Scarica l'itinerario di Terracina - Cultura Lazio
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Regione <strong>Lazio</strong> Comune <strong>di</strong> <strong>Terracina</strong> Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma<br />
“La Sapienza”<br />
Itinerari culturali<br />
Tirocini e valorizzazione del territorio<br />
7. Cimitero<br />
L’area occupata oggi dai fabbricati del cimitero civico insiste sui resti <strong>di</strong> un’antica<br />
villa romana del I secolo a.C., <strong>di</strong> cui è ancora visibile sul lato meri<strong>di</strong>onale<br />
della chiesa un grande muro in opera poligonale lungo quasi trentacinque metri.<br />
L’occupazione in età romana del sito è inoltre confermata dal rinvenimento nel<br />
sottosuolo <strong>di</strong> alcuni ambienti, probabilmente destinati alla raccolta dell’acqua, e<br />
<strong>di</strong> numerose iscrizioni funerarie, in molti casi de<strong>di</strong>cate a liberti.<br />
Nonostante la vicinanza al cosiddetto tempio <strong>di</strong> Giove Anxur, il<br />
sito fu <strong>di</strong>menticato per secoli, fino a quando, intorno alla<br />
metà del XVIII secolo, vi si inse<strong>di</strong>ò una comunità <strong>di</strong><br />
Passionisti, che lo trasformò in uno dei primi ritiri dell’or<strong>di</strong>ne,<br />
fondato nel 1728. La scelta del sito fu<br />
indubbiamente determinata dall’isolamento del<br />
luogo, ideale per una comunità eremitica de<strong>di</strong>ta<br />
principalmente alla contemplazione, e dalla presenza<br />
<strong>di</strong> acqua. Al convento fu annessa la chiesa oggi<br />
detta del Cimitero, costruita nel 1757 per volere del<br />
vescovo Gioacchino Oldo, come ricorda una delle<br />
due iscrizioni conservate nel portico, alla sinistra dell’ingresso.<br />
L’altra iscrizione commemora la visita alla<br />
chiesa da parte del pontefice Pio VI (1775-1799), avvenuta<br />
pochi anni dopo, nel 1781, nel corso dei lavori per il recupero della<br />
Piana Pontina e della Via Appia.<br />
La destinazione cimiteriale dell’area fu decisa in seguito all’e<strong>di</strong>tto napoleonico<br />
<strong>di</strong> Saint-Cloud del 1804, esteso all’Italia pochi anni dopo, che vietava, per<br />
motivi igienici, la sepoltura dei morti nei pressi delle chiese urbane e autorizzava<br />
solo quella nei cimiteri extraurbani. Sebbene a partire dagli anni Venti del<br />
XIX secolo si possa rintracciare nei Registri dei Defunti qualche spora<strong>di</strong>ca<br />
1. Duomo<br />
2. Chiesa <strong>di</strong> San Giovanni<br />
3. Chiesa del Purgatorio<br />
4. Chiesa <strong>di</strong> Santa Maria<br />
delle Grazie<br />
5. Chiesa della Madonna<br />
della Delibera<br />
6. Chiesa <strong>di</strong> San Domenico<br />
7. Cimitero<br />
8. Chiesa <strong>di</strong> San Francesco<br />
9. Arredo urbano<br />
10. Chiesa dell’Annunziata<br />
11. Chiesa del Santissimo<br />
Salvatore<br />
12. Monumento ai Caduti<br />
13. Chiesa dell’Istituto<br />
Antonelli<br />
tumulazione nel Camposanto, bisognerà attendere gli anni Settanta dello stesso<br />
secolo perché l’uso del cimitero <strong>di</strong>venti regolare, e si cessi <strong>di</strong> seppellire i<br />
propri morti nelle chiese urbane, in particolare in San Francesco, San<br />
Domenico e Santa Maria delle Grazie. Agli anni finali del XIX secolo corrispondono<br />
infatti le datazioni <strong>di</strong> almeno due dei monumenti sepolcrali più antichi<br />
e interessanti del cimitero, sistemati alla destra del viale principale: le<br />
tombe Sogliera (a) e Sarti (b), rispettivamente del 1888 e del 1891.<br />
Non si può escludere che inizialmente le sepolture fossero<br />
praticate anche all’interno della chiesa, benché ciò avvenisse<br />
principalmente per i padri Passionisti.<br />
La facciata principale della chiesa è articolata in due or<strong>di</strong>ni,<br />
tripartiti verticalmente da paraste, e caratterizzata dall’ingresso<br />
principale voltato ad arco e da due finestre<br />
nell’or<strong>di</strong>ne superiore. L’interno, preceduto dal portico, è<br />
a pianta centrale scan<strong>di</strong>to da quattro nicchie, una delle<br />
quali utilizzata per l’ingresso, e coperto da una cupola.<br />
Fino al 1991 nella chiesa si conservavano tre tele <strong>di</strong><br />
gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, oggi trasferite su tavola e sistemate<br />
nel Palazzo del Vescovado per le precarie con<strong>di</strong>zioni dell’e<strong>di</strong>ficio<br />
che le conteneva. Una <strong>di</strong> esse, raffigurante San<br />
Michele arcangelo (c) con la spada che schiaccia la testa del demonio<br />
e realizzata nel corso del XVIII secolo, rappresenta una copia dell’opera<br />
<strong>di</strong> Guido Reni conservata nella chiesa dei Cappuccini a Roma e celebrata da<br />
tutta la storiografia artistica settecentesca come simbolo della teoria del Bello<br />
Ideale. L’altra tela, sempre del XVIII secolo e realizzata in ambito locale, rappresenta<br />
l’insolito soggetto, <strong>di</strong>ffusosi in età barocca, <strong>di</strong> San Giuseppe col<br />
Bambino (d). La terza opera, con una Pietà (e), è del XIX secolo.<br />
a b<br />
c<br />
d e<br />
13<br />
Regione <strong>Lazio</strong>, CTR, Volo 1990, 1:10.000<br />
NN. 414070 - 414080 - 414110 - 414120<br />
Foto I. G. DANIELE Foto I. G. DANIELE<br />
Foto ARCHIVIO CRD<br />
Foto ARCHIVIO CRD Foto ARCHIVIO CRD<br />
4<br />
3<br />
2<br />
5<br />
1<br />
9<br />
6<br />
10<br />
8<br />
12<br />
11<br />
7<br />
Diocesi <strong>di</strong> Latina,<br />
<strong>Terracina</strong>, Sezze, Priverno