,diunaadeguatatuteladellasaluteesicurezzasullavoro.L’approccio“miope”aitemidellatutela,troppospessorelegato(solo)adassociareilrispettodegliobblighiaicontestidirischioevidente(seppurancoradidimensioniinaccettabili,dicircaquattrodecessialgiorno),determinaancoraoggiunritardosignificativodiinterventi,inparticolarenellepiccolerealtàproduttive,eun’insufficiente<br />

attenzione alla salute, a partire dalle malattie professionali (sono ottomila circa i tumori di<br />

certaoriginelavorativa)aidisagiedannilavorativi(cresconoitraumimuscolo­scheletrici).<br />

Illivelloculturalemedio,nonsolodaunpuntodivistastrettamentescolastico,ècresciuto.Lasocietà<br />

moderna,veloce,complessaestimolante,èprovocatoriamentegenerosadisollecitazioni.L’offerta<br />

diinformationcommunicationtechnologynelmondosviluppatoeglobalizzatoèampiaeaccessibileatutti.Sièliberidisceglieretratantediverseproposte,dicambiare,distruggereericostruire.<br />

Silavoraintrenoandando“allavoro”,telefonandodall’autoconlaqualesiva“allavoro”,cisirende<br />

reperibilisempreeraggiungibilidovunque,senzasoluzionedicontinuità.Nonpiù,quindi,unavita<br />

dedicataallavoro,maunlavorochepervadetotalmentelavita,diventandostrumentoperilconseguimentodisoddisfazione,identificazione,valorizzazioneerealizzazionepersonale,momentodi<br />

crescitaescambio,relazioneeconfronto.<br />

[*]Lapresenzadelledonnenelmondodellavorohavistounasignificativacrescitanegliultimianniseppurenoncaratterizzatada<br />

omogeneitàsututtoilterritorionazionale.L’incrementoavutosinelcentronordnonèstatoregistratonelsud,doveledonne<br />

occupatesonomenodel40%delledonneinetàdalavoro,adifferenzadellaLombardiacheregistrail58,5%edell’EmiliaRomagnaconil65%.<br />

[**]Siregistraunaumentodeitassid’incidenzadegliinfortunitralelavoratricialivelloeuropeo,ancheperquantoriguardagli<br />

infortunimortalisullavoro(datiEurostat).Perquantononrappresentinocheil17,8%dellemalattieprofessionalidiagnosticate,<br />

ledonnefannoregistrarepercentualinettamentesuperioriagliuominiindeterminatigruppi:45%delleallergie,61%dellemalattieinfettive,55%deiproblemidinaturaneurologica,48%deiproblemidinaturaepaticaedermatologica.Questecifreevidenziano,pertanto,lespecificitàsignificativedelledonneneiriguardidellemalattieprofessionali.<br />

79


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

traverso una sorta di delega non richiesta,<br />

le differenti operazioni del<br />

processo esecutivo. Cresce nella gerarchia<br />

un disinteresse per le modalità<br />

elaborate nel conseguire i risultati,<br />

con la creazione di uno iato esperienziale<br />

tra chi definisce cosa si debba<br />

fare e ne controlla i risultati conclusivi<br />

e tutti coloro che quotidianamente<br />

operano lungo le tracce di un’invenzione<br />

che (…) non entra (…) in<br />

un’esperienza collettiva di successo<br />

capace come tale di creare cultura» [2] .<br />

Così, ponendo la sola produzione<br />

avulsa dal contesto lavorativo al centro<br />

di tutti gli interventi e di tutte le<br />

azioni, l’individuo lavoratore ha sempre<br />

ricoperto (oggi, per alcuni aspetti,<br />

più che mai) un ruolo all’interno dell’azienda<br />

meramente strumentale. Ma<br />

se, da un lato, la forza lavoro non<br />

aveva dignità nei confronti della direzione<br />

aziendale, dall’altro, la comunità<br />

lavorativa viveva una sua dimensione<br />

collettiva forte e coesa.<br />

Modificandosi il tessuto sociale e<br />

culturale, le regole di base di un’economia<br />

tradizionale, il sistema mercato,<br />

venendo meno i valori profondi<br />

sul piano sociale, se prima era rappresentato<br />

da un modello a rete di origine<br />

spontanea, ora non ha più trovato<br />

le leve di fondo sulle quali per molti<br />

secoli aveva poggiato le basi. Priva di<br />

un qualsiasi sistema organizzativo, la<br />

gestione del lavoro ha mostrato la sua<br />

più ampia vulnerabilità, mettendo in<br />

crisi, di conseguenza, la produttività.<br />

Organizzazionedellavoro:<br />

armonizzareglielementi<br />

L’organizzazione del lavoro, se potesse<br />

basarsi e riferirsi solo alla gestione<br />

degli aspetti meramente strutturali<br />

e tecnici, potrebbe essere certa (o co-<br />

80<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

munque tendere), una volta portato<br />

tutti i processi a eccellenza, di poter<br />

raggiungere la soglia di una piena efficienza,<br />

che, a patto di essere monitorata<br />

e perseguita, potrebbe mantenersi<br />

tale nel tempo. Uno stato di efficienza,<br />

difatti, è quando un atto produce l’effetto<br />

voluto.<br />

L’organizzazione del lavoro però<br />

non può trascurare che all’interno del<br />

processo lavorativo non vi sia solo la<br />

componente tecnica, ma anche l’elemento<br />

pulsante, la componente umana<br />

rappresentata dalla popolazione lavorativa<br />

nel suo complesso. Pertanto, lo<br />

stato di efficienza, raggiungibile portando<br />

i processi tecnici a eccellenza,<br />

dovendo necessariamente comprendere<br />

anche il fattore umano, muta le sue<br />

caratteristiche, perdendo, da un lato, la<br />

certezza di una meccanica riproducibilità<br />

degli effetti voluti e acquistando,<br />

dall’altro, la possibilità di poter giungere<br />

a un livello ben più complesso, di<br />

efficacia degli effetti, pur non sempre<br />

matematicamente certi, ma garanti di<br />

consistenza evolutiva. L’efficacia, difatti<br />

non è uno stato nel quale un atto<br />

produce effetti voluti, bensì è la capacità<br />

di questo di produrli.<br />

Sostenere, quindi, che il «manager<br />

è responsabile dell’efficienza, mentre<br />

è co-responsabile dell’efficacia» sta a<br />

significare che i processi che possono<br />

svolgersi influenzati dalla componente<br />

umana sono molto più variabili, dinamici,<br />

ma senz’altro potenzialmente<br />

più significativi in quanto produttivi<br />

di evoluzione e progresso, crescita e<br />

mutamento, a confronto di quelli tecnici,<br />

per loro essenza privi di capacità<br />

autonoma di cambiamento. La co-responsabilità<br />

della figura apicale prevede,<br />

pertanto, non un più ridotto e<br />

limitato campo di intervento nei con-<br />

derivato da due settori “tradizionali” quali le costruzioni e l’agricoltura. A seguire, il terziario. La dimensione media delle realtà<br />

aziendali italiane si attesta su circa 4,7 addetti per ciascuna. Le Camere di Commercio hanno registrato in questi ultimi anni un<br />

aumento di circa 100.000 nuove imprese. Tra queste, un dato particolare, mette in risalto che più di 30mila di queste hanno come<br />

titolari immigrati extracomunitari. Il lavoro sommerso, da stime indirette, si calcola fra il 15% e il 17% del totale (seppure molti<br />

ritengono che si possa parlare anche di una forbice che va dal 20% al 27%). Sebbene sia ancora insufficiente il livello di<br />

informatizzazione delle aziende italiane, in particolare in quelle di media e piccola dimensione, si registra un significativo aumento<br />

di strumentazione informatica e di siti strutturati tra le aziende con meno di 10 dipendenti, mentre il numero delle aziende pubbliche<br />

in possesso di un proprio sito internet strutturato e accessibile dall’utenza esterna ammontano oggi in Italia soltanto a 90.000 circa.<br />

[2] G. Varchetta, Soddisfazione per il lavoro e climi organizzativi in Sviluppo & Organizzazione n.206, nov.dic. 2004.<br />

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fronti di una gestione tesa all’efficienza,<br />

ma una necessaria valutazione,<br />

analisi e coinvolgimento della componente<br />

relativa alle risorse umane<br />

presenti e tipiche del contesto lavorativo<br />

di riferimento e, al contempo, una<br />

piena consapevolezza di non poter<br />

governare e determinare in maniera<br />

autoritaria e vincolante i processi e il<br />

raggiungimento degli effetti preventivati<br />

come sul piano tecnico. In questo<br />

modo, la co-responsabilità può agevolare<br />

e favorire le dinamiche di processo<br />

e di sviluppo mediante azioni mirate,<br />

giungendo a stimolare e a rendere<br />

l’organizzazione del lavoro (non trascurando<br />

il clima organizzativo) un<br />

terreno, per alcuni aspetti di fondamentale<br />

concretezza e per altri di più<br />

“virtuale” consistenza, adeguatamente<br />

fertile per il radicamento di percorsi,<br />

di processi e per il consolidamento di<br />

pratiche finalizzate a produrre effetti<br />

efficaci a durata costante, evolutiva,<br />

ma significativamente collettiva.<br />

La potenzialità data dal fattore<br />

umano all’interno dei processi (lavorativi),<br />

se rappresenta un dato oggettivo<br />

innegabile, al contempo, va valutata<br />

alla luce della complessità intrinseca<br />

che la relativa gestione richiede<br />

per poter esprimere il proprio valore,<br />

di regole, interventi, gestioni particolari<br />

e specifiche riassumibili in una<br />

strategia d’insieme e progettazione<br />

complessiva. Questa politica è declinabile<br />

e attuabile mediante una pianificazione<br />

di interventi non reiterabili<br />

o applicabili indifferentemente a<br />

qualsiasi realtà collettiva, ma rispondenti<br />

a esigenze/caratteristiche di uno<br />

specifico contesto lavorativo tipizzato<br />

dal proprio sistema produttivo e dalla<br />

propria concezione e modello organizzativo<br />

del lavoro.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


IL CLIMA ORGANIZZATIVO<br />

Per giungere a un mero risultato di<br />

efficienza, pertanto, le leve sulle quali<br />

poter/dover agire non potranno che<br />

essere: le regole, le formule, gli standard,<br />

i documenti e, in caso di necessità,<br />

dovendo ricondurre l’agire entro<br />

limiti previsti (imposti), si adotteranno<br />

delibere, disposizioni e norme, fino<br />

a trovare supporto nelle sanzioni.<br />

Ma, a fronte del raggiungimento di<br />

un livello di efficacia tenendo conto<br />

prioritariamente del fattore umano<br />

quale componente centrale e determinante<br />

dei processi, le leve di riferimento<br />

potranno ritenersi non solo<br />

quelle rispondenti in senso stretto alla<br />

condizione causa ed effetto, azione e<br />

re-azione, ma, prioritariamente, a<br />

quelle rispondenti a logiche, criteri,<br />

modalità basate su condizioni variabili<br />

quali la motivazione, l’appartenenza,<br />

il senso del dovere, il sapere, la<br />

competenza, la mission, l’emozione<br />

[3] , lo spirito di gruppo, la solidarietà,<br />

come anche il conflitto, la concorrenza,<br />

la paura, l’ansia, la tensione, la<br />

fatica mentale e fisica, l’interesse e il<br />

rapporto con la gerarchia.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Favorireilbisogno<br />

dicambiamentoculturale<br />

Ogni cambiamento necessita di<br />

una o più spinte che, variando, incidono<br />

sul cambiamento stesso e, addirittura,<br />

sulla relativa natura. Prima di<br />

arrivare al “cuore” del problema è bene<br />

analizzare, a titolo di paragone, un<br />

paio di casi di mutazioni imposte.<br />

Quando alcuni anni fa, per motivi<br />

“tecnici”, si è dovuto mutare la modalità<br />

di composizione del numero per<br />

telefonare ai telefoni cellulari (si è dovuto<br />

eliminare da tutti i numeri la<br />

prima cifra “0”), il cambiamento è<br />

stato radicale, ma ha comportato un<br />

periodo di adattamento piuttosto limitato.<br />

Nel caso specifico, infatti, a contribuire<br />

in modo sostanziale sono state<br />

sia la spinta individuale (necessità<br />

di utilizzare lo strumento) sia il blocco<br />

strutturale che, dopo un certo tempo,<br />

ha impedito di telefonare a chiunque<br />

non rispettasse le nuove regole<br />

previste. Un cambiamento radicale e<br />

complessivo, visto il significativo numero<br />

di popolazione coinvolta, ma<br />

che non può essere ricompreso tra<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Il termine “clima organizzativo” (organizational climate) si può attribuire a C. Argyris, che sviluppò un modello che<br />

consideravailclimacomeunoelementodiregolazionedelsistemaorganizzativoingradodiincideresulsuofunzionamento.Nontrascurabilerimane,però,ilconcettodiclimaorganizzativoelaboratodaG.A.ForehandeB.H.Gilmer,chelo<br />

identificarono come «un set di caratteristiche che descrivono una organizzazione e che a) la distinguono dalle altre<br />

organizzazioni; b) sono relativamente durature nel tempo; e che c) influenzano il comportamento degli individui<br />

nell’organizzazione».L’influenzacheleteoriediEdgarH.Scheinebberosuglistudidelclimaorganizzativodiederouna<br />

significativasvoltaintroducendolavariabiledellaleadershipqualebasedioriginediunaidentitàculturaledell’organizzazione;inparticolare,conScheinsiarrivòasostenereche«culturaeleadershippossonoesserevistecomeleduefacce<br />

della stessa medaglia». «È possibile ­ secondo Schein ­ che l’unico compito davvero importante dei leader consista nel<br />

creareegestirelaculturaorganizzativaechediconseguenzal’unicotalentocheileaderdevonopossederesiaquellodi<br />

sapergestirelacultura».Oggi,allalucedellemoltissimeteorie,noncertocollimanti,volendoriconoscereunadefinizione<br />

equilibrataecondivisibilediclimaorganizzativo,sidovrebbeconsiderarlocome«uncostruttopsicologicochesiriferisce<br />

a percezioni sviluppate dalle persone nei riguardi del proprio ambiente di lavoro. Il gruppo è la sede privilegiata del<br />

clima. Il clima è contemporaneamente il risultato e il determinante del comportamento degli individui e dei gruppi<br />

all’internodiunastruttura»[G.MaroccieE.Pozzi,Ilclimaorganizzativoelasuaevoluzione,inV.MajereG.Barocci(a<br />

curadi),Ilclimaorganizzativo,Carocci,Roma2003,19­40].<br />

quelli sociali profondi; difatti, è possibile<br />

tranquillamente ipotizzare, a<br />

fronte di un eventuale ulteriore cambiamento,<br />

un riadattamento in tempi<br />

brevi senza alcun trauma o resistenza<br />

particolare. La necessità (e pertanto la<br />

scelta cosciente e autonoma) dell’adozione<br />

di uno strumento utile può<br />

risultare determinante nell’accorciare<br />

i tempi di cambiamento.<br />

Di natura diversa, invece, si deve<br />

considerare il cambiamento rappresentato<br />

dall’obbligo di allacciare le<br />

cinture di sicurezza in macchina.<br />

Questo cambiamento, seppur anch’esso<br />

radicale e coinvolgente un<br />

numero ampio di individui, non ha<br />

sortito lo stesso risultato in termini di<br />

rispetto (e di tempo) come per il precedente.<br />

In questo caso, infatti, le due<br />

spinte coercitive, di natura strutturale<br />

la prima e di interesse l’altra, contrariamente<br />

al caso precedente, non hanno<br />

rappresentato per la popolazione<br />

una motivazione sufficiente al cambiamento.<br />

In questo caso, infatti, potendo<br />

ugualmente utilizzare la macchina<br />

senza dover mettere le cinture<br />

[3] E. Spaltro sostiene che, negli ultimi tempi, si sta assistendo a un lento, ma significativo passaggio dal predominio della ragione al<br />

rapporto emozione-ragione all’interno dei sistemi organizzativi aziendali. L’Autore evidenzia come sia in atto una trasformazione<br />

da un modello cognitivo razionale verso una nuova concezione di natura specificamente emotiva del lavoro e della formazione<br />

organizzativa, ritenendo, inoltre, che la supremazia della ragione, come modalità privilegiata di comprensione della realtà<br />

organizzativa, sia la risposta a livello diffuso del malessere oggi nelle organizzazioni aziendali (E. Spaltro, P. De Vito Priscitelli,<br />

Psicologia per le organizzazioni, Carocci, Roma 2002.<br />

81


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

ed essendovi sanzione/restrizione solo<br />

in caso di presenza attiva delle forze<br />

dell’ordine, il cambiamento culturale<br />

sociale non si è radicato diffusamente,<br />

tenendo anche conto del potenziale di<br />

pericolosità rappresentato dal mancato<br />

rispetto del precetto normativo; solamente<br />

chi, infatti, ne ha colto e fatto<br />

proprio il valore profondo della disposizione<br />

volta alla tutela della persona<br />

ha modificato il suo comportamento,<br />

mentre chi lo ha solo accolto<br />

come mero obbligo imposto lo ha gestito<br />

in maniera occasionale o strumentale<br />

(mettendosi le cinture solo in<br />

presenza di pericolo di controllo). Si<br />

coglie, in questo senso, come, al di là<br />

delle caratteristiche più o meno significative<br />

e determinanti delle spinte per<br />

il cambiamento, il fattore umano, la<br />

variabile soggettiva e la discrezionalità<br />

personale contino in maniera assoluta<br />

in qualsiasi processo di cambiamento<br />

culturale a carattere individuale<br />

e pertanto sociale.<br />

L’organizzazione del lavoro, pur<br />

essendo costituita da una struttura basata<br />

su aspetti di natura formale e da<br />

una sua oggettività di procedimenti e<br />

di procedure, ha parallelamente una<br />

sua ampia dimensione (il cuore pulsante)<br />

fondata su aspetti di natura informale<br />

e altri tipici frutto di processi,<br />

atteggiamenti, consuetudini e modalità<br />

proprie caratteristiche di quella collettività<br />

a cui il singolo appartiene.<br />

Gli aspetti di natura informale «si trovano<br />

concretizzati nella prassi routinaria<br />

quotidiana e definiscono lo scenario<br />

di azione degli attori. Sono essi<br />

che determinano le modalità operative<br />

spontanee di un’organizzazione.<br />

Ogni aspetto dell’organizzazione risulta<br />

carico di significati simbolici<br />

che fanno riferimento direttamente al<br />

mondo dei valori profondi, personali,<br />

82<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

ma soprattutto collettivi» [4] . Pertanto,<br />

per attuare un cambiamento culturale<br />

profondo e radicato in un contesto organizzativo<br />

in ambiente di lavoro,<br />

non si può pensare di prescindere dal<br />

promuovere spinte che, più che trovare<br />

ragione in mere imposizioni coercitive,<br />

in limiti oggettivi e strutturali,<br />

nascano piuttosto da esigenze sentite<br />

ed espresse dalla collettività che è<br />

chiamata a compiere il cambiamento.<br />

Nessun mutamento culturale può trovare<br />

concreta cittadinanza in una collettività<br />

che non ha vissuto, partecipato<br />

e “condiviso” (accettato e compreso)<br />

la creazione delle spinte e le leve<br />

del cambiamento.<br />

È provato come gli interventi di<br />

cambiamento organizzativo in ambito<br />

lavorativo siano uno dei motivi di<br />

maggior causa di situazioni di malessere<br />

diffuso nelle popolazioni lavorative.<br />

Le ragioni profonde di questo<br />

stato, al di là delle singole variabili e<br />

accentuazioni personali, si collocano<br />

non tanto (o soltanto) nella difficoltà<br />

di dover affrontare elementi nuovi/diversi<br />

sul piano (con tutto ciò che questo<br />

comporta dal punto di vista, fisico<br />

e biologico, dall’impiego di energie<br />

sovradimensionato al normale svolgimento<br />

delle proprie attività), ma,<br />

principalmente, nella resistenza che<br />

viene a crearsi, non avendo partecipato<br />

al processo di scelta del cambiamento,<br />

condiviso le ragioni e vissuto<br />

“emotivamente” le fasi di avvicinamento<br />

alla decisione di cambiamento.<br />

Le fusioni aziendali, i ridimensionamenti,<br />

gli accorpamenti, oggi purtroppo<br />

realtà costanti di una dimensione<br />

economica di forte crisi iniziata<br />

sul finire degli anni ‘90, hanno comportato<br />

un livello di malessere diffuso<br />

nelle realtà aziendali che ha significativamente<br />

oltrepassato la soglia con-<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

naturale del disagio dovuto alla trasformazione<br />

di molte situazioni<br />

aziendali un tempo floride e in crescita,<br />

a una dimensione di crisi e di<br />

regresso. La condizione di malessere<br />

diffuso oggi è molto più conseguenza<br />

di una diffusa inadeguata capacità organizzativa<br />

di gestione e accompagnamento<br />

di questi processi di cambiamento<br />

che di una oggettiva condizione<br />

di crisi sul livello produttivo<br />

(che, comunque, non può essere ignorata).<br />

Non si dimentichi che, ancora<br />

oggi, nelle realtà lavorative italiane il<br />

principale motivo per il quale l’applicazione<br />

delle regole in materia di salute<br />

e sicurezza tende a mancare - e<br />

con questo un radicamento profondo<br />

della cultura della prevenzione e protezione<br />

dei lavoratori in ambiente di<br />

lavoro e dell’importanza della valutazione<br />

di tutti [5] i rischi a cui i soggetti<br />

attivi in azienda sono esposti - non è<br />

da imputare prioritariamente a un mero<br />

mancato rispetto degli obblighi di<br />

legge previsti, in primis, a carico del<br />

datore di lavoro, ma al mancato salto<br />

culturale e, pertanto, al significativo<br />

cambiamento sociale che non è avvenuto<br />

nella popolazione lavorativa (intesa<br />

nel senso più ampio, ricomprendendo<br />

tutti i soggetti), a causa dei<br />

quali ancora oggi non viene percepita<br />

l’importanza della salvaguardia della<br />

salute e, al contempo, si è persa la<br />

capacità di “reagire” di fronte ai dati<br />

drammatici degli infortuni e delle<br />

morti sul lavoro.<br />

L’analisidellefonti<br />

delmalessere<br />

Molti oggi sono i dati che affermano<br />

la significativa correlazione tra lo<br />

stress e le caratteristiche dell’organizzazione<br />

del lavoro (o meglio della sua<br />

assenza o della sua inadeguatezza e insufficienza).<br />

Secondo i dati emersi dal-<br />

[4] K.Weick, Senso e significato nell’organizzazione, tr.it. Cortina, Milano 1997.<br />

[5] Nella legislazione italiana un interessante ambito di ricomprensione della materia è dato dall’importante modifica/integrazione del<br />

testo del D.Lgs. n. 626/1994 a seguito della sentenza di condanna emessa dalla Corte di Giustizia europea (C-49/00 del 15<br />

novembre 2001) nei confronti dell’Italia a causa di un non corretto recepimento del testo della direttiva 89/391/CE da parte del<br />

Legislatore nazionale. Mediante la sentenza di condanna, supportata dalle precise e inequivocabili parole della Corte di Giustizia<br />

europea («i datori di lavoro sono tenuti a valutare l’insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori»), l’Italia ha ricevuto<br />

(se comunque ve ne fosse stato bisogno) una conferma sull’obbligo a carico del datore di lavoro, in sede di valutazione dei rischi, di<br />

rilevare «tutti» (termine oggi inserito nella “nuova” versione dell’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 626/1994) gli aspetti presenti in<br />

ambiente di lavoro e suscettibili, in forma diretta e indiretta, di natura tecnica o organizzativa, di costituire fonte di rischio per i<br />

lavoratori.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


Efficienza<br />

la «Second European Survey on<br />

Working Conditions in the European<br />

Union», pubblicata dalla Fondazione<br />

Europea di Dublino nel 2000, il 28% di<br />

lavoratori dell’Unione europea riferivano<br />

disturbi correlati allo stress; percentuale<br />

che equivale a circa 41 milioni di<br />

lavoratori europei colpiti ogni anno da<br />

stress legato ad attività lavorativa [6] .<br />

Sebbene il lavoro rappresenti soltanto<br />

uno dei possibili aspetti della<br />

vita da cui può derivare l’esperienza<br />

di stress e di malattia, le ricerche e gli<br />

studi oggi lo identificano come una<br />

delle principali fonti. Diviene, pertanto,<br />

di rilevante interesse analizzare alcuni<br />

degli indicatori più significativi<br />

che sono stati riconosciuti determinanti<br />

nel contesto lavorativo per poter<br />

elaborare una diagnosi di clima mettendo<br />

sotto analisi gli elementi “sensibili”<br />

con i quali il clima organizzativo<br />

di una realtà aziendale si caratterizza<br />

e si identifica. Non può, infatti,<br />

essere trascurato il moderno concetto<br />

secondo il quale «è difficile pensare<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Regole<br />

Formule<br />

Standard<br />

Documenti<br />

Limiti<br />

Disposizioni<br />

Sanzioni<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Titolo<br />

Efficacia<br />

che gli assetti che si andranno a costituire<br />

negli anni a venire potranno<br />

essere determinati unicamente da forze<br />

economiche e politiche, senza alcun<br />

contributo da parte dei soggetti<br />

sociali (…), all’interno del processo<br />

di globalizzazione occorrerà distinguere<br />

comunque la dimensione strutturale<br />

da quella soggettiva» [7] .<br />

Non va certo considerato che tutti<br />

gli indicatori [8] rappresentino un ambito<br />

di analisi (necessaria) in ogni realtà<br />

lavorativa. Ma l’elenco, dal chiaro fine<br />

esemplificativo sebbene non esaustivo,<br />

funge da monito nel far emergere<br />

gli aspetti più ricorrenti di debolezza<br />

e di criticità nelle organizzazioni<br />

del lavoro al fine di richiamarne l’attenzione<br />

e la necessaria valutazione<br />

per poter identificare al meglio quelli<br />

che sono (forniti dalla casistica e dagli<br />

studi di settore) gli spazi e gli ambiti<br />

nei quali si va (potenzialmente) annidando,<br />

in forme diverse, quel “malessere”<br />

a carattere collettivo che spesso<br />

se trascurato, sottovalutato o non og-<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

Figura 1<br />

gettivato, conduce a situazioni di disagio<br />

lavorativo diffuso e difficile da<br />

recuperare, in tempi utili, senza rischiare<br />

l’insorgenza di gravi e permanenti<br />

danni ai lavoratori.<br />

Unmetododianalisi<br />

delcaricodilavoro<br />

Ritenendo di rilevante importanza,<br />

anche sulla base di un ampio supporto<br />

di studi, prendere a riferimento il<br />

carico di lavoro quale indicatore significativo<br />

di potenziale disagio, da<br />

parte della collettività lavorativa, in<br />

ambito lavorativo, su mandato del<br />

Ministero del Lavoro e della Previdenza<br />

Sociale [9] , è stato elaborato uno<br />

specifico metodo di analisi.<br />

Rifuggendo l’approccio tipico (e<br />

al contempo spesso debole e non<br />

scientifico) che porta a valutare le<br />

condizioni di lavoro mediante raccolta<br />

di dati basati esclusivamente sulla<br />

percezione del singolo lavoratore (di<br />

frequente, poi, anche non previamente<br />

informato e/o formato sul linguag-<br />

[6] Sul tema si veda l’approfondimento di F. Erbi, P. Santantonio e A. Bellomo, pubblicato sul n. 12/2007 di <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong>.<br />

[7] C. Giaccardi, M. Magatti, L’io globale, Laterza, Roma-Bari, 2003.<br />

[8] Secondo la European Agency for Safety and Healt at Work (2000), gli indicatori di rilievo da prendere in esame per un’adeguata<br />

analisi del clima organizzativo in azienda, in base al contesto organizzativo sono: la cultura organizzativa; le modalità di gestione<br />

dei ruoli; i processi di sviluppo di carriera; i criteri di decisione e controllo; le relazioni interpersonali; il livello decisionale. In base<br />

alle modalità di lavoro, sono, invece: il carico di lavoro e i ritmi di lavoro; l’ambiente; la programmazione del lavoro; lo<br />

svolgimento della funzione.<br />

[9] Progetto del 2007 finanziato da parte del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale alla Società Euroesse S.r.l, dal titolo: “Gli<br />

indicatori di rilevazione nazionali relativi alla valutazione del disagio lavorativo e dei rischi di natura psico-sociale”.<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Motivazione<br />

Appartenenza<br />

Mission<br />

Emozione<br />

Solidarietà<br />

Conflitto<br />

Fatica mentale<br />

Ansia<br />

Tensione<br />

Interesse<br />

Rapporto con la gerarchia<br />

83


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

gio, obiettivi e scopo della rilevazione),<br />

si è lavorato incentrando il metodo<br />

intorno a una struttura semplice<br />

abbinata alla fallibilità dell’operatore<br />

in cui si ritiene di fondamentale importanza<br />

la quantificazione di un indice<br />

di rischio che tenga conto delle<br />

condizioni ambientali, del task, ma,<br />

soprattutto, delle funzioni cognitive<br />

abbinate a una determinata mansione<br />

(seguendo una metodologia basata<br />

sull’osservazione [10] e non sull’autovalutazione).<br />

Partendo dalla metodologia della<br />

Task Analysis, che permette sia di<br />

identificare ed esaminare i task che<br />

devono essere eseguiti dagli operatori<br />

quando interagiscono con un sistema,<br />

sia di studiare ciò che è richiesto in<br />

termini di azioni e/o processi al fine<br />

di raggiungere uno scopo, si giunge,<br />

non prima di essere passati dalla fase<br />

dell’analisi puntuale mediante la hierarchical<br />

task analysis - HTA (metodo<br />

in base al quale l’analista esamina<br />

le procedure secondo un approccio<br />

“dal basso verso l’alto”. In questo<br />

modo si attribuisce un ordine gerarchico<br />

per cui l’operatore non può<br />

compiere un task se prima non ha<br />

compiuto i precedenti) e utilizzando<br />

la metodologia offerta dal CREAM -<br />

cognitive reliability and error method<br />

analysis (metodo di analisi cognitivo<br />

sulla valutazione del potenziale di rischio<br />

rappresentato dall’eventuale errore<br />

umano), a svolgere una valutazione<br />

del carico cognitivo richiesto da<br />

una determinata prestazione. L’esito è<br />

quello di poter esprimere un giudizio<br />

di affidabilità del sistema organizzativo<br />

interno alla realtà lavorativa (analizzabile<br />

anche per singole unità operative).<br />

Si ottiene l’indice di valutazione<br />

della funzione f), che esprime<br />

un’analisi-giudizio di merito sul carico<br />

cognitivo associabile a una deter-<br />

84<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

minata funzione, permettendo , così,<br />

di poter identificare le carenze organizzative<br />

riferite alle singole funzioni<br />

(e, pertanto, ai lavoratori a esse impiegati),<br />

dando indicazione su quali<br />

ambiti (se necessario) dover intervenire<br />

per migliorare.<br />

Sono molte le realtà lavorative ancora<br />

oggi nelle quali, spesso, per una<br />

non adeguata (o disattenta) capacità<br />

organizzativa e gestionale, il clima lavorativo,<br />

le performance e le condizioni<br />

ambientali sono minati da uno<br />

stato di malessere diffuso dei lavoratori<br />

e delle lavoratrici che, nel tempo,<br />

procura conseguenze dalle ripercussioni<br />

diverse, a partire dalla qualità<br />

della produzione, all’immagine dell’azienda,<br />

al senso di appartenenza, ai<br />

costi (in particolare sanitari), all’assenteismo<br />

fino al turn over, per poi<br />

giungere drammaticamente a produrre<br />

disagio lavorativo ed eventuali casi<br />

di danno individuale.<br />

Responsabilitàsociale<br />

dell’impresapraticata<br />

Se per spiegare che cos’è la responsabilità<br />

sociale delle imprese<br />

(RSI) [11] bastasse una definizione autorevole<br />

e diffusamente riconosciuta,<br />

la Commissione europea, mediante il<br />

Libro Verde dal titolo “Promuovere<br />

un quadro europeo per la responsabilità<br />

sociale delle imprese”, redatto nel<br />

2001, avrebbe già da alcuni anni affrontato<br />

e regolato il tema: «l’integrazione<br />

volontaria delle preoccupazioni<br />

sociali ed ecologiche delle imprese<br />

nelle loro attività commerciali e nei<br />

loro rapporti con le parti interessate».<br />

Ma la RSI è, in primo luogo, un<br />

modus di concepire e gestire l’azienda,<br />

anziché uno status. Difatti, la scelta<br />

di avviare l’azienda verso un processo<br />

di RSI non è una scelta che si<br />

può considerare a sé stante, ma è l’in-<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

nesco di un percorso che, attraverso<br />

tappe volte verso obiettivi di miglioramento<br />

continuo, si susseguono nel<br />

tempo. Pertanto, la scelta di RSI non<br />

può che essere radicata all’interno<br />

delle politiche aziendali, influenzando<br />

l’intero sistema di governo, facilitando<br />

e sostenendo la produttività,<br />

quale sistema armonico tra capitale e<br />

lavoro, anziché una mera produzione<br />

schiacciata sul profitto. Alla base del<br />

percorso, pertanto, ci deve essere una<br />

scelta maturata all’interno della realtà<br />

produttiva che deve trovare, in primis,<br />

nella piena volontarietà, l’ambito<br />

di avvio e, subito dopo, quale ragione<br />

profonda e costante, l’andare “oltre”,<br />

gli obblighi specifici legislativi e regolativi,<br />

siano essi nazionali, comunitari<br />

che internazionali.<br />

Su questa linea di confine, oggi si<br />

trova, grazie anche al chiaro e illuminato<br />

pronunciamento del Parlamento<br />

europeo (13 marzo 2007) [12] , il tema:<br />

l dell’organizzazione del lavoro;<br />

l delle modalità gestionali;<br />

l delle (migliori) condizioni di lavoro<br />

e della centralità della persona nel<br />

lavoro.<br />

Aree di intervento sicuramente<br />

soggette a precisi obblighi legislativi a<br />

carico delle aziende (nella figura del<br />

datore di lavoro), ma che, se trovano e<br />

troveranno sempre più uno spazio di<br />

attenzione, impegno, investimento da<br />

parte delle aziende a favore di una<br />

crescita e miglioramento della qualità<br />

del lavoro e della dimensione di sostegno<br />

e tutela dell’integrità psico-fisica<br />

[13] del lavoratore e della lavoratrice,<br />

porteranno davvero a un cambiamento<br />

profondo e radicato della natura del<br />

lavoro e della produzione nazionale,<br />

facendo del “made in italy”, non solo<br />

un marchio di prodotto, ma una garanzia<br />

(reale e concreta) di produttività di<br />

valore, etica, sociale e sostenibile. l<br />

[10] La metodologia è stata progettata a uso dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione, basandola, pertanto, su criteri di<br />

carattere tecnico-ingegneristico e non psicologico, corredandola di tabelle e indicatori di analisi applicabili in modo logico e<br />

pragmatico, in ogni realtà lavorativa, a ogni funzione/mansione in essa svolta.<br />

[11] C. Frascheri, Oltre il limite. Quale limite… La Responsabilità Sociale delle Imprese, Edizioni Lavoro, Roma 2007.<br />

[12] Risoluzione del Parlamento Europeo 13 marzo 2007. Adottando un linguaggio diretto, chiaro e puntuale in tema di interventi<br />

necessari di responsabilità sociale delle imprese (RSI), il Parlamento riafferma l’importanza di promuovere la RSI a partire<br />

dall’interno dei problemi del lavoro, rilanciando quale via (unica) di sviluppo e crescita la “competitività responsabile”, attraverso<br />

i temi centrali del lavoro, come: l’organizzazione del lavoro nel rispetto della persona; la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;<br />

le migliori condizioni di lavoro; il rilancio e sostegno del lavoro femminile; etica e trasparenza economico-finanziaria.<br />

[13] C. Frascheri, Stress sul lavoro. I rischi emergenti nelle organizzazioni pubbliche e private, Maggioli, Bologna 2006, dal quale sono<br />

tratti alcuni passaggi di questo contributo.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

L’appaltatore esegue l’opera organizzando e gestendo i mezzi “a proprio rischio”<br />

Dalla Finanziaria 2007 alla legge 123<br />

quali responsabilità per il committente?<br />

diAldoAvvisati, avvocatodelforodiTorreAnnunziata­Napoli,specialistaindirittodell’ambientee<br />

sicurezzasullavoro<br />

Apartiredallapubblicazione<br />

dellaleggen.296/2006fino<br />

adarrivareallaleggen.123/2007,<br />

sonostateoperatebentre<br />

modificheall’art.7,D.Lgs.<br />

n.626/1994.Partendodalle<br />

modificheapportatedallalegge<br />

n.123/2007,conlasostituzione<br />

delcomma3,art.7,D.Lgs.<br />

n.626/1994,èstatoaggiunto,<br />

acaricodelcommittente,<br />

l’obbligodiredigere<br />

undocumentodivalutazione<br />

deirischicheindichilemisure<br />

pereliminareleinterferenzee,<br />

conl’introduzionedelcomma<br />

3­ter,èstatoprevistocheogni<br />

appaltoocontrattod’opera,<br />

anchediservizi,deveevidenziare<br />

inecessaricostidellasicurezza.<br />

Inriferimentoallalegge<br />

Finanziariaperil2007,invece,la<br />

modificaall’art.7hainserito,<br />

incapoall’imprenditore<br />

committente,l’obbligodi<br />

rispondereinsolidocon<br />

l’appaltatorenonché<br />

conciascunodeglieventuali<br />

subappaltatori,pertuttiidanni<br />

periqualiillavoratore<br />

infortunatononrisulti<br />

indennizzatodall’INAIL.<br />

86<br />

Secondo un filone interpretativo<br />

emerso in alcuni interventi della<br />

pubblicistica specializzata, le<br />

più significative novità contenute nell’art.<br />

7, D.Lgs. n. 626/1994 e nel<br />

D.Lgs. n. 494/1996, recanti nuove disposizioni<br />

in tema di sicurezza sui<br />

luoghi di lavoro, sarebbero l’individuazione<br />

del datore di lavoro committente,<br />

in relazione alla sua qualifica<br />

formale e non alle funzioni effettivamente<br />

esercitate, nonché la totale responsabilizzazione<br />

dello stesso per<br />

tutte le situazioni di rischio che dovessero<br />

crearsi in azienda e/o nel cantiere.<br />

In tema di responsabilità, i principi<br />

individuati in materia, nel corso di<br />

una lunga e laboriosa elaborazione<br />

giurisprudenziale, erano esattamente<br />

di segno opposto. Infatti, si riteneva<br />

che le responsabilità del datore di lavoro<br />

committente fossero circoscritte<br />

ai rischi derivanti da quella parte di<br />

organizzazione aziendale che lo stesso<br />

poteva avere determinato o concorso<br />

a determinare, di conseguenza<br />

che, nei cantieri interni o esterni all’azienda,<br />

la responsabilità del committente<br />

fosse limitata all’idoneità<br />

professionale ed economica dell’appaltatore<br />

(cosiddetta culpa in eligendo)<br />

e all’ipotesi in cui avesse operato<br />

rilevanti ingerenze nell’organizzazione<br />

imprenditoriale di quest’ultimo.<br />

Ilprincipio<br />

di“noningerenza”<br />

Era valido, in realtà, il cosiddetto<br />

principio di “non ingerenza” secondo<br />

il quale, attraverso la sottoscrizione<br />

del contratto di appalto di cui all’art.<br />

1655, c.c., l’appaltatore, a fronte del<br />

compenso pattuito, assumeva su di sé<br />

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ogni rischio circa la realizzazione dell’opera,<br />

compresi gli oneri riguardanti<br />

la sicurezza da curare sui luoghi<br />

oggetto dell’esecuzione del lavoro.<br />

Stante il continuo e incessante fenomeno<br />

infortunistico, il legislatore<br />

ha deciso, con il D.Lgs. n. 626/1994,<br />

di limitare, in un certo qual modo, il<br />

principio di non ingerenza prevedendo,<br />

con l’art. 7, a carico del datore di<br />

lavoro committente, in caso di affidamento<br />

dei lavori a imprese appaltatrici<br />

o a lavoratori autonomi all’interno<br />

della propria azienda, o singola unità<br />

produttiva, una serie di oneri, quali<br />

l’obbligo di:<br />

«a) verifica anche attraverso<br />

l’iscrizione alla Camera di commercio,<br />

industria ed artigianato, dell’idoneità<br />

tecnico-professionale delle<br />

imprese appaltatrici o dei lavoratori<br />

autonomi riguardo ai lavori da affidare<br />

in appalto o contratto d’opera;<br />

b) fornire agli stessi soggetti dettagliate<br />

informazioni sui rischi specifici<br />

esistenti nell’ambiente in cui sono destinati<br />

ad operare, e sulle misure di<br />

prevenzione e d’emergenza adottate a<br />

proposito della propria attività».<br />

La lettera a), comma 1, è, in pratica,<br />

la trasposizione in norma della<br />

cosiddetta culpa in eligendo, categoria<br />

che la giurisprudenza aveva già<br />

elaborato.<br />

Sempre l’art. 7, al comma 2, ha<br />

previsto l’obbligo, per i datori di lavoro,<br />

tanto il committente quanto<br />

l’appaltatore e/o il subappaltatore, di:<br />

l cooperare «all’attuazione delle<br />

misure di prevenzione e protezione<br />

dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività<br />

lavorativa oggetto dell’appalto»<br />

(comma 2, lettera a);<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


l coordinare «gli interventi di protezione<br />

e prevenzione dai rischi cui sono<br />

esposti i lavoratori, informandosi<br />

reciprocamente anche al fine di eliminare<br />

i rischi dovuti alle interferenze<br />

tra i lavori delle diverse imprese<br />

coinvolte nell’esecuzione dell’opera<br />

complessiva» (comma 2, lettera b).<br />

Inoltre, ai sensi del comma 3, il<br />

datore di lavoro committente aveva<br />

l’onere di promuovere il coordinamento<br />

di cui alla lettera b), comma 2.<br />

Con la novità introdotta dal<br />

D.Lgs. n. 242/1996, il datore di lavoro<br />

non si limitava solo a promuovere<br />

il coordinamento ma anche la cooperazione<br />

di cui al punto precedente.<br />

Mentre è rimasto immutato il secondo<br />

capoverso del comma 3, nel<br />

quale è precisato che l’obbligo di<br />

promozione, in capo al datore di lavoro<br />

committente, non si estende ai<br />

rischi specifici [1] propri dell’attività<br />

delle imprese appaltatrici o dei singoli<br />

lavoratori autonomi.<br />

Questo disposto è di importanza<br />

fondamentale. Infatti, ha posto e pone<br />

un argine a quelle interpretazioni<br />

della dottrina, sin troppo evolutive,<br />

che hanno ritenuto verificata una netta<br />

inversione di tendenza del principio<br />

di “non ingerenza”, giungendo<br />

alla apparente e forse agevole conclusione<br />

secondo la quale, lo stesso<br />

datore di lavoro committente, è diventato<br />

responsabile di qualsiasi rischio<br />

si dovesse creare in azienda e/o<br />

nel cantiere.<br />

Questa interpretazione, non condivisibile,<br />

è sembrata rafforzarsi con<br />

l’emanazione del D.Lgs. n. 494/1996<br />

e con gli obblighi previsti nella stessa<br />

norma posti a carico del committente,<br />

ovverosia di curare che, non il<br />

cantiere, ma tutte le operazioni di<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

cantiere devono essere realizzate in<br />

conformità alle prescrizioni antinfortunistiche<br />

e che il coordinatore per<br />

l’esecuzione, in nome e per conto del<br />

committente, deve procedere alla sospensione<br />

dei lavori o a interrompere<br />

immediatamente le singole lavorazioni<br />

in tutti i casi di pericolo.<br />

Questa interpretazione “forzata”<br />

aveva avuto origine da un vario articolato<br />

di cui si componeva, in origine,<br />

il D.Lgs. n. 494/1996, e che faceva<br />

propendere per la tesi della responsabilità<br />

esclusiva del datore di lavoro<br />

committente, con conseguente esenzione<br />

del datore di lavoro appaltatore.<br />

In particolare, la disposizione che<br />

si prestava a una interpretazione più<br />

restrittiva del D.Lgs. n. 494/1996, in<br />

termini di responsabilità del datore di<br />

lavoro committente, era l’originario<br />

art. 9, il quale, al comma 2, aveva<br />

previsto che «La redazione ovvero<br />

l’accettazione e la gestione da parte<br />

dei singoli datori di lavoro dei piani<br />

di sicurezza e coordinamento secondo<br />

quanto definito dall’art. 12 costituisce<br />

adempimento delle norme<br />

previste dall’art. 4, commi 1, 2 e 7 e<br />

dell’articolo 7, commi 1, lettera b) e<br />

2 del D.Lgs. n. 626/1994».<br />

Da qui il convincimento, anche da<br />

parte di alcuni organi di vigilanza, che<br />

al datore di lavoro appaltatore bastasse<br />

l’accettazione del PSC per soddisfare<br />

gli obblighi di revisione del proprio documento<br />

di sicurezza e delle attività di<br />

informazione, di coordinamento e di<br />

cooperazione con il committente.<br />

Altro corollario era il convincimento<br />

che fosse il datore di lavoro<br />

committente a dover “immaginare” e<br />

schedare, nel PSC, ogni rischio possibile<br />

sul cantiere, anche i cosiddetti<br />

“rischi propri” dell’attività appaltatri-<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

ce, rimanendone coinvolto anche sotto<br />

il profilo della vigilanza e delle<br />

conseguenti responsabilità.<br />

Quindi, il datore di lavoro appaltatore,<br />

per ogni attività sul cantiere, si<br />

riteneva andasse “a rimorchio” del<br />

datore di lavoro committente.<br />

Questo “corto circuito” interpretativo<br />

è stato spezzato con la modifica<br />

al D.Lgs. n. 494/1996, che ha introdotto,<br />

all’art. 9, lettera c-bis), da un<br />

lato, espressamente l’obbligo di redigere<br />

il piano operativo di sicurezza<br />

(POS) a carico del datore di lavoro<br />

dell’impresa esecutrice, come specificazione<br />

per il singolo cantiere del<br />

documento di sicurezza già redatto ai<br />

sensi dell’art. 4, D.Lgs. n. 626/1994,<br />

e, dall’altro, ha riformulato il comma<br />

2, art. 9, prevedendo che «l’accettazione<br />

da parte di ciascun datore di<br />

lavoro delle imprese esecutrici del<br />

piano di sicurezza e di coordinamento<br />

di cui all’art. 12 e la redazione del<br />

piano operativo di sicurezza costituiscono<br />

limitatamente al singolo cantiere<br />

interessato adempimento alle<br />

disposizioni di cui all’art. 4, commi<br />

1, 2 e 7, e all’articolo 7, comma 1,<br />

lettera b) del decreto legislativo n.<br />

626/1994».<br />

Tuttavia, ritornando all’analisi dell’art.<br />

7, D.Lgs. n. 626/1994, sono proprio<br />

i continui rimandi operati dall’articolato<br />

del D.Lgs. n. 494/1996 al<br />

D.Lgs. n. 626/1994 e, su tutti, la disposizione<br />

di chiusura contenuta nel<br />

comma 2, art. 1, D.Lgs. n. 494/1996,<br />

la quale prevede che le disposizioni<br />

del D.Lgs. n. 626/1994 e della legislazione<br />

vigente in materia di prevenzione<br />

degli infortuni e dell’igiene del<br />

lavoro si applicano al settore dei cantieri<br />

temporanei e mobili, fatte salve<br />

le specifiche disposizioni contenute<br />

[1] In tema di differenze tra “rischio specifico” e “rischio ambientale”, si veda Cass. pen., sez., IV, 16 gennaio 1987, secondo cui «in<br />

tema di prevenzione infortuni sul lavoro, l’obbligo dell’imprenditore, che si avvalga per l’esecuzione di opere accessorie di un<br />

lavoratore autonomo in base ad un contratto d’opera, di renderlo edotto dei rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro in cui è<br />

chiamato ad operare, non si estende anche ai rischi propri dell’attività professionale o del mestiere che il lavoratore autonomo è<br />

incaricato di prestare. Ed, invero, con il contratto d’opera il prestatore assume ogni rischio inerente all’esecuzione dei lavori ed a lui<br />

compete l’obbligo di munirsi dei mezzi infortunistici previsti dalla legge ed a farne uso, senza che possa ravvisarsi una qualche<br />

corresponsabilità del committente in caso di incidente a causa della mancata osservanza di tale obbligo» (fattispecie in cui era stata<br />

accertata la sussistenza di un contratto di subappalto in favore di un muratore artigiano, dotato di proprie attrezzature e, in<br />

particolare, di cinture di sicurezza).<br />

87


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

nel D.Lgs. n. 494/1996 stesso.<br />

Per cui, lo stesso capoverso dell’art<br />

7, comma 3, secondo il quale il<br />

datore di lavoro committente è sciolto<br />

dall’obbligo di promuovere il coordinamento<br />

e la cooperazione anche per<br />

i rischi specifici propri dell’attività<br />

delle imprese appaltatrici e/o dei singoli<br />

lavoratori autonomi, è pienamente<br />

applicabile al datore di lavoro committente<br />

del D.Lgs. n. 494/1996.<br />

Pertanto, quest’ultimo non potrà<br />

mai essere chiamato a rispondere per<br />

responsabilità di tipo penale e/o civile<br />

per il mancato assolvimento degli<br />

obblighi da parte del datore di lavoro<br />

appaltatore.<br />

Laresponsabilizzazione<br />

delcommittente<br />

Una maggiore responsabilizzazione<br />

del committente nella scelta e nella<br />

selezione degli appaltatori, in relazione<br />

alla serietà del loro approccio<br />

alle problematiche della sicurezza, è<br />

certamente condivisibile, porre in capo<br />

a questi l’obbligo di attivarsi per<br />

curare la cooperazione e il coordinamento<br />

dell’attività delle diverse imprese<br />

e per evitare che si creino lacune<br />

prevenzionali lo è altrettanto, come<br />

anche inevitabile appare la responsabilizzazione<br />

del committente<br />

per tutti i rischi derivanti dall’organizzazione<br />

complessiva del cantiere<br />

nonché delle infrastrutture e delle attrezzature<br />

da questi predisposte e<br />

88<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

messe a disposizione degli appaltatori.<br />

Andare oltre, spingersi fino a una<br />

sorta di responsabilità oggettiva del<br />

committente, per tutto quanto può<br />

accadere nel cantiere, significa aprire,<br />

invece, un conflitto con i principi<br />

generali che ispirano il nuovo sistema<br />

di prevenzione creato in Italia sin<br />

dagli anni ’50 e ridefinito, senza particolari<br />

stravolgimenti, con l’emanazione<br />

del D.Lgs. n. 626/1994. In questo<br />

quadro normativo, la responsabilizzazione<br />

del datore di lavoro, del<br />

dirigente e del preposto opera in relazione<br />

alle funzioni (organizzative e<br />

direzionali) effettivamente svolte da<br />

questi all’interno dell’azienda; questa<br />

appare sempre strettamente proporzionale<br />

rispetto al potere (direttivo e<br />

organizzativo) effettivamente esercitato<br />

da questi e, in tale collegamento,<br />

trova la sua giustificazione in coerenza<br />

con il principio generale di personalità<br />

della responsabilità penale.<br />

Un’interpretazione che si pone in<br />

contrasto con questi principi non può<br />

non lasciare alquanto perplesso il<br />

giurista ed esporre la norma a seri<br />

dubbi di legittimità costituzionale.<br />

Implicherebbe, inoltre, uno stravolgimento<br />

dei principi stessi che regolano<br />

il contratto di appalto che, nell’ordinamento<br />

italiano, è caratterizzato<br />

proprio dal fatto che l’appaltatore assume<br />

il compimento di un’opera con<br />

l’organizzazione e la gestione dei<br />

[2] Con tecnica legislativa discutibile, il legislatore ha condensato in un unico strumento normativo disposizioni immediatamente<br />

cogenti e precettive con altre contenenti principi all’indirizzo del Governo per la redazione del Testo unico.<br />

[3] Nell’ambito dei cantieri cosiddetti “interni”, sussistono due particolari categorie di fattori di rischio, i rischi “aggiuntivi” e i rischi<br />

“interferenziali”.<br />

«I rischi “aggiuntivi” sono quelli derivanti dalla presenza simultanea o successiva dell’impresa del ddl/committente e della/e<br />

impresa/e appaltatrici e/o di eventuali lavoratori autonomi nella medesima area di lavoro. Essi non ineriscono dunque al rischio<br />

specifico insito in ciascuna singola attività lavorativa, isolatamente considerata, ma sono bensì generati ex novo dalla suddetta<br />

situazione di promiscuità e/o di polifunzionalità. I rischi aggiuntivi devono pertanto essere considerati quali nuovi fattori di rischio,<br />

il cui valore aggiunto origina dallo svolgimento, anche non contestuale, di molteplici attività professionali.<br />

I rischi “interferenziali” sono invece quelli conseguenti alla specifica interazione tra le diverse attività lavorative svolte dalle<br />

imprese e dai lavoratori autonomi operanti nell’area del cantiere.<br />

Il D.Lgs. n. 626/1994, così come modificato dal D.Lgs. n. 242/1996, ha introdotto limitatamente ai cd. appalti interni, quelli da<br />

realizzarsi cioè nell’ambito dell’azienda del committente, una diretta responsabilizzazione aggiuntiva di quest’ultimo in ordine al<br />

coordinamento fra le varie sfere organizzative (dell’appaltante e dei vari appaltatori) ed alla cooperazione fra tutti i soggetti<br />

coinvolti nell’adempimento del dovere di sicurezza. Mentre in precedenza, secondo l’orientamento della giurisprudenza (e in<br />

mancanza di norme legislative) tali obblighi di cooperazione e coordinamento incombevano in egual misura su tutti i soggetti<br />

coinvolti, l’art. 7 del D.Lgs, n. 626/1994 ha individuato dunque nel committente il soggetto obbligato ad attivarsi per ottenere<br />

l’adempimento». Fonte: di Pierguido Soprani La <strong>Sicurezza</strong> nei cantieri, Il Sole 24 Ore.<br />

[4] In questo modo aumenta ancor di più la corrispondenza tra l’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994 e il D.Lgs. n. 494/1996. In effetti, l’obbligo<br />

in capo al datore di lavoro committente di redigere il documento di cui al nuovo comma 3 è molto simile all’obbligo di cui all’art.<br />

12, che vige in capo al committente del cantiere di redigere o far redigere a cura del coordinatore per la progettazione il PSC.<br />

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mezzi necessari “a proprio rischio”,<br />

di cui all’art. 1655, c.c. L’appalto sarebbe,<br />

invece, un rapporto nell’ambito<br />

del quale si verificherebbe un’ingerenza<br />

totale del committente nell’organizzazione<br />

e nella gestione dei<br />

lavori.<br />

Modifichealcomma3<br />

L’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, fondamentale<br />

architrave nella costruzione<br />

della nuova gestione della sicurezza<br />

in azienda, è stato sottoposto a<br />

interpretazioni ma anche a modifiche<br />

sostanziali.<br />

Nell’ultimo anno, ovvero dall’approvazione<br />

dell’ultima Finanziaria<br />

2007 a oggi, ha subito ben tre modifiche.<br />

Procedendo a ritroso, difatti, nella<br />

legge 3 agosto 2007, n. 123, «Misure<br />

in tema di tutela della salute e della<br />

sicurezza sul lavoro e delega al Governo<br />

per il riassetto della normativa<br />

in materia» [2] , è stato modificato il<br />

comma 3, con la specificazione che<br />

«il datore di lavoro committente promuove<br />

la cooperazione ed il coordinamento<br />

di cui al comma 2, elaborando<br />

un unico documento di valutazione<br />

dei rischi che indichi le misure<br />

adottate per eliminare le interferenze<br />

[3] . Tale documento è allegato al<br />

contratto di appalto o d’opera» [4] .<br />

Quindi, è stato aggiunto, a carico del<br />

committente, l’obbligo di redigere un<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


documento di valutazione dei rischi,<br />

da intendersi come specificazione di<br />

quello di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 626/<br />

1994, che indichi le misure per eliminare<br />

le interferenze.<br />

Fino a ora, gli strumenti per operare<br />

la cooperazione e il coordinamento<br />

tra i datori di lavoro erano<br />

dettati dall’autonomia organizzativa<br />

concordata tra le parti. Ora, invece,<br />

lo strumento imposto dal legislatore<br />

è, obbligatoriamente, il documento di<br />

valutazione dei rischi con onere di<br />

redigerlo a carico del datore di lavoro<br />

committente. In termini di responsabilità<br />

conseguenti alla novità introdotta,<br />

è opportuno sottolineare che<br />

non vi è stata una corrispondente modifica,<br />

in quanto l’art. 89 prevede, in<br />

ogni caso, per i datori di lavoro inadempienti,<br />

tanto il committente<br />

quanto l’appaltatore, l’arresto da due<br />

a quattro mesi o l’ammenda da 516 a<br />

2.582 euro. La nuova formulazione<br />

del comma 3 attribuisce, a ogni modo,<br />

un adempimento ulteriore e gravoso<br />

a carico del datore di lavoro<br />

committente che non potrà non avere<br />

ripercussioni, quanto meno dal lato<br />

civilistico delle responsabilità, laddove,<br />

in caso di sinistro, qualche rischio<br />

o qualche misura conseguente non<br />

siano stati indicati nel documento<br />

elaborato e/o non sia stato concretamente<br />

approntato.<br />

Leintegrazionialcomma3<br />

L’altro comma aggiunto dalla leg-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

ge 3 agosto 2007, n. 123, all’art. 7, è<br />

il comma 3-ter, il quale ha previsto<br />

che «ferme restando le disposizioni in<br />

materia di sicurezza e salute del lavoro<br />

previste dalla disciplina vigente<br />

degli appalti pubblici, nei contratti di<br />

somministrazione, di appalto e di subappalto,<br />

di cui agli articoli 1559,<br />

1655 e 1656 del codice civile, devono<br />

essere specificatamente indicati i costi<br />

relativi alla sicurezza del lavoro».<br />

Anche questo disposto rientra tra<br />

le disposizioni della legge immediatamente<br />

precettive. Pertanto, ogni appalto<br />

o contratto d’opera, anche di<br />

servizi, deve, a partire dal 25 agosto<br />

2007, avere evidenziato i costi che la<br />

sicurezza del lavoro richiede.<br />

Lemodifiche<br />

dellaFinanziaria2007<br />

Con la legge 27 dicembre 2006, n.<br />

296, cosiddetta Finanziaria 2007,<br />

erano già state operate alcune modifiche<br />

di rilievo all’art. 7.<br />

Al precedente comma 1 era stata<br />

sostituita una formulazione che, in<br />

maniera più adeguata, ha colto il senso<br />

del campo di operatività della disposizione<br />

stessa [5] .<br />

Al comma 3 era stato aggiunto,<br />

poi, un comma 3-bis nel quale era<br />

stato specificato che l’imprenditore<br />

committente deve rispondere in solido<br />

con l’appaltatore e con ciascuno<br />

degli eventuali subappaltatori, per<br />

tutti i danni per i quali il lavoratore,<br />

dipendente dall’appaltatore o dal su-<br />

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SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

bappaltatore, non risulti indennizzato<br />

a opera dell’INAIL [6] .<br />

Ai sensi dell’art. 10, D.P.R. 30<br />

giugno 1965, n. 1124, «Testo unico<br />

delle disposizioni per l’assicurazione<br />

obbligatoria contro gli infortuni sul<br />

lavoro e le malattie professionali», il<br />

datore di lavoro è esonerato dall’obbligo<br />

di risarcire il prestatore d’opera<br />

infortunato mentre lavorava alle sue<br />

dipendenze. Ma, a dire il vero, questa<br />

polizza non copre il datore di lavoro<br />

per ogni profilo di danno richiesto. Si<br />

tratta, come risulterà chiaro più avanti,<br />

di un esonero parziale per il datore<br />

di lavoro [7] .<br />

I danni ai quali si riferisce il comma<br />

3-bis, art. 7, sono relativi a quell’area<br />

in cui la dottrina e la giurisprudenza<br />

fanno rientrare le categorie del<br />

“danno differenziale” e del “danno<br />

complementare”.<br />

Al lavoratore spetta, inoltre, secondo<br />

le normali regole della responsabilità<br />

civile, il diritto al risarcimento<br />

del cosiddetto “danno differenziale”<br />

costituito dalla differenza<br />

tra valutazione del danno biologico,<br />

compiuta in sede previdenziale, da<br />

quella da compiersi in ambito civile<br />

[8] , nonché il diritto al risarcimento<br />

del cosiddetto “danno complementare”,<br />

a sua volta costituito da ulteriori<br />

quote di ristoro non coperte dalle<br />

prestazioni previdenziali ricevute [9] ,<br />

entrambe da esigersi nei confronti<br />

del responsabile civile del fatto ille-<br />

[5] «Il datore di lavoro in caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda,<br />

o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima».<br />

[6] In forza del principio di “automaticità delle prestazioni”, che caratterizza da sempre la legislazione infortunistica, anche il<br />

lavoratore cosiddetto “in nero” o, comunque, non denunciato dall’impresa all’INAIL gode, in caso di infortunio, dei trattamenti<br />

previsti dall’Ente assicuratore per gli infortuni sul lavoro.<br />

[7] Nel nuovo sistema di tutela assicurativa contro i rischi del lavoro, introdotto dall’art. 13, D.Lgs. n. 38/2000, un ruolo centrale è<br />

assegnato al danno biologico di origine professionale, assunto a fondamento dell’intervento indennitario a favore del lavoratore<br />

che, a seguito di infortunio o di tecnopatia, abbia subito una menomazione permanente, totale o parziale, della propria integrità<br />

psico-fisica. Per conseguenza, il sistema introdotto dal D.Lgs. n. 38/2000 è costituzionalmente improntato alla logica dell’indennizzo,<br />

che è di per sé logica di non completa valorizzazione del danno alla salute, sia sul piano della considerazione dei pregiudizi sia<br />

su quello del loro ristoro.<br />

[8] Alla stregua di queste regole, il risarcimento del danno differenziale è ammesso, dunque, se e nella misura in cui ecceda<br />

l’ammontare delle prestazioni previdenziali, avendo il lavoratore diritto di percepire a questo titolo dal datore di lavoro solo quanto<br />

eventualmente residui all’esito della deduzione, dal quantum dovuto secondo le comuni regole civilistiche, dell’indennizzo regolato<br />

dall’INAIL (in tal senso, Corte Cost., 22 giugno 1971, n. 134, in Riv. Inf. Mal. Prof., 1971, II, pag. 187).<br />

[9] Sono da ricomprendersi nel danno complementare i profili in radice esclusi dalla sfera dell’indennizzo assicurativo-sociale, come il<br />

danno biologico da inabilità temporanea, da micropermanente non ascendente alla minima del 6% o il danno morale.<br />

[10] Il loro risarcimento potrà essere richiesto alla stregua delle regole generali senza operatività alcuna dell’esonero per il datore di<br />

lavoro ex art. 10, Testo unico. Si veda la sentenza Tribunale di Monza, sez. IV, 7-16 giugno 2005, n. 1828, e la sentenza Tribunale di<br />

Monza 1° marzo 2005.<br />

89


SICUREZZA DEL LAVORO<br />

Articolo<br />

cito generatore dell’infortunio [10] .<br />

Pertanto, le fattispecie di richiesta<br />

di risarcimento, per le quali, ai sensi<br />

dell’art. 3, comma 3-bis, art. 7,<br />

D.Lgs. n. 626/1994, sarà possibile<br />

chiedere, per il lavoratore della ditta<br />

appaltatrice o sub-appaltatrice, al datore<br />

di lavoro committente di rispondere<br />

in via solidale, sono molteplici.<br />

L’aggravio per quest’ultimo, in<br />

termini di costi, è rilevante.<br />

La finalità della norma appare<br />

chiara e si pone in quel filone dottrinale<br />

teso a rafforzare e a estendere la<br />

posizione di responsabilità del committente.<br />

Ma, ancora una volta, la manovra<br />

appare molto forzata e ai limiti,<br />

configurando la responsabilità soli-<br />

90<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

dale un’assurda responsabilità di<br />

tipo oggettivo. Infatti, non si comprende<br />

a quale titolo, nel caso fosse<br />

riconosciuta la mancanza di<br />

ogni responsabilità, nell’infortunio<br />

del lavoratore, da parte del committente<br />

o suoi aventi causa, si potrebbe<br />

richiedere delle somme per<br />

il risarcimento allo stesso datore di<br />

lavoro committente.<br />

Tanto più quando, nel secondo capoverso<br />

del comma 2, art. 7, D.Lgs.<br />

n. 626/1994, specificando che l’obbligo<br />

di promozione in capo al datore<br />

di lavoro committente non si estende<br />

ai rischi specifici propri dell’attività<br />

delle imprese appaltatrici o dei singoli<br />

lavoratori autonomi, si intende<br />

mandare esente proprio il datore di<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

lavoro committente da eventuali<br />

comportamenti e/o omissioni non ricadenti<br />

nella sfera delle attribuzioni a<br />

lui imputabili [11] .<br />

Senza obbligazione assunta e senza<br />

fatto illecito non si comprende come<br />

il datore di lavoro committente<br />

possa essere tenuto a risarcire civilmente<br />

qualcuno. Una lettura della<br />

normativa italiana coerente con il resto<br />

dell’ordinamento legislativo deve<br />

indurre l’interprete, quindi, a ritenere<br />

che la responsabilità del committente<br />

e dei suoi collaboratori si limiti all’organizzazione<br />

del cantiere e delle<br />

attrezzature messe a disposizione<br />

delle imprese appaltatrici nonché alla<br />

promozione della cooperazione e del<br />

coordinamento. l<br />

[11] In questo senso, si veda Cass. pen., sez. IV, 5 luglio 1990, secondo la quale «Eventuali clausole di trasferimento di rischio e<br />

responsabilità tra appaltatore e subappaltatore non hanno alcuna operatività agli effetti dell’osservanza delle norme di prevenzione<br />

antinfortunistica giacché tali norme sono di diritto pubblico e non possono essere derogate da fatti privati quando non riguardano il<br />

rischio specifico del subappaltatore». Si veda anche Cass. pen., sez. IV, 25 febbraio 1999.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


IGIENE E SICUREZZA<br />

SICUREZZA IN CANTIERE<br />

Articolo<br />

Per le attività edili è necessaria l’integrazione dei contenuti di POS e PSC<br />

Cantieri temporanei e mobili e legge 123:<br />

quali novità per i piani di sicurezza?<br />

diDamianoRomeo, amministratoreunicodellaRomeoS.r.l.<br />

Lalegge3agosto2007,n.123<br />

hamodificatol’art.7,D.Lgs.<br />

n.626/1994.Certamentequeste<br />

rettifichehannointrodottoalcuni<br />

cambiamentiinmeritoallaprassi<br />

adempimentaleinvigoreprima<br />

dellapubblicazionedellelegge,<br />

maènecessariostabilire<br />

se,inconseguenzaaquesta,<br />

devonosubirevariazionianche<br />

icontenutidelPOS,ilquale<br />

dovrebbetrattareirischi<br />

provenientidalleinterferenze<br />

traleattivitàsvolte<br />

dall’appaltatore<br />

edalsubappaltatore,<br />

eseancheilPSCdeveadattarsie<br />

integrarsiperessereinlinea<br />

coninuovidisposti<br />

dicuiallaleggen.123/2007.<br />

Èimportantecapire,inoltre,<br />

seancheneicantieriedilideve<br />

esserepredispostoildocumento<br />

unicodivalutazionedeirischi<br />

delleinterferenze(DUVRI).<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

Con la modifica apportata dalla<br />

legge n. 123/2007, il nuovo art.<br />

7, D.Lgs. n. 626/1994, prevede<br />

che il datore di lavoro committente<br />

elabori un documento di valutazione<br />

dei rischi che contenga le misure adottate<br />

per eliminare i rischi interferenziali;<br />

per quanto riguarda il settore edile,<br />

occorre stabilire se, oltre alla predisposizione<br />

del PSC e del POS, bisogna<br />

procedere alla redazione di questo documento<br />

unico di valutazione dei rischi<br />

(DUVRI).<br />

Soprattutto, si pone il problema di<br />

come dovrà essere affrontata la questione,<br />

se dovranno essere predisposti<br />

tre diversi documenti (PSC, POS, DU-<br />

VRI) per la gestione corretta del cantiere,<br />

oppure se potranno essere sufficienti<br />

alcune modifiche e aggiornamenti<br />

da apportare ai contenuti del<br />

PSC e del POS, al fine di soddisfare<br />

l’obbligo di valutare i rischi prodotti<br />

dalle interferenze per la loro eliminazione<br />

o riduzione.<br />

Sono dubbi ai quali occorre dare<br />

delle risposte tenendo presente due<br />

aspetti preliminari:<br />

l i rischi da attività interferenti rappresentano<br />

un problema reale e complesso<br />

nel sistema della prevenzione<br />

che merita molta attenzione;<br />

l l’eccessiva burocratizzazione del<br />

sistema, con la predisposizione di<br />

svariati documenti [PSC, POS, DU-<br />

VRI, PiMUS, DVRR (rumore),<br />

DVRC (chimico), DVRV (vibrazioni)<br />

ecc.], sicuramente aiuta a fare<br />

prevenzione, ma crea anche, come<br />

effetto collaterale, un distacco, una<br />

disaffezione, un rifiuto del sistema.<br />

La prevenzione sarebbe percepita, in<br />

questo modo, come una serie di<br />

adempimenti burocratici ai quali<br />

adempiere che però non incidono sul<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

miglioramento delle reali condizioni<br />

di lavoro.<br />

È importante, al fine di fare sicurezza<br />

in modo sostanziale e non formale,<br />

mettere in campo strumenti condivisi,<br />

semplici, comprensibili, che aiutino le<br />

imprese a fare una migliore prevenzione,<br />

riducendo la mole di carta e semplificando<br />

le procedure.<br />

Per le aziende che effettivamente<br />

non sono esposte, nel ciclo produttivo,<br />

a rischi particolari (per esempio, il rumore,<br />

le vibrazioni, il rischio chimico,<br />

la MMC ecc.) bisognerebbe utilizzare<br />

l’istituto dell’autocertificazione. Uno<br />

strumento, questo, che permette di semplificare<br />

gli adempimenti, con l’unica<br />

controindicazione dell’abuso che alcuni<br />

datori di lavoro potrebbero farne.<br />

Per i cantieri temporanei e mobili,<br />

nel regime del D.Lgs. n. 494/1996, la<br />

scelta logica, nell’applicare l’art. 7,<br />

D.Lgs. n. 626/1994, così come modificato<br />

dalla legge n. 123/2007, è quella<br />

di modificare, di implementare, di aggiornare<br />

i due attuali strumenti, il PSC<br />

e il POS, evitando di introdurre un terzo<br />

documento di valutazione dei rischi,<br />

il DUVRI.<br />

Le interferenze, i loro rischi, le misure<br />

di sicurezza da prevedere devono<br />

essere affrontati e inseriti in questi due<br />

piani di sicurezza.<br />

Quanto affermato trova corrispondenza<br />

in alcune disposizioni normative<br />

già in essere, in particolare:<br />

l l’art. 9, comma 2 D.Lgs. n. 494/<br />

1996, secondo il quale «L’accettazione<br />

da parte di ciascun datore di lavoro<br />

delle imprese esecutrici del piano di<br />

sicurezza e di coordinamento e la redazione<br />

del piano operativo di sicurezza<br />

costituiscono, limitatamente al singolo<br />

cantiere interessato, adempimento<br />

alle disposizioni di cui all’articolo 4<br />

91


92<br />

SICUREZZA IN CANTIERE<br />

Articolo<br />

commi 1, 2 e 7, e all’articolo 7, comma<br />

1, lettera b), del decreto legislativo<br />

n. 626 del 1994»; in altre parole, il<br />

PSC e il POS rappresentano adempimento<br />

alla predisposizione della valutazione<br />

dei rischi;<br />

l l’art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 494/<br />

1996, definisce il PSC come quel piano<br />

che contiene «le misure di prevenzione<br />

dei rischi risultanti dalla eventuale<br />

presenza simultanea o successiva<br />

di più imprese o dei lavoratori autonomi<br />

ed è redatto anche al fine di<br />

prevedere, quando ciò risulti necessario,<br />

l’utilizzazione di impianti comuni<br />

quali infrastrutture, mezzi logistici e di<br />

protezione collettiva», recante anche le<br />

«protezioni o misure di sicurezza contro<br />

i possibili rischi provenienti dall’ambiente<br />

esterno»;<br />

l l’art. 4, D.P.R. n. 222/2003 dispone,<br />

al comma 1, che «Il coordinatore per<br />

la progettazione effettua l’analisi delle<br />

interferenze tra le lavorazioni, anche<br />

quando sono dovute alle lavorazioni di<br />

una stessa impresa esecutrice o alla<br />

presenza di lavoratori autonomi, e<br />

predispone il cronoprogramma dei lavori»,<br />

aggiungendo, ai commi 2 e 3,<br />

che «In riferimento alle interferenze<br />

tra le lavorazioni, il PSC contiene le<br />

prescrizioni operative per lo sfasamento<br />

spaziale o temporale delle lavo-<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

Analisidelleinterferenzeall’internodiunPSC<br />

razioni interferenti e le modalità di verifica<br />

del rispetto di tali prescrizioni;<br />

nel caso in cui permangono rischi di<br />

interferenza, indica le misure preventive<br />

e protettive ed i dispositivi di protezione<br />

individuale, atti a ridurre al minimo<br />

tali rischi. Durante i periodi di<br />

maggior rischio dovuto ad interferenze<br />

di lavoro, il coordinatore per l’esecuzione<br />

verifica periodicamente, previa<br />

consultazione della direzione dei lavori,<br />

delle imprese esecutrici e dei lavoratori<br />

autonomi interessati, la compatibilità<br />

della relativa parte di PSC con<br />

l’andamento dei lavori, aggiornando il<br />

piano ed in particolare il cronoprogramma<br />

dei lavori, se necessario».<br />

Da questo ne deriva che la valutazione<br />

dei rischi del singolo cantiere è<br />

data dalla presenza del PSC e del POS.<br />

Sono questi gli strumenti, predisposti<br />

nella fase di progettazione (il PSC)<br />

e nell’esecuzione (il POS), che devono<br />

affrontare tutti i rischi, anche quelli generati<br />

dalle interferenze.<br />

La lettura di queste disposizioni conferma,<br />

senza equivoco, che la valutazione<br />

dei rischi del cantiere è data dalla<br />

presenza congiunta del PSC e del POS,<br />

quindi, la valutazione dei rischi delle<br />

interferenze è già prevista. Quindi, la<br />

valutazione ex art. 7, D.Lgs. n. 626/<br />

1994, come modificato dalla legge n.<br />

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TABELLA1<br />

Fasidilavorointerferenti Indicazionitecniche,organizzativeeprocedurali,finaliz­<br />

FasedilavoroA FasedilavoroA<br />

zateallariduzionedell’insorgenzadirischicausatidall’interferenzadipiùfasidilavoro<br />

Allestimentodelcantiere Scaviesbancamenti Alfinedievitareinterferenzetraledueattivitàoccorrecompartimentare<br />

l’area oggetto degli scavi definendo i percorsi dei<br />

mezziutilizzati(cingolati,gommatieautocarri)conleattivitàdi<br />

allestimento del cantiere (posa baracche, impianti ecc.). Nell’areaoggettodelloscavo,perquantopossibile,nondevonoesseresvolteattivitàdicantierizzazione.<br />

Operedicarpenteria Impermeabilizzazioni Adisarmieffettuati,iniziareconleattivitàdiimpermeabilizzazione,nonoperareconledueattivitàinproiezioneverticalenellastessaarea.<br />

Operedicarpenteria Costruzionedelponteggio Leattivitàdicarpenteriadelprimosolaiofuoriterrarimangono<br />

subordinateallapreventivaimpostazionedelponteggiolungoil<br />

perimetrodelsolaiostesso.<br />

Ilponteggiodovràsovrastare,inognicaso,dialmenounapuntata<br />

laquotadovesieseguonoleattivitàdicarpenteria.<br />

Gettodellacopertura Costruzionedelponteggio Leattivitàincoperturapotrannoiniziareaseguitodelcompletamentodelleopereinerentialponteggio,ilparapettodiquestodovràesserealtom1,20dall’estradossoeaverecorrentiadistanzanonsuperionedim0,40.<br />

123/2007, conseguentemente, non può<br />

che essere considerata integrata all’interno<br />

di questi documenti, il PSC e il<br />

POS.<br />

Questa considerazione conferma<br />

che, per le attività di cantiere, non deve<br />

essere predisposto il DUVRI, ma devono<br />

essere completati i documenti in<br />

essere.<br />

Al fine di contribuire alle modifiche<br />

e alle integrazioni del PSC e del<br />

POS, a titolo di esempio non esaustivo,<br />

si propongono gli elementi e/o gli<br />

aspetti da tenere in considerazione.<br />

IlPSC<br />

Per il PSC è opportuno considerare<br />

tre possibili scenari:<br />

l l’appalto unico, in cui l’opera è affidata<br />

a un singolo appaltatore che, in<br />

fase di progettazione, non è ancora in<br />

grado di definire quali attività saranno<br />

subappaltate;<br />

l l’appalto scorporato, l’opera è assegnata<br />

a una serie di appaltatori distinti,<br />

per esempio, l’impresa che fa lo scavo,<br />

l’impresa civile, l’impresa meccanica,<br />

l’impresa elettrica ecc.;<br />

l l’appalto con presenza di terzi, si<br />

tratta di lavori da eseguire in presenza<br />

di altre attività che non possono essere<br />

sospese (per esempio, i lavori stradali<br />

in presenza di traffico, i lavori di ma-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


nutenzione all’interno delle scuole, degli<br />

ospedali, degli uffici, delle fabbriche<br />

dove, oltre ai lavori di manutenzione,<br />

continuano a svolgersi le normali<br />

attività lavorative).<br />

L’appalto unico<br />

Nel caso di un appalto unico, in cui<br />

l’opera è affidata a un singolo appaltatore,<br />

il CSP, in fase di progettazione,<br />

può determinare poco in quanto non si<br />

è ancora a conoscenza delle lavorazioni,<br />

delle imprese, dei tempi, ecc. e dei<br />

diversi subappaltatori che potrebbero<br />

essere successivamente presenti. La<br />

gestione delle interferenze dovrà essere<br />

effettuata dall’appaltatore principale e<br />

dai subappaltatori attraverso la corretta<br />

predisposizione del POS. Il CSE, nella<br />

sua attività di verifica e di controllo,<br />

dovrà vigilare e coordinare le interferenze.<br />

L’appalto scorporato<br />

Nel caso dell’appalto scorporato, in<br />

cui l’opera è assegnata a diversi appaltatori<br />

distinti, il CSP, attraverso la predisposizione<br />

del cronoprogramma e,<br />

conseguentemente, del PSC, deve:<br />

l individuare il numero e il tipo di<br />

appalti scorporati;<br />

l predisporre il programma dei lavori<br />

(Gantt o altro) specificando le imprese<br />

coinvolte e le attività svolte per singola<br />

impresa;<br />

l individuare le interferenze tra le varie<br />

attività delle imprese (per esempio,<br />

tra civili e meccanici);<br />

l indicare le misure di sicurezza atte<br />

a eliminare o a ridurre il rischio (in<br />

questa fase si può agire anche modificando<br />

il programma dei lavori al fine<br />

di ridurre le interferenze).<br />

Il CSE avrà, comunque, il compito<br />

di svolgere le attività di verifica, di<br />

controllo, di supervisione e, attraverso<br />

le azioni di coordinamento, di gestire,<br />

durante l’esecuzione dei lavori, le interferenze,<br />

eliminando o riducendo i rischi.<br />

Nella tabella 1 si riporta un esempio<br />

di attività interferenti trattate all’interno<br />

del PSC.<br />

L’appalto con presenza di terzi<br />

Nel caso dell’appalto con presenza<br />

di terzi, dove i lavori sono svolti in<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

presenza di altre attività e l’interferenza<br />

non è tra più imprese esecutrici, ma<br />

tra un’impresa e le attività svolte dai<br />

lavoratori dipendenti del committente<br />

e presenti sul luogo di lavoro-cantiere,<br />

la valutazione dei rischi è reciproca,<br />

sia il datore di lavoro committente sia<br />

l’appaltatore dovranno valutare i rischi<br />

generati dalle interferenze. L’appaltatore<br />

(impresa esecutrice) potrà considerare<br />

il rischio interferente nel POS,<br />

mentre il datore di lavoro committente<br />

dovrà predisporre il DUVRI da consegnare<br />

all’appaltatore in fase di appalto.<br />

I due documenti, che devono essere<br />

considerati complementari, e la reciproca<br />

informazione e coordinamento<br />

permettono di svolgere le attività in<br />

maggiore sicurezza.<br />

IlPOS<br />

Anche per la predisposizione del<br />

piano operativo di sicurezza sono possibili<br />

tre scenari:<br />

l l’impresa che esegue le attività con<br />

personale proprio, in assenza di subappalto<br />

e di interferenza con terzi;<br />

l l’impresa che subappalta, in parte,<br />

le attività ad altre imprese o a lavoratori<br />

autonomi con interferenza tra appaltatore<br />

e subappaltatore e/o tra diversi<br />

subappaltatori;<br />

l l’impresa che esegue le attività, anche<br />

con subappaltatori, in presenza di<br />

attività terze (per esempio, i lavori all’interno<br />

di un negozio, di un ufficio<br />

ecc.) dove l’interferenza è con terzi.<br />

Assenza di subappalto<br />

Nel caso in cui l’impresa esegua le<br />

attività unicamente con proprio personale<br />

non si riscontrano interferenze né<br />

con subappaltatori né con terzi; ne<br />

consegue che il rischio dato dalle interferenze<br />

non è presente, quindi, non deve<br />

essere valutato.<br />

Subappalto<br />

Nel caso dell’impresa che subappalta,<br />

in parte, le attività ad altre imprese o<br />

a lavoratori autonomi, chi affida i lavori<br />

in subappalto assume la funzione di<br />

datore di lavoro committente, il quale,<br />

in questa veste, ha l’obbligo di analizzare<br />

i rischi generati dalle attività interferenti<br />

sia tra appaltatore-subappaltatore<br />

sia tra subappaltatori diversi.<br />

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SICUREZZA IN CANTIERE<br />

Articolo<br />

La valutazione delle interferenze<br />

può essere fatta tenendo presente:<br />

l il programma dei lavori (tipo di lavorazioni,<br />

tempi di esecuzione, modalità<br />

esecutive ecc.);<br />

l le imprese presenti (subappaltatori,<br />

lavoratori autonomi);<br />

l le aree (impianti, strutture verticali,<br />

strutture orizzontali, luoghi in quota<br />

ecc.) dove si creano le situazioni interferenti.<br />

In relazione alle informazioni raccolte,<br />

il datore di lavoro committente<br />

(l’appaltatore) analizza i rischi e indica<br />

le misure di prevenzione e di protezione<br />

per eliminare o ridurre gli stessi.<br />

Subappalto con presenza<br />

di attività terze<br />

Nel caso in cui l’impresa debba<br />

eseguire la propria attività, anche con<br />

subappaltatori, in presenza di terze attività,<br />

l’interferenza non è riscontrabile<br />

direttamente con una attività di cantiere<br />

ma con altre diverse attività; per<br />

esempio, nel caso di opere da pittore o<br />

di adeguamento di impianti all’interno<br />

di un edificio, di un negozio o di<br />

un’industria si creerebbero delle interferenze<br />

tra opere civili o impiantistiche<br />

e attività svolte, nel sito, dai lavoratori<br />

dipendenti del datore di lavoro committente.<br />

Anche in questo caso, queste interferenze<br />

devono essere valutate, tenendo<br />

presente che è necessario:<br />

l individuare i luoghi dove si eseguono<br />

le opere in appalto;<br />

l individuare le attività svolte dall’appaltatore;<br />

l individuare le attività svolte dai dipendenti<br />

del datore di lavoro committente;<br />

l individuare le interferenze e i rischi<br />

correlati;<br />

l indicare le misure finalizzate alla<br />

eliminazione dei rischi e/o alla riduzione<br />

degli stessi.<br />

Nella tabella 2 è riportato un esempio<br />

di attività interferente del tipo “appaltatore-subappaltatore”<br />

gestito attraverso<br />

il POS.<br />

Il piano operativo di sicurezza può<br />

rappresentare uno strumento indispensabile<br />

per gestire tutti gli aspetti della<br />

sicurezza legati all’appalto. In altre parole,<br />

gli obblighi dell’appaltatore nei<br />

93


SICUREZZA IN CANTIERE<br />

Articolo<br />

confronti del subappaltatore, previsti<br />

dall’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, possono<br />

essere interamente gestiti attraverso<br />

il POS a condizione che questo, oltre a<br />

quanto previsto dal D.P.R. n. 222/<br />

2003, riporti, tra i suoi contenuti:<br />

l gli elementi di reciproca informazione<br />

sui rischi esistenti in cantiere;<br />

l gli strumenti di cooperazione, di<br />

coordinamento, di consultazione tra<br />

appaltatore e subappaltatori;<br />

l la valutazione dei rischi generati<br />

dalle interferenze e le misure da porre<br />

in essere per eliminarle.<br />

Il POS dovrà essere trasferito, dal<br />

datore di lavoro committente all’appaltatore<br />

e/o subappaltatore, tramite un<br />

atto formale opportunamente documentato.<br />

Al fine di applicare pienamente<br />

l’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, occorre<br />

che, prima di affidare alcune attività in<br />

subappalto, l’appaltatore provveda a:<br />

l verificare i requisiti del subappaltatore<br />

(CCIAA, DURC, adempimenti<br />

di sicurezza, lavori svolti, referenze<br />

ecc.);<br />

94<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

l prevedere, in via contrattuale,<br />

l’importo degli oneri della sicurezza<br />

da riconoscere per l’esecuzione dei<br />

lavori.<br />

Icostidellasicurezza<br />

In merito alla questione dei costi<br />

della sicurezza, vista anche la normativa<br />

di cui al Codice degli appalti, il<br />

D.Lgs. n. 163/2006, modificato dal<br />

D.Lgs. n. 113/2007 [1] , gli oneri da trasferire<br />

al subappaltatore, senza nessun<br />

ribasso, sono quelli relativi alle<br />

singole voci del computo metrico dei<br />

costi, riferite alle lavorazioni affidate<br />

in subappalto.<br />

Per esempio, se le attività di scavo<br />

e di movimento terra sono affidate in<br />

subappalto, gli oneri della sicurezza da<br />

riconoscere potrebbero essere, riportati<br />

in un elenco certamente non esaustivo:<br />

l l’armatura delle pareti dello scavo;<br />

l il parapetto di delimitazione del perimetro<br />

degli scavi;<br />

l gli apprestamenti per accedere al<br />

fondo scavo (scale, impalcati ecc.);<br />

Analisidelleinterferenzeall’internodelPOS<br />

Interferenza:carpenteriainlegno­allestimentodeiponteggi<br />

[1] Per maggiori informazioni sull’argomento, si veda, dello stesso Autore, Modificato il Codice degli appalti: novità su DURC e indici<br />

di congruità, in <strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 17/2007, pag. 54.<br />

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l il sistema di abbattimento delle polveri;<br />

l ecc.<br />

Conclusioni<br />

L’applicazione corretta della legge<br />

n. 123/2007 comporta che il POS subisca,<br />

inevitabilmente, alcune modifiche<br />

e integrazioni, lo stesso vale, in modo<br />

parziale, anche per il PSC.<br />

Applicando i criteri di semplificazione<br />

e di razionalizzazione, il POS,<br />

oltre che rispondere a quanto richiesto<br />

dal D.Lgs. n. 494/1996 e dal D.P.R. n.<br />

222/2003, se correttamente impostato<br />

potrebbe:<br />

l rappresentare un utile strumento di<br />

reciproca informazione tra appaltatore<br />

e subappaltatore (lo scambio dei POS<br />

comporta lo scambio delle informazioni<br />

sui rischi presenti);<br />

l unitamente al DURC e ai dati forniti<br />

dalla CCIAA, rappresentare un<br />

elemento di pre-qualificazione dell’impresa<br />

(il POS completo e contestualizzato<br />

indica che l’impresa è tendenzialmente<br />

strutturata). l<br />

TABELLA2<br />

Dettagliodell’attivitàinterferente1 Opereincarpenteriainlegno,posadelferro,gettodeimanufatti<br />

Dettagliodell’attivitàinterferente2 Allestimentodeiponteggiesterni<br />

Rischiderivanti<br />

dalleinterferenze<br />

delleattività<br />

Misurediprevenzioneediprotezionepereliminare<br />

irischigeneratidalleinterferenze<br />

Caduta di materiale l’esecuzionedelleattivitàinterferentideveessereprecedutadaunariunionedireciprocainformazionee<br />

dall’alto in fase di mo­ dicoordinamentonellaqualesidecidonolemodalitàoperative.Inviapreliminare,l’areadovràessere<br />

vimentazione: suddivisa,occorreevitaredioperaresullostessofronteconleattivitàdicarpenteriaedimontaggiodel<br />

ponteggio.<br />

Caduta nel vuoto di<br />

personeecose:<br />

Ribaltamento di carichi:<br />

Crollo di strutture e di<br />

ponteggi:<br />

Elettrocuzione:<br />

l’allestimentodelponteggioèprioritariorispettoalleoperedicarpenteria,icarpentieripotrannooperaresoloaseguitodell’ultimazionedegliimpalcatidelponteggio.<br />

ilsollevamentodeicavalletti,periponteggisti,odellegname,pericarpentieri,deveavvenirenellearee<br />

assegnateevitandodipassareconilcaricoagganciatoallagrusopraleareedicompetenzadialtreimprese.<br />

primadimettereinusoilponteggio,neiconfrontidelleimpresepresentiincantiere,ilponteggistaeil<br />

propostodovrannoverificarechetuttiglielementichelocostituiscono,ancoraggi,parapetti,impalcati,<br />

scaleinterneecc.,sianopresenti,idoneieconformi;inassenzadiquestielementi,ilponteggiononpotrà<br />

esseredatoinusoalleimpreseesecutrici.<br />

primadiconsegnarel’impiantoallevarieimpreseutilizzatrici,ènecessarioverificarelafunzionalitàdegli<br />

interruttoridifferenziali,ilcoordinamentoconl’impiantodimessaaterraelaresistenzadellastessa.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


IGIENE E SICUREZZA<br />

RASSEGNADILEGISLAZIONE<br />

acuradiMarcoFabrizio, avvocatoinRoma<br />

ITALIA<br />

IMBALLAGGI PER ALIMENTI<br />

DecretodelMinisterodellaSalute<br />

25settembre2007,n.217<br />

«Regolamento recante aggiornamento del<br />

decreto ministeriale 21 marzo 1973, concernente<br />

la disciplina igienica degli imballaggi,<br />

recipienti, utensili destinati a venire a contatto<br />

con le sostanze alimentari o con sostanze<br />

d’uso personale» (G.U. del 20 novembre 2007,<br />

n. 270)<br />

Il decreto apporta alcune modifiche al D.M.<br />

21 marzo 1973, «Disciplina ”igienica” degli<br />

imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire<br />

in contatto con le sostanze alimentari o<br />

con sostanze d’uso personale».<br />

Innanzitutto, risulta sostituito l’art. 27, riferito<br />

all’utilizzo di carte e di cartoni, adoperabili<br />

a contatto diretto con gli alimenti, da soli o<br />

accoppiati con altri o trasformati in imballaggi,<br />

soltanto se fabbricati secondo buona tecnica<br />

industriale e conformi alle caratteristiche<br />

individuate:<br />

• nel caso di imballaggi per alimenti per i<br />

quali sono previste prove di migrazione, devono<br />

essere costituiti da almeno il 75% di<br />

materie fibrose, al massimo il 10% di sostanze<br />

di carica, al massimo il 15% di sostanze<br />

ausiliarie;<br />

• nel caso di imballaggi per alimenti per i<br />

quali non sono previste prove di migrazione,<br />

devono essere costituiti da almeno il 60% di<br />

materie fibrose, al massimo il 25% di sostanze<br />

di carica, al massimo il 15% di sostanze<br />

ausiliarie (percentuali tutte da riferirsi alla<br />

sostanza secca).<br />

I coadiuvanti tecnologici di lavorazione con<br />

funzione di reattivi, di agenti di dispersione,<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

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LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

di flottazione e di drenaggio, di agenti antischiuma<br />

e antilimo, saranno ammissibili soltanto<br />

in tracce (art. 1).<br />

Risulta sostituito anche l’art. 27­bis, decreto<br />

ministeriale 21 marzo 1973, relativo ai requisiti<br />

dei contenitori, costituibili da cartoni<br />

multistrati a grammatura minima di 200 g/m 2<br />

e composti da almeno tre strati con le nuove<br />

caratteristiche individuate (copertura, centro<br />

e “retro”, quale lo strato destinato al contatto<br />

diretto con l’alimento), sostanzialmente<br />

utilizzabili soltanto per determinate categorie<br />

di alimenti (per esempio, camomilla, tè ed<br />

erbe infusionali, cereali secchi, cereali tostati,<br />

frutta fresca fornita di tegumento esterno<br />

protettivo ecc.), di cui all’art. 2.<br />

La nuova disciplina introduce, inoltre, ulteriori<br />

novità in materia di controlli analitici<br />

sull’idoneità all’impiego di carte e di cartoni<br />

(art. 28, D.M. 21 marzo 1973 e relativo Allegato<br />

IV), di soggetti tenuti agli accertamenti<br />

di idoneità delle carte e dei cartoni utilizzati<br />

(art. 29), di normativa relativa ai collanti impiegabili<br />

(consentita ora anche utilizzando<br />

sostanze diverse da quelle previste dal D.M.<br />

21 marzo 1973 a condizione che non si abbia<br />

alcuna fuoriuscita di essi dai bordi sul lato<br />

destinato a venire in contatto con alimenti)<br />

(art. 30), di colorazione della carta e dei cartoni<br />

stessi (art. 31), di indicazione del lato di<br />

contatto con gli alimenti (art. 32) e di utilizzabilità<br />

di carte e di cartoni non conformi<br />

alle specifiche tecniche di cui all’Allegato IV<br />

al D.M. 21 marzo 1973.<br />

Infine, il decreto ha inserito modifiche tecniche<br />

all’Allegato II, Sezione 4, «Carte e cartoni,<br />

Parte B: Coadiuvanti tecnologici di lavorazione»,<br />

D.M. 21 marzo 1973.<br />

Risultano riconosciute, peraltro, in via automatica,<br />

le disposizioni degli altri Paesi appartenenti<br />

all’Unione europea ovvero contraen­<br />

95


LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

ti l’accordo sullo spazio economico europeo,<br />

nonché della Turchia (nuovo art. 38­bis, D.M.<br />

21 marzo 1973).<br />

SICUREZZA ALIMENTARE<br />

Decretolegislativo<br />

6novembre2007,n.193<br />

«Attuazione della direttiva 2004/41/CE<br />

relativa ai controlli in materia di sicurezza<br />

alimentare e applicazione dei regolamenti<br />

comunitari nel medesimo settore» (S.O. n.<br />

228 alla G.U. del 9 novembre 2007, n. 261)<br />

Si tratta della disciplina italiana attuativa<br />

della direttiva 2004/41/CE, a sua volta abrogatrice<br />

di alcune direttive recanti norme sull’igiene<br />

dei prodotti alimentari e disposizioni<br />

sanitarie per la produzione e la commercializzazione<br />

di determinati prodotti di origine<br />

96<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

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animale destinati al consumo umano. Sono<br />

state introdotte disposizioni concernenti le<br />

macellazioni d’urgenza al di fuori del macello,<br />

quali carcasse, mezzane, quarti e mezzane<br />

tagliate in massimo tre parti, ottenute da<br />

macellazioni d’urgenza di ungulati domestici<br />

al di fuori del macello, con introduzione di<br />

un bollo sanitario standard dove dovranno<br />

essere indicate informazioni relative alla Usl<br />

dove si trova il macello, in cui le carni macellate<br />

di urgenza sono trasportate, la sigla<br />

MSU seguita dal numero di macello e, nella<br />

parte inferiore, il nome o la Regione/Provincia<br />

autonoma dove è localizzato il macello.<br />

Oltre ad alcune modifiche alla normativa in<br />

materia di scambi e di informazioni (D.Lgs. n.<br />

674/1996) il decreto introduce l’apparato<br />

sanzionatorio per il mancato rispetto della<br />

nuova normativa nonché comunitaria di riferimento<br />

(Regolamenti comunitari n. 852/<br />

2004, e n. 853/2004). l<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


IGIENE E SICUREZZA<br />

QUESITISULL’ANTINCENDIO<br />

diMarioAbate, DirettoreviceDirigente­ComandoprovincialeVVF­Milano<br />

RIVENDITA DI CAVI ELETTRICI CON DEPOSITO<br />

Un’attività 87­62 è caratterizzata da una<br />

zona di vendita di m 2 450, un deposito di<br />

m 2 2.000, un carico d’incendio inferiore a 50<br />

Kg/m 2 , un’altezza della struttura di m 8; inoltre,<br />

l’edificio è isolato con transito lungo tutto<br />

il perimetro per i mezzi dei VVF. Si chiede:<br />

• se è possibile la comunicazione tra la vendita<br />

e il deposito;<br />

• se è necessario un impianto sprinkler;<br />

• se è necessaria una protezione esterna con<br />

idranti a colonna UNI 70.<br />

Appare difficile rispondere esattamente<br />

in assenza di una presa visione dello stato<br />

dei luoghi e di una specifica valutazione<br />

del rischio. L’installazione di un impianto idrico<br />

automatico antincendio di tipo sprinkler,<br />

in considerazione dei costi, potrebbe essere<br />

non strettamente necessaria. L’impianto di<br />

protezione esterna idranti, diversamente, potrebbe<br />

essere opportuno. La comunicazione<br />

fra la vendita e il deposito, se necessaria, può<br />

essere sempre proposta, eventualmente in<br />

deroga alla circolare del Ministero dell’Interno<br />

3 luglio 1967, n. 75, «Criteri di prevenzione<br />

incendi per grandi magazzini, empori,<br />

ecc.».<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

RESPONSABILITÀ IN CAPO<br />

AL PRESIDE DI UN ISTITUTO<br />

Un preside di un istituto professionale<br />

statale evidenzia che l’istituto è privo del<br />

certificato di prevenzione incendi. Leggendo<br />

l’art. 20, decreto legislativo n. 139/2006, sembrerebbechevisialapossibilitàdiincorrerein<br />

una sanzione penale (a carico del preside)<br />

proprio per la mancanza della certificazione<br />

antincendio.<br />

È possibile avere chiarimenti in merito a questo<br />

aspetto?<br />

Per quanto riguarda l’applicazione del<br />

regime sanzionatorio alle attività sogget­<br />

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DOMANDE E RISPOSTE<br />

te ai controlli di prevenzione incendi, nell’art.<br />

20, D.Lgs. n. 139/2006, vengono previste sanzioni<br />

penali, nei casi di omissione di richiesta<br />

di rilascio o di rinnovo del certificato di prevenzione<br />

incendi, a carico dei titolari delle<br />

attività nelle quali vengono detenuti e impiegati<br />

prodotti infiammabili o esplodenti da cui<br />

derivano, in caso di incendio, gravi pericoli<br />

per l’incolumità della vita e dei beni.<br />

Nellostessodispostosiprecisachequesteattività<br />

dovranno essere individuate con apposito<br />

D.P.R. da emanarsi a norma dell’art. 17, comma<br />

1, legge n. 400/1988.<br />

Si precisa inoltre che, come chiarito dalla circolare<br />

10 marzo 2006, prot. n. 47234, «il testo<br />

normativo (ovvero il D.Lgs. n. 139/2006) non<br />

introduce nuove sanzioni, né modifica sostanzialmente<br />

quelle previste, ma riporta, con dei<br />

necessari aggiornamenti, quanto già previsto<br />

dall’art. 5, comma 1, della legge n. 818/1984».<br />

Nella stessa circolare è ribadito che «a un<br />

successivo provvedimento amministrativo viene<br />

poi demandata solo la funzione integrativa<br />

in ordine a quegli elementi che non possono<br />

essere indicati in modo particolareggiato<br />

dalla legge; si tratta dello stesso criterio previsto<br />

per il reato di cui agli artt. 36, 67 e 389<br />

del D.P.R. n. 547/1955 tuttora vigente ed applicabile,<br />

come confermato da recenti decisioni<br />

della Cassazione (cfr. Cassazione penale,<br />

Sez. III, sent. n. 45064 del 24/11/2003)».<br />

Poiché queste previsioni normative non risultano<br />

ancora emanate, in caso di mancata richiesta<br />

del certificato di prevenzione incendi<br />

(CPI), occorre fare riferimento al D.P.R. n. 547/<br />

1955 e al D.P.R. n. 689/1959.<br />

Ai sensi della normativa vigente, solo le attività<br />

di cui all’elenco allegato alle tabelle A e B,<br />

D.P.R. n. 689/1959, sono sanzionabili, ai sensi<br />

dell’art. 389, D.P.R. n. 547/1955, per l’inosservanza<br />

dell’art. 37, ovvero per l’omessa richiesta<br />

del parere di conformità sul progetto o<br />

per l’omessa richiesta di visita di collaudo ai<br />

97


DOMANDE E RISPOSTE<br />

fini del rilascio del certificato di prevenzione<br />

incendi.<br />

In particolare, nella tabella A allegata al<br />

D.P.R. n. 689/1959 sono elencate le aziende e<br />

le lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano,<br />

si sviluppano e si detengono prodotti<br />

infiammabili, incendiabili o esplodenti,<br />

mentre nella tabella B sono riportate le aziende<br />

e le lavorazioni che per dimensioni, ubicazione<br />

e altre ragioni presentano, in caso di<br />

incendio, gravi pericoli per la incolumità dei<br />

lavoratori.<br />

Lescuole,diogniordineegradoconoltre100<br />

persone presenti, pur essendo soggette ai<br />

controlli di prevenzione incendi, in quanto<br />

rientranti al punto 85, Allegato al D.M. 16<br />

febbraio 1982, non sono ricomprese tra le attività<br />

riportate nelle tabelle A e B, D.P.R. n.<br />

689/1959, per le quali la mancata richiesta del<br />

certificato di prevenzione incendi comporta<br />

una sanzione penale ai sensi del D.P.R. n. 547/<br />

1955.<br />

98<br />

RINNOVO DELCPI<br />

Un professionista iscritto negli elenchi del<br />

Ministero dell’Interno, di cui alla legge n.<br />

818/1984, si occupa da anni di prevenzione<br />

incendi.<br />

Ha, però, dei dubbi sul comportamento da<br />

adottare quando i titolari di attività soggette<br />

al controllo dei Vigili del Fuoco gli affidano<br />

l’incarico di rinnovare un certificato di prevenzione<br />

incendi scaduto.<br />

I dubbi riguardano le responsabilità che competono<br />

al professionista stesso e quelle del<br />

titolare che intende rinnovare il CPI, alcune<br />

volte, dopo un lungo periodo dalla scadenza.<br />

Esiste un termine massimo entro il quale rinnovare<br />

il certificato di prevenzione incendi?<br />

La validità dello stesso è variata in caso di<br />

rinnovo in data posteriore alla scadenza?<br />

Come mai i Comandi VVF si comportano in<br />

modo differente a riguardo, visto che alcuni<br />

notificano il mancato rinnovo mentre altri dispongono<br />

il sopralluogo di controllo sulle<br />

istanze di rinnovo?<br />

Il caso prospettato, ovvero la formulazione<br />

dell’istanza di rinnovo del certificato<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

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di prevenzione incendi in data successiva alla<br />

scadenza, è stato specificato da una precisa<br />

istruzione ministeriale fornita dalla letteracircolare<br />

5 febbraio 1999, prot. n. P03/4101.<br />

La circolare ha ribadito che «ricade nell’ambito<br />

della responsabilità diretta del titolare dell’attività<br />

l’aver proseguito l’esercizio della<br />

stessa in assenza del certificato di prevenzione<br />

incendi in corso di validità»; di conseguenza, i<br />

Comandi provinciali devono procedere al rinnovo<br />

dello stesso senza variarne il periodo di<br />

validità.<br />

Si ricorda che l’istanza di rinnovo è corredata<br />

di «una dichiarazione del responsabile dell’attività<br />

attestante che non è mutata la situazione<br />

riscontrata alla data del rilascio del certificato<br />

di prevenzione incendi e da una perizia<br />

giurata comprovante l’efficienza dei dispositivi,<br />

nonché dei sistemi e degli impianti antincendio»,<br />

recanti una data congruente a quella<br />

di presentazione dell’istanza.<br />

Quindi, indipendentemente dalla data di<br />

scadenza del certificato di prevenzione incendi,<br />

sulla base della documentazione prodotta,<br />

il Comando può avviare e concludere<br />

il procedimento di rinnovo nei tempi previsti<br />

(15 giorni) con validità del certificato di<br />

prevenzione incendi che decorre dalla data<br />

di presentazione della domanda.<br />

L’art. 4, D.P.R. n. 37/1998, ha previsto che «ai<br />

fini del rinnovo del certificato di prevenzione<br />

incendi, gli interessati presentano in tempo<br />

utile e comunque prima della scadenza del<br />

certificato, apposita domanda conforme alle<br />

previsioni contenute nell’art. 1». I comandi<br />

VVF potrebbero, in teoria, avvertire gli utenti,<br />

all’approssimarsi della data di scadenza del<br />

CPI, degli obblighi ai quali sono tenuti per<br />

legge, anche al fine di intraprendere tutte le<br />

iniziative ritenute idonee in caso di mancato<br />

riscontro e/o accertata negligenza nel regolarizzare<br />

lo stato autorizzativo dell’attività.<br />

Inoltre, gli stessi Comandi possono disporre,<br />

nell’ambito dell’esercizio del controllo delle<br />

condizioni di sicurezza ai fini della prevenzione<br />

incendi e in qualunque momento, «accertamenti<br />

sulla sussistenza delle condizioni di<br />

sicurezza antincendio presso le attività interessate<br />

sia prima che dopo il rilascio del CPI»<br />

e, quindi, se ritenuto opportuno, anche in occasione<br />

del rinnovo del certificato di prevenzione<br />

incendi stesso. l<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


IGIENE E SICUREZZA<br />

RASSEGNADIGIURISPRUDENZA<br />

acuradiPierguidoSoprani, avvocato<br />

RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO<br />

PER UN INFORTUNIO<br />

Cassazionepenale,sez.IV,<br />

(ud.29gennaio2007)<br />

24aprile2007,n.16422,<br />

Pres.eRel.Senese<br />

Lavoro-Infortunisullavoro-Normativaantinfortunistica-Datoredilavoro-Obbligodi<br />

garantire la sicurezza nel luogo di lavoro -<br />

Fondamento - Contenuto della posizione di<br />

garanzia - Comportamento negligente del<br />

lavoratore-Rilevanza-Limiti-Fattispecie<br />

Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente<br />

per organizzare le attività lavorative in<br />

modo sicuro, assicurando anche l’adozione da<br />

partedeidipendentidelledoverosemisuretecniche<br />

e organizzative per ridurre al minimo i rischi<br />

connessi all’attività lavorativa: tale obbligo dovendolo<br />

ricondurre, oltre che alle disposizioni<br />

specifiche,proprio,piùgeneralmente,aldisposto<br />

dell’articolo 2087 del codice civile, in forza del<br />

quale il datore di lavoro è comunque costituito<br />

garantedell’incolumitàfisicaedellasalvaguardia<br />

della personalità morale dei prestatori di lavoro,<br />

conl’ovviaconseguenzache,oveeglinonottemperiall’obbligoditutela,l’eventolesivocorrettamente<br />

gli viene imputato in forza del meccanismo<br />

previsto dall’articolo 40, comma 2, c.p. Pertanto,<br />

in caso di infortunio sul lavoro originato<br />

dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione,<br />

nessuna efficacia causale, per escludere la<br />

responsabilità del datore di lavoro, può essere<br />

attribuitaalcomportamentodellavoratoreinfortunato,<br />

che abbia dato occasione all’evento,<br />

quandoquestosiadaricondurre,comunque,alla<br />

mancanzaoinsufficienzadiquellecauteleche,se<br />

adottate,sarebberovalseaneutralizzareproprio<br />

ilrischiodisiffattocomportamento.<br />

Nota<br />

Un datore di lavoro aveva subìto una condanna,<br />

in entrambi i gradi del giudizio di merito, alla<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

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GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

penadi3mesie15giornidireclusione,inrelazione<br />

a un infortunio occorso a un dipendente che,<br />

mentre era sul tetto di un capannone industriale<br />

per procedere alla riparazione di un lucernaio,<br />

era precipitato dall’altezza di circa dieci metri, a<br />

seguito della rottura di una lastra di vetroresina<br />

posta su di un altro lucernaio, riportando lesioni<br />

personali gravi al cranio, con pericolo di vita. Le<br />

contestazioni erano sia di colpa generica (aver<br />

omesso di verificare e imporre al lavoratore il rispetto<br />

delle cautele suggerite dalla comune prudenza),<br />

sia di colpa specifica (inosservanza dell’art.<br />

70, D.P.R. n. 164/1956, secondo il quale, primadiprocedereall’esecuzionedeilavorisulucernari,tetti,copertureesimili,deveessereaccertato<br />

il loro grado di resistenza in relazione al peso<br />

deglioperaiedelmaterialediimpiego).<br />

Con il ricorso per Cassazione, l’imputato aveva<br />

dedotto, contestando, tra l’altro, la sentenza di<br />

appello:<br />

• che l’asserita pericolosità del tetto ricurvo del<br />

capannone industriale, costituente una vera e<br />

propria insidia per la presenza di lucernari non<br />

facilmente rilevabili da coloro che si fossero trovatisoprailtettodelcapannone,perl’omogeneità<br />

(in vetroresina) rispetto alla intera copertura<br />

(ineternit),erainsussistente;<br />

•che,inoltre,contrariamenteaquantosostenuto<br />

dai Giudici del merito, la zona di lavoro doveva<br />

considerarsi ben delimitata e non si era tenuto<br />

contochelacadutadell’operaioeraavvenutada<br />

un lucernaio distante circa dieci metri dal luogo<br />

incuidovevaessereeseguitol’interventodiriparazione.<br />

Peraltroverso,sieradedottochel’infortunioera<br />

stato determinato esclusivamente dal comportamento<br />

imprudente della vittima, che aveva ammesso<br />

di essere salita sul tetto passando da una<br />

tettoia non inclinata e che, al momento dell’incidente,sieratrovatainunazonadistantedaquelladoveavrebbedovutoessereeseguitoillavoro.<br />

LaCortediCassazioneharigettatointoto,però,<br />

ilricorsorilevandocorrettamentecheacaricodel<br />

datoredilavoro,erastataravvisatasialaviolazione<br />

delle comuni regole di prudenza e, quindi, la<br />

99


GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

colpa generica (in linea con il disposto dell’art.<br />

2087, c.c.), sia le violazioni specifiche, con esatto<br />

richiamoallanormativadiprevenzione.<br />

In particolare, la Corte d’Appello, nel ricostruire<br />

la dinamica del sinistro, aveva sottolineato che<br />

l’incidente si era verificato in un contesto già genericamentepericoloso,qualequellodeltettoricurvo<br />

di un capannone di tipo industriale con<br />

presenzadilucernari,caratterizzatooltretuttoda<br />

una specifica insidia, costituita dal fatto che le<br />

parti della complessiva copertura, aventi funzione<br />

di lucernari, non presentavano, dal punto di<br />

vista strutturale, alcuna soluzione di continuità<br />

rispetto alle altre parti, potendo, anzi, sia per la<br />

conformazione,siaperilmaterialeimpiegato(di<br />

una sfumatura di colore diverso), essere confuse<br />

con le altre zone del tetto (almeno per quanti,<br />

comel’infortunato,sifosserotrovatialdisopradi<br />

esso).<br />

Quanto alla prospettata interruzione del nesso<br />

causale, basata sul comportamento imprudente<br />

della parte offesa (che avrebbe inopinatamente<br />

assuntol’iniziativadisaliresultettopassandoda<br />

unatettoianoninclinata,comedaluistessoammesso)<br />

e sulla ulteriore circostanza che la normale<br />

attività di riparazione non presentava alcun<br />

elemento di rischio, la Suprema Corte ha<br />

rilevatoche,poichélenormediprevenzioneantinfortunistica<br />

mirano a tutelare il lavoratore<br />

anche in ordine agli incidenti che possano derivaredasuanegligenza,imprudenzaeimperizia,<br />

la responsabilità del datore di lavoro e, in generale,<br />

del destinatario dell’obbligo di adottare le<br />

misure di prevenzione può essere esclusa, per<br />

causasopravvenuta,soloinpresenzadiuncomportamento<br />

del lavoratore che presenti i caratteri<br />

dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza,<br />

rispetto al procedimento lavorativo e<br />

alle precise direttive organizzative ricevute, che<br />

siadeltuttoimprevedibileoinopinabile.Nelcaso<br />

di specie, valutata la dinamica del sinistro,<br />

doveva essere esclusa questa evenienza, tanto<br />

più considerando che il datore di lavoro non<br />

avevapredispostoalcunaoperaprovvisionaleed<br />

eravenutomenoall’obbligodiinformazionenei<br />

confronti del dipendente sulla specifica pericolositàdelluogodilavoro.Peraltro,laCassazione<br />

ha precisato che, nell’ipotesi di infortunio sul<br />

lavoro originato dall’assenza o dall’inidoneità<br />

delle misure di prevenzione, nessuna efficacia<br />

causale,perescluderelaresponsabilitàdeldatore<br />

di lavoro, può essere attribuita al comportamentodellavoratoreinfortunato,cheabbiada<br />

100<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

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to occasione all’evento, quando questo sia da<br />

ricondurre, comunque, alla mancanza o alla insufficienza<br />

di quelle cautele che, se adottate,<br />

sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio<br />

diquestocomportamento(Cass.pen.,sez.IV,16<br />

novembre2006).<br />

I Giudici di legittimità hanno ulteriormente puntualizzato<br />

che, in tema di responsabilità colposa<br />

deldatoredilavoro,ilD.Lgs.n.626/1994sedaun<br />

latoprevedeunobbligodidiligenzadellavoratore,<br />

configurando addirittura una previsione sanzionatoriaasuocarico,dall’altrolatononesimeil<br />

datore di lavoro, le altre figure istituzionalizzate<br />

e, in mancanza, il soggetto preposto alla responsabilitàealcontrollodellafaselavorativaspecifica,<br />

dal debito di sicurezza nei confronti dei lavoratori<br />

subordinati (il quale consiste, oltre che in<br />

un dovere generico di formazione e di informazione,<br />

anche in forme di controllo idonee a prevenireirischidellalavorazione).<br />

Ne consegue che il datore di lavoro, sia in forza<br />

della disposizione generale di cui all’art. 2087,<br />

c.c.,siadiquellespecificheprevistedallanormativa<br />

antinfortunistica, ha il dovere di accertarsi del<br />

rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto<br />

che il lavoratore possa prestare la propria opera<br />

incondizionidisicurezza,vigilando,inoltre,ache<br />

le condizioni di sicurezza siano mantenute per<br />

tutto il tempo in cui è prestata l’opera; quindi, il<br />

datore di lavoro è costituito garante dell’incolumità<br />

fisica e della salvaguardia della personalità<br />

moraledeiprestatoridilavoro,conl’ovviaconseguenzache,oveeglinonottemperiagliobblighi<br />

di tutela, l’evento lesivo gli viene correttamente<br />

imputatoinforzadelmeccanismoreattivoprevisto<br />

dall’art. 40, comma 2, c.p. (in tal senso, Cass.<br />

pen., sez. IV, 4 luglio 2006; Cass. pen., sez. IV, 12<br />

gennaio2005).<br />

L’obbligo comportamentale di attivarsi positivamente<br />

per organizzare le attività lavorative in<br />

modo sicuro, assicurando anche l’adozione da<br />

parte dei dipendenti delle doverose misure tecniche<br />

e organizzative per ridurre al minimo i<br />

rischiconnessiall’attivitàlavorativa,siponequale<br />

conseguenza immediata e diretta della “posizionedigaranzia”cheildatoredilavoroassume<br />

nei confronti del lavoratore, in relazione all’obbligo<br />

di garantire condizioni di lavoro quanto<br />

piùpossibilisicure.Questoobbligoèditalespessore<br />

che, quand’anche il datore di lavoro abbia<br />

rispettato formalmente le norme, sussiste pur<br />

sempre quello di agire, in ogni caso, con la diligenza,<br />

la prudenza e l’accortezza necessarie a<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


evitare che dalla propria attività derivi un nocumento<br />

a terzi (Cass. pen., sez. IV, 12 dicembre<br />

2000).<br />

RIPARTIZIONE DELL’ONERE PROBATORIO<br />

Cassazionecivile,sezionelavoro,<br />

(ud.16gennaio2007)<br />

18maggio2007,n.11622,<br />

Pres.eRel.Senese<br />

Infortuni sul lavoro - Movimentazione manuale<br />

di carichi - Lavoratore inesperto - Responsabilitàcontrattualedeldatoredilavoro<br />

ex art. 2087 c.c. - Valutazione - Sussiste -<br />

Ripartizionedell’onereprobatorio-Criteri<br />

Il lavoratore che assuma la responsabilità ex<br />

art. 2087 c.c. del datore di lavoro, in relazione<br />

ad un infortunio occorsogli, non ha l’onere di<br />

provare specifiche omissioni del datore in relazione<br />

alle norme antinfortunistiche, essendo<br />

soltanto tenuto a provare l’infortunio, il danno<br />

derivatone, il nesso causale tra l’uno e l’altro e<br />

la nocività dell’ambiente di lavoro, gravando<br />

sul datore ­ una volta provate tali circostanze ­<br />

l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le<br />

cautele necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento<br />

dannoso. Tra tali cautele rientra anche<br />

l’adozionedimisurerelativeall’organizzazione<br />

del lavoro, ed all’informazione dei dipendenti<br />

sui rischi e la pericolosità di macchine o lavorazioni,<br />

idonee ad evitare che lavoratori di giovane<br />

età e professionalmente inesperti (nei confronti<br />

dei quali tale dovere si atteggia in maniera<br />

particolarmente intensa) siano coinvolti<br />

in lavorazioni pericolose.<br />

Nota<br />

Un apprendista marmista aveva subìto un infortunio<br />

sul lavoro mentre tentava di aiutare due<br />

espertioperaiacollocareunalastradimarmosul<br />

banco di lavoro. Assumendo che l’infortunio era<br />

addebitabile all’omessa adozione, da parte del<br />

datoredilavoro,dellemisurenecessarieatutelarelapropriaintegritàfisica,l’infortunatoneavevachiestolacondannaalrisarcimentodeldanno<br />

morale e biologico conseguiti all’infortunio. La<br />

domanda del lavoratore era stata rigettata sia in<br />

primogradosiainappello.Inparticolare,laCorte<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

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GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

d’Appello, valutato il reale assetto organizzativo<br />

dell’impresa,avevaritenuto:<br />

•chenonfosseroravvisabiliviolazionidellespecifiche<br />

norme antinfortunistiche indicate dal lavoratore(artt.47e48,D.P.R.n.626/1994,eAllegato<br />

VIallostessodecreto);<br />

• che la verificazione del sinistro non era sufficiente,<br />

di per sé, a «far scattare a carico dell’imprenditore<br />

l’onere probatorio di aver adottato<br />

ogni sorta di misura idonea ad evitare l’evento,<br />

atteso che la prova liberatoria presuppone sempreladimostrazione,dapartedellavoratore,che<br />

vi è stata omissione nel predisporre le misure di<br />

sicurezza necessarie ad evitare il danno, e non<br />

puòessereestesaadogniipoteticamisuradiprevenzione»;<br />

• che, infine, sulla scorta delle deposizioni testimoniali<br />

e della stessa CTU, l’infortunio risultava<br />

addebitabile a una condotta maldestra eseguita<br />

dallavoratore,ilqualedipropriainiziativaaveva<br />

inteso aiutare gli operai che stavano sollevando<br />

lalastradimarmo.<br />

Con il ricorso in Cassazione, il lavoratore aveva<br />

lamentato:<br />

• che la sentenza impugnata non aveva tenuto<br />

contodellenumeroseviolazionidelD.Lgs.n.626/<br />

1994risultantianchedall’esperitaconsulenzatecnica;<br />

• che i Giudici di merito avevano erroneamente<br />

ritenutochel’oneredeldatoredilavorodiprovare<br />

diaveradottatotuttelemisurenecessarieaimpedire<br />

l’evento dannoso presupponga la previa dimostrazione,dapartedell’infortunato,diun’omissionenelpredisporrelemisuredisicurezza;•cheinopinatamentelacircostanzachel’infortunio<br />

si fosse verificato a seguito di una condotta<br />

maldestra del lavoratore era stata ritenuta esaustiva,<br />

ai fini dell’esonero di responsabilità del datoredilavoro.<br />

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, osservandochelaresponsabilitàdeldatoredilavoro<br />

per l’infortunio occorso a un dipendente non è<br />

esclusa dalla condotta imprudente del lavoratore,senonneicasiincuiquest’ultimapresenti<br />

i caratteri dell’abnormità e della imprevedibilità.<br />

Per altro verso, il lavoratore che assuma la<br />

responsabilità ex art. 2087, c.c., del datore di<br />

lavoro, in relazione a un infortunio occorsogli,<br />

non ha l’onere di provare specifiche omissioni<br />

deldatoreinrelazioneallenormeantinfortuni­<br />

101


GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

stiche, essendo soltanto tenuto a provare l’infortunio,<br />

il danno derivatone, il nesso causale<br />

tra l’uno e l’altro e la nocività dell’ambiente di<br />

lavoro, gravando sul datore, una volta provate<br />

queste circostanze, l’onere di dimostrare di<br />

avere adottato tutte le cautele necessarie per<br />

evitare il verificarsi dell’evento dannoso (ex<br />

plurimis Cass. nn. 9856/2002, 7629/2004, 11932/<br />

2004,4840/2006,16881/2006).Traquestecautele,<br />

poi, non rientra soltanto l’osservanza di<br />

puntuali precetti relativi alle macchine impiegateoaspecifichelavorazioni,maanchel’adozione<br />

di misure relative all’organizzazione del<br />

lavoro, tali da evitare che lavoratori inesperti<br />

siano coinvolti in lavorazioni pericolose, e all’informazione<br />

dei dipendenti sui rischi e sulla<br />

pericolosità delle macchine o delle lavorazioni.<br />

«Etaledovere»,secondoiGiudicidilegittimità,<br />

«siatteggiainmanieraparticolarmenteintensa<br />

nei confronti di lavoratori di giovane età e professionalmenteinesperti,esiesaltainpresenza<br />

di apprendisti nei cui confronti la legge pone a<br />

carico del datore di lavoro precisi obblighi di<br />

formazione e addestramento, tra i quali non<br />

può che primeggiare l’educazione alla sicurezza<br />

del lavoro».<br />

Nellaspecie,risultandoaccertatocheillavoratore<br />

infortunatoeraunapprendista,chel’ambientedi<br />

lavoro ove si movimentavano grossi blocchi di<br />

marmoerapericoloso,chel’infortunioavevaavuto<br />

luogo mentre l’apprendista tentava di aiutare<br />

due operai a collocare una lastra di marmo sul<br />

banco di lavoro e, quindi, a seguito di una condottanoncertoimprevedibileeabnorme,incombeva<br />

sul datore di lavoro l’onere di provare di<br />

avereadottatotuttelecautelenecessarieaimpedire<br />

il verificarsi dell’evento, con particolare riguardo<br />

all’assetto organizzativo del lavoro, specieperquantoriguardaicompitidell’apprendista<br />

e le istruzioni impartitegli, e all’informazione e<br />

formazione di quest’ultimo sui rischi insiti nelle<br />

lavorazioni.<br />

Per la generale affermazione che l’art. 2087, c.c.,<br />

nonconfiguraun’ipotesidiresponsabilitàoggettiva,<br />

in quanto la responsabilità del datore di lavoro<br />

deve essere collegata alla violazione degli<br />

obblighi di comportamento imposti da norme di<br />

leggeosuggeritidalleconoscenzesperimentalio<br />

tecnichedelmomento(quindi,aifinidell’accertamento<br />

della responsabilità del datore di lavoro,<br />

[1] Si veda Cass. civ., sez. lavoro, 23 luglio 2004, n. 13887.<br />

102<br />

IGIENE E SICUREZZA<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

gravasullavoratorechelamentidiaversubìto,a<br />

causadell’attivitàlavorativasvolta,undannoalla<br />

salute, l’onere di provare l’esistenza di questo<br />

danno, la mancata adozione di determinate misure<br />

di sicurezza specifiche o generiche e il nesso<br />

causaletraquestidueelementi;quandoillavoratore<br />

abbia provato queste circostanze, grava sul<br />

datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver<br />

adottato tutte le cautele necessarie a impedire il<br />

verificarsi del danno) [1] . Peraltro, l’oggetto della<br />

provaènecessariamentecorrelatoallaidentificazione<br />

delle modalità del fatto e presuppone, in<br />

relazioneaesse,l’accertamentodellecausechelo<br />

hanno determinato, cause che devono essere<br />

provate dal lavoratore (Cass. civ., sezione lavoro,<br />

1°giugno2004,n.11932;conformeaCons.Stato,<br />

sez.VI,21marzo2005).<br />

Conriguardoall’infortuniooccorsoaunamacchina<br />

matassatrice di fili di ferro che, pur essendo<br />

costruita in conformità alle norme vigenti, era<br />

utilizzata con modalità operative difformi dalle<br />

disposizioni di legge e dalle indicazioni contenutenellibrettod’usoemanutenzionefornitodalla<br />

dittacostruttrice,sivedalapronunciadiCass.civ.,<br />

sezionelavoro,23luglio2004,n.14270.<br />

Con riguardo a un caso di caduta sul luogo di<br />

lavoro, avendo il lavoratore ricondotto la caduta<br />

a due distinte modalità, scivolamento sul pavimento<br />

ovvero inciampo su una mattonella<br />

sconnessa, la S.C. ha rigettato la domanda del<br />

lavoratore, volta a ottenere il risarcimento del<br />

danno, in quanto non era possibile individuare<br />

quali misure di prevenzione, diverse in relazione<br />

ai due eventi, il datore di lavoro avesse<br />

omessodiapprontare(Cass.civ.,sezionelavoro,<br />

21 aprile 2004, n. 7629). Analogamente, nel caso<br />

di lesione a un occhio perché si era spezzata<br />

la maniglia del furgone aziendale alla quale il<br />

dipendente si era aggrappato per salire sul<br />

mezzo,iGiudicidimeritoavevanoaffermatola<br />

responsabilitàdell’aziendadatricedilavoro,sul<br />

presupposto che a quest’ultima spettasse di<br />

provare rigorosamente l’osservanza degli obblighi<br />

di sicurezza e, in particolare, di avere<br />

controllato lo stato della carrozzeria; nell’annullare<br />

questa decisione, la S.C. ha rilevato, tra<br />

l’altro, che la sentenza aveva pretermesso di<br />

valutare che il mezzo era stato sottoposto a<br />

revisione pochi giorni prima dell’infortunio<br />

(Cass. civ., sezione lavoro, 5 marzo 2002). l<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


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AMBIENTE<br />

RIFIUTI<br />

Articolo<br />

La disciplina speciale dell’art. 230, D.Lgs. n. 152/2006, non si applica in assenza di riutilizzo<br />

Manutenzione delle infrastrutture:<br />

la Cassazione si occupa dei rifiuti<br />

diPasqualeFimiani, GiudicepressolaCortediCassazione<br />

Benchél’art.230,D.Lgs.<br />

n.152/2006prevedauna<br />

disciplinaspecialeperirifiuti<br />

derivantidaattività<br />

dimanutenzione<br />

delleinfrastrutture,sultema<br />

mancaancorachiarezza.<br />

LasentenzadellaCassazione<br />

penale,sez.III,5settembre2007,<br />

n.33866,interviene,siapure<br />

senzaparticolari<br />

approfondimenti,suiproblemi<br />

legatiaquestaspecialedisciplina<br />

­valorizzandounalineadirigore<br />

nellarelativaapplicazioneesclusaquandoilmaterialetolto<br />

d’operatrasportato(che,nelcaso<br />

inesame,eracostituitodarifiuti<br />

vegetaligiàsottoposti<br />

auntrattamentoditriturazione,<br />

checostituisceunafase<br />

dismaltimento) «per la successiva<br />

valutazione tecnica, finalizzata<br />

all’individuazione del materiale<br />

effettivamente, direttamente<br />

ed oggettivamente riutilizzabile,<br />

senza essere sottoposto ad alcun<br />

trattamento»,nonèinalcun<br />

modoriutilizzabile.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

Il testo integrale della sentenza della Cassazione<br />

penale, sez. III, 5 settembre 2007, n. 33866, è disponibile<br />

nella sezione “Documentazione integrativa“<br />

del sito:<br />

MASSIMA<br />

L’art. 230 del D.Lgs. n. 152/2006, nel prevedere un’eccezione alla<br />

regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in<br />

luogo diverso da quello di produzione, è espressamente mirato a<br />

consentire l’effettuazione della “valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione<br />

del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente<br />

riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento”<br />

e, quindi, non si applica nel caso di rifiuti in alcun modo<br />

riutilizzabili (nella specie rifiuti vegetali sottoposti ad un trattamento<br />

di triturazione, costituente già una fase di smaltimento)<br />

[Cassazione penale, sez. III, 5 settembre 2007 (c.c. 8 giugno 2007), n.<br />

33866]<br />

Ilquadrolegislativo<br />

Com’è noto, l’art. 230, D.Lgs. n.<br />

152/2006 (TU ambientale) prevede<br />

una disciplina speciale per i rifiuti<br />

derivanti da attività di manutenzione<br />

delle infrastrutture. La norma deroga<br />

ai concetti generali di cui all’art. 183<br />

in materia di:<br />

l luogo di produzione dei rifiuti [secondo<br />

la lettera i), «uno o più edifici<br />

o stabilimenti o siti infrastrutturali<br />

collegati tra loro all’interno di<br />

un’area delimitata in cui si svolgono<br />

le attività di produzione dalle quali<br />

sono originati i rifiuti»];<br />

l stoccaggio [secondo la lettera l),<br />

«le attività di smaltimento consistenti<br />

nelle operazioni di deposito preliminare<br />

di rifiuti di cui al punto D15<br />

dell’Allegato B alla parte quarta del<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

presente decreto, nonché le attività di<br />

recupero consistenti nelle operazioni<br />

di messa in riserva di materiali di cui<br />

al punto R13 dell’Allegato C alla<br />

medesima parte quarta»];<br />

l deposito temporaneo [secondo la<br />

lettera m), «il raggruppamento dei<br />

rifiuti effettuato, prima della raccolta,<br />

nel luogo in cui gli stessi sono<br />

prodotti»].<br />

In effetti, per queste particolari categorie<br />

di rifiuti, il luogo di produzione<br />

può coincidere (art. 230, comma 1):<br />

l con la sede del cantiere che gestisce<br />

l’attività manutentiva o<br />

l con la sede locale del gestore della<br />

infrastruttura nelle cui competenze<br />

rientra il tratto di infrastruttura interessata<br />

dai lavori di manutenzione ovvero<br />

l con il luogo di concentramento<br />

105


RIFIUTI<br />

Articolo<br />

dove il materiale tolto d’opera viene<br />

trasportato per la successiva valutazione<br />

tecnica, finalizzata all’individuazione<br />

del materiale effettivamente,<br />

direttamente e oggettivamente riutilizzabile,<br />

senza essere sottoposto ad<br />

alcun trattamento.<br />

Il comma 2 prevede che «la valutazione<br />

tecnica del gestore della infrastruttura<br />

(…) è eseguita non oltre<br />

sessanta giorni dalla data di ultimazione<br />

dei lavori. La documentazione<br />

relativa alla valutazione tecnica è<br />

conservata, unitamente ai registri di<br />

carico e scarico, per cinque anni». Il<br />

comma 4 precisa che, fermo restando<br />

quanto previsto nell’articolo 190,<br />

comma 3, i registri di carico e scarico<br />

relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti<br />

e dalle attività indicate possono essere<br />

tenuti nel luogo di produzione dei<br />

rifiuti così come innanzi definito.<br />

LasentenzadellaCassazione<br />

La sentenza della Cassazione penale,<br />

sez. III, 5 settembre 2007, n.<br />

33866, interviene, sia pure senza particolari<br />

approfondimenti, sui problemi<br />

applicativi della speciale disciplina.<br />

Sotto un primo profilo, l’individuazione<br />

dei rifiuti che possono godere<br />

della deroga è regolato:<br />

l dal comma 1, il quale fa riferimento<br />

ai «rifiuti derivanti da attività di<br />

manutenzione alle infrastrutture, effettuata<br />

direttamente dal gestore dell’infrastruttura<br />

a rete e degli impianti per<br />

l’erogazione di forniture e servizi di<br />

interesse pubblico o tramite terzi» e<br />

l dal comma 3: «Le disposizioni dei<br />

commi 1 e 2 si applicano anche ai<br />

rifiuti derivanti da attività manutentiva,<br />

effettuata direttamente da gestori<br />

erogatori di pubblico servizio o tramite<br />

terzi, dei mezzi e degli impianti<br />

fruitori delle infrastrutture di cui al<br />

comma 1».<br />

La difficoltà di delimitare l’ambito<br />

di operatività della deroga nasce<br />

dall’assenza, nell’ordinamento italiano,<br />

di una nozione generale di:<br />

l «infrastrutture»: termine usato<br />

con riferimento a opere rilevanti per<br />

lo sviluppo economico (le infrastrutture<br />

strategiche di cui alla legge n.<br />

443/2001), ovvero inerenti a settori<br />

particolari (le infrastrutture ferrovia-<br />

106<br />

AMBIENTE<br />

rie, nell’articolo 1, comma 87, legge<br />

n. 266/2005; gli impianti che producono<br />

energia nella direttiva 18 gennaio<br />

2006, n. 2005/89/CE). Manca,<br />

però, una definizione normativa di<br />

infrastruttura, tanto che la sentenza si<br />

pone - senza risolverla, considerata la<br />

soluzione scelta - la questione se il<br />

“verde comunale” sia un’infrastruttura<br />

cittadina (in effetti, se il Legislatore<br />

ha ritenuto di individuare le infrastrutture<br />

strategiche, implicitamente<br />

conferma che ve ne siano altre, non<br />

strategiche);<br />

l «pubblico servizio»: analogamente,<br />

la materia dei pubblici servizi è<br />

«dai confini non compiutamente delimitati»<br />

(Corte Costituzionale, 6 luglio<br />

2004, n. 204) e di essa la giurisprudenza,<br />

sia pure ad altri fini (ad esempio<br />

in tema di riparto di giurisdizione<br />

tra giudice ordinario ed amministrativo),<br />

si è dovuta più volte occupare,<br />

con esiti spesso contraddittori.<br />

In queste difficoltà interpretative,<br />

la soluzione data dalla sentenza in<br />

commento - che quindi ha evitato di<br />

esaminare la questione se il “verde<br />

comunale” sia un’infrastruttura cittadina<br />

- sembra valorizzare una linea di<br />

rigore nell’applicazione della speciale<br />

disciplina, esclusa quando il materiale<br />

tolto d’opera trasportato «per la<br />

successiva valutazione tecnica, finalizzata<br />

all’individuazione del materiale<br />

effettivamente, direttamente ed<br />

oggettivamente riutilizzabile, senza<br />

essere sottoposto ad alcun trattamento»,<br />

non è in alcun modo riutilizzabile<br />

(nel caso preso in esame si trattava<br />

di rifiuti vegetali già sottoposti a un<br />

trattamento di triturazione, che costituisce<br />

una fase di smaltimento). Soluzione,<br />

questa, che costituisce applicazione<br />

di principi consolidati in materia<br />

di gestione di rifiuti e, in particolare,<br />

di ricorso a forme di deroga<br />

alle regole generali e applicazione di<br />

regimi di favore:<br />

l il principio di effettività, nel senso<br />

che l’attività per cui si invoca la deroga<br />

non deve essere meramente potenziale<br />

o eventuale, ma certa fin da<br />

prima del suo svolgimento (si pensi<br />

alle attività di recupero o alla nozione<br />

di sottoprodotto);<br />

l il principio per cui chi invoca un<br />

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regime differenziato e di favore ha<br />

l’onere di allegare la sussistenza di tutte<br />

le condizioni per la sua applicazione.<br />

Quest’obbligo non può dirsi assolto<br />

con mere dichiarazioni soggettive dell’interessato,<br />

il quale, invece, deve fornire<br />

la prova piena delle ragioni per cui<br />

opera il regime differenziato invocato<br />

(al proposito, si vedano le sentenze<br />

della Cassazione penale, sez. III, 23<br />

aprile 1994, n. 4706 e 5 giugno 2005,<br />

n. 22511. Quest’ultima, in particolare,<br />

in un’ipotesi in cui il materiale di demolizione<br />

era stato scaricato sul suolo<br />

con accumulo di detriti di scavo, misti<br />

a lastroni di cemento che venivano sottoposti<br />

a operazioni di trasformazione<br />

preliminare - depezzamento e frantumazione<br />

- dall’addetto alla macchina<br />

operatrice, onde renderli utilizzabili<br />

per la realizzazione di un piano viabile<br />

destinato ai mezzi di cantiere, ha ritenuto<br />

che il materiale stesso fosse del<br />

tutto eterogeneo e non avesse caratteristiche<br />

tali da consentirne l’immediata<br />

riutilizzazione senza preventivo trattamento,<br />

venendo così in evidenza<br />

un’operazione idonea a creare un effettivo<br />

pericolo per l’ambiente, insuscettibile<br />

di essere ricondotta alla previsione<br />

derogativa introdotta dall’art. 14, D.L.<br />

n. 138/2002).<br />

Conclusioni<br />

Per quanto sopra, chi intenda far<br />

coincidere il luogo di produzione del<br />

rifiuto con quello di concentramento<br />

dove il materiale tolto d’opera viene<br />

trasportato per la successiva valutazione<br />

tecnica, ha l’onere di provare la<br />

sussistenza di specifici elementi di<br />

fatto in base ai quali poter dimostrare:<br />

l che i rifiuti prodotti non sono stati<br />

già oggetto di attività di recupero e<br />

smaltimento, prima del trasporto nel<br />

luogo di concentramento;<br />

l che essi - per caratteristiche oggettive<br />

- sono suscettibili di effettivo<br />

e diretto riutilizzo, senza alcun trattamento.<br />

Mere dichiarazioni soggettive, non<br />

accompagnate dalla prova di questi<br />

elementi di fatto, non consentono di<br />

invocare il regime di favore. È, invece,<br />

opportuno seguire una procedura<br />

ricognitiva delle fasi della lavorazione,<br />

idonea a offrire una ricostruzione<br />

puntuale e non equivoca. l<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


AMBIENTE<br />

RIFIUTI<br />

Articolo<br />

Le Autorità devono stabilire le procedure caso per caso e in relazione alle esigenze locali<br />

Il trasporto dei rifiuti via mare<br />

tra vecchie e nuove normative ambientali<br />

diMarcoIacono, CapitanodiCorvetta,CapitaneriadiPortodiAugustaeCarmeloTinè,Chemical<br />

Engineer,CEng.M.I.Ch.E.,U.K.­StudioTecnicoTinè,IngegneriaeChimicaIndustrialeperla<strong>Sicurezza</strong><br />

MarittimaePortuale<br />

Daun’analisiincrociatatrala<br />

legislazioneambientale<br />

elenormativenazionali<br />

einternazionalisultrasporto<br />

marittimodeirifiutiemergono<br />

semplificazioniperisoggetti<br />

responsabilidelladetenzione<br />

deirifiutiinambitoportuale<br />

iqualirisultanoesonerati<br />

dall’iscrizioneneirelativialbi<br />

nazionaliprevistaperanaloghe<br />

operazionieffettuateviaterra.<br />

Questesemplificazionivanno,<br />

però,sempreecomunque<br />

armonizzateaquantodisposto<br />

dallalegislazioneambientale<br />

cheesige,perognifasedella<br />

movimentazionedeirifiuti,<br />

ladesignazionediunresponsabile<br />

delleoperazioni<br />

chesiafacilmenteindividuabile<br />

anchedopoilcompletamento<br />

delciclodelrifiutoconilsuo<br />

definitivosmaltimento.<br />

Se,daunaparte,lanormativa<br />

semplificaleoperazioni<br />

dimovimentazione,dall’altra<br />

responsabilizzamaggiormente<br />

leautoritàmarittimeeportuali<br />

sulrispettodellesemplificazioni<br />

introdotteesullasicurezzaditutte<br />

leoperazioniditrasporto.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

Iltrasportoviamare<br />

deirifiuti<br />

L’art. 265, comma 2, D.Lgs. n.<br />

152/2006 [1] , dispone che «in attesa<br />

della emanazione di specifiche norme<br />

regolamentari e tecniche in materia<br />

di trasporto di rifiuti, di cui all’art.<br />

195, comma 2, lettera l, (…) i rifiuti<br />

sono assimilabili alle merci per quanto<br />

concerne il regime normativo in<br />

materia di trasporto via mare e la<br />

disciplina delle operazioni di carico,<br />

scarico, trasbordo deposito e maneggio<br />

in aree portuali». Con questo dispositivo<br />

e nelle more dell’emanazione<br />

delle norme specifiche viene, di<br />

fatto, esonerato il trasporto dei rifiuti<br />

via mare di parte degli adempimenti<br />

prescritti dalla normativa di tutela<br />

ambientale nel settore dei rifiuti; in<br />

particolare le imprese coinvolte nel<br />

trasporto (agenti marittimi, spedizionieri,<br />

armatori, imprese portuali, ecc.)<br />

risultano esonerate:<br />

l dall’obbligo della iscrizione all’Albo<br />

nazionale gestori ambientali<br />

previsto dall’art. 212, commi 5 e 8,<br />

D.Lgs. n. 152/2006;<br />

l dall’obbligo della tenuta dei registri<br />

di carico e scarico previsto dall’art.<br />

190, comma 1;<br />

l dall’obbligo di dotarsi di un formulario<br />

di identificazione previsto<br />

dall’art. 193 dello stesso decreto,<br />

pur dovendo sottostare alle normative<br />

sul trasporto delle merci pericolose<br />

o non pericolose, a seconda<br />

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della tipologia di merce in cui i rifiuti<br />

vengono classificati, nonché alle restrizioni<br />

previste dagli articoli ancora<br />

vigenti del D.Lgs. n. 459/1991 [2] .<br />

L’applicazione della normativa dovrà,<br />

comunque, essere conforme al D.Lgs.<br />

n. 152/2006 e al precedente D.Lgs. n.<br />

22/1997 [3] , in parte ancora vigente,<br />

che impongono l’individuazione di<br />

un responsabile ben preciso in ogni<br />

fase di trattamento dei rifiuti; di ciò è<br />

opportuno tener conto al fine di definire<br />

le precauzioni di sicurezza da<br />

adottare per le operazioni di imbarco,<br />

sbarco, trasbordo, trasporto dei rifiuti<br />

anche in funzione delle locali esigenze<br />

del porto e secondo quanto previsto<br />

dagli artt. 5 e 13, D.Lgs. n. 134/<br />

2005 [4] e dall’art. 21, D.Lgs. n. 272/<br />

1999 [5] .<br />

Assimilazionedeirifiuti<br />

allemerci<br />

Secondo il dettato combinato dal<br />

D.Lgs. n. 152/2006, dal D.Lgs. n.<br />

459/1991 e dal D.Lgs. n. 134/2005, il<br />

detentore di un rifiuto che intenda<br />

trasportarlo via mare deve preventivamente<br />

provvedere alla sua classificazione<br />

ai fini del trasporto marittimo.<br />

A questo scopo, il detentore:<br />

l dovrà dare incarico a un chimico<br />

iscritto all’Albo professionale di effettuare<br />

la classificazione del rifiuto<br />

ai fini del trasporto via mare ovvero<br />

l dovrà richiedere una dichiarazione<br />

nella quale il professionista:<br />

[1] «Norme in materia ambientale» (in S.O. n. 96 alla Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2006, n. 88).<br />

[2] «Regolamento recante norme sul trasporto marittimo dei rifiuti in colli» (in Gazzetta Ufficiale del 16 dicembre 1991, n. 294).<br />

(segue)<br />

107


RIFIUTI<br />

Articolo<br />

- attesta di avere effettuato le analisi<br />

e il controllo dei rifiuti;<br />

- ne certifica le caratteristiche chimico-fisiche,<br />

i risultati delle analisi<br />

qualitative e quantitative effettuate e<br />

la conseguente appartenenza del rifiuto<br />

alla classe del Codice IMDG in<br />

cui è riportata la materia più pericolosa<br />

riscontrata nel rifiuto e secondo<br />

quanto previsto da questo codice.<br />

Nel caso in cui dai risultati delle<br />

analisi chimiche effettuate non rilevi<br />

presenza di materie pericolose riportate<br />

nel codice IMDG, il professionista<br />

certifica la “non pericolosità” del<br />

rifiuto analizzato.<br />

La classificazione del rifiuto ne<br />

permette il trasporto marittimo adottando<br />

procedure analoghe alla merce<br />

a cui il rifiuto è assimilato e pertanto,<br />

resa nota la classificazione, il detentore<br />

potrà stabilire, secondo le proprie<br />

esigenze, la modalità del trasporto<br />

che potrà avvenire o alla rinfusa<br />

nelle stive di una nave o in colli.<br />

Trasportodirifiuti<br />

allarinfusaviamare<br />

Il D.M. 22 luglio 1991 [6] elenca le<br />

merci che possono essere trasportate<br />

alla rinfusa nelle stive di una nave e<br />

indica, in relazione alle caratteristiche<br />

delle merci, le norme di sicurezza<br />

da adottare per il trasporto. Tra le<br />

merci elencate nel decreto ve ne sono<br />

alcune che la vigente normativa ambientale<br />

individua come rifiuti, che,<br />

pertanto, se vengono individuati tra<br />

le merci elencate, possono essere trasportati<br />

via mare alla rinfusa. L’elen-<br />

108<br />

AMBIENTE<br />

co delle merci riportato nel decreto<br />

subisce periodici aggiornamenti, l’ultimo<br />

dei quali è stato effettuato con<br />

decreto ministeriale 10 aprile 2007 [7] ,<br />

con il quale è stata inclusa la merce<br />

“frammenti di gusci di semi di palma”,<br />

sostanza che la normativa ambientale<br />

riporta nell’elenco dei rifiuti<br />

con codice CER 02 03 03.<br />

Il trasporto di un rifiuto via mare<br />

alla rinfusa nelle stive di una nave<br />

potrà essere effettuato, quindi, solo se<br />

il rifiuto fa parte dell’elenco delle sostanze<br />

riportato nel D.M. 22 luglio<br />

1991 e nel rispetto delle norme previste<br />

da questo decreto e alle prescrizioni<br />

di sicurezza disposte dalla locale<br />

autorità marittima e autorità portuale.<br />

Trasportodirifiutiincolli<br />

Richiesta autorizzazioni<br />

Il disposto combinato del D.Lgs.<br />

n. 459/1991 e del D.Lgs. n. 134/<br />

2005 prevede che:<br />

l il detentore di un rifiuto pericoloso,<br />

qualora intenda trasportarlo via<br />

mare, dovrà inoltrare domanda per<br />

l’imbarco al Capo del compartimento<br />

marittimo nella cui circoscrizione è<br />

ubicato il porto di imbarco; la domanda<br />

dovrà essere corredata:<br />

- dalla dichiarazione di assimilazione<br />

del rifiuto, che il detentore del<br />

rifiuto dovrà sottoscrivere dichiarando,<br />

inoltre, che «i rifiuti sono imballati,<br />

contrassegnati ed etichettati (…)<br />

e che si trovano nelle condizioni previste<br />

per il trasporto»;<br />

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- dal “formulario per il trasporto<br />

multimodale di merci pericolose”,<br />

che dovrà essere compilato sul modello<br />

riportato dal Codice IMDG;<br />

- dal “documento di movimentazione<br />

rifiuti”.<br />

Quando si tratta di trasporto transfrontaliero<br />

questo documento dovrà<br />

soddisfare i requisiti richiesti dall’art.<br />

194, D.Lgs. n. 152/2006, mentre quando<br />

si tratta di trasporto interregionale, il<br />

documento consisterà nel formulario<br />

del rifiuto redatto a norma e sul modello<br />

definito dal decreto del Ministero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong> n. 145/1998 [8] e dalla<br />

conseguente circolare esplicativa 4<br />

agosto 1998 [9] , che, al comma 2, punto<br />

V, riporta in merito al trasporto misto<br />

un riferimento all’ipotesi di una eventuale<br />

tratta marittima da specificare<br />

nelle annotazioni, con disposizione di<br />

allegare anche i documenti relativi al<br />

trasporto marittimo. Nel caso di trasporto<br />

misto interregionale e transfrontaliero,<br />

la documentazione prevista dall’art.<br />

194 sostituisce validamente il formulario<br />

del rifiuto come previsto dall’art.<br />

193, comma 7, D.Lgs. n. 152/<br />

2006;<br />

l il detentore di un rifiuto non pericoloso<br />

che intenda trasportarlo via<br />

mare deve inoltrare domanda per<br />

l’imbarco al Capo del Compartimento<br />

Marittimo nella cui circoscrizione<br />

è ubicato il porto di imbarco; la domanda<br />

dovrà essere corredata:<br />

- dalla dichiarazione di non pericolosità<br />

del rifiuto redatta dal chimico<br />

e sottoscritta dal detentore del ri-<br />

[3] «Attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di<br />

imballaggio» (in S.O. alla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 1997, n. 38).<br />

[4] «Regolamento recante disciplina per le navi mercantili dei requisiti per l’imbarco, il trasporto e lo sbarco di merci pericolose» (in<br />

S.O. n. 123 alla Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2005, n. 163).<br />

[5] «Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell’espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di<br />

operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale a norma della legge 31 dicembre 1998, n.<br />

485» (in S.O. n. 151 alla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1999, n. 185).<br />

[6] «Norme sulla separazione delle merci pericolose incompatibili caricate su una stessa nave» (in Gazzetta Ufficiale del 22 luglio 1991,<br />

n. 240).<br />

[7] «Aggiornamento dell’Appendice B del decreto 22 luglio 1991, recante norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa di<br />

carichi solidi» (in Gazzetta Ufficiale del 3 maggio 2007, n. 101). Per testo e commento a cura di P. Verna, si veda a pag. 78 di<br />

<strong>Ambiente</strong>&<strong>Sicurezza</strong> n. 16/2007.<br />

[8] «Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli<br />

15, 18, comma 2, lettera e) e comma 4) del D.Lgs. n. 22/97» (in Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 1998, n. 109).<br />

[9] Circolare del Ministero dell’<strong>Ambiente</strong> e del Ministero dell’Industria 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98 «Circolare esplicativa<br />

sulla compilazione dei registri di carico e scarico dei rifiuti e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati individuati<br />

rispettivamente dal D.M. 1° aprile 1998, n. 145 e dal D.M. 1° aprile 1998, n. 148».<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


fiuto, il quale dovrà anche dichiarare<br />

che i colli contenenti i rifiuti sono<br />

imballati in idonei recipienti metallici<br />

della capacità massima di 400 kg e<br />

contrassegnati con la dicitura “Rifiuti<br />

non pericolosi”;<br />

- dal «documento di movimentazione<br />

rifiuti» redatto come per i rifiuti<br />

pericolosi.<br />

È opportuno notare che per i rifiuti<br />

non pericolosi l’obbligo dell’imballaggio<br />

in «idonei recipienti<br />

metallici» disposto dall’art. 7, comma<br />

2, D.Lgs. n. 459/1991, risulta, a<br />

volte, più oneroso degli imballaggi<br />

previsti dal Codice IMDG per rifiuti<br />

simili, ma classificati pericolosi; è il<br />

caso, per esempio, di un rifiuto classificato<br />

«Materia inquinante per<br />

l’ambiente solida, NAS, Classe 9,<br />

Un 3077, Pg III, inquinante marino»,<br />

che può essere trasportato nei<br />

meno onerosi GIR, comunemente<br />

detti “sacconi di plastica”, o ancora<br />

più convenientemente in contenitori<br />

alla rinfusa, soluzioni queste certamente<br />

meno onerose dell’imballaggio<br />

in recipienti metallici.<br />

D’altra parte, la disposizione 909<br />

del Codice IMDG, che estende questa<br />

classificazione anche ai «rifiuti non<br />

altrimenti soggetti alla disposizione»<br />

del Codice (di fatto, i rifiuti non pericolosi),<br />

non può trovare applicazione<br />

in Italia, dove esiste una regolamentazione<br />

specifica per il trasporto dei rifiuti<br />

non pericolosi, (l’art. 7, comma<br />

2, D.Lgs. n. 459/1991), né può valere<br />

la vetustà di questa norma a favore<br />

della applicazione del Codice, poiché<br />

lo stesso D.Lgs. n. 134/2005, che con<br />

l’art. 3, comma 1, dispone l’applicazione<br />

del Codice IMDG, con il successivo<br />

art. 36 comma 1, punto s),<br />

rivede il dettato del D.Lgs. n. 459/<br />

1991 abrogando diversi articoli, ma<br />

lasciando valido l’art. 7, comma 2.<br />

Pertanto, qualora vi siano le con-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

AMBIENTE<br />

dizioni, potrà essere conveniente<br />

classificare “pericoloso” ai fini del<br />

trasporto marittimo un rifiuto altrimenti<br />

“inquadrato” dalle normative<br />

ambientali; ciò è possibile poiché le<br />

due normative di classificazione sono<br />

diverse. Sarà, pertanto, cura del<br />

professionista chimico che effettua la<br />

classificazione gestire al meglio queste<br />

problematiche.<br />

Rilascio autorizzazioni<br />

Il rilascio delle autorizzazioni all’imbarco<br />

e alla movimentazione dei<br />

rifiuti in ambito portuale è a cura della<br />

Autorità Marittima e Portuale e<br />

viene concesso secondo il combinato<br />

disposto delle seguenti normative:<br />

l l’art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 459/<br />

1991 che dispone «il Capo del Compartimento<br />

Marittimo (…) sentito<br />

eventualmente il chimico di porto appone<br />

in calce ad un esemplare della<br />

dichiarazione l’autorizzazione all’imbarco<br />

stabilendone le modalità a<br />

seconda delle condizioni locali e delle<br />

circostanze speciali»;<br />

l l’art. 208, comma 14, D.Lgs. n.<br />

152/2006 che demanda alla Autorità<br />

Portuale «il controllo e l’autorizzazione<br />

alle operazioni di carico, scarico,<br />

trasbordo, maneggio dei rifiuti in<br />

aree portuali»;<br />

l l’art. 21, D.Lgs. n. 272/1999 che<br />

dispone: «Il datore di lavoro, in base<br />

alle prescrizioni contenute nell’autorizzazione<br />

d’imbarco o nel nulla-osta<br />

allo sbarco rilasciata dall’Autorità<br />

marittima, deve informare i lavoratori<br />

incaricati della esecuzione delle<br />

operazioni portuali sulla natura pericolosa<br />

delle merci, impartendo istruzioni<br />

in ordine alle modalità delle<br />

operazioni, agli attrezzi da usare ed<br />

alle cautele da adottare per la loro<br />

manipolazione»;<br />

l l’art 81, Codice della Navigazio-<br />

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RIFIUTI<br />

Articolo<br />

ne [10] , che dispone: «il Comandante<br />

del porto provvede per tutto quanto<br />

concerne in genere la sicurezza e la<br />

polizia del porto».<br />

Ne consegue che entrambe le Autorità<br />

Marittima e Portuale sono responsabili<br />

delle operazioni di imbarco<br />

e di movimentazione dei rifiuti in<br />

ambito portuale; tuttavia, è da sottolineare<br />

il ruolo incisivo della Autorità<br />

Marittima a cui l’art. 21, D.Lgs. n.<br />

272/1999 demanda esplicitamente di<br />

dettare le prescrizioni di sicurezza da<br />

adottare non solo nelle fasi di imbarco,<br />

ma anche durante le altre operazioni<br />

portuali, quali la movimentazione<br />

e il deposito dei rifiuti e ciò in<br />

linea con il disposto dell’art. 81, Codice<br />

della Navigazione, che demanda<br />

proprio a questa Autorità le competenze<br />

di sicurezza e di polizia nell’ambito<br />

portuale.<br />

In questi compiti, le Autorità potranno<br />

essere affiancate dai professionisti<br />

che svolgono l’attività di<br />

chimico del porto quali ingegneri<br />

chimici, chimici industriali e chimici,<br />

che devono operare, pena la nullità<br />

delle certificazioni emesse, ciascuno<br />

nel rigoroso rispetto delle<br />

proprie competenze professionali.<br />

Quando le competenze richieste<br />

consistono nella effettuazione di<br />

analisi chimiche e nella certificazione<br />

dei risultati analitici ottenuti, come<br />

per esempio, nel caso già discusso<br />

dell’analisi e della classificazione<br />

dei rifiuti, le competenze professionali<br />

sono attribuite dalla vigente<br />

normativa sulle professioni [11]<br />

ai chimici; quando, come nel caso<br />

ora in discussione, le attività richieste<br />

consistono nella definizione delle<br />

procedure e delle prescrizioni di<br />

sicurezza da adottare nelle operazioni<br />

di movimentazione di prodotti<br />

chimici, quali i rifiuti, le competenze<br />

professionali sono attribuite dalla<br />

vigente legislazione [12] e giurisprudenza<br />

[13] agli ingegneri chimici e ai<br />

[10] R.D. 30 marzo 1942, n. 327 e succ. modd. e intt.<br />

[11] Regio decreto 1° marzo 1928, n. 842 «Regolamento per l’esercizio della professione di chimico».<br />

[12] Regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 «Regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto» (in Gazzetta Ufficiale del 15<br />

febbraio 1926, n. 37).<br />

[13] Sentenza del TAR Lazio 19 gennaio 1995, n. 360.<br />

109


RIFIUTI<br />

Articolo<br />

chimici industriali; saranno, pertanto,<br />

questi professionisti a indicare,<br />

in relazione alle esigenze locali e<br />

specifiche, le precauzioni di sicurezza<br />

da osservare durante le operazioni<br />

di imbarco, sbarco, trasbordo<br />

e deposito dei rifiuti in ambito portuale.<br />

Nel definire le procedure,<br />

questi professionisti devono tenere<br />

bene in conto lo “spirito” della vecchia<br />

e della nuova normativa ambientale,<br />

che, in ogni fase della movimentazione<br />

del rifiuto, impongono<br />

di designare un responsabile delle<br />

operazioni facilmente individuabile<br />

anche dopo che sia stato completato<br />

il ciclo del rifiuto con il suo<br />

definitivo smaltimento; ciò rappresenta<br />

un arduo compito poiché l’attuale<br />

legislazione non individua<br />

esplicitamente precise figure istituzionali<br />

responsabili delle movimentazioni<br />

in ambito portuale; sarà,<br />

pertanto, cura di questi due professionisti,<br />

che assumono in questo<br />

contesto un ruolo significativo, in-<br />

110<br />

AMBIENTE<br />

dicare le procedure in modo che in<br />

tutte le fasi operative sia individuato<br />

e individuabile anche nel futuro<br />

un responsabile delle operazioni.<br />

L’Autorità Marittima e l’Autorità<br />

Portuale, acquisiti dal chimico industriale<br />

o dall’ingegnere chimico i certificati<br />

di perizia con le relative indicazioni<br />

delle precauzioni di sicurezza<br />

da adottare durante le operazioni, autorizzano,<br />

ciascuna nell’ambito delle<br />

proprie competenze istituzionali, le<br />

operazioni di movimentazione e di<br />

trasporto dei rifiuti.<br />

Conclusioni<br />

L’analisi delle vecchie e nuove<br />

normative ambientali messe in relazione<br />

con le normative nazionali<br />

e internazionali che regolano il trasporto<br />

marittimo dei rifiuti fa concludere<br />

che, fino all’emanazione<br />

delle specifiche norme previste<br />

dall’art. 265, comma 2, decreto legislativo<br />

3 aprile 2006, n. 152, il<br />

trasporto dei rifiuti via mare può<br />

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essere effettuato assimilando queste<br />

sostanze alle merci; vanno, pertanto,<br />

integrate le norme relative al<br />

trasporto dei rifiuti con le norme<br />

relative al trasporto delle merci ed<br />

effettuate valutazioni legate, oltre<br />

che alle caratteristiche dei rifiuti,<br />

anche alla sicurezza delle operazioni<br />

di imbarco, sbarco, trasbordo<br />

e permanenza di queste sostanze in<br />

ambito portuale. Le valutazioni<br />

vanno, comunque, effettuate in linea<br />

con il D.Lgs. n. 152/2006 che,<br />

in ogni fase della movimentazione,<br />

impone di conoscere un responsabile<br />

che sia facilmente individuabile<br />

anche dopo il completamento<br />

del ciclo dei rifiuti con il definitivo<br />

smaltimento. Queste situazioni<br />

rendono più oneroso il ruolo delle<br />

Autorità Marittime e Portuali coinvolte<br />

quando devono stabilire le<br />

condizioni di sicurezza da adottare<br />

per la movimentazione ed il trasporto<br />

anche in relazione alle esigenze<br />

locali del porto. l<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


AMBIENTE<br />

TUTELA AMBIENTALE<br />

Articolo<br />

Particolarmente articolata la procedura di rilascio emanata dal Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />

Inquinamento marino da idrocarburi:<br />

requisiti e autorizzazioni per i prodotti<br />

diPietroVerna, CapitanodiVascello,ComandantedellaCapitaneriadiportodiTrapani<br />

L’inquinamentomarinocausato<br />

daidrocarburièunfenomeno<br />

moltocomplessocherichiede<br />

un’adeguatarispostaapartire<br />

dalcorrettoutilizzodeiprodotti<br />

presentisulmercato,nonacaso<br />

soggettiadappositaprocedura<br />

dirilasciodettatadaldecreto<br />

direttorialedelMinistero<br />

dell’<strong>Ambiente</strong>edellaTutela<br />

delterritorioedelmare<br />

23dicembre2002.<br />

Questaprocedura,<br />

particolarmentearticolata,<br />

prevede,traglialtri,testcon<br />

metodidiprovastandardizzati<br />

relativiall’efficacia,<br />

allastabilità,allatossicità<br />

(acutaecronica),<br />

allabiodegradabilità<br />

eall’entitàdibioaccumulo.<br />

Iprodottigeneralmente<br />

sidividonoindisperdenti<br />

eassorbenti.<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

Irequisitideiprodotti<br />

L’inquinamento marino causato<br />

da idrocarburi può essere fronteggiato<br />

con l’impiego di unità dedicate (si<br />

veda il box), pompe da aspirazione<br />

on-board, galleggianti ovvero con<br />

prodotti assorbenti o disperdenti, come:<br />

l panne galleggianti (di varie dimensioni<br />

e foggia) che riescono a<br />

contenere, dirigere o concentrare il<br />

petrolio sversato e che ben si prestano<br />

a delimitare spandimenti di greggio<br />

o di altri combustibili in aree ristrette;<br />

l materiali in grado di rimuovere il<br />

petrolio per assorbimento (intrappolandolo<br />

nei pori) o per absorbimento<br />

(per adesione superficiale) [1] .<br />

In ogni caso, qualsiasi prodotto<br />

(disperdente o assorbente) che si intenda<br />

impiegare deve essere riconosciuto<br />

idoneo dal Ministero dell’<strong>Ambiente</strong><br />

e della Tutela del territorio e<br />

del mare, ai sensi del decreto direttoriale<br />

23 dicembre 2002 [2] .<br />

Laproceduraperilrilascio<br />

La procedura per il rilascio del<br />

provvedimento è complessa. Le società<br />

che intendono immettere in<br />

commercio prodotti disperdenti ed<br />

assorbenti devono presentare istanza<br />

di riconoscimento di idoneità, corredata<br />

della documentazione tecnica<br />

prevista negli Allegati I e II del decreto<br />

direttoriale su indicato, che deve<br />

provenire da laboratori autorizzati<br />

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operanti secondo la norma UNI CEI<br />

EN ISO/IEC 17025 e accreditati da<br />

organismi conformi alla norma UNI<br />

CEI EN 45003 e che - precisa il decreto<br />

- una volta pervenuta al Ministero,<br />

deve essere sottoposta al vaglio<br />

dell’Istituto centrale di ricerca applicata<br />

al mare e dell’Istituto superiore<br />

di sanità, al fine di acquisire i rispettivi<br />

pareri.<br />

Ladichiarazione<br />

ministerialediidoneità<br />

Scopo della dichiarazione ministeriale<br />

di idoneità è assicurare che<br />

i prodotti disinquinanti siano compatibili<br />

con l’ecosistema marino.<br />

Infatti, il provvedimento in questione<br />

è subordinato non solo al<br />

placet e alle prescrizioni dei suddetti<br />

istituti di ricerca, ma anche al<br />

superamento di specifici test ai<br />

quali devono essere obbligatoriamente<br />

sottoposti.<br />

Nell’ordine, i laboratori accreditati,<br />

dopo aver individuato le proprietà<br />

(stato fisico, punto di infiammabilità,<br />

densità, viscosità e punto di intorbidimento)<br />

dei prodotti, testano gli<br />

stessi con metodi di prova standardizzati,<br />

allo scopo di determinare:<br />

l per i disperdenti: l’efficacia, la<br />

stabilità, la tossicità (acuta e cronica),<br />

la biodegradabilità e l’entità di bioaccumulo;<br />

l per gli assorbenti: l’efficacia, la<br />

stabilità e la tossicità.<br />

Ad esempio, i disperdenti devono<br />

[1] Per un’approfondita analisi su questi prodotti e sulle relative modalità d’uso si veda l’articolo di L. Trinci a pag. 21 del n. 5/2007 di<br />

Tecnologie&Soluzioni.<br />

[2] «Definizione delle procedure per il riconoscimento di idoneità dei prodotti disperdenti ed assorbenti da impiegare in mare per la<br />

bonifica dalla contaminazione da idrocarburi petroliferi» (in Gazzetta Ufficiale 12 febbraio 2003, n. 35).<br />

111


TUTELA AMBIENTALE<br />

Articolo<br />

AMBIENTE<br />

Leunitàdedicateall’attivitàdidisinquinamento<br />

Dal1999ilMinisterodell’<strong>Ambiente</strong>edellaTuteladelterritorioedelmare,inottemperanzaalleconvenzioni<br />

internazionali in materia di lotta agli inquinamenti marini da idrocarburi e da sostanze tossico­nocive, ha<br />

elaboratoun«Manualedelleprocedureoperativeinmateriaditutelaedifesadell’ambientemarinoeper<br />

gli interventi di emergenza in mare» e attivato un servizio finalizzato alla prevenzione e alla lotta agli<br />

inquinamentimarini,mediantel’impiegodiunitànavalispecializzate.Laflottadedicatasicomponediunità<br />

dialtura,unitàlitoranee/alturiereediunitàcostiere,quest’ultimedislocateinprossimitàdelleareemarine<br />

protetteoinquellediparticolarepregionaturalistico.<br />

Lecaratteristicheeledotazionidibordosonoleseguenti:<br />

l unitàalturiere*:<br />

­ lunghezzafuorituttochevariada43a64metri;<br />

­ capacitàdistoccaggiodegliidrocarburirecuperatidi200metricubi;<br />

­ velocità12nodi;<br />

­ 400metridipanned’altura,200metridipannecostiereeimpiantieattrezzispecificiperlaraccoltadegli<br />

idrocarburiinmare;<br />

l unitàlitoranee/alturiere:<br />

­ lunghezzafuorituttochevariada30a36metri;<br />

­ velocitàdi10nodi;<br />

­ capacitàdistoccaggiodegliidrocarburirecuperatida40a200metricubi;<br />

­ 200metridipanned’alturae200metridipannecostiere;<br />

­ dotazionidibordoequivalentiaquellidellaclassesuperiore;<br />

l unitàcostiere:<br />

­ lunghezzafuorituttochevariada10,80a22,00metri;<br />

­ velocitàdi8nodi;<br />

­ capacitàdistoccaggiodegliidrocarburirecuperatida10a16metricubi;<br />

­ 100metridipannecostiere;sonoparticolarmenteindicatiperlaraccoltadirifiutisolidieliquidiinquinanti<br />

apochissimadistanzadallacosta.<br />

*Questeunitàpossonoanchesvolgereattivitàdidisincaglioorimorchioafavoredinaviindifficoltà,alfinediprevenire<br />

inquinamenti.<br />

avere la capacità di emulsionare almeno<br />

il 60% del prodotto disperso e<br />

un punto di infiammabilità superiore<br />

a 55 gradi centigradi; gli assorbenti, a<br />

loro volta, devono essere ininfiammabili<br />

e garantire una rimozione del<br />

petrolio assorbito sulle particelle almeno<br />

del 60%.<br />

Particolarmente rilevante è il test<br />

di tossicità, che, ad es. sugli assorbenti,<br />

è finalizzato ad accertare che<br />

non vengano rilasciati nell’acqua di<br />

mare composti in grado esercitare<br />

un’azione tossica su organismi marini<br />

(il test avviene su un crostaceo<br />

della specie Mysidopsis bahia). La<br />

tossicità dei disperdenti è, invece, valutata<br />

attraverso la determinazione<br />

degli effetti di questi prodotti su specie<br />

marine a breve (test di tossicità<br />

acuta) e medio termine (test di tossicità<br />

cronica); in dettaglio:<br />

112<br />

l i primi sono effettuati su alghe,<br />

crostacei e pesci (le classi di tossicità<br />

sono: non tossico, praticamente non<br />

tossico; leggermente tossico; moderatamente<br />

tossico; tossico; molto tossico;<br />

estremamente tossico);<br />

l i test di tossicità cronica sono<br />

effettuati soltanto su crostacei e<br />

pesci (le classi di tossicità sono:<br />

irrilevante; bassa; moderata; alta;<br />

molto alta).<br />

Prodottidisperdenti<br />

eassorbenti<br />

I disperdenti sono composti caratterizzati<br />

dalla presenza di agenti<br />

tensio-attivi che tendono a ridurre la<br />

tensione superficiale tra gli idrocarburi<br />

e l’acqua del mare, sicché sortiscono<br />

l’effetto di scomporre la macchia<br />

oleosa in piccolissime gocce (dispersione)<br />

che, a loro volta, si disper-<br />

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dono rapidamente nella massa d’acqua<br />

(biodegradazione). Si suddividono<br />

in:<br />

l convenzionali: costituiti da solventi<br />

e da un miscuglio di emulsificanti,<br />

possono essere utilizzati allo<br />

stato puro, senza essere diluiti;<br />

l concentrati: costituiti da sostanze<br />

più attive rispetto ai disperdenti convenzionali,<br />

assicurano una dispersione<br />

più celere.<br />

In concreto, la dispersione è la<br />

tecnica più rapida ed efficace per<br />

combattere l’inquinamento marino<br />

da idrocarburi, anche se - sottolinea<br />

il «Manuale delle procedure<br />

operative in materia di tutela e<br />

difesa dell’ambiente marino e per<br />

gli interventi di emergenza in mare»<br />

- una scelta di questo tipo va<br />

effettuata con cautela ed è, comunque,<br />

da escludere qualora si abbia-<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

AMBIENTE<br />

Tecnicheperildisinquinamentodellacosta<br />

no fondati elementi che il greggio<br />

disperso causi danni superiori a<br />

quelli che può causare alle risorse<br />

di superficie una macchia non trattata.<br />

In ogni caso, l’eventuale impiego<br />

dei disperdenti in prossimità<br />

del litorale è consigliabile in presenza<br />

di lidi sabbiosi, ghiaiosi e<br />

ciottolosi, dove l’energia del mare<br />

è debole o dove le coste sono rocciose<br />

e protette dal vento (si veda<br />

la tabella 1), mentre è sconsigliabile<br />

nelle zone particolarmente<br />

esposte al mare e al vento, in cui<br />

l’azione dirompente dei disperdenti<br />

contribuisce a rimuovere in gran<br />

parte i danni.<br />

Quanto agli assorbenti, potendo<br />

essere sia naturali (paglia, segatura,<br />

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TUTELA AMBIENTALE<br />

Articolo<br />

TABELLA1<br />

Raccoltameccanica Siutilizzano rastrellimeccanici,palemeccaniche,apripista,ecc.<br />

Questatipologiadiinterventoè,però,menoselettivadiquellamanuale.<br />

Raccoltamanuale Tipologiaapplicabileaognitipodicosta,maparticolarmenteindicataperinquinamentidipiccoledimensioni.Sitrattadiunmetodoselettivo,mamoltodispendiosoecherichiedelunghitempidirecupero.<br />

Interramento Ilprodottononvienerimosso,mainterratoperaccelerarequellocheèilsuonaturaleprocessodidecontaminazione.<br />

Èunmetodochepuòessereapplicatosuspiaggechenonhannoalcunavalenza<br />

turistica.<br />

Incendio Èunsistemapocoutilizzato,inquantoirisultatichesiottengonosonomodesti<br />

eportanoalladistruzionedellafloraedellafaunadellazonacontaminata;inoltre,nonsiriesceaottenerelatotalecombustionedegliidrocarburi,acausadel<br />

raffreddamento dovuto al substrato costiero. Da non sottovalutare, infine,<br />

l’azionedelfumo,cherischiadiallargarel’areainquinata.<br />

Nessuntipodiintervento Applicabilesoloovel’utilizzodialtrisistemipossonoarrecareundannosuperiore<br />

a quello generato dall’inquinamento stesso, deve essere considerato come<br />

ultimarisorsaadisposizione.Inognicaso,ènecessariaun’attivitàdisorveglianzacostantedellazonainquinata,alloscopodiconstatareseiparametrisuiquali<br />

sibasail“nonintervento”rendononecessarial’adozionedialtretecniche.<br />

polvere di pomice) che sintetici<br />

(gommapiuma di poliuretani e polipropilene):<br />

l possono catturare gli idrocarburi<br />

che galleggiano sulla superficie del<br />

mare;<br />

l sono particolarmente efficaci per<br />

i piccoli sversamenti o quando non<br />

è possibile intervenire con altri prodotti.<br />

l<br />

113


LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

AMBIENTE<br />

RASSEGNADILEGISLAZIONE<br />

a cura diMarcoFabrizio, avvocatoinRoma<br />

ITALIA<br />

INQUINAMENTO MARINO<br />

Decretolegislativo<br />

6novembre2007,n.202<br />

«Attuazionedelladirettiva2005/35/CErelativa<br />

all’inquinamento provocato dalle navi e<br />

conseguenti sanzioni» (S.O. n. 228 alla G.U. del 9<br />

novembre 2007, n. 261)<br />

Il decreto ha individuato alcune misure di sicurezza<br />

marittima e di miglioramento della protezione<br />

dell’ambiente marino sotto il profilo dell’inquinamento<br />

causato dalle navi, innovando la disciplina<br />

preesistente in materia (artt. 16, 17 e 20, legge n.<br />

979/1982, ora abrogati) a causa dell’esigenza di<br />

adeguamento alla direttiva 2005/35/CE, a propria<br />

volta attuativa della normativa internazionale vigente<br />

in materia (cosiddetta Convenzione<br />

MARPOL 73/78). Sostanzialmente, risulta reiterato<br />

il divieto di scarico (da navi) di alcune sostanze<br />

inquinanti (già art. 16, legge n. 979/1982), appartenenti<br />

agli Allegati I (idrocarburi) e II (sostanze<br />

liquide nocive trasportate alla rinfusa), Convenzione<br />

MARPOL 73/78, come richiamate nell’Allegato<br />

A alla legge n. 979/1982; divieto applicabile<br />

agli scarichi in mare provenienti dalle navi battenti<br />

qualsiasi bandiera ed effettuati:<br />

• nelle acque interne (compresi i porti);<br />

• nelle acque territoriali (fino a 12 miglia marine<br />

dalla costa, misurate dalla cosiddetta «Linea di<br />

base»);<br />

• negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale<br />

e soggetti al regime di (libero) passaggio<br />

di transito;<br />

• nella zona economica esclusiva (ZEE, piattaforma<br />

marina sfruttabile economicamente da uno<br />

Stato) o altra zona equivalente istituita ai sensi<br />

del diritto internazionale e nazionale;<br />

• in alto mare, oltre 12 miglia marine dalla costa e<br />

non soggetto alla sovranità nazionale di uno Stato<br />

(combinato disposto degli artt. 1 e 3).<br />

Il divieto di scarico, ribadito dall’art. 4, sarà dero­<br />

114<br />

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gabile, peraltro, soltanto in casi conformi alla disciplina<br />

internazionale in materia (Allegato I, norme<br />

15, 34, 4.1 o 4.3, o Allegato II, norme 13, 3.1, 3.3,<br />

Convenzione MARPOL 73/78). Gli artt. 6 e 7 prevedono<br />

la disciplina sui controlli, sia all’interno dei<br />

porti, sia sulle navi in transito nelle acque (in questo<br />

caso, attraverso informazioni che dovranno essere<br />

inviate allo Stato del porto di approdo). Gli<br />

artt. 8 e 9 innovano, a propria volta, la disciplina<br />

sanzionatoria già prevista dall’art. 20, legge n.<br />

979/1982 (abrogato), prevedendo, rispettivamente,<br />

la fattispecie di«inquinamentodoloso» da parte<br />

di un Comandante di nave (battente qualsiasi<br />

bandiera), dei membri dell’equipaggio, del proprietario<br />

e dell’armatore della nave, punito con<br />

l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da€<br />

10.000 a € 50.000 (arresto da uno a tre anni e<br />

ammenda da€10.000 a€80.000, nel caso di danni<br />

permanenti o gravi alla qualità delle acque o alle<br />

specie animali e vegetali), ovvero la fattispecie di<br />

«inquinamento colposo», punito con l’ammenda<br />

da € 10.000 a € 30.000 (arresto da sei mesi a due<br />

anni e ammenda da€10.000 a€30.000, nel caso<br />

di danni permanenti o di particolare gravità nel<br />

senso sopra menzionato). Inoltre, è prevista la pena<br />

accessoria della sospensione del titolo professionale<br />

par la durata non inferiore a un anno (art.<br />

10), nonché l’inibizione dell’attracco a un porto<br />

italiano per non meno di un anno (art. 11).<br />

GASOLIO PER USO MARITTIMO<br />

Decretolegislativo<br />

6novembre2007,n.205<br />

«Attuazione della direttiva 2005/33/CE che<br />

modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione<br />

altenoredizolfodeicombustibiliperusomarittimo»<br />

(S.O. n. 228 alla G.U. del 9 novembre 2007, n.<br />

261)<br />

Il decreto ha modificato la disciplina contenuta<br />

nel cosiddetto Testo unico ambientale (D.Lgs. n.<br />

152/2006) in materia di specifiche dei combustibili<br />

utilizzabili, introducendo le nuove caratteristiche<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


tecniche sui combustibili utilizzabili per uso marittimo,«qualsiasicombustibileperusomarittimolacuiviscositàodensitàrientraneilimitidiviscosità<br />

o di densità stabiliti per le qualità “DMB” e<br />

“DMC” dalla tabella 1 della norma ISO 8217, ad<br />

eccezione di quello utilizzato su fumi, canali, laghielagune».<br />

PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE<br />

DI PRODOTTI ENERGIVORI<br />

Decretolegislativo<br />

6novembre2007,n.201<br />

«Attuazionedelladirettiva2005/32/CErelativa<br />

all’istituzione di un quadro per l’elaborazione<br />

di specifiche per la progettazione ecocompatibile<br />

di prodotti che consumano energia»<br />

(S.O. n. 228 alla G.U. del 9 novembre 2007, n. 26)<br />

Si tratta della normativa italiana attuativa della<br />

direttiva 2005/32/CE recante un quadro per l’immissione<br />

sul mercato, la messa in servizio e la<br />

libera circolazione dei prodotti che consumano<br />

energia, intendendo per «prodotto che consuma<br />

energia “un prodotto che, dopo l’immissione sul<br />

mercato ovvero la messa in servizio, dipende da<br />

un inputdienergiaperfunzionaresecondol’uso<br />

cuièdestinatoounprodottoperlagenerazione,<br />

il trasferimento e la misurazione di tale energia,<br />

incluselepartichedipendonoda inputdienergia<br />

e che sono destinate ad essere incorporate in un<br />

prodottocheconsumaenergia,immessesulmercatoovveromesseinserviziocomepartiaséstanti<br />

per gli utilizzatori finali, e le cui prestazioni<br />

ambientali possono essere valutate in maniera<br />

indipendente» (art. 2, comma 1, lettera a). Sostanzialmente,<br />

la nuova disciplina si basa sulla<br />

possibilità di immettere sul mercato, ovvero di<br />

mettere in servizio, prodotti consumanti energia<br />

oggetto delle misure attuative della direttiva<br />

2005/32/CE (cosiddette “misure di esecuzione”)<br />

solo qualora i prodotti medesimi risultino conformi<br />

a queste misure, ovvero solo se conformi ai<br />

provvedimenti attuativi in tal senso (art. 3, comma<br />

1). In ogni caso, questi prodotti dovranno essere<br />

provvisti della marcatura CE apposta ai sensi<br />

dell’art. 9. Inoltre, in caso di importazione di questi<br />

prodotti e di mancata residenza nel territorio<br />

comunitario del fabbricante, spetteranno all’importatore<br />

sia l’obbligo di garantire la conformità<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

AMBIENTE<br />

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LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

del prodotto alla disciplina, sia quello di ottenere<br />

la dichiarazione di conformità e la documentazione<br />

tecnica relativa alla valutazione di conformità<br />

eseguita e alle dichiarazioni emesse (art. 8).<br />

Prima di immettere sul mercato ovvero di messa<br />

in servizio di un prodotto oggetto di misure di<br />

esecuzione, è previsto, inoltre, a carico del fabbricante<br />

(o suo mandatario) o dell’importatore , la<br />

verifica della conformità del prodotto a tutte le<br />

pertinenti prescrizioni della misura di esecuzione<br />

applicabile, verifica eseguibile attraverso il controllo<br />

della progettazione interno, ovvero attraverso<br />

un «Sistemadigestionedivalutazionedelle<br />

conformità», rispettivamente, agli Allegati IV o V<br />

al decreto (art. 11, comma 1). È opportuno considerare<br />

come, nel secondo caso, il sistema di gestione<br />

dovrà basarsi, sostanzialmente, su un «Sistema<br />

di gestione degli elementi ambientali»,<br />

comprensivo della politica delle prestazioni ambientali<br />

del prodotto, degli elementi di attuazione<br />

e della documentazione identificati nonché<br />

delle azioni di controllo e correttive (punto 3,<br />

Allegato V). Al riguardo, è prevista anche una<br />

presunzione di osservanza dell’Allegato IV, nel caso<br />

in cui il prodotto risulti progettato da una<br />

organizzazione che aderisce al regolamento (CE)<br />

n. 761/2001 (EMAS) e la funzione di progettazione<br />

risulti inclusa nell’ambito della registrazione<br />

(art. 11, comma 2).<br />

La nuova disciplina considera con attenzione, infine,<br />

il ruolo che i consumatori possono avere in<br />

una politica premiante per questa tipologia di<br />

prodotti, prevedendo a loro favore un obbligo di<br />

informazione, da parte del fabbricante, sia sul<br />

ruolo dei consumatori in materia di uso sostenibile<br />

del prodotto, sia relativamente al profilo ecologico<br />

del prodotto e ai vantaggi dell’ecoprogettazione,<br />

qualora richiesti dalle relative misure di<br />

esecuzione (art. 16).<br />

A carico dei trasgressori sono previste sanzioni<br />

amministrative pecuniarie, in riferimento all’immissione<br />

in commercio o messa in servizio di prodotti<br />

privi della marcatura CE o della dichiarazione<br />

CE, ovvero con marcatura o dichiarazione contraffatta,<br />

nel caso di mancato rispetto del divieto<br />

di commercializzazione, nel caso di mancato rispetto<br />

dell’eventuale divieto di immissione sul<br />

mercato/messa in servizio, per la mancata conservazione<br />

decennale della documentazione del caso<br />

(art. 18). l<br />

115


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AMBIENTE<br />

RASSEGNADIGIURISPRUDENZA<br />

acuradiAlessandroJazzetti, magistrato<br />

SCARTI DI LAVORAZIONE<br />

E INSALUBRITÀ DERIVATA DELL’AREA<br />

Cassazionepenale,sez.III,<br />

17ottobre2007,n.38272,<br />

Pres.E.Lupo,Rel.A.Teresi<br />

Rifiuti - Pluralità di reati - Scarti di lavorazione<br />

e insalubrità derivata dell’area -<br />

Scarico non occasionale di acque reflue in<br />

un canale pubblico - Deposito non temporaneo<br />

di rifiuti<br />

1) Il destinatario della normativa ambientalistica<br />

è il legale rappresentante dell’ente imprenditore,<br />

quale persona fisica attraverso la<br />

quale la persona giuridica agisce nel campo<br />

delle relazioni intersoggettive. Tale compito<br />

discende dalla legge e non richiede espresso<br />

conferimento e comporta responsabilità penale<br />

perché il legale rappresentante, anche se<br />

non svolge mansioni tecniche, è pur sempre<br />

preposto alla gestione della società. Il predetto<br />

può trasferire ad altri soggetti tecnicamente<br />

preparati i compiti a lui demandati in base<br />

ad attribuzioni effettivamente delegate e volontariamente<br />

assunte e, in difetto di conferimento<br />

di valida delega, non può esimersi da<br />

responsabilità adducendo incompetenza tecnica<br />

oppure la lontananza del cantiere di lavoro<br />

dalla sede della società perché tali condizioni<br />

gli impongono di astenersi dall’assumere<br />

incarichi dirigenziali oppure di conferire in<br />

modoformaleaespertil’osservanzadellesuddette<br />

norme.<br />

2) Nell’ipotesi in cui i reflui non autorizzati<br />

confluiscano, tramite la predisposta tubazioneinPVC,innotevoliquantitativineltorrente<br />

pubblico, deve escludersi il carattere occasionale<br />

dello scarico e va affermata la configurabilità<br />

del reato di scarico non autorizzato che<br />

non impone la presenza di una tubazione che<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

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GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

recapiti lo scarico, essendo sufficiente una<br />

condotta, cioè un qualsiasi sistema con il quale<br />

si consente il passaggio o il deflusso delle<br />

acque reflue.<br />

Nota<br />

1) Massima conforme al costante insegnamento<br />

della Suprema Corte, affermato soprattutto<br />

in materia di prevenzione infortuni sul lavoro;<br />

in particolare, con la sentenza n. 28358/<br />

2006,laCassazionehastabilitoilprincipioche<br />

se datore di lavoro è una persona giuridica,<br />

destinatariodellenormeèillegalerappresentante<br />

dell’ente imprenditore, quale persona<br />

fisica attraverso la quale il soggetto collettivo<br />

agisce nel campo delle relazioni intersoggettive,<br />

così che la sua responsabilità penale, in<br />

assenza di valida delega, sia indipendente<br />

dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche,<br />

attesa la sua qualità di preposto alla gestione<br />

societaria. Quanto ai requisiti della delega,<br />

la Suprema Corte (sentenza 13 marzo<br />

2003, n. 22931), con specifico riferimento alla<br />

normativa ambientale ha affermato che, in<br />

temadiresponsabilitàpenaleall’internodiun<br />

entecollettivo,ladelegadifunzionideveavere<br />

forma espressa e contenuto chiaro, deve<br />

garantire al delegato autonomia gestionale e<br />

capacità di spesa e deve essere attribuita a<br />

persona professionalmente idonea, mentre<br />

non è richiesta la forma scritta né requisiti<br />

dimensionali dell’impresa tali da imporre il<br />

decentramento delle mansioni. Sul requisito<br />

della forma, va segnalato come la giurisprudenza<br />

più recente (sentenza 6 giugno 2007, n.<br />

32014) ha affermato che la delega può anche<br />

essere conferita oralmente dal titolare dell’impresa,<br />

non essendo richiesta per la sua validità<br />

la forma scritta né ”ad substantiam” né<br />

”ad probationem”, posto che l’efficacia devolutiva<br />

dell’atto di delega è subordinata all’esi­<br />

117


GIURISPRUDENZA<br />

Massime<br />

stenza di un atto traslativo delle funzioni delegate<br />

connotato unicamente dal requisito<br />

della certezza che prescinde dalla forma impiegata,<br />

salvo che per il settore pubblico in<br />

cui è invece richiesto l’atto scritto di delega.<br />

2) La giurisprudenza della Suprema Corte ha<br />

puntualizzatolanozionediscaricoqualedefinita<br />

dal D.Lgs. n. 152/1999, con particolare<br />

riferimento al confine tra la disciplina sulle<br />

acque e quella sui rifiuti. A questo riguardo è<br />

necessario, perché si possa parlare di scarico<br />

non autorizzato di acque reflue, che lo stesso<br />

avvenga tramite una condotta, o un sistema<br />

di convogliabilità, senza che sia necessaria la<br />

presenza di una tubazione (sentenza 4 febbraio<br />

2003, n. 12005).<br />

118<br />

DEPOSITO INCONTROLLATO DI RIFIUTI<br />

E MODIFICAZIONE DEL TERRITORIO<br />

Cassazionepenale,sez.III,<br />

18ottobre2007,n.38495,<br />

Pres.E.Lupo.<br />

Rifiuti - Non pericolosi - Deposito incontrollato-Areaassoggettataavincoloambientale<br />

- Integrazione del reato ambientale - Modificazione<br />

del territorio senza necessaria<br />

autorizzazione<br />

Per raggiungere il risultato di un equilibrato<br />

sviluppo degli interventi su territori vincolati,<br />

l’articolo 163, decreto legislativo n. 490/1999<br />

(ora articolo 181, decreto legislativo 22 gennaio<br />

2004, n. 42) stabilisce che le modifiche su<br />

di essi si svolgano secondo linee preordinate<br />

dall’autorità amministrativa; il reato si realizza<br />

con l’impedimento del preventivo controlloche,secondolacomuneesperienza,ponein<br />

pericolo il paesaggio che è il bene giuridico<br />

tutelato in via mediata. Di conseguenza, integra<br />

la fattispecie di reato ogni modifica del<br />

territorio posta in essere senza la necessaria<br />

autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela<br />

del vincolo, dovendosi, pertanto, escludersi<br />

che solo con la costruzione di opere edilizie<br />

possa perfezionarsi l’illecito de quo. Il<br />

AMBIENTE<br />

www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com<br />

reato si configura con ogni intervento idoneo<br />

ad incidere, modificandolo, sull’originario assetto<br />

del territorio vincolato e, quindi, anche<br />

con la realizzazione di un deposito incontrollato<br />

di rifiuti.<br />

Nota<br />

Massima conforme all’insegnamento della Suprema<br />

Corte sul punto. Invero, in tema di tutela<br />

delle zone paesistiche, configura il reato<br />

di cui all’art. 163, decreto legislativo 29 ottobre<br />

1999 n. 490, ora sostituito dall’art. 181,<br />

decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (cosiddetto<br />

“codice Urbani”), ogni modificazione<br />

dell’assetto del territorio, in assenza di autorizzazione,<br />

attuata attraverso qualsiasi opera<br />

nonsoltantoedilizia,madiqualunquegenere<br />

(ad eccezione degli interventi consistenti: nella<br />

manutenzione, ordinaria e straordinaria,<br />

nel consolidamento statico o restauro conservativo,<br />

purché non alterino lo stato dei luoghi<br />

e l’aspetto esteriore degli edifici; nell’esercizio<br />

dell’attività agro­silvo­pastorale, che non<br />

comporti alterazione permanente dello stato<br />

dei luoghi con costruzioni edilizie od altre<br />

opere civili e sempre che si tratti di attività ed<br />

opere che non alterano l’assetto idrogeologico;<br />

nel taglio colturale, forestazione, riforestazione,<br />

opere di bonifica, antincendio e di<br />

conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle<br />

foreste, purché previsti ed autorizzati in base<br />

alle norme vigenti in materia), atteso che, con<br />

le disposizioni in questione, si è inteso assicurare<br />

un’immediata informazione e una preventiva<br />

valutazione da parte della pubblica<br />

amministrazione dell’impatto sul paesaggio<br />

di ogni tipo di intervento intrinsecamente<br />

idoneo a comportare modificazioni ambientali<br />

e paesaggistiche (sentenza 12 febbraio<br />

2004, n. 23980). L’ambito di applicazione della<br />

normativa penale in materia di tutela dei beni<br />

ambientali non è ristretto, infatti, alla esecuzione<br />

di opere edilizie per le quali sia necessario<br />

un titolo abilitativo e ben può rientrare<br />

nella previsione dell’art. 151, D.Lgs. n. 490/<br />

1999 anche lo scarico e il deposito di rifiuti e<br />

di materiali di risulta. l<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23


RASSEGNA DI DELIBERE E LEGGI REGIONALI<br />

OTTOBRE-NOVEMBRE 2007<br />

Sintesi........................................................................................................pag.120


LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

AMBIENTE<br />

RASSEGNADIDELIBEREELEGGIREGIONALI<br />

acuradiAlessandroJazzetti,magistrato<br />

120<br />

OTTOBRE-NOVEMBRE2008<br />

Regione Ambito Estremienota<br />

LOMBARDIA<br />

Sostanze<br />

pericolose<br />

PIEMONTE Acqua<br />

SARDEGNA Acqua<br />

PIEMONTE Aria<br />

PIEMONTE Aria<br />

TRENTINOA-A<br />

Provincia<br />

Autonoma<br />

diTrento<br />

Energia<br />

PUGLIA Rifiuti<br />

TRENTINOA-A<br />

Provincia<br />

Autonoma<br />

diTrento<br />

Sostanze<br />

pericolose<br />

SICUREZZA<br />

Circolare10ottobre2007,n.30<br />

«D.Lgs. n. 52/2007 - Sorgenti radioattive ad alta attività -<br />

Indicazioniapplicative»<br />

(inB.U.Lombardia22ottobre2007,n.43)<br />

AMBIENTE<br />

DeliberaPresidenteGiuntaRegionale29ottobre2007,n.10/R<br />

«Regolamento regionale recante: “Disciplina generale<br />

dell’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e delle<br />

acquereflueeprogrammadiazioneperlezonevulnerabilidanitrati<br />

diorigineagricola(Leggeregionale29dicembre2000,n.61)”»<br />

(inB.U.Piemonte31ottobre2007,n.44)<br />

LeggeRegionale31ottobre2007,n.12<br />

«Norme in materia di progettazione, costruzione, esercizio e<br />

vigilanza degli sbarramenti di ritenuta e dei relativi bacini di<br />

accumulodicompetenzadellaRegioneSardegna»<br />

(inB.U.Sardegna8novembre2007,n.35)<br />

DeterminazioneGiuntaRegionale23ottobre2007,n.40<br />

«D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - Autorizzazioni di carattere<br />

generaleperleemissioniinatmosferaprovenientidaimpianti<br />

diessiccazionedicerealiesemi»<br />

(inS.O.n.3alB.U.Piemonte25ottobre2007,n.43)<br />

DeliberaGiuntaRegionale15ottobre2007,n.40-7099<br />

«ModificadelDisciplinareperl’effettuazionedeicontrollideigasdi<br />

scarico dei veicoli a motore e per il rilascio del Bollino Blu (art. 2,<br />

comma 1, lettera g), della legge regionale 7 aprile 2000, n. 43)<br />

approvato con Delib. G.R. 26 febbraio 2001, n. 8-2311 e già<br />

modificatoconDelib.G.R.5giugno2003,n.30-9526»<br />

(inB.U.Piemonte18ottobre2007,n.42)<br />

DeliberaGiuntaProvinciale22ottobre2007,n.3564<br />

«Modifica dei criteri e approvazione del Testo Unico per la<br />

concessionedicontributiaisensidell'articolo1,comma3della<br />

legge provinciale del 19 febbraio 1993, n. 4 per interventi di<br />

risparmioenergeticoediutilizzodifontirinnovabilidienergia»<br />

(inSupplementon.1alB.U.Trentino-AltoAdige6novembre<br />

2007,n.45)<br />

LeggeRegionale31ottobre2007n.29<br />

«Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non<br />

pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano<br />

nelterritorioregionaleesonodestinatiaimpiantidismaltimentositi<br />

nellaRegionePuglia»<br />

(inB.U.Puglia2novembre2007,n.157)<br />

LeggeProvinciale19ottobre2007,n.18<br />

«Disposizioni transitorie in materia di utilizzo di organismi<br />

geneticamentemodificati(OGM)inagricoltura»<br />

(inB.U.Trentino-AltoAdige30ottobre2007,n.44)<br />

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11 dicembre 2007 ­ N. 23


ABRUZZO<br />

BASILICATA<br />

FRIULI-VENEZIA<br />

GIULIA<br />

LOMBARDIA<br />

PUGLIA<br />

UMBRIA<br />

11 dicembre 2007 ­ N. 23<br />

Tutela<br />

ambientale<br />

Tutela<br />

ambientale<br />

Tutela<br />

ambientale<br />

Tutela<br />

ambientale<br />

Tutela<br />

ambientale<br />

Tutela<br />

ambientale<br />

MARCHE VIA<br />

AMBIENTE<br />

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LEGISLAZIONE<br />

In breve<br />

DeliberaGiuntaRegionale8ottobre2007,n.997<br />

«Delib. G.R. 3 maggio 2006, n. 461 avente per oggetto: D.Lgs. n.<br />

59/2005concernente“AttuazioneintegraledellaDirettiva96/61/CE<br />

relativaallaprevenzioneeriduzioneintegratedell’inquinamento“<br />

Modifica»<br />

(inB.U.Abruzzo24ottobre2007,n.59)<br />

LeggeRegionale22ottobre2007,n.17<br />

«Modifiche ed integrazioni alla L.R. 12 febbraio 1990, n. 3 di<br />

approvazionedeipianiterritorialipaesisticidiareavasta»<br />

(inB.U.Basilicata26ottobre2007,n.50)<br />

DecretoPresidenteRegionale16ottobre2007,n.0329/Pres.<br />

«L.R.n.5/2007,art.10.AdozionePianoterritorialeregionale»<br />

(inS.O.19ottobre2007,n.27alB.U.Friuli-VeneziaGiulia17<br />

ottobre2007,n.42)<br />

DecretoDirettoriale16ottobre2007,n.11931<br />

«Accordo di Programma per lo sviluppo economico e la<br />

competitività del sistema lombardo - Asse 3 Promozione del<br />

territorio e ambiente - Bando di sostegno a tecnologie innovative<br />

perlalogisticasostenibiledellemerciinambitourbanofinalizzate<br />

allaminimizzazionedegliimpattisull’ambiente»<br />

(in S.S. 25 ottobre 2007, n. 2 al B.U. Lombardia 22 ottobre<br />

2007,n.43)<br />

DeliberaGiuntaRegionale15ottobre2007,n.1641<br />

«Delib.G.R.n.1440/2003,Delib.G.R.n.1963/2004,Delib.G.R.n.<br />

1087/2005, Delib. G.R. n. 801/2006, Delib. G.R. n. 1193/2006 e<br />

Delib. G.R. n. 539/2007 - "Legge regionale n. 17/2000 - art. 4 -<br />

Programma regionale per la tutela dell'ambiente“.<br />

Aggiornamento»<br />

(inB.U.Puglia26ottobre2007,n.153)<br />

LeggeRegionale31ottobre2007,n.29<br />

«Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 6<br />

marzo 1998, n. 9 (Norme sulla istituzione e disciplina dell’Agenzia<br />

regionaleperlaprotezionedell’ambienteARPA)»<br />

(inB.U.Umbria7novembre2007,n.48)<br />

LeggeRegionale12ottobre2007,n.11<br />

«Modificaallaleggeregionale14aprile2004,n.7“Disciplinadella<br />

proceduradivalutazionediimpattoambientale”comemodificata<br />

dallaleggeregionale12giugno2007,n.6»<br />

(inB.U.Marche25ottobre2007,n.93)<br />

121


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