La luce dell'amore - Rivista di Psicologia Analitica

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10.06.2013 Views

La luce dell'amore Arturo Schwarz, Milano Introduzione Sin dai tempi più remoti la luce è stata associata ad un essere, una cosa ad esso collegata, un evento, o una emozione di carattere numinoso e trascendente. In quasi tutte le mitologie l'equazione luce-divinità è attestata. La luce è un carattere e un attributo della divinità, quando non è essa stessa divinità. La morfologia della luce varia a seconda dell'essere sovrannaturale che la irradia. Lo splendore fiammeggiante del divino (ad esempio il melammu mesopotamico, Cfr. Cassin 1968) può essere di carattere terrifico, mistico, oppure iniziatico, secondo il quadro mitico-rituale nel quale esso si situa. Altrettanto diffuso è il mitologema che associa la luce alla conoscenza sia essa di ordine metafisico (aurea apprehensio, gnosi, jnana, eccetera), oppure di ordine intellettuale (mitologia dell'intelligenza, dell'ispirazione poetica, della scienza, della saggezza). Anche il mitologema che associa la luce al principio femminile è attestato quasi universalmente e a tutti i livelli culturali. Questa omologazione trae la sua logica dell'identificazione luce-conoscenza. La donna è infatti la depositarla dei misteri della ses- 86

<strong>La</strong> <strong>luce</strong> <strong>dell'amore</strong><br />

Arturo Schwarz, Milano<br />

Introduzione<br />

Sin dai tempi più remoti la <strong>luce</strong> è stata associata ad un<br />

essere, una cosa ad esso collegata, un evento, o una<br />

emozione <strong>di</strong> carattere numinoso e trascendente. In quasi<br />

tutte le mitologie l'equazione <strong>luce</strong>-<strong>di</strong>vinità è attestata. <strong>La</strong><br />

<strong>luce</strong> è un carattere e un attributo della <strong>di</strong>vinità, quando<br />

non è essa stessa <strong>di</strong>vinità. <strong>La</strong> morfologia della <strong>luce</strong> varia<br />

a seconda dell'essere sovrannaturale che la irra<strong>di</strong>a. Lo<br />

splendore fiammeggiante del <strong>di</strong>vino (ad esempio il melammu<br />

mesopotamico, Cfr. Cassin 1968) può essere <strong>di</strong><br />

carattere terrifico, mistico, oppure iniziatico, secondo il<br />

quadro mitico-rituale nel quale esso si situa. Altrettanto<br />

<strong>di</strong>ffuso è il mitologema che associa la <strong>luce</strong> alla<br />

conoscenza sia essa <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne metafisico (aurea<br />

apprehensio, gnosi, jnana, eccetera), oppure <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

intellettuale (mitologia dell'intelligenza, dell'ispirazione<br />

poetica, della scienza, della saggezza). Anche il<br />

mitologema che associa la <strong>luce</strong> al principio femminile è<br />

attestato quasi universalmente e a tutti i livelli culturali.<br />

Questa omologazione trae la sua logica<br />

dell'identificazione <strong>luce</strong>-conoscenza. <strong>La</strong> donna è infatti la<br />

depositarla dei misteri della ses-<br />

86


sualità e <strong>dell'amore</strong>. <strong>La</strong> conoscenza sessuale è la<br />

conoscenza para<strong>di</strong>gmatica, la prima e la più fondamentale<br />

manifestazione della consapevolezza. Capire la<br />

propria natura è la chiave e l'inizio <strong>di</strong> ogni altro tipo <strong>di</strong><br />

conoscenza. Anche quando il principio femminile è<br />

associato alla notte — il che è altrettanto frequente —,<br />

non è all'oscurità della notte ma alla <strong>luce</strong> del cielo stellato<br />

notturno che il femminile è spesso omologato. Così la dea<br />

ve<strong>di</strong>ca della notte, Ratri, è colei che « con la sua <strong>luce</strong><br />

scaccia le tenebre » (RV X, 127: 2).<br />

I tre mitologemi ricordati: <strong>luce</strong>-<strong>di</strong>vinità, <strong>luce</strong>-cono-scenza,<br />

<strong>luce</strong>-donna, implicano e con<strong>di</strong>zionano il quarto: <strong>luce</strong>amore,<br />

che a sua volta, quando associato a questi tre<br />

binomi ne determina le valenze e le <strong>di</strong>mensioni. Così<br />

nello scenario mitico della sequenza <strong>luce</strong>-<strong>di</strong>vinità-amore,<br />

la <strong>di</strong>vinità è associata al mistero della vita e della morte,<br />

all'erotismo, alla fecon<strong>di</strong>tà.<br />

<strong>La</strong> corrispondenza <strong>luce</strong>-principio femminile, quando<br />

completata dal terzo termine, l'amore, ci svela sia la<br />

logica che determina l'associazione donna-sapien-za, sia<br />

la <strong>di</strong>mensione erotica e creatrice, magica e trasformatrice<br />

del femminile.<br />

Quando all'equazione <strong>luce</strong>-conoscenza si somma<br />

l'amore, la conoscenza <strong>di</strong> carattere esoterico acquista<br />

una energia trasformatrice. A livello della <strong>di</strong>vinità essa ha<br />

un carattere cosmogonico, teogonico e biogonico; a livello<br />

umano, questa conoscenza iniziatica è trasmutativa.<br />

L'in<strong>di</strong>viduo subisce una trasformazione inferiore che muta<br />

ra<strong>di</strong>calmente la sua con<strong>di</strong>zione umana e il suo stato<br />

ontologico. Anzi, in alcune correnti religiose (ad esempio<br />

il tantrismo), esoteriche (come l'alchimia), o filosofiche (tra<br />

le altre il surrealismo) il trasformato <strong>di</strong>venta trasformatore.<br />

egli acquista la potenza metamorfica della <strong>luce</strong> stessa.<br />

<strong>La</strong> potenza trasformatrice <strong>dell'amore</strong> che si esprime, ad<br />

esempio, nel tema mitico-rituale del mostro trasformato in<br />

essere <strong>di</strong> meravigliosa bellezza in seguito ad un<br />

amplesso (o a un bacio, suo sostituto simbolico), emerge<br />

già nell'In<strong>di</strong>a ve<strong>di</strong>ca — come ri-<br />

87


corda Coomaraswamy, esso « rappresenta un modello<br />

mitico universale che sottende tutti i matrimoni » (1945:<br />

363) — e ricorre nei romanzi bretoni del Graaf, nella<br />

letteratura vernacolare irlandese, nei racconti delle fate<br />

(<strong>La</strong> Bella e la Bestia, <strong>La</strong> principessa e il rospo), eccetera.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che il fuoco, nell'ambito <strong>di</strong> questi quattro<br />

mitologemi, in quanto produttore della <strong>luce</strong>, è un suo<br />

sinonimo ed è assimilabile alla <strong>luce</strong> stessa. Fuoco e <strong>luce</strong><br />

sono liberamente interscambiabili, ma la sostituzione <strong>di</strong><br />

un termine con l'altro comporta un <strong>di</strong>verso livello <strong>di</strong><br />

numinosità dell'equazione. In questo principio meno<br />

astratto della <strong>luce</strong>, il fuoco determina una maggiore<br />

tangibilità dell'equivalenza: il ' fuoco <strong>dell'amore</strong> ' sottolinea<br />

un coinvolgimento anche erotico, là dove la ' <strong>luce</strong><br />

<strong>dell'amore</strong> ' esprime una trascendenza più spirituale che<br />

fisica. Anche nel caso degli altri due mitologemi (<strong>di</strong>vinità e<br />

conoscenza) l'epiteto fuoco determina una valenza più<br />

prossima all'umano.<br />

Eliade ci ricorda opportunamente che « la rivelazione<br />

della sessualità come trascendenza e mistero [è una]<br />

delle più profonde fonti dell'esperienza religiosa » (1975:<br />

309). A sua volta Jung sottolinea il carattere trascendente<br />

e paradossale <strong>dell'amore</strong>:<br />

« Nei tempi antichi Eros era significativamente considerato<br />

un <strong>di</strong>o la cui <strong>di</strong>vinità trascendeva i limiti umani, e<br />

che pertanto non poteva essere compreso o<br />

rappresentato in alcun modo » (1962: 413).<br />

Jung poi confessa: « Sia nella mia esperienza <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co<br />

che nella mia vita, mi sono ripetutamente trovato <strong>di</strong> fronte<br />

ai mistero <strong>dell'amore</strong>, e non sono mai stato capace <strong>di</strong><br />

spiegare che cosa esso sia... Qui si trovano il massimo e<br />

il minimo, il più remoto e il più vicino, il più alto e il più<br />

basso, e non si può mai parlare <strong>di</strong> uno senza considerare<br />

anche l'altro. Non c'è linguaggio adatto a questo paradosso.<br />

Qualunque cosa si possa <strong>di</strong>re, nessuna parola<br />

potrà mai esprimere tutto... [per l'uomo] l'amore, è la sua<br />

<strong>luce</strong> e le sue tenebre, la cui fine non può riuscire a vedere<br />

» (Ibidem, 413-14).<br />

Le tre con<strong>di</strong>zioni della Divinità, del Principio femmi-<br />

88


nile e della Conoscenza si trovano idealmente al centro <strong>di</strong><br />

un campo i cui due poli sono la Luce-Fuoco e l'Amoreerotismo.<br />

L'azione congiunta dei due poli determinerà le<br />

<strong>di</strong>mensioni mitiche e antropologiche che assumeranno<br />

questi tre termini. Nel tentare un <strong>di</strong>scorso preliminare su<br />

alcuni aspetti <strong>di</strong> una archeologia dei miti <strong>dell'amore</strong><br />

terremo sempre presente l'ammonimento junghiano.<br />

II carattere illuminante e iniziatico <strong>dell'amore</strong> sul quale ci<br />

siamo soffermati altrove (1980: 124-33; 1981:<br />

191-99, 1983: 93-94, 112-14, 124-28; 1984: 64-66, 70-74,<br />

85-87, et passim) è un mitologema pressoché universale<br />

che appare tra i primi nella storia dell'umanità. Le tracce<br />

più antiche della ' domesticazione del fuoco ', che segna il<br />

passaggio dai predecessori zoologici ai Paleantropi,<br />

risalgono al -600.000 e sono state ritrovate in Cina a<br />

Chukut'ien, mentre si hanno le prime testimonianze<br />

dell'associazione fuoco-<strong>luce</strong>/principio femminile, e del<br />

carattere sacrale del binomio donna-' amore ' (nel<br />

significato che questo termine poteva avere in quell'era<br />

remotissima) già 400.000 anni fa con il Sinanthropus. Le<br />

scoperte pa-letnologiche hanno <strong>di</strong>mostrato infatti<br />

l'esistenza <strong>di</strong> un culto del fuoco che è stato all'origine,<br />

nell'Estremo Oriente, <strong>di</strong> molti miti che associano il fuoco a<br />

una Dea Madre o a un'antenata mitica che dona il fuoco<br />

agli umani, oppure più significativamente ancora, il cui<br />

corpo stesso si identifica col fuoco. Eliade, tra gli altri,<br />

aveva già osservato che la maggior parte dei miti<br />

sull'origine del fuoco pone in evidenza l'attività sessuale<br />

(1975: 38 et passim). Del resto anche l'attività lu<strong>di</strong>ca —<br />

che costituisce il tema dominante in numerosi miti<br />

cosmogonici, e in cui il gioco (ad esempio la lila<br />

dell'induismo) è prevalentemente <strong>di</strong> carattere sessuale —<br />

ha origini remotissime. Si è oggi concor<strong>di</strong> nel ritenere che<br />

i primi giochi <strong>di</strong> carattere rituale nascono con il Plesianthropus,<br />

mentre con il Pithecantropus, e cioè 400.000<br />

anni prima dell'era volgare, si sviluppano i primi riti e si<br />

elaborano alcuni dei miti che costituiranno il nucleo <strong>di</strong><br />

molte cosmogonie, teogonie e antropogenie<br />

relativamente moderne (-7500/-300).<br />

89


Kama e Eros.<br />

Naturalmente anche le <strong>di</strong>vinità ' maschili ' (le vir-golette<br />

sono determinate dal fatto che queste <strong>di</strong>vinità sono quasi<br />

sempre androgine ed è la nostra cultura patricentrica che<br />

ci fa privilegiare il loro versante maschile) <strong>dell'amore</strong><br />

evidenziano Io stesso quadro mitico che si può riscontrare<br />

nelle corrispondenti figure femminili. Eros in Occidente e<br />

Kama in Oriente, sono al riguardo le figure più conosciute<br />

e più emblematiche. Proprio per questa loro notorietà<br />

esse sono state oggetto, in particolare la prima, <strong>di</strong><br />

molteplici analisi e sarebbe inutile soffermarci, se non per<br />

ricordare i tratti caratteristici più pertinenti al tema che ci<br />

occupa: il loro ruolo teogonico, cosmogonico, illuminante<br />

e iniziatico associato al sentimento che essi<br />

personificano.<br />

Eros, come il suo omologo — e predecessore — in<strong>di</strong>ano<br />

Kama, è il primogenito, colui che è destinato ad essere<br />

padre-madre <strong>di</strong> tutti gli dei.<br />

<strong>La</strong> Teogonia <strong>di</strong> Esiodo ci ha reso familiare l'idea che Eros,<br />

l'amore, fu il primo nato, colui che si <strong>di</strong>fferenziò<br />

<strong>di</strong>rettamente dal non manifesto, il caos primor<strong>di</strong>ale,<br />

attraverso la donna, Gea-Terra: « In principio, dunque, vi<br />

era Caos soltanto; ma poi nacquero Gea dall'ampio<br />

seno... ed Eros, il bellissimo fra gli dei immortali » (116-<br />

119). Questa primogenitura <strong>di</strong> Eros è sostenuta, tra gli<br />

altri, dallo storico greco Acusilao (-V sec.), e da<br />

Parmenide nel suo mirabile poema Intorno alla natura.<br />

Per il mitico poeta Orfeo, citato da <strong>La</strong>ttanzio, Eros era il<br />

primogenito « per la ragione che nulla prima <strong>di</strong> lui fu<br />

generato, ma tutto fu generato da lui » (<strong>La</strong>ttanzio, Div.<br />

Inst., I, 5).<br />

Anche la letteratura sacra dell'induismo riven<strong>di</strong>ca per<br />

Kama la primogenitura e la superiorità su tutte le altre<br />

<strong>di</strong>vinità. Un inno dell’Atharva Veda lo glorifica in questi<br />

termini: « Kama nacque per primo; nessuno tra gli Dei, tra<br />

i Padri, ne tra gli uomini ha mai potuto eguagliarlo. Tu sei<br />

superiore a costoro, e per sempre grande... Grande,<br />

quanto vasti sono i cieli e la terra... grande quanto le<br />

<strong>di</strong>rezioni [dello spazio]... Sei superiore a tutto quanto<br />

ammicca [vi-<br />

90


(1) Max Müller aveva osservato<br />

che, in particolare nei<br />

Veda, il fedele <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità<br />

la invocava come superiore a<br />

tutte le altre e la glorificava in<br />

termini pressoché identici a<br />

quelli usati per i componenti<br />

principali del pantheon ario.<br />

(Questo atteggiamento<br />

riscontrabile anche nei<br />

Purana, era stato da lui<br />

denominato « enoteismo »).<br />

Così alcuni dei superlativi che<br />

incontriamo in questo passo si<br />

ritrovano negli inni de<strong>di</strong>cati ad<br />

altre <strong>di</strong>vinità. Però la primogenitura<br />

non rientra tra gli<br />

epiteti attribuiti in<strong>di</strong>scriminatamente.<br />

Ne il quadro<br />

complessivo degli attributi e<br />

appellativi che caratterizzano<br />

Kama è riscontrabile per le<br />

altre <strong>di</strong>vinità.<br />

ve], superiore a tutto quanto sta fermo [non vive],<br />

superiore all'oceano tu sei... Certamente non il vento può<br />

eguagliare Kama, ne il fuoco, ne il sole, e non la luna. A<br />

costoro tu sei superiore » [AVM IX, 2: 19-21, 23-24).<br />

Questo suo precedere tutte le altre <strong>di</strong>vinità implica una<br />

preminenza sugli altri protagonisti del pantheon in<strong>di</strong>ano<br />

(1), dove Kama appare, in tutta la sua potenza, piuttosto<br />

tar<strong>di</strong>vamente; ma quando vi appare, gli è attribuito un<br />

ruolo <strong>di</strong> primo piano, consono ai poteri conferitigli.<br />

L'accenno all'onnipotenza <strong>di</strong> Kama è riba<strong>di</strong>to, per Eros, da<br />

Fiatone che, nel Simposio, ne esalta la potenza in questi<br />

termini: « Mi sembra infatti che gli uomini non si rendano<br />

conto per nulla della potenza <strong>dell'amore</strong>, poiché, se<br />

l'avvertissero, certo costruirebbero per lui i più gran<strong>di</strong><br />

templi, ed altari, e gli offrirebbero i sacrifici più gran<strong>di</strong>... È<br />

invero, tra gli dei, il più amico degli uomini, poiché degli<br />

uomini è protettore, e me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> quei mali, la cui guarigione<br />

sarebbe per il genere umano la più grande felicità »<br />

(189 e, d).<br />

Jung aveva riconosciuto in Eros un « kosmogonos,<br />

creatore e padre-madre <strong>di</strong> ogni coscienza » (1962:<br />

413); tale giu<strong>di</strong>zio spetta pienamente anche all'Eros<br />

in<strong>di</strong>ano portatore della consapevolezza e ne abbiamo<br />

un'anticipazione sia nei Veda sia nei Pi/rana. Nella<br />

Bhagavadgita viene attribuito il ruolo <strong>di</strong> agente cosmogonico<br />

al « doppio carnale » <strong>di</strong> Kama, Krsna,<br />

identificato anche al principio vitale nella sua espressione<br />

conoscitiva, sessuale (virilità) e biologica (il <strong>di</strong>venire della<br />

vita): « lo [Krsna] sono l'origine dell'intero universo e<br />

anche la sua <strong>di</strong>ssoluzione. Nulla esiste che sia a Me<br />

superiore, o Conquistatore <strong>di</strong> tesori; tutto ciò è a Me unito<br />

come una collana <strong>di</strong> perle al suo filo. Io sono il sapore<br />

nelle acque, o figlio <strong>di</strong> Kunti, sono la <strong>luce</strong> della luna e del<br />

sole, la sillaba Aum in tutti i Veda, Io sono il suono nell'etere<br />

e la virilità nell'uomo, lo sono il puro profumo della<br />

terra, la risplendente energia del fuoco;<br />

in tutti gli esseri lo sono la vita... Sappi che sono l'origine<br />

del <strong>di</strong>venire » (BG 7: 6-9, 12).<br />

91


II ruolo <strong>di</strong> Kama quale agente cosmogonico nella sua<br />

espressione <strong>di</strong> puro desiderio sessuale, e dunque al <strong>di</strong> qua<br />

<strong>di</strong> ogni suo aspetto trascendente o metafisico, è un tema<br />

frequente nella letteratura sacra: « Tutto è tenuto assieme<br />

da Kama (2) [qui il desiderio]... Kama è più eccellente del<br />

dharma [dovere] e dell'artha [beneficio]... Non può esserci<br />

progresso senza desiderio» [MB XII, 161: 30-33; XIV, 13,<br />

91: 0). «Dopo aver creato il cielo e la terra, Hiranyagarbha<br />

(il nato dal Grembo d'oro) creò la mente, la parola, l'amore<br />

e l'o<strong>di</strong>o, e il piacere sessuale » [US 29: 15). « All'origine<br />

esisteva solo l'at-man, sotto forma <strong>di</strong> Purusa... Egli non<br />

aveva piacere;<br />

perché il piacere non appartiene a chi sta solo. Desiderò<br />

quin<strong>di</strong> un secondo» (BrU I, 4: 1, 3). Il suo ruolo creativo<br />

viene altresì sottolineato, nello Siva Puruna, egli è colui<br />

che « porterà avanti l'eterno compito della creazione... che<br />

continuerà le attività creative che dureranno per sempre<br />

[RSS II, 2: 37, 40). <strong>La</strong> funzione cosmogonica <strong>di</strong> Kama è un<br />

tema che spesso ritorna nella letteratura puranica; anche il<br />

Kalika Purana, ad esempio, riba<strong>di</strong>sce che Kama è colui «<br />

che inizia la creazione », che è il responsabile « della<br />

creazione che durerà sempre » {KP I:<br />

59, 61).<br />

L'associazione <strong>dell'amore</strong> alla conoscenza è un motivo<br />

ricorrente nei vari miti che definiscono la natura <strong>di</strong> queste<br />

due <strong>di</strong>vinità. Fiatone, ancora nel Simposio, ci <strong>di</strong>ce: « In<br />

effetti, la sapienza fa parte senza dubbio <strong>di</strong> ciò che vi è <strong>di</strong><br />

più bello, ed Eros, dal canto suo, è amore a riguardo della<br />

bellezza, cosicché necessariamente Eros sarà amante<br />

della sapienza » (204 b).<br />

Nel Rg Veda, Kama è visto come « germe della mente » e<br />

personificazione della consapevolezza. « Allora non vi era<br />

ne il non-esistente ne l'esistente: non vi era il mondo<br />

dell'aria, ne il cielo oltre esso... Non vi era la morte, ne vi<br />

era immortalità, non vi era segno alcuno [che <strong>di</strong>videsse] il<br />

giorno dalla notte [il Sole]. Quell'Unico senza afflato,<br />

respirava per propria natura: salvo questo non c'era niente<br />

altro affatto. C'era l'oscurità, nascosta nell'oscurità in prin-<br />

92<br />

(2) Non esistono maiuscole in<br />

sanscrito per cui, anche a<br />

livello semantico,<br />

l'identificazione tra una<br />

<strong>di</strong>vinità e il sentimento che<br />

personifica è totale, tanto che<br />

è <strong>di</strong>fficile capire a quale dei<br />

due rimanda il vocabolo.


cipio. Tutto questo [mondo] era acqua ed oceano illimitato...<br />

sorse il Desiderio [Kama] all'inizio che fu il<br />

primo seme della mente [manaso retah] (RV X, 129: 1-4).<br />

L'aspetto <strong>di</strong> Kama quale « germe della mente » viene<br />

riba<strong>di</strong>to nell'Atharva Veda nel suo identificarsi al padre<br />

della conoscenza: « Questa mucca da latte, o Kama, che<br />

i saggi chiamano Vak Viraj [il Verbo-Sovrano], si <strong>di</strong>ce che<br />

sia tua figlia » [Ibidem IX, 2: 5). In alcuni testi tantrici<br />

Kama, in quanto personificazione dell'erotismo, viene<br />

associato alla consapevolezza uranica (rappresentata da<br />

Indra) e all'amore passione-piacere. Esemplare in tal<br />

senso un testo del Varada Tantra che prescrive la recita<br />

del mantra Klim per raggiungere il sapere trascendente<br />

spiegando che « K rappresenta Kama o Krsna che incarna<br />

l'erotismo <strong>di</strong>vino, L è Indra. I è la sod<strong>di</strong>sfazione. <strong>La</strong><br />

nasalizzazione è ciò che causa il piacere e il dolore.<br />

Questi bija-mantra [fonemi costitutivi del Mantra] del<br />

desiderio ti sono in<strong>di</strong>rizzati per amore, o Mahadevi<br />

[Grande Dea] » (citato da Daniélou 1975: 513).<br />

Anche il ruolo iniziatico <strong>di</strong> Kama è spesso sottolineato.<br />

Egli viene chiamato « Precettore del mondo » (Samsara-<br />

Guru); nell'Atharva Veda viene invocato affinché egli gui<strong>di</strong><br />

gli umani « con gentilezza » {AV XIX, 4: 4). Nel suo<br />

commento al <strong>La</strong>lita Sahasranama, Bhaskararaya<br />

puntualizza che Kama è sinonimo <strong>di</strong> intelligenza (Z.S 52,<br />

p. 18). Quest'ultimo aspetto <strong>di</strong> Kama è riba<strong>di</strong>to in una<br />

delle sue genealogie: « dalla mente <strong>di</strong> <strong>La</strong>ksmi [versante<br />

femminile <strong>di</strong> Visnu] nacque Kama dal celeste splendore »<br />

(77? XII: 63, 64). In questo caso è chiamato May i,<br />

Mayasuta o Sri-Nandana.<br />

Il binomio <strong>luce</strong>-»conoscenza si esprime in Kama nella<br />

pulsione conoscitiva implicita nella pulsione sessuale. A<br />

sua volta questa pulsione conoscitiva implica quella<br />

dell'immortalità. Quando Kama si fa portatore della<br />

conoscenza (quella sessuale, come già ricordato, è la<br />

conoscenza archetipica), egli mette in moto l'insieme<br />

consapevolezza->androginia->immortalità. Dove<br />

l'androginia è lo stato della integri-<br />

93


tà e della completezza totalizzante. Se la <strong>di</strong>vinità è tanto<br />

spesso androgina, è perché questa completezza è<br />

sinonimo <strong>di</strong> perfezione, perfezione che implica<br />

l'immortalità.<br />

Questa catena associativa è illustrata dal manifestarsi <strong>di</strong><br />

Kama nella figura <strong>di</strong> Soma Pavamana (Soma è l'elisir<br />

dell'immortalità; Pavamana designa sia la caratteristica<br />

essenziale del Soma che si [auto]pu-rifica, sia l'appellativo<br />

<strong>di</strong> uno degli aspetti <strong>di</strong> Agni, tra<strong>di</strong>zionalmente accomunato<br />

alla consapevolezza solare). In questa sua<br />

manifestazione, Kama incarna l'associazione immortalitàconoscenza;<br />

per questa ragione e in quanto tale, egli<br />

viene così invocato:<br />

« Fammi immortale in quel regno della voglia ardente e<br />

del grande desiderio. <strong>La</strong> regione della Luna raggiante,<br />

dove si trovano cibo e pieno go<strong>di</strong>mento... Fammi<br />

immortale in quel regno della felicità e dell'estasi, dove si<br />

uniscono gioia e felicità, e dove i desideri e le brame sono<br />

appagati » (RV IX, 113: 10-11).<br />

Alcune genealogie sottolineano il rapporto <strong>di</strong> Kama con il<br />

sapere oppure con il potere cosmogonico. Nel Bhagavata<br />

Purana egli è il Pensiero stesso in quanto<br />

Risoluzione/Decisione e nasce da Sankalpa, il Signore del<br />

pensiero (BP VI, 6: 10). Un altro passo dello stesso<br />

Purana lo fa nascere dal cuore <strong>di</strong> Brahma,<br />

personificazione del sapere (III, 12: 26). Anche lo Siva<br />

Purana (RSS II, 2: 23) e Io Skanda Purana (5.2.13: 2-20)<br />

attribuiscono a Brahma la paternità <strong>di</strong> Kama.<br />

Due suoi appellativi: Bhava-Ja e Mano-Ja, confermano<br />

che Kama è originato dalla mente o dal cuore. Mentre la<br />

sua associazione a Brahma ci è rivelata anche dall'epiteto<br />

Kandarpa (colui che infiamma [fa nascere il desiderio]) in<br />

Brahma e in tutti gli esseri. Nel Kalika Purana tornano<br />

queste associazioni ed egli è invocato come Manobhava:<br />

« colui che è nato dalla mente (manas) » (KP II: 5). Prima<br />

ancora si precisa che egli è nato dalla mente <strong>di</strong> Brahma,<br />

(KP I: 42, II: 4), oppure da quella dei veggenti mitici (Rsi)<br />

e per questo è chiamato Manmatha (KP II: 4).<br />

L'apparizione <strong>di</strong> Kama è spesso accompagnata dal<br />

soffiare <strong>di</strong> un vento profumato (LM 44: 44; RSS II, 3: 18;<br />

8: 42, et passim). Ricordando la valenza ini-<br />

94


ziatica del vento in moltissimi miti e tra<strong>di</strong>zioni religiose, in<br />

particolare nell'Induismo dove Vayu, la <strong>di</strong>vinità ve<strong>di</strong>ca che<br />

personifica il vento, è assimilata anche al respiro del<br />

Purusa {RV X, 90: 13), la solidarietà tra Kama e il vento è<br />

significativa. L'omologazione <strong>di</strong> Kama con l'intelletto, il<br />

pensiero, il desiderio creativo e questo sottolineare il suo<br />

aspetto più mentale che corporale, è evidenziato anche<br />

da due dei suoi epiteti: Kusumayudha (armato <strong>di</strong> fiori) e<br />

Ananga (senza corpo).<br />

Quasi tutte le <strong>di</strong>vinità del pantheon in<strong>di</strong>ano annoverano<br />

tra i loro attributi un'arma fisica, offensiva o <strong>di</strong>fensiva;<br />

quella <strong>di</strong> Kama si rivela al contrario puramente<br />

immaginaria. Il suo arco (iksukodanda) è una canna da<br />

zucchero (impossibile a tendersi essendo segmentata;<br />

allusione alla dolcezza <strong>dell'amore</strong>); la corda è un nastro <strong>di</strong><br />

api ronzanti (associazione al miele e <strong>di</strong> riflesso, per il suo<br />

colore, alla consapevolezza solare — le api sono l'aspetto<br />

teriomorfo <strong>di</strong> Indra, Visnu e Krsna — e all'immortalità);<br />

infine le cinque frecce (Pancabana, " dalle 5 frecce » è un<br />

altro epiteto <strong>di</strong> Kama) sono cinque fiori: il loto blu, il<br />

gelsomino, il fiore del mango, il kantaka e lo sirisa, fiori<br />

dalle virtù afro<strong>di</strong>siache e terapeutiche che provocano<br />

esaltazione <strong>di</strong> vivere (Harsana), Stimolazione del piacere<br />

(Rocana), Fascinazione stupefatta (Mohana),<br />

<strong>di</strong>sseccamento (Sosana) e Morte [Marana).<br />

Il numero delle frecce non è casuale. Il cinque rimanda<br />

non solo ai 5 sensi ma anche all'amore sia<br />

in<strong>di</strong>rettamente: la quintessenza; sia <strong>di</strong>rettamente:<br />

pancama, la quinta nota della gamma musicale in<strong>di</strong>ana, è<br />

la nota tonica della danza erotica che Krsna suona nel<br />

suo flauto e al tempo stesso rinvia alla consapevolezza: «<br />

<strong>La</strong> gamma-plagale Sadja (gamma dell'iniziale) si fonda<br />

sulla quinta nota (pancama) e il fuoco è la sua <strong>di</strong>vinità »<br />

[VP 3, p. 67). Nella tra<strong>di</strong>zione esoterica egiziana il cinque<br />

è simbolo del principio vitale e <strong>dell'amore</strong> ed è anche il<br />

numero sacro a Ishtar, la dea assiro-babilonese<br />

<strong>dell'amore</strong>, che si identificava al pianete Venere. In tempi<br />

più recenti Goethe, nelle Affinità elettive, ha consigi ia-<br />

95


to l'unione amorosa limitata a cinque anni, « un bei<br />

numero <strong>di</strong>spari e sacro ». Jung ha segnalato la tra<strong>di</strong>zionale<br />

associazione del cinque al desiderio infuocato e<br />

alla pulsione erotica (1950: 365).<br />

Torniamo a Kama: « Egli era armato <strong>di</strong> un arco e <strong>di</strong><br />

cinque fiori come frecce, il suo sguardo amoroso era<br />

molto seducente e roteava gli occhi posando lo sguardo<br />

qua e là. O, mia cara, il suo stesso respiro era un alito<br />

profumato. Egli era accompagnato dal sentimento<br />

<strong>dell'amore</strong>... Persino i saggi potrebbero essere ingannati e<br />

tormentati da esse [le 5 frecce] » (RSS 2: 27-29, 3: 12).<br />

Le tre principali varianti del mito <strong>di</strong> Ananga (senza corpo)<br />

rimandano ancora più <strong>di</strong>rettamente all'aspetto mentale <strong>di</strong><br />

Kama.<br />

Avendo egli interrotto la me<strong>di</strong>tazione <strong>di</strong> Siva con l'intento<br />

<strong>di</strong> svegliarne la passione per Parvati, viene incenerito dal<br />

terzo occhio <strong>di</strong> Silva [RPS 19: 3-36). In una prima variante<br />

Siva, cedendo alle suppliche <strong>di</strong> Rati e degli dei, concede<br />

che Kama rimanga senza corpo solamente fin quando<br />

Krsna [l'avatara <strong>di</strong> Visnu) non si unirà a Rukmini e dalla<br />

loro unione rinascerà Kama come Pradyumna [Ibidem:<br />

38-40). In una seconda versione del mito, Kama risorge<br />

perché Siva, festeggiando il suo matrimonio, commosso<br />

dalla fedeltà e dall'amore <strong>di</strong> Rati, si arrende alle<br />

implorazioni della bella e giovane vedova e fa rinascere<br />

Kama senza imporgli l'attesa dì una reincarnazione<br />

lontana. « Grazie allo sguardo nettarino del Signore che<br />

regge il tridente [Siva], Kama uscì dalle ceneri, con un<br />

corpo che suscitava ammirazione, con splen<strong>di</strong><strong>di</strong> vestiti e<br />

meravigliosi lineamenti » [Ibidem 51: 2-15). In entrambi i<br />

casi Kama, <strong>di</strong>o <strong>dell'amore</strong> risorge grazie all'amore.<br />

Una terza versione del mito, la più significativa, è evocata<br />

in una sola strofa: « lo [Siva] risusciterò Kama entro me<br />

stesso. Egli sarà uno dei miei Gana (attendenti) e farà<br />

sempre e ovunque l'amore » [idem 19: 48). Quin<strong>di</strong>, come<br />

osserva giustamente O'Flaherty, Siva incenerisce Kama<br />

solo per farlo risorgere più potente <strong>di</strong> prima; facendolo<br />

risorgere in se stesso, Siva <strong>di</strong>venta un amante<br />

affascinante quanto Ka-<br />

96


ma, Siva <strong>di</strong>venta Kama (1973: 145). Formo questa<br />

esplicitata anche nel Brahmanda Purana dove Siva è<br />

chiamato da Brahma: Kamesvara [LM 14: 17-21).<br />

Quando Kama si manifesta sotto la forma <strong>di</strong> Indra egli è il<br />

desiderio-consapevolezza che si nutre dell'elisir<br />

dell'immortalità: « Così come un manzo assetato che<br />

vaga per il deserto, possa egli bere desideroso il Soma»<br />

[RV V, 36: 1).<br />

Questa sete <strong>di</strong> amore-immortalità è il sentimento che<br />

anima e da vigore al desiderio. È quin<strong>di</strong> logico, in questo<br />

contesto, che la figlia <strong>di</strong> Kama e Rati, il frutto <strong>dell'amore</strong>desiderio<br />

e della passione, si chiami Trsa (Sete).<br />

In Kama sembrano predominare gli aspetti che lo<br />

identificano all'energia mentale e all'amore desiderante,<br />

mentre in Krsna sono quelli dell'energia fisica e<br />

<strong>dell'amore</strong> realizzato che hanno tendenza a prevalere.<br />

Con questo non si vuole in<strong>di</strong>care un'opposizione troppo<br />

semplicistica, che non reggerebbe ad un esame più<br />

attento delle complesse strutture delle due <strong>di</strong>vinità che<br />

personificano l'amore, ma vorremmo piuttosto far notare<br />

che la polarità mentale-corporale così come quella<br />

desiderio-attuazione, sono assunte e superate da Kama<br />

come da Krsna, con una connotazione più spirituale nel<br />

primo e più tangibile nel secondo. Questi due aspetti<br />

sono strettamente connessi, come lo sono la teoria e la<br />

pratica, il lògos e la pràxis. In questa prospettiva la figura<br />

<strong>di</strong> Krsna, l'amore realizzato a livello corporale, il physice,<br />

la pràxis, è altrettanto fondamentale <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Kama,<br />

Vethice, il lògos.<br />

Ritroviamo anche in Krsna le associazioni evidenziate in<br />

Kama. Il Krsna postve<strong>di</strong>co è la somma delle<br />

caratteristiche <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>versi protagonisti della mitologia<br />

in<strong>di</strong>ana: l'eroe dei Veda; il kosmogonos, depositario e<br />

trasmettitore della consapevolezza suprema, che<br />

compare nella Bhagavadgita e nel Mahaba-rata: e, infine,<br />

l'amante eterno della tra<strong>di</strong>zione visnui-ta, che appare<br />

sotto questo aspetto, nei Purana.<br />

Nel Unga Purana, ad esempio, gli vengono attribuite<br />

16.100 mogli e 16.100 amanti (I, 69: 68, 82) e, quale<br />

ottavo avatara <strong>di</strong> Visnu, egli è considerato l'inven-<br />

97


tore <strong>di</strong> giochi (lila) erotici sempre nuovi per rinnovare la<br />

sua energia sessuale.<br />

L'aspetto cosmogonico <strong>di</strong> Krsna è ricordato oltre che nella<br />

Bhagavadgita {7: 6-9, 12) anche nei Purana: egli è<br />

assimilato a Siva mentre Radha, sua sposa, è definita<br />

madre dell'universo [RYS 29: 51, 53). Altrove è assimilato<br />

al Purusa primor<strong>di</strong>ale [LP \, 69:<br />

50), al Signore dell'Universo [Ibidem: 72) e a Narayana —<br />

Visnu nel suo aspetto <strong>di</strong> principio creatore e<br />

personificazione della consapevolezza solare — (LP II, 1:<br />

5).<br />

È nella Bhagavadgita, comunque, che risulta meglio<br />

espressa la complessa personalità <strong>di</strong> Krsna, e in modo<br />

particolare il suo duplice aspetto <strong>di</strong> portatore della vita (e<br />

quin<strong>di</strong> della conoscenza) e della morte. Egli viene infatti<br />

identificato sia al Principio vitale, alla consapevolezza<br />

solare e alla felicità perfetta (XV: 12-15; XIV: 27); sia al<br />

Principio <strong>di</strong> morte, all'oscurità e al tempo [kala] (XI: 35-<br />

55). Le due ultime identificazioni rimandano <strong>di</strong>rettamente<br />

al nome stesso <strong>di</strong> Krsna (che significa « nero » « <strong>di</strong> colore<br />

scuro »), dato che kala significa anche nero.<br />

Ritroviamo la stessa ambivalenza in Kama (come, del<br />

resto, in Eros). Yama, il Signore della morte, è spesso<br />

associato a Kama. Tra i compiti del primo, antenato mitico<br />

secondo i Veda, vi è quello <strong>di</strong> assicurare la preservazione<br />

e la riproduzione del genere umano. Egli accoglie i giusti<br />

con queste parole: « Salite sul carro celeste e andate in<br />

cielo per godere tutti i piaceri in compagnia delle fanciulle<br />

celesti e esau<strong>di</strong>te tutti i vostri desideri più cari » {US 7: 46,<br />

p. 1483). L'omologazione <strong>di</strong> Yama a Kama riposa anche<br />

sulla logica del mito. Progenitore del genere umano,<br />

Yama è stato il primo uomo a godere <strong>dell'amore</strong><br />

sessuale, e dato che fu il primo a morire, spetterà a lui<br />

guidare gli esseri eccezionali al regno della morte (Yamaloka),<br />

sostenendo il ruolo dello psicopompo. Questa<br />

associazione Amore-Morte viene sottolineata sia nei testi<br />

sacri, sia in quelli profani. Nel Gitagovinda l'identità ultima<br />

tra Yama, quale <strong>di</strong>o della morte, e Kama, quale <strong>di</strong>o<br />

<strong>dell'amore</strong>, è frequentemente evocata (GG 4: 10, 12: 12,<br />

et passim). <strong>La</strong> stessa identi-<br />

98


ficazione la troviamo anche nella mitologia buddhi-sta<br />

dove Mara (la <strong>di</strong>vinità che corrisponde a Yama) è<br />

avvicinato a Kama [ABC 13: 2).<br />

Giuseppe Tucci aveva osservato che è proprio nella<br />

religione in<strong>di</strong>ana che questa associazione è espressa con<br />

più originalità e con gli accenti più vigorosi:<br />

« <strong>La</strong> morte non è soltanto un punto d'arrivo, è anche un<br />

punto <strong>di</strong> partenza dato che la morte nasce dal desiderio<br />

<strong>di</strong> essere: thànatos è il compagno inseparabile <strong>di</strong> èros...<br />

Questa antinomia eterna tra fame e nutrimento, morte e<br />

vita, Kama che suscita tutto e thànatos che maschera,<br />

cancella e sconvolge tutto, costituisce la trama del<br />

pensiero e della religione dell'In<strong>di</strong>a» (1969: 127).<br />

Tornando a Krsna, e passando dalla dualità vita-morte a<br />

quella del femminile-maschile, osserviamo che nella<br />

coppia Krsna-Radha, il ruolo allegorico più importante è<br />

riservato a Radha, la quale personifica la forza<br />

rigeneratrice <strong>dell'amore</strong> nella sua <strong>di</strong>mensione affettiva e<br />

sensuale. <strong>La</strong> loro unione carnale, metafora come sempre<br />

della conciliazione degli opposti, ha per l'umano un<br />

significato imme<strong>di</strong>ato e trascendente. Eliade osserva: «<br />

<strong>La</strong> donna partecipa alla natura <strong>di</strong> Radha e l'uomo a quella<br />

<strong>di</strong> Krsna: è per questo che la ' verità ' concernente gli<br />

amori <strong>di</strong> Krsna e <strong>di</strong> Radha non può essere conosciuta se<br />

non nel corpo stesso, e questa conoscenza a livello della<br />

' corporeità ' ha valore metaforico universale » (1954:<br />

249).<br />

Dasgupta citando il Ratnasara, conferma: « Chi realizza<br />

la verità del corpo (bhanda) <strong>di</strong>venta capace <strong>di</strong> accedere<br />

alla verità dell'Universo (brahmanda) » (1946: 141-42, v.<br />

anche 127-138).<br />

Torniamo così al mitologema che associa la conoscenza<br />

all'amore. Come Parvati (in quanto Sakti) è un aspetto <strong>di</strong><br />

Siva (lo Saktimat), e viceversa, anche il rapporto tra<br />

Krsna e Radha è della stessa natura. L'uno è parte<br />

dell'altra, anche perché nell'amore l'uno è l'altro. L'amore<br />

che unisce le coppie <strong>di</strong>vine è comunione oltre che<br />

unione, questo è il modello proposto agli umani dal<br />

pensiero religioso dell'In<strong>di</strong>a.<br />

L'aspetto luminoso <strong>di</strong> Karma ricordato nel passo citato<br />

prima della Ghagavadgita: « sono la <strong>luce</strong> della<br />

99


luna e del sole » (fiG 7: 8-9), ci è confermato, in primo<br />

luogo, dalla ra<strong>di</strong>ce stessa del suo nome; l'Amarakosa, il<br />

<strong>di</strong>zionario sanscrito redatto da Amara, illustre lessicografo<br />

del periodo Gupta, ci informa che Kama (da V kam-U, e<br />

quin<strong>di</strong> da V kam) significa « risplendere », mentre in kamu<br />

kantau la ra<strong>di</strong>ce kamu è usata nel senso <strong>di</strong> « risplendere »<br />

e kanti sta per splendore (AMK 1.7: 28; 2.9: 57; 3.3: 138).<br />

Ritroviamo la stessa associazione in uno dei numerosi<br />

appellativi del <strong>di</strong>o in<strong>di</strong>ano <strong>dell'amore</strong>: Madhu-Dipa, cioè «<br />

la lampada (o la <strong>luce</strong>) del miele (o della primavera) ».<br />

Nell’Atharva Veda ricorrono spesso allusioni alla valenza<br />

luminosa <strong>di</strong> Kama. Egli « brilla nelle case, l'unico Signore<br />

imperiale <strong>di</strong> tutto ciò che è e che sarà [AV VI, 36: 3). Un<br />

altro inno Io definisce « lampo potente » [AV XI, 2: 15),<br />

altrove è assimilato alla <strong>luce</strong> celeste [AV XIX, 52: 3),<br />

oppure gli viene attribuita la paternità <strong>di</strong> Aniruddha, il<br />

Signore dell'Aurora e consorte <strong>di</strong> Usas, la sua controparte<br />

femminile (AV XVI, 6: 5).<br />

Anche lo S'iva Purana riba<strong>di</strong>sce il carattere luminoso <strong>di</strong><br />

Kama, egli « brilla bene »; inoltre Kama con la sua<br />

amante Rati si « illuminano vicendevolmente. Essi<br />

saranno lo stendardo dell'universo, anzi, <strong>di</strong> tutto il cosmo<br />

» ed egli appare anche « risplendente come il sole del<br />

mattino » [RSS II, 8: 25-26, 39). Nello stesso Purana egli<br />

è descritto in questi termini: « II suo colorito è d'oro... il<br />

suo viso brilla come la luna piena... le sue mani, i suoi<br />

occhi, il suo viso, i suoi pie<strong>di</strong>, le sue <strong>di</strong>ta sono <strong>di</strong> colore<br />

rosso » [RSS II, 2: 24-29). Il Kalika Purana ripropone pure<br />

l'associazione <strong>di</strong> Kama con l'oro e lo splendore della luna<br />

piena: « II suo colorito è aureo, come la polvere d'oro... il<br />

suo viso è come la luna piena (purnacandra) » [KP I: 43).<br />

L'immagine <strong>di</strong> Kama « la cui forma è lo splendore del sole<br />

» (arka-prabhava-akara) è ripresa nello Skanda Purana<br />

dove la sua teofania è caratterizzata come un «<br />

meraviglioso splendore » [SKP 5.2.13: 2-20; ve<strong>di</strong> anche<br />

LM 44: 34).<br />

<strong>La</strong> tra<strong>di</strong>zione dello Saivismo del Kasmir, conferma<br />

anch'essa la valenza luminosa <strong>di</strong> Kama. Infatti Siva<br />

100


è chiamato qui Mahakamesvara (il Grande Signore che è<br />

Kama) ed è identificato a Prakasa (<strong>luce</strong>), che, a sua<br />

volta, è una modalità dello Siva della kamakala: l'unione<br />

simbolica <strong>di</strong> Kama (Kamesvara-Siva) con Kala<br />

(Kamesvari-<strong>La</strong>lita).<br />

Kalidasa, il maggior poeta della letteratura sanscrita<br />

classica dell'In<strong>di</strong>a antica, nel suo Kumarasambhava parla<br />

del « corpo splendente » <strong>di</strong> Kama (KS IV: 5),<br />

aggiungendo che egli è la guida degli innamorati nella<br />

notte scura (Ibidem: 11). Nel precedente canto Kalidasa<br />

paragona Kama al fuoco (111: 21) e questo<br />

accostamento — anch'esso nel passo già citato della<br />

Bhagavadgita: « Sono la risplendente energia del fuoco »<br />

[BG 7: 8-9) — viene suffragato da alcuni degli appellativi<br />

<strong>di</strong> Kama. Egli è invocato come Darpaka o Dipaka<br />

(letteralmente « colui che infiamma », o anche «<br />

l'Illuminatore »), Titha (Fuoco), Murmura (Tizzone o<br />

Loppa ardente, ma anche nome <strong>di</strong> uno dei cavalli del<br />

sole). Spesso Kama è accostato ad Agni, il ve<strong>di</strong>co <strong>di</strong>o del<br />

fuoco [AV 111, 21: 4, eccetera);<br />

a volte, come per sottolineare la loro solidarietà, Kama e<br />

Agni sono invocati congiuntamente [AV VI, 36:<br />

3; XI, 2:9; TS II, 2, 3: 1).<br />

Infine, anche le frecce amorose <strong>di</strong> Kama sono « infuocate<br />

» (AV III, 25: 3). Ritroviamo la valenza illuminanteiniziatica<br />

<strong>di</strong> Kama nei testi che delineano il quadro<br />

morfologico e mitico del dìo greco <strong>dell'amore</strong>. <strong>La</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione iconografica rappresenta Eros armato <strong>di</strong> frecce<br />

d'oro che alza una fiaccola, mentre nell'Eros funerario la<br />

fiaccola è rovesciata, come per esprimere l'unità<br />

paradossale della vita e della morte. Aristofane ce lo<br />

descrive come « il Bramato [al quale] scintillano le spalle<br />

<strong>di</strong> auree ali... [Egli] covò la nostra stirpe e la condusse,<br />

prima, alla <strong>luce</strong> (Uccelli, 693-702). Secondo Clemente le<br />

ali dorate sono assimilabili all'intelletto (Stremata, Vi, IV),<br />

esegesi questa che ci viene confermata dal simbolismo<br />

pressoché universale delle ali che, quasi ovunque, sono<br />

associate alla spiritualità che eleva, all'immaginazione, al<br />

pensiero. Fiatone <strong>di</strong>ce che le ali sono il simbolo<br />

dell'intelligenza (Fedro, XXVI). Nella tra<strong>di</strong>zione alchemica<br />

le ali corrispondono al principio uranico at-<br />

101


tivo, ad esempio l'uccello Fenice rappresenta l'aspetto<br />

spirituale del lapis philosophorum. L'assimilazione aliconoscenza<br />

ci è riproposta da uno dei Brahmana:<br />

« Grazie alle ali [della conoscenza] il Sacrificatore,<br />

essendo <strong>di</strong>ventato uccello, va nel mondo del cielo [PB V,<br />

1: 10,) e prima ancora, il Rg Veda, con una poetica<br />

metafora, ci ricorda: « Tra tutte le cose che volano, la<br />

mente è la più rapida » (VI, 9: 5).<br />

In Cina è <strong>di</strong>ffuso lo stesso simbolismo, i taoisti credono<br />

che, quando un uomo raggiunge il tao, sul suo corpo<br />

incominciano a spuntare le piume. In Australia, come ci<br />

informa Eliade, il mito vuole che agli inizian<strong>di</strong> giunti allo<br />

sta<strong>di</strong>o finale dell'insegnamento, spuntassero le ali (1972:<br />

137).<br />

Nella più tarda tra<strong>di</strong>zione gnostica, Eros è il figlio<br />

dell'Angelo <strong>di</strong> <strong>luce</strong> (Adamo-Iuce, ' l'uomo dal sangue<br />

luminoso ') e <strong>di</strong> Prònoia, portatrice <strong>di</strong> <strong>luce</strong> e del soffio<br />

<strong>di</strong>vino. Anzi, egli ha origine dalle particelle luminose delle<br />

quali si era caricata Prònoia, ammirando e desiderando<br />

l'Adamo-Iuce con il quale non è riuscita ad unirsi. Così<br />

Eros, colui che ' trasmette il fuoco ', è « la lampada che<br />

non scema e che accende molte lampade [così che] ne<br />

risulta un'unica <strong>luce</strong> », quella <strong>dell'amore</strong> [Origine del<br />

mondo, 109, pp. 227-228).<br />

Altre genealogie più antiche, lo fanno <strong>di</strong>scendere dalla<br />

luminosa Afro<strong>di</strong>te e da un paredro molto spesso<br />

associato, anch'egli, alla <strong>luce</strong> o al fuoco. È il caso <strong>di</strong><br />

Saffo, per la quale Eros è il figlio <strong>di</strong> Afro<strong>di</strong>te e Urano<br />

(Lobel-Page, fr. 198). Per Ibleo e per quasi tutti i poeti,<br />

egli è il figlio <strong>di</strong> Afro<strong>di</strong>te ed Efesio, creatore della prima<br />

donna e fabbro, Signore del fuoco (Page, fr. 43); per<br />

Simonide egli <strong>di</strong>scende da Afro<strong>di</strong>te e Ares, il <strong>di</strong>o della<br />

guerra (Ibidem, fr. 70). Per Pindaro (Sckroeder, fr. 122,<br />

124, 128) e per Apollonio Ro<strong>di</strong>o [Argomenti, III: 26) egli è<br />

il figlio <strong>di</strong> Afro<strong>di</strong>te anche se essi non precisano chi fosse il<br />

padre. Piatene sottolinea l'associazione tra Eros e Afro<strong>di</strong>te<br />

quando fa <strong>di</strong>re a Pausania « Tutti invero sappiamo<br />

che, senza Eros, non esiste Afro<strong>di</strong>te » [Simposio, 180 d).<br />

Ricor<strong>di</strong>amo inoltre; i due alter ego luminosi <strong>di</strong> Eros:<br />

Pòthos che personifica il desiderio dell'am-<br />

102


plesso amoroso (oppure, secondo Fiatone, il desiderio<br />

amoroso <strong>di</strong>retto verso un essere lontano) e Himeros — il '<br />

fuoco che viene dalla <strong>luce</strong> ' [Origine del mondo, 109, p.<br />

227) — che incarna lo struggente desiderio d'amore.<br />

È nel pantheon orfico dove Eros si trasforma in Fanete<br />

che troviamo lo sviluppo più complesso e coerente del<br />

mitologema <strong>luce</strong>-amore-conoscenza. Altrove (1985)<br />

abbiamo segnalato come, nella teogonia ve<strong>di</strong>ca, Vac<br />

precorreva gli aspetti più significativi dì Kama. Converrà<br />

quin<strong>di</strong> soffermarsi ora sul primo <strong>di</strong> questi due personaggi<br />

mitici che, è il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo, illuminano ancora meglio la<br />

complessa struttura delle <strong>di</strong>vinità <strong>dell'amore</strong>.<br />

Fanete: l'Androgino illuminato e illuminatore.<br />

Il rapporto tra <strong>luce</strong>, amore e conoscenza ha generato, a<br />

tutti i livelli <strong>di</strong> culture e pressoché universalmente, due<br />

principali catene associative le cui valenze sono<br />

determinate dal posto occupato dai primi due termini.<br />

Riscontriamo così la sequenza <strong>luce</strong>-amore-conoscenza,<br />

dove lo stato d'illuminato porta a riconoscere nell'amore<br />

la via regia per raggiungere la conoscenza; oppure la<br />

variante amore-<strong>luce</strong>-conoscenza dove l'amore genera la<br />

<strong>luce</strong> che porta alla conoscenza.<br />

L'illuminato può essere attivo o passivo. Egli irra<strong>di</strong>a la<br />

<strong>luce</strong>, e in questo caso lo splendore è una caratteristica<br />

inerente alla sua stessa natura; oppure egli è passivo: è<br />

fatto <strong>di</strong> <strong>luce</strong> o viene investito dalla <strong>luce</strong> e da illuminato<br />

<strong>di</strong>venta illuminatore.<br />

Erissimaco, tra gli altri, nel Simposio <strong>di</strong> Plafone, accenna<br />

al « duplice Eros » (186a), qualifica che spesso ricorre<br />

nei testi de<strong>di</strong>cati al <strong>di</strong>o <strong>dell'amore</strong>. Nella Teo-gonia<br />

rapso<strong>di</strong>ca. più volte si accenna al carattere duale <strong>di</strong><br />

Fanete. Ad esempio il neoplatonico Ermia lo chiama «<br />

primogenito dalla duplice natura » (A85 = K87).<br />

<strong>La</strong> doppia natura <strong>di</strong> Fanete si esprime sia a livello della<br />

<strong>di</strong>alettica illuminato-illuminatore, sia nella pola-<br />

103


ità femminile-maschile che egli personifica. Il primo<br />

binomio ci è confermato anche sul piano semantico.<br />

Fanete (Phanes), modalità luminosa <strong>di</strong> Eros, deriva dalla<br />

ra<strong>di</strong>ce phan, dalla quale si ha l'infinito dei due appellativi<br />

che lo caratterizzano: phainein (portare la <strong>luce</strong>) e<br />

phainesthai (scintillare, brillare). Così gli orfici <strong>di</strong>sputavano<br />

se vedere in Fanete il « portatore <strong>di</strong> <strong>luce</strong> » (voce attiva),<br />

oppure « colui che scintilla » (voce me<strong>di</strong>a).<br />

Nei testi orfici a volte è la valenza attiva che predomina,<br />

egli è colui che « dona la <strong>luce</strong> dappertutto » (A58 = K61);<br />

oppure il <strong>di</strong>o che illumina « la terra e tutta la creazione »<br />

(A62 = K65); o ancora quello che porta « la splendente,<br />

sacra <strong>luce</strong> » (A85 = K87); a volte invece è la voce passiva<br />

che viene sottolineata, allora è « il <strong>di</strong>o dal manto<br />

splendente » (A57 = K60), il cui stesso corpo è<br />

splendente (A84 = K86). <strong>La</strong> valenza luminosa attivapassiva<br />

rimanda alla polarità maschile-femminile,<br />

anch'essa attestata in numerosi testi. Il « portatore <strong>di</strong> <strong>luce</strong><br />

» (phanien), è assimilato al maschile, e al sole che Fanete<br />

pone « a capo <strong>di</strong> tutte le cose » (A93 = K96), e che, non<br />

soltanto nell'area greca, è la classica allegoria del<br />

principio uranico. Mentre « colui che scintilla » è il fuoco, il<br />

ricettacolo della <strong>luce</strong>, come la luna che nella cosmogonia<br />

orfica è « una terra eterea » (A88 = K91; A90 = K93), e<br />

che anche qui sta per il femminile. Ritroviamo la duplice<br />

natura sessuale <strong>di</strong> Fanete espressa in numerosi<br />

frammenti: egli ha i « caratteri del maschio e della<br />

femmina » (A79 = K81), oppure è " celebrato come<br />

femmina e genitore '• (A95 = K98), eccetera.<br />

L'aspetto illuminato-illuminatore <strong>di</strong> Fanete è un Leitmotiv<br />

della maggior parte dei testi che lo descrivono. Nella sua<br />

Cronografia, Giovanni Malalas (VI sec.) spiega: « la <strong>luce</strong><br />

che aveva squarciato l'Etere era quell'essere... Fanete »<br />

(4, 89). Ermia (V sec.) lo ricorda in questi termini: « tutti gli<br />

altri si stupirono scorgendo nell'etere uno splendore<br />

insperato: tale <strong>luce</strong> balenava dal corpo <strong>di</strong> Fanete<br />

immortale » (Com-mento al Fedro <strong>di</strong> Plafone, 247c).<br />

Apione, nel descrivere la nascita <strong>di</strong> Fanete ricorda la sua<br />

androginia e<br />

104


il suo carattere luminoso: « L'intera materia portata dal<br />

tempo generò, come un uovo, il cielo sferico che tutto<br />

avvolge... dall'interno della circonferenza un animale<br />

maschio-femmina è modellato da una forma, per la<br />

preveggenza del soffio <strong>di</strong>vino che è contenuto in esso, e<br />

costui Orfeo lo chiama Fanete, poiché quando lui appare<br />

il tutto rifulge per opera sua, per il fulgore del più<br />

magnifico tra gli elementi, del fuoco che giunge a<br />

perfezione nell'umido » (Omilie romane, 6, 5). Un'altra<br />

versione <strong>di</strong> questo testo riba<strong>di</strong>sce, in termini quasi identici,<br />

la natura abbagliante del <strong>di</strong>o orfico: « Questo essere<br />

vivente, Orfeo lo chiama Fanete, perché, quando apparve,<br />

l'universo intero fu illuminato dal suo splendore,<br />

Fanete essendo stato portato alla perfezione in seno<br />

all'elemento liquido dal bagliore del fuoco » [Omelie<br />

pseudo-clementine, VI: 12, 4).<br />

Quale portatore <strong>di</strong> <strong>luce</strong>, Fanete è un mistagogo che<br />

innesta la sequenza <strong>luce</strong>-amore-conoscenza, dove la <strong>luce</strong><br />

ha un ruolo attivo e fa scoprire la funzione iniziatica<br />

<strong>dell'amore</strong>. Mentre, quando Fanete è colui che scintilla,<br />

egli è più propriamente la personificazione <strong>dell'amore</strong><br />

stesso. Proclo, citando un verso <strong>di</strong> Orfeo (Tim, II: 132). lo<br />

chiama « amore dolce » (Abros Eros], altrove viene<br />

chiamato « Eros soavissimo » (A151 = K168). Anche<br />

questo aspetto <strong>di</strong> Fanete rimanda alla <strong>di</strong>mensione<br />

conoscitiva: è la <strong>luce</strong> <strong>dell'amore</strong> che fa scoprire la via alla<br />

consapevolezza. <strong>La</strong> solidarietà tra Fanete e la<br />

conoscenza è confermata anche da un particolare della<br />

sua struttura morfologica che egli con<strong>di</strong>vide con Eros:<br />

entrambi hanno le ali d'oro, con le implicazioni che si sono<br />

esaminate in precedenza. Ermia, ad esempio, ci informa<br />

che Fanete si muove « con le ali d'oro andando da una<br />

parte e dall'altra » (A76 = K78); nel sesto inno orfico si<br />

sottolinea che Fanete era « esultante per le ali d'oro »<br />

(A85 = K87).<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>mensione intellettiva e l'onniscienza <strong>di</strong> Fanete<br />

costituiscono un altro tema ricorrente nei testi che gli sono<br />

stati de<strong>di</strong>cati. Pure per gli orfici il sole era un simbolo<br />

dell'illuminazione anche spirituale. Gli epiteti che<br />

associano Fanete alla <strong>luce</strong> riba<strong>di</strong>scono le sue<br />

105


valenze conoscitive e sapienziali. Ad esempio <strong>La</strong>ttanzio<br />

(III-IV sec.), attribuisce al leggendario poeta Orfeo un<br />

verso nel quale Fanete è chiamato « primogenito<br />

Splendente (phaèthon pròtògonos) figlio dell'aria<br />

immensa [e]... padre <strong>di</strong> tutti gli dèi » (Div. Inst. \, 5: 28). Il<br />

verso orfico allude sia alla natura solare <strong>di</strong> Fanete — e<br />

quin<strong>di</strong> all'aspetto uranico della consapevolezza — sia alla<br />

connotazione iniziatica della stessa, data la filiazione<br />

dall'aria, veicolo privilegiato, come il vento e il respiro,<br />

della conoscenza esoterica.<br />

Secondo Aristotele, il ruolo iniziatico del vento e del<br />

respiro è sostenuto anche nei carmi orfici dove « si<br />

afferma che l'anima trasportata dai venti, entri dall'universo<br />

negli esseri mentre respirano » (Dell'anima,<br />

410b: 29). Il legame tra la conoscenza, il vento e l'amore<br />

è accennato in un frammento orfico dove si precisa che «<br />

Chronos procreò Eros, e tutti i venti » (A44 = K37).<br />

Altrove l'associazione <strong>di</strong> Fanete con l'etere viene<br />

sottolineata, egli è infatti chiamato «e figlio bellissimo<br />

dell'etere » (A72 = K74). Infine, mentre viene detto che<br />

Cronos « dal ricurvo pensiero » è la mente (A124 =<br />

K131), è anche precisato che Fanete è il progenitore <strong>di</strong><br />

Cronos (A98 = K101). Proclo associa più strettamente<br />

ancora Fanete alla <strong>luce</strong> e alla conoscenza: « Egli è il più<br />

brillante delle Potenze Noetiche, la Mente Noetica, la<br />

Luce Raggiante che stupisce le Potenze Noetiche e<br />

provoca la meraviglia persino del Padre [Giove] » (Theol.<br />

Plat., Ili, XX: 161). Quando Fanete è chiamato Mètis —<br />

l'intelletto, l'intuizione — egli personifica la Saggezza<br />

<strong>di</strong>vina.<br />

<strong>La</strong> teogonia orfica ricorda che Fanete è il « padre della<br />

Notte » (A95 = K98), e anche in questa veste emerge la<br />

sua connotazione <strong>di</strong> veggente: «e Dentro poi ai recessi<br />

della Notte, sta Fanete; nel mezzo la Notte che vaticina<br />

per gli dèi » (A101 = K105). Questa sua qualità implica<br />

quella dell'iniziatore che già si riconosce ad Eros.<br />

Mead osserva che Fanete impartiva ad ogni cosa il<br />

desiderio <strong>di</strong> auto-perfezionamento attraverso \'illuminazione,<br />

e ricorda che gli oracoli chiamavano il<br />

106


fuoco <strong>dell'amore</strong> « l'accoppiatore, perché legava ogni<br />

cosa all'altra e a se stesso. Così l'amore congiunge tutti<br />

gli dei alla Bellezza intelligibile, e i demoni con gli dei, e<br />

noi con gli dei e i demoni (1896: 111-12). Marcel Detienne<br />

sostiene anch'egli che Eros, manifestandosi come Fanete<br />

è la « potenza che integra, che concilia gli opposti e i<br />

contrari, l'Amore è la forza primor<strong>di</strong>ale che permette <strong>di</strong><br />

unificare gli aspetti <strong>di</strong>fferenziati <strong>di</strong> un mondo lacerato<br />

dall'azione <strong>di</strong> Neikos, la Discor<strong>di</strong>a » (1977: 168). Forse è<br />

anche per questo suo aspetto che nella Teogonia<br />

rapso<strong>di</strong>ca Fanete, in quanto personificazione <strong>dell'amore</strong>,<br />

assume un ruolo <strong>di</strong> primo piano.<br />

Questa connotazione « unificatrice » <strong>di</strong> Eros, questo<br />

vedere nell'amore il supremo « accoppiatore » con la<br />

conseguenza, in entrambi i casi, del raggiungimento della<br />

con<strong>di</strong>zione d'iniziato, trova accenti, tra i più alti, nel<br />

Simposio <strong>di</strong> Fiatone, quando Efesto propone agli umani <strong>di</strong><br />

restituirli alla loro natura androgina primor<strong>di</strong>ale: " * Forse<br />

è questo che desiderate, l'accostarvi quanto più è<br />

possibile l'uno all'altro, così da non rimanere staccati, ne<br />

<strong>di</strong> notte ne <strong>di</strong> giorno, l'uno dall'altro? Se desiderate<br />

questo, voglio fondervi e saldarvi in qualcosa <strong>di</strong> unico, in<br />

modo che, da due che siete, <strong>di</strong>ventiate uno, e finché<br />

rimarrete in vita, viviate entrambi in comunione, come un<br />

essere solo, e quando sarete morti, ancora laggiù, nella<br />

<strong>di</strong>mora <strong>di</strong> Ade, siate uno in luogo <strong>di</strong> due, in comunione<br />

anche da morti... ' noi sappiamo che neppur uno <strong>di</strong> costoro,<br />

udendo ciò, rifiuterebbe, o manifesterebbe <strong>di</strong> volere<br />

qualcos'altro; ciascuno, piuttosto, riterrebbe senz'altro <strong>di</strong><br />

aver u<strong>di</strong>to proprio quello che da gran tempo agognava:<br />

<strong>di</strong>ventare — congiungendosi e confondendosi con l'amato<br />

— da due uno. <strong>La</strong> causa <strong>di</strong> ciò, invero, è che la nostra<br />

natura antica era cosiffatta, e noi eravamo interi: alla<br />

brama e all'inseguimento dell'interezza, orbene, tocca il<br />

nome <strong>di</strong> amore... Se vogliamo dunque celebrare un <strong>di</strong>o<br />

che sia la causa <strong>di</strong> ciò, sarà giusto celebrare Eros, il<br />

quale sia nel tempo presente ci procura i più gran<strong>di</strong> benefici,<br />

conducendoci verso ciò che ci appartiene, sia per il<br />

tempo avvenire offre le speranze più gran<strong>di</strong>,<br />

107


se noi offriremo riverenza verso gli dèi, che — ricostituendoci<br />

nella nostra natura antica e risanandoci —<br />

ci renderà beati e felici » (192 d, e, 193 d). L'androginia <strong>di</strong><br />

Fanete implica, come sempre, la pienezza non<br />

<strong>di</strong>fferenziata, la totalità, che assieme alla primogenitura,<br />

caratterizzano quasi ovunque la <strong>di</strong>vinità. Nel suo<br />

Commento al ' Timeo ' <strong>di</strong> Plafone, Proclo (V sec.),<br />

conferma entrambe le qualità: « Fanete, il primo nato, dai<br />

beati sull'alto Olimpo... Fanete viene avanti da solo, e<br />

viene celebrato ugualmente come femmina e genitore »<br />

(31 a). L'essere Fanete «« il primo assoluto <strong>di</strong> tutti gli<br />

esseri viventi » (A79 = K81), è un tema che emerge<br />

spesso negli scritti neoplatonici. Damaselo, <strong>La</strong>ttanzio,<br />

Proclo e Ermia lo chiamano « il primogenito » (A61 =<br />

K64, A71 = K73, A83 = K85, A84 = K86), associando a<br />

questo epiteto una connotazione generativa.<br />

Il ruolo cosmogonico <strong>di</strong> Fanete è esplicitato in numerosi<br />

frammenti della Teogonia rapso<strong>di</strong>ca. Egli è designato<br />

come « creatore <strong>di</strong> tutte le cose... per grazia del quale<br />

tutto le cose sono apparse » (A58 = K61). Giovanni<br />

Malalas ce lo descrive come « il più antico creatore <strong>di</strong><br />

tutto » dal cui potere « tutto è nato, anche i principi<br />

incorporei, e il sole, la luna, le potenze, tutti gli astri, la<br />

terra, il mare, e tutte le cose visibili e invisibili che sono in<br />

essi » (A62 = K65); e Proclo ricorda che « anticamente...<br />

il teologo celebrò in Fanete la causa creatrice » (A153 =<br />

K170). Fanete è anche il padre-madre degli dei come<br />

degli umani, egli era invocato come « genitore degli dei<br />

beati e degli uomini » (A85 = K87); e inoltre « fece per gli<br />

immortali una casa in<strong>di</strong>struttibile » (A86 = K89) mentre «<br />

concesse agli uomini un luogo per abitare... ne troppo<br />

freddo ne caldo... ma interme<strong>di</strong>o » (A91 = K94). II ruolo<br />

teogonico <strong>di</strong> Fanete ha dato luogo ad alcune importanti<br />

varianti genealogiche. Esse non si limitano a confermarci<br />

la sua funzione demiurgica: attraverso le filiazioni e le<br />

associazioni ci sono rivelate le <strong>di</strong>mensioni più segrete<br />

della complessa struttura dell'Androgino luminoso.<br />

L'aristotelico Alessandro <strong>di</strong> Afro<strong>di</strong>siade (III sec.), concorda<br />

con il già più volte citato Proclo, per stabilire<br />

108


logia del suo nome, egli è l'illuminato illuminatore,<br />

l'androgino Phaéton Pròtogonos.<br />

<strong>La</strong> filiazione Fanete-Chronos non è meno istruttiva. Gli<br />

orfici mettevano Chronos all'inizio delle cose, egli stava<br />

per la <strong>di</strong>mensione temporale in cui si sviluppa la vita,<br />

frutto ed esito <strong>dell'amore</strong>. Riscontriamo queste<br />

associazioni anche in una tra le più belle Upanisad, la<br />

Brhadaranyaka, dove viene precisato che dall'unione del<br />

principio maschile (Mrtyu: il silenzio, la fame) con il<br />

principio femminile (Vac: il suono, la voce), nacque il<br />

tempo (l'anno) [BrU I, 2: 1, 4). Il collocare Chronos<br />

all'inizio <strong>di</strong> ogni cosa (A57 = K60; A61 = K64; A66 = K68;<br />

A68 = K70, eccetera) gli fa assumere, come succede per<br />

Fanete, la funzione <strong>di</strong> un principio d'unità che trascende<br />

tutte le polarità, prima tra tutte, l'opposizione tra femminile<br />

e maschile. Difatti, una versione del mito ci rivela che dal<br />

suo seme nascono i due elementi antitetici dai quali<br />

l'universo è costituito, il Cielo e la Terra, entrambi<br />

contenuti nell'uovo cosmico da lui generato: « Chronos<br />

fece nel <strong>di</strong>vino Etere l'uovo splendente » (A68 = K70).<br />

Fiatone ricorda che, al tempo <strong>di</strong> Chronos, vi era « uno<br />

stato felice con un felice governo » e ci esorta a « imitare<br />

con ogni mezzo la vita dei tempi <strong>di</strong> Chronos » (Z.e Leggi,<br />

IV: 713b,e).<br />

Nel mito orfico Chronos è il signore dell'umanità<br />

primor<strong>di</strong>ale, ci riporta così all'età aurea, alla nondualità<br />

iniziale. Successivamente egli è il sovrano delle mitiche<br />

Isole Beate — situate all'estremo margine della terra —,<br />

cioè <strong>di</strong> un mondo utopico dove la vita sembra prefigurare<br />

la <strong>di</strong>mensione estetica <strong>dell'amore</strong>.<br />

Tutte queste implicazioni fanno risaltare Io stretto legame,<br />

quasi d'identità, tra Fanete e Chronos i quali si<br />

scambiavano volentieri anche i ruoli <strong>di</strong> padre e figlio:<br />

mentre Chronos è frequentemente designato quale figlio<br />

<strong>di</strong> Fanete, in molti casi egli ne <strong>di</strong>viene invece il padre (A57<br />

= K60; A61 = K64). Entrambi sono « principio unico <strong>di</strong><br />

ogni cosa »; entrambi generano i principi contrari e<br />

complementari dell'univer-<br />

110


so; entrambi assumono, per integrarla, la non-duali-tà<br />

primor<strong>di</strong>ale.<br />

Nonostante il rapporto Fanete-Giove si stabilisca soltanto<br />

alla quinta generazione, il legame, temporalmente<br />

lontano, emerge in un aspetto <strong>di</strong> grande importanza che<br />

accomuna le due <strong>di</strong>vinità del pantheon orfico. Entrambe<br />

illustrano la potenza rigenerativa <strong>dell'amore</strong> quando<br />

questa si attua attraverso un ritorno allo stato primor<strong>di</strong>ale<br />

dell'età aurea.<br />

Infatti, anche secondo Proclo, Fanete sarebbe il fondatore<br />

della prima razza dell'umanità, la razza aurea (A129 =<br />

K140. Siamo informati altresì che egli regnerebbe<br />

nuovamente dopo Giove, il sovrano della terza razza, la<br />

titanica. Questo carattere ciclico della presenza <strong>di</strong> Fanete<br />

che implica un ritorno alle origini, si riscontra anche in<br />

Giove. Aristotele, ad esempio, scrive che Zeus « nacque<br />

per primo e per ultimo » (A22 = K21a), e Fiatone,<br />

commentando questo fatto, osservava: « Egli è il<br />

principio, in quanto causa creatrice, fine in quanto causa<br />

finale » {Leggi, IV:<br />

715e = A21). Proclo, a sua volta, allude al carattere<br />

ricorrente della creazione scrivendo che, dopo aver<br />

<strong>di</strong>vorato Fanete, » dì nuovo tutte le cose furono foggiate<br />

entro Zeus » (A150 = K167); Jeanmaire osserva<br />

opportunamente: « II mondo tornando alle sue origini non<br />

ritroverebbe soltanto l'unità sciolta nella molteplicità che<br />

prevale nella creazione attuale; conformemente a una<br />

concezione più popolare, il mondo tornerebbe all'Età<br />

dell'oro» (1951: 409-10).<br />

<strong>La</strong> rigenerazione dell'umanità, il ritorno all'Età aurea, ci<br />

appare così frutto <strong>di</strong> un regressus incentivato dall'amore<br />

che si esplicita <strong>di</strong>rettamente attraverso Fanete, oppure,<br />

per interposta persona, grazie a un Giove che ha<br />

assimilato Fanete. Nel primo caso la palingènesi si attua<br />

nel corso del secondo regno <strong>di</strong> Fanete; nell'altro, essa è<br />

l'esito <strong>di</strong> un atto cannibalesco.<br />

Giove « <strong>di</strong>vora il suo progenitore Fanete e si appropria <strong>di</strong><br />

tutto il suo potere » (A122 = K129), « cogliendo la forza<br />

del primogenito... e mischiando alle sue membra la<br />

potenza e il vigore del <strong>di</strong>o... [così<br />

111


che] <strong>di</strong> nuovo tutte le cose furono foggiate entro Zeus »<br />

(A150 = K167) (II corsivo è nostro).<br />

<strong>La</strong> parentela mitico-strutturale tra Fanete e Giove è<br />

rafforzata da alcuni particolari significativi. Giove, come il<br />

suo progenitore, è androgino: « nacque maschio... fu<br />

fanciulla»


spondenza Dioniso-Giove implica e rafforza l'assimilazione<br />

Fanete-Giove. Inoltre, se Fanete è l'epifania<br />

luminosa <strong>di</strong> Eros, ne consegue, data la solidarietà riscontrata<br />

nel capitolo precedente tra Eros e Kama, che<br />

esiste una stretta corrispondenza tra Fanete e Kama.<br />

Jung lo aveva già notato quando osservava « II<br />

significato orfico <strong>di</strong> Fanete equivale a quello dell'in<strong>di</strong>ano<br />

Kama, <strong>di</strong>o <strong>dell'amore</strong> e in pari tempo principio<br />

cosmogonico » (1952: 140).<br />

Si è detto poco fa che queste genealogie mettono in <strong>luce</strong><br />

alcuni aspetti rilevanti <strong>di</strong> Fanete. Per sintetizzare l'apporto<br />

<strong>di</strong> ognuna <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>vinità al complesso quadro<br />

strutturale dell'Androgino luminoso, <strong>di</strong>remmo che Gea e<br />

Urano personificano i sistemi <strong>di</strong> conoscenza femminile e<br />

maschile, là dove Giove e Dioniso incarnano la pulsione<br />

sessuale più fisica e istintuale per il primo e più mentale<br />

ed estatica per il secondo. Mentre Nyx, che tutti precede,<br />

e tutti contiene, rappresenta il versante notturno-luminoso<br />

del Fanete <strong>di</strong>urno-abbagliante, e Chronos la <strong>di</strong>mensione<br />

temporale — senza inizio, ne fine — nella quale si attua il<br />

mistero <strong>dell'amore</strong>.<br />

Il significato ultimo <strong>di</strong> Fanete sembra proprio scaturire da<br />

questo rapporto <strong>di</strong>alettico degli opposti che si completano<br />

e si integrano. <strong>La</strong> figura contrad<strong>di</strong>ttoria della principale<br />

<strong>di</strong>vinità del sistema religioso orfico è espressa da una sua<br />

caratteristica, egli è l'invisibile, che nessuno può vedere,<br />

« salvo la sacra Notte » (A84 = K86), colui che rende<br />

manifesto ciò che era latente. Se da un lato la sua figura<br />

illustra esemplarmente la sequenza <strong>luce</strong>-amoreconoscenza<br />

in entrambe le sue varianti, dall'altro essa<br />

sembra contrad<strong>di</strong>re l'assunto escatologico dello stesso<br />

quadro mitico-rituale che fa assurgere Fanete al ruolo <strong>di</strong><br />

prima <strong>di</strong>vinità.<br />

Infatti per l'orfismo (A7 = K8) l'anima è imprigionata nella<br />

tomba (sema) del corpo (soma); così la vita è una<br />

con<strong>di</strong>zione impura da cui l'anima « immortale r i(A9 =<br />

K10), condanna a reincarnarsi senza fine, può liberarsi<br />

soltanto raggiungendo la conoscenza impartita dagh '<br />

iniziatori orfici ' (gli orfeo-telesti, come furono chiamati da<br />

Teofrasto che visse<br />

113


nel periodo <strong>di</strong> ampia <strong>di</strong>ffusione dell'orfismo). <strong>La</strong> liberazione<br />

dall'eterno ciclo delle trasmigrazioni si attua<br />

nell'unione dell'anima iniziata con il <strong>di</strong>vino. (<strong>La</strong><br />

corrispondenza con il samsara dell'induismo è notevole).<br />

Siamo quin<strong>di</strong> molto lontani sia dall'aspetto sacrale della<br />

vita, sia dalla connotazione salvifica della sessualità,<br />

nozioni entrambe esaltate nel culto <strong>di</strong> Fane-te. Possiamo<br />

soltanto presumere che la figura dell'Androgino luminoso<br />

è più fedele al modello archetipico delle <strong>di</strong>vinità della Vita<br />

e dell'Amore del Neolitico che a quello dei personaggi<br />

olimpici. Di converso anche le orgie <strong>di</strong>onisiache in onore<br />

<strong>di</strong> Fanete sono più vicine ai riti della fertilità, delle culture<br />

agricole matricentriche che ai misteri orfici delle società<br />

urbane patricentriche che hanno privilegiato il versante<br />

oscuro dell'Eros personificato da Thànatos. <strong>La</strong> solidarietà<br />

che la soteriologia orfica stabilisce tra la <strong>luce</strong> (e quin<strong>di</strong><br />

l'amore, dato che Fanete ne è ipostasi ed espressione), il<br />

<strong>di</strong>vino e la redenzione esplicita un quadro mitico-rituale<br />

ambiguo e complesso che anticipa il tragico pessimismo<br />

della gnosi manichea. <strong>La</strong> dottrina salvifica <strong>di</strong> entrambi<br />

questi sistemi religiosi si basa sull'asserzione che l'uomo<br />

può re<strong>di</strong>mersi se iniziato: soltanto allora la sua componente<br />

luminosa (sessuale?) potrà prevalere. Ma questa<br />

componente luminosa è frutto <strong>di</strong> un assassinio rituale, <strong>di</strong><br />

un atto cannibalesco, della collera <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o. Nell'orfismo i<br />

Titani precorrono gli Arconti del Manicheismo, e Dioniso-<br />

Zagreo anticipa il destino dell'Uomo Primigenio (Ormizd).<br />

L'uno e l'altro sono uccisi e <strong>di</strong>vorati dal Principio delle<br />

tenebre (rappresentato dai Titani oppure dagli Arconti)<br />

destinato ad essere il progenitore degli umani.<br />

Nell'orfismo, dopo che i Titani hanno <strong>di</strong>laniato e <strong>di</strong>vorato<br />

Dioniso (A41 = K34; A42 = K35) egli viene ricomposto da<br />

Apollo (A187 = K211) e resuscitato da Giove (A43 ==<br />

K36). I Titani invece vengono inceneriti da Giove (A42 =<br />

K35; A192 == K220), che con le loro membra crea la<br />

presente generazione degli uomini (A129 = K140);<br />

oppure, secondo un'altra versione del mito, Giove «<br />

iratosi contro questi, li fulminò, e dalla fuliggine<br />

114


dei vapori levatisi da loro, <strong>di</strong>venuta materia, nacquero gli<br />

uomini » (A192 = K220).<br />

Per entrambe le versioni del mito, la natura degli uomini è<br />

duale: comprende un elemento <strong>di</strong>vino (<strong>di</strong>onisiaco):<br />

luminoso, erotico e consapevole, e una componente<br />

corporale (titanica): oscura, malvagia e ignorante. Dato<br />

che l'elemento <strong>di</strong>vino ci è stato trasmesso dai Titani —<br />

che l'hanno assorbito <strong>di</strong>vorando il bambino <strong>di</strong>vino —<br />

dobbiamo proprio alle potenze della notte il dono della<br />

<strong>luce</strong> iniziatica. Fatto questo che sottolinea il rapporto<br />

complementare tra Apollo e Dioniso, spirito e corpo,<br />

maschile e famminile, tre dualismi che sono contenuti nel<br />

binomio <strong>luce</strong>-ombra assunto da Fanete.<br />

In<strong>di</strong>ce delle sigle<br />

A Arrighetti, 1959<br />

ABC Asvaghosa: Buddha-Carita<br />

AMK Amara Simha<br />

AV Atharvaveda Samhìta<br />

BG Bhagavadgita<br />

BP Bhagavata-Purana<br />

BrP Brahmanda Purana<br />

BrU Brhad-Aranyaka Upanisad<br />

GG Gitagovinda<br />

K Kern, 1922<br />

KP Kallka Purana<br />

KS Kalidasa<br />

LAS <strong>La</strong>lita Sabasranama<br />

LM <strong>La</strong>lita-Mahatmya<br />

LP Linga-Purana<br />

MB Mahabharata<br />

PB Pancavimsa Brahmana<br />

RPS Rudresvara Samhìta: Parvatikhanda<br />

RSS Rudra-SamhIta, II<br />

RV Rg Veda<br />

RYS Rudrasamhita: Yuddhakhanda<br />

SKP Skanda Purana<br />

SP Siva-Purana<br />

TS Taittiriya Samhìta<br />

TR Trìpurarahasya<br />

US Umasamhita<br />

VP Vayu Purana<br />

1<br />

15


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Kalika Purana (X-XI sec.)<br />

{KP} a cura <strong>di</strong> Bìswanarayan Sastri, Chowkhamba Sanskrit Servite<br />

Office, Varanasi 1972.<br />

<strong>La</strong>lita-Mahatmya (400 ca.) [LM) in Brahmanda Purana,<br />

voli. IV, V, op. cìt.<br />

<strong>La</strong>tita Sahasranama (400 ca.)<br />

(MS) con il commento <strong>di</strong> Bhaskararaya, note e trad. ing. S.Y.<br />

Krishnaswamy, Sankara Educational Trust, Madras 1971.<br />

LInga-Purana (600-1000) (Z.P) a cura <strong>di</strong> J. L. Shastri, trad. ing. <strong>di</strong> un<br />

collettivo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi:<br />

Thè Linga-Purana, 2 voli., Motilal Banarsidass, Delhi 1973.<br />

Mahabharata (-400/ -300)<br />

[MB) trad. ing. Kisari Mohan Ganguli: Thè Mahabharata of<br />

KrIshna-Dwaì-Payana Vyasa. P.C. Roy, Calcutta 1883-1896, 100<br />

fascicoli; reprint: Munshiram Manoharlal, New Delhi 1981, 12<br />

voli.<br />

Pancavimsa Brahmana (PB) trad. ing. e note W. Caland: Thè Brahmana<br />

of Twenty five<br />

116


Chapters. Baptist Mission Press, Calcutta 1931; reprint: Sri Satguru<br />

Publications, Delhi 1982.<br />

Rgveda (-1500/ -1200)<br />

(RV) introd., note e trad. ìng. Ralph T. H. Griffith: Thè Hymns<br />

of thè Rgveda (1862); reprint: Motilal Banarsidass, Delhi 1976.<br />

Rgveda-Samhita wlth thè commentary of Sayanacharya, a cura <strong>di</strong> N.S.<br />

Sontakke, Tilak Maharashtra University, Vai<strong>di</strong>c Samsho-dhan Mandai,<br />

Poona, 4 voli.<br />

Rudra-SamhIta, II (Vili sec.) (/?SS) in Siva-<br />

Purana, voi. I, op. cit.<br />

Rudrasamhita: Yuddhakhanda (Vili sec.)<br />

[RYSÌ in Siva-Purana, voli. Il, op. cit.<br />

Rudresvara Samhìta: Parvatikhanda (Vili sec.) (flPS) in<br />

Siva-Purana, voli. II, op. cit.<br />

Siva-Purana (Vili sec.)<br />

(SP) a cura <strong>di</strong> J. L. Shastri, trad. ing. <strong>di</strong> un collettivo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi: Thè<br />

Siva-Purana (1970), 4 voli., Motilal Banarsidass, Delhi 1977.<br />

Skanda Purana ÌSKP) Venkatésvara Press, Bombay<br />

1909.<br />

Talttiriya Samhita (-XIII sec.)<br />

(TS) trad. ing. a cura <strong>di</strong> Arthur Berriedale Keith: Thè Veda of thè Black<br />

Ya'fus School entitied Taittiriya Sanhita, 2 voli., Har-vard University<br />

Press, Cambridge, Mass. 1914; reprint: Motilal Banarsidass, Delhi 1967.<br />

Tripurarahasya (Mahatmya Kbanda)<br />

(77?) a cura <strong>di</strong> Mukunda <strong>La</strong>la Sastri, introd. Narayan Sastri Khiste, Thè<br />

Chowkhambha Sanscrit Series Office, Benares 1932; trad. it. parziale in<br />

corso a cura <strong>di</strong> Silvia Schwarz.<br />

Umasamhita (Vili sec.) [US] in Siva-Purana,<br />

voi. IV, op. cit.<br />

Vayu Purana (III-IV sec.)<br />

(VP) a cura <strong>di</strong> Rajendralala Mitra, Asìatic Society of Bengal, Calcutta<br />

1880 (voi. 1), 1888 (voi. Il); reprint: Venkatesvar Press, Bombay 1933.<br />

II. Autori occidentali<br />

Anonimo<br />

220/300 Omelie pseudo-clementine, v. Mondésert 1945. 215/249<br />

Origine del mondo, [NHC II: 97, 24 - 127, 17] v. Mo-ral<strong>di</strong> 1982.<br />

Apione (I sec.) Omelie romane <strong>di</strong> Clemente Alessandrino, in Colli<br />

1977.<br />

Aristòfane (-414)<br />

Uccelli, a cura <strong>di</strong> Ezio Savino, in Pace. Uccelli. Pluto, Guanda,<br />

Milano 1977.<br />

Aristotele<br />

« Dell'anima », trad. it. Renato <strong>La</strong>urenti, Opere, voi. IV, <strong>La</strong>tèrza,<br />

Bari 1973.<br />

Arrighetti, Graziano (A)<br />

1959 Orfici. Frammenti, Boringhieri, Torino 1968; il curatore ha<br />

tradotto 204 dei 363 frammenti raccolti dal Kern (1922), quelli<br />

117


che « presumibilmente contengono gli elementi autentici dell'antica,<br />

originaria dottrina orfica » (1959: 9n.). <strong>La</strong> lettera A, oppure K, che<br />

precede il numero del frammento citato, rimanda alla numerazione<br />

Arrighetti o Kern.<br />

Cassin, Elena<br />

1968 <strong>La</strong> splendeur <strong>di</strong>vine. Introduction a l'elude de la mentalité<br />

mésopotamienne, Mouton, Paris-<strong>La</strong> Haye.<br />

Colli, Giorgio<br />

1977 <strong>La</strong> sapienza greca, voi. I, Adelphi, Milano.<br />

1978 Idem, voi. II. 1980 Idem, voi. III.<br />

Coomaraswamy, Ananda<br />

1945 « On thè Loathly Bride », in Speculum (Cambridge, Mass.), N. 20,<br />

pp. 391-404; ripreso in Coomaraswamy. I Selected Papers, a cura <strong>di</strong><br />

Richard Lipsey, Princeton University Press, Princeton 1977, pp. 353-370.<br />

Daniélou, Alain 1975 le Polythéisme Hindou, Buchet-ChasteI,<br />

Paris.<br />

Dasgupta, Shashi Bhusan 1946 Obscure Religious Cults, KLM,<br />

Calcutta 1976.<br />

Detienne, Marcel 1977 Dionysos mis a mort,<br />

Gallimard, Paris.<br />

Diodòro Sicuro (-80/-20)<br />

Bibliothecae, a cura <strong>di</strong> Vogel-Fischer, Teubner, Leipzig 1888-1906; -<br />

Liber XVI », a cura <strong>di</strong> Marta Sor<strong>di</strong>, <strong>La</strong> Nuova Italia, Firenze 1969.<br />

Eliade, Mircea<br />

1954 Le Yoga. Immortalità et llberté, Payot, Paris 1977; trad. it. G.<br />

Pagliaro: Lo Yoga. Immortalità e libertà, a cura <strong>di</strong> Furio Jesi, Rizzoli,<br />

Milano 1973.<br />

1972 Religions australiennes, Payot, Paris.<br />

1975 Hìstoire des croyances et des idées religleuses... Voi. I, Payot,<br />

Paris, trad. it. M. A. Massimello e G. Schiavoni: Sfor/'a delle credenze e<br />

delle idee religiose. Dall'età della pietra ai Misteri Eleusini, Sansoni,<br />

Firenze 1979.<br />

1978 Idem, voi. II, Sansoni, Firenze 1980. 1983<br />

Idem, voi. Ili, Sansoni, Firenze 1983.<br />

Ermia <strong>di</strong> Alessandria (V sec.) Commento al Fedro <strong>di</strong><br />

Fiatone, in Colli 1977.<br />

Esiodo<br />

Teogonia, trad. it. e note Francesco Gargìulo, Rizzoli, Milano<br />

1959.<br />

Filippani-Ronconi, Pio<br />

1960 Upanisad Antiche e me<strong>di</strong>e, introd., note e trad. it. P. F.-R.,<br />

Boringhieri, Torino 1977.<br />

Guthrie, William Keith Chambers 1935 Orpheus and Greek<br />

Religion, London 1952.<br />

Jeanmaire, H. 1951 Dionysos. Histoire du culto de Bacchus, Payot, Paris<br />

1978.<br />

Jung, Cari Gustav<br />

1950 « Ueber Mandalasymbolik », in Gestaltungen des Unbe-wussten,<br />

Rascher Verlag, Ziirich; trad. it. Lisa Baruffi: « Simbolismo del mandala<br />

», in G// archetipi e l'inconscio collettivo, Opere, voi. IX/1, Boringhieri,<br />

Torino 1980.<br />

118


1952 Symbole der Wan<strong>di</strong>ung... (1910), Rascher Verlag, Zurich;<br />

trad. it. Renato Raho: Simboli della trasformazione, Opere, voi. V,<br />

Boringhieri, Torino 1980.<br />

1962 Erinnerungen, Tràume, Gedanken von C.G. Jung, a cura <strong>di</strong> Aniela<br />

Jaffé, Rascher Verlag, Zurich; trad. it. Guido Russo e Silvano Daniele:<br />

Ricor<strong>di</strong>, sogni, riflessioni <strong>di</strong> C. G. Jung raccolti ed e<strong>di</strong>ti da Aniela Jaffé,<br />

Rizzo! i, Milano 1978.<br />

Kerényi, Kàroly 1951 Thè Gods of thè Greeks, Thames & Hudson,<br />

London 1961;<br />

trad. it. Vanda Tedeschi: Gli Dei e gli Eroi della Grecia, Garzanti, Milano<br />

1978.<br />

Kern, Otto (K)<br />

1922 Orphicorum Fragmenta, Weidmann, Berlino; trad. it. v. Arrighetti<br />

1959. <strong>La</strong> lettera K, oppure la A, che precede il numero<br />

del frammento citato, rimanda alla numerazione Kern o Arrighetti.<br />

<strong>La</strong>ttanzio, Firmiano (III-IV sec.)<br />

Divinae Institutiones. De Opificio dei. De ira dei. a cura <strong>di</strong><br />

Umberto Boella, Sansoni, Firenze 1973.<br />

Lobel, E., e D. Page 1955 Poetarum Lesblorum Fragmenta, Clarendon<br />

Press, Oxford.<br />

Macrobio (IV-V sec.) / Saturnalla, a cura <strong>di</strong> N. Marinone, Utet, Torino<br />

1977.<br />

Malalas, Giovanni (VI sec.)<br />

Cronografia, in Colli 1977.<br />

Mead, G.R.S. 1896 Orpheus. John Watkins, London<br />

1965.<br />

Mondésert, Claude<br />

1945 Clément d'Alexandrie, introduction a l'elude de sa pensée<br />

religieuse, Aubier-Montaigne, Paris.<br />

Moral<strong>di</strong>, Luigi 1982 Testi gnostici, Utet,<br />

Torino.<br />

O'Flaherty, Wendy Doniger<br />

1973 Ascetism and Eroticism In thè Mythology of Siva, Oxford<br />

University Press, London.<br />

Page, D. L. 1962 Poeta melici Graeci, Clarendon Press,<br />

Oxford.<br />

Fiatone<br />

Simposio, trad. it. a cura <strong>di</strong> Giorgio Colli (1960), Adelphi, Milano 1979.<br />

Proclo <strong>di</strong> Costantinopoli (V sec.)<br />

Commento al Timeo <strong>di</strong> Fiatone, in Colli 1977.<br />

In Platonis theologiam.<br />

Schwarz, Arturo<br />

1980 L'Arte <strong>dell'amore</strong> in In<strong>di</strong>a e Nepal ./ <strong>La</strong> Dimensione alche-mica del<br />

mito <strong>di</strong> Siva, <strong>La</strong>terza, Roma-Bari.<br />

1981 L'amour est l'erotismo: de quelques correspondances entre le<br />

pensée surrealiste et celles de l'alchimie et du tantrisme, relazione alla<br />

Sorbonne, Parigi, il 12.6.81, in Mélusine (Paris), n. 4 (1982) pp. 179-<br />

202; trad. it. ampliata: L'amore è l'erotismo:<br />

alcune corrispondenze tra Surrealismo, Alchimia e Tantrismo.<br />

1983 // culto della donna nella tra<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>ana, <strong>La</strong>terza Roma-Bari.<br />

1984 Introduzione all'alchimia in<strong>di</strong>ana, <strong>La</strong>terza, Roma-Bari.<br />

119


1985 « <strong>La</strong> <strong>di</strong>mensione materna, cosmogonica, illuminante ed erotica <strong>di</strong><br />

Vac », in Atti del III Convegno Nazionale dell'Associazione italiana <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong> sanscriti, A.I.S.S., Torino.<br />

Siegel, Lee<br />

1978 Sacred and Profane Dimensions of Love in In<strong>di</strong>an Tradì-tions as<br />

Exemplified in Thè Gitagovinda of Jayadeva, Oxford Uni-versity Press,<br />

Delhi.<br />

Tucci, Giuseppe<br />

1969 Ratl-Lila/Essai d'interprétation des représentatlons tantriques<br />

des temples du Nepal, trad. fr. Jean Marcadé, Nagel, Paris.<br />

120

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