Auditorium - Associazione Italiana di Epidemiologia

29°Convegno annuale di epidemiologia 

L’epidemiologia per la politica 

la politica dell’epidemiologia 

Pisa, 7-9 settembre 2005 

Convegno organizzato dall’AIE 

dall’Assesorato per il diritto alla salute della Regione 

Toscana 

dall’Agenzia Regionale di Sanità Toscana 

dall’Azienda sanitaria Locale di Pisa 

dal Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di 

Fisiologia Clinica di Pisa

29° CONVEGNO ANNUALE DI EPIDEMIOLOGIA 

Segreteria A.I.E. 

Presidente: C.Cislaghi 

Vice Presidente: L.Bisanti 

Consiglieri: G.Assennato, F.Bianchi, S.Candela, I.Cortinovis, C.Magnani, 

P.Michelozzi, R.Pizzuti 

Comitato per il Programma 

A.Ancona, F.Baldasseroni, A.Barchielli, A.Biggeri, P.Bonanni, E.Buiatti, E.Chellini, 

B.Cravedi, E.Desideri, C.Galanti, M.Geddes, G.Giuliano, G.Gorini, M.Marchi, 

F.Mariani, N.Nante, E.Paci, D.Palli, G.Privitera, M.Romeri, G.Rossi, F.Rusconi, 

R.Saracci, N.Segnan, A.Seniori, B.Terracini, M.A.Vigotti 

Segreteria Organizzativa 

Segreteria Scientifica 

L.Migliorisi, V.Sabatini 

Segreteria Convegno ed Editing 

M.C.Imiotti, R.Panini, R.Taccini 

Segreteria Amministrativa 

C.Tromba, A.M.Messa, V.Ferrari

Indice 

Programma del Convegno 

Abstract delle comunicazioni libere 

7 settembre 

sessione A1……………………………………………………..……… 

sessione B1………………………………………………………..…… 

sessione C1………………………………………………………..…… 

8 settembre 

sessione A2…………………………………………………….…… 

sessione B2…………………………………………………….…… 

sessione C2………………………………………………….……… 

sessione A3……………………………………………….………… 

sessione B3……………………………………………………….… 

sessione C3…………………………………………………………. 

1 

15 

27 

261 

275 

287 

300 

311 

322 

Abstract dei gruppi che fanno epidemiologia…………………….………………… 125 

Abstract dei poster 

7 settembre…………………………………………………………………… 41 

8 settembre…………………………………………………………………… 333 

9 settembre…………………………………………………………………… 417 

Documenti per l’assemblea AIE 

Manifesto per l’equità………………………………………….………… 503 

No al fumo no ai fumi………………………………………………..…… 509 

Premessa del Presidente C. Cislaghi………………………………… 513 

Documenti ufficiali AIE 

Documento della commissione intersocietaria per la 

formazione dell’epidemiologo e del biostatistico…………….. 515 

Proposta di costituzione di Network Epidemiologici 

Regionali interassociativi………………………………………..…… 537 

Statuto AIE………………………………………………………….………… 539 

Regolamento AIE…………………………………………………………… 541 

Indice degli abstract …………………………………………………………………….………… 543 

Indice degli autori…………………………………………………………………………………… 551

1° corso AULA 29 

Introduzione al ragionamento 

epidemiologico per la 

valutazione dei risultati degli 

interventi 

Direttori del Corso: E.Paci, P.Michelozzi 

Il corso si rivolge a chi si accosta ora 

all’epidemiologia e vuole capirne i metodi e le 

potenzialità 

6 SETTEMBRE 

mattino (9.00-13.00) Concetti di base 

E.Paci : L’approccio epidemiologico : potenzialità e 

limiti. Gli studi di popolazione. Il Disegno dello 

studio: 

E.Crocetti : Popolazioni, eventi, stati, 

misure di frequenza e associazione 

L.Simonato : Flussi informativi e fonti dei dati 

pomeriggio (14.30-18.00) Tipi di studi 

CORSI DI FORMAZIONE PRE-CONVEGNO 

I CORSI SI TERRANNO PRESSO LA SEDE DEL CONVEGNO: 

CNR - Area di Ricerca di San Cataldo, via Moruzzi 1, Ghezzano,PISA 

E’ obbligatoria la pre-iscrizione con l’invio della quota di partecipazione 

R.Pirastu : Lo studio di coorte 

P.Michelozzi : Lo studio di popolazione : indicatori, 

analisi spaziali, cluster di malattia 

P.Mantellini : L’applicazione di un test diagnostico 

ad una popolazione. Il caso dello screening 

oncologico 

C.Visioli : Lo studio caso controllo come audit. Il 

caso cervice uterina 

7 SETTEMBRE 

mattino (9.00-13.00) La valutazione degli interventi 

sanitari 

C.Perucci : Tecniche di valutazione e gestione dei 

risultati .L’esempio del by pass coronarico 

N.Agabiti : Disuguaglianze socioeconomiche di 

accesso ai servizi 

G.Miccinesi : Sopravvivenza osservata, relativa e di 

periodo 

2° corso AULA 27 

Introduzione ai metodi 

avanzati dell'epidemiologia 

Direttore del corso: A.Biggeri 

Il corso si rivolge ai "principianti" 

dell'epidemiologia con un taglio culturale e si 

prefigge di far capire il senso e l’utilità dei metodi 

avanzati. 

6 SETTEMBRE 

mattino : Epidemiologia clinica 

9.00-10.30 A.Liberati : “Qualità dell’evidenza e 

forza delle raccomandazioni” 

11.00- 12.30 M. Baccini: “Metanalisi: obiettivi e 

aree tematiche; metanalisi di studi osservazionali” 

12.30-13.30 G. Viegi : “Studi longitudinali e serie 

temporali epidemiologiche” 

pomeriggio: Epidemiologia ambientale 

14.30- 16.30 R.Pirastu “Epidemiologia ambientale: 

obiettivi e disegni dello studio; sorveglianza e stime 

di impatto” 

17.00-18.00 F. Forastiere “Case crossover e caseonly 

in epidemiologia ambientale” 

7 SETTEMBRE 

mattino : Epidemiologia molecolare e genetica 

9.00-10.30 P. Vineis “Disegno dello studio per la 

valutazione dell’interazione tra genotipo ed 

ambiente” 

11.00- 12.30 D. Palli: “Obiettivi e metodi; 

tassonomia degli studi; interpretazione della 

letteratura “ 

12.30-13.30 A. Biggeri “Metodi bayesiani in 

epidemiologia”

3° Corso AULA 28 

La comunicazione in 

Epidemiologia 

Direttori del corso: B. Terracini, M.L. Clementi 

Il corso, rivolto agli epidemiologi, è finalizzato a 

migliorare la capacità di comunicare i risultati dei 

propri studi ai giornalisti. L’impronta del corso è 

operativa e verrà dato spazio al racconto delle 

esperienze di rapporto con la stampa in episodi 

pertinenti all’epidemiologia ambientale o valutativa. 

6 SETTEMBRE 

Mattino : (9.00 – 13.00) 

B. Terracini, “Introduzione ed esplicitazione degli 

obiettivi del corso” 

M.L. Clementi, “Come cambiano i rapporti con la 

stampa quando il ricercatore : 

a) lavora in una struttura dotata di ufficio stampa; 

b) si rivolge direttamente alle agenzie di stampa o a 

singoli giornalisti; 

c) viene interpellato da giornalisti”. 

C.Tromba, “Analisi di un caso di comunicazione dei 

risultati di uno studio di epidemiologia ambientale: 

MISA 2. 

G. Santucci “Come si legge la notizia da un altro 

punto di vista: il caso MISA 2 raccontato da un 

giornalista di quotidiano”. 

- Interventi/esperienze da parte degli epidemiologi 

- Discussione 

Pomeriggio (14.30 – 18.00) 

CORSI DI FORMAZIONE PRE-CONVEGNO 

I CORSI SI TERRANNO PRESSO LA SEDE DEL CONVEGNO: 


E’ obbligatoria la pre-iscrizione con l’invio della quota di partecipazione 

L. Ripamonti: “La notiziabilità: che cosa fa notizia?” 

L. Carra: “La retorica della notizia: come farsi 

leggere oltre le prime 5 righe” 

Esercitazione: scrittura di un comunicato stampa per 

dare notizia ai giornali di un articolo scientifico. 

Per tuttii e 3 ii corsii dii 

formaziione sono statii 

chiiestii all Miiniistero 

delllla Sallute 

ll’’assegnaziione deii 

crediitii ECM

L'epidemiologia nelle 

popolazioni che subiscono la 

guerra 

Seminario satellite organizzato dal gruppo di lavoro 

AIE: Epidemiologia & Guerra 

7 settembre ore 9.30 Auditorium 

Obiettivi del seminario : 

1. far conoscere gli scopi del gruppo "AIE & Guerra" agli 

altri membri dell'AIE; 

2. fare una riflessione sul ruolo dell'epidemiologia e dei 

bisogni di epidemiologia in tempo di guerra e in situazioni 

"estreme", tramite l’intervento di due esperti nel settore 

(Biagio Pedalino e Francesco Checchi); 

3. presentare, a cura di membri del gruppo, alcuni studi 

effettuati sugli effetti sulla salute della guerra, con 

particolare riferimento agli effetti su popolazioni. 

Programma 

Moderatori: Lucia Miligi, Giuseppe Gorini (CSPO, Firenze) 

9:30 Giuseppe Gorini (CSPO, Firenze) e Roberto Pasetto (ISS, 

Roma): Presentazione del gruppo AIE & Guerra 

9:50 Biagio Pedalino (epidemiologo, consulente indipendente): 

L'epidemiologia di campo e di intervento in Europa e nei 

Paesi in via di sviluppo 

10:10 Francesco Checchi (per Epicentre, Parigi): 

Documentazione della mortalità nelle emergenze umanitarie: 

l'approccio di Epicentre 

10:30 Angelo Stefanini (Università di Bologna): WHO in Palestina 

10:50 Break 

SEMINARI SATELLITE 

I SEMINARI SI SVOLGERANNO PRESSO LA SEDE DEL CONVEGNO: 


L’organizzazione dei seminari satellite è affidata ai soci. La partecipazione è libera 

11:15 Pirous Fateh-Moghadam (Osservatorio Epidemiologico, 

Trento): Vietnam: dai militari alle popolazioni. 

11:30 Fortunato D'Ancona (ISS, Roma): Stime di mortalità nel 

Darfur 

11:45 Antonio Gasparrini e Lucia Miligi (CSPO, Firenze): World 

Trade Center 

12:00 Rodolfo Saracci (IARC, Lione) Dalle vittime nella guerra 

del Golfo del 1991 a quelle nell'Iraq del 2003-2004 

12:20 Discussione 

13:00 Chiusura dei lavori 

La rilevanza dell'epidemiologia 

nella definizione del fabbisogno 

sanitario 

Seminario satellite organizzato dal gruppo 

regionale del Piemonte 

7 settembre ore 9.30 AULA 28 

Background 

Nella maggior parte dei paesi occidentali l’incremento della 

spesa sanitaria ha posto il problema delle modalità 

attraverso cui le risorse vengono distribuite. Il 

finanziamento dei soggetti erogatori avviene generalmente 

per quota capitaria pesata e formule allocative sono state 

costruite sulla base di modelli concettuali e operativi che 

prevedono livelli di complessità eterogenei. Le esperienze 

più significative in termini di raffinatezza nelle soluzioni 

adottate vengono dal modello inglese che tiene conto di 

una molteplicità di indicatori di uso dei servizi, di bisogno di 

salute e di offerta le cui associazioni vengono studiate 

attraverso l’impiego di modelli statistici complessi. 

In Italia la regionalizzazione del Servizio Sanitario 

Nazionale ha determinato il progressivo incremento delle 

quote di fondi regionali nel finanziamento dei servizi, ma il 

problema di come coniugare limitazione di risorse ed equità 

nei meccanismi di allocazione non è stato ancora risolto. 

Aspetti critici 

Mentre il tema della ripartizione del FSN sembra essere al 

momento maggiormente condizionato da livelli di influenza 

politico-amministrativi, i meccanismi di determinazione di 

criteri di riparto dei fondi regionali presentano criticità che 

presuppongono un rilevante contributo di componenti 

tecniche. L’identificazione dei fattori che dovrebbero 

influenzare la ripartizione delle risorse alle Aziende 

Sanitarie dipende: 1.dal modello concettuale di riferimento, 

che ha il compito di identificare i determinanti delle 

necessità di assistenza e le relazioni che intercorrono tra di 

essi e l’uso dell’assistenza sanitaria; 2.dalla ricchezza di 

informazione disponibile per misurare il peso di ogni 

determinante e delle singole interazioni tra i determinanti. 

Obiettivo del seminario 

Il Seminario costituisce un’importante occasione di 

discussione, che dovrà coprire sia i principali aspetti critici 

nei modelli concettuali e nelle metodologie, sia lasciare 

spazio alla descrizione delle principali esperienze che si 

stanno conducendo in Italia. Può inoltre costituire l’ambito 

ideale per dare maggiore centralità ai temi: -delle relazioni 

tra epidemiologia e decisione -del bisogno di salute, in 

termini di criticità nella definizione, nella capacità di misura 

e nei risvolti applicativi legati ai meccanismi di stima del 

fabbisogno sanitario.

IL CONVEGNO AIE 2005 

REGISTRAZIONI 

APERTURA 

SALUTI 

CONFERENZA INAUGURALE 

…per fare associazione 

Può aver stupito che nel programma del 

Convegno 2005 a Pisa la parte tematica 

sia ridotta ad una sola mezza giornata, 

mentre ci sono due mezze giornate 

dedicate alle comunicazioni spontanee, 

una alla presentazione dei gruppi ed una 

all’assemblea dei soci con un Ordine del 

giorno significativo. 

Tutto ciò non è ovviamente accaduto a 

caso; è stata una scelta su cui la 

segreteria AIE ha creduto e puntato: 

quella di favorire i momenti in cui 

maggiormente ci si sente associazione, in 

cui ci si conosce gli uni gli altri ed in cui 

ci si confronta. Trent’anni fa l’AIE era 

un piccolo gruppo di pionieri 

dell’epidemiologia, ed il sentirsi 

associazione veniva da sé, 

spontaneamente. Oggi ci sono quasi 

mille soci che negli anni sono passati in 

associazione e attualmente quelli in 

regola con il pagamento della quota 

sociale sono 351: crediamo che 

tranquillamente potremmo crescere 

almeno sino a 500, ma per riuscirci 

l’AIE deve da una parte mantenere il 

proprio livello di rigorosità scientifica e 

dall’altra deve ringiovanirsi, nelle idee e 

nelle persone. La speranza è quella di 

avere tra i soci sempre più giovani ed 

anche quella, però, di rincontrare molti 

degli amici che ultimamente, per il 

diversificarsi degli interessi e degli 

impegni, sono stati meno presenti. A tutti 

l’invito di “far insieme associazione”. 

SEDE DEL CONVEGNO: 

CNR - Area di Ricerca di San Cataldo, via 

Moruzzi 1, Ghezzano, PISA 

7 settembre 2005 Auditorium 

ORE 13.30 –15.00 

Registrazione dei partecipanti e versamento della 

quota di iscrizione 

ORE 15.00 – 15.15 

Apertura del convegno 

Cesare Cislaghi, Presidente AIE 

ORE 15.15 – 15.45 

Saluti e brevi interventi sul tema: 

“La rilevanza dell’Epidemiologia nelle istituzioni 

sanitarie della Toscana” 

Federico Gelli, Regione Toscana 

Mario Romeri, Presidente ARS 

Paolo Fontanelli, Sindaco di Pisa 

Luigi Murri, Preside Facoltà di Medicina 

Luigi Donato, CNR 

Bruno Cravedi, AUSL di Pisa 

Enrico Desideri, AO di Pisa 

ORE 15.45 -16.45 

Rodolfo Saracci: Ricordo di Richard Doll 

Conferenza di apertura 

Adriano Decarli : 

“I più recenti avanzamenti 

metodologici in Epidemiologia” 

ORE 16.30 Break 

ore 17.00: Sessioni parallele di comunicazioni 

spontanee

LE COMUNICAZIONI SPONTANEE 

Sono state selezionate da parte del Comitato per il programma 60 comunicazioni orali tra le 195 

proposte pervenute. La maggior parte delle escluse, che verranno presentate come Poster, erano 

meritevoli di presentazione orale, ma purtroppo non c’era il tempo per tutte. Le comunicazioni che 

verranno presentate sono state raggruppate in tre sessioni parallele ciascuna suddivisa in tre 

blocchi il 7/9 e l’8/9 pomeriggio. 

(Per ogni sezione sono indicati due moderatori e tra parentesi il consigliere AIE responsabile della sezione) 

COMUNICAZIONI SPONTANEE 

1 a sessione 

7 SETTEMBRE 

ORE 17 - Sessione A1 – Auditorium 

Moderatori: M.A.Vigotti, F.Voeller (G.Assennato) 

Dè Donato F, D'Ippoliti D, Michelozzi P, Accetta G, Kirchmayer U, 

Marino C, Perucci CA :Sistemi di allarme per la prevenzione degli 

effetti del caldo sulla salute: aspetti metodologici 

Di Cuonzo D, Zanetti R, Ponti A, Vicari P, Baldi I, Pagano E, 

Rosato R, Sacerdote C, Bordon R, Merletti F, Ciccone G.: Validità 

dei dati correnti per l'identificazione di casi incidenti di tumore 

Gabriele S, Cislaghi C, Costantini F, Innocenti F, Lepore V, Tediosi 

F, Valerio M, Zocchetti C. : I costi degli ultimi mesi di vita in Italia 

Baldi I, Ponti A, Zanetti R, Delmastri G, Vicari P, Rosato R, Merletti 

F, Segnan N, Ciccone G. : Integrazione dei dati di uno studio ad 

alta risoluzione con le schede di dimissione ospedaliera per la 

sopravvivenza nel tumore della mammella 

Bianchi F, Busby A, Dolk H, Kelly A, Rial M e il Cluster Advisory 

Service Working Group di EUROCAT. :Indagini e gestione dei 

cluaster: uno strumento europeo accessibile in Internet 

S. Benocci, C. Cislaghi, C. Galanti, F.Innocenti : Analisi dei 

determinanti della variabilità spaziale in Sanità. 

Zauli Sajani S., Scotto F., Lauriola P.: Un approccio diretto al 

problema della stima degli spostamenti a breve termine della 

popolazione nelle studi di serie temporali 

ORE 17 - Sessione B1 – AULA 27 

Moderatori: P.Morosini, G. Casaroni (F.Bianchi) 

Nuvolone D, Della Maggiore R, Maio S, Baldacci S, Angino A, 

Martini F, Borbotti M, Carrozzi L, Viegi G: Valutazione con 

approccio GIS degli effetti del traffico sulla salute respiratoria 

Pasetto R, Fazzo L: Gli studi di epidemiologia ambientale nelle 

aree oggetto di bonifica: contributo ai processi decisionali 

Picciotto S, Forastiere F, Von Klot S, Peters A, D'Ippoliti D, 

Stafoggia M, Perucci CA: Suscettibilità all'inquinamento 

atmosferico: nuovi ricoveri ospedalieri in una coorte di pazienti 

sopravvissuti ad un primo infarto 

Stafoggia M, Forastiere F, Agostini D, Biggeri A, Bisanti L, Cadum 

E, Caranci N, dè Donato F, De Lisio S, De Maria M, Michelozzi P, 

Miglio R, Pandolfi P, Picciotto S, Rognoni M, Russo A, Scarnato C, 

Perucci CA: Fattori di vulnerabilità individuale come modificatori di 

effetto della relazione tra elevate temperature e mortalità. Studio 

case-crossover in quattro città italiane, 1997-2003 

Michelozzi P, dè Donato F, Kirchmayer U, Accetta G, D'Ippoliti D, 

De Sario M, Marino C, Palange S, Perucci CA: Sistema nazionale 

di allarme per la prevenzione e la sorveglianza degli effetti del 

caldo sulla salute 

Biggeri A, Caranci N, Frasca G, Galletti G, Galassi C, Miglio R, 

Zauli S: Metodi di classificazione per l'individuazione di macro-aree 

a livelli omogenei di esposizione a inquinanti atmosferici 

Vigotti Maria Angela, Vito MR Muggeo, Moreno Demaria, 

Giovanna Berti, Ennio Cadum : Effetti della temperatura sulla 

salute e area di nascita nei residenti in Torino, 1972-2002 

ORE 17 – Sessione C1 – AULA 29 

Moderatori: G.Privitera, G.Gorini (L.Bisanti) 

Zuccotti Diana, Fateh-Moghadam P., Bagnardi V., Corrao G., 

Piffer S.: Accessi al dipartimento di emergenza in provincia di 

Trento, 2000-2002 

Eva Pagano, Di Cuonzo Daniela, Bona Cristina, Baldi Ileana, 

Gabriele Pietro, Ricardi Umberto, Rotta Paolo, Appiano Silvana, 

Bertetto Oscar, Merletti Franco, Segnan Nereo, Ciccone 

Giovannino: L’attività di radioterapia in Piemonte: utilizzo e 

validazione dell’archivio delle prestazioni ambulatoriali 

Alessandro Barchielli, Daniela Balzi, Alessandro Pasqua, Eva 

Buiatti: Andamenti temporali e differenze geografica nella 

incidenza dell’infarto miocardico acuto in Toscana tra il 1997 ed il 

2002: i dati del Registro Regionale Toscano dell’Infarto Miocardico 

Acuto 

Giarrizzo ML, De Giuli R, Pezzotti P, Bellomo E, Di Lallo D, 

Guasticchi G: Valutazione dell'appropriatezza dell'uso della ICF- 

Checklist all'interno del Sistema Informativo per l'Assistenza 

Riabilitativa (SIAR) della Regione Lazio, anno 2004 

Russo A, Mancini E, Ponti A, Segnan N, Rosselli Del Turco M, 

Zappa M e Bisanti L: Validazione del modello di Gail attraverso gli 

screening mammografici: risultati preliminari dello studio FRiCaM 

Picariello R, Petrelli A, Costa G: Differenze nell'uso di assistenza 

specialistica ambulatoriale in Piemonte: un'analisi ecologica 

condotta con modelli gerarchici 

Farchi Sara, Laura Camilloni, Paolo Giorgi Rossi, Francesco Chini, 

Piero Borgia, Gabriella Guasticchi.: Mortalità di una coorte di 

anziani traumatizzati: il ruolo delle patologie croniche 


2a sessione 

8 SETTEMBRE 

ORE 15 – Sessione A2 – Auditorium 

Moderatori: A.Seniori, L.Fazzo (S.Candela) 

Falcone S, Blengio G, Castellani E: Analisi geografica della 

mortalità nell'area circostante il Comune di Porto Tolle - Anni 1995- 

1999 

Greco F, Carrozzi G, Goldoni C, De Girolamo G, Garaffoni G, 

Verdini E: Rappresentazione geografica della mortalità in Emilia- 

Romagna dal 1998 al 2003 

Maule M, Mirabelli D, La Vecchia C, Merletti F: Distribuzione 

geografica del rischio di mortalità per tumore maligno della pleura 

in Piemonte (1980-2000): un approccio bayesiano per l'analisi di 

dati correnti 

D'Amico MR, Martina L, Santoro M, Pizzuti R: La mortalità evitabile 

in Campania negli anni 1982-2001 

Minichilli F, Pierini A e Bianchi F: Malformazioni congenite in 

Toscana: analisi descrittiva e distribuzione spaziale del rischio 

D'Ovidio M, Cernigliaro A, Pollina Addario S, Fantaci G, Nano M, 

Michelozzi P, Dardanoni G, Perucci CA La mortalità in Sicilia dal 

1985 al 2000 

Vigotti Maria Angela, A.M. Romanelli, M.A. Protti, M.Raciti, 

F.Bianchi: Analisi della mortalita’ in base alla durata di residenza 

nella citta’ di Pisa,1990-1999

ORE 15 – Sessione B2 – AULA 27 

Moderatori: N.Nante, L.Bisceglia (C.Cislaghi) 

Capon A, Mastromattei A, Di Lallo D, Simeoni S, Guasticchi G: 

Incidenza e determinanti delle cadute in un gruppo di anziani 

assistiti da MMG nella provincia di Latina 

Martiello Michele A., Cipriani Francesco, Voller Fabio, Giacchi M. , 

Buiatti Eva: Mortalità per traumatismi e avvelenamenti in Toscana. 

Bisceglia L, Vimercati L, Lo Izzo A, Cuccaro F, de Nichilo G, De 

Vincentis L, Bongermino L, Assennato G: Epidemiologia delle 

patologie muscolo-scheletriche di natura professionale in Puglia 

Quarta D, Bena A, Pasqualini O, Dalmasso M, Debernardi ML, 

Rizzoli E: Il rischio infortunistico nei lavoratori stranieri: uno studio 

condotto nei cantieri dell'alta velocità Torino-Novara 

Little D, Valent F, Barbone F, Nemer L, Vincenten J, Mackay M: 

Infortuni dei bambini in Italia: piano per azione 

Gian Luca Di Tanna, Girling Alan: Modellizzazione del costo 

efficacia dello screening per l’individuazione della mobilizzazione 

asettica a seguito di intervento di artroprotesi d’anca (THR). 

Pasquini Jacopo, C. Lorini, F. Voller, A. Berti, F. Cipriani, E. 

Buiatti: Epidemiologia degli incidenti stradali in Toscana 

ORE 15 – Sessione C2 – AULA 29 

Moderatori: C.Galanti, A.Bossi (I.Cortinovis) 

Assedi M, Masala G, Salvini S, Ambrogetti D, Ermini I, Martinez M, 

Tanzini D, Giorgi D, Rosselli Del Turco M, Palli D: Attività fisica e 

densità mammografica: uno studio prospettico 

Legittimo P, Miligi L, Magnani C e il gruppo di lavoro SETIL: 

Definizione dell'esposizione lavorativa a campi magnetici dei 

genitori dei bambini dello studio caso-controllo SETIL 

Colais P, Fantini MP, Arcà M, Fusco D, Belletti M, Savoia E, 

Taglioni M, Perucci CA: Giorno e ora di presa in carico influenzano 

la qualità dell'assistenza ai pazienti con infarto miocardico acuto? 

Uno studio pilota presso il Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna 

Luberto F, Cassinadri M, Collini G, Romano C, Candela S: 

Mortalità infantile in provincia di Reggio Emilia in relazione alla 

provenienza geografica dei genitori 

Caldarella A, Crocetti E, Intrieri T, Sacchettini C, Paci E: 

Eterogeneità prognostica in pazienti con carcinoma polmonare non 

a piccole cellule pN1: implicazioni cliniche 

Piccinini P, Viviani L, Padoan R, Bossi A: Le diagnosi di fibrosi 

cistica in età adulta: forme lievi della malattia o ritardi diagnostici? 

Snidero Silvia, Morra Bruno, Corradetti Roberto, Passali Desiderio, 

Gregori Dario, the ESFBI Study Group: L’incidente da corpo 

estraneo nelle vie aero-digestive superiori nei bambini: risultati 

dell’ESFBI Study 


3a sessione 

8 SETTEMBRE 

ORE 17.15 – Sessione A3 – Auditorium 

Moderatori: F.Rusconi, A.Petrelli (C.Magnani) 

Del Bufalo E, Burgio A, Battisti A, Rosano A: Fattori socioeconomici 

e occorrenza di difetti congeniti 

Bianchi C, Fagiolo L, Montomoli C, Frova L, Pappagallo M, Caffari 

B, Traversa G: Mortalità infantile in Italia: SIDS e altre cause 

inattese 

Gasparrini A, Marcolina D, Albertini M, Fondelli MC, Tamang E, 

Gorini G, Nebot M: Valutazione dell'esposizione a fumo passivo in 

luoghi pubblici e considerazioni sull'efficacia della nuova 

legislazione in materia 

Cesaroni G, Forastiere F, Perucci CA: Posizione socioeconomica 

e parto cesareo 

Pirani M, Schifano P, Agabiti N, Davoli M, Caranci N, Perucci CA: 

Ospedalizzazione potenzialmente evitabile nella città di Bologna, 

1997-2000: andamento temporale e differenze per livello di reddito 

Agabiti N, Picciotto S, Cesaroni G, Forastiere F, Perucci C.: Stato 

socioeconomico e interventi di protesi d'anca: uno studio 

retrospettivo a Roma 

ORE 17.15 – Sessione B3 – AULA 27 

Moderatori: M.Marchi, A. Russo (P.Michelozzi) 

Marinaccio A, Gorini G, Mastrantonio M, Montanaro F: Mortalità 

per mesotelioma in Italia nei prossimi trenta anni: previsioni sulla 

base di un modella età/coorte e dei consumi di amianto 

Ceroti M, Saieva C, Krogh V, Vineis P, Tumino R, Panico S, 

Masala G, Gozales CA, Riboli E, Palli D: Consumo di alcol e 

rischio di cancro gastrico nella coorte europea EPIC: risultati 

preliminari 

Pizzo AM, Alberghini S, Ciapini C, Fondelli C, Gorini G, Innocenti 

A, Silvestri S, Seniori Costantini A: Patologia tumorale negli addetti 

alla produzione di rotabili ferroviari 

Pitarella S, Ponti A, Zanetti R, Segnan N .: Epidemiologia del 

carcinoma duttale in situ della mammella 

Sacerdote Carlotta, A.Ponti, R.Bordon, S.Pitarella, M.P.Mano, 

A.Vigna Suria, I.Baldi, D.Di Cuonzo, M.Tomatis, E.Mura, 

G.Ciccone, P.Vineis, N.Segnan : Specializzazione e 

adesione alle linee guida cliniche sul carcinoma della mammella: 

studio di popolazione in Piemonte. 

Randi Giorgia, Andrea Altieri, Silvano Gallus, Silvia Franceschi, 

Eva Negri, Renato Talamini, Carlo La Vecchia: Cirrosi e rischio di 

tumore dell’apparato digerente. 

ORE 17.15 – Sessione C3 – AULA 29 

Moderatori:F.Bonanni, S.Farchi (R.Pizzuti) 

Giorgi Rossi Paolo, Federici Antonio, Farchi Sara, Chini 

Francesco, Barca Alessandra, Guasticchi Gabriella, Borgia Piero.: 

Valutazione degli esiti precoci dello screening mammografico: 

osservazioni dalla pratica corrente 

Di Napoli A. Pezzotti P, Di Lallo D, Trivelloni C, Guasticchi G per il 

Registro Dialisi del Lazio: Epidemiologia dell'infezione da virus 

dell'epatite C in persone in emodialisi 

Senore C, Armaroli P, Segnan N, Silvani M; Andreoni B; Bisanti L, 

Marai L; Castiglione G, Grazzini G, Taddei S; Gasperoni S, 

Giuliani O; Malfitana G; Marutti A, Genta G: Confronto tra diverse 

strategie di screening per il cancro colorettale: i determinanti della 

partecipazione 

Marcon A, Janson C, Jarvis D, De Marco R: Predittori a lungo 

termine della riduzione della funzionalità respiratoria negli 

asmatici: risultati dello studio ECRHS II 

Pisa FE, Giuliani C, Busetti M, Saitto C e referenti regionali 

infezioni nelle organizzazioni sanitarie: Fattori di rischio di infezioni 

del sito chirurgico in interventi di riparazione di ernia inguinale 

Accordini S, Cerveri I, Corsico A, Jarvis D, Janson C, Burney P, 

Verlato G & de Marco R on behalf of the ECRHS II Steering 

Committee: Lo stadio 0 delle linee guida internazionali Global 

Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD) è un buon 

predittore dell'incidenza della broncopneumopatia cronica 

ostruttiva (BPCO)? Risultati preliminari dell'indagine European 

Community Respiratory Health Survey (ECRHS) II.

I POSTER 

Sono stati annunciati 135 poster che saranno suddivisi in 3 sessioni giornaliere. 

Gli autori dovranno affiggere il Poster nello spazio numerato corrispondente al numero 

qui di seguito indicato. I posters dovranno essere affissi tra le ore 9.00 e le 10.00 e rimossi 

tra le ore 18.00 e le 19.00. I poster non rimossi alla sera saranno purtroppo cestinati. 

1 a sessione Poster 

7 settembre ore 9.00-19.00 

1-Polesel J, Talamini R, Bagnardi V, Levi F, Zucchetto A, La 

Vecchia C, Franceschi S, Dal Maso L-Spline models per la stima 

di effetti dose-risposta negli studi caso-controllo 

2-Uva Alessio, Fosca Giannotti, Anna Romanelli, Maria Angela 

Protti, Fabrizio Bianchi, Maria Angela Vigotti. -I ricoveri ospedalieri 

a Pisa: ricerca di associazioni spazio-temporali tramite l'utilizzo di 

tecnologie per il Knowledge Discovery in Data Base (KDD) 

3-Chiusolo Monica, Dario Mirabelli, Maria Luisa Petroni, Franco 

Balzola, Franco Merletti- Effetti a lungo termine dell’obesità in età 

infantile e adolescenziale 

4-Rusciani R, Petrelli A, Gnavi R, Demaria M, Costa G- 

Eterogeneità e clustering nell'ospedalizzazione in Piemonte: 

alcune evidenze dall'atlante sanitario regionale 

5-Lombardo F, Schifano P, Bargagli AM, Davoli M, Rossi C-Il 

tempo di latenza tra il primo uso di eroina e la prima richiesta di 

trattamento: analisi dei possibili determinanti 

6-Chini Francesco, Farchi Sara, Paolo Giorgi Rossi, Raffaella 

Amato, Mario Greco, Valeria Greco, Piero Borgia-Sorveglianza 

integrata degli incidenti stradali: risultati preliminari 

7-Silvestri Stefano, C. Ciapini, A. Seniori Costantini-La costruzione 

di una matrice mansione/esposizione ad amianto presso una ditta 

di produzione di rotabili ferroviari 

8-Spada Elena, Antonio Balsamo, Silvano Milani- Prevenzione del 

sovrappeso e dell’obesità: quali valori soglia di BMI si devono 

adottare nell’infanzia e nell’adolescenza. 

9-Ceccarelli M, Gelormino E, Pagano E, Ciccone G- Linee guida 

per i tumori rari: applicabilità di sistemi di grading delle 

raccomandazioni 

10-Cernigliaro A, Fano V, Pollina Addario S, Caruso S, Fantaci G, 

Forastiere F, Perucci CA, Scondotto S- Mortalità e ricoveri a 

Biancavilla (CT), sito di interesse nazionale 

11-Visentin C, Schievano E, Fedeli Ugo, Milan G, Brocco S, Alba 

N, Spolaore P- Uso delle SDO per valutare gli effetti delle ondate 

di calore 

12-Federici A, Borgia P, Guasticchi G, Ricciardi A, Mennini FS, 

Palazzo F- I costi dello screening per il cancro della mammella 

13-Pasquini Jacopo, Berti A., Cipriani F., Voller F.- Nuovo Codice 

della Strada e Pronto Soccorso: percorso per una Consensus 

14-Clagnan E, Franzo A, Zanier L, Saitto C- Migliorare la qualità 

del prelievo del Pap test richiede un intervento personalizzato sugli 

operatori 

15-Santoni S, Di Lallo D, Guasticchi G - Accesso alle cure 

ostretiche e neonatali per i parti e neonati altamente pretermine 

16-Grandori L, Gatti MG, Goldoni CA - Percorso di miglioramento 

della sorveglianza e della gestione degli eventi avversi delle 

vaccinazioni nell'infanzia nella provincia di Modena 

17-Chiusolo M, Soldati S, Ivaldi C, Gallone G-Valutazione 

dell'appropriatezza nell'uso dei farmaci per il trattamento delle 

pollinosi e dell'asma allergico 

18-Mangone L, Caroli S, Pezzarossi A, Storchi C, Candela S-La 

sopravvivenza dei tumori del colon-retto a Reggio Emilia in epoca 

pre-screening. Analisi per stadio e dati preliminari di correlazione 

con le condizioni socio-economiche 

19-Pergolizzi S, Graci M, Candela S-Il profilo di salute degli 

immigrati nella provincia di Reggio Emilia: la comunità cinese 

20-Tavormina E, Fano V, Cernigliano A, Pollina Addario S, 

Scondotto S-Analisi della mortalità (anni 1995-2000) e dei ricoveri 

ospedalieri (anni 2001-2003) nell'area di Salemi, Sicilia 

22-Cacciani Laura, Giovanni Baglio, Emanuela Forcella, Marco 

Pignocco, Angela Spinelli, Salvatore Geraci, Gabriella Guasticchi- 

Progetto OSI: sperimentazione di un flusso di dati sanitari per gli 

immigrati irregolari in Italia 

23-Benvenuti A, Miligi L, Seniori Costantini A, Veraldi A, Vineis P e 

WILL-Uso personale di tinture per capelli e rischi di tumori maligni 

del sistema emolinfopoietico 

24-Sampogna Francesca, Tabolli S, Aparo U., Abeni D., Improve 

Study Group-La qualità della vita in pazienti con psoriasi: confronto 

con altre patologie croniche 

25-Fusco Moffa I, Giamo MD, Petrella M-Morti e ricoveri per gli 

eccessi di PM10 a Perugia nel 2004: tra scandalo e oblio 

26-Baussano I, Bugiani M, Migliore E, Mairano D, Tagna M, 

Barocelli AP, Cascio V e Piccioni P-Indicenza dell'infezione 

tubercolare latente negli operatori sanitari in un'area a bassa 

prevalenza di malattia tubercolare 

27-Blengio G, Castellani E, Cappi S, De Nicola I-Stima 

dell'abitudine al fumo di tabacco nella provincia di Verona, ricavata 

da studi trasversali di popolazione 

28-Bendinelli B, Masala G, Pizzi C, Assedi M, Zanna I, Ermini I, 

Giovacchini V, Martinez M, Tanzini D, Zacchi S, Salvini S, Sera F, 

Palli D-Valutazione della variazione di peso nell'arco di 10 anni in 

una serie di oltre 8.000 adulti toscani: lo studio EPIC-Firenze 

DiOGenes 

29-Bidoli E, Bruzzone S, Pappagallo M, French S, Franceschi S, 

Vicario G, Zanier L-Completezza e concordanza delle schede di 

morte codificate in Frilu-Venezia Giulia Vs quelle prodotte 

dall'ISTAT, 1999-2001 

30-Minichilli F, Frijia F, Lombardo F, Bianchi F, Bongioanni P, 

Montanaro D-Diffusione e spettroscopia come misure surrogate 

della Sclerosi Laterale Amiotrofica 

31-Peretti Ilaria, Baldacci S.,Della Maggiore R. , Martini F., 

Nuvolone D., Stortini A., Viegi G..- Effetti dell’aerosol marino sulla 

salute umana: indagine epidemiologica su un campione 

georeferenziato della popolazione adulta di Livorno. 

32-Sartori Samantha, Pattaro Cristian, Rava Marta, Bono Roberto 

, De Marco Roberto-Agreement between NO2 passive samplers 

and urban monitoring stations. 

33- Savonitto Cecilia, Schiava Flavio-Una corretta informazione 

come strumento della politica della sicurezza stradale 

34-Stefanini Angelo-Salute e decisione politiche 

35-Sampogna F, Tabolli S, Aparo U.L., Abeni D e lo IMPROVE 

Study Group-La qualità della vita in pazienti con psoriasi: confronto 

con altre patologie croniche 

36-Battistella Giuseppe, Zarattini Antonella-Consumo di 

antimicrobici sistemici tra i bambini delle scuole materne e 

dell’obbligo nell’Azienda ULSS di Treviso 

37-Tabolli S, Sampogna F, Aparo U.L., Pasquini P., Picardi A, 

Abeni D- Qualità della vita delle persone con patologie 

dermatogoliche a DRG

38-Mannocci A, La Torre G, Miele L, Berloco F, Chiaradia G, 

Forgione A, Gianfagna F, Vero V, Gabrieli ML, Gallo A, Gasparrini 

G, Ricciardi W, Grieco A- Fattori di rischio nella trasmissione 

intrafamiliare del virus dell'epatite C nel centro Italia 

39-Lavia B, Pisa F, Centonze S, Clagnan E, Moscriello F, Saitto C- 

Valutazione dell'effetto dei corsi di formazione di triage di 

accettazione di Pronto Soccorso in due ospedali della regione 

Friuli Venezia Giulia 

40-Petronio MG, Bassi S, Tofani L, Pineschi G, Errico SV, Mazzoni 

G, Miligi L- Campi elettromagnetici (CEM) a 50HZ generati da 

elettrodotti: l'attività di prevenzione tra principio di precauzione e 

nuove disposizioni normative 

41-Giorgi Rossi Paolo, Federici Antonio, Bartolozzi Francesco, 

Farchi Sara, Borgia Piero, Guasticchi Gabriella.- Determinanti 

dell’adesione e motivi di non adesione allo screening del cancro 

del colonretto 

42-Crispo A, D'Aiuto G, De Marco MR, Rinaldo M, Capasso I, 

Amore A, Grimaldi M, Montella M- Il modello di Gail nelle donne 

mediterranee: analisi della storia familiare estesa a più gradi di 

parentela 

43-Gengotti Francesca, Di Marco Mariasilvia, Bugli Silvia, 

Bergamaschi Anna- Interventi di rete e promozione della salute 

44-Sampietro G, Rocchi S, Ghisleni S, Giavazzi L, Pirola C, Rota 

A, Rabagliati C, D'Affronto C, Guaiana R, Cavalieri d'Oro L e Silva 

S-Studio osservazionale retrospettivo sulle complicanze in seguito 

ad intervento cardiochirurgico valvolare nei centri specializzati 

della provincia di Bergamo 

45-Pezzotti P, Giarrizzo ML, Di Lallo D, Papini P, Guasticchi G- 

L'evoluzione dell'attività di ricovero nei reparti di riabilitazione del 

Lazio: 1996-2003 



1-Monica Da Frè Monica, Marwan Habiba, Manuel Marín Gómez, 

Monique Kaminski, Karel Marsal, Otto Bleker, Wolfgang Heyl, 

Secondo Guaschino, Hélène Grandjean, Paul Gratia, David 

Taylor, Marina Cuttini-Il cesareo su richiesta: confronto delle 

attitudini dei medici ostetrici in otto paesi europei 

2-Rognoni M, Russo A, Agostini D, Biggeri A, Cadum E, Caranci 

N, De Donato F, De Lisio S, De maria M, Forastiere F, Michelozzi 

P, Miglio R, Pandolfi P, Perucci CA, Picciotto S, Scarnato C, 

Stafoggia M, Bisanti L-Elevate temprature e mortalità; analisi 

mediante il disegno case-only della modificazione d'effetto 

prodotta dalle condizioni morbose croniche concomitanti 

3-Baldisera S, Visintin S, Pisa F, Saitto C-Analisi delle prescrizioni 

di farmaci antitrombotici per la prevenzione secondaria dell'ictus 

4-Porcelli V, Viviani L, Bossi A, Bianchi ML-Presentazione di un 

registro internazionale delle fratture da fragilità ossea 

5-Barchielli Alessandro, Balzi Daniela-Impatto degli incidenti 

stradali nel comune di Firenze: valutazione dei danni alla salute e 

dei costi sanitari mediante l’uso integrato di archivi sanitari e della 

polizia municipale. 

6-Coviello Enzo- Stime di sopravvivenza per i Regiastri Tumore 

con STATA 

7-Casotto V, Cuttini M, Biggeri A, Saracci R per il gruppo di lavoro 

EURONIC-Porre limiti alle cure intensive neonatali: in quali 

situazioni? Risultati tratti dallo studio EURONIC 

8-Scotto Fabiana, Zauli Sajani Stefano Lauriola Paolo,Pandolfi 

Paolo, Agostini Daniele, Miglio Rossella - Mortalità e disagio 

bioclimatico estivo nell’area urbana di Bologna. Analisi della serie 

storica 1989-2003. 

9- Romanelli Anna M., M.A. Protti, M. Raciti, V. Leone, S. Maio, L. 

Marchini, R. Della Maggiore, R. Fresco,G. Bertelloni, M. Bonfanti, 

M.A. Vigotti -Esperienza di Record Linkage tra i dati dell’archivio 

anagrafico del comune di Pisa ed i dati di mortalità e di ricovero 

dell’ASL 5 pisana 

10- Ranzi Andrea, L. Erspamer, R. Ricci, M. Cantarelli, G. 

Gramolini, R. Bacchi, P. Lauriola-L’integrazione dei dati ambientali 

e sanitari al servizio delle amministrazioni e dei cittadini: l’esempio 

degli inceneritori di Coriano 

11-Musti M., Cavone D., Convertini L., Massaro T., Montagano G., 

Cauzillo G.-L’esposizione ambientale a fibre di tremolite nel 

territorio della regione Basilicata: i dati del Renam Cor Basilicata 

12-Montico M. Chiurco A, Cuttini M e Davanzo R-Farmaci e 

allattamento al seno: le conoscenze delle donne 

13-Canova Cristina, De Dottori M., Tessari R., Simonato L.- 

L’utilizzo di archivi elettronici nell’indagine eziologia sul ruolo di 

malattie croniche sul maligne nel rischio di tumore. 

14-Rava Marta, S.Sartori, C.Pattaro, R.Melotti . G.Verlato, R.Bono, 

R.de Marco .-Un modello per la previsione dell’esposizione 

domestica al biossido di azoto 

15-Capon A, Mastromattei A, Di Lallo D, Simeoni S, Guasticchi G- 

Il monitoraggio degli eventi avversi tra gli ospiti delle RSA del lazio 

nell'estate 2004 

16-Migliaretti Giuseppe, Gregori Dario, Cavallo Franco- 

Inquinamento urbano e malattie dell’apparato respiratorio: due 

modelli per la stima dei rischi a confronto 

17-Frammartino B, Stivanello E, Dallolio L, Fantini MP, Cacciari P, 

Fusco D, Arcà M, Perucci CA-Il parto cesareo in Emilia-Romagna: 

validità e riproducibilità delle informazioni ottenute attraverso SDO 

e CedAP 

18-Caranci N, De Maria M, Cadum E, Russo A, Rognoni M, Bisanti 

L, Stafoggia M, De Donato F, Forastiere F-La vulnerabilità 

individuale come modificatore di effetto nella relazione tra ondate 

di calore e mortalità: studio case-crossover nelle città di Torino e 

Milano, un approfondimento sugli attributi socio-economici 

19-Chianca A, D'Argenzio A, Pizzuti R-Valutazione e monitoraggio 

dei programmi organizzati di screening della cervice uterina in 

Regione Campania nel 2004 

20-Curzio O, Rossi G, Mariani F-Prevalenza di utilizzatori di 

oppiacei nella Regione Liguria: applicazione del metodo catturaricattura 

con covariate 

21-Baldacci S., Borbotti M., Scognamiglio A., Angino A., Piegaia 

B., Martini F., Di Pede F., Pistelli F., Carrozzi L., Viegi G. -La 

comorbidità psichiatrica nella broncopneumopatia cronica 

ostruttiva (BPCO). 

22-Alessi D, Mosso ML, Dama E, Zuccolo L, Pastore G, Magnani 

C-Analisi della rispondenza in uno studio di popolazione sulla 

valutazione della qualità di vita e dello stato di salute delle persone 

adulte guarite dopo un tumore maligno in età pediatrica 

23-Franchini M, Casini M, Mugnaini E-Dalla caratterizzazione 

socio-sanitaria della popolazione anziana alla predisposizione di 

Piani Integrati di Salute: un esempio di analisi integrata della 

domanda per la programmazione di interventi 

24-Gargano Romana, Mondello M., Zirilli A., Marseglia L., 

Manganaro R., Gemelli M.ù-Un'indagine sui fattori che influenzano 

l'avvio e la durata dell'allattamento al seno. 

25-Melotti R, Verlato G, Marinoni A, Cerveri I, Carrozzi L, Bugiani 

M e de Marco R-Time trends in smoking habits among young 

Italian adults 

26-Miligi L, Carli P, Benvenuti A, Legittimo P, Chiarugi A, Petrini N, 

Stanghellini E, Di Simplicio F, Carnevale F, Fiumalbi C, Grifoni D, 

Zipoli G, Sartorelli P, Mancini R-Lavoratori outdoor ed esposizione 

a radiazione solare ultravioletta 

27-Renzi C, Di Pietro C, Gisondi P, Tabolli S-Il coinvolgimento dei 

pazienti nelle scelte terapeutiche 

28-Sottini D, Fernicola C, Indelicato A, Scarcella C, Magoni M, 

Donato F-Concentrazioni ematiche di PCB in operai in passato 

addetti a reparti di produzione: andamento temporale e 

associazione con l'omeostasi endocrina 

29-Gianicolo EAL, Portaluri M, Serinelli M, Iaia C, Leo CG, 

Distante A-Profilo sociale, economico e sanitario dei pazienti 

oncologici dell'aria Jonico-Salentina (Progetto PROSES) 

30-Di Tanna Gian Luca, Barbara Bordini, Federico Silipo, Monica 

Fiorini, Antonella Negro, Susanna Stea, Aldo Toni, Giampiero 

Pirini, Roberto Grilli , Salvatore Ferro.-Analisi costo efficacia degli 

interventi di artroprotesi d’anca. Risultati preliminari. 

31- Buja Alessandra, Cartei G., Zustovich F., Perissinotto E., 

Rausa G., Da Prà M., Farina G., Zovato S., Buttarello M.-Ca125 

come marker tumorale nell’uomo

32-Berti G, Ivaldi C, Soldati S, Cadum E-Le stime di impatto 

basate sull'evidenza epidemiologica a supporto delle strategie 

d'intervento per la riduzione dell'inquinamento atmosferico 

33-Montella M, Crispo A, Grimaldi M, Marzano A, Giudice A, 

Tridente V, Ronga D -Prevalenza dell'infezione da epatite B e C 

negli utenti della divisione di medicina trasfusionale dell'Istituto 

Tumori di Napoli 

34-Mezzetti F, Cavrini G, Collina N, Pacelli B, Pandolfi P-Qualità 

della vita percepita correlata allo stato di salute: risultati di 

un'indagine condotta su 50 comuni della provincia di Bologna 

35-Porta D, Forastiere F, Di Lallo D, Perucci CA-Genetica e 

ambiente: studio prospettico sull'infanzia in Italia (GASPII) 

36-Rosmini F, Poltronieri E, Ferrigno L, D'Angelo F-Ricerca su 

soggetti umani e precauzioni etiche all'Istituto Superiore di Sanità 

(ISS) 

37-Panizza C, Ercolanelli M-Studio di coorte di lavoratori di 

fonderia di ghisa di seconda fusione 

38-Gaddini A, Franco F, Di Lallo D, Biscaglia L-Ricorso al ricovero 

in reparti non psichiatrici in una coorte di soggetti con diagnosi di 

schizofrenia 

39-Enrico Burato, *Graziella Borsatti, Camelia Tiron, Alberto Rigo- 

L’epidemiologia strumento per la gestione del rischio clinico. 

Esperienza dell’A.O. “Carlo Poma” di Mantova. 

40-Barbini N, Sera F, Squadroni R, Andreani M-Analisi valutativa 

della condizione lavorativa nello studio epidemiologico ESTEV 

41-Ferrante D, Barone-Adesi F, Bertolotti M, Todesco A, Nonnato 

M, Mirabelli D, Magnani C - Incidenza di mesotelioma maligno 

della pleura in una coorte di lavoratori dell'amianto 

42-Battistella Giuseppe, Carlini Antonio - L’evoluzione di alcune 

risposte ai bisogni sanitari tra il 2000 ed il 2003: ricoveri 

ospedalieri, esami e visite specialistiche, farmaci 

43-Bergamaschi A, Girolomini S, Di Marco M - Progetto di 

prevenzione del fumo di tabacco negli studenti di scuola media 

superiore 

44-Battistelle Giuseppe, Buzzo Amedeo - Prevalenza di casi 

diagnosticati di diabete mellito nei 37 Comuni dell’ULSS di Treviso 

45-Castronuovo E, Capon A, Di Lallo D, Guasticchi G - Ricorso 

all'ospedalizzazione e salute orale. Risultati di un programma 

odontoiatrico nella Regione Lazio 



1-Collini G, Zambonelli V, Cavuto S, Borghi A, Candela S-Infortuni 

sul lavoro nei lavoratori immigrati nel comparto Lavorazione 

metallo in Emilia-Romagna 

2-Martiello Michele A., Cipriani Francesco, Voller Fabio, Giacchi 

M. , Buiatti Eva-Epidemiologia dei suicidi in Toscana: studio 

geografico 

3-Viviani L, Casazza G. Bossi A a nome del Gruppo collaborativi 

Registro Italiano Fibrosi Cistica-Riduzione dei flussi migratori interregionali 

per la diagnosi e il trattamento della fibrosi cistica 

4-Binazzi A, Altavista P, Belli S, Mastrantonio M, Uccelli R, 

Vanacore N-Caratterizzazione epidemiologica della sclerosi 

laterale amiotrofica nella Regione Lazio 

5-Viviani L, Cortinovis I, Bossi A, Padoan R-Accessibilità ai dati di 

un Registro Nazionale di Patologia 

6-Balzi Daniela, Barchielli Alessandro-Fonti informative correnti il 

monitoraggio delle patologie croniche: l’esempio del diabete. 

7-Mannino S, Villa M, Beati P, Iacuzio L, Belloli A-La mortalità 

estiva degli anziani in provincia di Cremona: impatto delle 

dotazioni strutturali delle RSA 

8-Donato F, Covolo L, Bergonzi R, Gelatti U, Zani C, Apostoli P- 

Concentrazioni di policlorobifenili (PCB) nel siero di soggetti con 

epatocarcinoma ed in soggetti di controllo in provincia di Brescia 

9-Ivaldi Cristiana, Stanga Ferruccio, Demaria Moreno, Soldati 

Simona, Chiusolo Monica-Stima della prevalenza del “disagio” in 

una popolazione di un’area con problematiche di tipo ambientale: 

10-Cinzia Raffaelli, Elisabetta Chellini , Giuseppina Ghiselli Sergio 

Coccioli e Daniela Giorgi , Ranieri Carlini , Alberto Del Forno, 

Nicoletta Galletti e Eleonora Virgone , Claudio Tofanari e Gloria 

Marinari , Luca Scali e Silvana Ganghini , Gabriella Bidini , 

Giuseppe Boncompagni e Marina Betti , Gianna Ciampi , Gabriele 

Mazzoni e Dimitri Fattore , Chiara Lorini e Silvia Mantero , Lucia 

Giovannetti, Anna Maria Badiali e Valentina Cacciarini -Gli 

incidenti domestici mortali in Toscana 2001-2002 

11-Pellizzari Michele, Camerin Enrico, Benetollo Pierpaolo, Saugo 

Mario- Storicizzazione dell’indice di Charlson 

12-Silvestri Stefano, L. Miligi, A.M Badiali, G. Gorini, A. Seniori 

Costantini-Casi di mesotelioma con esposizione ad amianto 

ignota: indagini per comparto produttivo contribuiscono 

all’emersione di altre condizioni di esposizione 

13-Vigna-Taglianti F, Bargagli AM, Faggiano F, Davoli M per il 

Gruppo VEdeTTE-Impatto dei trattamenti sulla mortalità dei 

tossicodipendenti 

14-Pugliese A., L.Martina, M.Santoro, R.Pizzuti-La mortalità 

neonatale per causa in Campania negli anni 1981-2001 

15-Ferracin E, Marinacci C, Marino M, Costa G "Gruppo Regionale 

sulle emergenze Stagionali"-Sperimentazione di interventi di 

prevenzione di danni alla salute da eccessi di temperatura 

ambientale sulla popolazione anziana residente a Torino 

16-Carrozzi G, Gatti MG, Goldoni CA-Analisi degli infortuni 

domestici in provincia di Modena (2003) 

17-Veraldi A, Bolejack V, Seniori Costantini A, Miligi L, Vineis P e 

Van Loveren H-Una matrice sugli effetti immunotossici di sostanze 

chimiche utilizzate in ambiente di lavoro 

18-Marino C, D’Ovidio M, Faustini A, Arcà M, Perucci CA-Mortalità 

per broncopneumopatia cronico ostruttiva (bpco) nel Lazio: 

indicatori di impatto, accesso ai servizi ed esito delle cure. 

19-Migliore E, Biggeri A, Bianchini E, Faella M, Bugiani M, Viegi G, 

Corno G, Pistelli R, Forastiere F, Galassi C e il Gruppo 

Collaborativo SIDRIA2-Prevalenza di BPCO ed esposizione a 

traffico in un campione di genitori di bambini e adolescenti in Italia 

20-Di Giorgio M, Molino N, Chini F, Giovannola D, Borgia P, 

Guasticchi G-L'uso integrato delle informazioni sugli infortuni in 

ambiente di lavoro: risultati di una strategia di linkage 

21-Vigotti Maria Angela, A.M. Romanelli, M.A. Protti, M.Raciti, 

F.Minichilli,F.Bianchi-Analisi della mortalita’ per aree sub-comunali 

nella citta’ di Pisa,1990-1999. 

22-Minichilli F, Michelozzi P, Buiatti E, Bartolacci S e Bianchi F- 

Studio microgeografico di mortalità-morbosità in una zona dell'area 

metropolitana fiorentina 

23-Berti Alice , Lorini Chiara , Pasquini Jacopo, Cipriani Francesco, 

Voller Fabio-Sistema di registrazione degli accessi ai Pronto 

Soccorso: stato di avanzamento 

24-Molino N, Farchi S, Di Giorgio M, Iannone A, Chini F, Erba P, 

Borgia P, Guasticchi G-Studio caso-controllo sui fattori di rischio 

degli incidenti domestici in una popolazione anziana: risultati 

preliminari 

25-Cernigliaro A,Fantaci G, Miceli P, Lo Brutto R, Pollina Addario 

S, Caruso S, Mangione R, Iacono F, Cuccia M, Belbruno F, Mollica 

Nardo G, Pitarresi A, Trapani V, Ferrera G, Bandiera MC, Candura 

R, Dardanoni G-Obesità e qualità dell'assistenza nei pazienti 

diabetici siciliani 

26-Ceccarelli M, Saccona F, Stralla S, Michelis M, Merletti F, 

Ciccone G-Gestione di un sistema di raccolta dati attraverso 

internet: il progetto EPICLIN 

27-Fano Valeria, Forastiere Francesco, Papini Paolo, Tancioni 

Valeria, Di Napoli Anteo, Perucci Carlo A.-Analisi della mortalità e 

dei ricoveri ospedalieri nell’area industriale di Civitavecchia, anni 

1996-2003 

28-Richiardi L, Akre Olof-Fertilità nei fratelli di pazienti con tumore 

del testicolo 

29-Salvadori S, Cioccale R, Montomoli C, Mariani F-Gli utilizzatori 

di oppiacei: dal monitoraggio della prevalenza ai possibili interventi

30-Arrieta Arroyo A, Guillen-Grima F, Aguinaga Ontoso I- 

Exposition to hidrocarbonate clorated pesticides and the risk of 

non-hodgkin linfoma 

31-Nanni R, Falasca P, Calducci S- Progetto di valutazione 

sistematica degli interventi di stimolazione cognitiva rivolti alla 

popolazione anziana con l'uso di Epi Info 

32-Guillen-Grima C, Guillen-Grima F, Aguinaga-Ontoso I- Risk 

factors for traffic accidents in college students in two spanish 

regions 

33-Morbidoni Marco, Battistoni Roberto, Polverini Francesca - 

Indagine sulla prevalenza della carie dentaria e della 

malocclusione tra i bambini delle classi terze elementari della Zona 

Territoriale n.7 di Ancona. 

34-Tabolli Stefano, Sampogna F., U.L. Aparo, P. Pasquini, A. 

Picardi, D. Abeni- Qualità della vita delle persone con patologie 

dermatologiche e DRG 

35-Migliore E, Bugiani M, Carosso A, Forneris MP, Baussano I, 

Piccioni P- Utilizzo di varie fonti informative nello studio della 

prevalenza di ASMA e BPCO nella città di Torino 

36-Rocchi S, Sampietro G, Zucchi A, De Ponti L, Guaiana R e 

Silva S - Epidemiologia della malattia di Alzheimer in provincia di 

Bergamo 

37-Battistella Giuseppe, Gamma Valeria - Prevalenza d’invalidità 

civile nei 37 Comuni dell’ULSS di Treviso 

8 settembre ore 9 

L’Epidemiologia italiana si presenta 

Abbiamo ricevuto trentasei abstract da altrettanti 

gruppi italiani che fanno epidemiologia e che 

desiderano presentare loro stessi il proprio lavoro al 

prossimo convegno AIE di Pisa. Ce li hanno mandati 

gruppi blasonati che hanno fatto la storia 

dell’epidemiologia italiana e gruppi piccoli o giovani 

o periferici o sconosciuti all’AIE. Sappiamo che 

quella che si è fatta avanti non è tutta l’epidemiologia 

italiana ma di certo è sufficiente per darcene 

un’immagine credibile. In un primo momento, 

d’istinto, abbiamo pensato di sottoporre ai referee la 

documentazione ricevuta per selezionare i contributi 

migliori, poi abbiamo messo a fuoco che lo scenario 

di riferimento da noi stessi immaginato per la 

sessione di presentazione dell’epidemiologia italiana 

non era quello di un congresso – dove l’eccellenza è 

il criterio guida – ma piuttosto quello di 

un’associazione che vuole guardarsi allo specchio. 

38-Buja Alessandra, Rausa Giuseppe, Grigoletto Francesco, 

Perissinotto Egle, Frigo Annachiara, Fadda E., Parise G., 

Mastrangelo Giuseppe-Tumori della cute eccetto il melanoma nel 

personale di volo: una nuova malattia professionale 

39-Buja Alessandra, Mastrangelo Giuseppe, Grigoletto Francesco, 

Perissinotto Egle, Frigo AnnaChiara, Canova Cristina, Rausa 

Giuseppe-Incidenza di tumori nelle donne assistenti di volo: una 

revisione sistematica 

40-Franchini M, Silva A-Conoscere la popolazione immigrata:le 

loro domande e le nostre risposte 

41-Monti C, Gentilini F, Di Marco M, Bergamaschi A, Zanetti F- 

Valutazione di impatto di uno strumento nuovo nella prevenzione 

dell'abitudine al fumo negli adolescenti 

42-Pacelli B, , Cavrini G, Mattivi A, Mezzetti F, Collina N, , 

Pandolfi P, Zoli M a nome del Gruppo di studio Pianoro-Stili di vita, 

attività fisica e stato di salute in una popolazione anziana 

43-Ruggeri Elisa, Bergamaschi Anna-Il superamento della 

comunità terapeutica 

44-Maio Sara, Baldacci S., Della Maggiore R., Nuvolone D., 

Martini F., Borbotti M., Angino A., Viegi G..-Applicazione della 

tecnologia GIS ai dati epidemiologici di un campione di 

popolazione generale residente a Pisa. 

45-Sperati A, Agabiti N, Picconi O, Tancioni V, Cardo S, 

Guasticchi G-Valutazione di esito degli interventi di protesi d'anca 

nel Lazio 

I GRUPPI 

CHE FANNO EPIDEMIOLOGIA 

SI PRESENTANO 

La Sessione è coordinata da Luigi Bisanti 

Anzi, che vuole allargare lo specchio per avere 

un’immagine la più fedele possibile della disciplina 

che presume di rappresentare. Quindi, fatta solo una 

formale verifica di aderenza al tema, non abbiamo 

escluso nessuno. La giornata comincerà con una 

sessione plenaria di un’ora con quattro relazioni 

scelte in modo da dare un’immagine, necessariamente 

riduttiva, dei filoni principali lungo i quali 

l’epidemiologia italiana è andata sviluppandosi negli 

ultimi trent’anni. Nelle due ore successive si 

svolgeranno – in parallelo in quattro aule – otto 

sessioni di un’ora, per la presentazione in ciascuna di 

quattro relazioni accomunate da un tema o da un’area 

di interesse. Torneremo poi in plenaria per un’ora per 

chiudere la sessione con una discussione introdotta 

dai chairman di aula e tesa ad interpretare 

l’immagine ricevuta dell’epidemiologia italiana e ad 

indicare sviluppi associativi che la rappresentino.

ORE 9.00 – 10.00 sessione plenaria 

Auditorium 

Eva Buiatti L’Osservatorio di Epidemiologia 

dell’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana 

Maurizio Ponz de Leon L’Associazione Italiana dei 

Registri dei Tumori 

Massimo Musicco L’attività e la ricerca epidemiologica 

nella Neurologia italiana 

Fabio Mariani La Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui 

Servizi Sanitari dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR 

ORE 10.00 – 11.00 quattro sessioni parallele 

sessione 1 L’Epidemiologia nei Servizi Sanitari (1) 

moderatori: Giovanni Renga e Carlo Zocchetti 


Salvatore Scondotto L’Osservatorio Epidemiologico 

Regionale in Sicilia 

Giuseppe Costa La rete dei Servizi di Epidemiologia della 

Regione Piemonte 

Mauro Palazzi Il Coordinamento dei Servizi di 

Epidemiologia e Comunicazione dell’Area Vasta 

Romagna 

Fabio Filippetti La Rete Epidemiologica delle Marche 

sessione 2 L’Epidemiologia dei tumori 

moderatori: Benedetto Terracini ed Eugenio Paci 

AULA 27 

Renato Talamini L’Unità di Epidemiologia e Biostatistica 

del Centro di Riferimento Oncologica di Aviano (PN) 

Sandra Fabbri La Fondazione Attilia Pofferi di Pistoia 

Valerio Gennaro Il Centro Operativo Regionale (COR) 

della Liguria del Registro Nazionale dei Mesoteliomi 

Franco Merletti Il Centro di Riferimento per 

l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica (CPO) in 

Piemonte 

sessione 3 Ricerca epidemiologica: metodologia 

ed applicazioni 

moderatori: Rodolfo Saracci ed Annibale Biggeri 

AULA 28 

Emilio Gianicolo L’Unità di Epidemiologia e Biostatistica 

della sezione di Lecce dell’Istituto di Fisiologia Clinica 

del CNR 

Roberto Grilli L’area di programma Governo Clinico 

dell’Agenzia Sanitaria Regionale dell’Emilia Romagna 

Mariano Giacchi Il Centro di Ricerca Educazione e 

Promozione della Salute (CREPS) del Dipartimento di 

Fisiopatologia, Medicina Sperimentale e Sanità Pubblica 

dell’Università di Siena 

Carlo La Vecchia Il Laboratorio di Epidemiologia 

dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri 

sessione 4 Didattica dell’Epidemiologia e ricerca 

epidemiologica per la sanità pubblica 

moderatori: Gaetano Maria Fara e Giuseppe Costa 

AULA 29 

Maria Pia Fantini Il Dipartimento di Medicina e Sanità 

Pubblica Alma Mater Studiorum dell’Università di 

Bologna 

Walter Ricciardi Il Laboratorio di Epidemiologia e 

Biostatistica dell’Istituto di Igiene dell’Università 

Cattolica del Sacro Cuore di Roma 

Roberto De Marco La Sezione di Epidemiologia e 

Statistica Medica dell’Università di Verona 

Fabio Barbone L’Istituto di Igiene ed Epidemiologia 

dell’Università degli Studi di Udine 

h. 11.00 – 11.30 break 

h. 11.30 – 12.30 quattro sessioni parallele 

sessione 5 L’Epidemiologia nei Servizi Sanitari (2) 

moderatori: Giovanni Renga e Carlo Zocchetti 


Renato Pizzuti L’Osservatorio Epidemiologico Regionale 

della Campania 

Carlo A. Perucci Il Dipartimento di Epidemiologia della 

ASL Roma/E 

Mario Saugo Il Servizio di Epidemiologia aziendale della 

U.S.L. 4 Alto Vicentino 

Paolo Lauriola Il gruppo di Epidemiologia Ambientale 

dell’ARPA dell’Emilia Romagna 

sessione 6 L’Epidemiologia clinica 

moderatori: Benedetto Terracini ed Eugenio Paci 

AULA 27 

Flavia Carle Il Registro Italiano per il Diabete Mellito 

Tipo I (RIDI) 

Marina Cuttini ’Epidemiologia Pediatrica presso 

l’Ospedale Bambino Gesù di Roma 

Giovanni Viegi Unità di Ricerca di Epidemiologia 

Ambientale Polmonare dell’Istituto di Fisiologia Clinica 

del CNR di Pisa 

Luigi Naldi l Centro Studi del Gruppo Italiano Studi 

Epidemiologici in Dermatologia (GISED) 

Sessione7 Epidemiologia occupazionale e 

ambientale 

moderatori: Rodolfo Saracci ed Annibale Biggeri 

AULA 28 

Valerio Gennaro Il Centro Studi di Epidemiologia 

Applicata occupazionale ed extra-occupazionale 

dell’Istituto Tumori di Genova 

Stefano Mattioli Il Laboratorio di Epidemiologia 

dell’U.O. Medicina del Lavoro dell’Università di Bologna 

Amedeo Spagnolo Il Settore Ricerca Scientifica 

dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale 

Paolo Crosignani Il gruppo del Progetto OCCAM 

(Occupational Cancer Monitoring) 

sessione 8 L’Epidemiologia per progetti 

moderatori: Gaetano Maria Fara e Giuseppe Costa 

AULA 29 

Pasquale Falasca L’esperienza italiana con EPI INFO 

Sonia Brescianini Geni e Ambiente: approcci classici e 

metodi innovativi in epidemiologia genetica 

Anna Bossi La Fibrosi cistica in Italia 

Giovanni Baglio Il gruppo di studio sulla salute degli 

immigrati dell’Agenzia Regionale della Sanità del Lazio 

ORE 12.30 – 13.30 sessione plenaria 


Commenti dei moderatori e discussione

L’ASSEMBLEA A.I.E 

All’assemblea ordinaria dei soci quest’anno sono invitati anche tutti coloro che, seppur 

non ancora soci, sono interessati al dibattito sul futuro dell’associazione. E’ importante 

riflettere se si voglia una associazione di epidemiologi che si riuniscono per sviluppare la 

loro disciplina oppure se si voglia un “centro servizi” per l’epidemiologia capace di dare 

un supporto alle attività epidemiologiche ma al di fuori di uno spirito associativo. 

9 settembre ore 9.30 

Associazione I.E. oppure Agenzia I.E. ? 

Sappiamo tutti cosa significa l’acronimo AIE e che la 

A sta per “associazione”. L’AIE nasce nel 1977 dalla 

fusione dell’Associazione Epidemiologica Italiana, 

fondata proprio a Pisa 30 anni fa e della Società 

Italiana di Epidemiologia. L’AIE sceglie da subito di 

avere uno statuto molto “partecipativo” e quasi 

anomalo rispetto agli statuti di altre associazioni 

scientifiche. 

All’AIE infatti ci si può ad esempio iscrivere solo 

partecipando ad un suo convegno e si perde 

l’elettorato attivo se si è stati assenti nelle due 

precedenti assemblee, anche se si sono pagate le 

quote sociali! 

Non è quindi uno statuto che prevede dei soci 

“passivi” che chiedono una tessera per riceverne 

qualcosa; è uno statuto per soci attivi che, almeno la 

loro presenza la devono assicurare. 

E’ attuale uno statuto cosiffatto? Corrisponde allo 

spirito dei soci? Non crea più problemi di quanti ne 

risolve? Ad esempio penalizza coloro che vivono 

lontano dal “centro” dove per ragioni “geometriche” 

e di trasporto si preferiscono organizzare i convegni. 

Una riunione ad esempio a Trieste o a Cagliari ha a 

priori maggiori problemi di affluenza che non una 

riunione a Roma! E poi non si può utilizzare l’ 

“iscrizione a domicilio” per arruolare nuovi soci, che 

magari iniziano a partecipare ad un gruppo regionale. 

Eppure tutti noi, o almeno quasi tutti, a questo statuto 

vogliamo bene, e non solo per nostalgico affetto dei 

primordi, ma come affermazione costante di una idea. 

L’ “idea” è che una associazione è tale se, e solo se, i 

soci vi partecipano, vi collaborano, vi lavorano. 

L’associazione è un mettersi insieme per sviluppare 

un progetto e non per riceverne un tornaconto. 

Il progetto è lo sviluppo culturale e scientifico 

dell’epidemiologia in Italia, è il suo inserimento nelle 

scuole mediche e sanitarie, è la sua presenza 

all’interno del Servizio Sanitario, a livello nazionale, 

regionale e locale. 


La tentazione ad usare una “A”ssociazione come 

fosse solo una “A”genzia di servizi è sempre molto 

forte in ogni ambiente ed in ogni contesto, forse più 

in Italia che in altri paesi ad esempio quelli 

anglosassoni. Si paga una quota di iscrizione solo per 

riceverne delle utilità e se queste finiscono non si 

rinnova più l’iscrizione: ma questa non è cultura 

associativa. 

La quota di iscrizione è solo un contributo necessario 

a render disponibile un minimo di risorse necessarie 

per garantire la sopravvivenza dell’associazione; ma 

l’associazione in realtà è solo il risultato dell’apporto 

del lavoro, volontario e generoso, dei soci. Se questo 

apporto è scarso l’associazione prima langue e poi 

muore. 

Molti sono ahimè gli stimoli che arrivano tendenti a 

trasformare l’Associazione in una Agenzia: si 

propone di accettare sponsors facoltosi, di creare una 

struttura organizzativa stabile e di tipo “aziendale”, di 

“vendere” pacchetti di formazione, di consulenza, di 

ricerca. 

Noi continuiamo a voler essere una associazione 

indipendente sia dalle imprese private sia dai poteri 

pubblici, impostata in modo totalmente partecipativo 

sull’apporto volontario dei soci, orientata 

principalmente allo sviluppo culturale e scientifico 

dell’epidemiologia più che alla difesa degli interessi 

corporativi degli epidemiologi. 

Sbagliamo? I soci sono “sovrani” e se lo pensano 

devono venire in assemblea a Pisa a dirlo, a criticarci, 

a contraddirci. Noi, peraltro, speriamo che 

all’assemblea partecipino in molti: questa volta non 

sarà un appuntamento burocratico formale e rituale. 

Sarà l’occasione per riimpostare e ringiovanire l’AIE, 

discutendone il ruolo e proponendone le attività. 

Vorremmo insomma che l’assemblea di Pisa fosse, 

allo scadere di un trentennio di vita associativa, una 

assemblea di “rifondazione”: ma perché avvenga 

dobbiamo volerlo tutti.

L’ordine del giorno 

dell’assemblea ordinaria 

2005 

Ore 9.30 Parte prima 

Incombenze ordinarie 

1) Relazione della Segreteria sull’attività svolta 

2) NotizAIE e comunicazioni ai Soci (Ivan 

Cortinovis) 

3) Situazione iscrizioni (segreteria amministrativa) 

4) Bilanci e Risorse (segreteria amministrativa) 

5) Relazioni internazionali (Nereo Segnan) 

6) Rapporti con E&P (Benedetto Terracini) 

7) Convegno 2006: proposte di temi e di sede e loro 

valutazione 

8) Nomina Membri commissione per le candidature 

9) Eventuali modifiche statutarie 

10) Eventuali modifiche regolamentari 

Ore 10.30 Parte seconda 

I gruppi regionali 

ed i gruppi di lavoro 

11) Relazione dei promotori dei Gruppi del Piemonte 

e della Toscana 

12) Relazione del Gruppo di lavoro Epidemiologia e 

Guerra 

Ore 11.00 Parte terza: 

Documenti AIE 

13) Il Manifesto di Taranto “no al fumo, no ai fumi” 

14) Il Manifesto dell’Equità 

15) Il documento di Portonovo 

16) Il documento della commissione intersocietaria 

sulla formazione dell’epidemiologo 

17) Le proposte della commissione intersocietaria 

sulle Consulte locali di Epidemiologia 

Ore 11.30 Parte quarta: 

Il futuro dell’Associazione 

Italiana di Epidemiologia 

18) Relazione introduttiva del Presidente 

19) Interventi preordinati 

20) Dibattito 

21) Varie ed eventuali 

Partecipate numerosi al 

dibattito: è l’occasione per dire 

come si vuole che sia 

l’associazione nei prossimi anni 

Ore 13.00 fine assemblea

9 settembre ore 14.30 – 16.00 


Quale ruolo può avere l’epidemiologia nella 

formazione delle decisioni politiche? Quali sono le 

domande dei politici in tal senso e quali le risposte 

degli epidemiologi? 

Le domande di 

politici 

Le risposte degli 

epidemiologi 

LA SESSIONE TEMATICA 

L’EPIDEMIOLOGIA PER LA POLITICA 

LA POLITICA DELL’EPIDEMIOLOGIA 

Mario 

Valpreda 

Renato 

Pizzuti 

Maria Pia 

Garavaglia 

Walter 

Ricciardi 

Il testo seguente, ad introduzione della sessione 

tematica, è stato scritto da Cesare Cislaghi e non 

rappresenta in alcun modo la posizione dell’AIE, ma 

è solo uno spunto per la riflessione ed il dibattito. 

L’epidemiologia interessa 

al politico? 

Il termine “politica” sottende concetti differenti 

ancorché ovviamente tra loro correlati. Politica è 

talvolta sinonimo di ideologia, di movimento; 

definisce cioè l’insieme delle idee, delle istanze, delle 

manifestazioni che riguardano il modello di 

organizzazione sociale. Al termine politica può essere 

assegnato il concetto di amministrazione della cosa 

pubblica come attività per dare risposta ai bisogni 

della collettività. Politica però, in senso stretto, in 

senso tecnico, è l’insieme dei mezzi e delle attività 

necessarie per conseguire e mantenere il potere; il 

politico ha ovviamente una sua idea politica, ha una 

sua attività per governare la cosa pubblica, ma in 

quanto politico il suo obiettivo “tecnico” principale è 

quello di raggiungere, e poi di mantenere, il suo 

status di “principe”. 

Se in Aristotele o in San Tommaso, per dire ad 

esempio di due notevoli pilastri del pensiero antico, 

la politica innanzitutto era vista prevalentemente nei 

suoi risvolti etici, vale a dire come servizio alla 

collettività, a partire dal Rinascimento con 

Macchiavelli e su su sino alle analisi odierne di 

scienza della politica, si riconosce che la politica si 

identifica nella gestione del potere ed ha quindi 

necessariamente come obiettivo precipuo la conquista 

e la conservazione dello stesso. I valori etici sono una 

modalità di realizzazione della politica, ma essa è 

innanzitutto “tecnica” di mantenimento del governo. 

Conservare il potere significa mantenere il consenso 

di chi te lo ha dato e te lo può togliere. Se un sistema 

è ad esempio teocratico, sarà il consenso dei sacerdoti 

l’elemento essenziale per il mantenimento del potere, 

mentre nelle democrazie liberali moderne, mantenere 

il consenso significa mantenere il consenso della 

popolazione o per lo meno della sua maggioranza, 

che è quella che legittima appunto l’esercizio del 

potere politico attraverso l’espressione del voto. 

La popolazione assicura il proprio consenso se ha la 

percezione che chi governa è capace di porre le 

condizioni perché i propri bisogni siano risolti al 

meglio: la percezione e non necessariamente la realtà. 

Chi governa ha quindi innanzitutto l’interesse a 

capire se i suoi atti producono consenso, sia a breve, 

come conseguenza dell’annuncio, sia a medio 

termine, come presa di coscienza dell’impatto reale 

delle politiche sui propri bisogni. 

Un sistema può stare in piedi, seppur per un periodo 

limitato, anche su un consenso fondato su una falsa 

percezione dei bisogni e dell’appropriatezza delle 

risposte governative; non riesce invece a reggersi su 

un buon governo vissuto negativamente a causa di 

una percezione distorta: gli esempi al riguardo si 

potrebbero sprecare e non serve qui richiamarli. 

Chi governa deve quindi innanzitutto curare la 

comunicazione che produrrà più facilmente consensi 

se, ma non necessariamente, si potrà avvalere di 

effettive risposte di governo adeguate alle necessità 

della popolazione. 

Se queste premesse sono fondate ci si deve allora 

chiedere se l’epidemiologia sia capace di fornire al 

politico l’informazione che lui cerca: cioè sapere se 

la popolazione è soddisfatta della propria politica sia 

come immagine percepita sia come esperienza 

consumata. Al politico non può infatti bastare sapere 

qual è, ad esempio, il rischio relativo e attribuibile del 

consumo di tabacco: gli è indispensabile conoscere 

quale sia il meccanismo per cui i propri interventi e i 

propri messaggi riescano o meno a massimizzare il 

consenso dei futuri rielettori, suoi e del suo gruppo, 

del suo partito, del suo movimento. Può accadere al 

politico di dover prendere provvedimenti cosiddetti 

“anti popolari”, ma in tal caso egli lo farà solo se li 

ritiene indispensabili oppure se giudica di poter 

recuperare a medio termine il consenso perso

nell’immediato. Talvolta poi la misura è anti 

popolare solo per una parte della popolazione e 

certamente non per quella su cui il politico fonda il 

proprio consenso. Ci possono essere anche occasioni 

dove l’obbligo etico supera la convenienza politica; 

in questi casi può accadere che il politico accetti di 

perdere il potere per affermare un valore a lui 

superiore, ma in questo “gesto eroico” il politico 

cessa di essere tale, almeno in senso tecnico. 

Se la politica è questo, ci si deve anche chiedere se 

l’epidemiologia sia capace di avere un ruolo di 

supporto ad essa e soprattutto se voglia averlo. Se 

invece l’epidemiologia ritiene che la valutazione del 

consenso gli è estranea, può pensare di avere dalla 

sua parte la politica oppure deve accontentarsi di 

rimanere nell’utopia? 

L’epidemiologia si trova spesso ad avere un ruolo 

critico verso il potere, cioè come coscienza critica dei 

veri bisogni al di là di quelli percepiti. E’ forse per 

questo che all’epidemiologia difficilmente si associa 

un livello elevato di governo? Parafrasando con 

ironia uno slogan grottesco usato nell’attuale dibattito 

politico, ci si potrebbe chiedere se l’epidemiologia 

può essere contemporaneamente “di lotta e di 

governo”! E’ cioè capace non solo di identificare i 

bisogni ed i rischi reali delle persone, il che 

ovviamente è già molto, ma anche di individuare le 

chiavi perché nella risposta politica ai bisogni si 

ottenga il consenso indispensabile a chi voglia 

conservare il suo ruolo di potere? E’ cioè capace 

l’epidemiologia di far capire al politico la sua 

convenienza ad assumere determinate decisioni o 

provvedimenti, al di là dell’interesse della 

popolazione per gli stessi? 

Se l’epidemiologia sceglie di essere prevalentemente 

una “coscienza critica” allora deve accettare la 

possibile emarginazione dai meccanismi decisionali 

del potere, quali ad esempio l’assegnazione di risorse 

o l’attribuzione di ruoli decisionali. Se vuole essere 

invece una “componente di governo” allora deve 

considerare se sia possibile essere 

contemporaneamente funzionale ai meccanismi 

decisionali del potere e fedele e rispettosa dei principi 

di razionalità e onestà critica e scientifica: questo non 

è impossibile, almeno parzialmente, ma è comunque 

molto difficile. 

Una delle conseguenze dell’epidemiologia “di 

governo” è il possibile conflitto di interessi 

istituzionale. Come infatti nessuno crederebbe ad una 

indagine epidemiologica sui rischi del fumo 

finanziata da una multinazionale del tabacco, o ad 

una valutazione dei danni alla salute di una centrale 

termoelettrica eseguita dai tecnici dipendenti dalla 

stessa, lo stesso vale per i lavori epidemiologici 

eseguiti da ricercatori dipendenti dagli stessi enti 

pubblici che hanno responsabilità dirette di controllo 

sui rischi indagati. E’ possibile fare della buona 

epidemiologia rimanendo in questo possibile 

conflitto istituzionale? Ci sono tutte le garanzie di 

indipendenza, trasparenza, terzietà necessarie per 

svolgere un buon lavoro di analisi e ricerca? 

L’epidemiologo si trova sicuramente più a suo agio 

se “lontano dalla mischia”, se rimane indipendente 

da responsabilità dirette sui fattori di rischio, se può 

senza timore indagare nelle direzioni che crede e può 

comunicare ciò che ritiene sia rilevante. Agli 

epidemiologi “istituzionali” capita talvolta di sentirsi 

chiedere di non diffondere i risultati delle loro 

ricerche, o anche di non riuscire ad avviare 

determinate indagini sgradite al “principe”! Possono 

sempre accettare tutto questo? Possono rimanere a 

servizio della politica spezzando questi 

condizionamenti? Questa indipendenza la si può 

ottenere arroccandosi in alcune “torri d’avorio” della 

ricerca, ma allora la si paga con l’impossibilità a 

trasformare l’evidenza in azione, in prevenzione; se 

l’epidemiologo vuole rimanere del tutto estraneo 

rispetto al potere, non avrà neppure il potere di 

attivare i provvedimenti necessari ed indispensabili. 

Che scegliere? Come risolvere queste contraddizioni? 

Non c’è una risposta generalizzabile; ci sono delle 

scelte soggettive che devono essere rispettate in 

quanto tali, ma non per questo non criticate 

soprattutto quando solo opportunistiche. 

Con un impegno a medio termine, però, 

l’epidemiologo può aiutare il politico perché ci sia 

maggiormente una convergenza tra realtà e 

percezione nella valutazione delle politiche sanitarie. 

Se l’epidemiologo lavora perché si accresca la 

consapevolezza della popolazione sui propri bisogni 

e sugli interventi che possono soddisfarli, allora le 

uniche politiche che creeranno consenso saranno 

quelle che realmente risolvono i problemi della gente. 

Ed allora il politico chiederà sempre di più 

informazioni all’epidemiologo e promuoverà sempre 

più le sue ricerche. 

Se quindi il lavoro dell’epidemiologo è ben fatto, se 

egli comunica efficacemente le evidenze emerse, se 

l’oggetto del suo lavoro sono i rischi reali della 

popolazione, allora a lungo termine sicuramente la 

politica ha l’interesse a cercare l’alleanza 

dell’epidemiologia; ma è sempre così anche a “breve 

termine” ? e la politica oggi in che termini si muove? 

brevi o lunghi? Non è forse un problema serio dover 

adottare misure oggi scomode per ottenere risultati 

apprezzabili solo in tempi successivi alla scadenza 

del mandato politico? I tempi dell’epidemiologo o 

della prevenzione sono, ahimè, molto più dilatati di 

quelli della politica! 

Oggi l’epidemiologo non può non porsi questi 

problemi e conseguentemente fare una scelta con 

importanti risvolti etici, deontologici, scientifici, 

politici, sanitari; e l’eventuale mancanza di 

consapevolezza lo porterebbe sicuramente a subire le 

scelte implicite dei fatti contingenti e queste saranno 

difficilmente le migliori.

9 settembre ore 16.00 – 17.30 


Quali esigenze hanno gli epidemiologi che possono 

avere la soluzione in decisioni a livello politico? 

Cosa ne pensano i politici? 

Le richieste degli 

epidemiologi 

Le risposte dei 

politici 

Carlo Perucci Gianni Corrao 

Nerina 

Dirindin 

Filippo 

Palumbo 

Alla seconda sessione tematica intitolata “la Politica 

dell’Epidemiologia” sono stati invitati due 

epidemiologi: Carlo Perucci, direttore Osservatorio 

Epidemiologico ASL Roma E, e Gianni Corrao, 

professore di Statistica Medica, Università Bicocca, 

Milano, un politico, Nerina Dirindin, Assessore alla 

Sanita della Regione Sarda ed un direttore del 

Ministero della Salute, Filippo Palumbo. Vorremmo 

che fossero affrontati sia i temi di definizione del 

ruolo dell’Epidemiologo nella Sanità sia le misure 

necessarie, normative ed economiche, per 

l’organizzazione dell’Epidemiologia nei servizi 

sanitari anche a fronte di un possibile scenario di 

federalismo. In questa sessione agli Epidemiologi è 

chiesto di fare emergere le richieste che si valutano 

necessarie ed opportune, mentre i Politici sono 

invitati a dare delle risposte orientative sul merito. 

Alcuni dei problemi che l’epidemiologia incontra 

nell’ambito del Sistema Sanitario sono ad esempio i 

seguenti: 

1) L’Epidemiologia deve essere solo una funzione 

“diffusa”, con competenze distribuite tra le altre 

figure sanitarie, o deve essere una funzione 

“professionale” attribuita a degli specifici operatori 

competenti per metodologia e settori di analisi? 

2) L’Epidemiologia è una attività di Staff o di Line? 

Se è di Staff è solo una attività di consulenza e 

ricerca o deve essere una attività organicamente 

inserita nei processi decisionali? Se invece è di Line 

deve ridursi a compiti informativi o deve venir 

coinvolta nei servizi assistenziali con compiti di 

valutazione ed indirizzo? 

3) L’Epidemiologo deve avere un ruolo organico 

specifico? Quali possibilità deve avere di accesso alla 

dirigenza? 

4) Chi deve poter accedere al ruolo di 

epidemiologo? Solo i medici? Tutti i medici? Solo le 

figure sanitarie? Deve contare più la laurea o la 

successiva specializzazione? E questa ottenuta come? 

Non è possibile aprire a figure competenti anche se 

non burocraticamente legittimate? 

5) Che collocazione eventualmente dare agli 

epidemiologi di diversa formazione cui 

eventualmente non si voglia aprire il ruolo sanitario? 

In particolare come inserire nel Servizio Sanitario gli 

epidemiologi laureati in statistica, matematica, 

sociologia, economia, ecc.? 

6) Come garantire l’ “indipendenza” dell’epidemiologo? 

Come risolvere il problema dei possibili 

conflitti di interesse istituzionale? 

7) A quali risorse deve poter accedere 

l’epidemiologo? Quanto deve poter contare su un 

budget fisso assegnato al proprio servizio, e quanto 

deve invece acquisirlo tramite bandi di ricerca? 

8) La valutazione dell’epidemiologo inserito nel 

servizio sanitario deve seguire gli stessi parametri, 

come l’impact factor, dell’epidemiologo universitario 

o che lavora in un istituto di ricerca? Come valutare 

la sua attività istituzionale per sua natura non 

innovativa e perciò difficilmente pubblicabile su 

riviste scientifiche, soprattutto internazionali? 

Questi qui elencati non esauriscono certo i problemi 

dell’ epidemiologia nell’ambito del servizio sanitario; 

sono solo uno spunto per inserirsi in una discussione 

che è già in corso da tempo, che certo non potrà 

risolversi a Pisa, ma che deve uscire dall’ambito 

ristretto dell’epidemiologia per investire i politici e 

gli amministratori della sanità in quanto il problema 

dell’epidemiologia ha sempre più un maggior impatto 

su tutto il sistema sanitario. 

ORE 17.30: Conferenza di Chiusura 

Donato Greco: 

“L’epidemiologia per il governo della 

salute in Italia: il CCM” 

ORE 18.30 

Chiusura del convegno (saluti, 

ringraziamenti e programmi futuri)

7 

settembre 

2005

comunicazioni libere - sessione A1 7 settembre 

SISTEMI DI ALLARME PER LA PREVENZIONE DEGLI EFFETTI DEL 

CALDO SULLA SALUTE: ASPETTI METODOLOGICI 

De Donato F., D’Ippoliti D., Michelozzi P., Accetta G., Kirchmayer U., Marino C., Perucci C.A. 

Dipartimento di Epidemiologia ASL RM/E 

Uno degli obiettivi principali del progetto del Dipartimento della Protezione Civile 

“Valutazione degli effetti del clima sulla salute e un sistema nazionale di allarme per la 

prevenzione dell’impatto delle ondate di calore” è la realizzazione di sistemi di allarme 

per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute. Tali sistemi, denominati Heat 

Health Watch Warning Systems (HHWWS), utilizzano le previsioni meteorologiche per 

prevedere, il verificarsi di condizioni climatiche a rischio per la salute e l’incremento 

della mortalità attesa nella popolazione. I risultati dei diversi modelli applicati, vengono 

quindi confrontati con gli eccessi di mortalità osservati nello stesso periodo e viene 

effettuata un’analisi di sensibilità e specificità per la scelta del modello “migliore”; ogni 

anno il modello di previsione città specifico viene rielaborato includendo i dati relativi 

all’ultimo anno di osservazione relative. 

Nell’ambito del progetto sono stati sviluppati sistemi HHWWS che utilizzano approcci 

metodologici di complessità diversa; per i grandi centri urbani (>500.000 abitanti) sono 

stati sviluppati modelli basati su indicatori sinottici (masse d’aria) e modelli 

autoregressivi (AR) che includono, tra le variabili esplicative, la mortalità registrata nei 

giorni precedenti. Per i centri urbani di media dimensione (200.000-500.000 abitanti) e 

per le città più piccole (65 anni) durante i mesi estivi rispetto ai 

valori di temperatura apparente massima (indice di disagio della temperatura sulla salute 

umana), i giorni consecutivi durante i quali la temperatura dell’aria supera un valore 

soglia (90° percentile annuale) la copertura nuvolosa ed il mese. Attraverso tale modello 

vengono create delle tabelle di rischio città specifiche, che sintetizzano le condizioni 

meteorologiche per le quali si osservano eccessi di mortalità. 

I modelli autoregressivi sono un metodo innovativo in quanto utilizzano sia un'insieme 

di variabili meteorologiche che la mortalità osservata nei giorni immediatamente 

precedenti raccolta dal sistema di sorveglianza della mortalità del Progetto della 

1

7 settembre sessione A1 - comunicazioni libere 

Protezione Civile. Nel 2005 tali modelli sono stati attivati in modo sperimentale per le 

città di Roma, Milano e Bologna. 

Verranno presentati i risultati dei diversi sistemi di allarme per l’estate del 2005 

2


VALIDITA’ DEI DATI CORRENTI PER L’IDENTIFICAZIONE DI CASI 

INCIDENTI DI TUMORE 

Daniela Di Cuonzo 1 , Roberto Zanetti 2 , Antonio Ponti 2 , Piera Vicari 2 , Ileana Baldi 1 , Eva 

Pagano 1 , Rosalba Rosato 1 , Carlotta Sacerdote 1 , Rita Bordon 2 , Franco Merletti 1 , Giovannino 

Ciccone 1 

1 SCDU Epidemiologia dei Tumori, 2 SCDO Epidemiologia dei Tumori Ospedale S.G. Battista, 

C.P.O. Piemonte - V. Santena 7, Torino ITALY 

Introduzione 

Il miglioramento della qualità dei dati amministrativi e le possibilità di un loro uso 

integrato rappresentano una grande opportunità per ricostruire le storie assistenziali di 

coorti di pazienti e per sviluppare indicatori e modelli di analisi della qualità 

dell’assistenza su scala di popolazione. Un problema essenziale in questo tipo di analisi, 

in particolare in ambito oncologico, è il riconoscimento dei casi di nuova diagnosi con 

un buon livello di validità diagnostica e temporale. 

Obiettivi 

Ricostruire con l’uso delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) l’incidenza per 

tumore della mammella, del polmone e del colon-retto nella Regione Piemonte e 

validare l’algoritmo utilizzato mediante confronto con i dati del Registro Tumori (RT) 

sui residenti a Torino. 

Metodi 

Dal totale dei ricoveri SDO dell’anno 2000 sono state selezionate le ospedalizzazioni 

dei residenti in Piemonte con combinazioni specifiche di codici di diagnosi e di 

procedure per ciascuno dei tre tumori. Tra i soggetti così identificati sono stati esclusi, 

in quanto verosimilmente prevalenti, tutti quelli per i quali risultavano ricoveri nel 

periodo precedente (1995-1999) che riportavano tra le diagnosi un codice della stessa 

neoplasia, in qualunque posizione. I casi così identificati tra i residenti nel comune di 

Torino sono stati confrontati con quelli presenti negli archivi del Registro Tumori dello 

stesso anno e di quelli precedenti per stimare il valore predittivo positivo (VPP) e la 

sensibilità (SE) dell’algoritmo applicato alle SDO. 

Risultati 

Su 818 possibili casi incidenti per carcinoma della mammella identificati attraverso le 

SDO tra residenti a Torino, il confronto con i casi rilevati dal RT ha permesso di 

identificarne l’84.9% come incidenti nello stesso anno e l’1,8% nel secondo semestre 

del 1999 (VPP=86.2%). Il 13.8% di casi non confermati sono risultati in parte 

prevalenti (4.3%), mentre le diagnosi errate (in particolare tumori benigni codificati 

sulla SDO come maligni) sono state il 7.8%. Su un totale di 924 casi incidenti di tumore 

della mammella secondo il RT, il 22.7% non sono stati trovati attraverso le SDO 

(SE=77.3%). I risultati ottenuti applicando la stessa logica sul tumore del polmone 

hanno fornito una stima del VPP e della SE dell’algoritmo basato sulle SDO dell’81.2% 

e del 84%, rispettivamente. Un confronto analogo è in corso per validare un algoritmo 

di identificazione di casi incidenti di tumori colorettali. In generale, i risultati ottenuti 

sull’anno 2000 sono stati migliori di quelli relativi al 1999. 

Discussione 

Questi risultati indicano che è possibile identificare coorti di casi incidenti a livello 

regionale per i principali tumori attraverso opportuni algoritmi applicati alle SDO, con 

3


margini di errore accettabili per la maggior parte delle valutazioni di qualità consentite 

dai dati amministrativi. Il miglioramento osservato dal 1999 al 2000 potrebbe essere 

conseguenza del miglioramento di qualità dei dati SDO (anagrafici e clinici), ma 

necessita di essere confermato sui dati di incidenza del 2001. 

4


I COSTI DEGLI ULTIMI MESI DI VITA 

S. Gabriele 1 , C. Cislaghi 2 , F.Costantini 4 , F. Innocenti 2 , V. Lepore 4 , F. Tediosi 1 , M. Valerio 4 , C. 

Zocchetti 3 

1 ISAE; 2 ARS Toscana; 3 Regione Lombardia; 4 Mario Negri Sud 

Obiettivi 

L’osservazione del profilo a J dei consumi sanitari per età ha fatto sorgere una 

preoccupazione intorno al rischio che l’invecchiamento possa rappresentare una seria 

minaccia per gli equilibri finanziari dei Servizi Sanitari. Sembra infatti facile inferire 

che, dal momento che gli anziani, in media, costano più dei giovani, una quota più 

consistente di persone di età elevata comporterà un aumento della spesa sanitaria. 

Tuttavia, il profilo della spesa sanitaria per età è significativamente influenzato dalla 

concentrazione dei consumi negli ultimi mesi di vita. Inoltre, sembra che i “costi del 

decesso” diminuiscano con l’età (per ragioni legate ad aspetti etici, come la minore 

ostinazione terapeutica nei confronti di persone anziane). Questo lavoro è rivolto a 

indagare fino a che punto, in Italia, la spesa sanitaria nelle diverse età dipenda dalla 

distanza dalla nascita, e fino a che punto dalla prossimità al decesso. 


E’ stato costituito un gruppo di lavoro che coinvolge istituti di ricerca (l’ISAE e il 

Mario Negri Sud) e regioni (la Regione Lombardia, l’ARS-Agenzia Regionale di Sanità 

Toscana), al fine di raccogliere le informazioni necessarie e discutere la comparabilità 

dei dati. Seguiamo la metodologia di uno studio pionieristico sulla Toscana (Cislaghi e 

al., 2002) per stimare i costi sanitari negli ultimi mesi di vita (principalmente quelli 

ospedalieri) in quattro regioni (Lombardia, Toscana, Abruzzo, Puglia). 

Per valutare la spesa sanitaria per età e genere e quella negli ultimi (12) mesi di vita, di 

nuovo per età e genere, le banche dati sui consumi sanitari sono state collegate, 

attraverso una procedura di record linkage basata sul codice fiscale come identificatore 

– ai database sulla mortalità di tutte le regioni. In alcuni casi (Abruzzo e Puglia) è stata 

adottata una procedura di linkage statistico, usando sia il codice fiscale, sia altre 

variabili (nome, cognome, data di nascita e sesso). 

Risultati 

I nostri risultati confermano il precedente studio sui costi degli ultimi mesi di vita. La 

spesa ospedaliera pro-capite in prossimità del decesso è molto più elevata di quella 

relativa ai sopravviventi, ed essa si riduce dopo una certa età (per i deceduti oltre 89 

anni si ragguaglia al 24-27% del livello rilevato per 55-59 anni, nel caso degli uomini, e 

al 16-21% in quello delle donne). 

Il rapporto tra deceduti e sopravviventi per età mostra un trend decrescente a partire da 

circa 40 anni. La sua media nelle quattro regioni varia tra 10 e 14, ma esso è pari a 1 o 2 

per la fascia di età oltre 89 anni, e a 28-39 per 35-39 anni. 

Conclusioni 

Per quanto riguarda la distribuzione dei costi negli ultimi 12 mesi di vita, si verifica un 

incremento man mano che ci si avvicina al decesso. Il trend è piuttosto regolare, con un 

picco nell’ultimo mese, eccetto che per le fasce di età più giovani. 

5


INTEGRAZIONE DEI DATI DI UNO STUDIO AD ALTA RISOLUZIONE CON 

LE SCHEDE DI DIMISSIONE OSPEDALIERA PER LA SOPRAVVIVENZA 

NEL TUMORE DELLA MAMMELLA 

Ileana Baldi 1 , Antonio Ponti 2 , Roberto Zanetti 2 , Gabriella Delmastro 2 , Piera Vicari 2 , Rosalba 

Rosato 1 , Franco Merletti 1 , Nereo Segnan 2 , Giovannino Ciccone 1 

1 Epidemiologia dei Tumori Univ. 

2 Epidemiologia dei Tumori Osp.Ospedale S.G. Battista, C.P.O. Piemonte - Torino 

Obiettivi 

Nonostante i Registri Tumori svolgano un lavoro eccellente nell'identificazione e nel 

monitoraggio dei casi, ai fini della valutazione dell'efficacia dei sistemi sanitari 

dovrebbe essere maggiormente sfruttata l'opportunità di integrazione dei dati da loro 

raccolti con quelli di altri flussi informativi, come quelli delle schede di dimissione 

ospedaliera (SDO), della specialistica ambulatoriale o della farmaceutica. Il linkage tra 

questi archivi permette di ricostruire il percorso assistenziale dei casi, fornire 

informazioni aggiuntive sullo stadio e identificare la presenza di comorbidità, fattori 

importanti nell’analisi della sopravvivenza. 


I casi incidenti di tumore della mammella, residenti a Torino (N=2113, periodo di 

diagnosi: 1997-99, età: 40-79) e appartenenti allo studio ad alta risoluzione condotto dal 

Servizio di Screening in collaborazione con il Registro Tumori del Piemonte, sono stati 

abbinati mediante un record linkage alle SDO regionali ed extraregionali. E’ stata così 

individuata una coorte di 1909 soggetti, con follow-up al 31/7/2003. Per ciascuna donna 

è stato identificato il primo ricovero chirurgico con intento curativo, ed i ricoveri 

precedenti e successivi. Le comorbidità sono state misurate con l’indice di Charlson- 

Romano attraverso le diagnosi secondarie della SDO del ricovero chirurgico e degli 

eventuali ricoveri nei 12 mesi precedenti. E’ stata condotta un’analisi della mortalità 

generale in funzione di alcune caratteristiche dell’ospedale dove è avvenuto il ricovero 

chirurgico, standardizzando per tutti i fattori prognostici disponibili, con il modello di 

Cox e con il modello di Aalen. 

Risultati 

Per 1704 donne è stato rintracciato almeno un ricovero di tipo chirurgico (1191 

conservativi, 513 mastectomie). L’analisi di sopravvivenza, oltre a confermare la 

rilevanza dell’età e dei fattori prognostici legati allo stadio, ha messo in evidenza anche 

l’importanza del grado di differenziazione cellulare (grado 3 vs grado 1, HR=2.81, 

IC95%:1.65-4.81), delle comorbidità (punteggio di Charlson-Romano>1 vs 0, HR=3.68, 

IC95%: 2.50-5.21) e della modalità di diagnosi (screening vs altro, HR=0.69, 

IC95%:0.47-1.01). Il tipo di intervento, il volume di attività e il livello di istruzione non 

sono risultati fattori prognostici significativi. I risultati sono confermati anche dal 

modello di Aalen. 

Conclusioni 

Il ruolo dello stadio di malattia come importante fattore di confondimento nell’analisi 

comparativa di sopravvivenza per carcinoma della mammella è consolidato. 

Nonostante la sottostima del reale numero di comorbidità segnalate sulle SDO, lo stato 

generale di salute, precedente la diagnosi di tumore, si è dimostrato un altro fattore 

prognostico rilevante. Da indagare anche il ruolo del volume di attività del reparto che 

7


ha eseguito l’intervento chirurgico. Data la recente disponibilità del dato di incidenza 

per l’anno 2000 è in corso un aggiornamento dell’analisi sulla coorte 1997-2000. 

8


INDAGINI E GESTIONE DEI CLUSTER: UNO STRUMENTO EUROPEO 

ACCESSIBILE IN INTERNET 

Bianchi F. 1 , Busby A. 2 , Dolk H. 3 , Kelly A. 4 , Rial M. 1 , il Cluster Advisory Service Working 

Group di EUROCAT 3 

1 

Istituto di Fisiologia Clinica, Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari, Pisa 

(Italia) 

2 

London School of Hygiene and Tropical Medicine, Department of Public Health and Policy, 

Environmental Epidemiology Unit, London (UK) 

3 

University of Ulster, Life and Health Sciences, Belfast-Newtownabbey (UK) 

4 

Trinity College, Department of Statistics, Dublin (Irlanda) 

Introduzione 

EUROCAT, la rete europea per la sorveglianza epidemiologica delle anomalie 

congenite, ha attivato un servizio di supporto tecnico-informativo per i cluster (Cluster 

Advisory Service). Il servizio, accessibile in rete, fornisce indicazioni per 

l’effettuazione di indagini e per la gestione dei cluster. Il suo funzionamento si basa 

sull’utilizzo di un software appositamente predisposto e attualmente in uso ai registri 

locali e al registro centrale di Eurocat per l’individuazione di eventuali cluster mediante 

l’attività di monitoraggio di routine. Tutti i registri hanno a disposizione linee guida e 

altri materiali con indicazioni per lo svolgimento di indagini di cluster che dovessero 

emergere. Il sito dispone inoltre di una guida con informazioni relative ad altri 

protocolli di indagine e con esempi commentati di studi sull’esposizione ambientale. 

Materiali e Metodi 

EUROCAT ha adottato la seguente definizione di cluster: ‘un’aggregazione di casi di 

anomalia congenita nel tempo e/o nello spazio che appare inusuale’. In questa 

definizione il concetto di spazio non è solo inteso come semplice residenza. 

La principale metodologia di analisi applicata da questo servizio si basa sul test della 

finestra mobile come descritto da Naus (1965) e Nagarwalla (1996) che prende in 

considerazione un dato numero di casi misurando il periodo di tempo che intercorre fra 

il primo e l’ultimo caso. Questo metodo consente di individuare se un dato numero di 

casi si è verificato in un periodo di tempo più breve di quanto normalmente atteso per il 

solo effetto del caso. Le dimensioni delle finestre che possono essere sottoposte a test 

sono comprese fra un minimo di 5 e un massimo del 90% del numero totale di casi. 

I risultati dell’analisi indicano il numero di casi all’interno del cluster, la data di inizio e 

di fine del cluster, la durata del cluster in giorni e la probabilità di osservare questo tipo 

di cluster. La ricerca sistematica dei cluster è più affidabile se eseguita su grandi 

database. Il tipo di studio dipenderà poi dalla malattia di interesse e dalle condizioni 

locali. 

Risultati 

Le analisi condotte fino ad ora hanno mostrato un cluster per una anomalia congenita 

specifica (anomalia dei setti cardiaci) in 5 dei 24 registri EUROCAT considerati. Il 

numero massimo di cluster per diverse patologie, a livello di singolo registro, è risultato 

invece di 9. Sebbene questo servizio sia stato sviluppato per le anomalie congenite, è 

facilmente adattabile a numerose altre patologie, in particolare quelle rare. Inoltre il suo 

maggiore utilizzo ne migliorerebbe l’efficacia grazie ai suggerimenti che potrebbero 

venire da una forte interazione con una più vasta utenza. 

. 

9


ANALISI DEI DETERMINANTI DELLA VARIABILITÀ SPAZIALE IN 

SANITÀ 

Sara Benocci, Cesare Cislaghi, Claudio Galanti, Francesco Innocenti 

Agenzia Regionale di Sanità Toscana 

Lo studio dei fattori che determinano la variabilità spaziale dei fenomeni in ambito 

sanitario è uno degli obiettivi dell’Atlante Toscano di Geografia Sanitaria che, rispetto 

ad altri atlanti epidemiologici, ha lo scopo di analizzare le caratteristiche del sistema 

sanitario regionale, esaminando la distribuzione sul territorio di indicatori relativi alla 

struttura della sanità locale, sia nel senso della domanda che in quello dell’offerta di 

servizi e prestazioni. 

La distribuzione geografica di questi elementi presenta due tipologie di variabilità: una 

casuale, e quindi stimabile in funzione dell’ampiezza demografica, ed un’altra 

strutturale e solo parzialmente misurabile. Per affrontare la variabilità casuale sono state 

utilizzate nell’atlante due metodologie statistiche: lo smoothing geografico mediante 

stime kernel che “lisciando” la distribuzione fa emergere la struttura sottesa ai dati e 

l’indice D delle adiacenze, che evidenzia la forza della struttura geografica misurandone 

anche la significatività statistica rispetto ad una ipotesi di distribuzione casuale. 

Possiamo ipotizzare che vi siano inoltre alcuni determinanti strutturali della variabilità, 

legati sia ai meccanismi di formazione del bisogno, sia della relativa domanda di 

prestazioni, sia alla soddisfazione della stessa, come mostrato in figura. 

Esistono molti studi, sia in Italia che all’estero, che tentano di individuare i determinanti 

di diversa natura, ma in pochi di questi si riesce a fornire una giustificazione esauriente 

dell’alta variabilità geografica che si può ovunque osservare. 

11


Questo lavoro intende presentare innanzitutto le analisi che costituiscono la base sulla 

quale è stato elaborato l’Atlante Toscano di Geografia Sanitaria, dando particolare 

risalto alla misura della variabilità spaziale dei vari indicatori calcolati a livello 

comunale. Per alcuni di questi, poi, si cercherà di mostrare alcune caratteristiche 

geografiche capaci di dar ragione della variabilità misurata. In particolare si esaminerà 

l’associazione tra presenza di offerta sanitaria e livello dei consumi di prestazioni 

sanitarie. 

12


UN APPROCCIO DIRETTO AL PROBLEMA DELLA STIMA DEGLI 

SPOSTAMENTI A BREVE TERMINE DELLA POPOLAZIONE NELLE STUDI 

DI SERIE TEMPORALI 

Zauli Sajani S.*, Scotto F.*, Lauriola P.* 

*Struttura Tematica di Epidemiologia Ambientale – ARPA Emilia Romagna 

Introduzione 

Le dinamiche a breve termine della popolazione (es. durante l’estate) sono un 

confondente importante in molte indagini epidemiologiche. Gli studi di serie temporali 

tengono generalmente conto di questo problema considerando solo gli eventi sanitari 

associati ai residenti presenti nell’area di studio. Questa scelta ha lo scopo di ridurre gli 

errori nella stima dell’esposizione al fattore di rischio ma introduce una distorsione 

nella definizione del numero degli esposti. L’approccio utilizzato in letteratura per 

affrontare il problema è incentrato sull’inserimento nei modelli (es. Generalized 

Additive Models) di variabili legate al calendario o dummy come il giorno della 

settimana, la stagione, le festività, etc.. In questo studio, si è testato un approccio diretto 

al problema usando come indicatori degli spostamenti della popolazione il consumo di 

gas da cucina, la produzione di rifiuti solidi urbani e gli accessi TV. 


Si sono comparati i dati 2003 delle variabili considerate nel comune di Bologna. I dati 

di accesso TV sono stati definiti come il numero di persone che hanno acceso la TV 

almeno una volta durante il giorno. I dati sono stati forniti dall’AUDITEL. 

Risultati 

La figura 1 mostra gli andamenti delle medie mobili a 7 giorni delle variabili riferite alla 

popolazione generale e, per i soli accessi TV, gli andamenti dei +65. Le variabili sono 

state “normalizzate” dividendo i dati giornalieri per la media dei valori riscontrati nella 

prima settimana. Il migliore adattamento è stato ottenuto tra i dati di produzione di 

rifiuti e di accessi TV. Il valore minimo è stato registrato in corrispondenza del 15 

Agosto, dove si colloca tra il 50 e il 60% del valore di riferimento. Un andamento simile 

è stato ottenuto per il consumo di gas, con un minimo ancora più accentuato (circa il 

40% del valore di riferimento). Molto meno marcata è risultata la flessione delle 

presenze dei +65 stimata con i dati TV: il 70-80% di tale sottogruppo di popolazione è 

risultato presente anche nei periodi di maggior esodo estivo. 

Discussione 

La produzione di rifiuti solidi urbani e gli accessi TV sembrano essere buoni indicatori 

della popolazione presente durante la stagione estiva. La possibilità di stratificazioni per 

età e, forse, per stato socio-economico rende tuttavia i dati di accesso TV più ricchi di 

contenuto informativo. 

13


14 

Normalized estimated present population 

1,8 

1,7 

1,6 

Solid urban waste production TV access 

1,5 

1,4 

1,3 

1,2 

1,1 

1,0 

0,9 

0,8 

0,7 

0,6 

0,5 

0,4 

0,3 

0,2 

0,1 

0,0 

Cooking gas consumption +65 

01/05/03 01/06/03 01/07/03 01/08/03 01/09/03 

Figura 1 Media mobile a 7 giorni della produzione di rifiuti solidi urbani, consumo di 

gas da cucina e accessi TV totali e delle sole persone maggiori di 65 anni durante 

l’estate 2003. I dati sono normalizzati rispetto alla media dei valori giornalieri della 

prima settimana.

comunicazioni libere - sessione B1 7 settembre 

VALUTAZIONE CON APPROCCIO GIS DEGLI EFFETTI DEL TRAFFICO 

SULLA SALUTE RESPIRATORIA 

Daniela Nuvolone 1 , Roberto della Maggiore 1 , Sara Maio 2 , Sandra Baldacci 2 , Anna Angino 2 , 

Franca Martini 2 , Marco Borbotti 2 , Laura Carrozzi 2 , Giovanni Viegi 2 

1 Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione “Alessandro Faedo” CNR, Pisa; 2 Unità di 

Epidemiologia Ambientale Polmonare, Istituto di Fisiologia Clinica CNR, Pisa 

Background 

L’inquinamento causato dal traffico autoveicolare è considerato uno dei maggiori fattori 

di rischio per la salute respiratoria dell’uomo. Al fine di valutare se la distanza da strade 

intensamente trafficate abbia un effetto sull’incidenza di sintomi e malattie respiratorie, 

un approccio fondato sull’uso di tecnologia GIS è stato utilizzato per l’analisi di dati 

epidemiologici raccolti nel corso dell’indagine svolta dall’Istituto di Fisiologia Clinica 

(CNR, Pisa) nella zona di Pisa-Cascina nel 1991-93. L’indagine, condotta nell’ambito 

di uno studio prospettico, aveva come obiettivo la valutazione degli effetti sulla 

popolazione dell’inquinamento atmosferico prodotto da una strada a traffico elevato 

(Statale Tosco-Romagnola). 


I soggetti partecipanti all’indagine e che vivono entro una distanza di 800m dalla Tosco- 

Romagnola (2.062 soggetti) sono stati georiferiti sul territorio secondo il proprio 

indirizzo di residenza. 

La popolazione campione è stata quindi classificata secondo un criterio spaziale; una 

prima classificazione ha distinto le persone residenti ad una distanza massima di 75m 

dalla strada (esposti) dalle rimanenti abitanti nella zona 75-800m (controllo). 

Analogamente è stato fatto per le distanze di 100m e 150m. 

In una seconda fase è stato applicato un metodo di classificazione differente fondato su 

tre classi di distanza: 0-75m (più esposti), 75-150m (meno esposti) e 150-800m 

(controlli). Lo stesso schema è stato ripetuto altre due volte spostando la soglia di 

discriminazione fra seconda e terza classe a 200m e 250m. Su ciascuna delle sei 

classificazioni ottenute sono state condotte analisi bivariate e multivariate. 

Risultati 

Lo studio ha evidenziato associazioni statisticamente significative tra il vivere in 

prossimità della strada ed alcuni sintomi/malattie respiratorie. La classificazione a due 

livelli non ha fornito una indicazione chiara su quale classe di distanza possa essere 

considerata maggiormente pericolosa per la salute respiratoria della popolazione. Infatti 

significatività consistenti sono state riportate sia per i soggetti residenti entro i 75m 

dalla strada che per quelli residenti entro i 100m. Il secondo criterio di classificazione a 

tre livelli ha consentito di estrarre maggiore informazione dai dati a disposizione. Infatti 

sia l’analisi bivariata sia l’analisi multivariata mostrano che il vivere entro i 75m è 

statisticamente associato al manifestare alcuni sintomi/malattie (asma bronchiale, 

bronchite cronica, enfisema, dispnea, attacchi di difficoltà di respiro). Inoltre gran parte 

delle significatività sono state osservate nella popolazione femminile. 

Considerazioni 

Nel presente lavoro il ricorso alla tecnologia GIS per lo studio dei dati raccolti con 

indagini epidemiologiche permette la valutazione della distanza dalle strade come 

indicatori (proxy) di esposizione ambientale. L’integrazione dei dati epidemiologici in 

15

7 settembre sessione B1 - comunicazioni libere 

un sistema informativo geografico ha mostrato che è possibile ottenere diverse 

classificazioni spaziali della popolazione con notevole flessibilità e facilità d’uso. 

16


GLI STUDI DI EPIDEMIOLOGIA AMBIENTALE NELLE AREE OGGETTO 

DI BONIFICA: CONTRIBUTO AI PROCESSI DECISIONALI 

Pasetto Roberto, Fazzo Lucia 

Reparto di Epidemiologia Ambientale, Dip. Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria Istituto 

Superiore di Sanità 

La tematica ambiente e salute è maturata con forza recentemente nelle sedi politiche e 

tecniche di organismi internazionali e nazionali. 

L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un recente Rapporto ISTISAN monografico 

sugli studi di epidemiologia nei siti inquinati (www.iss.it/publ/rapp/2005/index.html). Il 

rapporto è frutto di un anno di lavoro congiunto svolto dalle strutture territoriali e dagli 

organismi tecnici nazionali, nonché da esperti del settore, nell’ambito dell’assistenza 

tecnica alla programmazione fornita dal Ministero all’Ambiente e Tutela del Territorio e 

dal Ministero alla Salute, alle regioni italiane che rientrano nella categoria prevista 

dall’Obiettivo 1 dell’Unione Europea. 

La valutazione dello stato di salute delle popolazioni residenti in siti inquinati rientra fin 

dai primi momenti nei processi di bonifica: l’impatto sanitario è, infatti, uno dei criteri 

previsti dal DM 471/99 per includere un’area tra i siti di interesse nazionale per le 

bonifiche. Il ruolo della valutazione sanitaria è anche successivo alla definizione stessa. 

Gli studi epidemiologici, supportati da altre discipline, contribuiscono a dare indicazioni 

sulle priorità da seguire negli interventi di bonifica, e a valutare gli effetti in termini di 

sanità pubblica degli interventi stessi. 

In tale contesto vengono presentati due casi studio rappresentativi di approcci da 

utilizzare in fasi diverse. Il primo, che interessa un’area della Campania che fa parte del 

vasto sito di bonifica “Agro aversano e litorale domitio flegreo”, è uno studio 

geografico, indagine preliminare da effettuare in questi contesti per individuare la 

presenza eventuale di aree in cui il rischio sanitario è maggiore e in cui si richiedono 

studi di tipo analitico. Il secondo è uno studio analitico svolto nel sito di interesse 

nazionale per le bonifiche di Gela, interessato dalla presenza di un polo petrolchimico. 

Lo studio della coorte dei lavoratori del petrolchimico, insieme ad altri studi con 

obiettivi diversi ma tra loro coordinati, concorre a definire il quadro epidemiologico 

della popolazione locale in riferimento alla specifica attività industriale presente sul 

territorio. 

L’insieme delle informazioni acquisite attraverso le indagini epidemiologiche, ha la 

potenzialità di fornire elementi razionali per la comunicazione del rischio e per orientare 

politiche basate sulle evidenze. 

17


SUSCETTIBILITÀ ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO: NUOVI 

RICOVERI OSPEDALIERI PER CAUSE CARDIACHE IN UNA COORTE DI 

PAZIENTI SOPRAVVISSUTI AD UN PRIMO INFARTO 

Sally Picciotto 1 , Francesco Forastiere 1 , Stephanie Von Klot 2 , Annette Peters 2 , Daniela 

D’Ippoliti 1 , Massimo Stafoggia 1 , Carlo A. Perucci 1 

1 Dipartimento di Epidemiologia, ASL RM/E, Roma; 2 Institute of Epidemiology, GSF – National 

Research Center for Environment and Health, Neuherberg, Germania 

Introduzione 

L’inquinamento atmosferico è stato associato ad aumenti della mortalità e morbosità 

nella popolazione generale delle grandi città. Nel presente studio, parte del progetto 

Europeo HEAPSS (Health Effects of Air Pollution in Susceptible Subpopulations), 

abbiamo valutato gli effetti dell’inquinamento (nuovi episodi di ammissione ospedaliera 

per cause cardiache) in una popolazione particolarmente vulnerabile come i soggetti 

sopravvissuti ad un infarto del miocardio. 


Nel periodo 1998-2000, 7384 persone residenti a Roma sono state ricoverate per un 

primo infarto acuto del miocardio (AMI) e sono sopravvissute al 28° giorno dal ricovero 

(dati delle schede di dimissione ospedaliere, SDO, della regione Lazio). Sono state 

misurate le concentrazioni di PM10, NO2, CO, e O3, mentre le concentrazioni 

numeriche delle particelle ultrafini (PNC) sono state stimate. È stato studiata 

l’associazione a breve termine dell’inquinamento atmosferico sulle riammissioni 

ospedaliere (fino al 31 dicembre 2001) per le seguenti diagnosi: infarto acuto del 

miocardio, angina pectoris, e qualsiasi causa cardiaca (infarto del miocardio, angina 

pectoris, aritmie, scompenso cardiaco). È stata eseguita una analisi di regressione di 

Poisson tenendo conto del tempo persona di osservazione e delle variabili tempo 

dipendenti. 

Risultati 

Tra i soggetti della coorte sono stati osservati 431 ricoveri per infarto successivo, 1045 

per angina pectoris, e 1837 per cause cardiache. Si sono riscontrate delle associazioni 

tra i ricoveri per angina pectoris ed i livelli d’inquinamento a diversi lag. Riportiamo 

quelli del lag distribuito di 5 giorni (lag 0-4) delle concentrazioni di PNC (OR=1.16, 

95% CI 1.02-1.31), PM10 (OR=1.09, 95% CI 1.00-1.19), NO2 (OR=1.17, 95% CI 1.06- 

1.28). Non sono stati notati effetti statisticamente significativi per AMI, mentre gli 

effetti per tutte le cause cardiache erano più deboli degli effetti per angina. L’effetto 

dell’inquinamento appare più forte nei soggetti di stato socio-economico più basso. 

Conclusioni 

I risultati suggeriscono che l’incremento dell’inquinamento atmosferico aumenti il 

rischio di ricovero per cause cardiache, in particolare angina, tra i soggetti sopravvissuti 

ad un primo infarto. 

18


FATTORI DI VULNERABILITÀ INDIVIDUALE COME MODIFICATORI DI 

EFFETTO DELLA RELAZIONE TRA ELEVATE TEMPERATURE E 

MORTALITÀ. 

-STUDIO CASE- CROSSOVER IN QUATTRO CITTÀ ITALIANE, 1997-2003 

Stafoggia M. 1 , Forastiere F. 1 , Agostini D. 2 , Biggeri A. 3 , Bisanti L. 4 , Cadum E. 5 , Caranci N. 5 , 

De Donato F., 1 De Lisio S. 2 , De Maria M. 5 , Michelozzi P. 1 , Miglio R. 6 , Pandolfi P. 2 , Picciotto S. 1 , 

Rognoni M. 4 , Russo A. 4 , Scarnato C. 2 , Perucci C.A. 1 

1 Dipartimento di Epidemiologia ASL RME, Roma; 2 ASL, Bologna; 

3 Dipartimento di Statistica, Università di Firenze; 4 ASL Città di Milano; 5 ARPA Piemonte, 

Torino; 6 Dipartimento di Scienze Statistiche, Università di Bologna 

Introduzione 

Numerose indagini epidemiologiche hanno identificato un forte effetto delle elevate 

temperature sulla mortalità totale, in particolare tra i soggetti anziani. Pochi studi, 

tuttavia, hanno indagato le caratteristiche individuali che incrementano il rischio di 

morire nei giorni più caldi. A questo scopo, è stato applicato il disegno case-crossover 

per studiare gli effetti delle alte temperature sulla mortalità giornaliera tra sottogruppi di 

popolazione definiti dai ricoveri pregressi per varie condizioni. 


È stata studiata la associazione tra la temperatura apparente media e la mortalità per 

tutte le cause (1997-2003) tra i soggetti di età maggiore o uguale a 35 anni residenti a 

Bologna, Milano, Roma e Torino. Per tutti gli individui deceduti (216,633 soggetti), è 

stata raccolta l’informazione sui ricoveri dei due anni precedenti e sulle diagnosi 

principali e secondarie. L’analisi è stata realizzata in tre fasi: in primo luogo sono stati 

applicati i modelli additivi generalizzati per valutare le relazioni concentrazione-risposta 

tra la temperatura e la mortalità, allo scopo di scegliere due cut-point città-specifici per 

approssimare la relazione con tre spezzate lineari. Un termine di “smoothing” per il 

trend di medio-lungo periodo, il giorno della settimana, i giorni di festa, le epidemie 

influenzali, il PM10, la pressione barometrica e i decrementi estivi di popolazione sono 

stati considerati come potenziali fattori di confondimento. In secondo luogo, è stato 

applicato il disegno case-crossover, con approccio “time-stratified” per la selezione dei 

controlli (i giorni di controllo sono gli stessi giorni della settimana all’interno dello 

stesso mese). Lo stesso set di confondenti è stato considerato in questa fase. La 

temperatura apparente è stata modellata con tre termini lineari in base ai cut-point cittàspecifici 

scelti: il primo per le basse temperature, il secondo in corrispondenza di valori 

intermedi ed il terzo per le alte temperature. Il modello di regressione logistica 

condizionata è stato applicato per stimare l’incremento percentuale di rischio di morire 

in giorni con 30°C di temperatura apparente rispetto a 20°C. Per ogni città è stata 

considerata la potenziale modificazione d’effetto delle seguenti variabili: età, genere, 

reddito, ricoveri ospedalieri nei due anni precedenti (sì/no), numero di ricoveri 

precedenti e di diagnosi diverse, luogo del decesso, ed essere stati (o meno) ricoverati 

nei due anni precedenti per una lista di 28 condizioni cliniche, scelte a priori. In terzo 

luogo, i risultati delle quattro città sono stati meta-analizzati tenendo conto della 

eventuale eterogeneità tra le città. 

19


Risultati 

Nell’analisi congiunta delle quattro città, è stato riscontrato un incremento complessivo 

di rischio (a 30°C rispetto a 20°C, popolazione di età 35+ anni) del 34% (IC95%=27- 

42). Sono stati identificati l’età e il genere come principali modificatori d’effetto. 

L’incremento di rischio per le donne era del 45% (IC95%=37-52) (maschi: 24%, 

IC95%=16-33). Lo stato socioeconomico basso rappresenta un debole modificatore di 

effetto. Tra le condizioni cliniche pregresse considerate, i disturbi psichici (70%, 

IC95%=39–109), la depressione (71%, IC95%=23–138), i disturbi della conduzione 

cardiaca (77%, IC95%=38-127) e i disturbi circolatori dell’encefalo (46%, IC95%=33– 

61) sono emersi come fattori che incrementano la vulnerabilità. 

Conclusioni 

La disponibilità di dati relativi alle caratteristiche cliniche del soggetto possono essere 

utili per identificare gruppi particolarmente vulnerabili agli effetti delle elevate 

temperature. Le strategie di sanità pubblica per gestire le ondate di calore possono 

essere più efficaci se mirate ai gruppi suscettibili quali quelli identificati in questo 

studio. 

20


SISTEMA NAZIONALE DI ALLARME PER LA PREVENZIONE E LA 

SORVEGLIANZA DEGLI EFFETTI DEL CALDO SULLA SALUTE 

Michelozzi P., De Donato F., Kirchmayer U., Accetta G., D’Ippoliti D., De Sario M., Marino 

C., Palange S., Perucci C.A. 

Dipartimento di Epidemiologia ASL RM/E 

L’ondata di calore, che nell’estate 2003 ha interessato molti paesi Europei, tra cui 

l’Italia, ha fatto registrare eccessi di mortalità in molte città italiane, evidenziando un 

rilevante problema di Sanità Pubblica e sottolineando la necessità di implementare 

interventi di prevenzione per fronteggiare future condizioni di emergenza. Nel 2004 il 

Dipartimento della Protezione Civile (DPC) ha attivato il progetto “Valutazione degli 

effetti del clima sulla salute e un sistema nazionale di allarme per la prevenzione 

dell’impatto delle ondate di calore” ed il Dipartimento di Epidemiologia della ASL 

RM/E è stato individuato come Centro di Competenza Nazionale (CCN) per il 

coordinamento di tale progetto. 

Obiettivi 

- elaborazione, nelle principali città italiane, di sistemi di allarme per la previsione 

e la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute denominati Heat Health Watch 

Warning Systems (HHWWS), utilizzando diversi approcci metodologici; 

- elaborazione, durante il periodo estivo, di un bollettino giornaliero città specifico 

con le previsioni meteorologiche, l’eccesso di eventi sanitari previsto ed un livello di 

rischio (livello da 0 a 3) per le 72 ore successive (il bollettino viene emesso dal 

lunedì al sabato); 

- attivazione, durante il periodo estivo di un sistema rapido di rilevazione della 

mortalità per il monitoraggio delle variazioni giornaliere di mortalità e per disporre 

di un sistema di sorveglianza nazionale della mortalità associata alle ondate di calore; 

- sviluppo e l’implementazione di interventi di prevenzione a livello nazionale e 

locale; 

- valutazione dell’efficacia dei sistemi di allarme e degli interventi di prevenzione 

adottati nelle diverse città; 

Inoltre, il centro di riferimento locale (Comune, ASL, Dipartimento della Protezione 

Civile locale) di ogni città è responsabile dell’attivazione del flusso informativo a 

livello locale e del coordinamento del piano di prevenzione nelle situazioni di 

emergenza. 

Nell’ambito del progetto DPC, durante l’estate 2005 verranno resi operativi sistemi di 

allarme HHWW a Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Milano, Palermo, Roma e Torino 

e verranno avviati in via sperimentale i sistemi di Bari, Catania, Napoli e Venezia. Il 

progetto prevede la graduale estensione dei sistemi a tutti i grandi insediamenti urbani 

in modo da avere una copertura nazionale. 

Vengono presentati i risultati dei sistemi città specifici e della rilevazione della 

mortalità per il periodo giugno-agosto 2005. 

21


METODI DI CLASSIFICAZIONE PER L’INDIVIDUAZIONE DI MACRO 

AREE A LIVELLI OMOGENEI DI ESPOSIZIONE A IN UINANTI 

ATMOSFERICI 

A. Biggeri 1 , N. Caranci 2 , G. Frasca 3 , G. Galletti 4 , C. Galassi 4 , R. Miglio 5 , S. Zauli 6 . 

1 Dipartimento di Stati ti a iren e 2 ASL Gruglia o ( O); 3 A SL Reggio Emilia 4 O 

iemonte orino; 5 Dipartimento di S ien e Stati ti e ologna; 6 AR A Emilia-Romagna 

Obiettivi 

Nell’ambito degli studi sugli effetti a breve-termine dell'inquinamento atmosferico sulla 

salute, ci si è posti l’obiettivo di stimare l’associazione tra alcuni esiti sanitari (mortalità 

e ricoveri ospedalieri) e l’inquinamento atmosferico (da particolato-PM10 e Ozono-O3) 

in tutte le città capoluogo della regione Emilia-Romagna, utilizzando la metodologia 

statistica già applicata nello studio MISA-2 1 . Poichè le concentrazioni di PM10 e O3 

presentano una distribuzione spaziale su larga scala molto omogenea, si è considerata 

l’opportunità di condurre le analisi di serie temporali con riferimento a due o tre distinte 

macro-aree regionali, anzichè in ognuna delle singole città. Nel presente lavoro vengono 

descritti i metodi utilizzati per l’individuazione delle macroaree omogenee che verranno 

incluse nella successiva analisi di serie temporali. 

Meto i 

Per la valutazione dell’omogeneità delle concentrazioni di inquinanti tra le diverse città 

sono stati utilizzati tre parametri che sintetizzano la concordanza e la riproducibilità 

delle misure di inquinanti rilevate da coppie di centraline, come già suggerito 2 : il 

coefficiente di correlazione di Pearson, il coefficiente di concordanza di Lin, ed il 

coefficiente di correlazione di Bland Altman. In ogni città, sono state selezionate le 

stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria di ARPA-ER che rilevavano le 

concentrazioni di PM10 o di O3 e che rispondevano a criteri di qualità predefiniti. Sono 

state definite a priori due possibili macro-aree regionali (Ovest, che include le città di 

Piacenza, Parma, Reggio-Emilia, Modena, Bologna e Ferrara ed Est, che include Forli- 

Cesena e Ravenna), in relazione alle diverse condizioni meteoclimatiche delle due aree 

che ne possono condizionare i livelli degli inquinanti. Sono quindi stati calcolati i tre 

parametri soprariportati per ogni coppia possibile di centraline appartenenti a diverse 

città sia di ciascuna area, sia dell’intera regione, nell’ipotesi che un inquinante ad ampia 

distribuzione spaziale misurato in una certa stazione di una certa città rifletta il livello di 

inquinante medio rilevato nell’intera macro-area (o nell’intera regione) in un dato 

giorno. Infine, sono state eseguite analisi dei gruppi utilizzando i parametri di 

correlazione ed anche indicatori di stato socio-economico di ciascuna città (struttura per 

età della popolazione, indice di vecchiaia, stime del reddito medio, percentuale di 

ricoveri per cause respiratorie e cardiache) per valutare la suddivisione in aree proposta. 

L’analisi dei gruppi è stata preceduta da una analisi INDSCAL al fine di ridurre le 

informazioni derivanti dalle misure di correlazione. 

1 

Biggeri A., Bellini P., Terracini B. (2004). Epidemiologia e pre en ione 28 (Suppl.), S1- 

S100. 

2 

Biggeri A., Baccini M., Accetta G., Bellini P., Grechi D. ed il Gruppo MISA (2003), 

Epidemiol re 2003; 27:365-75. 

23


Risultati 

Su tutta la regione, si sono osservate correlazioni molto buone fra le diverse coppie di 

stazioni appartenenti alle diverse città, ed ancora più elevate erano le correlazioni fra 

stazioni appartenenti a città della stessa macro-area, a conferma della validità della 

suddivisione a priori proposta; in nessun caso si sono osservati valori dei parametri di 

correlazione che denotavano una bassa riproducibilità delle misure degli inquinanti. I 

risultati dell’analisi dei gruppi supportano la suddivisione in aree proposte e 

suggeriscono di considerare la città di Bologna come un’area a sé stante. 

Conclusioni 

Il metodo utilizzato ha permesso di caratterizzare macro-aree regionali che individuano 

città omogenee rispetto alla concentrazione degli inquinanti in esame, alle variabili 

meteorologiche ma anche ad una serie di altri indicatori dello stato demografico, 

economico e sanitario delle popolazioni di riferimento. 

24


EFFETTI DELLA TEMPERATURA SULLA SALUTE E AREA DI NASCITA 

NEI RESIDENTI IN TORINO, 1972-2002 

Maria Angela Vigotti, Vito M.R. Muggeo, Moreno Demaria, Giovanna Berti, Ennio Cadum 

Dip. Sc. Uomo e Ambiente, Univ. di Pisa e IFC-CNR, Pisa 

Dip. Sc. Statist. Mat.‘Vianelli’- Univ. di Palermo 

Area Epidemiol. Ambientale - ARPA Piemonte 

Introduzione 

Risulta oggi sempre più importante capire se i cambiamenti climatici in atto possono 

indurre modificazione nei profili di mortalità ed in particolare nella relazione mortalità 

temperatura. Si è ipotizzato che un aumento di temperatura può prevenire la mortalità 

associata al freddo, ma quali le conseguenze sugli effetti del caldo? Dati i notevoli flussi 

migratori avvenuti a metà del secolo scorso entro l’Italia, è possibile oggi identificare, 

nei residenti in città come Torino, gruppi omogenei per area di nascita per i quali 

valutare gli effetti acuti della temperatura. 


Nello Studio Logitudinale Torinese, per il periodo 1972-2002, i dati di mortalità, con la 

causa del decesso, sono stati accoppiati con i dati anagrafici, permettendo di avere 

ulteriori informazioni sul luogo di nascita e di immigrazione. Abbiamo quindi 

identificato due gruppi di residenti in Torino: 1) residenti nati al Sud, cioè immigrati, 

quindi cresciuti in aree mediamente più calde e 2) residenti nati al Nord , cioè nativi, 

quindi cresciuti in aree mediamente più fredde. Il luogo di nascita diverso dal luogo di 

immigrazione e’ stato escluso. Sono stati esaminati quattro periodi (1972-79, 1980-87, 

1988-95, 1996-2002) e due gruppi di cause di morte naturali (ICD.9:1-799) e 

cardiovascolari (ICD.9:390-459). Per le cause respiratorie le frequenze per gli immigrati 

erano troppo basse. Le temperature medie giornaliere sono stati fornite dall’ARPA 

Piemonte. Alle serie temporali di dati giornalieri è stato adattato un modello log-lineare 

di regressione Poissoniana; in cui si sono incluse anche le variabili categoriali anno, 

mese, festività, giorni della settimana. Per la relazione non-lineare mortalitàtemperatura 

è stata inclusa un’approssimazione a linee spezzate (Muggeo, 2003). Le 

stime combinate dei quattro periodi si sono ottenute con metanalisi ad effetti fissi. 

Risultati 

Nei trent’anni esaminati la mortalità naturale e’ passata da 7000 decessi negli anni ’70 a 

4500 negli anni 2000 per i nativi a da 1300 a 2400 negli immigrati. Questo andamento 

rispecchia da un lato lo spopolamento della città di Torino verso le periferie, e dall’altro 

l’invecchiamento di coloro che hanno fatto parte del flusso migratorio degli anni ’50. 

Dopo aver aggiustato per stagionalità e variabili temporali abbiamo osservato che tra i 

residenti deceduti a Torino i rischi di mortalità per cause naturali o cause 

cardiovascolari associati all’aumento di 1°C di temperatura nei tre giorni precedenti 

sono minori per coloro sono nati al Sud Italia, e quindi cresciuti a temperature più calde 

rispetto ai residenti nati al Nord. Invece i nativi del Nord mostrano rischi di mortalità 

associati al freddo, cioè alla diminuzione di 1°C di temperatura inferiori agli immigrati 

dal Sud Italia. Si osserva che in generale i rischi sono più alti per il caldo che per il 

freddo. 

Gli stessi risultati si osservano per le sole età anziane (maggiori di 65 o 75 anni). Lo 

stato socio-economico, che si suppone inferiore negli immigrati, potrebbe agire da 

25


confondente ma dovrebbe aumentare i rischi per il freddo negli immigrati,e non alterare 

quindi i risultati. Non e’ facile ipotizzare quale meccanismo potrebbe permettere agli 

immigrati di sopportare meglio il caldo e peggio il freddo: avere abitudini o stili di vita 

che aiutano a tollerare il caldo ma non il freddo, quali dieta, modo di vestire etc? Vi può 

essere un contributo del frequente ritorno nei luoghi di nascita nelle vacanze estive? Può 

essere verosimile ipotizzare che il meccanismo di termoregolazione raggiunga in 

gioventù un equilibrio in sintonia con l’ambiente circostante e che tale meccanismo mal 

si adatti a cambiamenti più radicali di temperatura esterna. L’ipotesi è interessante ma 

altre indagini sono necessarie. 

26

comunicazioni libere - sessione C1 7 settembre 

ACCESSI AL DIPARTIMENTO DI EMERGENZA IN PROVINCIA DI 

TRENTO, 2000-2002 

D. Zuccotti 1 , P. Fateh Moghadam 1 , V. Bagnardi 2 , G. Corrao 2 , S. Piffer 1 

¹Osservatorio Epidemiologico, Azienda per i servizi sanitari, Trento; ²Facoltà di Scienze 

statistiche, demografiche e sociali, Università degli Studi di Milano Bicocca 

Obiettivo 

Valutare gli accessi ai punti di pronto soccorso (PS) dal punto di vista epidemiologico e 

organizzativo con particolare attenzione ad eventuali differenze tra utenti italiani e 

stranieri. 


E’ stato analizzato l’archivio elettronico dei punti di PS (11) della provincia di Trento 

dal 2000 al 2002. Le diagnosi sono state riclassificate nei 17 settori ICD–IX. Gli accessi 

per somministrazione di metadone sono stati analizzati separatamente dal resto dei casi. 

Le persone sono state individuate combinando alcune variabili socio-demografiche 

(sesso, data di nascita, cittadinanza, comune di residenza e medico di base); sono stati 

definiti utenti con accessi ripetuti coloro che accedono più di una volta nell’arco di 100 

giorni. L’associazione tra variabili è stata valutata utilizzando i modelli log-lineari e le 

misure di associazione sono espresse in termini di Odds Ratio con intervalli di 

confidenza del 95%. 

Risultati 

Tolti gli accessi per somministrazione di metadone risultano 658.467 accessi. Nel 40% 

dei casi la causa dell’accesso è un traumatismo; il 54% degli utenti sono maschi ed il 

60% ha meno di 45 anni. Il 65% attende meno di un quarto d’ora prima d’essere visitato 

e il 21% attende la visita per più di mezz’ora. Gli accessi seguiti da ricovero 

costituiscono il 18,2% dei casi. Il 76% dei ricoverati si è rivolto al PS per un problema 

di natura non traumatica; il rischio di ricovero è maggiore per chi accede nottetempo 

(OR 1,8). Fino ai 54 anni non vi è forte associazione tra età e ricovero, successivamente 

l’associazione aumenta, fino a raggiungere un OR di 5,56 per gli over 75enni 

(riferimento 0-14enni). 

Extra-UE: Gli stranieri extracomunitari rappresentano il 6,7% dei casi, con un trend in 

crescita. Il 97% dei loro accessi sono determinati da under 54enni. Fino a tale età gli 

extracomunitari accedono meno per motivi traumatici e più per cause non traumatiche 

rispetto agli italiani. Gli italiani e gli extracomunitari vengono ricoverati in modo molto 

simile in seguito ad un evento traumatico (OR=1,14), se invece il motivo dell’accesso è 

di natura non traumatica gli stranieri vengono ricoverati con minor probabilità degli 

italiani (OR=0,54). La percentuale di chi accede ripetutamente è più elevata negli 

extracomunitari, soprattutto nel gruppo degli utenti per patologie di natura non 

traumatica (OR=2,22). Complessivamente non emergono differenze nei tempi di attesa, 

tranne per il PS di Trento in cui il tempo massimo di attesa del 75% degli stranieri è di 

44 minuti mentre degli italiani è di 26 minuti. 

Bambini 0-14enni: nel 50% dei casi la visita dura al massimo mezz’ora mentre quella 

degli altri utenti dura quasi un’ora. Si registrano, in proporzione, più accessi nel fine 

settimana (in tal caso non vengono quasi mai ricoverati) che durante la settimana, 

inoltre rappresentano una parte molto consistente degli accessi registrati tra le 18 e le 

20. 

27

7 settembre sessione C1 - comunicazioni libere 

Tossicodipendenti: Quasi il 12% dei casi registrati nei tre anni sono dovuti alla 

somministrazione di metadone. Questi accessi avvengono spesso di prima mattina (nel 

57% dei casi tra le 3 e le 11) con brevi tempi di attesa (l’88% dei casi attende meno di 

15’). L’elevato numero di accessi (89.562) è a carico di un piccolo numero di 

tossicodipendenti (1.317 soggetti in tre anni, il 0,4% degli utenti del PS nel triennio) che 

accedono ripetutamente (in media 68 accessi per utente nel triennio). 

Conclusioni 

I servizi di PS assorbono una fetta notevole della domanda sanitaria in Provincia di 

Trento. In molti casi si tratta di problemi risolvibili da altre strutture sanitarie del 

territorio. Occorre incrementare l’accessibilità di tali strutture, soprattutto nell’ambito 

dell’assistenza dei tossicodipendenti, dei bambini e degli stranieri. 

28


L’ATTIVIT DI RADIOTERAPIA IN PIEMONTE: UTILIZZO E VALIDAZIONE 

DELL’ARCHIVIO DELLE PRESTAZIONI AMBULATORIALI 

Eva Pagano 1 , Daniela Di Cuonzo 1 , Cristina Bona 2 , Ileana Baldi 1 , Pietro Gabriele 2 , Umberto 

Ricardi 3 , Paolo Rotta 4 , Silvana Appiano 5 , Oscar Bertetto 6 , Franco Merletti 1 , Nereo Segnan 1 , 

Giovannino Ciccone 1 

1 UO Epidemiologia dei Tumori, ASO San Giovanni Battista di Torino e CPO Piemonte; 

UO di Radioterapia, IRCC Candiolo; 3 UO di Radioterapia, ASO S.Giovanni Battista di 

Torino; 4 UO di Radioterapia, Ospedale Civile di Asti ASL 9; 5 Assessorato alla Sanità, 

Regione Piemonte; 6 UO di Oncologia Medica, ASO S.Giovanni Battista di Torino 

Nell’ambito della Ricerca sanitaria finalizzata della Regione Piemonte, anno 2002, è 

stato realizzato un progetto biennale che aveva come obiettivi principali la ricostruzione 

dell’attività di radioterapia erogata, la stima del fabbisogno di radioterapia a livello 

regionale, e un censimento delle strutture di radioterapia presenti in regione e delle 

modalità di gestione dei pazienti oncologici. 

I dati utilizzati per questo progetto sono stati raccolti da diverse fonti: 1) gli archivi 

regionali delle prestazioni ambulatoriali e dei ricoveri ospedalieri (SDO), 2) un 

campione casuale di 600 cartelle cliniche ambulatoriali rappresentativo dei pazienti di 

ciascun servizio, 3) un questionario compilato dai responsabili di tutte le strutture di 

radioterapia della regione. 

L’insieme delle diverse fonti informative ha consentito di produrre una descrizione 

articolata dell’assistenza di radioterapia in Regione. In particolare, i dati hanno 

consentito di analizzare l’assistenza su tutto il territorio regionale, stimando le 

differenze territoriali nei livelli di utilizzo del servizio. La rilevazione campionaria ha 

invece permesso di approfondire le informazioni di cui i dati correnti risultano carenti 

(ad es. il tipo di trattamento erogato, le caratteristiche cliniche del paziente e alcune 

specifiche tecniche del trattamento) e di validare la bontà dei dati amministrativi. 

Poiché l’archivio delle prestazioni ambulatoriali non registra i dati clinici, si è cercato di 

recuperare l’informazione relativa alla diagnosi del paziente dalle SDO di eventuali 

ricoveri effettuati dallo stesso paziente nell’anno in cui ha effettuato il trattamento 

radioterapico. La ricerca nell’archivio dei ricoveri è stata realizzata attraverso il codice 

fiscale di ciascun paziente con riferimento ai soli ricoveri oncologici. Per l’anno 2003 è 

stato così ricostruita una diagnosi oncologica per i pazienti (il 72,3% della casistica 

ambulatoriale, N=7.770. Per 2.969 soggetti non sono stati identificati ricoveri per causa 

oncologica; tale mancata individuazione è in parte dovuta ad effettiva assenza di 

ricoveri, o alla incompletezza dei dati anagrafici (codice fiscale o altri dati necessari per 

creare una chiave univoca), tale da non renderli utilizzabili come identificativi del 

paziente. Ai soggetti per i quali è stato possibile identificare almeno un ricovero, è stato 

attribuito il tipo di tumore rilevato dai codici ICD9-CM della SDO. Aggiungendo a 

questi pazienti quanti hanno ricevuto radioterapia durante un ricovero ospedaliero, si 

dispone della diagnosi per quasi il 75% della casistica. 

Per valutare la bontà del risultato della procedura di attribuzione di una diagnosi 

oncologica ai pazienti trattati ambulatorialmente, è stato effettuato un confronto tra la 

distribuzione per diagnosi dei pazienti trattati (LINAC o telecobalto) nell’anno 2003 e 

quella del campione di cartelle ambulatoriali. La distribuzione appare molto simile nei 

due gruppi, indicando una sostanziale validità della diagnosi attribuita attraverso il 

29


linkage con le SDO, fatta eccezione per la diagnosi di tumore della prostata, 

sottostimata negli archivi amministrativi rispetto al campione disponibile per il 

controllo. Tale divergenza è probabilmente da imputarsi alla minore probabilità di 

individuare un ricovero di tali pazienti, a causa della minore frequenza di trattamenti in 

regime di ricovero ospedaliero nei casi sottoposti a radioterapia. 

In generale le informazioni contenute negli archivi regionali appaiono avere una buona 

coerenza interna (stabilità degli indicatori analizzati nel periodo 2001-2003) e con la 

rilevazione campionaria, tale da renderle utilizzabili ai fini di valutazione e 

pianificazione. 

30


ANDAMENTI TEMPORALI E DIFFERENZE GEOGRAFICA NELLA 

INCIDENZA DELL’INFARTO MIOCARDICO ACUTO IN TOSCANA TRA IL 

1997 ED IL 2002: I DATI DEL REGISTRO REGIONALE TOSCANO 

DELL’INFARTO MIOCARDICO ACUTO (TOSC-AMI) 

Alessandro Barchielli 1 , Daniela Balzi 1 , Alessandro Pasqua 2 , Eva Buiatti 2 

1 Unità di epidemiologia, Azienda Sanitaria 10 Firenze; 2 Osservatorio di epidemiologia, 

Agenzia Regionale di Sanità della Toscana 

Background 

I dati relativi a incidenza, prognosi e modalità di trattamento di una specifica patologia 

sono indispensabili da un punto di vista di sanità pubblica, di ricerca epidemiologica e 

di programmazione sanitaria. Per quanto riguarda la patologia cardiovascolare, la 

disponibilità di queste informazioni è in Italia al momento abbastanza limitata, in 

contrasto con la sua rilevanza per elevatissima frequenza, conseguenze sullo stato di 

salute della popolazione e impegno di risorse sanitarie ecc. 

Obiettivo 

Il Registro Regionale Toscano dell’Infarto Miocardico Acuto ha l’obiettivo di stimare 

incidenza e prognosi dell’infarto miocardio acuto (IMA) in Toscana e valutare la 

diffusione di alcune procedure diagnostico-terapeutiche utilizzate nel trattamento della 

malattia. 


La stima dei casi incidenti viene effettuata mediante record-linkage tra dati i sanitari 

correnti di ospedalizzazione e mortalità. 

Risultati e Conclusioni 

In Toscana, tra il 1997 ed il 2002, i tassi di attacco per IMA sono rimasti, nel loro 

complesso, sostanzialmente stabili in entrambi i sessi. La situazione appare diversa 

esaminando le due componenti dei decessi senza ricovero ospedaliero (in progressiva 

diminuzione) e degli eventi ospedalizzati (in aumento dopo il 2000). La letalità 

complessiva della malattia (largamente influenzata dalla riduzione della mortalità extraospedaliera) 

e di quella dei casi ospedalizzati è in riduzione. Nello stesso periodo si è 

osservato un aumento progressivo e costante delle procedure di cardiologia interventista 

(coronarografia ed angioplastica coronarica). Sia l’incidenza dell’IMA, e delle sue due 

componenti, e la diffusione delle procedure di cardiologia interventista presentano 

differenze statisticamente significative tra le varie aree della regione. La variabilità 

infraregionale della letalità a 28 giorni dei casi ospedalizzati è viceversa più modesta. 

I dati presentati confermano che anche nella realtà italiana le fonti sanitarie correnti 

possono essere utilizzate per sviluppare sistemi di sorveglianza della patologia 

cardiovascolare (IMA nello specifico), secondo quanto suggerito a livello 

internazionale. Lo sviluppo di sistemi di monitoraggio basati su fonti correnti 

informatizzate può consentire di avere, anche se con un maggior grado di 

approssimazione rispetto a quanto ottenibile con registri basati sulla revisione della 

documentazione clinica originale, dati su ampie aree e su tutte le classi di età in maniera 

relativamente economica e tempestiva, fornendo un’importante opportunità di sviluppo 

dell’epidemiologia in campo cardiovascolare. 

31


VALUTAZIONE DELL’APPROPRIATEZZA DELL’USO DELLA ICF- 

CHECKLIST ALL’INTERNO DEL SISTEMA INFORMATIVO PER 

L’ASSISTENZA RIABILITATIVA (SIAR) DELLA REGIONE LAZIO, ANNO 

2004 

Maria Letizia Giarrizzo, Rita De Giuli, Patrizio Pezzotti, Eugenio Bellomo, Domenico Di Lallo, 

Gabriella Guasticchi 

Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio 

Obiettivo 

Valutazione dell’appropriatezza dell’uso dell’ICF Checklist nella descrizione delle 

condizioni di salute dei pazienti in trattamento riabilitativo estensivo e di mantenimento 

con specifiche patologie, nell’anno 2004. 


I dati presentati derivano dal Sistema Informativo per l’Assistenza Riabilitativa (SIAR), 

attivo nella Regione Lazio dal 1° gennaio 2003, ed a cui le 82 strutture accreditate 

notificano le informazioni relative ai progetti riabilitativi di tipo estensivo e di 

mantenimento (in regime residenziale, semiresidenziale o non residenziale). Le diagnosi 

sono state descritte con la classificazione ICD9-CM ed il profilo di disabilità è stato 

delineato con la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e 

della Salute (ICF), sviluppata dall’OMS. In particolare è stata utilizzata la ICF 

Checklist, una selezione di categorie dal testo integrale tradotta ed approvata dal 

Disability Italian Network. Nel SIAR è prevista la raccolta di 24 informazioni della ICF 

Checklist; tale scelta è stata determinata dalla necessità di descrivere il quadro generale 

della persona in trattamento riabilitativo in funzione degli obiettivi da perseguire. La 

compilazione dei campi relativi all’ICF al momento non ha carattere di obbligatorietà, 

pertanto le informazioni presentate sono riferite solo ad una parte dei progetti realizzati 

nel periodo considerato. L’analisi è focalizzata sui progetti riabilitativi iniziati nel 2004 

per persone in età adulta (età ≥18 anni, n=26.815) e per le quali risulta codificata una 

patologia che rientra nei gruppi Ritardo mentale (RM - ICD9-CM: 317-319), Disturbi 

del sistema nervoso (DSN - ICD9-CM: 340-344), e Malattie del sistema 

osteomuscolare e del tessuto connettivo e relativi traumatismi (SOTC - ICD9-CM: 710- 

739, 905); pertanto risultano selezionati 17.324 progetti, che rappresentano il 64,6% di 

tutti i progetti riabilitativi realizzati in età adulta. 

Risultati 

Sul totale dei progetti analizzati (n=17.324), nel 41,4% dei casi è stato riportato almeno 

un campo per ognuno dei 4 domini di cui si compone l’ICF (Funzione, Struttura, 

Attività e Partecipazione, Fattori Ambientali). Per descrivere le menomazioni della 

funzione e della struttura corporea, le limitazioni dell’attività e le restrizioni alla 

partecipazione, indipendentemente dal grado di difficoltà incontrato dalla persona, le 

categorie più frequentemente utilizzate sono state, per il RM:“intelletto”(b117, 71%), 

“cervello” (s110, 37,5%), “intraprendere un compito singolo” (d210, 34,2%) e “famiglia 

ristretta” (e310, 25%); per DSN: “forza muscolare” (b730, 66,7%), “cervello (s110, 

40,1%)”, “camminare”(d450, 53,7%)e “famiglia ristretta”(e310, 33,6%); per SOTC: 

“mobilità dell’articolazione” (b710, 75,4%), “tronco” (s760, 44,8%), “camminare” 

(d450, 48%), “operatori sanitari” (e355, 21,5%). 

33


Conclusioni 

L’ICF può contribuire alla descrizione dello stato di salute della persona disabile, in 

funzione delle sue capacità e di fattori di contesto ambientale. Al momento si evidenzia 

una coerenza tra le patologie esaminate e i codici dell’ ICF. 

Questo studio è uno dei primi in Italia sull’utilizzo dell’ICF su una popolazione di 

ampia dimensione di soggetti in trattamento riabilitativo presso i centri territoriali. La 

non totale copertura dell’ICF sulla popolazione in studio indica la necessità di 

promuovere una formazione continua su questo nuovo sistema di classificazione. Per 

avere una descrizione delle condizioni di salute approfondita e completa è necessario 

disporre anche di un’analisi dei qualificatori per ogni singola area, poiché essi denotano 

l’entità del livello di salute o la gravità del problema evidenziato, e di una analisi 

congiunta delle quattro aree, al fine di individuare i più comuni profili di disabilità. 

34


VALIDAZIONE DEL MODELLO DI GAIL ATTRAVERSO GLI SCREENING 

MAMMOGRAFICI: RISULTATI PRELIMINARI DELLO STUDIO FRiCaM 

Antonio Russo, Ettore Mancini, Antonio Ponti, Nereo Segnan, Marco Rosselli Del Turco, 

Marco Zappa, Luigi Bisanti 

Razionale 

La definizione del rischio individuale di cancro della mammella basata sulla 

combinazione dei fattori di rischio noti è stata negli anni scorsi al centro della ricerca 

eziologia su questa malattia ed ha portato alla produzione di alcuni algoritmi che in 

vario modo rispondono a questa esigenza. Quello più utilizzato è stato sviluppato da 

Gail tenendo conto del numero di parenti di primo grado affetti da carcinoma della 

mammella, dell’età al menarca, dell’età al primo figlio e del numero di pregresse 

biopsie della mammella. Il modello di Gail permette di predire l’incremento di rischio 

nei cinque anni successivi e il rischio cumulativo fino all’età di 90 anni della donna 

indagata, non affetta da tumore della mammella al momento della stima, rispetto ad una 

donna che non riporti alcuno dei fattori di rischio considerati. Il modello di Gail 

sviluppato negli U.S.A. non è mai stato validato su una popolazione diversa da quella 

americana. Obiettivo dello studio qui presentato è la validazione del modello di Gail 

sulla popolazione afferente ai programmi di screening mammografico di Firenze, 

Torino e Milano partecipanti allo studio multicentrico FRiCaM (Fattori di Rischio del 

Cancro della Mammella). 


Lo studio è partito nel settembre 2003 a Milano e nel marzo e settembre 2004 

rispettivamente a Firenze e a Torino. Esso prevede la raccolta di informazioni sulle 

caratteristiche socio-demografiche, riproduttive, anamnestiche, sugli stili di vita e la 

storia familiare per neoplasie con un questionario postale auto-somministrato inviato 

alle donne invitate a partecipare agli screening dei tre centri aderenti. Per ciascun 

soggetto aderente allo studio è stato calcolato un absolute risk score secondo Gail. 

Mediante record linkage con l’archivio delle dimissioni ospedaliere 2003-2004 sono 

state identificate le donne che hanno avuto una diagnosi di carcinoma invasivo della 

mammella successivamente alla data di compilazione del questionario. 

Mediante un modello logistico non condizionato sono stati calcolati gli odds ratio (OR) 

e i relativi limiti fiduciali al 95% utilizzando come variabile dipendente l’occorrenza di 

cancro e come misura di esposizione i quintili della distribuzione dell’absolute risk 

score. 

Risultati 

Fino ad ora sono state incluse nello studio 48.432 donne per le quali è disponibile il 

questionario compilato. Per ciascuna è stato calcolato lo score di Gail. Mediante il 

linkage con l’archivio delle SDO sono state identificate 243 donne con diagnosi di 

tumore della mammella posta, in media, 97 giorni dopo la restituzione del questionario 

compilato. Il 25% delle donne con nuova diagnosi di tumore della mammella è nel 

quintile più alto dell’absolute risk score di Gail mentre il 12% è nel quintile più basso. 

Usando il primo quintile come riferimento, gli odds ratio degli altri quintili, derivati da 

modelli logistici non condizionati, sono rispettivamente 1.23 (95% CI 0.76-2.01), 1.46 

(0.93-2.28), 1.71 (1.10-2.64) e 2.11 (1.36-3.26), con un chi-quadrato per il trend pari a 

14.15 (p-value = 0.0002). 

35


Conclusioni 

Questi primi risultati, condotti su una popolazione europea aderente a programmi di 

screening, mostrano come sia possibile caratterizzare la popolazione femminile per 

rischio di cancro della mammella con l’ausilio di semplici strumenti informativi. 

L’algoritmo di Gail permette di identificare sottogruppi di donne a rischio elevato di 

sviluppare una neoplasia mammaria per le quali considerare l’opportunità 

dell’applicazione di modelli specifici di sorveglianza o di prevenzione. 

studio finanziato dalla Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori 

36


DIFFERENZE NELL’USO DI ASSISTENZA SPECIALISTICA AMBULATORIALE IN 

PIEMONTE: UN’ANALISI ECOLOGICA CONDOTTA CON MODELLI 

GERARCHICI 

Picariello R. 1 , Petrelli A. 1 , Costa G. 2 

1 Servizio di Epidemiologia, Piemonte; 2 Università di Torino 

Introduzione 

Il consolidamento della qualità dei dati del sistema informativo sull’assistenza 

specialistica ambulatoriale congiuntamente alla disponibilità dell’apparato informativo 

del censimento della popolazione e dell’anagrafe storica di Torino consentono l’avvio di 

studi sulle differenze nell’uso di assistenza sanitaria extra-ospedaliera, seppur a livello 

di granularità geografica. Lo studio ha avuto l’obiettivo di identificare l’influenza di 

fattori di bisogno e offerta nell’uso dei servizi di assistenza specialistica ambulatoriale 

nella Regione Piemonte e investigare l’eventuale presenza di eterogeneità tra ASL. 


Lo studio è stato condotto su base ecologica considerando come unità territoriale di 

analisi i Comuni di residenza del Piemonte (n=1205). Per il Comune di Torino, al fine 

di ridurre l’entità del bias ecologico e disponendo delle informazioni dell’anagrafe 

storica comunale, i dati sono stati disaggregati per quartiere (n=23). Le analisi sono 

state quindi condotte su 1.228 unità statistiche. Il tasso grezzo di utilizzo di prestazioni 

di assistenza specialistica in forma logaritmica (2003) è stato utilizzato come outcome 

per lo studio. Il tasso grezzo di mortalità (Registro Regionale della Mortalità-2001) e 

l’età della popolazione (Banca Dati Demografica Evolutiva del Piemonte - 2002), da cui 

sono state ricavate 3 variabili rappresentanti rispettivamente la % di popolazione nelle 

classi di età 0-4, 65-84, 85 e più, sono stati considerati indicatori di bisogno diretto. I 

parametri socioeconomici relativi a: % di popolazione con istruzione elementare o 

meno, % di lavoratori manuali, % di anziani che vivono soli, % di disoccupati, indice di 

affollamento abitativo (Censimento – 1991) e i consumi non alimentari procapite 

(ISTAT -2001), sono stati utilizzati come indicatori di bisogno indiretto. Sono inoltre 

state considerate come covariate di contesto la densità abitativa (abitanti per kmq), e la 

% di stranieri immigrati (ISTAT - 2001). L’offerta di assistenza specialistica è stata 

misurata attraverso 2 indicatori: il numero di discipline ambulatoriali*1000 ab. 

(Anagrafe delle Strutture Sanitarie-2003), e la distanza tra ciascun Comune di residenza 

e il più vicino Comune da cui è stata erogata almeno una prestazione specialistica. Sono 

stati utilizzati modelli di regressione lineare gerarchici a due livelli: Comuni (quartieri 

per Torino) per il livello 1 e ASL per il livello 2. E’ stata testata inoltre l’interazione tra 

% di popolazione in età 65-84 e % di anziani che vivono soli. E’ stata inoltre valutata 

l’eventuale presenza di multicollinearità tra le covariate utilizzando come indicatori i 

Variance Inflation Factors. 

Risultati 

Il ricorso all’assistenza specialistica risulta significativamente superiore nella fascia 

d’età 65-84 anni (coeff.: 0.160; 95%CI: 0.096-0.225); tra gli indicatori socioeconomici 

si osserva un’associazione diretta con la proporzione di popolazione disoccupata (coeff. 

0.038, 95%CI: 0.002-0.074) ed un’associazione inversa tra la quota di popolazione con 

bassa scolarità (coeff. -0.02, 95%CI: -0.04-0.00). 

37


Tra gli indicatori di offerta, la distanza esprime una significativa relazione inversa 

(coeff. -0.049, 95%CI: -0.058- -0.041). Si osserva inoltre variabilità residua 

significativa tra le ASL intorno all’intercetta (s 0.013, SE: 0.004). Non emergono 

problemi rilevanti di multicollinearità nella stima dei parametri. 

Conclusioni 

Lo studio evidenzia la presenza di differenze territoriali significative nel ricorso 

all’assistenza specialistica in parte spiegate da fattori di bisogno e di offerta. 

Eterogeneità residua non spiegata nella distribuzione delle prestazioni erogate tra ASL 

richiede l’affinamento delle analisi con l’aggiornamento e l’introduzione di nuovi 

indicatori. 

38


MORTALITÀ DI UNA COORTE DI ANZIANI TRAUMATIZZATI: IL RUOLO 

DELLE PATOLOGIE CRONICHE 

Sara Farchi, Laura Camilloni, Paolo Giorgi Rossi, Francesco Chini, Piero Borgia, Gabriella 

Guasticchi 

Agenzia di Sanità Pubblica, Regione Lazio – Roma. 

I traumi negli anziani costituiscono un’importante causa di disabilità e morte. Alcuni 

studi hanno dimostrato che la presenza di condizioni croniche in pazienti traumatizzati 

influisce sul rischio di morte. Lo scopo di questo studio è determinare l’effetto delle 

patologie croniche preesistenti sulla mortalità di persone anziane che hanno riportato un 

trauma. 

Fonte dei dati 

Sistema di sorveglianza degli incidenti stradali e domestici, basato sull’integrazione tra 

il Sistema Informativo dell’Emergenza Sanitaria (SIES) 2000, il Sistema Informativo 

Ospedaliero (SIO) 2000-01 e il Registro Nominativo delle Cause di Morte (RENCAM) 

2000-01 della Regione Lazio. 

Popolazione 

Tutti gli accessi ad una struttura di emergenza di persone con età ≥ 65 anni, per traumi 

avvenuti in strada o in casa, a cui ha fatto seguito un ricovero nell’arco delle 24h. 

Analisi 

La presenza di patologie croniche è stata valutata utilizzando l’indice di comorbidità di 

Charlson (CCI), che assegna ad ogni patologia cronica, riportata sulla scheda di 

dimissione ospedaliera, un peso relativo alla complessità della patologia stessa. I pesi 

relativi a patologia diverse per lo stesso paziente vengono sommati ottenendo un 

punteggio di comorbidità totale. L’indice è stato calcolato tramite l’adattamento 

elaborato da Romano et al. Per confrontare la probabilità di morte tra coloro che non 

erano affetti da patologie croniche e coloro che erano affetti da una o più condizioni, 

valutate tramite il CCI, sono stati utilizzati dei modelli logistici separati in base al 

codice triage (rosso-“molto urgente”, giallo-“urgente”, verde-“non urgente”, bianco- 

“accesso al PS non appropriato”) utilizzato come indicatore della gravità dell’infortunio, 

controllando per sesso, età e luogo in cui è avvenuto il trauma. L’esito considerato è la 

mortalità a 30 giorni dall’incidente. 

Risultati 

Nel Lazio nel 2000, 8145 ultra sessantacinquenni, sono stati ricoverati in seguito ad un 

incidente avvenuto in strada (1886) o in casa (6259). Il 15,7% degli anziani presenta 

una o più patologie croniche; questa percentuale assume il valore di 15,4% per pazienti 

a cui viene attribuito un triage verde, 16,2% per pazienti con triage giallo e 18,3% per 

pazienti con triage rosso, i quali tuttavia hanno un punteggio del CCI non superiore a 2. 

La percentuale di pazienti che muoiono in corrispondenza di diversi punteggi del CCI 

sono: “0”, 4,9% (338); “1-2” 9,6% (112); “3-4” 22,7% (15); “5+” 37,5% (18). 

La probabilità di morte è più alta per i maschi (OR= 2,14;95%IC:1,75-2,62), per coloro 

in età più avanzata (OR85+=5,07;95%IC:3,47-7,42 rispetto a 65-69 anni) e per coloro 

che hanno subito un incidente in casa (OR= 2,14;95%IC:1,57-2,92) e per i pazienti più 

gravi (ORgiallo=1,29;95%IC:1,02-1,63; ORrosso=9,33;95%IC:5,86-14,85). 

39


Per i pazienti non urgenti e urgenti la probabilità di morte aumenta per valori più alti 

dell’indice di comorbidità (Triage verde: ORCCI:1-2=2,02;95%IC:1,52-2,69; ORCCI:3- 

4=5,94;95%IC:2,76-12,77; ORCCI:5+=17,94;95%IC:8,97-35,90 rispetto a nessuna 

patologia. Triage giallo: ORCCI:1-2=1,52; 95%IC:0,92-2,52; ORCCI:3-4=4,88;95%IC:1,68- 

14,19; ORCCI:5+=5,86;95%IC:1,11-30,89 rispetto a nessuna patologia). La presenza di 

patologie croniche invece non è associata con un aumento di rischio di morte per i 

pazienti più gravi (Triage rosso: ORCCI:1-2=0,75;95%IC:0,25-2,26 rispetto a nessuna 

patologia). 

Conclusioni 

Le condizioni croniche sono forti determinanti della mortalità. Questo risultato mostra 

la necessità di programmare interventi preventivi in favore delle persone più anziane 

con condizioni croniche. Inoltre, studi specifici sono necessari per misurare il ruolo di 

altre condizioni che generalmente non vengono riportate nei databases amministrativi, 

come depressione o abuso di alcool. 

40

poster 7 settembre 

SPLINE MODELS PER LA STIMA DI EFFETTI DOSE-RISPOSTA NEGLI 

STUDI CASO-CONTROLLO 

Jerry Polese 1 , Renato Talamini 1 , Vincenzo Bagnardi 2 , Fabio Levi 3 , Antonella Zucchetto 1 , 

Carlo La Vecchia 4,5 , Silvia Franceschi 6 , Luigino Dal Maso 1 

1 CRO Aviano; 2 Università Milano-Bicocca; 3 Institut Universitaire de Médicine Sociale et 

Préventive, Losanna (CH); 4 Istituto “Mario Negri”; 5 Università degli Studi di Milano; 6 IARC, 

Lyon (F) 

Introduzione 

L’approccio classico per lo studio dell’effetto dose-risposta prevede l’utilizzo di modelli 

categoriali di regressione logistica ottenuti suddividendo l’esposizione in intervalli. 

Tuttavia, questa metodologia è fortemente influenzata dalle scelte della categoria di 

riferimento e delle classi di rischio. L’obiettivo dello studio è di valutare modelli 

alternativi più flessibili (spline models) per stimare il rischio di tumori delle alte vie 

digerenti e respiratorie associato al consumo di etanolo. 


I dati sono ottenuti da una serie di studi caso-controllo condotti in Italia e Svizzera tra il 

1982 ed il 2000. L’analisi è stata condotta confrontando i soggetti maschi con tumore 

del cavo orale (418), faringe (471), laringe (588) ed esofago (343) con i controlli 

originali (4822 in totale). L’introito giornaliero di etanolo (grammi al giorno, gr/g) è 

stato ricavato da un apposito questionario validato. Gli Odds Ratio (OR) per ogni 

grammo di incremento di etanolo ed i relativi intervalli di confidenza al 95% sono stati 

stimati attraverso i logistic spline models, aggiustando per età e abitudini al fumo. I nonbevitori 

sono stati considerati come categoria di riferimento. I risultati sono stati 

confrontati con l’analisi categoriale, ottenuta con modelli di regressione logistica, 

aggiustati per gli stessi cofattori, considerando i quintili di etanolo e ponendo il primo 

quintile come categoria di riferimento. 

Risultati 

I rischi di tumore di cavo orale ed esofago crescono rapidamente all’aumentare del 

consumo giornaliero di etanolo (Figura), raggiungendo il massimo oltre i 150 gr/g per il 

cavo orale (OR: 14,8) e per l’esofago (OR: 10,4). Per faringe e laringe, non emergono 

eccessi di rischio per consumi inferiori a 50 gr/g (circa 0,5 l/g di vino); il rischio cresce 

dopo tale punto fino a raggiungere il massimo a circa 150 gr/g sia per la faringe (OR: 

7,9) che per la laringe (OR: 4,4). L’analisi logistica categoriale produce risultati 

sovrapponibili a quelli ottenuti con i modelli spline per cavo orale e laringe, ma sembra 

sovrastimare il rischio di tumore della faringe, e sottostimarlo per l’esofago. 

Conclusioni 

Il presente studio evidenzia come, nella stima dell’effetto dose-risposta, l’analisi 

logistica categoriale possa risultare inadeguata quando la categoria di riferimento 

include livelli eterogenei di rischio, portando a distorsioni sia in eccesso che in difetto. 

In particolare, i modelli spline vengono proposti come metodo alternativo quando il 

41

7 settembre poster 

numero di osservazioni è 

sufficientemente elevato. Dettagli 

dello sono pubblicati su Int J Cancer 

(Polesel et al. 2005). 

42 

OR (scala logaritmica) 


20 

15 

10 

5 

2 

1 

0.5 

0.5 

Rischio di tumori delle alte vie digerenti e respiratorie per introito di etanolo 

20 

15 

10 

5 

2 

1 

a. Cavo orale 

0 50 100 150 200 

Etanolo (gr/g) 

c. Laringe 

0 50 100 150 200 




20 

15 

10 

5 

2 

1 

0.5 

20 

15 

0.5 

Logistic spline model Funzione categoriale 

10 

5 

2 

1 

b. Faringe 

0 50 100 150 200 


d. Esofago 

0 50 100 150 200 

Etanolo (gr/g)


I RICOVERI OSPEDALIERI A PISA: RICERCA DI ASSOCIAZIONI SPAZIO- 

TEMPORALI TRAMITE L'UTILIZZO DI TECNOLOGIE PER IL 

KNOWLEDGE DISCOVERY IN DATA BASE (KDD) 

Alessio Uva 1 , Fosca Giannotti 1 , Anna Romanelli 2 , Maria Angela Protti 2 , Fabrizio Bianchi 2 , 

Maria Angela Vigotti 3 

1 Lab. KDD-ISTI-CNR, Pisa; 2 IFC-CNR, Pisa; 3 Università di Pisa 

Introduzione 

Il processo di Knowledge Discovery and Delivery (KDD) ha l’obiettivo di ottenere 

conoscenza “utile” a partire da dati “grezzi”. La fase di analisi può avvenire sia con 

tecniche di analisi multidimensionale (strumenti OLAP), che con l’applicazione di 

algoritmi di Data Mining utilizzando software dedicati e che permettono di estrarre dei 

modelli con cui trasformare l’informazione in conoscenza.Le tecniche di KDD, diffuse 

presso le aziende con grande quantità di dati transattivi e di dettaglio, possono essere 

messo a disposizione di molte altre tipologie di organizzazioni. 


A partire da sorgenti eterogenee di dati è stato creato un ambiente di analisi omogeneo, 

contenente i dati giornalieri dei ricoveri avvenuti in Pisa nel 1998-2000, dell’ 

inquinamento atmosferico, i dati anagrafici, e i dati per sezione, del censimento del 

1991. Tutti questi dati provengono da vari studi in parte conclusi. In una prima fase, 

tramite SQL Server e’ stato creato un Data Warehouse per ottenere un archivio, 

organizzato per ricoveri. Tramite analisi OLAP sui dati si sono creati indici ad hoc per 

rendere più precisi i risultati delle funzioni di aggregazione dell’analisi 

multidimensionale. In una seconda fase studi di Mining sugli stessi dati, che hanno 

messo a confronto diversi ambienti di Data Mining (Weka, Clementine 6.5, e KDDML) 

e quindi di analizzare i dati utilizzando soprattutto Clementine 6.5, rivelatosi il più 

adatto alle caratteristiche dei dati a disposizione. 


I risultato ottenuti sono di diverso tipo. 

E’ stato creata una sorgente dati omogenea, contenente la totalità dei dati a disposizione 

per le analisi epidemiologiche nella zone di Pisa. Il Data Warehouse implementato 

permette inoltre un aggiornamento facile e rapido. 

Le analisi OLAP hanno messo in rilievo la possibilità di relazioni sia tra i ricoveri 

avvenuti nel comune di Pisa e le condizioni abitative dei residenti nel comune, che tra i 

ricoveri e i livelli di inquinamento dell’aria e delle variabili meteorologiche rilevati nei 

giorni precedenti il ricovero. 

Ricoveri, 1996-2000: valori% per diagnosi e livelli di PM10 

Comune di Pisa Circoscrizione .5 

Lag 0-3 Tutte eta’ Tutte eta’ Eta’ 2-10 anni 

Livello PM-10 Tutti M.Respir. Tutti M.Respir Tutti M.Respir 

Alto- Altissimo 31,9 37,6 31,5 39,5 34,5 45,4 

Normale-Basso 68,1 63,4 68,5 60,4 65,5 54,6 

43


Anche i risultati del Data Mining sono stati rilevanti: si sono ottenuti modelli e 

cluster che descrivono come le sostanza inquinanti presenti nell’aria e le 

condizioni abitative dei residenti di Pisa influiscono sullo stato di salute della 

popolazione.Ad es. un cluster individua un aumento della % di ricoveri per mal. 

Respiratorie (7,6%) rispetto alla media della distribuzione (5.7% ) nei giorni invernali 

caratterizzati da: Temperatura: Fredda/Fresca, Pressione Alta, mese: Gennaio/Febbraio, 

livelli alti di SO2, NO2, CO e alti/Altissimi di PM10, bassi di Ozono. Un altro cluster 

identifica maggior percentuale di ricoveri per malattie digestive nelle sezioni censuarie 

con maggior numero di abitazioni senza acqua potabile. 

Queste analisi confermano i risultati ottenuti con le più classiche analisi 

epidemiologiche; data la crescente presenza di archivi di dati raccolti di routine, questi 

metodi possono costituire un importante ausilio in epidemiologia per individuare nuove 

ipotesi da approfondire in sub-aeree o sub-gruppi di popolazioni. 

44


EFFETTI A LUNGO TERMINE DELL’OBESITA’ IN ETA’ INFANTILE E 

ADOLESCENZIALE 

Monica Chiusolo 1 , Dario Mirabelli 1 , Maria Luisa Petroni 2 , Franco Balzola 2 , Franco Merletti 1 

1 

Unità di Epidemiologia dei Tumori, Dipartimento di Oncologia e Scienze Biomediche, 

Università degli Studi di Torino e CPO-Piemonte 

2 

IRCCS istituto Auxologico Italiano Ospedale S. Giuseppe, Laboratorio Sperimentale di 

Ricerche Nutrizionali 

Contesto 

E’ riportato un aumento della prevalenza di obesità anche nei bambini e negli 

adolescenti. A questa età l’obesità può rappresentare uno dei principali determinanti di 

cattiva salute e mortalità prematura. Secondo evidenze epidemiologiche, sulla base di 

coorti di adulti obesi, l’obesità è associata tra l’altro a diabete mellito di tipo II°, 

cardiopatia ischemica nonché tumori di diverse sedi. 

Obiettivi 

Descrivere la mortalità di una coorte di soggetti obesi, identificati in età infantile e 

adolescenziale. 


La coorte include 1234 (605 maschi, 629 femmine) soggetti con diagnosi di “obesità” 

ed un eccesso di peso corporeo ≥ al 20% rispetto il valore riportato dalle curve di 

accrescimento, di età < 18 anni alla presentazione clinica, reclutati negli anni 1956-1981 

presso la Divisione Auxologica dell’Ospedale di Piancavallo. 

E’ stato condotto l’usuale follow_up postale per definire lo stato in vita di ogni 

soggetto. Per i casi deceduti è acquisita copia del certificato ISTAT riportante le cause 

di morte. 

Risultati 

Risultano deceduti 41 soggetti (29 maschi, 12 femmine). I persi al follow-up 

rappresentano il 7.5% della coorte. 

Si osserva un eccesso di mortalità generale con SMR di 149 (IC95% 100-214) nei 

maschi e di 156 (IC95% 80-272) nelle femmine. Il basso numero di eventi osservati fa 

sì che gli SMR calcolati risultino al limite della significatività statistica per i maschi, e 

non significativo per le femmine. 

L’acquisizione dei certificati di morte è in corso di completamento. 

Discussione 

L’incremento di mortalità in età adulta osservato in questa coorte di soggetti obesi 

arruolati quando minorenni è in accordo con i risultati di altri studi che riportano in 

generale un aumento di mortalità del 50% in entrambi i sessi. Al momento la nostra 

osservazione è stata limitata alla prima età adulta, in quanto il follow-up è stato di 

durata limitata. Per verificare le conseguenze dell’obesità infantile nella piena maturità 

ed in età avanzata sarà necessario estendere lo studio. 

45


ETEROGENEITÀ E CLUSTERING NELL’OSPEDALIZZAZIONE IN 

PIEMONTE: ALCUNE EVIDENZE DALL’ATLANTE SANITARIO 

REGIONALE 

Rusciani R. 1 , Petrelli A. 1 , Gnavi R. 1 , Demaria M. 2 , Costa G. 3 

1 Servizio di Epidemiologia, Piemonte; 2 ARPA, Piemonte; 3 Università di Torino 

Introduzione 

Mentre si rafforzano le evidenze sulle tendenze di fondo nel ricorso 

all’ospedalizzazione, in termini di trends temporali, durata delle degenze e 

appropriatezza, poco è noto sulla struttura geografica delle caratteristiche nell’uso di 

assistenza ospedaliera, e sulla modificazione temporale dei patterns di utilizzo in 

Piemonte. L’atlante sanitario bayesiano regionale, in fase di completamento, sta 

consentendo di esplorare la geografia della domanda, dell’offerta e del bisogno di 

assistenza sanitaria in Piemonte. Obiettivo di questo lavoro è presentare alcune evidenze 

sulla struttura spaziale dei ricoveri ospedalieri per grandi categorie (ordinari/DH e 

medici/chirurgici) e per alcune procedure chirurgiche a partire dai dati dell’atlante. 


Lo studio è stato svolto utilizzando i dati del Sistema Informativo Ospedaliero della 

Regione Piemonte. Le analisi sono state condotte stratificando il pool dei dati dei bienni 

1997-1998 e 2002-2003. Il Comune di residenza ha costituito l’unità statistica di analisi. 

Sono stati selezionati i ricoveri per acuti, escludendo quindi i neonati sani (DRG 391), e 

le dimissioni dai reparti di lungodegenza e di riabilitazione. Sono stati utilizzati modelli 

autoregressivi bayesiani, includendo due parametri di eterogeneità (E) geografica e di 

clustering (C), che consentono di valutare rispettivamente la variabilità generale dei 

fenomeni e la presenza di strutture spaziali all’interno di sub-aree regionali. Gli 

Standardized Admission Rates (SAR) sono stati utilizzati come outcome dei modelli, 

calcolati per comune di residenza e standardizzati per età. I modelli sono stati derivati 

ipotizzando un processo poissoniano sugli eventi e una distribuzione gamma sui 

parametri geografici, con parametri di forma e scala stimati a priori sulla base della 

variabilità osservata nella distribuzione dei SAR. Le procedure chirurgiche oggetto di 

analisi sono state identificate in quanto a rischio di razionamento o inappropriatezza. 

Sulla base delle stime prodotte dai modelli sono state disegnate mappe di SAR lisciati e 

categorizzati in eptili della distribuzione. 

Risultati 

L’ospedalizzazione mostra un’eterogeneità significativa sia per i ricoveri in regime 

ordinario [1997-1998: E:0.0462 (p


forte clusterizzazione di sovrautilizzo nelle aree delle provincie di Alessandria, Cuneo e 

VCO e per l’angioplastica (1997-1998: min=0.545 max=1.851; 2002-2003: min=0.567 

max=1.542), con tassi di utilizzo più elevati nell’area di Torino e cintura, della Valle di 

Susa e dell’Astigiano. 

Conclusioni 

La domanda di assistenza ospedaliera si distribuisce sul territorio in modo eterogeneo 

sia per l’ospedalizzazione generale che per interventi chirurgici specifici con clusters 

subregionali molto marcati. Non viene osservata una riduzione delle differenze nel 

tempo. I modelli bayesiani risultano particolarmente utili per evidenziare 

parametricamente la presenza di strutture spaziali nella distribuzione degli eventi 

ospedalieri. 

48


IL TEMPO DI LATENZA TRA IL PRIMO USO DI EROINA E LA PRIMA 

RICHIESTA DI TRATTAMENTO: ANALISI DEI POSSIBILI 

DETERMINANTI 

Lombardo Flavia 1 , Schifano Patrizia 2 , Bargagli Anna Maria 2 , Marina Davoli 2 , Carla Rossi 3 

1 Centro Nazionale di Epidemiologia, ISS , Roma; 2 Dipartimento di Epidemiologia, ASL RME, 

Roma; 3 Dipartimento di Matematica, Università Tor Vergata, Roma 

Introduzione 

L’analisi del tempo di latenza tra il primo uso di eroina e la prima richiesta di assistenza 

presso un Servizio Pubblico per il Trattamento delle Tossicodipendenze (SerT) permette 

di valutare quali sono i possibili determinanti di un più precoce accesso al servizio a 

partire dal momento del primo uso di eroina. 


La popolazione in studio è costituita dai tossicodipendenti da eroina arruolati tra il 1998 

ed il 2001 presso 115 SerT di 13 regioni italiane, nell’ambito dello studio di coorte 

VEdeTTE (Valutazione dell’Efficacia dei Trattamenti per la Tossicodipendenza da 

Eroina). Dal questionario somministrato al momento dell’ingresso nello studio sono 

state estratte tutte le informazioni relative a: età al primo uso di eroina, sesso, livello di 

istruzione, uso di eroina per via endovenosa e anno di primo uso (1964-1981; 1982- 

1986; 1987-1993; 1994-2000). 

E’ stato analizzato l’impatto di questi fattori sul periodo di latenza tra il primo uso di 

eroina e la prima richiesta di assistenza ad un SerT utilizzando un modello a rischi 

proporzionali di Cox. Si è stimata nel modello la possibile interazione dell’anno di 

primo uso con gli altri fattori considerati. 

Risultati 

Sono stati analizzati 9549 soggetti tossicodipendenti da eroina, prevalentemente uomini 

( 86%), con età media di prima assunzione di eroina di 20 anni e il 77% con livello di 

istruzione inferiore alla licenza media superiore. Il tempo medio di latenza tra il primo 

uso di eroina e la richiesta di un trattamento presso un SerT è di 5.3 anni (95% IC 5.2- 

5.4), ed il 75% si rivolge a un SerT 7 anni dopo la prima assunzione di eroina. 

Dal modello di Cox si stima che gli uomini hanno una probabilità minore delle donne di 

cominciare più precocemente una terapia del 22% (HR 0.88; 95% IC 0.83-0.94); mentre 

la probabilità di richiedere prima un trattamento cresce al crescere dell’età, con un HR 

di 1.31 (IC 1.18-1.45) per la classe più alta di età (27 anni) rispetto alla classe di 

riferimento (


letteratura. A richiedere prima una terapia sono le donne, chi inizia a far uso di eroina 

direttamente per via endovenosa e con un titolo di studio inferiore; inoltre la latenza 

sembra diminuire al crescere dell’età di inizio d’uso. I risultati ottenuti suggeriscono la 

necessità di approfondire l’analisi per comprendere anche la capacità attrattiva dei 

servizi in funzione delle loro caratteristiche e per valutare l’eventuale effetto della 

latenza sulla ritenzione in trattamento e sulla mortalità dei tossicodipendenti. 

50


SORVEGLIANZA INTEGRATA DEGLI INCIDENTI STRADALI: RISULTATI 

PRELIMINARI 

Francesco Chini 1 , Sara Farchi 1 , Paolo Giorgi Rossi 1 , Raffaella Amato 2 , Mario Greco 2 , Valeria 

Greco 2 , Piero Borgia 1 

1 Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio 

2 Istituto Nazionale di Statistica 

Introduzione 

Gli incidenti stradali rappresentano un problema di sanità pubblica rilevante. La 

sorveglianza dell’ISTAT/ACI relativa al 2003 riporta per l’Italia un numero di morti 

pari a 6000 circa e 320.000 feriti. Studi internazionali per la valutazione della 

completezza delle informazioni dei dati di polizia e dei dati sanitari hanno dimostrato 

che entrambe le fonti non sono esaustive, e solo un’integrazione delle due permette di 

descrivere il fenomeno. In Italia, pochissime esperienze locali hanno effettuato 

un’integrazione delle due fonti. Scopo del presente studio è la creazione di una 

sorveglianza integrata degli esiti sanitari degli incidenti stradali, considerando sia i dati 

di polizia, raccolti dall’ISTAT, che i flussi sanitari (accessi alle strutture 

dell’emergenza, dimissioni ospedaliere e certificati di morte). I risultati sono 

preliminari. 


Sono stati utilizzati i dati relativi ai decessi del sistema informativo degli incidenti 

stradali gestito dall’ISTAT. Tale sistema informativo raccoglie informazioni rilevate 

dalla Polizia Stradale, municipale, carabinieri e Polizia attraverso il “Rapporto Statistico 

d’incidente stradale”. Le informazioni presenti fanno riferimento alla data e ora 

dell’incidente, localizzazione, natura, tipo di veicoli coinvolti, circostanze, 

conseguenze. I risultati preliminari fanno riferimento ai soli record per i quali era 

presente il nome e cognome del deceduto. I dati di polizia sono stati linkati ai certificati 

di morte (RENCAM, 2000-01) per i deceduti sul posto e agli accessi alle strutture di 

emergenza (SIES, 2000), per i decessi avvenuti in seguito. L’analisi preliminare non ha 

consentito di produrre una stima di sensibilità e specificità del sistema integrato. 

Verranno presentate alcune analisi descrittive con il solo scopo di fornire le potenzialità 

del sistema 

Risultati 

Il numero di decessi per i quali era presente il nome e cognome del soggetto erano, 

nell’archivio dell’ISTAT, pari a 149 (22,5%). Per il 96,6% di questi è stato possibile 

risalire alla causa di morte; il 18,7% ha avuto un accesso al pronto soccorso prima del 

decesso. Cinque decessi riportati nel sistema informativo dell’ISTAT non erano presenti 

nel RENCAM, e si può ipotizzare che siano deceduti residenti fuori regione e registrati 

al comune di residenza. 

Una primissima descrizione dei dati mostra una fortissima prevalenza di giovani (47,9% 

14-34 anni), il 19,7% di incidenti vede coinvolti motocicli, mentre la tipologia 

d’incidente più frequente è lo scontro frontale (22,8%). L’analisi delle cause di morte 

mostra che i decessi per frattura della volta cranica sono particolarmente presenti negli 

scontri frontali-laterali (50,0%) e negli investimenti di pedoni (41,7%), mentre i 

traumatismi interni del torace-addome risultano prevalentemente negli scontri frontali 

(44,4%) e negli urti con veicoli in fermata o ostacoli (34,5%). 

51


Conclusioni 

La conoscenza approfondita del fenomeno degli incidenti stradali è cruciale per definire 

programmi di prevenzione efficaci. La sorveglianza integrata delle fonti sanitarie (dati 

di pronto soccorso, dimissioni ospedaliere, certificati di morte) ha individuato il 20% di 

decessi in più rispetto al sistema informativo dell’ISTAT (Giorgi Rossi et al., 2005), i 

dati dell’ISTAT contengono, però, informazioni indispensabili per effettuare gli 

interventi preventivi. 

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LA COSTRUZIONE DI UNA MATRICE MANSIONE/ESPOSIZIONE AD 

AMIANTO PRESSO UNA DITTA DI PRODUZIONE DI ROTABILI 

FERROVIARI 

S. Silvestri*, C. Ciapini°, A. Seniori Costantini* 

*Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica – Firenze; ° UF Pisll ASL 3 Pistoia 

Introduzione 

Nell’ambito dello studio di coorte su lavoratori di una ditta di produzione di rotabili 

ferroviari è stata costruita una matrice mansione/esposizione per il rischio amianto per 

gli anni in cui questo materiale è stato utilizzato nella coibentazione a spruzzo. 

Obiettivi 

Assegnare un livello di esposizione quantitativo ad personam espresso in numero di 

fibre/unità di volume legato alla mansione svolta ed all’anno di attività. 


Mediante la tecnica usata per la stima della concentrazione di vapori di inquinanti sono 

state stimate concentrazioni di fibre per 2 fasi del ciclo lavorativo (spruzzatura e 

allestimento/montaggio impianti) negli anni in cui sono avvenute. E’ stato ricostruito il 

quantitativo annuo di amianto impiegato e mediante un algoritmo è stato ricavato il 

fattore tempo da inserire nel calcolo dell’esposizione media ponderata. 

Risultati 

Mediante calcoli sono state compilate matrici per diversi reparti con i valori medi di 

esposizione per anno per tutte le mansioni operanti nei locali di lavoro durante la 

spruzzatura e l’allestimento dei rotabili. L’esposizione media annuale è la somma di 

esposizione diretta e indiretta per gli occupati operanti sul rotabile mentre per tutti gli 

altri l’esposizione è rappresentata solo dalla frazione indiretta. Le esposizioni a più 

elevata intensità in fibre/cc si individuano a cavallo del 1960. Il miglioramento delle 

condizioni di lavoro è dovuto a presidi di prevenzione che nel tempo sono stati via via 

introdotti fino ad arrivare alla completa separazione delle operazioni di spruzzatura dal 

resto della produzione. Il periodo di impiego di amianto a spruzzo e la conseguente 

esposizione va dal 1956 al 1979. I valori calcolati di esposizione cumulativa in fibre/cc 

per anno appaiono compatibili con le patologie asbesto correlate riscontrate in azienda 

(eccesso di mesoteliomi e placche pleuriche), ma non significativa presenza di asbestosi 

parenchimale. E’ interessante osservare che l’esposizione media per anno non è 

proporzionale al quantitativo di amianto impiegato per tutto il periodo di osservazione. 

Conclusioni 

L’uso di matrici mansione/esposizione risulta particolarmente utile negli studi 

occupazionali di coorte. Il calcolo dell’esposizione cumulativa per tutti i soggetti di cui 

è disponibile l’intera storia di lavoro consente una analisi differenziata per livello di 

esposizione. La matrice sarà impiegata nello studio di coorte per valutare se l’impatto 

negativo sulla salute delle maestranze abbia una relazione proporzionale alla dose di 

esposizione a fibre di amianto aerodisperse. 

53


PREVENZIONE DEL SOVRAPPESO E DELL’OBESITÀ: QUALI VALORI 

SOGLIA DI BMI SI DEVONO ADOTTARE NELL’INFANZIA E 

NELL’ADOLESCENZA? 

Elena Spada 1 , Antonio Balsamo 2 , Silvano Milani 1 

1 Istituto di Statistica Medica e Biometria - Università degli Studi di Milano; 

2 Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna 

Introduzione 

Nell’età adulta sono ormai da tempo accettati i valori di BMI (body mass index) pari a 

25 e 30 kg/m 2 quali soglie per la definizione, rispettivamente, di sovrappeso ed obesità. 

Tali valori sono infatti posti in relazione all’incremento di rischio per numerose 

patologie croniche quali il diabete e le malattie cardiovascolari. Il preoccupante 

aumento nella prevalenza dell’obesità osservato negli ultimi decenni negli Stati Uniti, in 

Europa e, negli ultimi anni, anche in alcuni Paesi in via di sviluppo, ha stimolato la 

ricerca di indicatori atti a stimare, già nell’età infantile, il rischio di sviluppare obesità 

da adulti, al fine di porre in atto precocemente strategie comportamentali e alimentari. 

Il criterio di Cole et al. (2000) 

Cole et al. hanno proposto di utilizzare per l’intero periodo della crescita, come valori 

soglia di BMI per il sovrappeso e l’obesità, i centili corrispondenti a 25 e 30 kg/m 2 

all’età di 18 anni. Poiché la distribuzione del BMI varia a seconda del sesso, dell’età e 

della popolazione di riferimento, il criterio di Cole applicato a differenti carte di crescita 

porta a soglie differenti. Ciò è ragionevole poiché a parità di età e BMI, il rischio di 

sviluppare obesità o sovrappeso dipende dall’entità dell’incremento di BMI con l’età 

nella popolazione in esame: tanto maggiore è tale incremento tanto minori saranno i 

valori di BMI considerati a rischio per bambini e adolescenti. A questo proposito si 

ricorda che, dalle carte SIEDP (Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia 

Pediatrica) pubblicate nel 2002, l’incremento medio del BMI per le ragazze italiane tra i 

6 e i 18 anni è 4.7, a fronte di un incremento di 6.0 kg/m 2 nella popolazione USA (carte 

CDC 2000). Ciò implica che due ragazzine della stessa età e peso hanno un rischio 

differente di diventare obese da adulte, se una di esse è nata e vive in Italia e l’altra 

negli USA. Analoghe differenze si riscontrano per i ragazzi: 6.2 (SIEDP) versus 7.6 

kg/m 2 (CDC) tra i 6 e i 20 anni. 

Assunti impliciti 

La validità predittiva del criterio di Cole et al. si basa essenzialmente su due assunti: (1) 

che ogni soggetto tenda a mantenere lo stesso centile di BMI durante tutto il periodo di 

crescita, così come tende a mantenere lo stesso centile di statura e peso corporeo – la 

cosiddetta canalizzazione o “tracking” della crescita; (2) che la prevalenza di obesità e 

sovrappeso resti nei prossimi anni la stessa di quella attuale – stazionarietà. 

Criticità degli assunti 

(1) Non vi sono a tutt’oggi dati sufficienti a valutare quanto sia forte la tendenza di un 

bambino a mantenersi sullo stesso centile durante tutto il periodo di crescita: l’essere 

sovrappeso a 6 anni di età potrebbe non essere predittivo di un eccesso di adiposità in 

età adulta. (2) È poco plausibile che la prevalenza dell’obesità si mantenga stazionaria 

nel medio termine, al contrario è prevedibile che la distribuzione del BMI nella 

55


popolazione adulta italiana si avvicini a quella riportata nelle carte del CDC. Per 

correggere l’effetto di tale trend i valori soglia andrebbero ridotti conseguentemente. 

Un problema di interpretazione 

Benché il criterio con cui si definiscono le soglie abbia finalità predittiva, alcuni pediatri 

italiani pensano che il superamento delle soglie sia un segnale di sovrappeso od obesità 

attuale: poiché molti bambini di aspetto “cicciottello” restano sotto soglia, essi 

ritengono che le soglie proposte dalle SIEDP siano troppo elevate e preferiscono 

utilizzare centili inferiori o altre carte di crescita. 

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LINEE GUIDA PER I TUMORI RARI: APPLICABILITA’ DI SISTEMI DI 

GRADING DELLE RACCOMANDAZIONI 

Manuela Ceccarelli 1 , Elena Gelormino 1 , Eva Pagano 1 , Giovannino Ciccone 1 

1 Epidemiologia dei Tumori, ASO San Giovanni Battista e CPO Piemonte 

Introduzione 

I tumori rari sono caratterizzati da scarse conoscenze sull’eziologia, sulla validità delle 

tecniche diagnostiche e sull’efficacia delle terapie disponibili. Trial randomizzati e 

controllati, che potrebbero dare risposte ai principali quesiti esistenti, sono difficilmente 

realizzabili in questo contesto. Per qualificare le raccomandazioni all’interno di linee 

guida per questa categoria di tumori bisogna tener presente la particolarità della 

situazione in cui ci si trova ad operare. Attualmente sono disponibili molti schemi per i 

“livelli delle prove di efficacia” e la “forza delle raccomandazioni”, ma i più utilizzati 

sono fortemente ancorati alla quantità e qualità delle evidenze disponibili. 

Obiettivo 

Valutare l’adattabilità di due sistemi di grading largamente diffusi nello sviluppo di una 

linea guida per i tumori rari. Sono stati presi in esame: 

- lo schema sviluppato dallo Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) 

- lo schema sviluppato dal Centro per la Valutazione dell’Efficacia dell’Assistenza 

Sanitaria (CeVEAS) e utilizzato dal Programma Nazionale Linee Guida (PNLG) 

L’applicabilità di questi schemi è stata valutata all’interno della linea guida per i 

“sarcomi dei tessuti molli dell’adulto”, prodotta nell’ambito delle linee guida clinicoorganizzative 

per la Regione Piemonte, attraverso una collaborazione tra la 

Commissione Oncologica Regionale ed il CPO Piemonte. 

Risultati 

Il livello delle prove di efficacia per i sarcomi dei tessuti molli risulta essere in generale 

molto povero, sia in termini di numerosità degli studi, sia di qualità metodologica. Ad 

eccezione di alcuni trial di chemioterapia, la maggior parte delle raccomandazioni si 

basano su studi osservazionali che si basano su casistiche o solo su opinioni di esperti. 

In entrambe le classificazioni confrontate (SIGN, CeVEAS) le evidenze a disposizione 

vengono classificate nei gradini più bassi dello schema: 

• livello 3 e 4 del SIGN 

• livello V e VI del CeVEAS 

Per quanto riguarda il grado delle raccomandazioni, questo risulta essere strettamente 

condizionato dal livello delle prove di efficacia nella maggior parte degli schemi 

proposti, come quello usato dal SIGN, mentre in quello del CeVEAS, adottato dal 

PNLG, si tengono in considerazione anche altri fattori come il peso assistenziale, i costi, 

l’accettabilità e la praticabilità dell’intervento, le preferenze ed i valori sociali e culturali 

percepiti. 

Applicando alle raccomandazioni della linea guida i due schemi di valutazione, 

risultano esserci notevoli differenze nella distribuzione del grado delle 

raccomandazioni. Su 38 raccomandazioni presenti nella linea guida, 16 (42%) sono di 

grado “A/E” (procedure o interventi fortemente consigliati/sconsigliati) utilizzando lo 

schema del CeVEAS, mentre solo 5 (13%) sarebbero di grado “A” (sostenute da buone 

prove) secondo il SIGN. 

57


Inoltre applicando quest’ultimo schema, la maggioranza delle raccomandazioni (30/38) 

risulterebbero essere di grado “D”, con il rischio di essere interpretate come di scarsa 

importanza. 

Lo schema proposto dal CeVEAS risulta, oltre che più flessibile, maggiormente 

applicabile in particolare nell’assegnazione del grading in linee guida che affrontino 

argomenti poveri di letteratura. 

Conclusioni 

Il bilancio tra i benefici ed i rischi nell’applicare una raccomandazione, la qualità delle 

prove di efficacia esistenti e l’applicabilità in uno specifico setting sono tutti elementi 

da valutare per definire la forza delle raccomandazioni in particolare nelle linee guida 

per tumori rari. 

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MORTALITÀ E RICOVERI OSPEDALIERI A BIANCAVILLA (CT), SITO DI 

INTERESSE NAZIONALE 

Achille Cernigliaro 1 , Valeria Fano 2 , Sebastiano Pollina Addario 1 , Sebastiana Caruso 1 , Giovanna 

Fantaci 1 , Francesco Forastiere 2 , Carlo A. Perucci 2 , Salvatore Scondotto 1 

1 Dipartimento Osservatorio Epidemiologico, Assessorato alla Sanità, Regione Siciliana 

2 Dipartimento di Epidemiologia, ASL Roma E, Roma 

Obiettivi 

Tra i siti di bonifica della Sicilia, quello di Biancavilla (Catania) è di particolare 

interesse epidemiologico per la presenza di una fonte di inquinamento naturale, 

costituita da una cava, a ridosso del centro abitato, contenente un minerale di origine 

vulcanica dalla struttura asbestiforme denominato fluoro-edenite. Questo studio si 

propone di valutare lo stato di salute della popolazione residente a Biancavilla. 


E’ stata analizzata la mortalità (1995-2000) e i ricoveri ospedalieri (2001-2003) 

avvenuti nell’area in studio. Sono stati calcolati i rapporti standardizzati di mortalità e di 

morbosità per sesso ed età con il metodo indiretto (SMR) ed i relativi intervalli di 

confidenza (IC) al 95% per alcune cause selezionate. Come popolazione di riferimento è 

stata considerata sia quella dei comuni limitrofi - simili per caratteristiche sociodemografiche 

– sia quella regionale. Sono stati esaminati sia i ricoveri sia gli individui 

ricoverati. 

Risultati 

Sono stati osservati eccessi statisticamente significativi di mortalità e di morbosità: in 

entrambi i sessi per tumore maligno della pleura (mortalità: maschi SMR=700, femmine 

SMR=840; ricoveri: femmine SMR=871), malattie cardiovascolari (mortalità: maschi 

SMR=115, femmine SMR=115; ricoveri: maschi SMR=115, femmine SMR=120), 

malattie dell’apparato respiratorio (mortalità: maschi SMR=164, femmine SMR=215; 

ricoveri: maschi SMR=143, femmine SMR=133), malattie respiratorie acute (mortalità: 

maschi SMR=309; ricoveri: maschi SMR=174, femmine SMR=146), malattie 

polmonari croniche (mortalità: maschi SMR=148, femmine SMR=314; ricoveri: 

femmine SMR=171); nelle donne per le malattie ischemiche (mortalità SMR=146; 

ricoveri SMR=132). Gli SMR per le persone ricoverate confermano i risultati osservati 

per i ricoveri. 

Conclusioni 

Questo studio conferma il ruolo cancerogeno della fluoro-edenite già descritto in 

letteratura. L'eccesso di ricoveri osservato per le malattie polmonari croniche fa 

supporre l'esistenza di un'azione fibrogena da parte della fluoro-edenite. L’aumento di 

rischio osservato per le malattie respiratorie acute merita un approfondimento. 

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USO DELLE SDO PER VALUTARE GLI EFFETTI DELLE ONDATE DI 

CALORE 

Visentin Cristiana, Schievano Elena, Fedeli Ugo, Milan Giovanni, Brocco Stefano, Alba 

Natalia, Spolaore Paolo 

CRRC – SER. Sistema Epidemiologico Regionale, Regione Veneto 

Obiettivo 

Lo studio si propone di valutare se le condizioni climatiche verificatesi nell’estate 2003 

hanno determinato un aumento dei ricoveri ospedalieri, e di analizzarne le 

caratteristiche. 


Sono state considerate le schede di dimissione ospedaliera (SDO) relative ai ricoveri 

ordinari dei residenti nella Regione Veneto dal 1 giugno al 31 agosto degli anni 2002- 

2004. E’ stata esaminata la distribuzione delle diagnosi principali di dimissione 

analizzate in un precedente studio sull’eccesso di ospedalizzazioni dovuto alle ondate di 

calore (Am J Prev Med 1999;16:269-277). Il numero di ricoveri nell’estate 2003 è stato 

confrontato con la media dei ricoveri per la medesima patologia verificatisi nel 2002 e 

nel 2004. Limitatamente all’estate 2003, è stato applicato un modello di regressione di 

Poisson per valutare la relazione tra ricoveri e media delle temperature massime 

giornaliere registrate nei sette capoluoghi di provincia (35°C), correggendo per mese e giorno della settimana. 

Risultati 

Nel triennio si è registrato un calo dei ricoveri (da 147511 nell’estate 2002 a 143943 nel 

2003 a 142303 nel 2004, complessivamente –3.5%). Tale andamento non è stato però 

omogeneo per classi di età: i ricoveri sono diminuiti tra i residenti con meno di 75 aa, 

mentre nell’estate 2003, quando si sono verificate le condizioni di caldo estremo, sono 

lievemente aumentati tra i residenti con 75 e più anni (37200 contro i 36354 del 2002 ed 

i 36602 del 2004). Tutte le successive analisi sono dunque state ristrette ai residenti con 

almeno 75 anni. Tra i pazienti anziani vi è stato un picco di decessi in ospedale durante 

l’estate 2003 (3989 contro i 3454 del 2002 ed i 3312 nel 2004), con un eccesso 

superiore al 15%. Nel 2003 sono aumentati i ricoveri per patologie già dimostrate 

associate alle ondate di calore (effetti del calore, disturbi elettrolitici ed insufficienza 

renale acuta, +76%); è notevole anche l’aumento delle patologie respiratorie (+17%, 

vedi Tabella). Applicando il modello di regressione di Poisson, nell’estate 2003 i 

ricoveri per patologie respiratorie sono aumentati del 2% (IC -2-12%), del 22% (IC 11- 

35%), e del 43% (IC 27-62%), quando la media delle temperature massime dei 

capoluoghi era 30-32.5°C, 32.5-35°C, e >35°C rispettivamente. 

Conclusioni 

Durante l’estate 2003 vi è stato un eccesso di ricoveri nella fascia di età più anziana, in 

cui si è anche verificato un notevole incremento della mortalità intra-ospedaliera. Si è 

confermato un marcato aumento dei ricoveri per patologie di cui era riportata nella 

letteratura scientifica un’associazione con le condizioni di caldo estremo. 

61


Ricoveri nel periodo estivo per diagnosi principale, confronto 2002-2004 (residenti con 

75aa o più). 

Diagnosi principale di dimissione 

Codici ICD9- 

CM 

2002 2003 2004 

Eccesso 

nel 2003 

Malattie cardio-vascolari 

390-8, 402, 

404-29, 440-8 

7678 7485 7745 -3% 

Diabete mellito 250 414 425 423 +2% 

Cirrosi e altre malattie croniche del fegato 571 192 198 238 -8% 

Degenerazioni cerebrali 330-337 405 476 388 +20% 

Insufficienza renale acuta 584 113 199 152 +50% 

Patologie dell’apparato respiratorio 460-519 3296 4006 3558 +17% 

Disturbi dei liquidi e degli elettroliti 276 243 473 270 +84% 

Effetti del calore 992 5 17 2 +386% 

62


I COSTI DELLO SCREENING PER IL CANCRO DELLA MAMMELLA 

A. Federici 1 , P. Borgia 1 , G. Guasticchi 1 , A. Ricciardi 1 , F.S. Mennini 2 , F. Palazzo 3 

1 Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio; 2 CEIS- Sanità, Facoltà di Economia, 

Università degli studi di Roma “Tor Vergata”; 3 Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituti di 

Ricerche sulla Popolazione e le Politiche sociali 

Background 

Il cancro della mammella è la prima causa di morte tra i tumori femminili in Italia. Lo 

screening è lo strumento privilegiato per prevenire il cancro della mammella e viene 

condotto in modo uguale su tutto il territorio nazionale mediante due livelli di indagini 

diagnostiche sulle donne in età compresa tra 50 e 69 anni di età: nel primo livello viene 

effettuata una mammografia ogni due anni, cui segue se necessario un secondo livello 

diagnostico che prevede uno o più dei seguenti esami: esame clinico di 

approfondimento, ripetizione della mammografia, ecografia, esame cito-istologico, 

agobiopsia. Lo scopo di questo lavoro è quello di effettuare un’analisi dei costi dei 

programmi di screening basata sui costi reali. 

Metodi e Setting 

Nel Lazio il Programma di Screening Mammografico (PSM) è partito nel marzo 1999. I 

costi si riferiscono alle spese a carico del SSN e non contengono quindi né i costi a 

carico del paziente, né i benefici derivanti dallo screening. I dati sono stati raccolti in 

due ASL della Regione Lazio: la prima con una popolazione di 85.856 donne nella città 

di Roma, la seconda con una popolazione di 53.610 donne in 21 comuni nella Provincia 

di Roma. I costi sono ripartiti per livello (0 = invito e coordinamento; 1 = prima 

mammografia; 2 = approfondimenti) e voci di costo (personale, materiale di consumo, 

attrezzature). 

Risultati 

Nella ASL 1 sono state invitate 65.766 donne e screenate 26.080, per un costo totale di 

€ 1.657.931di cui il 63,5% per il personale, il 32,7% per materiali di consumo ed il 

3,8% per attrezzature, il livello 0 incide per il 18,6%, il livello 1 per il 55,6%, il livello 2 

per il 25,8%; nella ASL 2 sono state invitate 63.545 donne e screenate 39.485 per un 

costo totale di 1.998.142, di cui il 68,3% per il personale, il 19,9% per materiali di 

consumo ed il 11,8% per le attrezzature, il livello 0 incide per l’8,6% , il livello 1 per il 

71,3%, il livello 2 per il 20,1%. Il costo per donna invitata è di € 25,2 nella ASL 1 e € 

31,4 nella ASL 2, mentre per donna screenata è di € 63,6 nella ASL 1 e € 50,6 nella 

ASL 2. 

Conclusioni 

Il costo totale e per donna invitata è maggiore nella ASL 2 rispetto alla ASL 1, mentre, 

grazie ad una maggiore adesione, il costo per donna screenata nella ASL 2 è minore del 

20% rispetto alla ASL 1. 

63


“NUOVO CODICE DELLA STRADA E PRONTO SOCCORSO”: PERCORSO 

PER UNA CONSENSUS 

Pasquini J. 1 , Berti A. 1 , Cipriani F. 2 Voller F. 1 

1 Osservatorio di Epidemiologia, Agenzia Regionale di Sanità della Toscana 

2 UF Epidemiologia, ASL 4 - Prato 

Premessa 

A testimoniare l’indiscussa importanza dell’infortunistica stradale in termini di salute, 

spesa e costi sociali, l’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) e il Parlamento 

Europeo hanno fissato come obiettivo la riduzione della mortalità e morbosità per 

incidente stradale del 40% entro il 2010. 

In questa direzione, l’Area di Epidemiologia Sociale dell’Osservatorio di Epidemiologia 

(Agenzia Regionale di Sanità della Toscana) dal 2001 ha avviato un’attività di 

monitoraggio e studio degli incidenti stradali in Toscana con particolare attenzione alle 

conseguenze sanitarie e alla valutazione delle politiche di prevenzione attuate. 

Le recenti modifiche al Codice della Strada (luglio 2003), in particolar modo gli articoli 

186 e 187 (guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti) hanno 

introdotto sostanziali novità sia per il cittadino che per il personale dei Pronto Soccorso 

(PS). In particolare la possibilità di effettuare test di screening non invasivi, sui 

conducenti, apre le porte ad importanti opportunità epidemiologiche. A maggio 2004, 

un questionario sui comportamenti tenuti nei PS in seguito agli accessi potenzialmente 

connessi con l’abuso di alcol e sostanze ha mostrato importanti differenze di 

comportamento degli operatori sanitari sia tra PS diversi che all’interno delle stesse 

strutture sanitarie. 

L’ARS ha quindi deciso di intraprendere un percorso volto a costituire una rete di 

informazioni epidemiologiche e a ridurre le eterogeneità geografiche riscontrate dai 

pazienti incidentati (cittadini) e al tempo stesso facilitare il lavoro del personale 

sanitario. Questo percorso è iniziato con la definizione di un tavolo di lavoro regionale 

tra PS e Forze dell'Ordine (FFOO) per l’elaborazione di una proposta di accordo 

(consensus) che riassuma i comportamenti da tenere nelle situazioni non regolamentate 

o di dubbia interpretazione legislativa tra i vari attori coinvolti (PS, Forze dell’Ordine, 

118, cittadini …). 

Cosa è stato fatto 

Il tavolo di lavoro, ricostruendo le singole fasi dall’accesso al PS (dall’accettazione 

dell’infortunato alla dimissione) alla diagnosi clinica del paziente (cosciente, non 

cosciente, minorenne, incapace di intendere …), ha elencato una serie di situazioni 

critiche che si possono presentare nei PS in seguito ad un accesso per incidente stradale 

potenzialmente connesso con l’abuso di alcol o sostanze. Successivamente, grazie alla 

partecipazione dei referenti regionali delle principali FFOO e ai protocolli operativi 

nazionali (febbraio 2005) provenienti da Istituto Superiore di Sanità, Ministero 

dell’Interno, Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e Ministero della Sanità è stato 

proposto un protocollo regionale e una modulistica comune, utili anche ai fini del 

monitoraggio epidemiologico, che concretizzano i comportamenti omogenei tra 

cittadini, PS e FFOO relativamente al problema dei sinistri stradali correlati con l’uso e 

abuso di alcol o sostanze. 

65


Durante le riunioni del tavolo di lavoro regionale tra PS e FFOO è stata discussa anche 

la “catena di custodia” relativamente alle procedure di analisi, trasporto e stoccaggio dei 

campioni biologici. Tuttavia, per risolvere queste problematiche è stato necessario 

aprire un tavolo di lavoro regionale tra alcuni rappresentanti dei laboratori di analisi 

toscani e le tossicologie forensi universitarie. 

Queste attività si sono protratte per oltre un anno e il vivo interesse e la sentita 

partecipazione di tutti gli attori coinvolti hanno permesso di ottenere risultati concreti e 

di indubbia utilità. 

66


MIGLIORARE LA QUALITÀ DEL PRELEVO DEL PAP TEST RICHIEDE UN 

INTERVENTO PERSONALIZZATO SUGLI OPERATORI 

Elena Clagnan, Antonella Franzo, Loris Zanier, Carlo Saitto 

Agenzia Regionale Sanità FVG 

Introduzione 

Il programma di screening per i tumori della cervice uterina è stato avviato nella 

Regione FVG nel 1999. A partire dal 2000 sono stati progressivamente informatizzati i 

dati sulle donne invitate allo screening, su quelle che hanno effettuato il Pap test, su 

quale operatore ha effettuato il prelievo, in quale dei 49 centri esistenti è stato effettuato 

il prelievo e quale dei 5 centri regionali ha provveduto alla lettura. Nel corso dei primi 

due cicli di attività del programma è stata rilevata una proporzione eccessivamente 

elevata di Pap test giudicati inadeguati per la lettura e questa proporzione si è attestata 

nei sei anni di attività del programma su valori che ai controlli ordinari sono risultati 

prossimi al 7% (5.8% nel 1999, 7.2% nel 2000,7.1% nel 2001, 6.9% nel 2002, 8.2% nel 

2003 e 7.4% nel 2004). Nel valutare i possibili determinanti associati con la proporzione 

di prelievi non adeguati si è ritenuto opportuno dedicare una specifica attenzione al 

ruolo dell’operatore che effettua il prelievo, anche al fine di poter orientare e 

personalizzare le attività di miglioramento della qualità. 


Sono stati identificati nelle basi dati informatizzate e sono stati inclusi nello studio 108 

operatori ai quali è stato possibile attribuire un totale di 97.951 prelievi tra gennaio 2000 

e dicembre 2004. In 7.638 casi, ovvero nel 7,8% del totale, il Pap test è stato giudicato 

inadeguato per la lettura per una o più delle 7 condizioni seguenti: componente ematica, 

componente flogistica, fissazione inadeguata, citolisi eccessiva, cellule endocervicali 

assenti, materiale estraneo e scarsa cellularità. Ai fini dello studio queste condizioni 

sono state raggruppate in due classi: IF= Preparato inadeguato per componente 

flogistica, e IA= Preparato inadeguato per altre cause. Sono stati esclusi i paptest 

inadeguati per componente flogistica ed è stata considerata come inadeguatezza 

riferibile all’operatore solo quella per altre cause. L’analisi ha dunque preso in 

considerazione 93.882 prelievi. Per ogni operatore è stato quindi costruito un modello di 

regressione logistica multivariato considerando come variabile dipendente 

l’adeguatezza del prelievo e introducendo come covariate il numero di prelievi 

effettuati, l’età delle pazienti sottoposte all’esame, l’ambulatorio di prelievo e il 

laboratorio di lettura. È stata inoltre esplorata sull’insieme dei dati regionali la possibile 

associazione tra il centro di lettura e il rischio di inadeguatezza (IA) del campione 

inviato. Una ulteriore fase dell’analisi è consistita nello sviluppo di modelli specifici per 

singolo centro di lettura che hanno compreso anche i casi con inadeguatezza per 

componente flogistica (IF). 

Risultati 

Il numero di prelievi effettuati per operatore è risultato compreso tra 24 e 4518 (media 

875; mediana 585). La proporzione di IA è risultata compresa tra lo 0.5% e il 16.0% con 

un valore pari al 3.6% sull’insieme del campione considerato. 

L’esperienza dell’operatore, misurata come numero di prelievi effettuati, non si associa 

stabilmente ad un minor rischio di inadeguatezza, l’età delle pazienti si associa ad una 

maggiore inadeguatezza del prelievo solo in alcuni operatori, il centro di prelievo non 

67


appare in generale associato con l’adeguatezza del test ma influenza stabilmente i 

risultati di alcuni operatori. Il centro di lettura è associato con il rischio di prelievi 

inadeguati, sia per IA che per IF e questo sembra dipendere dall’adozione di criteri 

differenti di valutazione del test. Un’analisi incentrata sulla valutazione del contributo 

dei singoli operatori all’ adeguatezza del pap test ha dunque messo in evidenza la 

variabilità tra operatori dei fattori associati la qualità del prelievo. Ogni operatore 

presenta problemi specifici in relazione alle caratteristiche delle pazienti e al centro di 

prelievo. L’unico fattore che condiziona in modo omogeneo il risultato del test sembra 

rappresentato dal centro di lettura. 

Conclusione 

Nell’assenza di elementi condivisi di criticità, un approccio efficace al miglioramento 

nell’adeguatezza del prelievo deve dunque essere fortemente individualizzato. Criteri di 

maggiore omogeneità nella valutazione dell’adeguatezza possono essere promossi per 

ridurre la variabilità tra i centri di lettura, ma questo intervento non modifica i 

comportamenti degli operatori e non migliora la qualità complessiva del sistema. 

68


ACCESSO ALLE CURE OSTETRICHE E NEONATALI PER I PARTI E 

NEONATI ALTAMENTE PRETERMINE. 

Santoni Silvia, Di Lallo Domenico, Guasticchi Gabriella 

Servizio Tutela Soggetti Deboli Agenzia di Sanità Pubblica Regione Lazio 

Introduzione 

Le gravidanze altamente pretermine, con età gestazionale inferiore a 32 settimane, 

rappresentano una popolazione numericamente piccola, circa l’1% delle nascite, ma il 

cui contributo, in termini di mortalità feto-infantile e morbosità neonatale, risulta molto 

alto. 

Le modalità di accesso alle cure intensive ostetriche e neonatali per questa popolazione 

costituiscono un aspetto importante e qualificante della rete dei servizi di assistenza 

perinatale. Scopo dello studio è quello di valutare nella popolazione di gravidanze 

altamente pretermine alcuni indicatori legati all’organizzazione delle cure. 


Durante l’anno 2003, sono stati raccolti, su di una scheda appositamente elaborata, in 

tutti i 57 istituti del Lazio con reparto ostetrico i casi di Interruzione Volontaria di 

Gravidanza (IVG), di Aborto Spontaneo/Morte Fetale (AS/MF) e di Nato Vivo (NV) 

con Età Gestazionale 22-31 settimane e, solo per i NV, con peso alla nascita


Conclusioni 

Questo studio rappresenta una delle poche ricerche italiane ”area-based” in cui sono 

state raccolte informazioni sull’insieme degli esiti della gravidanza altamente 

pretermine. Lo studio dimostra una concentrazione di casi assistiti in unità di III livello, 

maggiore per i nati vivi che per le interruzioni terapeutiche di gravidanza e per gli aborti 

spontanei/morti fetali. L’alto tasso di trasferimento di nati vivi tra istituti di III livello, 

dovuto principalmente a mancanza di posti letto di terapia intensiva e a motivi 

chirurgici, indica la necessità di migliorare l’accesso alle cure intensive per questo 

gruppo di neonati. Una valutazione appropriata del modello organizzativo osservato 

dovrà basarsi sull’analisi di esiti di morbosità e mortalità. 

70


PERCORSO DI MIGLIORAMENTO DELLA SORVEGLIANZA E DELLA 

GESTIONE DEGLI EVENTI AVVERSI DELLE VACCINAZIONI 

NELL’INFANZIA NELLA PROVINCIA DI MODENA 

Luisella Grandori, Maria Giulia Gatti, Carlo Alberto Goldoni 

Servizio Epidemiologia, Dipartimento Sanità Pubblica – Azienda USL di Modena 

Premessa 

La qualità della sorveglianza delle reazioni avverse ai vaccini, nella Ausl di Modena, 

presenta storicamente buoni livelli di qualità. Nel 2002 su 65.499 dosi di vaccino 

somministrate a soggetti di 0-17 anni, sono stati segnalati 60 eventi avversi; con una 

frequenza di 9,2 segnalazioni ogni 10.000 dosi vs le 3,5 ogni 10.000 di tutta l’Emilia 

Romagna. Gli eventi rilevanti, quali ipersensibilità, locali gravi, iperpiressia > 40° C, 

reazioni neurologiche, Herpes Zoster e alopecia, sono stati in tutto 20 (1 ogni 10.000 

dosi somministrate). Non si sono evidenziati decessi. Questi numeri apparentemente 

elevati, soprattutto in confronto ai dati regionali, sono da attribuire principalmente alla 

grande attenzione che Modena pone su questa tematica. L’attenzione riguardo a questo 

aspetto è infatti particolarmente elevata sia da parte degli operatori della prevenzione, 

dei clinici interessati, della farmacovigilanza, nonché dei cittadini. 

Obiettivi 

All’interno dell’obiettivo generale di miglioramento della sorveglianza delle reazioni 

avverse ai vaccini, sono stati individuati alcuni obiettivi specifici che si riportano di 

seguito: 

- dare continuità alla diffusione dei risultati della sorveglianza degli eventi avversi dopo 

vaccinazione; 

- migliorare il percorso della segnalazione, analizzandone i punti critici e individuando 

modalità condivise e uniformi in tutti i Distretti, anche alla luce della recente normativa 

ministeriale; 

- migliorare la qualità della segnalazione attraverso l’approfondimento delle definizioni 

di caso da parte di tutti gli operatori coinvolti (pediatri, medici territoriali e ospedalieri); 

- definire il percorso della gestione degli eventuali eventi avversi più gravi. 

Metodo di lavoro 

Per l’attuazione del progetto è stato costituito, nel 2005, un gruppo di lavoro misto 

coordinato dal Servizio di Epidemiologia e formato da 6 pediatri di libera scelta e 3 di 

comunità, il referente aziendale per la Farmacovigilanza, il referente aziendale per la 

210/92, 1 pediatra del Centro neurologico della Clinica Pediatrica di Modena 

La diffusione dei risultati del lavoro svolto durante l’anno, avverrà attraverso un 

seminario rivolto a tutti gli operatori coinvolti nella prevenzione vaccinale, entro 

dicembre 2005. 

Indicatori di processo 

Produzione di: 

- 1 questionario per la rilevazione delle attuali metodiche di segnalazione nei Distretti; 

- 1 protocollo per il flusso della segnalazione; 

- 1 protocollo per il percorso della gestione degli eventi neurologici; 

- 1 documento relativo alle definizioni di caso; 

- 1 documento sulla normativa e il percorso per l’indennizzo; 

71


Indicatori di risultato 

- Pubblicazione del rapporto sugli eventi avversi ai vaccini segnalati nel 2002-2004; 

- Percentuale delle nuove segnalazioni che seguono il percorso definito, superiore al 

90%; 

- Percentuale degli eventi neurologici gestiti presso il centro di riferimento, superiore al 

90% a partire dal 2006; 

- Percentuale degli eventuali danni permanenti da vaccino rilevati a partire dal 2006 

segnalati correttamente all’Ufficio competente pari al 100%. 

72


VALUTAZIONE DELL’APPROPRIATEZZA NELL’USO DEI FARMACI PER 

IL TRATTAMENTO DELLE POLLINOSI E DELL’ASMA ALLERGICO 

Monica Chiusolo 1 , Simona Soldati 1 , Cristiana Ivaldi 1 , Gabriele Gallone 2 

1 Area di Epidemiologia Ambientale, ARPA Piemonte, Grugliasco (To); 

2 Azienda Sanitaria Locale 3 Torino 

Introduzione 

Elevati livelli di variabilità nella prescrizione di farmaci per il trattamento delle malattie 

allergiche e asmatiche, quando non siano giustificati da una diversa incidenza della 

patologia, sono indicativi di un utilizzo inappropriato di un farmaco. La correlazione tra 

i vari flussi informativi, quelli riguardanti le prescrizioni farmaceutiche (ASL 3 di 

Torino) e quello riguardante il monitoraggio pollinico (ARPA Piemonte-Area di 

Epidemiologia Ambientale), permetterebbe di valutare se la diffusione di un bollettino 

periodico di dati sulle concentrazioni polliniche e attività di informazione evidencebased 

possano rappresentare uno strumento efficace per migliorare l’appropriatezza 

nell’uso di farmaci specifici. 

Obiettivi 

Il progetto ha avuto come obiettivo principale quello di incentivare un utilizzo 

appropriato dei trattamenti farmacologici per le patologie allergiche e dell’asmaallergico 

in relazione alle indicazioni fornite dalla Rete di Monitoraggio dei pollini e di 

in base alle evidenze fornite dalle Linee Guida GINA (Global Initiative for Asthma) del 

WHO. Ulteriore obiettivo dello studio è stato di descrivere l’uso dei farmaci 

antiallergici e antiasmatici nell’ASL 3 di Torino. 


In una prima fase sono stati promossi incontri informativi con i medici di medicina 

generale ed i pediatri di libera scelta dell’ASL3 nel corso dei quali sono state presentate 

le Linee Guida GINA (Global Initiative for Asthma) del WHO, i dati ed i riferimenti 

relativi al monitoraggio pollinico. 

E’ stata inoltre condotta un’analisi dei dati di prescrizione per i residenti dell’ASL3 di 

Torino, è stata selezionata una coorte di 17679 soggetti di età inferiore ai 40 anni con 

almeno una prescrizione di farmaci antiasmatici nel periodo 01/01/2001 – 31/12/2001. 

Tali soggetti sono stati seguiti per un anno a partire dalla data di prescrizione; i soggetti 

sono stati suddivisi in tre categorie a seconda del tipo di trattamento: trattamento 

occasionale (1 prescrizione/anno), trattamento saltuario (2 prescrizioni/anno), 

trattamento continuativo (3 o più prescrizioni/anno). I farmaci antiasmatici, individuati 

dai codici ATC R03 e H02, insieme agli antistaminici R06, sono stati ripartiti in 10 

categorie a seconda dei principi attivi in essi contenuti ed a seconda della loro 

indicazione terapeutica. 

Risultati 

Risultato principale dell’analisi descrittiva condotta è stato evidenziare che nei pazienti 

con trattamento occasionale, così come in quelli con trattamento continuativo, il 

consumo di farmaci è rivolto maggiormente verso la classe dei glicocorticoidi e dei 

corticoidi sistemici, la classe degli antistaminici risulta essere egualmente numerosa in 

tutti e tre i gruppi. 

73


Discussione 

L’assenza di differenze significative tra i tre gruppi di pazienti, conferma quanto già 

noto in letteratura secondo cui la distribuzione dei farmaci nei pazienti occasionali è 

scorretta per via di un errore di somministrazione in base al quale farmaci adatti ad una 

terapia cronica, vengono prescritti anche in presenza di sintomi casuali. E’ in corso la 

valutazione dell’efficacia dell’intervento di informazione ai Medici di Medicina 

Generale ed ai Pediatri di Libera Scelta, attraverso un’ulteriore descrizione delle 

modalità prescrittive, per verificare modificazioni a seguito dell’intervento e/o aumento 

dell’appropriatezza. 

74


LA SOPRAVVIVENZA DEI TUMORI DEL COLON-RETTO A REGGIO 

EMILIA IN EPOCA PRE-SCREENING. 

ANALISI PER STADIO E DATI PRELIMINARI DI CORRELAZIONE CON LE 

CONDIZIONI SOCIO-ECONOMICHE. 

Lucia Mangone, Stefania Caroli, Annamaria Pezzarossi, Cinzia Storchi, Silvia Candela 

Registro Tumori della provincia di Reggio Emilia, Unità di Epidemiologia, Azienda USL RE 

Introduzione 

I tumori del colon-retto sono in aumento: in molte realtà è stato avviato uno screening 

per diagnosticare il tumore in fase precoce. 

Obiettivo 

Valutare la sopravvivenza a 5 anni dei tumori del colon-retto in relazione allo stadio 

tumorale in provincia di Reggio Emilia prima dell’avvio dello screening. Per il colon, 

valutare la correlazione tra sopravvivenza e indicatori socio-economici (CSE), nel 

comune di Reggio Emilia. 


La sopravvivenza è stata calcolata su 1265 tumori del colon-retto incidenti nella 

provincia di Reggio Emilia nel periodo 1996-99, con follow-up al 31-12-2004: l’analisi 

è stata effettuata secondo il modello di Hakulinen, che “corregge” per concause di 

morte. Per i soli tumori del colon (131 maschi e 141 femmine) incidenti nel Comune di 

Reggio Emilia, è stata indagata la relazione tra sopravvivenza e CSE, corretta per 

stadio. I casi sono stati incrociati con i dati del censimento 1991: la percentuale di 

linking è risultata molto elevata (95%). Sono stati indagati i seguenti indicatori socioeconomici: 

titolo di studio, stato professionale, godimento dell’abitazione e superfice 

abitativa. La relazione tra stadio e CSE è stata effettuata utilizzando il test di Cochran- 

Mantel-Haenszel per tavole di contingenza (aggiustando per età), mentre per la 

relazione tra sopravvivenza e determinanti socio-economici è stato utilizzato il modello 

di Cox (aggiustando per età e stadio). 

Risultati 

La sopravvivenza a 5 anni è riportata in Tabella 1; nella Tabella 2 è riportata la 

relazione tra probabilità di morte e CSE, corretta per stadio. 

75


Tabella 1 n. % Sopravvivenza 

% 

Sesso 

Sede 

Età 

Stadio 

TOTALE 

76 

maschi 

femmine 

colon 

retto 


IL PROFILO DI SALUTE DEGLI IMMIGRATI NELLA PROVINCIA DI 

REGGIO EMILIA: LA COMUNITÀ CINESE 

S. Pergolizzi, M. Graci, S. Candela 

Dipartimento di Sanità Pubblica - AUSL di Reggio Emilia 

Introduzione 

Il tessuto socio-culturale del nostro territorio, investito dal flusso migratorio, sta 

subendo importanti mutamenti indirizzati alla costituzione di una società multietnica. 

Nella provincia di Reggio Emilia il fenomeno migratorio registra dimensioni 

significative contando al 31-12-2003 la presenza di 32.120 immigrati, il 6,6% della 

popolazione residente, superando la media nazionale che si attesta al 4,5%. La comunità 

cinese, in notevole incremento nella nostra provincia, nel 2003 ha raggiunto il 7,9 % 

della popolazione immigrata con 2.538 unità, attestandosi al quarto posto tra le 

nazionalità presenti nel nostro territorio. 

Condizioni di vita precarie, difficoltà economiche, barriere linguistico-culturali sono 

alla base di disuguaglianze sociali che possono influenzare negativamente lo stato di 

salute degli immigrati. 

Obiettivo 

Questo lavoro mira ad approfondire la conoscenza dello stato di salute della comunità 

cinese presente nella provincia di Reggio Emilia utilizzando i dati raccolti con i sistemi 

informativi correnti partendo dall’elaborazione delle schede di dimissione ospedaliera 

(SDO). 


I dati si riferiscono alle SDO (periodo 2000-2003) dei cittadini cinesi residenti, con 

regolare permesso di soggiorno, nella provincia di Reggio Emilia non comprendendo i 

ricoveri avvenuti fuori regione e escludendo i “neonati sani”. 

L’elaborazione è avvenuta per sesso, classe di età e diagnosi principale utilizzando per 

quest’ultima la classificazione ICD-9-CM. 


I ricoveri di cittadini cinesi nella nostra provincia nel periodo 2000-2003 sono stati 804 

pari allo 0,22% di tutti i ricoveri e al 5,19% di quelli effettuati tra gli stranieri, passando 

dal 4,66% del 2000 al 5,46% del 2003. 

La distribuzione secondo il sesso vede il 25,5% dei ricoveri (n. 205) a carico dei maschi 

e il 74,50% (n. 599) a carico delle donne sebbene la presenza femminile sul territorio 

(45,90%) sia inferiore rispetto a quella maschile. Sul totale dei ricoveri in cittadini 

stranieri la percentuale imputabile alle donne scende al 66,12% e al 53,88% sui ricoveri 

italiani. 

Analizzando per gruppo di diagnosi, i maschi presentano al primo posto, con il 21%, i 

traumatismi mentre le femmine le diagnosi connesse alla gravidanza e al parto con il 

72,74% di cui il 27,13% (n. 118) è costituito da interruzioni volontarie di gravidanza 

(IVG) e il 23,91% da parti (n. 104). I parti cesarei (n. 17) rappresentano a loro volta il 

16,43% dei parti totali, valore più basso rispetto a quello registrato se si considerano 

tutti i parti nella popolazione straniera (25,67%). 

Le malattie infettive, senza particolari differenze rispetto alle altre nazionalità, si 

attestano al quinto posto nei maschi con il 6,3% e al quarto nelle femmine con il 2,51%. 

77


Abbiamo notato inoltre che i disturbi psichici non compaiono nelle prime dieci cause di 

ricovero nei maschi e siano assenti nelle femmine. 

Dai dati fino ad ora emersi si può notare che tra i cinesi c’è un basso ricorso 

all’ospedalizzazione in entrambi i sessi, ad eccezione dei ricoveri connessi alla 

gravidanza e al parto nelle femmine. 

Ricorso alla medicina tradizionale cinese, difficoltà comunicative sia linguistiche che 

culturali, soprattutto per quanto concerne il disagio psichico e la “richiesta di aiuto”, e 

un effettivo stato di buona salute potrebbero spiegare in parte questo dato. 

78


ANALISI DELLA MORTALITÀ (ANNI 1995-2000) E DEI RICOVERI 

OSPEDALIERI (ANNI 2001-2003) NELL’AREA DI SALEMI, SICILIA 

Elisa Tavormina 1 , Valeria Fano 2 , Achille Cernigliaro 1 , Sebastiano Pollina Addario 1 , Salvatore 

Scondotto 1 

1 Dipartimento Osservatorio Epidemiologico, Assessorato alla Sanità, Regione Siciliana; 

2 Dipartimento di Epidemiologia, ASL Roma E, Roma 

Obiettivi 

Le autorità sanitarie, su segnalazione di cittadini allarmati per la presenza di alcuni 

ripetitori e di un radar militare, hanno sollecitato un’indagine epidemiologica per 

verificare l’esistenza di eccessi di mortalità o morbosità nel comune di Salemi 

(provincia di Trapani, 12.000 ab.) 


Utilizzando gli archivi di mortalità e le schede di dimissione ospedaliera, sono stati 

calcolati i Rapporti Standardizzati (SMR) di Mortalità (1995-2000) e Morbosità (2001- 

2003) per causa e per sesso con il metodo indiretto, con i relativi Intervalli di 

Confidenza al 95%, utilizzando come riferimento la popolazione dei comuni limitrofi, 

simili per caratteristiche socio-demografiche. Sono stati analizzati sia i ricoveri che le 

persone ricoverate al netto dei ricoveri ripetuti. 

Risultati 

L’analisi della mortalità ha evidenziato nelle donne un eccesso significativo di mortalità 

per tutte le cause (SMR=122) e per tutti i tumori (SMR=153), dovuto principalmente al 

tumore della mammella (SMR=168). L’analisi dei ricoveri conferma i risultati della 

mortalità, tranne per il tumore della mammella che non raggiunge la significatività, e 

inoltre evidenzia un eccesso di asma nei maschi (SMR= 150) e nei bambini in entrambi 

i sessi (maschi: SMR= 223; femmine: SMR=311); nelle persone ricoverate resta 

significativo solo l’eccesso di asma pediatrica nelle femmine (SMR=331). 

Conclusioni 

Lo studio ha evidenziato nell’area Salemi eccessi di mortalità per alcune forme tumorali 

nelle femmine rispetto all’area di riferimento, confermate dai dati di morbosità. Si 

osserva un eccesso di ricoveri per asma, in particolare nei bambini. Sulla base delle 

conoscenze disponibili nessuno degli eccessi riscontrato può essere messo in relazione 

con l’esposizione ad onde elettromagnetiche. 

79


PROGETTO OSI: SPERIMENTAZIONE DI UN FLUSSO DI DATI SANITARI 

PER GLI IMMIGRATI IRREGOLARI IN ITALIA 

Laura Cacciani 1 , Giovanni Baglio 1 , Emanuela Forcella 1 , Marco Pignocco 1 , Angela Spinelli 1 , 

Salvatore Geraci 2 , Gabriella Guasticchi 1 

1 Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio; 2 Caritas Diocesana di Roma 

Introduzione 

In considerazione della crescente immigrazione verificatasi negli ultimi anni in Italia, è 

importante sviluppare strumenti adeguati di conoscenza e monitoraggio della salute 

degli stranieri che vivono nel nostro Paese. Sebbene numerose informazioni sulle 

prestazioni sanitarie erogate agli immigrati siano desumibili dai principali sistemi 

informativi correnti, non sono tuttora disponibili archivi omogenei relativi all’assistenza 

sanitaria di base agli stranieri irregolari. 

Obiettivi 

Il Ministero della Salute ha finanziato, per il triennio 2003-2005, la sperimentazione di 

un nuovo sistema informativo sanitario relativo all’assistenza di primo livello a 

immigrati irregolari, erogata da ambulatori pubblici e privati dedicati. Tale sistema 

permetterebbe di raccogliere, in maniera sistematica e standardizzata, dati sanitari che 

normalmente sfuggono alle rilevazioni correnti. 


Il progetto è articolato nelle seguenti fasi: elaborazione di una scheda epidemiologica di 

rilevazione dati; validazione della scheda mediante studio pilota; sviluppo di un 

software per l’archiviazione e la gestione dei dati; sperimentazione multicentrica e 

valutazione del sistema informativo. 

Risultati 

La sperimentazione del sistema informativo ha coinvolto 20 strutture sanitarie 

appartenenti a 5 regioni italiane. I risultati preliminari relativi a 11 strutture indicano 

che da novembre 2004 a febbraio 2005 sono stati registrati 4.176 accessi, corrispondenti 

a 2.992 pazienti: il 66% ha un’età compresa tra 18 e 39 anni; il 56% è di sesso 

femminile; il 41% proviene dall’Europa centro-orientale. La maggior parte delle 

diagnosi ha riguardato le malattie degli apparati respiratorio, digerente e genito-urinario, 

e la salute riproduttiva. Una percentuale apprezzabile di accessi è avvenuta per scopi 

amministrativi. Da questa esperienza è chiaramente emersa l’importanza di raccogliere 

un set di informazioni concordato e condiviso, che venga integrato con i dati che gli 

ambulatori registrano di routine al fine di evitare la duplicazione della rilevazione. Il 

personale coinvolto nella raccolta e nella codifica dei dati dovrebbe essere addestrato a 

tali attività. L’utilizzo del software sviluppato ad hoc facilita la gestione dell’archivio e 

il calcolo di semplici misure epidemiologiche. 

Conclusioni 

Possibili sviluppi di questo progetto potrebbero riguardare l’adozione del sistema 

informativo proposto da parte degli ambulatori dedicati, con l’obiettivo di raggiungere 

la più alta copertura possibile. Inoltre l’integrazione dei nuovi dati con quelli esistenti 

favorirebbe la creazione di un osservatorio epidemiologico sugli immigrati, in grado di 

identificare i loro bisogni di salute, con l’obiettivo finale di pianificare interventi di 

sanità pubblica mirati. Infine, sulla base di questa esperienza, è stato costituito un 

81


network di Istituzioni sanitarie europee che ha tra gli obiettivi la creazione di una rete di 

osservatori epidemiologici sugli immigrati in Europa. 

82


USO PERSONALE DI TINTURE PER CAPELLI E RISCHI DI TUMORI 

MALIGNI DEL SISTEMA EMOLINFOPOIETICO 

Alessandra Benvenuti 1 , Lucia Miligi 1 , Adele Seniori Costantini 1 , Angela Veraldi 1 , Paolo Vineis 2 

and WILL 

1 

Epidemiologia occupazionale del Centro per lo studio e la prevenzione oncologica (CSPO), 

Firenze; 

2 

Università di Torino e Imperial College London, WILL Gruppo Italiano Leucemie e Linfomi 

Obiettivi 

Nell’ambito dello studio multicentrico caso-controllo sulle neoplasie maligne del 

sistema emolinfopoietico, è stata indagata l’associazione tra questo tipo di tumori e 

l’uso di tinture per capelli. 


E’ stato condotto uno studio caso-controllo su 11 aree italiane che ha previsto la 

raccolta di casi di tumori maligni del sistema emolinfopoietico, incidenti negli anni 

1991-1993, in uomini e donne di età compresa tra i 20 ed i 74 anni. I controlli sono stati 

estratti come campione casuale dalla popolazione di ciascuna area in studio, 

stratificando per sesso e classe di età. Complessivamente sono stati intervistati 2737 casi 

e 1779 controlli, la percentuale di rispondenza allo studio é stata dell’82% per i casi e 

del 74% nei controlli. 

Risultati 

La percentuale di soggetti intervistati che ha dichiarato di utilizzare tinture per capelli è 

del 54% nelle donne e del 3% negli uomini. 

Lo studio ha rilevato, nelle donne, un’associazione tra l’uso di tinture per capelli 

permanenti e le leucemie (ICD IX: 204-208) con un OR pari a 1.3 (IC 95%: 0.9-1.7). 

Tra le leucemie risulta essere maggiormente associata con l’uso delle tinture per capelli 

la leucemia linfatica cronica (ICD IX: 204.1) per cui è stato osservato un OR di 1.5 (IC 

95%: 0.9-2.4). Nelle donne che fanno uso di tinture permanenti più scure (colorazione 

nera) si hanno significativi eccessi di rischio per le leucemie (OR=1.9; IC 95%: 1.0-3.4) 

ed in particolar modo per la leucemia linfatica cronica (OR=3.0; IC 95%: 1.1-7.5), 

mentre non si riscontrano aumenti di rischio per le colorazioni biondo e rosso. 

Per gli uomini si osservano eccessi di rischio per il mieloma multiplo (OR=1.5; IC 

95%:0.5-4.7; 4 casi esposti), anche se la scarsa numerosità dei soggetti esposti non 

consente di evidenziare alcun risultato significativo. 

Conclusioni 

Dai dati del nostro studio emergono associazioni tra leucemie (Linfatica cronica), 

sottotipi di linfomi non Hodgkin ed impiego di coloranti permanenti, principalmente di 

tipo scuro, e ciò risulta una conferma di quanto riportato in letteratura sull’argomento. 

Una limitazione nell’interpretazione dei risultati dello studio è dovuta ad una mancanza 

di informazioni, quali il periodo e la frequenza di utilizzo delle tinture, che 

consentirebbero una più specifica identificazione dei soggetti esposti. 

Lo studio delle possibili associazioni tra l’uso di prodotti per i capelli e patologie 

neoplastiche risulta importante in termini di sanità pubblica per il sempre maggiore uso 

che ne viene fatto soprattutto tra i giovani, anche se negli ultimi anni la legge ha posto 

maggiori vincoli nell’uso di determinate sostanze chimiche. 

83


LA QUALITÀ DELLA VITA IN PAZIENTI CON PSORIASI: CONFRONTO 

CON ALTRE PATOLOGIE CRONICHE 

F. Sampogna*, S. Tabolli*, U. Aparo°, D. Abeni*, e lo IMPROVE Study Group 

Istituto Dermopatico dell’Immacolata IDI-IRCCS, Roma 

*Laboratorio di Ricerca sui Servizi Sanitari;° Direzione Sanitaria 

Obiettivi 

Lo scopo di questo studio è descrivere la qualità della vita in pazienti con psoriasi, 

utilizzando uno strumento di misurazione generico, per potere confrontare i risultati con 

quelli relativi ad altre patologie croniche. 


A tutti gli adulti ricoverati con una diagnosi di psoriasi presso l’IDI-IRCCS da gennaio 

2001 a febbraio 2002 è stato somministrato il questionario SF-36, che misura lo stato di 

salute delle persone in qualsiasi condizione, anche senza patologie. La misura riguarda 

otto scale: Attività fisica (AF), Ruolo e salute fisica (RF), Dolore fisico (DF), e Salute 

in generale (SG) sono relative alla salute fisica; Vitalità (VT), Attività sociali (AS), 

Ruolo e stato emotivo (RE), e Salute mentale (SM) riguardano la salute psicosociale. 

Punteggi più bassi indicano un peggiore stato di salute. La gravità clinica della psoriasi 

è stata misurata con il PASI (Psoriasis Area and Severity Index). 

Risultati 

Sono stati raccolti dati su 380 pazienti. Confrontando i nostri risultati con i valori 

“normali” pubblicati per altre malattie, si è osservato che i punteggi dei pazienti con 

psoriasi erano intermedi tra le malattie minori e quelle gravi, e che la salute mentale era 

peggiore di entrambe le condizioni mediche e più simile a quella delle malattie 

psicologiche. Nel nostro studio, le donne mostravano una peggiore qualità della vita in 

tutte le scale (es., RF=44 vs. 65, RE=36 vs. 58, nelle donne vs. gli uomini). Le persone 

con età > 65 anni avevano punteggi più bassi in tutte le scale fisiche e RE (es., RE=39 

vs. 58, nei più anziani vs. i più giovani). Pazienti con età di insorgenza a 40 anni o più 

presentavano una peggiore qualità della vita in tutte le scale, tranne AS e SM. La durata 

di malattia (+/- 10 anni) aveva influenza solo sulla salute generale (58 vs. 64, per 10+ 

vs.


MORTI E RICOVERI PER GLI ECCESSI DI PM10 A PERUGIA NEL 2004: 

TRA SCANDALO E OBLIO 

Igino Fusco Moffa, Maria Donata Giamo, Marco Petrella. 

AUSL 2 dell’Umbria – Dip.to di Prevenzione – Sezione Epidemiologia. 

Anche Perugia e i suoi cittadini, negli ultimi anni, sono stati costretti a confrontarsi con 

il problema dell’inquinamento atmosferico da traffico veicolare al punto di vedere 

emanati provvedimenti di limitazione del traffico urbano; abbiamo perciò cercato di 

rispondere al dubbio diffuso se si trattasse di provvedimenti dovuti a semplice 

applicazione di norme cautelative, o dettati da un reale pericolo per la salute dei 

cittadini. Come riferimento abbiamo utilizzato le stime di incremento della mortalità e 

dei ricoveri riportate dalla Metanalisi italiana degli studi sugli effetti a breve termine 

dell'inquinamento atmosferico (MISA-2). Nel comune di Perugia, infatti, i 

superamenti registrati sono rari e di bassa intensità e la scarsa numerosità della 

popolazione potenzialmente esposta non permette di misurare direttamente effetti 

sanitari da attribuire con certezza all’inquinamento atmosferico. Tuttavia, sulla base dei 

dati relativi ai periodi di superamento per il PM10 nel corso del 2004, fornitici 

dall’ARPA Umbria, e con il supporto metodologico degli autori dello studio MISA-2, è 

stato stimato l’impatto teorico di tali superamenti sulla mortalità e sui ricoveri medi 

degli stessi periodi, non essendo disponibili ancora dati completi sugli eventi sanitari in 

esame occorsi nel 2004. 

Le stime calcolate sono state espresse in termini di decessi o ricoveri che si sarebbero 

potuti risparmiare, restando nei limiti di legge previsti per il PM10 nel 2004. Sono stime 

che si aggirano intorno a poche unità di eventi in tutto l’anno e, tenendo conto dei limiti 

di confidenza degli incrementi percentuali rilevati da MISA-2, presentano in alcuni casi 

valori negativi. 

Decessi per cause Ricoveri per cause 

N° eventi N° eventi evitabili N° eventi N° eventi evitabili 

evitabili MIN / MAX evitabili MIN / MAX 

Tutte le naturali 1,2 -0,74 / 2,85 --- --- / --- 

Respiratorie 0,52 -0,91 / 1,65 2,62 0,97 / 4,53 

Cardiovascolari 1,08 0,04 / 2,02 1,98 -0,28 / 3,99 

Totale eventi evitabili 2,80 -1,61 / 6,52 4,6 0,69 / 8,52 

Abbiamo commentato i dati dicendo che si poteva supporre che a Perugia nel corso 

dell’anno 2004 si fossero verificati alcuni decessi e ricoveri attribuibili ai superamenti 

dei limiti del PM10. Tale valutazione è stata presentata come prova che oggi abbiamo 

ancora a che fare con cifre poco significative dal punto di vista statistico, ma che, se i 

superamenti dovessero divenire più frequenti e di maggiore entità, l’impatto sulla salute 

dei Perugini diventerebbe presto percepibile e significativo. Tutto ciò a conferma del 

rilievo, per la salute dei cittadini, del continuo monitoraggio degli inquinanti da parte 

dell’ARPA Umbria, dei tempestivi interventi cautelativi del Comune di Perugia, come 

la limitazione del traffico a seguito di clusters di giornate con valori di inquinanti 

atmosferici al di sopra della soglia di attenzione, dei provvedimenti strutturali atti a 

spostare sempre più la mobilità verso soluzioni meno inquinanti. 

La reazione dei principali interlocutori è stata la seguente: il Comune ha chiesto cautela 

nella presentazione dei dati nel corso di un incontro pubblico al quale eravamo stati 

appositamente invitati; l’ARPA ha articolatamente sottolineato la tendenza al 

85


miglioramento medio dei dati sull’inquinamento da PM10; alcune associazioni di difesa 

dell’ambiente hanno presentato denunce alla Procura, decisione programmata prima 

della pubblicazione dei nostri dati; un solo quotidiano locale ha pubblicato i dati 

dell’impatto sanitario, peraltro presentando come eccesso giornaliero quello che era un 

eccesso su base annua; mancano evidenze sulla percezione del problema da parte dei 

cittadini prima e dopo queste “esternazioni”. 

Si evidenzia, secondo noi, al di là della nota difficoltà nello spiegare ai non addetti 

questo tipo di dati, una carenza di strategia comunicativa e una scarsa chiarezza di ruoli 

tra enti locali, Arpa e Usl. In questo caso ipotizziamo l’opportunità di una 

comunicazione del rischio attivamente orientata a responsabilizzare i cittadini, senza 

invocare allarmi, e la necessità di fissare a priori regole esplicite sulle rispettive 

responsabilità comunicative degli organismi istituzionali coinvolti nelle rilevazioni e 

nelle elaborazioni, onde non riprodurre anche in questo campo una sorta di publicationbias. 

86


INCIDENZA DELL’INFEZIONE TUBERCOLARE LATENTE NEGLI 

OPERATORI SANITARI IN UN’AREA A BASSA PREVALENZA DI 

MALATTIA TUBERCOLARE 

Iacopo Baussano 1 , Massimiliano Bugiani 2 , Enrica Migliore 2 , Dario Mairano 2 , Marina Tagna 3 , 

Anna Pia Barocelli 3 , Vincenza Cascio 4 , Pavilio Piccioni 2 . 

1 Unità di Epidemiologia dei Tumori, Università di Torino, Italia; 2 Unità di pneumologia e 

medicina del lavoro, ASL 4, Torino, Italia; 3 Unità di Medicina del lavoro, ASL 3, Torino, Itali; 

4 Unità di Medicina del lavoro, ASL 3, Torino, Italia. 

Contesto 

Allo scopo di controllare il rischio di infezione tubercolare tra gli operatori sanitari sono 

state emanate delle linee guida a livello nazionale nel 1998 e a livello regionale nel 

2000. 

Scopo dello studio 

Valutare l’incidenza dell’infezione tubercolare latente negli operatori sanitari e 

l’impatto dell’implementazione delle linee guida nazionali e regionali. 

Metodologia dello studio 

Sono stati revisionati i dati sanitari di 5.000 operatori sanitari. I servizi lavorativi sono 

stati classificati utilizzando le categorie definite dai Centres for Diseases Control, 

mentre le categorie occupazionali sono state definite in funzione della probabilità “a 

priori” di essere esposti a casi di tubercolosi potenzialmente contagiosi. 

Il rischio di infezione tubercolare latente (definito in base alla conversione tubercolina 

>= 10 mm) è stato stimato utilizzando modelli di regressione multivariati per l’analisi di 

sopravvivenza. 

Risultati 

I risultati preliminari dell’analisi mostrano che il rischio di infezione tubercolare latente 

stimata negli operatori sanitari è maggiore di quello stimato tra la popolazione generale 

piemontese. Sia la tipologia di servizio che le categorie occupazionali sono risultate 

essere significativamente associate con un aumentato rischio di infezione tubercolare 

latente. 

Gli infermieri ed i laboratoristi da una parte e i laboratori e i servizi di veterinaria 

dall’altra sono risultati essere le occupazioni ed i servizi a maggior rischio di infezione 

tubercolare latente. Il rischio di infezione tuttavia è sceso in modo significativo dopo 

l’implementazione delle linee guida regionali. 

Conclusioni 

Nonostante l’applicazione sistematica di efficaci misure di controllo, l’infezione 

tubercolare latente negli operatori sanitari rimane un rischio infettivo di rilievo per 

alcuni ben definiti servizi e mansioni. 

Progetto finanziato da: Progetti di Ricerca Sanitaria Finalizzata Regione Piemonte. 

87


STIMA DELL’ABITUDINE AL FUMO DI TABACCO NELLA PROVINCIA DI 

VERONA, RICAVATA DA STUDI TRASVERSALI DI POPOLAZIONE 

G. Blengio, E. Castellani, S. Cappi, I. De Nicola 

SISP ASL 22 – Veneto 

Premessa 

Il fumo di tabacco costituisce uno dei principali problemi di Sanità Pubblica 

provocando circa 85.000 morti l’anno. Il tabacco è uno dei più potenti cancerogeni (è 

associato ad oltre l’85% dei tumori del polmone ed al 30% di tutti i tumori) ed è un 

fattore di rischio sospetto o accertato di altre 25 diverse malattie. Nel presente lavoro 

sono stati analizzati i dati riguardanti l’abitudine al fumo in una popolazione di adulti di 

35-75 anni: si tratta di soggetti valutati dal proprio Medico di Medicina Generale nel 

corso di due diverse indagini trasversali per la valutazione del rischio cardiovascolare in 

due ASL della Provincia di Verona 


In entrambe le ASL il campione di assistiti (3144 soggetti e 1348 soggetti 

rispettivamente) è stato selezionato secondo il criterio del campionamento random 

semplice. I dati ricavati dalle due ASL sono stati accorpati come se provenissero da 

un'unica popolazione. 

Le elaborazioni ed analisi statistiche sono state eseguite con il software Stata 8.0 (Stata 

Corporation). L’associazione tra la variabile fumo e le variabili sesso, età del soggetto, 

stato civile, scolarità, professione, ipertensione, BMI, colesterolo totale e diabete è stata 

esplorata calcolando il valore del Chi-quadrato di Pearson; sono stati anche calcolati i 

rapporti tra proporzioni di fumatori (PPR = Prevalence Proportion Ratio), grezzi ed 

‘aggiustati’, per le covariate: sesso, età del soggetto, stato civile, scolarità, professione, 

ipertensione, BMI, colesterolo totale e diabete. Per ottenere i valori ‘aggiustati’, 

evitando la sovrastima legata all’impiego dei valori di OR (Odds Ratio) prodotti dalla 

regressione logistica nel caso di elevati valori di prevalenza dell’evento di risposta, si è 

utilizzata la regressione di Poisson con correzione ‘robusta’ degli errori standard. 

Risultati 

I dati della nostra popolazione sono stati confrontati con i valori riportati dall’ISTAT, 

sulla base dell’indagine Multiscopo annuale sulle famiglie – Aspetti della vita 

quotidiana relativa all’anno 2001. A livello locale la percentuale di fumatori (21%) si 

avvicina alla quota nazionale (24%), è invece notevolmente inferiore la quota degli ex 

fumatori (19% locale contro 25% nazionale). A livello nazionale la fascia di età con la 

maggior percentuale di fumatori è quella tra i 35 e i 44 anni (32,1%), a livello locale 

risulta quella compresa tra i 45 e 54 anni (26.5%). Sia a livello locale che nazionale la 

percentuale degli ex-fumatori è maggiore tra i maschi, anche se i maschi rimangono la 

quota maggiore dei fumatori: a livello locale fuma il 25.1% dei maschi contro il 17.4% 

delle femmine. La maggior parte dei fumatori (il 47.3% a livello nazionale e il 44.8% a 

livello locale) fuma tra 11 e 20 sigarette al giorno. Per quanto riguarda la scolarità in 

Italia e nelle Ulss veronesi i fumatori hanno nella maggior parte dei casi scolarità media 

inferiore. Per quanto riguarda lo stato civile a livello locale sono fumatori il 36.5% dei 

separati, il 34.8% dei conviventi, il 19.7% dei coniugati e il 24.6% dei non sposati. 

89


La classe occupazionale con la percentuale più alta di fumatori è quella dei disoccupati; 

inoltre tra i lavoratori dipendenti vi sono più fumatori rispetto ai lavoratori 

autonomi/agricoltori. Infine nella tabella allegata sono riportati i risultati delle analisi 

intese ad esplorare le presenze di associazione tra fumo e variabili socio-sanitarie nei 

soggetti osservati negli studi effettuate nelle ASL n. 20 e 22, vengono evidenziate 

associazioni significative tra sesso ed abitudine al fumo, tra abitudine al fumo ed età, tra 

abitudine al fumo e scolarità: aumentando il livello di scolarità diminuisce la 

proporzione di fumatori. Risulta statisticamente significativa anche la associazione tra 

abitudine al fumo ed ipertensione e tra la variabile fumo e stato civile, mentre 

l’associazione tra abitudine al fumo e la diagnosi di diabete tende alla significatività 

dopo aggiustamento per le altre variabili considerate, con un PPR di 1.17 ed un valore 

di p = 0.06 

Le analisi condotte sulle variabili professione, BMI, colesterolo non rilevano sostanziali 

differenze tra i soggetti che fumano e i soggetti che non fumano. 

90


Tabella 1: Associazione tra fumo e variabili socio-sanitarie. 

% 

Fumatori 

[IC 95%] PPR* P [IC 95%] PPR** P [IC 95%] 

Sesso 

F 17.36 [15.90, 18.93] 1 1 

M 

Età 

25.06 [23.25, 26.96] 1.44 ** [1.29, 1.62] 1.38 ** [1.17, 1.62] 

35-44 23.10 [20.95, 25.41] 1 1 

45-54 26.46 [24.09, 28.98] 1.15 * [1.00, 1.31] 1.19 * [1.01, 1.41] 

55-64 16.49 [14.50, 18.69] 0.71 ** [0.61, 0.84] 0.80 [0.62, 1.02] 

65-74 

Stato civile 

14.09 [11.62, 16.98] 0.61 ** [0.49, 0.75] 0.69 * [0.49, 0.96] 

Celibe/Nubile 24.56 [21.05, 28.45] 1 1 

Coniugato 19.66 [18.39, 21.00] 0.80 * [0.68, 0.94] 0.82 * [0.67, 0.99] 

Convivente 34.85 [24.40, 47.00] 1.42 [0.99, 2.04] 1.40 [0.82, 2.37] 

Separato/a 36.47 [29.59, 43.95] 1.48 ** [1.16, 1.91] 1.42 * [1.07, 1.88] 

Vedovo/a 

Scolarità 

15.00 [10.50, 20.98] 0.61 * [0.42, 0.89] 0.92 [0.61, 1.37] 

Lic. Elementare/ Nessuna 15.87 [14.05, 17.87] 1 1 

Licenza media inf. 24.51 [22.45, 26.69] 1.54 ** [1.33, 1.79] 1.26 * [1.03, 1.54] 

Diploma 23.00 [20.71, 25.46] 1.45 ** [1.24, 1.70] 1.09 [0.87, 1.36] 

Laurea 

Professione 

17.21 [13.40, 21.83] 1.08 [0.83, 1.42] 0.83 [0.59, 1.16] 

Agricoltore 20.97 [14.70, 29.00] 1 1 

Dipendente 26.74 [24.51, 29.09] 1.28 [0.90, 1.81] 1.00 [0.67, 1.50] 

Lav. Autonomo 22.26 [19.00, 25.90] 1.06 [0.73, 1.55] 0.85 [0.56, 1.31] 

Casalinga/o 13.95 [12.01, 16.15] 0.67 * [0.46, 0.97] 0.75 [0.48, 1.17] 

Pensionato 17.8 [15.52, 20.33] 0.85 [0.59, 1.23] 0.92 [0.60, 1.41] 

Disoccupato 45.45 [26.50, 65.82] 2.17 * [1.22, 3.84] 1.41 [0.73, 2.74] 

Altro 

Ipertesi 

24.12 [19.69, 29.17] 1.15 [0.78, 1.71] 0.92 [0.56, 1.49] 

Non ipertesi 22.71 [21.16, 24.33] 1 1 

Ipertesi 

BMI 

17.83 [16.06, 19.76] 0.79 ** [0.69, 0.89] 0.86 [0.73, 1.01] 

Sottopeso (< 18.5) 27.54 [18.32, 39.17] 1 1 

Normopeso (18.5 – 24.9) 21.68 [19.96, 23.50] 0.79 [0.53, 1.16] 0.69 [0.43, 1.09] 

Sovrappeso (25.0 – 29.9) 20.88 [19.03, 22.86] 0.76 [0.51, 1.12] 0.63 * [0.39, 1.02] 

Obesità (> 30) 

Colesterolo totale 

17.61 [14.77, 20.85] 0.64 * [0.42, 0.97] 0.65 [0.39, 1.08] 

=240 

Diabete 

22.19 [19.34, 25.33] 1.11 [0.94, 1.32] 1.23 * [1.03, 1.47] 

No 20.59 [19.09, 22.18] 1 1 

Sì 21.68 [18.33, 25.46] 1.05 [0.88, 1.26] 1.11 [0.93, 1.33] 

* Prevalence Proportion Ratio grezzo (analisi univariata) 

** Prevalence Proportion Ratio aggiustato (regressione di Poisson ‘robusta’ multipla) per sesso, classe d'età, stato civile, 

scolarità, professione, ipertensione, classe di BMI, colesterolo e diabete. 

91


VALUTAZIONE DELLA VARIAZIONE DI PESO NELL’ARCO DI 10 ANNI IN 

UNA SERIE DI OLTRE 8.000 ADULTI TOSCANI: LO STUDIO EPIC- 

FIRENZE DIOGENES. 

Benedetta Bendinelli, Giovanna Masala, Costanza Pizzi, Melania Assedi, Ines Zanna, Ilaria 

Ermini, Valentina Giovacchini, Maria Martinez, Donata Tanzini, Silvia Zacchi, Simonetta 

Salvini, Francesco Sera e Domenico Palli 

Unità Operativa di Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale, CSPO, Istituto Scientifico della 

Regione Toscana, Firenze, Italia 

Introduzione 

Molti studi hanno evidenziato che l’obesità è un importante fattore di rischio per 

numerose patologie cronico-degenerative, sia tumorali che cardiovascolari, ed è 

associata ad un aumento della mortalità generale. In molti paesi sviluppati è stato 

riportato un aumento della prevalenza di sovrappeso e obesità. In Italia più di 47.000 

adulti sono stati arruolati nello studio prospettico EPIC nel periodo 1993-98 e sono stati 

misurati secondo un protocollo standardizzato. All’arruolamento i soggetti sovrappeso 

(BMI 25,0-29,99) erano il 52% degli uomini e il 35% delle donne, mentre i soggetti 

obesi (BMI 30,0+) erano il 14-15% in entrambi i sessi (Palli et al, Tumori 2003). 

Obiettivi 

Valutare i cambiamenti del peso e di altre variabili antropometriche ad esso correlate 

che si sono verificati nella coorte EPIC-Firenze in un periodo di circa 10 anni. 


Per i 12.772 volontari di EPIC Firenze, che al 31/12/2003 risultavano in vita e non 

colpiti da patologie tumorali, è in corso un aggiornamento delle informazioni sullo stile 

di vita, il peso corporeo e altre variabili antropometriche attraverso un questionario 

inviato per posta. A questi volontari è stato chiesto di riportare il peso e di misurare la 

circonferenza di vita e fianchi utilizzando un metro di carta allegato al questionario. E’ 

stato effettuato inoltre uno studio di validazione: un campione di soggetti scelti 

casualmente tra i volontari è stato invitato all’ambulatorio EPIC per essere nuovamente 

misurato da personale addestrato, seguendo il protocollo standardizzato già adottato 

all’arruolamento; le misure effettuate sono state confrontate con quelle riferite. Le 

misure riferite dagli altri partecipanti sono state calibrate in base ai risultati dello studio 

di validazione utilizzando un modello di regressione stratificato per sesso. 

Risultati 

Le misure antropometriche calibrate sono attualmente disponibili per 8.747 volontari, 

2.211 uomini e 6.536 donne (68,5% dei richiamati; età media all’arruolamento: 51,1 

anni); per lo studio di validazione sono stati misurati in ambulatorio 499 volontari. 

Dopo un tempo medio di follow-up di 9,6 anni (range 7,1-12,1) l’aumento medio di 

peso aggiustato per età era di 2,20 kg (95%IC 1,99-2,41) per gli uomini e 2,59 kg 

(95%IC 2,46-2,71) per le donne. La prevalenza di sovrappeso è aumentata da 50,8% a 

54,3% negli uomini e da 32,1% a 36,6% nelle donne. La prevalenza dell’obesità è 

aumentata da 10,6% a 15,7% negli uomini e da 10,0% a 16,7% tra le donne. La 

percentuale di soggetti la cui circonferenza vita supera i valori soglia sesso-specifici 

OMS, che sono stati correlati ad un aumento del rischio cardiovascolare (88 cm per le 

donne e 102 cm per gli uomini), è passata da 10,3% a 19,1% per gli uomini e da 12,8% 

a 26,5% per le donne. 

93


L’aumento di peso è maggiore tra i soggetti più giovani (


COMPLETEZZA E CONCORDANZA DELLE SCHEDE DI MORTE 

CODIFICATE IN FRIULI-VENEZIA GIULIA VS. QUELLE PRODOTTE 

DALL’ ISTAT, 1999-2001 

Bidoli Ettore 1 , Bruzzone Silvia 2 , Pappagallo Marilena 2 , French Susan 1 , Franceschi Silvia 1,3 , 

Vicario Gianni 1 , Zanier Loris 4 

1 Servizio di Epidemiologia, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano (PN), 2 ISTAT, Roma, 

3 Unit of Field and Intervention Studies, International Agency for Research on Cancer, Lyon, 

France, 4 Agenzia Regionale della Sanità, Regione Friuli-Venezia Giulia 

Introduzione 

L’informazione rilevata dalle schede di morte può essere usata per studi epidemiologici 

sulle piccole aree. In Friuli-Venezia Giulia, la mortalità viene fornita, quasi in tempo 

reale, da schede di morte codificate a livello locale disponibili anche su un database 

informatizzato. Tuttavia prima di utilizzarle concretamente vanno verificate. 

La bontà delle schede di morte regionali è stata valutata sotto due aspetti: completezza e 

concordanza della codifica. Una loro verifica a tappeto è stata resa possibile dalla 

disponibilità da parte dell’ISTAT, dal 1999, di schede di morte nominative. 


Le schede di morte nominative, del periodo 1999-2001, sono state ottenute sia dalla 

base dati di mortalità della regione Friuli-Venezia Giulia (FVG) che dall’ISTAT. Un 

programma scritto in SAS® ha permesso di eseguire un record-linkage individuale tra 

queste due fonti. L’informazione anagrafica della scheda di morte regionale è stata 

assunta come gold standard. Dopo l’appaiamento, la concordanza della causa di morte 

iniziale è stata calcolata usando come gold standard la codifica ISTAT. 

Risultati 

L’81,8% delle schede di morte è stata appaiata esattamente per nome, cognome e data 

di nascita. Con algoritmi opportuni - tolleranti alle storpiature nel cognome, nome, date 

e residenze - si arriva ad un appaiamento del 98.6% (41701 schede su 42300). A livello 

tumorale, la concordanza di questo settore nosologico è pari al 94.5%. Per i soli tumori 

maligni, considerando le prime tre cifre, la concordanza è del 85.2% mentre a livello di 

quarta cifra la concordanza è del 73.5%. Per polmone e mammella la concordanza (terza 

cifra) è >95%, per lo stomaco, prostata e colon-retto essa è pari al 92%, 89% e 87% 

rispettivamente. Infine, si può notare una disparità di concordanza tra le quattro 

province del FVG: sopra la media a PN e sotto a UD. 

Conclusioni 

Vi sono stati alcuni problemi nelle schede di morte esaminate (ad esempio calligrafia, 

inversione di date, ecc..) che impediscono un appaiamento automatico totale. E’ 

comunque in corso un ulteriore affinamento dell’algoritmo di record-linkage. Ciò 

impedisce per il momento di ottenere conclusioni solide riguardo la completezza delle 

schede di morte. Sul 98.6% delle schede attualmente appaiate è comunque possibile 

esaminare la concordanza e per quanto riguarda le sedi tumorali più frequenti essa è 

buona. Tuttavia va notata una sua eterogeneità tra province che fa propendere per la 

creazione di un gruppo di lavoro per la messa in comune del know-how nella codifica. 

Sono in corso ulteriori indagini per valutare il possibile utilizzo delle schede di morte 

regionali come supporto all’analisi nelle piccole aree. 

95


DIFFUSIONE E SPETTROSCOPIA COME MISURE SURROGATE DELLA 

SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA 

1 Minichilli F. , 1 Frijia F. , 1 Lombardo F. , 1 Bianchi F. , 2 Bongioanni P. , 1 Montanaro D. 

1 Istituto Fisiologia Clinica – CNR, Pisa. 2 U.O. Neuroriabilitazione, Università di Pisa, Pisa 

Introduzione 

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa progressiva 

che colpisce il primo e il secondo motoneurone. La durata media della malattia è di 

circa 25 mesi, con esito generalmente fatale. L'incidenza della SLA è di circa 3 per 

100.000 abitanti. Generalmente si ammalano di SLA individui di entrambi i sessi con 

età media di 50 anni ±10 circa. Si ipotizza una multifattorialità della patologia (eccesso 

di glutammato, familiarità, fattori ambientali, ecc.). La SLA è una malattia di difficile 

diagnosi nelle fasi iniziali. E’ solo attraverso un esame strumentale (Elettromiografia) e 

la valutazione clinica da parte del neurologo, ripetuti nel tempo, che può emergere la 

diagnosi definita. L’elettromiografia può accertare il coinvolgimento del 2° 

motoneurone, ma non fornisce indicazioni sul coinvolgimento del 1°. A tale ultimo 

proposito, in letteratura sono presenti pochi studi che valutano con Risonanza 

Magnetica, tramite spettroscopia ed il campionamento della diffusione protonica, il 

coinvolgimento del 1° motoneurone. 

Obiettivo 

Lo studio osservazionale si propone di rafforzare la validità di una combinazione di 

criteri diagnostici (Diffusione + Spettroscopia), in modo da definire misure surrogate 

valide della SLA. 


Sono stati indagati 15 pazienti affetti da SLA (8 maschi; età media: 55 anni ±10), 

diagnosticati in accordo con El Escorial Criteria. Inoltre sono stati arruolati 15 soggetti 

sani con età media di 45 anni ±15. Gli indici di diffusione (FA e avADC) sono stati 

calcolati lungo tutto il fascio cortico-spinale, partendo dalla sostanza grigia prerolandica 

sino al bulbo. Il campionamento spettroscopico è stato eseguito in sede 

rolandica bilateralmente. I valori medi dei parametri di diffusione (avADC e FA) e di 

spettroscopia (NAA), sono stati confrontati al basale (1° esame diagnostico) tra i 

pazienti ed i soggetti sani. Sono state inoltre valutate le correlazioni tra gli indici di 

diffusione e di spettroscopia e la progressione di malattia, utilizzando più misure per 

soggetto, ripetute nel tempo. Le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando test e 

modelli per misure ripetute (STATA). 

Risultati 

La media al basale di FA nei pazienti è risultata nella quasi totalità delle aree 

anatomiche statisticamente minore di quella calcolata nei controlli. La media al basale 

della avADC nei pazienti è risultata nella quasi totalità delle aree anatomiche maggiore 

di quella dei controlli (la significatività statistica è raggiunta nella sostanza bianca e 

grigia prerolandiche, nella porzione posteriore del fascio cortico-spinale sino alla 

porzione posteriore del peduncolo cerebrale). I valori medi al basale del NAA sono 

risultati significativamente minori nei pazienti rispetto ai sani. L’indice FA risulta 

correlato inversamente con la progressione della malattia nella maggior parte delle 

regioni anatomiche campionate. L’indice avADC risulta correlato direttamente con la 

progressione della malattia sulla quasi totalità delle sezioni anatomiche. 

97


L’indice NAA risulta significativamente ed inversamente correlato con la progressione 

della malattia. 

Conclusioni 

I risultati sono in accordo con la letteratura e suggeriscono la possibile validità delle 

metodiche RM di diffusione e spettroscopia come misure surrogate della malattia, sia di 

tipo diagnostico, sia di follow-up, validità da confermare ulteriormente tramite 

l’aumento della numerosità del campione. 

98


EFFETTI DELL’AEROSOL MARINO SULLA SALUTE UMANA: INDAGINE 

EPIDEMIOLOGICA SU UN CAMPIONE GEOREFERENZIATO DELLA 

POPOLAZIONE ADULTA DI LIVORNO 

I. Peretti 1,2 , S. Baldacci 1 , R. Della Maggiore 2 , F. Martini 1 , D. Nuvolone 2 , A. Stortini 3 , G. Viegi 1 

1 Unità di Epidemiologia Ambientale Polmonare Istituto di Fisiologia Clinica CNR, Pisa; 

2 Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Informazione “A. Faedo” CNR, Pisa; 3 Dipartimento di 

Scienze Ambientali, Università Ca’ Foscari, Venezia. 

Background 

L’indagine multicentrica italiana ISAYA (Italian Study on Asthma in Young Adults), 

condotta tramite questionario (1998-2000), è stata finalizzata a valutare la variabilità 

geografica della prevalenza di sintomi respiratori e gli effetti del clima e 

dell’inquinamento atmosferico sulla prevalenza di asma, in un campione di popolazione 

giovane adulta (n=18.873, età 20-44 anni) (De Marco et al, 2002). Da un’analisi 

statistica a scala comunale, ottenuta contrapponendo le città di Livorno, Pisa e Lucca 

(coinvolte nell’indagine), è emersa una maggior presenza di asma nella città di Livorno, 

che è situata sul mare. 

Obiettivo 

Valutare la relazione tra esposizione all’aerosol marino ed asma nel campione di 

popolazione di Livorno. 


Con la tecnologia GIS (Geographical Information System), l’area oggetto di studio (il 

Comune di Livorno) è stata suddivisa in tre zone omogenee per l’esposizione all’aerosol 

marino: distanza 0-300m dalla linea di costa (alta esposizione), 300-1000m (media 

esposizione) e >1000m (controllo). I soggetti sono quindi stati attribuiti a tali classi di 

esposizione in base alla posizione delle abitazioni dalla linea di costa. E’ stato 

aumentato il contenuto informativo della prima classificazione considerando anche le 

principali sorgenti industriali (centrale termoelettrica ENEL, inceneritore e zona 

industriale di Stagno) del Comune di Livorno. Con la tecnologia GIS è stata valutata la 

distanza delle abitazioni dalla linea di costa e dalle principali sorgenti industriali e sono 

state individuate le zone di diversa esposizione all’inquinamento atmosferico. Con 

questa seconda classificazione il territorio è stato suddiviso in zone omogenee per 

esposizione all’aerosol marino ed all’inquinamento industriale: sono state ricavate 4 

classi di diversa esposizione (aerosol + industria, solo aerosol, solo industria e 

controllo). Con il pacchetto statistico per le scienze sociali (SPSS) sono state condotte 

analisi statistiche, stratificando il campione di popolazione in base alla prima ed alla 

seconda classificazione. 

Risultati 

Le analisi logistiche multivariate (fattori indipendenti considerati: età, abitudine al fumo 

e posizione lavorativa) evidenziano effetti significativi dovuti al vivere vicino al mare 

(entro 300m dalla linea di costa) per attacchi di asma nelle femmine (relazione emersa 

sia con la prima sia con la seconda classificazione, rispettivamente OR = 3.75, IC al 

95%: 1.34-10.48 ed OR = 4.51, IC al 95%: 1.44-14.12). 

Con la seconda classificazione, nelle femmine, la residenza nella zona di esposizione 

combinata all’aerosol marino ed all’inquinamento industriale è risultata associata, in 

99


modo borderline, con l’asma grave (OR = 3.44, IC al 95%: 0.91-12.93) e, 

significativamente, con la costrizione toracica (OR = 2.52%, IC al 95%: 1.04-6.12); la 

residenza nella zona di esposizione al solo inquinamento industriale è risultata 

significativamente associata con la tosse ed espettorato cronici (OR = 1.99, IC al 95%: 

1.09-3.68). 

Conclusioni 

Questi risultati evidenziano un’associazione tra l’esposizione all’aerosol e alle emissioni 

industriali e l’asma e sintomi correlati; i diversi effetti associati all’una o all’altra 

esposizione suggeriscono che le esposizioni ambientali all’aerosol e di tipo industriale, 

esercitino azioni indipendenti sull’apparato respiratorio mediante meccanismi patologici 

diversi. Successivi studi epidemiologici in aree costiere dovranno considerare, non 

soltanto sorgenti puntuali di inquinamento atmosferico, ma anche fonti aeree diverse 

dalle convenzionali. 

100


AGREEMENT BETWEEN NO2 PASSIVE SAMPLERS AND URBAN MONITORING 

STATIONS 

Samantha Sartori 1 , Cristian Pattaro 1 , Marta Rava 1 , Roberto Bono 2 , Roberto De Marco 1 

1 Division of Epidemiology & Medical Statistics, University of Verona; 2 Department of public 

health and microbiology, University of Turin 

The interest of environmental epidemiology towards the effects of air pollution on 

health, requires reliable data on individual exposure to pollutants. 

The measurements from one or more monitoring stations (MSs) may not represent the 

exposure of the whole population. 

The aim of this study was to investigate the most appropriate measurement of individual 

exposure when air pollution can only be assessed from data collected by a number of 

MS. Single and combined measurements are evaluated and compared. 

In the frame of the European Community Respiratory Health Survey II (2001-03), 342 

outdoor passive samplers (PSs) were used to measure the 14-day NO2 exposure in the 

urban area of two Italian cities. Individual measurements were compared with the sameperiod 

NO2 mean concentrations obtained from local (background and traffic) MSs. 

Correlation and Concordance Correlation Coefficients (CCC) were estimated to assess 

the agreement between MSs and PSs. 

For this purpose, traffic MSs, background MSs, the best MS* and the MS average for 

all the MSs of each centre were compared to PS concentrations. The results are shown 

in the table. 

Centre 

Verona 

(nr.=222) 

3 traffic 

3 background 

Torino 

(nr.=104) 

4 traffic 

1 background 

Overall 

(nr.=326) 

Corr 

95% C.I. 

.61 

[.52-.69] 

.63 

[.49-.73] 

.62 

[.55-.68] 

Traffic Background Best monitoring station* MSs Average 

CCC 

95% C.I. 

.46 

[.39-.53] 

.20 

[.14-.26] 

.23 

[.16-.30] 

Corr 

95% C.I. 

.64 

[.56-.72] 

.58 

[.43-.69] 

.62 

[.55-.69] 

CCC 

95% C.I. 

.41 

[.35-.49] 

.15 

[.10-.21] 

.22 

[.17-.28] 

Corr 

95% C.I. 

.66 

[.58-.73] 

Urban-Traffic 

.54 

[.34-.68] 

Urban- 

Background 

.63 

[.56-.69] 

CCC 

95% C.I. 

0.58 

[.50-.67] 

Urban- 

Background 

.31 

[.21-.41] 

Urban-Traffic 

.47 

[.39-.55] 

Corr 

95% C.I. 

.66 

[.58-.73] 

.64 

[.51-.74] 

.65 

[.58-.71] 

CCC 

95% C.I. 

.49 

[.42-.56] 

.19 

[.13-.25] 

.29 

[.23-.35] 

* We define the best MS, as the one with the best correlate with he PS (column Corr), or the one with the 

best concordance (column CCC). 

When data on NO2 concentration coming from multiple MSs were available, the MS 

average appeared to be the statistic summary representing and correlating the exposure 

of the population. 

101


UNA CORRETTA INFORMAZIONE COME STRUMENTO DELLA POLITICA 

DELLA SICUREZZA STRADALE 

Cecilia Savonitto 1 , Flavio Schiava 2 

1 ASS n°4 “Medio Friuli”, 2 ASS n° 3 “Alto Friuli” 

Gli incidenti stradali rappresentano un evento particolarmente lesivo del diritto alla 

salute perché sono in gran parte prevenibili e privano della vita o della salute 

prevalentemente i giovani. Una corretta informazione sulle cause, le modalità di 

accadimento e le loro effettive conseguenze, in termini di danni biologici, sociali ed 

economici può facilitare gli utenti della strada nel riconoscimento e nella considerazione 

dei rischi, e rappresentare uno strumento indispensabile per l’adozione di politiche “non 

occasionali” di programmazione e gestione integrata di una “mobilità sostenibile”. 

L’informazione 

Il quadro epidemiologico degli incidenti stradali che emerge dai dati ordinariamente 

pubblicati dall’ISTAT non può essere di riferimento per una politica che, a livello 

locale, intenda sviluppare interventi di prevenzione valutabili ed efficaci. I dati infatti 

sono incompleti, aggregati, non georeferenziati, e non disponibili in breve tempo. 

Questa osservazione si è tradotta e trovato conferma in uno studio di epidemiologia 

descrittiva che la Sanità Pubblica del FVG ha svolto esaminando i Rapporti statistici 

degli incidenti stradali occorsi negli anni 1991-2000 e i dati di accesso ai PS nel periodo 

aprile 2001- gennaio 2002. Da questi è emerso che in FVG la prevalenza e la gravità dei 

sinistri sono fra le più alte in Italia (nel 2000 tasso di mortalità =15.8/100.000 contro 

l’11.7/100.000 dell’Italia) e che esistono differenze di distribuzione del rischio fino ad 

allora “non percepite” dal Servizio Sanitario regionale, ovvero una maggior mortalità in 

alcune aree o tra i diversi utenti della strada. 

Le politiche 

L’evidenza di alcuni fattori di rischio, così come la sottostima di altri e la disomogenea 

distribuzione e gravità degli eventi sono apparse subito come indicazioni ineludibili per 

la costruzione di alleanze con tutti i soggetti preposti alla sicurezza stradale per 

l’integrazione delle conoscenze e l’adozione di una strategia comune per la promozione 

della sicurezza stradale. Il confronto e l’accordo fra Sanità, Comuni, Province, Regione, 

Forze dell’Ordine, Autoscuole, ACI si è concretizzato nella proposta e promulgazione 

della legge regionale 25/2004, promossa dall’Assessorato regionale ai trasporti e 

pianificazione territoriale. La legge prevede la partecipazione della Sanità Regionale a 

diversi livelli: quello di rilievo ed analisi epidemiologica del rischio (Osservatorio 

regionale sulla sicurezza stradale), e quello di gestione e comunicazione dello stesso 

(elaborazione del PRSS e partecipazione alla Consulta regionale della sicurezza 

stradale). 

Le prospettive 

L’Osservatorio può costruire un sistema di informazioni avente doppia valenza e doppio 

destinatario. Da un lato esso si rivolge al cittadino, offrendogli in modo esteso, 

oggettivo e trasparente una serie di informazioni direttamente fruibili sul piano 

dell’orientamento dei comportamenti come utente della strada e sul piano della 

valutazione “ex ante” ed “ex post” delle politiche che vengono messe in atto dai propri 

rappresentanti nelle Amministrazioni pubbliche. 

103


Un presupposto della politica. Dall’altro lato l’Osservatorio fornisce alla struttura 

politico-amministrativa (tecnici e politici delle diverse amministrazioni coinvolte) i 

contenuti informativi, il contesto razionale, le dimensioni quantitative e le valutazioni di 

impatto (scale di importanza/ priorità e benefici attesi) dei fenomeni, garantendo anche 

la valutazione dell’efficacia degli interventi. La realizzazione di quanto previsto dalla 

Legge potrà costituire una prima concreta opportunità per stabilire un rapporto corretto 

e maturo tra i cittadini, i loro rappresentanti e le amministrazioni pubbliche sul tema – 

rilevantissimo- della sicurezza stradale, che per l’Italia è certamente ancora un “oggetto 

misterioso”. 

104


SALUTE E DECISIONE POLITICHE 

Angelo Stefanini 

Assessorato alla Sanità, Regione Emilia-Romagna - Dipartimento di Medicina e Sanità 

Pubblica, Università di Bologna 

L’idea di fondo secondo cui le varie politiche hanno un impatto sulle condizioni di vita 

e quindi sulla salute non è certo nuova. E’ risaputo ad esempio che i tassi di mortalità 

per età fra le classi più povere sono più bassi nei paesi che assicurano una distribuzione 

più equa delle risorse e un’economia stabile. Non è quindi sufficiente perseguire 

politiche di crescita economica separate da politiche di ridistribuzione delle ricchezze 

esistenti o prodotte. Ciò che è nuovo oggigiorno è lo sforzo diretto a rendere espliciti gli 

effetti sulla salute delle diverse politiche e, dove necessario e possibile, a modificarle in 

modo tale da renderle più idonee alla tutela e alla promozione della salute. Una priorità 

importante è costituita dallo sviluppo e dal potenziamento di nuovi generi di 

informazione, informazione che sia politicamente rilevante (ossia facilmente utilizzabile 

e che “informi” le scelte politiche), per soggetti politicamente importanti, quali decisori 

politici, gruppi di interesse e mezzi di comunicazione. L’informazione sulla salute deve 

essere quindi ridefinita per puntare l’attenzione su due categorie fondamentali di 

domande. 

La prima categoria è sostanziale. Quali sono, e come identificarle, le implicazioni, 

dirette e indirette, che le varie decisioni politiche hanno per la salute della gente? Quali 

le loro dimensioni? Come modificare quella determinata politica una volta accertato che 

danneggia salute? Quali scelte politiche possono semplificare alla società la 

realizzazione di opzioni attente alla salute? Tutto ciò richiede l’identificazione di nuovi 

indicatori di salute e degli effetti sulla salute che hanno le politiche attuali e in via di 

definizione. La seconda categoria è strategica e focalizzata sul processo. Com’é 

possibile far sì che i decisori politici e i loro sostenitori facciano proprie le scelte che 

promuovono o almeno tutelano la salute? Come, cioé, fare entrare il concetto di salute 

al centro dell’agenda politica? Questo comporta una comprensione più approfondita dei 

processi di decisione politica, ossia del “come” della politica, nelle diverse condizioni in 

cui si esplica. 

In questa comunicazione viene brevemente discussa l’opportunità che i Piani per la 

Salute nella regione Emilia-Romagna presentano di fornire il contesto adeguato per 

rendere l’epidemiologia un importante strumento offerto alla politica per migliorare la 

salute della popolazione. Descrivendo le ragioni che rendono inevitabile ed essenziale 

inserire la salute nelle decisioni politiche anche attraverso l’uso di tecniche come 

l’Health Impact Assessment, si conclude che per migliorare la salute della gente è 

necessario migliorare la “salute della politica”. 

105


CONSUMO DI ANTIMICROBICI SISTEMICI TRA I BAMBINI DELLE 

SCUOLE MATERNE E DELL’OBBLIGO NELL’AZIENDA ULSS DI TREVISO 

Giuseppe Battistella 1 , Antonella Zarattini 2 

1 Osservatorio epidemiologico Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto; 2 Dipartimento 

assistenza territoriale Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto 

Si sente spesso dire che i bambini si ammalano spesso andando a scuola nel periodo 

invernale. Vi sarebbe un elevato tasso d’incidenza di malattie infettive acquisite in 

comunità, per lo più alle vie aeree superiori, nelle comunità del nido, della scuola 

materna e delle scuole dell’obbligo. La diffusione di tali patologie a livello di singolo 

comune è rilevante giacché la vigilanza sui fattori di rischio ambientali è competenza 

dei Sindaci (es. ricambio d’aria negli ambienti confinati scolastici). 

L’Osservatorio Epidemiologico ha sperimentato un sistema di sorveglianza che utilizza 

il consumo di antibatterici sistemici dei residenti. Il consumo per ogni bambino 

residente è stato stimato dagli archivi della Farmaceutica territoriale del 2003. 

L’ipotesi considerata è l’influenza del comune di residenza sul tasso di consumo di 

farmaci antimicrobici sistemici nel periodo invernale. L’indagine è stata condotta 

calcolando i tassi di confezioni di farmaci prescritti stratificando per classe d’età e 

comune di residenza. I confondenti considerati sono la propensione dei singoli Pediatri 

di libera scelta alla prescrizione di antimicrobici sistemici e la variabilità tra Distretti 

socio-sanitari di residenza (stimate dal tasso standardizzato di prescrizione). 

L’identificazione dei Comuni che presentano dei tassi d’utilizzo superiori all’atteso è 

stata fatta tramite Q-Q Plotting. 

La correlazione tra il tasso di prescrizione standardizzato annuo del pediatra di libera 

scelta (PLS) ed il numero di confezioni prescritte ai singoli bambini è bassa (r=0,099 

p=0,000; n° casi: 3.816). Controllando la correlazione per numero d’assistiti del PLS, 

totali e d’età compresa tra 0 e 6 anni, e per l’età dei bambini il coefficiente di 

correlazione parziale è uguale a 0,0866 (p=0,000). La media del tasso standardizzato di 

prescrizione per i PLS (n=42) è di 1,36 confezioni pro capite (min 0,52, max 2,44). Il 

32% dei bambini con età 0-14 è stato escluso da quest’analisi in quanto non assistito da 

un PLS dell’ULSS: per questi bambini il tasso standardizzato di prescrizione è 

nettamente più basso (0,8). I consumi medi pro capite dei bambini assistiti da PLS 

hanno un netto incremento nei bambini che hanno compiuto i 3 anni (2,33 confezioni 

verso 1,67 di quelli di 2 anni) e raggiungono il picco a 4 anni (2,64) per poi decrescere 

progressivamente (1,22 a 7 anni, 0,65 a 14). Questo fenomeno è meno accentuato tra i 

bambini non assistiti da un PLS (0,72 a 2 anni, 1,25 a 3). 

Nell’ULSS mediamente ogni bambino con età 3-5 anni ha ricevuto nei mesi gennaio, 

febbraio, marzo, ottobre, novembre e dicembre 2003 1,72 confezioni d’antibiotici, 

all’età 6-10 0,66, all’età 11-13 0,46. La media intercomunale di confezioni prescritte 

nella classe 3-5 è di 1,84 (min 1,13, max 3,27), nella 6-10 0,74 (min 0,34 max 1,74), 

nella 11-13 0,5 (min 0,21, max 1,54). 

Conclusioni 

La variabilità del tasso di prescrizione degli antimicrobici sistemici non sembra essere 

dovuta all’attitudine prescrittiva dei singoli PLS. Dallo studio emerge una significativa 

variabilità territoriale e tra PLS e medici di medicina generale. 

106


QUALITÀ DELLA VITA DELLE PERSONE CON PATOLOGIE 

DERMATOLOGICHE E DRG 

S. Tabolli 1 , F. Sampogna 1 , U.L. Aparo 3 , P. Pasquini 2 , A. Picardi 2 , D. Abeni 1 

1 Laboratorio di Ricerca sui Servizi Sanitari, 2 Laboratorio di Epidemiologia; 

3 Direzione Sanitaria IDI IRCCS Roma 

Obiettivo 

Valutare la qualità della vita in pazienti affetti da patologie dermatologiche con 

strumenti validati e pertinenti e considerare l’uso di tale analisi nella rivalutazione delle 

tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera. 


Lo Skindex 29 è un questionario che misura su tre scale (emozionale, sociale e 

sintomatologica) l’impatto delle malattie dermatologiche sulla qualità di vita. E’ uno 

strumento specifico per le patologie dermatologiche, ideato negli USA, di cui esiste una 

versione italiana validata, e utilizzato ampiamente in tutto il mondo. Punteggi alti 

esprimono peggiore qualità della vita. Il GHQ-12 è la versione a 12 item di un 

questionario generico per lo screening delle patologie psichiatriche non psicotiche 

(ansia, depressione), e per la valutazione della presenza di stress psicologico, con 

punteggi più elevati che riflettono maggiori livelli di stress. La classificazione per DRG, 

in vigore in Italia dal 1994, è impiegata nella routine istituzionale ed è base per il 

pagamento delle tariffe regionali. La classificazione APR DRG è una classificazione, 

che introduce sottoclassi di severità della malattia e rischio di morte; integra quella dei 

DRG. 

Risultati 

536 pazienti con differenti patologie dermatologiche sono stati valutati a l’IDI IRCCS a 

Roma nel 2003. Non sono state identificate differenze significative per i valori di 

Skindex 29 né tra diverse classi di APR DRG (p=0.618, 0.467, 0.060; ANOVA per le 

scale “sintomi”, “emozioni” e “funzionamento sociale”, rispettivamente), né tra diverse 

classi di peso del DRG (p=0.080, 0.767, 0.159; vedi sopra). I punteggi al GHQ erano 

invece di poco, ma significativamente, più alti nei pazienti con classe superiore di APR 

DRG. 

Conclusioni 

Sia il peso dei DRG che la classificazione con APR DRG non “catturano” il reale 

impatto che la patologia dermatologica ha sulla qualità di vita del paziente. L’impatto 

complessivo della patologia cutanea è spesso sottostimato sia a livello clinico che di 

pianificazione sanitaria. Infatti anche pazienti con patologie che riportano un basso peso 

DRG o una classificazione APR DRG bassa sono in necessità d’interventi complessi e 

multidisciplinari che portano ad un alto consumo di risorse. Gli alti valori di Skindex 29 

nelle tre scale e l’alta prevalenza di GHQ positivi dovrebbero imporre una ulteriore 

riflessione per ricalibrare le tariffe che considerano il consumo di risorse. La 

valutazione della qualità della vita deve essere inserita a pieno titolo come misura 

necessaria per un più completo e valido assessment del singolo paziente e delle diverse 

patologie. 

107


FATTORI DI RISCHIO NELLA TRASMISSIONE INTRAFAMILIARE DEL 

VIRUS DEL EPATITE C NEL CENTRO ITALIA 

Mannocci A. 1 , La Torre G. 1 , Miele L. 2 , Berloco F. 3 , Chiaradia G. 1 , Forgione A. 2 , Gianfagna F. 1 , 

Vero V. 2 , Gabrieli M.L. 2 , Gallo A. 2 , Gasbarrini G. 2 , Ricciardi W. 1 , Grieco A. 2 

1 Istituto di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore Roma; 2 Istituto di Medicina Interna, 

Università Cattolica del Sacro Cuore Roma; 3 Direzione Sanitaria Policlinico Gemelli 

Obiettivi 

Le cause che possono determinare la trasmissione intrafamiliare del Virus del Epatite C 

(HCV) sono ancora oggi controverse. L’obiettivo del presente studio è indagare sui 

possibili fattori di rischio nella trasmissione intrafamiliare di tale Virus. 


Con un disegno trasversale, sono stati reclutati, presso il Policlinico Gemelli di Roma ed 

altri ospedali del centro Italia, 175 pazienti risultati positivi al test HCV (casi indice), tra 

il 1995 e il 1997 (40% donne, età media 57±15.2 anni), e 259 familiari conviventi 

(contatti). Ad entrambi i gruppi è stato somministrato un questionario relativo ai 

potenziali fattori di trasmissione dell’HCV. L’analisi statistica ha previsto l’impiego del 

test del χ 2 (p


VALUTAZIONE DELL’EFFETTO DEI CORSI DI FORMAZIONE DI TRIAGE 

DI ACCETTAZIONE DI PRONTO SOCCORSO IN DUE OSPEDALI DELLA 

REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA 

Lavia B. 1 , Pisa F. 1 , Centonze S. 1 , Clagnan E. 1 , Moscariello F. 2 , Saitto C. 1 

1 2 

Agenzia regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia; AO S Maria degli Angeli 

Pordenone. 

Introduzione 

Nei Pronto Soccorso della regione Friuli Venezia Giulia viene usato dal 2002 un 

metodo comune di triage di accettazione che si basa su una valutazione ispettivoanamnestica. 

Dal febbraio 2004 al febbraio 2005 si sono tenuti in tutta la regione corsi 

di formazione di triage di accettazione che hanno coinvolto tutto il personale 

infermieristico e il 66% del personale medico di Pronto Soccorso della regione. 

Obiettivo 

Valutazione dell’effetto dei corsi sulla effettuazione del triage. 


Si sono confrontate le variazioni nell'attribuzione dei codici in due ospedali, AO S 

Maria della Misericordia di Udine (A) e AO S Maria degli Angeli di Pordenone (B), 

scelti come campione per le loro caratteristiche comparabili: entrambi sono ospedali di 

riferimento, la casistica è comparabile, il numero annuale di accessi del 2004 al Pronto 

Soccorso è simile (A 63237 accessi/anno, B 54781 accessi/anno). E’ stato confrontato il 

periodo pre corso (dal 01-12-03 al 28-02-04) con quello post corso (dal 01-12-04 al 28- 

02-05). L’analisi 

ha riguardato le 40,0% 

35,1% 

percentuali di 

35,0% 

codici rossi, gialli 

31,6% 

28,5% 

e verdi ed è stata 30,0% 

25,9% 

condotta tramite 25,0% 

test X 17,3% 

20,0% 

15,9% 

12,1% 

15,0% 

9,4% 

10,0% 

3,1% 3,5% 1,9% 2,0% 

5,0% 

0,0% 

ROSSO GIALLO VERDE ROSSO GIALLO VERDE 

A A A B B B 

pre corso 2004 post corso2005 

2 . 

Risultati 

Rispetto al periodo 

pre corso nel 

periodo post corso 

si nota un aumento 

molto contenuto 

dei codici rossi, 

dello 0,4% a 

Udine e dello 

0,1% a Pordenone, 

mentre sono più 

rilevanti gli 

incrementi dei codici gialli, dell’1,4% a Udine e del 2,7% a Pordenone, e soprattutto dei 

codici verdi, del 3,5% a Udine e del 2,6% a Pordenone. Solamente per la variazione dei 

codici gialli il test X 2 ha evidenziato una differenza statisticamente significativa tra i 

due ospedali (p


Discussione 

Probabilmente l’effetto dei corsi si è esercitato soprattutto sulla attribuzione dei codici 

verde e giallo. L’attribuzione del codice rosso, e quindi la valutazione dei pazienti più 

critici e gravi, era verosimilmente già consolidata e non è variata con i corsi, come 

atteso. Non è possibile, nella presente analisi, distinguere l’effetto dei corsi da quello di 

altre variazioni che potrebbero essere intercorse tra i due periodi a confronto. Ulteriori 

analisi di approfondimento saranno quindi necessarie per distinguere il possibile effetto 

di altri fattori (di tipo organizzativo, di tipologia di pazienti…) sulle variazioni 

osservate. 

110


CAMPI ELETTROMAGNETICI (CEM) A 50HZ GENERATI DA 

ELETTRODOTTI: L’ATTIVITÀ DI PREVENZIONE TRA PRINCIPIO DI 

PRECAUZIONE E NUOVE DISPOSIZIONI NORMATIVE 

Maria Grazia Petronio*, Stefano Bassi*, Lavinia Tofani*, Giuliano Pineschi*, 

Severina V. Errico*, Gabriele Mazzoni*, Lucia Miligi* 

*Azienda USL 11 Empoli; **CSPO Firenze 

Introduzione 

Sulla base degli studi più recenti condotti con metodi diretti di valutazione 

dell’esposizione si osserva un incremento di rischio di leucemie infantili in bambini 

esposti a livelli elevati e non comuni di cem a 50Hz ( 0.3-0.5 µT). L’Agenzia 

internazionale di ricerca sul cancro di Lione ha valutato i campi elettromagnetici a bassa 

frequenza (ELF) come possibili cancerogeni per l’uomo (Gruppo 2B). Già nel 1997 

l’I.S.S. e l’I.S.P.E.S.L. in un documento congiunto avevano richiamato l’attenzione su 

alcuni valori di esposizione (dell’ordine di qualche µT) piuttosto lontani dalla 

condizione di fondo, per i quali si può ragionevolmente stimare un possibile rischio 

aggiuntivo anche considerevole. 

Obiettivi 

Alla luce di quanto esposto è stato ritenuto utile promuovere un’indagine sul territorio 

che avesse lo scopo di verificare i livelli di esposizione della popolazione ai campi ELF 

e in particolare di mettere in evidenza le situazioni più critiche. 

L’altro obiettivo dell’iniziativa è stato quello di dar vita ad un processo di 

comunicazione e collaborazione con la popolazione cui si è ritenuto opportuno dare 

risposte, nonostante i limiti delle attuali conoscenze scientifiche sui rischi connessi 

all’esposizione ai c.m. a 50Hz. E’ noto, infatti, che la percezione del rischio nei 

confronti dell’inquinamento elettromagnetico è molto alta per una serie di motivi ben 

noti tra cui il fatto che si tratta di un fenomeno poco conosciuto, non familiare, dagli 

effetti incerti, imposto dall’esterno e che può comportare rischi più elevati nei bambini. 

Inoltre, l’esistenza di limiti normativi molto diversi (100 µT all’inizio dello studio e 10 

adesso) da quelli associati, sia pure preliminarmente, ad effetti molto negativi sulla 

salute suscitano nella comunità la sensazione di non essere sufficientemente tutelata. 

Va, infine, considerata una certa sfiducia nelle istituzioni, unitamente ad una crisi di 

credibilità e al ruolo spesso negativo che i mass-media hanno svolto relativamente a 

questa problematica. 


L’indagine ha preso in considerazione gli edifici più vicini agli elettrodotti in un raggio 

di circa 10 metri dalle linee ad alta tensione, cabine elettriche e sottostazioni, all’interno 

dei quali sono state effettuate misure del cem a 50Hz. La popolazione residente è stata 

suddivisa per fasce di esposizione (1 µT 16%). 

Risultati 

I risultati ottenuti dallo studio sono stati utilizzati oltre che a scopo conoscitivo, anche 

per realizzare con la collaborazione dell’ARPAT e dell’ENEL, e a costo zero per la 

comunità, interventi che hanno portato alla riduzione dei livelli di induzione magnetica 

là dove erano state rilevate situazioni critiche. 

111


Conclusioni 

L’evoluzione normativa statale e, in particolare l’emanazione del DPCM 8/7/2003 con 

la fissazione di nuovi limiti (di esposizione:100µT, attenzione: 10µT, qualità: 3µT), ha 

prodotto paradossalmente un significativo peggioramento della situazione, rendendo 

ancora più difficile la possibilità di attuare una politica di sanità pubblica basata sul 

Principio di precauzione. Si è infatti interrotto quel percorso di concertazione avviato e 

l’Ente gestore della rete di distribuzione dell’energia elettrica ha comunicato di voler 

rispettare i nuovi limiti normativi “che tengono conto degli effetti sulla salute”. Tutto 

ciò comporterà la possibilità di realizzare oggi nuove situazioni di esposizione a volori 

molto alti di cem, proprio mentre ancora dibattiamo per cercare di trovare una soluzione 

a quelle esistenti. 

Tutto ciò è in aperto contrasto con il Principio di precauzione, mortifica le attività di 

prevenzione, perpetua la situazione di sfiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini e 

conferma che per quanto riguarda le problematiche salute/ambiente non si riesce a far 

tesoro delle esperienze già acquisite. 

112


DETERMINANTI DELL’ADESIONE E MOTIVI DI NON ADESIONE ALLO 

SCREENING DEL CANCRO DEL COLONRETTO 

Antonio Federici¹, Paolo Giorgi Rossi¹, Francesco Bartolozzi², Sara Farchi¹, Piero Borgia¹, 

Gabriella Guasticchi¹. 

¹Agenzia di Sanità Pubblica, Regione Lazio; ²Campus Biomedico, Roma 

Obiettivo 

Comprendere i motivi di non adesione e i determinanti dell’adesione allo screening del 

cancro del colon-retto con test del sangue occulto fecale. 


Studio caso controllo annidato in un trial mirato a misurare l’effetto del tipo di test e del 

coinvolgimento dei medici di medicina generale sull’adesione allo screening. Le 

persone che non hanno aderito durante il trial sono state considerate casi e chi ha aderito 

controlli. Sono stati campionati 600 casi e 600 controlli appaiati per braccio del trial e 

MMG e sottoposti a intervista sui problemi logistici legati alla riconsegna del test, alla 

percezione del rischio del cancro del colon- retto, alla fiducia nell’efficacia del test, 

l’ansia legata al risultato, la presenza di casi in famiglia e di sintomi gastrointestinali. 

Risultati 

Circa il 31% dei casi non ha mai ricevuto la lettera d’invito, il 17% era già coperto da 

esami precedenti. Il motivo più frequentemente addotto per la non adesione è la 

mancanza di tempo (30%), il maggior determinante trovato e la distanza dal luogo di 

riconsegna: odds ratio >30 minuti vs


IL MODELLO DI GAIL NELLE DONNE MEDITERRANEE: ANALISI DELLA 

STORIA FAMILIARE ESTESA A PIÙ GRADI DI PARENTELA. 

Anna Crispo, Giuseppe D’Aiuto, Maria Rosaria De Marco, Massimo Rinaldo, Immacolata 

Capasso, Alfonso Amore, Maria Grimaldi, Maurizio Montella. 

Unità di Epidemiologia; Unità di Chirurgia Senologica; Istituto Tumori “Fondazione Pascale 

Introduzione 

Il modello di Gail è un primo approccio nella stima individuale del rischio di cancro 

della mammella. Questo modello oltre ai fattori per la stima del rischio già conosciuti 

include informazioni sulla familiarità esclusivamente di primo grado, Abbiamo pertanto 

inserito nel modello anche il secondo grado di familiarità valutandone l’interazione con 

il primo grado. L’obiettivo del nostro studio è stato sia quello di valutare l’efficacia del 

modello di Gail nella stima del rischio di cancro della mammella in una popolazione 

mediterranea sia di esaminare i risultati derivanti dalla stima del rischio esteso a diversi 

gradi di parentela. 


Tra il 1997 e il 2000 abbiamo reclutato 3,297 donne divise in quattro gruppi. Il primo 

gruppo è formato da 558 donne che hanno subito un intervento di cancro della 

mammella; il secondo gruppo è costituito da 500 donne che sono state esaminate per 

aver partecipato ad una campagna di prevenzione per donne ad alto rischio; il terzo 

gruppo è costituito dalle donne arruolate nello studio sul Tamoxifen (n=1,032) riferite 

esclusivamente al centro di Napoli; infine 1,207 sono donne-controlli ospedalieri che 

fanno parte di uno studio caso-controllo. Questi quattro gruppi sono stati utilizzati in 

modo indipendente per la stima del modello di Gail. La familiarità è stata considerata 

secondo il numero di parenti di primo grado (madre, sorella, figlia) e di secondo grado 

(zia, cugina, nonna) e dell’età alla diagnosi. 

E’ stato calcolato l’odds ratio attraverso l’analisi della regressione logistica stratificata 

poi per stato menopausale, l’età anagrafica è stata presa come covariata nel modello. 

Risultati 

La media dell’età per le 3297 donne è di 52 anni, l’età al menarca è 12.5 anni, l’età al 

primo figlio è di 24 anni. Poche donne sono nullipare ed il numero di parenti con cancro 

mammario di primo e/o di secondo grado varia tra lo 0.2% e il 13.8%, l’interazione dei 

due gradi varia tra l’1% e il 25.4%. Nel totale delle donne il rischio di Gail stimato è di 

1.83±0.7 e varia, considerando i diversi gradi di familiarità, da 0.98 a 2.10. Il valore più 

alto è stato riscontrato nel gruppo delle donne ad alto rischio che avevano aderito alla 

campagna di prevenzione riportando un rischio di Gail di 3.47±1.7 per il modello con 

l’interazione dei due gradi. L’analisi della regressione logistica conferma questo dato in 

termini di OR per questo gruppo di donne (OR=6.5 95% CI 3.3-12.9) e ovviamente per 

le donne che avevano già sviluppato il cancro (OR=4.3 95%CI 2.1-9.0). Infine questo 

risultato viene rafforzato nella stratificazione per stato menopausale dove le donne in 

postmenopausa e con un’alta familiarità risultano in assoluto quelle più a rischio 

(OR=16.6 95% CI 3.7-73.4). 

Conclusioni 

La valutazione dell’indice di Gail nei quattro gruppi di donne selezionate conferma la 

validità di questo modello nella stima del rischio anche in popolazioni di donne diverse 

115


dalle americane. L’aggiunta di informazioni riguardanti la familiarità di secondo grado 

e la relativa interazione col primo grado rafforza l’efficacia del modello nella stima del 

rischio. Infine il modello conferma che le donne in postmenopausa con un’anamnesi di 

familiarità positiva (I grado e secondo grado) sono ad alto rischio. 

116


INTERVENTI DI RETE E PROMOZIONE DELLA SALUTE 

Francesca Gengotti 1 , Mariasilvia Di Marco 1 , Silvia Bugli 1 , Anna Bergamaschi 2 

1 2 

Istituto Oncologico Romagnolo – Rimini, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica - 

Università degli Studi di Bologna 

Introduzione 

Lo scopo della presente ricerca è quello di analizzare un’esperienza di psicologia della 

comunità nell’ambito dei servizi sociosanitari rivolti all’adolescenza. Si tratta del 

meeting annuale realizzato dallo Spazio Giovani, che mira a coniugare l’attività 

ambulatoriale tradizionale, medico e psicologico con gli interventi di rete. 

Contesto 

Durante l’anno scolastico 2003-2004, hanno aderito al progetto 646 ragazzi emiliani di 

età compresa tra i 14 ed i 17 anni frequentanti 29 classi delle scuole medie superiori. 

Metodo 

L’osservazione svolta è stata condotta sulla scorta delle categorie di Lavoro di rete e di 

Empowerment ponendo attenzione a se e quanto il meeting in generale realizzasse il 

lavoro di rete e favorisse l’attivazione dell’empowerment individuale e di gruppo degli 

adolescenti. Il meeting è il prodotto di un’organizzazione complessa: all’inizio 

dell’anno scolastico gruppi di adolescenti facenti parte delle scuole medie superiori o 

gruppi collegati ad associazioni, scuole di danza e di teatro, aiutati da un adulto nel 

ruolo di facilitatore, si impegnano a lavorare sul tema proposto dallo Spazio Giovani. Il 

facilitatore si pone con delicato ascolto di fronte alla genuinità trasparente dei ragazzi, 

evita che la creatività si spenga e che vengano abolite le parti più vere e più belle 

dell’esistenza; il facilitatore li guarda e lascia che sfilino davanti al mondo invitando gli 

adulti ad ammirarli, ma soprattutto lascia che cresca dentro gli adolescenti la 

consapevolezza della loro giovane età. I ragazzi lavorano dall’autunno alla primavera 

incontrandosi periodicamente per creare una sinergia tra le diverse ricerche e per 

arrivare al meeting avendo elaborato percorsi differenti in dialogo costante. Ciascun 

gruppo svolge il proprio lavoro con svariate modalità, in base alle risorse fornite dai 

ragazzi stessi e dalle istituzioni coinvolte. Il contributo di ciascun gruppo deve essere 

attinente al tema perché il meeting non è un semplice contenitore di proposte 

eterogenee, ma persegue una riflessione culturale coerente per facilitare il confronto. 

L’esito del lavoro viene portato al convegno finale sottoforma di video, relazioni, teatro, 

danza, canzoni. Lo spazio giovani interviene facilitando i rapporti tra i ragazzi nel 

gruppo dei pari e tra i ragazzi e gli adulti affinché si potenzi l’efficacia educativa e 

comunicativa di tale rete contestuale. L’adolescente nel setting di gruppo migliora la 

qualità della sua vita potenziando le caratteristiche positive del setting ambientale e 

rafforzando il senso di potere. 


Dall’osservazione è emerso che il lavoro di rete si è attuato poiché hanno aderito al 

progetto, oltre che la scuola, anche le istituzioni e gli enti in vario modo coinvolti in 

processi educativi rivolti all’adolescente. Il percorso ha promosso l’empowerment 

attraverso il ruolo degli adulti come facilitatori, perché ha permesso ai ragazzi di 

esprimere le proprie capacità e potenzialità e di scoprirne di nuove producendo 

significativi mutamenti a livello personale e di gruppo. 

117


Attraverso il meeting, gli adolescenti, oltre ad acquisire maggior potere nei confronti di 

se stessi, sviluppano anche una maggior coscienza sociale proprio perché condividono e 

fanno crescere un progetto insieme che li porta ad un’influenza reciproca, ad un 

sentimento di appartenenza e ad una connessione emotiva condivisa. Si è voluto 

promuovere un atteggiamento che aiuti ad ascoltare ed accogliere l’agire 

dell’adolescente; promuovere la salute significa anche aiutare i giovani a cogliere le 

risorse interne ed esterne che la vita può offrire. 

118


STUDIO OSSERVAZIONALE RETROSPETTIVO SULLE COMPLICANZE IN 

SEGUITO AD INTERVENTO CARDIOCHIRURGICO VALVOLARE NEI 

CENTRI SPECIALIZZATI DELLA PROVINCIA DI BERGAMO 

Giuseppe Sampietro, Silvio Rocchi 1 , Silvia Ghisleni, Luisa Giavazzi, Chiara Pirola, Alessandro 

Rota, Claudio Rabagliati, Caterina D’Affronto 2 Rosanna Guaiana 3 , Luca Cavalieri d’Oro 4 , 

Santino Silva 2 

Osservatorio Epidemiologico, 1 Direzione Generale, 2 Dipartimento PAC, 3 Dipartimento ASSI, 

ASL della Provincia di Bergamo; 4 Ufficio Epidemiologico, ASL della Provincia di Milano 3 di 

Monza 

Introduzione 

Le patologie valvolari, in seguito al significativo incremento della durata media di vita 

della popolazione, hanno un interesse cardiochirurgico di comune riscontro in Italia e 

nei paesi industrializzati. Grazie ai miglioramenti delle tecniche di cardiochirurgia e 

della qualità delle terapie intensive postoperatorie, si è assistito ad un progressivo 

aumento degli interventi di cardiochirurgia valvolare anche in soggetti con età superiore 

ai 75 anni. Gli interventi cardiochirugici alle valvole possono essere di vario tipo: 

valvuloplastica della valvola aortica, valvuloplastica della valvola mitrale, 

valvuloplastica della valvola polmonare, valvuloplastica della valvola tricuspide, 

sostituzione della valvola aortica, sostituzione della valvola mitrale, sostituzione della 

valvola polmonare, sostituzione della valvola tricuspide. In linea generale vi sono due 

tipi di protesi valvolari oggi disponibili, ognuna con pregi e difetti caratteristici: le 

protesi meccaniche e le protesi biologiche: le protesi valvolari meccaniche sono 

caratterizzate dall'ottima durata dovuta alla durezza dei materiali che le compongono, 

infatti sono costituite da un anello in lega d'acciaio ricoperto di carbonio e da foglietti 

mobili anch'essi in carbonio; le protesi valvolari biologiche, invece, sono costruite 

partendo da valvole cardiache (o da altri tessuti come la membrana pericardica) di 

animali (bovini e suini). 

Obiettivi 

Valutare la mortalità intra-ospedaliera e a 30 giorni dall’intervento nella casistica 

analizzata; valutare le eventuali complicanze che sono sorte dopo l’intervento; valutare 

la qualità della vita dei soggetti sottoposti ad intervento cardiochirurgico. 


Si tratta di uno studio osservazionale analitico retrospettivo di coorte. Ne entrano a far 

parte pazienti di entrambi i sessi, di tutte le età. L’identificazione dei pazienti è stata 

effettuata tramite l’archivio SDO (schede di dimissione ospedaliera): si tratta di tutti i 

pazienti sottoposti a chirurgia consecutivamente tra il 15 aprile e il 14 giugno 2004 nelle 

due strutture della provincia di Bergamo che effettuano interventi di cardiochirugia ed 

identificati tramite dai DRG 104 e 105 e dai seguenti codici di procedura: 35.11,35.12, 

35.13, 35.14, 35.20, 35.21, 35.22, 35.23, 35.24, 35.25, 35.26, 35.27 e 35.28. La raccolta 

è stata effettuata tramite un questionario debitamente compilato. Il questionario consiste 

di due parti: una prima parte riguardante tutti gli aspetti clinici e chirurgici, viene 

compilato utilizzando la cartella clinica dei singoli pazienti; la seconda parte, 

riguardante lo stato di salute e la qualità di vita del paziente a sei mesi dall’intervento, 

viene compilato tramite un’intervista telefonica da sottoporre ai pazienti stessi. 

119


Risultati 

I soggetti entrati nello studio sono 104. Attualmente sono già stati raccolti i dati 

relativamente alla prima parte del questionario, mentre sono in fase di raccolta i dati 

della seconda parte. 

Conclusioni 

I risultati di questo studio permetteranno di capire le problematiche relative agli 

interventi cardiochirugici alle valvole nei centri specializzati della provincia di 

Bergamo. 

120


L’EVOLUZIONE DELL’ATTIVITA’ DI RICOVERO NEI REPARTI DI 

RIABILITAZIONE DEL LAZIO 1996-2003 

Patrizio Pezzotti, Maria Letizia Giarrizzo, Rita De Giuli, Domenico Di Lallo, Paolo Papini, 

Gabriella Guasticchi 


Obiettivo 

Valutare l’evoluzione temporale dell’attività di ricovero sia in regime ordinario (RO) 

che di day-hospital (DH) nei reparti di riabilitazione post-acuzie del Lazio nel periodo 

1996-2003. 


I dati utilizzati derivano dal sistema informativo ospedaliero della regione Lazio. Sono 

state incluse nell’analisi tutte le dimissioni da reparti di recupero e riabilitazione 

funzionale, neuroriabilitazione e unità spinale. Dalla diagnosi principale sono stati 

definiti 8 gruppi diagnostici, scelti in base al tipo di danno ed alla frequenza delle 

diagnosi riportate. Oltre ad analisi descrittive, finalizzate soprattutto ad evidenziare i 

cambiamenti nel periodo in studio, è stata effettuata un’analisi delle corrispondenze 

multiple per una descrizione sintetica dell’interdipendenza simultanea tra le variabili 

considerate. 

Risultati 

Nel periodo in esame si è osservato un incremento dei posti letto (PL) dedicati alla 

riabilitazione (2560 nel 1996 e 3750 nel 2003); il numero di PL in RO e in DH per 1000 

abitanti era pari rispettivamente a 0,49 e a 0,02 nel 1996; a 0,73 e a 0,07 nel 2003. Il DH 

è stata la modalità di ricovero prevalentemente utilizzata in età evolutiva il cui peso 

sulla riabilitazione post-acuzie è comunque basso. Sia i RO che in DH sono 

continuamente aumentati. Nel 1996-1997 i RO sono stati 34785 per un tasso d’ 

incidenza standardizzato (IR) di 3,79 per 1000 anni-persona; i DH sono stati 7402 

(IR=0,70). Nel 2002-2003 i RO sono stati 60225 (IR=5,93) ed i DH 30158 (IR=2,94). 

Le giornate di degenza sono complessivamente aumentate da 1.722.944 (% in DH: 

4,1%) nel 1996-1997 a 2.587.857 nel 2002-2003 (% in DH: 14,7%). La durata mediana 

dei RO è rimasta tuttavia praticamente immutata (42 gg nel 1996-1997 e 41 gg nel 

2002-2003). I ricoveri sono aumentati, in proporzione, maggiormente nei maschi 

rispetto alle femmine, mentre la struttura per età è rimasta praticamente immutata con 

un’età mediana di 72 anni. La percentuale di RO che avevano avuto una precedente 

dimissione (entro 60 giorni) da un reparto per acuti è costantemente aumentata (41,6% 

nel 1996-1997, 58,4% nel 2002-2003). I gruppi diagnostici principali oggetto di 

intervento riabilitativo sono quelli delle condizioni ortopediche (24,0%), delle malattie 

del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (21,8%) e dell’ictus (17,8%). Le 

durate mediane dei RO per ciascun gruppo diagnostico non hanno evidenziato 

particolari variazioni nel periodo 1996-2003, tranne per le condizioni ortopediche che 

sono continuamente diminuite da 50 gg nel 1996-1997 a 42 gg nel 2002-2003. L’analisi 

delle corrispondenze multiple non ha evidenziato particolari interdipendenze, se non 

quella delle donne più anziane ricoverate per diagnosi relative a condizioni ortopediche 

contrapposta a quella dei ricoveri in uomini


Conclusioni 

L’aumento della domanda di riabilitazione è verosimilmente legato all’aumento 

dell’offerta determinatasi in questi ultimi anni nell’ambito regionale. L’elevata 

proporzione dei ricoveri non “provenienti” da un evento indice, pur in presenza di una 

sua riduzione nel periodo considerato, evidenzia la necessità di approfondire 

l’appropriatezza dei percorsi assistenziali nella fase di riabilitazione intensiva. La durata 

dei RO non ha evidenziato particolari variazioni nel periodo. Queste durate sono 2-4 

volte più elevate di quelle riportate negli USA nello stesso periodo e ciò può esser 

dovuto ad una diversa organizzazione del percorso riabilitativo. 

Discussione 

Nonostante alcuni risultati siano estremamente significativi, la scheda di dimissione 

ospedaliera (DM 380/01) non consente di approfondire problemi quali l’appropriatezza 

o l’efficacia del trattamento riabilitativo in quanto inadeguata a descrivere la 

complessità e specificità del paziente che accede ad un percorso di riabilitazione 

intensiva post-acuzie. La regione Lazio ha quindi sviluppato una nuova scheda che 

raccoglie anche informazioni relative ai motivi dell’accesso, all’impegno assistenziale, 

allo stato di disabilità della persona misurato attraverso strumenti di valutazione 

standardizzati, ed all’eventuale percorso riabilitativo proposto alla dimissione. 

122

8 

settembre 

2005

gruppi che fanno epidemiologia 8 settembre 

L’OSSERVATORIO DI EPIDEMIOLOGIA DELL’AGENZIA REGIONALE DI 

SANITÀ DELLA TOSCANA 

Eva Buiatti 

Agenzia Regionale di Sanità della Toscana 

Il programma dell’Osservatorio di Epidemiologia è sviluppato nell’ambito del mandato 

regionale della valutazione epidemiologica come espresso nella l.r. 40/2005, sulla base 

degli indirizzi della programmazione sanitaria regionale. L’approccio generale 

dell’Osservatorio è basato su una specifica attenzione alla dimensione regionale delle 

analisi e dei dati, alla loro riproducibilità, alla possibilità di produrre uscite periodiche 

confrontabili anche al fine di utilizzare i dati e le analisi per la valutazione delle 

iniziative e degli atti regionali di governo. Viene quindi privilegiato l’uso dei dati 

correnti amministrativi ed epidemiologici per produrre indicatori ripetibili 

periodicamente e confrontabili fra territori e nel tempo. Accanto a questi, vengono 

valorizzati gli studi ad hoc con particolare rilevanza clinica e valutativa, svolti 

soprattutto in collaborazione con i professionisti della rete regionale, anche nell’ambito 

di progetti multicentrici nazionali ed internazionali. Per quanto riguarda questi ultimi, 

l’Osservatorio aderisce o promuove progetti di ricerca a carattere nazionale ed 

internazionale nell’ambito degli interessi della Regione Toscana. Ciò permette di 

migliorare la qualità dell’approccio e dei dati, aumentarne l’informatività attraverso i 

confronti, ed implementare la quantità delle risorse disponibili per affrontare tematiche 

comunque previste dagli strumenti di programmazione ed assegnate ad ARS 

nell’ambito del suo mandato e dei programmi approvati. L’attività dell’Osservatorio di 

Epidemiologia (OE) si articola in tre macro-aree: 

1. Analisi dei bisogni di salute 

2. Analisi dell’effetto delle politiche di miglioramento continuo 

3. Attività di supporto alla programmazione 

Le macro-aree sono sviluppate nell’ambito dei seguenti Gruppi di ricerca di cui si 

compone l’Osservatorio: epidemiologia descrittiva, epidemiologia materno-infantile, 

epidemiologia degli anziani e riorganizzazione dei servizi territoriali, epidemiologia 

sociale e degli stili di vita. Si riportano qui di seguito le principali attività svolte 

nell’ambito di ciascuna delle macro-aree. 

1. Analisi dei Bisogni di Salute 

- E’ stato realizzato il Profilo di Salute della Regione Toscana (relazione Sanitaria 

regionale 2000-2002), resa disponibile nell’Aprile 2004 e distribuita in più di 1.000 

copie ad operatori, Sindaci, Associazioni, Organizzazioni sociali e sanitarie. Il “Profilo” 

costituisce il modello delle future relazioni sanitarie, e per la prima volta riporta analisi 

spaziali e temporali di indicatori di salute, di erogazione di servizi, di parametri 

ambientali e sociali, queste ultime in una collaborazione “di rete” con ARPAT ed 

IRPET, nell’ottica delle politiche integrate raccomandate dall’ OMS e dei Piani 

Integrati di Salute della Regione Toscana. Oltre che nella veste di documento, il Profilo 

è stato messo a disposizione sul Sito Web di ARS. 

- E’ stato progettato e realizzato un Portale Indicatori di Salute (ParsIS): 

www.arsanita.toscana.it (sezione indicatori di salute-ParSis). Si tratta di un prodotto 

innovativo che permette agli utenti (operatori, SdS, Zone-Distretto, altri utenti) di 

125

8 settembre gruppi che fanno epidemiologia 

accedere facilmente agli indicatori di proprio interesse, avendo a disposizione analisi 

fino al livello di zona, grafici e figure, per oltre 150 indicatori. L’esperienza è 

innovativa a livello nazionale (un solo altro esempio è stato realizzato dalla Regione 

Piemonte) ed è stata presentata a numerosi corsi e convegni. Il portale costituisce una 

base informativa per la costruzione di Profili di Salute a livello di ASL e di Zona. 

- Sono stati messi in rete, ed offerti su supporto cartaceo, gli indicatori di ISA65+, 

indicatori di salute e qualità della assistenza per gli anziani in Regione Toscana: 

www.arsanita.toscana.it (sezione indicatori di salute-Isa 65+). Si tratta di un set di 

indicatori scelti da un nutrito gruppo di professionisti attraverso il “metodo Delphi”, 

basati sui flussi correnti e quindi aggiornabili di anno in anno, che permettono il 

“benchmarking” fra Aziende per quanto riguarda questo cruciale settore della 

assistenza. Questo prodotto è stato presentato ad operatori, decisori e stampa ed è 

attualmente in discussione una sua estensione ad altre regioni italiane, nell’ambito delle 

attività di coordinamento della Agenzia dei Servizi Sanitari Regionali di Roma. 

- E’ stato realizzato il prototipo di “Registro dell’Alzheimer”: si tratta di uno strumento 

informativo nato da uno studio promosso dal Ministero della Salute, che ha dato origine 

ad un progetto di registrazione continua dei dati in Regione Toscana, relativamente a 

questa patologia rilevantissima dal punto di vista sociale e sanitario. Il Registro è stato 

completato con uno studio ad hoc di popolazione finalizzato a stimare sensibilità e 

specificità dei flussi correnti nella definizione dei casi di patologia di Alzheimer. 

Inoltre, il Registro è attualmente in fase di perfezionamento con una analisi congiunta 

degli studi di coorte sugli anziani realizzati in Regione Toscana, in collaborazione con 

diversi Istituti Universitari, che permetterà di offrire anche dati nuovi ed aggiornati sulla 

stima della non autosufficienza e della demenza degli anziani in Regione. 

- E’ stato realizzato, nell’ambito della Prevenzione efficace, e con la collaborazione 

della Azienda USL 10, un dossier di significato nazionale sulle attività efficaci nella 

Medicina dello Sport (Progetto Fidippide). Tale dossier, che prende in esame in 

particolare lo screening elettrocardiografico per la prevenzione della morte improvvisa, 

è completato ed è attualmente in fase di valutazione da parte di 6 Revisori qualificati. 

Esso costituirà la documentazione di supporto a livello Nazionale e Regionale per 

iniziative normative per la Medicina Sportiva. 

- E’ stato dato inizio al Progetto InCHianti. Il progetto InChianti è un grande studio 

collaborativi sulla prevenzione della non autosufficienza degli anziani, che vede l’ARS 

in prima fila in collaborazione con i Comuni del Chianti, la Azienda Sanitaria 10, 

l’INRCA, la Regione Toscana e l’Università di Firenze. Lo studio, finanziato dal 

National Institute of Health degli USA, è partito nel dicembre 2004 e durerà sei anni. 

Durante questo periodo sono attese uscite di grande interesse per la programmazione dei 

servizi e per la prevenzione nelle età anziane. 

- E’ stata completata l’analisi relativamente all’Epidemiologia dell’Alcol in Toscana, 

nell’ambito degli studi sugli stili di vita. Il report è stato presentato agli operatori, ed è 

disponibile come Quaderno di Agenzia. Gli indicatori calcolati per l’alcol fanno parte 

del patrimonio di indicatori sui determinanti di salute che ARS mette a disposizione del 

territorio, delle Aziende e delle SdS. 

- E’ stata completata l’analisi riguardante l’infortunistica stradale in Toscana nel quale 

sono state descritte le cause, le conseguenze sanitarie i trend e le differenze territoriali di 

questo fenomeno Il report è stato presentato agli operatori sanitari e non ed è disponibile 

come Quaderno di Agenzia. 

126


Inoltre, nell’ambito del Progetto EDIT (Epidemiologia dei Determinanti degli 

Incidenti stradali in Toscana) è stata condotta un’indagine su circa 5000 soggetti delle 

scuole secondarie superiori volta ad identificare i comportamenti alla guida ed i 

comportamenti a rischio correlati. 

Questa indagine, che ha il pregio di avere un campione rappresentativo per Asl, fornirà 

per la prima volta in Toscana la stima di soggetti che in quella fascia d’età hanno avuto 

un incidente con conseguenze lievi moderate e gravi, la quota di consumatori di 

tabacco, sostanze stupefacenti e di alcol life time, nell’ultimo anno, nell’ultimo mese e 

nell’ultima settimana; descriverà, infine, le abitudini alimentari l’attività fisica, i 

comportamenti sessuali e di bullismo degli stessi soggetti. 

- E’ stata completata la prima analisi sulle Cause violente di malattia e di decesso: 

infortunistica stradale (in collaborazione con l’ Istituto Superiore di Sanità) , Mortalità 

per cause violente (traumi, avvelenamenti e suicidi), quest’ ultima in collaborazione con 

l’Università di Siena. Il lavoro ha dato luogo per la prima volta ad una serie di indicatori 

che sono già stati utilizzati ampiamente da un’utenza di operatori, Direzioni aziendali 

ecc. 

- E’ stata completata, sulla base della richiesta del Dipartimento Diritto alla Salute, 

l’analisi integrata dei dati climatici e dei dati di mortalità relativi all’anno 2003 

(Sovramortalità da clima). Tale analisi è stata possibile grazie alla collaborazione con 

ARPAT, ARSIA e Comuni interessati ed ha costituito la base del progetto di intervento 

regionale attuato nel 2004. 

- Attività di gestione del Registro Regionale AIDS (su incarico della Giunta 

Regionale) e progetto di fattibilità per l’attivazione di una sorveglianza HIV/AIDS sul 

territorio regionale 

2. Analisi dell’effetto delle politiche di miglioramento continuo 

- E’ stata condotta una analisi della qualità della assistenza agli anziani con particolare 

riferimento alle Cure Intermedie successive ad un episodio acuto di ictus o di frattura di 

femore. L’analisi, i cui risultati sono stati oggetto di una prima pubblicazione, ha 

dimostrato una alta variabilità dei modelli assistenziali a livello regionale, sia in termini 

di tipologia di trattamento che di costi. Tale situazione suggerisce l’opportunità di 

procedere con veri studi costo-efficacia, capaci di valutare se i diversi modelli 

assistenziali influiscono sull’esito, ed in particolare sullo stato di autosufficienza 

nell’anziano dopo il ricovero. In tal senso si stanno cercando partner inter-regionali ed 

internazionali e risorse finanziarie. Nell’ambito di tale progetto è stato anche realizzato 

uno studio sulla tipologia e ruolo degli Ospedali di Comunità, che anch’esso ha 

caratterizzato modelli e funzioni assai diversificate. Si sta procedendo alla 

caratterizzazione dell’utenza degli Ospedali di Comunità, in collaborazione con il 

Dipartimento Diritto alla Salute. 

- E’ stata conclusa la prima fase del progetto ACTION, sulla salute ed assistenza ai 

bambini gravemente pretermine e sottopeso, con il reclutamento al 31 dicembre 2004 di 

610 casi di bambini toscani, tutti i casi eligibili degli anni 2003-2004. I bambini toscani 

sottopeso e pretermine presentano una mortalità più bassa delle altre regioni partecipanti 

allo studio, con l’eccezione del Friuli Venezia Giulia. Essi vengono prevalentemente 

seguiti in strutture di terzo livello. Permane un numero non irrilevante di bambini che 

devono esser trasferiti per avere un adeguato trattamento. I dati sono stati presentati 

pubblicamente agli operatori delle Ostetricie, Pediatrie e TIN della Regione. Inoltre 

l’Osservatorio ha provveduto al coordinamento dello studio Action nazionale, con la 

127


creazione di un database di tutte le sei Regioni partecipanti (Toscana, Friuli-Venezia 

Giulia, Lombardia, Marche, Lazio, Calabria). 

- Si è realizzata la prima pubblicazione periodica che riporta l’analisi del certificato di 

assistenza al parto (Nascere in Toscana – la seconda è attualmente in press). I dati, 

rinnovabili ogni anno, riportano informazioni dettagliate sui servizi e sulla salute delle 

donne e dei bambini toscani. Una parte di questi costituiscono gli indicatori della salute 

materno-infantile disponibili sul portale ParSis. 

- E’ stato completato il progetto SIDS, per la prevenzione della morte in culla. E’ stato 

realizzato uno studio trasversale, in collaborazione con i consultori delle Aziende USL, 

finalizzato a verificare comportamenti a rischio nei confronti delle morti improvvise nel 

primo anno di età. Si è verificato che pochissimi genitori ormai mettono i neonati in 

posizione supina (comportamento ad altissimo rischio), ma ancora molti utilizzano la 

posizione sul fianco (comportamento a rischio). In tal senso quindi è stata orientata una 

campagna di prevenzione in collaborazione con L’Ospedale Meyer. Attualmente è in 

corso una verifica della efficacia della campagna. I dati sono stati presentati agli 

operatori, ai decisori ed alla stampa. 

- In collaborazione con ARPAT, CSPO, IRPET, CNR ed Università è stato realizzato 

un libro bianco su “Inquinamento atmosferico urbano e Salute in Toscana”. Il 

volume raccoglie in modo ragionato ed esaustivo tutte le conoscenze ed esperienze sul 

tema, compresa una valutazione dei costi legata alla patologie correlate con 

l’inquinamento atmosferico: un approccio originale di particolare interesse per la 

programmazione degli interventi. 

- E’ stato completato lo studio di Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) sul progetto 

di termovalorizzatore nella Piana di Firenze-Sesto-Campi, concludendo la Terza Fase. 

Le conclusioni relative al confronto fra i possibili siti per la collocazione del 

termovalorizzatore sono attualmente in discussione da parte dei decisori. La tecnica 

utilizzata per lo studio (georeferenziazione dei dati sanitari), l’approccio 

multidisciplinare e l’efficacia dei risultati in termini di orientamento alla 

programmazione sono fortemente innovativi, e sono stati oggetto di diverse 

presentazioni pubbliche al Ministero dell’Ambiente, al CNR di Roma, alla Regione 

Emilia Romagna, al S. Anna di Pisa. 

- E’ stata realizzata una prima esperienza innovativa in collaborazione con l’Asl 10, che 

ha utilizzato tecniche di georeferenziazione per la definizione della utenza degli 

Ospedali dell’area fiorentina, finalizzata a contribuire alla programmazione ospedaliera 

su basi di efficienza e di dati obiettivi. Tale analisi è stata oggetto di presentazione 

pubblica e di realizzazione di un Documento di Agenzia. 

3. Attività di supporto alla programmazione 

- E’ stato realizzato il prototipo della relazione sanitaria, che si tende sempre di più a 

far coincidere con il Profilo di Salute. I Profili di Salute, coerentemente con l’approccio 

integrato delle politiche della regione Toscana, contengono oltre ai dati sulla salute 

anche quelli sui servizi sanitari e sociali, sulle condizioni ambientali e sociali della 

popolazione, e sull’impegno economico nell’ambito dei servizi sociali e sanitari. ARS 

ha diffuso la “cultura” dei Profili di Salute nell’ambito dei Corsi di aggiornamento sui 

Piani Integrati di Salute (v. dopo) ed ha supportato diverse esperienze di Profili, fra cui 

quello della Città di Firenze. 

- E’ stato realizzato, in collaborazione con il Dipartimento Diritto alla Salute, il 

Documento di Indirizzo sui Piani Integrati di Salute (PIS), che è stato deliberato 

128


dalla Giunta Regionale. Tale documento, presentato da ARS in numerosi corsi e 

convegni, costituisce una linea giuda dettagliata per le SdS e per le Zone-Distretto che 

devono impegnarsi per la realizzazione dei PIS. Inoltre, l’Osservatorio, in 

collaborazione con alcuni operatori di Aziende USL, ha prodotto una prima stesura di 

un vero e proprio Manuale per i Piani Integrati di Salute, che è attualmente all’esame 

della Direzione Generale del Diritto alla Salute. 

- Durante tutto il 2004 l’Osservatorio, in collaborazione con l’Area di Legislazione 

Sanitaria, è stato impegnato in una serrata attività di Consulenza tecnica per le SdS 

che via via sono state progettate ed avviate. La consulenza, per quanto concerne 

l’Osservatorio, ha riguardato principalmente la tematica degli Indicatori di effetto 

(processo ed esito) e la costruzione dei PIS. 

- Al fine di contribuire alla programmazione di Area Vasta, e sulla base di una specifica 

richiesta dell’Area Vasta Nord-Ovest, è stato realizzato in collaborazione con 

l’Ospedale Meyer un Documento sulla salute materno-infantile per Area Vasta, che 

riassume in termini critici tutta la 

documentazione disponibile sul tema ed evidenzia le problematiche emergenti. Nel 

documento è compresa anche una prima analisi della Ospedalizzazione in età 

pediatrica, che darà luogo nel 2005 ad un Report periodico sulla Ospedalizzazione in 

età pediatrica in collaborazione con l’Ospedale Meyer, di supporto alla Commissione 

Pediatrica Regionale ed al Dipartimento Diritto 

alla Salute. 

- Nell’ambito delle collaborazioni interistituzionali per le politiche integrate, nell’arco 

del 2004 l’Osservatorio ha sviluppato una intensa attività comune con ARSIA, 

riguardante un approccio integrato alla salute legata alla nutrizione ed alle politiche di 

produzione agricola della Regione Toscana. Tale collaborazione ha dato luogo a 

diverse iniziative pubbliche congiunte, che hanno affrontato via via i temi di comune 

interesse (Olio e vino, carni, latte e latticini, prodotti ittici) ed ha visto la partecipazione 

molto interessata di operatori della sanità e della ricerca sanitaria ed agronomica e dei 

produttori. Tale serie di iniziative si completerà nel 2005 con l’Orto-frutta e darà luogo 

successivamente ad ulteriori sviluppi diretti verso l’utenza dei consumatori. 

- Nell’ambito di un incarico ad ARS da parte della 4° Commissione Consiliare del 

Consiglio Regionale è stata conclusa la prima fase di Analisi della organizzazione dei 

Servizi territoriali in Toscana, e la prima ricognizione sulla organizzazione della 

Medicina Generale. Tale rapporto, realizzato in collaborazione con l’Area di 

Legislazione Sanitaria di ARS, è stato presentato alla Commissione e consegnato ai 

consiglieri in forma cartacea ed informatica. Fra i risultati più evidenti, è emersa la 

grande variabilità organizzativa e presumibilmente della efficienza dei Servizi 

territoriali. 

- E’ stata avviata nel 2005 un’indagine conoscitiva della situazione della Medicina 

Generale in Toscana (studio OMEGA-CARE) attraverso l’invio di un questionario a 

tutti i MMG convenzionati con il SSR. L’indagine ha consentito di avere maggiore 

consapevolezza prima di tutto dell’attuale modalità di lavoro degli stessi MMG , 

individuati sempre di più come gli attori principali della erogazione ma anche della 

gestione delle Cure Primarie nei servizi territoriali nel Sistema Sanitario Regionale 

(SSR). 

I risultati hanno fornito numerose informazioni sull’attività ambulatoriale ed extraambulatoriale 

dei MMG, sull’organizzazione del lavoro dei MMG in termini di 

organizzazione del proprio lavoro, l’integrazione con i professionisti di parte pubblica, 

129


sul grado di soddisfazione e stress relativamente alla percezione del loro ruolo e delle 

loro funzioni all’interno del SSR, nonché sui ai sistemi di incentivazione applicati e su 

quelli che il MMG riterrebbero più adeguati per migliorare la qualità della cura a fronte 

di un controllo dei costi. 

- Sempre nell’ambito di un mandato da parte della 4° Commissione Consiliare, è stata 

avviata una ricerca sui Bisogni e sui Servizi di Igiene Mentale in Regione Toscana. 

Tale ricerca ha già avuto esito in un primo documento, trasmesso alla Commissione, che 

individua le criticità principali a livello di Sistema Informativo ed ha esposto una prima 

ricognizione dei dati esistenti, in collaborazione con l’Area di Legislazione Sanitaria di 

ARS. Attualmente è in fase di elaborazione il secondo documento, anche in 

collaborazione con il Dipartimento Diritto alla Salute. - Su incarico del Dipartimento 

Diritto alla Salute è stato realizzato un Servizio di Consulenza tecnica per la 

implementazione del Sistema informativo dei SERT (progetto SIRT), che ha portato 

alla definizione ed alla realizzazione ormai in diverse Aziende Sanitarie di tale sistema 

informativo, che fa parte del più complessivo sistema informativo delle attività 

territoriali, indispensabile anche nell’ottica delle SdS. 

- Su incarico del Dipartimento Diritto alla Salute è stato realizzato il Censimento delle 

Attività di Lotta alla Droga, debito informativo nei confronti del Fondo Lotta alla 

droga del Ministero. 

- Sulla base di un progetto multicentrico ministeriale, è stato effettuato un ampio studio 

sulla utenza delle RSA, finalizzato a supportare le politiche regionali di articolazione 

delle rette. Tale progetto ha utilizzato lo strumento RUG per la definizione del case-mix 

dei residenti in RSA. I risultati sono stati comunicati a livello nazionale e regionale, e 

sono attualmente in fase di pubblicazione scientifica. 

130


L’ASSOCIAZIONE ITALIANA DEI REGISTRI TUMORI (AIRT) PRESENTA 

SE STESSA 

Maurizio Ponz De Leon 

AIRT; Dipartimento di Medicina Interna, Medicina 1, Policlinico, Modena 

L’AIRT nasce negli anni ottanta, come gruppo di studio per i problemi della 

registrazione dei tumori. A metà degli anni novanta l’Associazione viene formalizzata, 

ed iniziano a svolgersi meeting annuali e corsi di formazione. Attualmente i Registri 

compresi nell’AIRT sono 37, di cui 25 accreditati presso la Banca Dati; la registrazione 

è molto estesa nelle regioni del Centro-Nord Italia, mentre è ancora carente nel 

meridione. Oltre a Registri Generali, l’AIRT comprende svariati Registri Specializzati, 

come quelli dei tumori dell’età infantile, di tumori colorettali e dei mesoteliomi. 

Le “anime” dell’AIRT sono molteplici; ai Registri infatti lavorano epidemiologi, 

patologi, igienisti, oncologi, internisti, statistici, dirigenti di aziende ospedaliere, medici 

del lavoro e medici generici. I Registri, infatti, con poche eccezioni, sono nati in modo 

spontaneo, senza alcun progetto nazionale o regionale, il più delle volte per iniziative di 

singole persone, o gruppi di studio, interessati ad un determinato problema 

epidemiologico o oncologico. I principali riferimenti internazionali dell’AIRT sono la 

IARC (International Agency for Cancer Research), il GRELL (Gruppo di studio dei 

Registri Tumori di lingua latina) e l’ENCR (European Network of Cancer Registries). A 

livello nazionale, i principali riferimento scientifici sono l’Associazione Italiana di 

Epidemiologia e l’Associazione Italiana di Oncologia Medica 

All’inizio della sua attività (anni ottanta) l’AIRT ha prevalentemente affrontato 

problemi di tecnica di registrazione (tumori multipli, DCO, ecc…) al fine di ottenere 

dati di incidenza, mortalità e sopravvivenza sempre più accurati. Con il passare degli 

anni ai problemi metodologici (peraltro mai abbandonati) si sono affiancati precisi 

obiettivi di ricerca scientifica. Oggi la gran parte dell’attività dell’Associazione è di 

ricerca scientifica, la quale tuttavia poggia sui dati di anni di continua ed accurata 

registrazione. Particolare rilevanza hanno assunto gli studi collaborativi, sia a livello 

nazionale (es. Itacare, Itapreval), che internazionale (es. Eurocare, Eurochip, Elios). 

Le linee di sviluppo dell’AIRT sono oggetto di discussione tra i membri del Direttivo ed 

i soci. Uno dei principali obiettivi futuri sarà sicuramente quello di potenziare la rete di 

registrazione nel Sud Italia, al fine di colmare il divario attualmente esistente con le aree 

del Centro-Nord. 

131


L’ATTIVITÀ E LA RICERCA EPIDEMIOLOGICA NELLA NEUROLOGIA 

ITALIANA. 

Massimo Musicco, Graziella Filippini, Ettore Beghi, Antonietta Citterio e Laura Fratiglioni. 

Nella neurologia Italiana l’epidemiologia è formalmente presente sin dagli anni ottanta 

quando venne costituita formalmente la Sezione di Neuroepidemiologia della Società 

Italiana di Neurologia (SIN). Attualmente questa Sezione si è trasformata nella 

Associazione di Neuroepidemiologia federata con la SIN. L’attività e la ricerca 

epidemiologica dei neurologi interessati è sempre stata fortemente condizionata dalla 

natura eminentemente clinica della nostra specialità e dal fatto di avere sempre 

mantenuto stretti legami con la società scientifica di riferimento. 

Inizialmente la sezione di Neuroepidemiologia ha promosso in proprio uno studio di 

epidemiologia analitica sulla sclerosi multipla e alcuni corsi di epidemiologia clinica 

finalizzati alla diffusione fra i clinici della cultura epidemiologica. 

Si può poi riconoscere una seconda fase nella quale i neuropepidemiologi italiani sono 

stati prevalentemente coinvolti nella definizione, programmazione e conduzione di 

grandi studi randomizzati e controllati multicentri sulle principali malattie neurologiche 

come lo stroke, l’epilessia, il morbo di Parkinson la sclerosi laterale amiotrofica. Si è 

trattato per lo più di studi indipendenti dalle industrie farmaceutiche su quesiti di 

interesse clinico e di scarsa o nulla ricaduta economica. Il coinvolgimento in queste 

iniziative è col tempo diminuito parallelamente con la scomparsa della ricerca gestita da 

istituzioni “no profit” dallo scenario delle sperimentazioni cliniche. 

L’utlima fase di attività degli epidemiologi in seno alla neurologia italiana è orientata 

prevalentemente all’introduzione della medicina basata sulle prove di evidenza nella 

pratica clinica dei neurologi. Sono sorti alcuni gruppi di revisione sistematica della 

letteratura nell’ambito della Collaborazione Cochrane e vi è un impegno rilevante 

nell’ambito di gruppi finalizzati alla elaborazione di linee guida diagnosticoterapeutiche. 

Va inoltre segnalata la ripresa di iniziative di studio e ricerca clinica ma 

anche epidemiologica originali coordinate e promosse da coleghi che hanno negli anni 

passati partecipato alle iniziative di formazione della Sezione di Neuroepidemiologia. 

Per una più approfondita riflessione su questi temi i segretari in carica e passati della 

Sezione di Neuroepidemiolgia si incotreranno nel corso del mese di luglio 2005 in una 

sorta di tavola rotonda aperta ai colleghi che portano avanti iniziative epidemiologiche 

in ambito neurologico. In questa iniziativa verranno formalizzate le differenti direttrici 

culturali e strategiche che caratterizzano l’attività epidemiologica nella neurologia 

Italiana. 

132


LA SEZIONE DI EPIDEMIOLOGIA E RICERCA SUI SERVIZI SANITARI 

DELL’ISTITUTO DI FISIOLOGIA CLINICA DEL CNR - PISA 

Fabio Mariani 

Istituto di Fisiologia Clinica – CNR, Pisa 

Il gruppo di epidemiologia dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR si è formato agli 

inizi degli anni ’70 intorno a Rodolfo Saracci. Attualmente la sezione di Epidemiologia 

e Ricerca sui Servizi Sanitari è diretta dal Dr. Fabio Mariani. 

Nel corso degli anni il gruppo, che ora è costituito da 41 unità di personale, ha 

sviluppato e diversificato le proprie attività principalmente nel campo 

dell’epidemiologia clinica, dell’epidemiologia ambientale, dell’epidemiologia e 

prevenzione delle tossicodipendenze, dell’epidemiologia valutativa e descrittiva dei 

servizi sanitari e dei metodi statistici applicati all’epidemiologia. 

Fra le priorità della sezione vi è la formazione dei giovani ricercatori a cui viene data 

l’opportunità di seguire corsi di specializzazione e master universitari. 

Nuove sezioni di ricerca epidemiologica sono state create a Lecce e a Roma. 

La sezione di Lecce, diretta dal Prof. Alessandro Distante, si è prevalentemente 

orientata alla statistica epidemiologica e all’epidemiologia valutativa applicate alla 

cardiologia, ai flussi per la gestione delle attività sanitarie (progetto SPERIGEST) e alle 

indagini multicentriche. 

La sezione di Roma, diretta dal Dr. Fabio Mariani, ha concentrato le proprie attività di 

ricerca sulle dipendenze. Sono da evidenziare le due indagini campionarie sulla 

popolazione generale (IPSAD®) e sulla popolazione giovanile studentesca (ESPAD- 

Italia®) che hanno come obiettivo la stima della prevalenza del consumo di sostanze. I 

risultati di queste indagini, oltre a costituire uno dei cinque indicatori chiave del sistema 

di rilevazione epidemiologico europeo sulle tossicodipendenze (uso di sostanze nella 

popolazione generale), forniscono importanti dati sul consumo di tabacco, alcool e 

droghe definiti determinanti della salute nel piano di lavoro di azione comunitaria per la 

sanità pubblica dell’Unione Europea. Queste informazioni consentono la 

programmazione e attuazione di strategie ed interventi di prevenzione universale e 

selettiva a livello nazionale ma anche regionale e provinciale e di ridurre, quindi, il peso 

delle malattie correlate a determinati stili di vita promuovendo la salute. Altre attività 

della Sezione comprendono l’individuazione, raccolta ed elaborazione dei flussi di dati 

provenienti dalle Amministrazioni centrali, regionali e provinciali e lo svolgimento di 

analisi epidemiologiche sul fenomeno dell’uso di droghe e del relativo impatto sulle 

strutture socio sanitarie. Sempre nell’ambito dei rapporti con le Amministrazioni 

centrali e periferiche, le competenze della Sezione sono utilizzate per la promozione e lo 

sviluppo di reti di scambio informativo tra diverse fonti istituzionali per un 

miglioramento della raccolta, gestione, analisi e diffusione delle informazioni sul 

fenomeno dell’uso e abuso di sostanze psicotrope illegali e dei fenomeni associati. A 

questo scopo sono stati attivati, a cura della sezione, specifici corsi di formazione e 

aggiornamento del personale delle Amministrazioni centrali dello Stato, delle Regioni e 

delle Province Autonome per le tematiche di pertinenza e per lo sviluppo delle 

necessarie capacità di gestione della rete informativa. Infine, per il lavoro di 

realizzazione delle “tabelle standard” richieste dall’Osservatorio Europeo, è stato 

appositamente studiato ed elaborato un sistema di archivi di dati condivisi e analisi 

multidimensionale ad uso delle Amministrazioni. 

133


Nel campo delle attività internazionali si segnala la partecipazione attiva del gruppo ai 

lavori dell’Osservatorio Europeo sulle Droghe, soprattutto per quanto concerne gli 

aspetti metodologici della ricerca epidemiologica di settore, e la collaborazione a 

progetti europei. 

A titolo di esempio si ricorda il progetto europeo di valutazione dell’impatto 

epidemiologico delle tossicodipendenze a livello di aree urbane coordinato dal Gruppo 

Pompidou del Consiglio d’Europa che vede la partecipazione di alcune città italiane. 

La sezione di Pisa, di cui il Dr. Fabio Mariani è responsabile, è articolata su diversi 

gruppi e unità operative. 

Un gruppo di studio (Dr. Fabrizio Bianchi e collaboratori) segue da molti anni le 

malformazioni congenite e le malattie rare. Gli studi sulla patologia congenita e 

riproduttiva sono effettuati attraverso l’attivazione di indagini sul monitoraggio 

sistematico delle malformazioni congenite (Registro Toscano Difetti Congeniti [RTDC] 

e coordinamento nazionale dei Registri Regionali di Malformazioni Congenite operanti 

in Italia) e della patologia riproduttiva esplorando la relazione con gli inquinanti 

ambientali. Tale attività di monitoraggio risulta inquadrata in un contesto di tipo 

internazionale mediante l’affiliazione ad EUROCAT (la rete europea per la sorveglianza 

epidemiologica delle anomalie congenite) e ad ICBDMS (il sistema internazionale di 

monitoraggio dei difetti congeniti). Relativamente alle malattie rare, occorre ricordare 

che esse richiedono sforzi combinati di cooperazione transnazionale a causa della loro 

scarsa incidenza. La sezione di Pisa, oltre a collaborare al Registro Nazionale di 

Malattie Rare, ha partecipato e partecipa al progetto NEPHIRD I e II coordinato 

dall’ISS che riunisce istituzioni di sanità pubblica impegnate nel campo delle malattie 

rare, in particolare per quanto concerne lo sviluppo di un modello per la raccolta di dati 

epidemiologici a livello europeo e l’istituzione di una rete europea per la raccolta di dati 

epidemiologici e sulle cure sanitarie disponibili per tali patologie. 

Nell’ambito dell’epidemiologia ambientale, le Unità Operative che fanno capo alla 

Dr.ssa Maria Angela Vigotti e al Dr. Giuseppe Rossi, proseguono sia lo studio statistico 

epidemiologico sui ricoveri ospedalieri di bambini in relazione a dati metereologici e 

presenza di polveri nocive nell’aria, sia lo studio sulla relazione tra malattie respiratorie 

e inquinamento dell’aria attraverso l’analisi dei dati raccolti nell’ambito delle storiche 

indagini epidemiologiche prospettiche effettuate nel nord e nel centro Italia (MISA 1 e 

MISA 2) e di quelle svolte in 15 città europee (APHEA 1 e APHEA 2). Le informazioni 

relative alle malattie e ai sintomi respiratori, alla funzionalità respiratoria e fattori di 

rischio, sono usati per l’elaborazione della carta del rischio respiratorio e, in 

collaborazione con l’ARS, per la valutazione dell’evolversi della situazione sanitaria ed 

ambientale di aree selezionate. 

In linea con le tematiche individuate all’interno delle aree prioritarie del programma di 

azione comunitaria nel settore della sanità pubblica per il 2005, sono in corso studi, in 

collaborazione con l’ARS Toscana, l’ISS e l’OMS, per la Valutazione dell’Impatto sulla 

Salute (VIS) e la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per una migliore 

comprensione degli effetti delle politiche e per fornire un supporto al processo 

decisionale degli amministratori. Inoltre, l’unità del Dr. Fabrizio Bianchi partecipa, in 

qualità di partner associato, al nuovo progetto europeo “Health Impact Assessment in 

New Member States, Accession and Pre-Accession countries – HIA-NMAC” , 

finanziato dalla DG SANCO e coordinato dal Prof. Gabriel Gulis (University of 

Southern Denmark). 

134


L’obiettivo del progetto, che vede anche la partecipazione dell’OMS, è quello di 

guidare il processo di acquisizione degli strumenti della VIS e la sua applicazione nei 

nuovi stati membri dell’Unione Europea nonché in quelli in fase di accessione e preaccessione. 

Fra i settori di ricerca in forte sviluppo, ad iniziare dall’ultimo quinquennio, 

è quello dell’epidemiologia ambientale nelle aree a rischio (gruppo di epidemiologia 

ambientale Dr. Fabrizio Bianchi) con particolare riferimento alla presenza di impianti 

industriali, inceneritori e discariche. Il lavoro su questo tema è iniziato con uno studio 

nazionale, in collaborazione con l’ISS – Dipartimento Ambiente e Connessa 

Prevenzione Primaria – che ha recentemente avuto seguito con un incarico del 

Dipartimento della Protezione Civile per l’attivazione di uno studio sullo stato di salute 

delle popolazioni residenti nelle aree a rischio della regione Campania e la definizione 

di protocolli di indagine epidemiologica e ambientale di aree soggette a bonifica nelle 

regioni meridionali su incarico dei Ministeri dell’Ambiente e Tutela del Territorio e 

della Salute. 

Un’attività fortemente innovativa è quella legata alla valutazione dell’esposizione 

ambientale attraverso lo studio di biomarcatori di effetto precoce e di cambiamento 

fisiologico (monitoraggio della genotossicità e mutagenicità). 

A supporto delle suddette attività, il gruppo statistico del reparto ha sviluppato 

metodologie e tecniche per le analisi geografiche e micro geografiche nonché per 

l’identificazione di cluster e per l’analisi di serie temporali. 

135


L’OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO REGIONALE IN SICILIA 

Antonio Mira e Salvatore Scondotto 

L'Osservatorio Epidemiologico Regionale (OER) veniva già previsto dalla normativa 

regionale siciliana, come struttura dell’Amministrazione, presso l’Assessorato alla 

Sanità. 

La sua istituzione, avvenuta con la legge regionale (L.R. 6/81) che recepiva la riforma 

sanitaria (L. 833/78) risale al 1981, sulla spinta della scuola epidemiologica sviluppatasi 

nell’isola alla fine degli anni ’70. 

I compiti dell’OER sono stati riaffermati da diverse norme e tra questi rientrano il 

supporto alla Regione nella programmazione sanitaria, la gestione dei flussi informativi 

e del sistema informativo sanitario regionale, la valutazione dell'efficacia e 

dell'efficienza delle prestazioni, il controllo di qualità del prodotto sanitario nonché il 

monitoraggio dello stato di salute della popolazione e dei relativi determinanti. 

Nonostante quello della Sicilia sia stato uno tra i primi Osservatori Epidemiologici 

Regionali ad essere stato costituito, alcune criticità, ed in particolare la mancanza di un 

vertice stabile, l’assenza di autonomia operativa e gestionale, il mancato adeguamentoinformatico, 

ne hanno limitato lo sviluppo e la piena operatività, sostanzialmente fino 

alla soglia degli anni 2000, quando con la riforma della Amministrazione Regionale, (L. 

R. 10/2000), l’OER è stato riconfigurato in Dipartimento (DOE) 

Conseguentemente, con la nomina del primo Dirigente Generale della struttura, da 

sempre priva di riferimenti stabili, nel Maggio 2001, ne è stata avviata la 

riorganizzazione attraverso l’adeguamento tecnologico ed informatico e la articolazione 

in servizi e unità operative afferenti a tre settori di competenza, riguardanti la gestione 

del sistema informativo regionale e la valutazione dei servizi, l’epidemiologia dello 

stato di salute, e la prevenzione. 

Mentre gran parte del personale appartiene ai ruoli dell’Amministrazione Regionale, per 

alcuni profili, specie informatico, si è fatto ricorso a contratti temporanei o a progetto. I 

responsabili di struttura, laureati in medicina di qualifica dirigenziale, sono in possesso 

di specifica formazione universitaria in sanità pubblica. 

In questi anni il DOE ha perseguito innanzitutto il consolidamento della piattaforma 

informativa a supporto della programmazione sanitaria e del monitoraggio dello stato di 

salute su base regionale, ed è stato contemporaneamente avviato un percorso di 

qualificazione ed addestramento del personale. 

Il Dipartimento, quindi, ha sviluppato al massimo la capacità di interagire con le 

principali istituzioni epidemiologiche nazionali avviando rapporti di collaborazione 

stabili nell’ambito di indagini o studi multicentrici con l’Istituto Superiore di Sanità, 

l’Agenzia dei Servizi Sanitari Regionali, il Dipartimento di Epidemiologia dell’ASL 

RME, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e altri Enti di riferimento per l’applicazione 

di protocolli di ricerca validati sul territorio regionale. 

IL DOE rappresenta inoltre la Regione Siciliana nei principali tavoli tecnici e gruppi di 

lavoro attivati presso il Ministero della Salute in tema di riorganizzazione del sistema 

informativo, di prevenzione e formazione 

In particolare il Dipartimento partecipa a molti progetti nazionali (di ricerca ex art. 

12/bis D.Lgsvo 229/99 o altro) in diversi settori di sanità pubblica. 

In questo contesto di riorganizzazione fondamentale è risultato il supporto del Ministero 

della Salute. 

137


Il DOE cura tutti flussi informativi regionali, tra cui il principale è costituito dalle 

Schede Dimissione Ospedaliera, oltre la gestione di diversi sistemi di sorveglianza 

regionali (tra cui AIDS, Talassemia, Mesoteliomi, Malformazioni), nonché il 

coordinamento di indagini epidemiologiche e survey campionarie sui principali aspetti 

di salute sul territorio regionale. Riguardo alle fonti di mortalità, oltre all’acquisizione 

della base dati ISTAT, è stato recentemente istituito del Registro nominativo delle cause 

di morte, del quale è in corso la relativa implementazione. 

Altri settori specifici di interesse sono la farmacoepidemiologia e la elaborazione dei 

consumi farmaceutici e la epidemiologia delle dipendenze patologiche e delle 

alcooldipendenze per cui sono in corso presso il DOE tutti i principali progetti nazionali 

per lo stima ed il monitoraggio del fenomeno. 

L’utilizzo dei suddetti strumenti è pertanto finalizzato alle esigenze della 

programmazione sanitaria regionale e dell’amministrazione e pertanto tende a coprire a 

tutto campo gli aspetti assistenziali, nel settore della valutazione dei servizi e delle 

prestazioni sanitarie, che l’epidemiologia dello stato di salute e degli stili di vita. 

Tra le attività recenti si citano il protocollo per la valutazione dell'appropriatezza del 

ricovero ospedaliero, lo studio sulla qualità dell’assistenza al diabete, l’indagine sui 

determinanti di salute in età evolutiva (ICONA), l’elaborazione del profilo di salute e 

l’individuazione delle priorità sanitarie a livello regionale, il monitoraggio del consumo 

territoriale dei farmaci, il rapporto regionale sulle dipendenze, il monitoraggio degli 

effetti delle norme antifumo in Sicilia. 

Le risultanze emerse da tali attività hanno indirizzato specifici interventi sanitari o linee 

guida per le Aziende USL nel campo dell’educazione alla salute. 

In collaborazione con il Dipartimento di Epidemiologia della ASL RME in tema di 

rischio ambientale, particolarmente avvertito dalla comunità, è in fase di definizione 

l’analisi dello stato di salute nelle aree a rischio e/o siti di bonifica della Sicilia. 

La diffusione dei rapporti sulle attività svolte viene correntemente assicurata attraverso 

due importanti strumenti: il sito web (www.doesicilia.it) ed il bollettino, la cui 

pubblicazione è stata riavviata dopo la riorganizzazione, con la nuova registrazione 

“Notiziario O.E.” 

Una particolare attenzione è stata rivolta alla collaborazione con la rete dei Servizi di 

Epidemiologia delle Aziende USL, con il Registro Tumori di Ragusa e gli altri 

organismi a vario titolo operanti nel campo in Sicilia, per l’applicazione di un modello 

operativo di collaborazione per lo sviluppo dell’attività epidemiologica sul territorio 

regionale. 

138


LA RETE DEI SERVIZI DI EPIDEMIOLOGIA DELLA REGIONE PIEMONTE 

Giuseppe Costa 

L’epidemiologia in Piemonte 

L’epidemiologia piemontese nasce alla fine degli anni '70, soprattutto intorno alla 

Cattedra di Epidemiologia dei Tumori dell'Università di Torino ed all'Area di 

Epidemiologia delle USSL di Torino. Essa può contare su una ricca tradizione di 

competenze professionali, sia in campo eziologico sia in campo clinico-valutativo, 

riconosciute nella comunità scientifica nazionale e internazionale. 

Nell’ultimo decennio, se ne è ridisegnata compiutamente l’organizzazione, allo scopo di 

rendere più efficace ed efficiente la sua azione, nel campo della ricerca come in quello 

della sanità pubblica. 

Il primo atto della riorganizzazione è stata la creazione, nel giugno 1995, del Centro di 

riferimento per l’epidemiologia e la prevenzione oncologica in Piemonte (CPO) presso 

le ASL 1 e l’ASO S.Giovanni Battista, che metteva in rete i servizi di Epidemiologia dei 

Tumori delle due Aziende, con funzioni di epidemiologia eziologica, clinica e 

valutativa, di documentazione in tema di rischi e danni da tumori e di documentazione 

in tema di medicina delle prove di efficacia in campo oncologico. 

Nello stesso periodo, con l’istituzione dell’ARPA Piemonte, si costituiva al suo interno 

un’area di epidemiologia ambientale cui venivano affidate funzioni di supplenza anche 

rispetto all’epidemiologia generalista. 

Nel novembre 1997 è stato poi istituito presso la ASL 5 un Osservatorio 

Epidemiologico regionale della dipendenza da sostanze (OED) e, sempre nel novembre 

1997, è stato istituito a Grugliasco presso la ASL 5 un Servizio Sovrazonale di 

Epidemiologia di riferimento per il quadrante di Torino cui sono stati transitoriamente 

affidati compiti riguardanti l’avvio della riorganizzazione della rete dei servizi di 

epidemiologia. Al Servizio venivano poi incardinati lo stesso OED e nella primavera 

1998 il Centro di Documentazione Regionale per la promozione della salute (DoRS). 

Il disegno della rete 

La Rete nasce ufficialmente a fine 1998 con una Deliberazione Regionale (D.G.R. n 37 

– 25948 del 16 novembre 1998): con essa è stata istituita la Rete Regionale dei Servizi 

di Epidemiologia e ne sono state precisate le funzioni e le attività. I servizi della rete nel 

loro insieme, svolgono le funzioni di osservatorio epidemiologico regionale 

Nella Regione Piemonte (Piano Sanitario Regionale - L.R. n.61/97) l’epidemiologia ha 

il compito di promuovere attivamente una maggiore capacità dei servizi e delle 

amministrazioni (regionali e aziendali) in ordine a 

analisi dei problemi di salute e individuazione di priorità, 

scelta di soluzioni di intervento idonee per efficacia, sicurezza, fattibilità e 

accettabilità, 

monitoraggio della qualità dei processi di prevenzione e assistenza. 

I problemi cui queste funzioni si applicano possono essere di rilevanza sanitaria 

(assistenziale o preventiva), ambientale, sociale od organizzativa, a seconda del campo 

di esercizio della funzione (Regione, Azienda Sanitaria, ARPA, …). 

Per il raggiungimento degli obiettivi la Legge di Piano Regionale ha articolato la 

funzione epidemiologica in tre livelli: un livello regionale collocato nell’Agenzia 

Regionale per i Servizi Sanitari e nelle Direzioni Regionali, un livello sovrazonale, con 

139


Per il raggiungimento degli obiettivi la Legge di Piano Regionale ha articolato la 

funzione epidemiologica in tre livelli: un livello regionale collocato nell’Agenzia 

Regionale per i Servizi Sanitari e nelle Direzioni Regionali, un livello sovrazonale, con 

un Servizio di Epidemiologia incardinato in una ASL per ogni quadrante e un livello 

locale, presso il Dipartimento di Prevenzione di ogni ASL. 

Tale organizzazione della funzione trovava la propria principale motivazione nella 

natura delle attività di epidemiologia, distinguibili in attività di linea e di staff. 

Le attività di linea consistono nella realizzazione di programmi epidemiologici, di 

sorveglianza, studio, valutazione, più o meno complessi, che necessitano di una struttura 

organizzativa consolidata, capace di garantire condizioni operative di qualità e in modo 

continuo nel tempo. 

Sono considerate attività di linea la gestione di alcuni sistemi informativi, la produzione 

di rapporti periodici, la realizzazione di studi ad hoc, la gestione di registri di patologia, 

le funzioni di documentazione o la gestione di osservatori dedicati a particolari 

fenomeni sanitari. 

Per esse si è identificato un livello sovra-locale nell’ambito di un’azienda sanitaria: i 

servizi sovrazonali di epidemiologia, dotati di un organico adeguato, di risorse 

professionali, di tecnologie idonee e di responsabilità e ruoli appropriati. 

Le attività di staff consistono nell’uso dei risultati epidemiologici al fine di assistere le 

attività di pianificazione e di valutazione a livello locale e regionale. 

La collocazione utile è quella vicina alle sedi di programmazione e valutazione sia a 

livello locale che a livello regionale. A questo scopo dovevano corrispondere l’Agenzia 

Regionale per i Servizi Sanitari e le Direzioni Regionali per il livello regionale, e i 

referenti di epidemiologia presso il Dipartimento di Prevenzione a livello locale. 

Lo stato dell’arte 

Attualmente, sono attivi i nodi della rete riportati nella mappa seguente: tre servizi con 

prevalenti competenze specialistiche (i due servizi di Epidemiologia dei Tumori 

ricompresi nel CPO ed il Servizio di Epidemiologia Ambientale dell’ARPA Piemonte), 

tre Servizi sovrazonali di quadrante, con compiti sia generali che specialistici: 

Grugliasco (ASL 5), Alessandria (ASL 20), Cuneo (ASL 15), (il servizio di Novara non 

è ancora stato attivato) ed un Referente di epidemiologia per ciascun Dipartimento di 

prevenzione delle ASL. 

140



sociale 

Rischi e danni 

da lavoro 

Osservatorio 

Epidemiologico 

Dipendenze 

DoRS 

Centro Regionale di 

Documentazione per 

la Promozione della 

Salute Salute 

Centro Regionale 

per l’Epidemiologia l’Epidemiologia ela e la 

Salute Ambientale 

ARPA Piemonte 

Cuneo 

Sistemi 

informativi 

sanitari 

Servizio di 


Servizio Servizio di 

14 

Epidemiologia Servizio di 

Grugliasco 


Novara 

10 

1 

17 

1-4 

8 

Registro 

Tumori 

Piemonte 

Funzioni specializzate di interesse regionale 

9 

1 

Rete 

Oncologica 

12 

7 

19 

11 

21 

13 

18 

CPO 

Centro Centro di Riferimento Riferimento 

per l’Epidemiologia e la 

Prevenzione Prevenzione Oncologica Oncologica 

ASO 

ASL 1 S.Giovanni 

Battista 

Prevenzione 

secondaria 

20 

Prevenzione 

primaria e 

documentazione 

sulla cancerogenesi 

22 

Servizio di 


Alessandria 

Sorveglianza 

malattie 

infettive 



eziologica 

eziologica 

Epidemiologia clinica 

clinica 

Servizi di Epidemiologia 

I Servizi di quadrante agiscono in rete, sulla base di un mandato regionale e, oltre alle 

attività di assistenza epidemiologica generale alle aziende del quadrante, possono 

acquisire anche competenze specializzate di interesse regionale su una specifica 

materia: in questo momento tali competenze specializzate riguardano l’epidemiologia 

occupazionale , la sorveglianza delle malattie infettive e le buone pratiche in campo 

vaccinale, l’epidemiologia delle diseguaglianze, la valorizzazione dei sistemi 

informativi sanitari, la promozione dell’evidence based prevention. 

Dal 2004 il Servizio di Grugliasco è a direzione universitaria. 

Servizi specialistici: 

Centro di Riferimento per l'Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte 

(CPO-Piemonte) è ad oggi costituito dalle Strutture Complesse di Epidemiologia dei 

Tumori, rispettivamente a direzione universitaria ed ospedaliera, dell’Azienda 

Ospedaliera S. Giovanni Battista e dalla Struttura Complessa di Epidemiologia dei 

141


Tumori dell’ASL 1, ed è articolato in: Prevenzione primaria e documentazione sulla 

cancerogenesi Registro Tumori Piemonte Prevenzione secondaria Epidemiologia 

eziologia Epidemiologia clinica Rete Oncologica. 

Sono suoi obiettivi la definizione di metodologie per la valutazione del rischio 

cancerogeno nell'ambiente di vita e di lavoro e la conduzione di ricerche sull'eziologia 

del cancro, la misura di mortalità, incidenze e sopravvivenza in campo di patologie 

oncologiche lo sviluppo di attività documentazione sui rischi cancerogeni ambientali e 

la diffusione di informazioni sui rischi di cancerogenità il supporto metodologico alle 

Aziende Sanitarie Regionali per la pianificazione e l'attuazione di interventi di 

prevenzione primaria e secondaria, la valutazione di efficacia di programmi di screening 

per i tumori e l'impatto di programmi di prevenzione primaria la valutazione della 

qualità dell'assistenza oncologica e dell'esaustività dell'applicazione di protocolli 

diagnostici e terapeutici sulla popolazione piemontese. 

Area funzionale epidemiologia ambientale dell’ARPA 

Le funzioni che l'A.R.P.A. svolge tramite l’epidemiologia ambientale sono riconducibili 

a: 

- sorveglianza epidemiologica degli effetti delle esposizioni ambientali sulla salute, con 

particolare riferimento alle aree classificate ad alto rischio 

- monitoraggio degli effetti sulla salute di rischi ambientali identificati a seguito di 

attività propria dell'Agenzia, segnalazioni esterne o conoscenze a priori 

- esecuzione, promozione e partecipazione a specifici studi epidemiologici a livello 

regionale, nazionale e internazionale 

- gestione della comunicazione del rischio per la salute di origine ambientale. 

Gli ambiti di applicazione delle attività riguardano gli effetti delle esposizioni di origine 

ambientale di natura chimica, fisica o biologica sulla salute, definita in chiave 

nosologica oggettiva (malattie) o in chiave soggettiva (percezione del rischio). 

L'Osservatorio Epidemiologico delle Dipendenze è uno strumento di conoscenza e 

sorveglianza epidemiologica dell'evoluzione del fenomeno delle dipendenze 

patologiche, basato sulla scelta di coniugare la cultura operativa dei SERT con quella 

scientifica e metodologica dell'epidemiologia. 

Si propone di stimare la popolazione colpita e valutare le risposte dei servizi 

pubblici e del privato sociale attraverso l'analisi e la descrizione della dimensione e 

delle caratteristiche del fenomeno della dipendenza da sostanze psicoattive, dei suoi 

effetti sulla salute per quanto riguarda eventi acuti, cronici e mortalità, dei suoi effetti 

sociali (carcerazioni, interventi delle Forze dell’Ordine, etc.) e della tipologia e della 

frequenza degli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione attivati dai servizi 

pubblici e dal privato sociale. 

Al Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute (DoRS) 

sono affidate funzioni di valorizzazione e disseminazione della documentazione. I suoi 

obiettivi sono documentare e valutare le conoscenze disponibili tratte dalla letteratura, 

dalle esperienze e dai "prodotti" realizzati da quanti operano per migliorare la salute, 

informare sulle evidenze prodotte, disseminare le prove di efficacia di interventi per la 

salute, formare gli operatori affinch sviluppino competenze e capacità di intervento per 

promuovere la salute della popolazione, assistere la progettazione, realizzazione e 

valutazione di interventi per la salute, cooperare attivamente al progetto per lo sviluppo 

di una Rete informativa nazionale. 

142


Me anismi di unzionamento della rete 

La Rete funziona attraverso una Conferenza Regionale permanente (riunioni mensili), 

che comprende i responsabili dei servizi di epidemiologia, le direzioni regionali 

competenti e l’Agenzia Regionale (ARESS). 

La Conferenza garantisce che i programmi di attività dei servizi corrispondano agli 

obiettivi prioritari del sistema sanitario e sociale regionale e che essi vengano realizzati 

in modo integrato e armonico. 

La programmazione annuale dei servizi di epidemiologia riguarda la tipologia di attività 

indicate in tabella, con i corrispettivi livelli istituzionali cui si riferiscono e gli indirizzi 

che competono loro 

TIPOLOGIE DI 

ATTI ITA’ 

Livelli essenziali di 

epidemiologia 

(documentazione, 

promozione della 

salute) 

Progetti mirati a 

obiettivi di pertinenza 

istituzionale 

Progetti mirati a 

obiettivi di ricerca e 

sviluppo 

Scuole e progetti 

mirati di formazione di 

carattere permanente 

Offerta di servizi sul 

mercato 

AMBITO DI APPLICA IONE 

E NATURA DELL’ATTI ITA’ 

Esercizio continuo di un minimo 

standard di attività specialistica 

(ambito regionale) e generalista 

(ambito quadrante) 

Attività finita nel tempo 

finalizzata ad obiettivi di 

sviluppo pertinenti all’ambito 

regionale se specialistico, di 

quadrante se generalista 

Attività finita nel tempo 

finalizzata ad obiettivi di ricerca 

pertinenti all’agenda della 

comunità scientifica e alle 

previsioni di sviluppo delle 

competenze del servizio, al di 

fuori di ogni vincolo di ambito 

territoriale 

Partecipazione a corsi o progetti 

di formazione universitaria e non 

universitaria pertinenti 

all’ambito regionale o sovra- 

regionale 

Attività finite nel tempo 

finalizzate ad obiettivi di ricerca, 

documentazione, formazione e 

assistenza a progettazione, 

pertinenti a domande emergenti 

dal mercato 

(1) Eventualmente difformi dalla situazione attuale 

COMMITTEN A E 

FONTE DEL 

FINAN IAMENTO (1) 

Committenza da Direzioni 

Regionali, Aress, Aziende 

Sanitarie, Enti Locali. 

Finanziamento corrente (a 

budget determinato sullo 

standard 

Committenza da Direzioni 

Regionali, Aress, Aziende 

Sanitarie, Enti Locali. 

Finanziamento ad hoc 

vincolato a rendiconto 

Committenza da agenzie 

pubbliche e private che 

finanziano ricerca. 



Committenza da Università 

e da Regione 



Agenzie o Enti locali, 

nazionali ed internazionali 

che esprimono domande 


aperto anche a profitto 

143


IL COORDINAMENTO DEI SERVIZI DI EPIDEMIOLOGIA E 

COMUNICAZIONE DELL’AREA VASTA ROMAGNA 

Mauro Palazzi 

Il ontesto a li ello regionale e aziendale 

Il Piano Sanitario Regionale 1999-2001 della Regione Emilia-Romagna rinomina il 

Dipartimento di Prevenzione in Dipartimento di Sanità Pubblica riconoscendogli 

funzioni e compiti che vanno oltre le attività di prevenzione. 

La mission del Dipartimento di Sanità Pubblica afferma che “è la macrostruttura 

dell’Azienda USL alla quale competono le funzioni di supporto tecnico alla Direzione 

aziendale nella propria funzione di committenza, nella definizione delle strategie 

aziendali di promozione della salute e di prevenzione delle malattie e delle disabilità e 

miglioramento della qualità della vita.”. Tale funzione di supporto tecnico si esplica 

inoltre nei confronti degli Enti Locali, in particolare nelle aree relative alla descrizione 

epidemiologica dei rischi sanitari e dei fenomeni patologici, all’educazione alla salute, 

all’informazione e alla comunicazione del rischio. 

Lo stesso Piano sottolinea che l’epidemiologia assume valore strategico per le Aziende 

Sanitarie e ne auspica un rafforzamento e uno sviluppo per avviare un sistema di 

collaborazione operativa con le Direzioni Aziendali e la Regione finalizzato a 

descrivere le condizioni di salute della popolazione e valutare l’efficacia degli interventi 

sanitari e sociali. 

Per poter svolgere al meglio tali funzioni i Dipartimenti di Sanità Pubblica hanno 

attivato, oltre alle aree di Igiene e Sanità Pubblica, Sanità Pubblica eterinaria e Tutela 

della salute in ambiente di lavoro e sicurezza, anche un area denominata 

“Epidemiologia e Comuni azione”. 

Il Gruppo di Coordinamento dei Ser izi di Epidemiologia e Comuni azione 

Dopo i primi anni di attività, pur notando un diverso livello di sviluppo di attività e di 

competenze nelle diverse Aziende USL, si può affermare che l’individuazione di un 

riferimento strutturato aziendale abbia favorito l’utilizzo di strumenti 

dell’epidemiologia e accresciuto le capacità di analisi e di valutazione delle Aziende 

Sanitarie. 

Per affrontare alcune tematiche si è reso necessario sperimentare soluzioni organizzative 

interaziendali che permettessero l’analisi di fenomeni su numeri e territori più ampi per 

questo motivo è nato nel 2001 il Gruppo di Coordinamento di Area asta Romagna dei 

Servizi di Epidemiologia e Comunicazione. 

Tra gli obiettivi del coordinamento ci sono: 

• assicurare stimolo, supporto e formazione di base alle singole aziende 

• creare sinergie e condividere competenze e risorse per realizzare attività 

epidemiologica di tipo descrittivo su problemi complessi e per la realizzazione 

di profili di salute su ambiti sovraprovinciali. 

L’organizzazione è leggera e si basa su incontri di programmazione periodici, tenuti 

presso la sede di Cesena, finalizzati alla socializzazione di attività e programmi locali e 

alla condivisione ed organizzazione di progetti di ricerca comuni. I progetti approvati 

sono realizzati da gruppi interaziendali e multiprofessionali. In alcuni progetti, legati 

alle 4 province della Costa Emiliano-romagnola, ha partecipato anche l’Ausl di Ferrara. 

L’atti it ed i prodotti realizzati dai omponenti del gruppo: 

145


2001 

- Incidenti stradali nel territorio delle Aziende Unità Sanitarie Locali di Ferrara, 

Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini. Analisi dei ricoveri ospedalieri (1999), della mortalità 

(1994-98) ed elementi essenziali della dinamica incidentale (1994-98) 

- Mortalità legata al traffico nelle province del litorale emiliano –romagnolo (1994- 

1998) Ben – Notiziario ISS, vol. 14 n. 2 

2002 

- I Traumi cranici in Romagna. Analisi dei ricoveri ospedalieri (1999) e della mortalità 

(1994-99) 

2004 

- Profilo di salute delle province della costa emiliano-romagnola” Un’analisi dei bisogni 

di salute della popolazione dell’area. 

200 

- Incidenti stradali nelle province della costa emiliano-romagnola (1994-2003): analisi 

dell’incidentalità, dei ricoveri ospedalieri e della mortalità. 

-Realizzazione di un sito eb con l’aggiornamento del profilo di salute della costa 

emiliano- romagnola (attualmente in corso…) 

Al une onsiderazioni inali 

- L’esperienza è giudicata in modo positivo dalle aziende partecipanti e dagli 

operatori coinvolti. Si ritiene utile consolidare la rete di relazioni interaziendali 

prevedendo il coinvolgimento di altre figure professionali che si occupano di 

epidemiologia in altre articolazioni aziendali. 

- anno sviluppate competenze sulle tecniche di comunicazione per migliorare la 

fruibilità dei prodotti elaborati per le differenti tipologie di destinatari. 

- anno sviluppate le iniziative di formazione comune e le competenze per 

l’epidemiologia valutativa e l’epidemiologia sociale (Conduzione di indagini su 

ambiti di interesse comune ). 

Parte ipanti al Gruppo di Coordinamento dei Ser i di Epidemiologia e 

Comuni azione 

- Ausl di Cesena: Mauro Palazzi, Barbara Bondi, Nicoletta Bertozzi, Francesca Righi, 

Patrizia itali 

- Ausl di Forlì: Oscar Mingozzi 

- Ausl di Ravenna: Teresa Samorè, Giuliano Silvi, Maria Edoarda Favatra 

- Ausl di Rimini: Pierluigi Cesari, Stefano Ferrari, Laura anzani 

146


LA RETE EPIDEMIOLOGICA DELLE MARCHE 

Fabio Filippetti (*), Patrizia Carletti (°), Maria Soledad Ferreiro (^), Dzenana azurovic (^), 

Daniel Fiacchini (§), Daniela incitorio (§), Francesco Di Stanislao (**) 

(*)Coordinatore Osservatorio Epidemiologico, Agenzia Regionale Sanitaria (ARS), Ancona 

(°)Responsabile Osservatorio sulle Disuguaglianze nella salute, ARS, Ancona; (^)Area 

epidemiologica, ARS, Ancona (§)Scuola di Specializzazione in giene e Medicina Preventiva, 

Università Politecnica delle Marche, Ancona (**)Direttore ARS, Ancona 

Come risulta anche dal Piano Sanitario Nazionale, obiettivo principale degli operatori 

in ambito sanitario è quello di produrre un miglioramento dello stato di salute della 

popolazione. Per raggiungere questo obiettivo è necessario avere a disposizione 

informazioni che permettano di orientare nelle scelte il governo del sistema La 

componente epidemiologica riveste un ruolo indispensabile nell’affrontare i problemi 

di salute della collettività: stabilire quali siano i problemi prioritari da affrontare, 

formulare i programmi, metterli in pratica, controllare, in corso di attuazione, il 

progresso nel raggiungimento degli obiettivi, valutare il funzionamento dei programmi 

per modificarli. 

L'Epidemiologia, da questo punto di vista, analizza ed interpreta i fenomeni partendo 

dalla centralità della persona, ribaltando la precedente logica di centralità del servizio. 

uesta disciplina nelle Marche ha avuto impulso con l’attività dell’Agenzia Regionale 

Sanitaria, che nell'ambito delle funzioni assegnate dalla L.R. n. 26 del 1996 “Riordino 

del Servizio Sanitario Regionale” è stata istituita con il compito di essere “il supporto 

tecnico per l’esercizio da parte della Regione in collaborazione alle AUSL di funzioni 

in materia di programmazione sanitaria, di controllo di gestione, di verifica della 

qualità e della quantità delle prestazioni e degli indirizzi di politica sanitaria” (art. 4 

comma 1). La legge stabilisce inoltre che l’Agenzia effettui l’analisi epidemiologica dei 

bisogni e della domanda relativa ai servizi sanitari (art. 4 comma 2). 

Il ruolo dell’Agenzia Regionale Sanitaria, successivamente confermato dal Piano 

Sanitario Regionale 1998-2000 (L.R. n.34 del 1998) risulta fondamentale per 

l’epidemiologia, che necessita di uno sviluppo e viene subito iniziata l’attività di 

Osservatorio Epidemiologico Regionale, per “diffondere una cultura epidemiologica di 

base tra gli operatori come base della costruzione di un osservatorio epidemiologico a 

rete diffuso nel territorio”. 

Iniziato il percorso regionale di ambito epidemiologico, successivamente la L.R. n. 13 

del 20.6.03 “Riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale”e la Delibera del 

Consiglio Regionale n. 97/2003 (Piano Sanitario Regionale 2003-2006 - Un’alleanza 

per la salute), indicano le priorità da sviluppare in ambito epidemiologico: il 

coinvolgimento sempre più forte degli operatori del SSR per promuovere la cultura del 

riconoscimento dei bisogni/domanda dei cittadini, attraverso l’estensione di indagini di 

campo l’allargamento del quadro conoscitivo a tutte le determinanti della salute 

l’individuazione di un Centro di Epidemiologia occupazionale l’istituzione della Rete 

Epidemiologi a Regionale REM , costituita dall’Osservatorio Epidemiologico, con il 

compito di coordinamento, e dai Centri Epidemiologici territoriali collocati nelle 

Aziende Sanitarie. 

Tale collocamento viene chiarito dalla DGR 54/2004 “Linee guida per l’adeguamento 

dei Dipartimenti di Prevenzione ai contenuti della LR 13/2003 e del PSR 2003-2006) 

dove si specifica che l’evoluzione del modello esistente deve essere mirata al 

147


potenziamento della funzione di promozione della salute e della funzione 

epidemiologica, nell’ambito della Rete epidemiologica marchigiana, quale componente 

importante della mission nell’area della Prevenzione. In particolare, per 

l’epidemiologia si identificano delle UU.OO. specifiche: in fase di avvio come strutture 

semplici eventuali strutture complesse saranno valutate nell’ambito complessivo della 

Rete Epidemiologica in rapporto con la presenza di funzioni specializzate operanti per 

area vasta. L’atto conclusivo di tutto il percorso normativo è la DGR n. 866 del 

27/7/2004 “ stituzione ed organizzazione della Rete epidemiologica della regione 

Marche”. ui viene specificato che l’ epidemiologia è una funziona trasversale a tutte 

le figure professionali e a tutti i servizi del SSR in quanto strumento metodologico di 

rilevazione ed analisi dei bisogni sanitari e di valutazione del sistema dell’offerta. Nel 

contempo, l’evoluzione e la complessità raggiunta dalla metodologia e dalle tecniche 

epidemiologiche rende necessaria la presenza di professionisti specificatamente 

dedicati a tale funzione e capaci di facilitare il perseguimento dei seguenti obiettivi 

della REM: 

• Raccogliere, elaborare e diffondere conoscenze sui bisogni di salute della 

popolazione e sui fattori di rischio per la popolazione, 

• Contribuire all’identificazione delle priorità d’intervento, con particolare 

attenzione agli obiettivi di equità dei cittadini nella salute e alla tutela delle 

fragilità sociali 

• Promuovere ricerche ad hoc sullo stato di salute della popolazione, con 

attenzione ai fattori ambientali, sociali e individuali che la condizionano 

• Supportare la progettazione e implementazione del sistema informativo 

sanitario garantendo, nel caso, anche la gestione diretta dei flussi informativi 

relativi alle conoscenze sui bisogni e sui rischi per la salute 

• Contribuire alla identificazione, sperimentazione e messa a regime di nuovi 

flussi informativi mirati a valutare l’equità di accesso, l’appropriatezza d’uso, 

l’efficacia e l’efficienza dei servizi sanitari 

• Supportare le funzioni di governo e gestione del SSR a livello regionale locale 

• Promuovere la cultura epidemiologica tra tutti gli operatori sanitari 

• Promuovere tra i cittadini conoscenze finalizzate ad accrescere le capacità di 

gestione della salute e di utilizzo dei servizi sanitari. 

La DGR prevede un’articolazione organizzativa della Rete Epidemiologica articolata 

nei seguenti nodi organizzativi e operativi: 

l’Osser atorio Epidemiologi o Regionale (OER), istituito all’interno dell’Agenzia 

Regionale Sanitaria 

i Centri epidemiologi i delle Zone Territoriali ASUR - Azienda Sanitaria Unica 

Regionale (CEAT) 

i Centri epidemiologi i regionali spe ialisti i. (CERS) 

La rete si avvale della Con erenza Regionale per l’Epidemiologia come strumento di 

indirizzo e partecipazione. 

L’Osser atorio Epidemiologi o Regionale svolge le funzioni di coordinamento della 

Rete attraverso l’indirizzo-monitoraggio-valutazione di tutte le attività di rilevazione 

epidemiologica corrente ed attraverso l’integrazione tra i vari soggetti della Rete. Inoltre 

L’OER sviluppa in particolare le seguenti attività: 

• elaborazione e diffusione delle informazioni sui bisogni di salute della 

popolazione e sui fattori di rischio per la salute 

148


• supporto agli organi decisionali per la messa a regime dei flussi 

informativi mirati a valutare l’equità di accesso, l’appropriatezza d’uso, 

l’efficacia e l’efficienza dei servizi sanitari 

• supporto alle attività di pianificazione regionale promozione della cultura 

epidemiologica tra gli operatori sanitari 

• promozione di indagini epidemiologiche ad hoc. 

a rilevato che a seguito della LR 26/93, che prevedeva come obiettivo quello di 

“diffondere la cultura epidemiologica di base tra gli operatori come base della 

costruzione di un osservatorio epidemiologico a rete diffuso nel territorio”, 

l’Osservatorio Epidemiologico Regionale ha già condotto, negli anni 2000-2001, un 

corso di epidemiologia di base per i referenti delle varie aree territoriali, che ha previsto 

una fase teorica di 10 moduli di 16 ore ed una fase pratica da svolgere nel contesto 

lavorativo. I risultati principali sono stati: la produzione di uno schema per la relazione 

sanitaria territoriale (prodotta da ognuno al termine del percorso formativo) e 

l’acquisizione da parte dei referenti delle 13 aree territoriali della capacità di 

elaborazione di analisi statistiche utilizzando il soft are EPIInfo). a anche ricordato 

che l’Osservatorio Epidemiologico in questi anni ha coordinato numerosi progetti in 

ambito regionale, alcuni dei quali hanno coinvolto i referenti territoriali per 

l’epidemiologia (Indagine sulla prevalenza di alcune condizioni patologiche a rilevante 

impatto sociale, Indagine sull’accesso al Pronto Soccorso dei cittadini stranieri, Studio 

nazionale “Percorso nascita”, Studio nazionale sugli anziani “Argento”, Indagine 

nazionale sulla qualità dell’assistenza ai soggetti diabetici “ uadri”). Inoltre, attività 

rilevanti che hanno visto la stretta collaborazione dei referenti sono state il censimento 

dei flussi informativi sanitari regionali e la rilevazione di un sistema di Indicatori, 

presso le aree territoriali, per il monitoraggio e la programmazione delle attività 

sanitarie (DGR 930/2000). Infine, sono state avviate altre attività specifiche, come 

quelle relative all’Osservatorio sulle Disuguaglianze nella Salute, che attualmente 

rappresenta una specifica funzione dell’Agenzia Regionale Sanitaria e che svolge 

diverse attività: la costruzione e diffusione dell’informazione scientifica sulle 

disuguaglianze nella salute; il monitoraggio dello stato di salute di gruppi di 

popolazione in condizioni svantaggiate; il supporto alla programmazione e 

pianificazione socio-sanitaria regionale; la promozione della cultura e di interventi per 

contrastare l’impatto delle disuguaglianze sociali nella salute; il supporto e/o 

conduzione di progetti aventi l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze nella salute. 

I Centri Epidemiologici delle Zone territoriali ASUR rappresentano la struttura 

portante della REM, sviluppando la funzione di epidemiologia sia per tutti i nodi della 

rete sia per tutte le Unità Operative e servizi delle Zone territoriali e delle aziende 

ospedaliere che necessitano del supporto specialistico per l’impostazione, 

l’implementazione, la valutazione di studi del settore. 

Come specificato dalla DGR, le principali aree di attività riguardano: 

• la raccolta e l’elaborazione dei dati a livello locale, 

• la collaborazione per l’implementazione dei sistemi di sorveglianza, 

• la collaborazione nella gestione dei flussi informativi sanitari, 

• la collaborazione alla gestione di un focolaio epidemico, 

• l’effettuazione di indagini specifiche su problemi di rilevanza locale (su 

richiesta dell’OER o delle Direzioni aziendali/zonali), 

• la collaborazione alla progettazione e valutazione di interventi sanitari, 

149


150 

il supporto ai Piani Comunitari per la Salute, 

la consulenza alle UU.OO. e Servizi della Zona di competenza; il dialogo 

con i centri di ricerca e i centri di documentazione per aggiornarsi sui 

problemi di salute e sull’efficacia degli interventi. 

I Centri, naturalmente, sono tenuti a collaborare alle varie attività epidemiologiche a 

valenza regionale. Particolare attenzione, nell’ambito delle Zone di appartenenza, dovrà 

essere rivolta alla diffusione della cultura epidemiologica negli operatori sanitari, alla 

revisione dei flussi informativi. 

I Centri, come indicato dalla DGR 54/2004, sono previsti come strutturati in Unità 

Operative semplici nei Dipartimenti di Prevenzione (Staff della Direzione del 

Dipartimento), con in organico per la fase iniziale almeno un medico epidemiologo a 

tempo pieno, eventualmente coadiuvato da unità di personale tecnico e/o 

amministrativo. Sulla base dei piani di lavoro e della attività, in seguito verranno 

identificati i bisogni di risorse umane necessarie 

I Centri Epidemiologici Regionali sono le strutture/unità epidemiologiche già esistenti 

ed operanti nella realtà marchigiana, indicate nella DGR 866/2004, che sono state 

individuate per l’attività epidemiologica già da tempo documentata in ambito regionale 

all’interno di diversi Enti ed Istituzioni.. Centri epidemiologici in ambito regionale 

possono richiedere di essere inseriti nella REM come Centri specialistici, sulla base dei 

requisiti di accreditamento attualmente in fase di definizione. I Centri sono tenuti a 

collaborare, per i campi di competenza, alle iniziative regionali coordinate 

dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale e possono proporre lo sviluppo di 

specifiche ricerche epidemiologiche di interesse regionale. E’ prevista la costituzione 

del CERS “Epidemiologia occupazionale”, come indicato dal PSR 2003-2006. 

I Centri specialistici che attualmente fanno parte della REM sono i seguenti: 

Servizio Epidemiologia Ambientale ARPAM (Dipartimento di Ancona) 

Centro di Epidemiologia Biostatistica e Informatica Medica, Facoltà di 

Medicina e Chirurgia -Università Politecnica delle Marche, Ancona 

Dipartimento Scienze Igienistiche e Sanitarie-Ambientali Università di 

Camerino, Camerino (Registro Tumori, etc.) 

Gruppo ricerca epidemiologica Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Umbria 

e Marche – Ancona 

Osservatorio epidemiologico lavoratori anziani INRCA (Istituto Nazionale di 

Riposo e Cura Anziani), Ancona 

La Conferenza Regionale per l’Epidemiologia è presieduta e convocata dall’Assessore 

regionale alla Sanità o suo delegato, è costituita da tutti referenti dei nodi organizzativi 

ed operativi della Rete, dal Direttore sanitario dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale e 

dai dirigenti dei macrolivelli assistenziali del Dipartimento dei Servizi alla persona e 

alla Comunità della Regione Marche. Svolge le seguenti attività: fornisce proposte alla 

Rete sulle attività da sviluppare nel breve (1 anno) e medio periodo (3 anni); esprime 

parere sulle attività dell’Osservatorio Epidemiologico e dei Centri Epidemiologici delle 

Zone Territoriali sulla base dei report annuali di attività; predispone la procedura di 

accreditamento delle funzioni epidemiologiche per l’istituzione di nuovi Centri 

specialistici; indice e coordina una conferenza annuale sulle attività epidemiologiche da 

sviluppare nella regione.


Le attività della REM per l’anno 2005 

Dall’anno 2003 alle Zone Territoriali ASUR (solo 2 Unità su 13 sono formalmente 

costituite, le altre sono in fase di costituzione) sono stati assegnati i fondi aggiuntivi 

regionali specifici per lo sviluppo dell’epidemiologia (circa 30.000 euro utilizzabili per 

apparecchiature, formazione, acquisizione di personale a contratto, ecc.), collegati ad 

obiettivi da perseguire. Tenuto conto che la REM è in fase di consolidamento e che non 

sempre sono presenti risorse umane a tempo pieno, è stata individuata la seguente 

ripartizione dei compiti per il raggiungimento degli obiettivi assegnati: 

Progetto Ministero/Regioni “PASSI”(Progressi delle Aziende Sanitarie per la 

Salute in Italia” (partecipazione di tutte le Zone Territoriali) 

Mantenimento della sorveglianza degli Incidenti stradali (partecipazione di tutte 

le Zone Territoriali) 

Sperimentazione di un set di Indicatori per la definizione dei Piani Comunitari di 

Salute 

(Zone Territoriali 2,5,7,8,10,12) 

Indagine sulla copertura vaccinale nella popolazione infantile immigrata (Zone 

Territoriali 4,11,13) 

Verifica sull’attività di screening collo dell’utero e mammella (valutazione 

indicatori di progetto) (Zone territoriali 1,3,6,9) 

Sono previste iniziative formative destinate ai referenti delle Zone Territoriali, da 

svolgersi in ambito regionale con docenti esterni sulle seguenti tematiche: 

utilizzo del software EPI-INFO 3 

Indagine in corso d’epidemia 

Metodi statistici in epidemiologia: analisi multivariata 

Per il mese di giugno è previsto il completamento del Profilo di Salute della Regione 

Marche (il precedente Stato di Salute era stato pubblicato nell’anno 2000), coordinato 

dall’Osservatorio Epidemiologico ed al quale hanno collaborato i Centri delle Zone 

Territoriali ed i Centri specialistici. 

151


L’UNITÀ DI EPIDEMIOLOGIA E BIOSTATISTICA DEL CENTRO DI 

RIFERIMENTO ONCOLOGICO (IRCCS) DI AVIANO (PN) 

Renato Talamini, 

Referente per l’Unità di Epidemiologia e Biostatistica 

Struttura: L’Unità di Epidemiologia e Biostatistica è stata costituita nel 1984 al Centro 

di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano (PN). In origine era composta da due 

ricercatori strutturati (medico e biologo) e due borsisti. Attualmente le persone 

strutturate sono 10 (due medici, due biologi, statistico, assistente tecnico epidemiologo, 

infermiera ed dietista) e due segretarie; inoltre ci sono: 1 contrattista (statistico), 3 

borsisti (statistico, biologo e psicologo), due intervistatrici a contratto (infermiere 

professionali). All’interno di questa Unità, è stata costituita nel 1998 l’Unità di 

Epidemiologia Clinica e Valutativa con lo scopo di facilitare le collaborazioni con le 

varie Unità Cliniche e Sperimentali (interne ed esterne all’Istituto) sia in termini di 

supporto per la stesura dei protocolli di ricerca clinici, sia nella successiva analisi 

statistica dei dati clinici che ne derivano. 

Filoni di ricerca: Nel corso di questi anni lo sviluppo e l’organizzazione dell’Unità si 

sono orientati verso alcuni filoni principali che, pur esplorando aree di ricerca diverse, 

hanno mantenuto una forte unitarietà in termini di programmazione delle singole 

ricerche, fusione di diverse banche dati e utilizzazione di simili metodologie statistiche. 

Questi filoni di ricerca riguardano: 

(1) Studi di epidemiologia analitica sulla relazione tra tumori, dieta, ed altre esposizioni 

ambientali. Si tratta di studi caso-controllo miranti a: (a) migliorare la misura delle 

esposizioni a diversi fattori di rischio attraverso questionari (validati) sempre più mirati 

a gruppi di fattori di esposizione esogeni (abitudini alimentari; abitudini al fumo di 

tabacco ed al consumo di alcool; malattie infettive ed esposizione ad alcuni virus; 

esposizione occupazionale) ed endogeni (suscettibilità genetica); (b) aumentare la 

dimensione, e la rappresentatività, del campione attraverso studi cooperativi con lo 

scopo di raccogliere dati in diverse province d’Italia (Nord-Est, Nord, Centro-Sud), 

differenti per abitudini di vita e rischi ambientali; (c) allestire una banca biologica di 

campioni di sangue e biopsie dei pazienti arruolati negli studi caso-controllo, su cui 

valutare il ruolo di alcuni virus nell’eziologia dei tumori del cavo-orale (Human 

papilloma virus -HPV), e degli epatocarcinomi e dei linfomi (virus dell’epatite C e B); 

inoltre, valutare la suscettibilità genetica dei soggetti (casi e controlli) con studi sui 

polimorfismi (N-acetyltransferase; Cytochromo P450; Glutathione s-transferase). 

La banca dati su cui ruota l’attività di ricerca è costituita da tumori della mammella 

(2.569 casi), del colon-retto (1.953 casi), del cavo-orale e faringe (754 casi), 

dell’esofago (304 casi), dell’ovaio (1.031), della prostata (1.294 casi) e dell’adenoma 

della prostata (1.369 casi) e un pool di circa 5.155 controlli (maschi e femmine). I 

risultati ottenuti da questi studi sono in parte gia stati pubblicati su riviste scientifiche 

nazionali ed internazionali, ed in parte sono ancora oggetto di analisi dei dati. Altri studi 

sono in fase di conclusione, tra questi lo studio sul tumore dell’endometrio (250 casi), 

dell’ovaio (altri 230 casi), del carcinoma del fegato (210 casi), altri invece ancora aperti 

come quelli relativi ai linfomi (250 casi) ed al tumore della vescica (100 casi) con i 

relativi controlli. 

153


Per questi studi, è stato raccolto anche un campione di sangue per la costituzione di una 

banca di campioni biologici (conservati a –80°C), sui quali, successivamente, fare sia 

delle determinazioni di elementi biochimici sia dei test di suscettibilità genetica. 

(2) Studi descrittivi sui tumori mediante: (a) l’analisi dei dati di mortalità nazionali e 

regionali per valutare la distribuzione geografica ed i trend temporali di varie patologie, 

tra cui i tumori, utilizzando i dati dell’ISTAT; (b) la stima dell’incidenza dei tumori a 

livello nazionale utilizzando i dati dei 13 Registri tumori italiani; (c) l’utilizzo di 

modelli Bayesiani per la realizzazione di atlanti di mortalità; (d) l’analisi dei dati 

dell’incidenza forniti dal Registro tumori del Friuli-Venezia Giulia (RT-FVG). 

All’Unità è stata affidata, dal 2000, la Direzione Scientifica del RT-FVG e ha portato a 

termine, in collaborazione con l’Agenzia Regionale della Sanità, l’Università di Trieste 

e l’IN.SI.E.L. di Udine, la registrazione delle incidenze tumorali nella popolazione della 

regione Friuli-Venezia Giulia relativamente al quadriennio 1995-2000. 

Dal 2001, il RT-FVG, che fa parte dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRT), è 

stato accreditato dalla IARC di Lione. Inoltre RT-FVG è inserito all’interno di un 

gruppo collaborativo cui fanno parte i Registri Tumori delle Province Autonome di 

Trento e di Bolzano. Questo Registro ha potenzialmente la finalità di acquisire 

strumenti per la ricerca epidemiologica con ricadute per la gestione del Servizio 

Sanitario Regionale. 

(3) Studi sull’epidemiologia dell’AIDS e, in particolare sui tumori in HIV/AIDS: (a) 

studi di incrocio (record-linkage) tra dati dei Registri Tumori di popolazione con quelli 

del Registro nazionale AIDS, con lo scopo di stimare l’incidenza dei tumori definitori di 

AIDS (sarcoma di Kaposi, linfomi non-Hodgkin e carcinomi invasivi della cervice) 

dopo la diagnosi di AIDS; (b) studi per stimare l’eccesso di rischio tumorale nei 

soggetti con HIV/AIDS, con particolare attenzione ai tumori non-definitori di AIDS. 

Attualmente lo studio si è allargato includendo uno studio analogo in Svizzera, in 

collaborazione con lo IARC di Lione, la Lega Tumori Svizzera e la coorte svizzera dei 

soggetti HIV-positivi. 

Nuova esperienza: L’esperienza maturata in questi 3 filoni principali, è confluita nella 

progettazione e produzione di uno studio di incrocio tra gli studi caso-controllo condotti 

in FVG e nel Veneto e le rispettive anagrafi sanitarie, per rintracciare i soggetti, 

verificare il loro stato vitale e valutare l’impatto sulla sopravvivenza e la qualità della 

vita dopo il tumore di numerose variabili socio-demografiche e comportamentali. 

Questo tipo di incrocio ci permette di ricostruire la storia sanitaria di ciascun soggetto 

(ricoveri ospedalieri, motivo/i del ricovero/i, causa dell’eventuale decesso, tipo di 

terapie) abbinata con le informazioni (storia socio-demografica, abitudini di vita, ecc.) 

che lo stesso aveva fornito precedentemente partecipando allo studio caso-controllo. Per 

i casi, abbiamo sviluppato un programma di analisi della sopravvivenza sia per tutti i 

tumori, sia per singolo tumore. Sono in corso di realizzazione confronti delle 

sopravvivenze rispetto ai dati forniti dai registri tumori italiani ed europei 

(EUROCARE). Per i controlli (soggetti senza tumore al momento dell’intervista), 

abbiamo sviluppato un programma per lo studio dell’incidenza dei tumori che si sono 

verificati negli anni successivi all’intervista. In questo modo abbiamo costituito una 

coorte dove i soggetti che hanno sviluppato un tumore rappresentano i nuovi casi, 

mentre i rimanenti soggetti rappresentano i controlli. 

154


Di tutti questi soggetti abbiamo a disposizione le dettagliate informazioni sociodemografiche, 

le abitudini alimentari e comportamentali dei soggetti raccolte tramite un 

questionario negli studi caso-controllo. 

Collaborazioni: Il coinvolgimento, infine, dell’Unità in studi cooperativi nazionali 

(Istituto Superiore di Sanità, Roma; Istituto “Mario Negri” Milano; Istituto Tumori 

“Fondazione Pascale“ Napoli; Istituto Tumori Regina Elena, Roma; Istituto Tumori di 

Genova; Istituto “Spallanzani” Roma; Cattedra di Igiene ed Epidemiologia, Università 

di Udine; Cattedra di Igiene, Università di Brescia; Dipartimento di Scienze 

Biomediche, Università di Catania; Associazione Italiana dei Registri Tumori), e 

internazionali (IARC di Lione; Registre Vaudois des Tumeurs, Lausanna; Imperial 

Cancer Research Fund, Oxford; St. Michel’s Hospital, University of Toronto, Ontario; 

Department of Dermatology University of Graz, Swiss Cancer League, Oncosuisse, 

Swiss HIV Cohort Study, Bern), ha permesso di contribuire allo studio di rilevanti temi 

scientifici nel campo dell’epidemiologia virale e nutrizionale. 

Nuove sinergie: La sinergia tra i principali filoni di ricerca che costituiscono l’anima 

dell’Unità è evidente e li rende inscindibili per due ragioni principali: (a) per la 

difficoltà di condurre e gestire studi eziologici (caso-controllo, coorte) e di 

epidemiologia molecolare (studi di suscettibilità genetica), senza avere stretti rapporti 

con gli strumenti di stima dell’incidenza e della mortalità per i tumori (dati ISTAT; 

Registro tumori) nell’area geografica in cui gli studi vengono condotti; (b) la crescente 

disponibilità di banche dati diverse e di buona qualità (registri di mortalità e incidenza; 

registri di dimissione ospedaliera; anagrafi sanitarie; anagrafi comunali), fa di tali 

banche dati, uno strumento prezioso di ricerca epidemiologica. 

Finanziamenti/Pubblicazioni: Nel corso di questi 20 anni l’Unità ha ottenuto 

finanziamenti da 3 Progetti Finalizzati IRCCS del Ministero della Sanità, 5 progetti 

dell’Istituto Superiore di Sanità, 9 progetti di ricerca AIRC, 2 progetti della Lega 

Italiana per la Lotta contro i Tumori, realizzando circa 800 pubblicazioni su diverse 

riviste scientifiche internazionali, 200 pubblicazioni su riviste italiane. 

Lo staff attuale: Personale di ruolo: 2 medici (Silvia Franceschi, in aspettativa c/o 

IARC, Lione dal 1/11/2002; Gianni Vicario, responsabile del RT-FVG); 2 biologi 

(Renato Talamini, responsabile Unità di Epidemiologia Clinica e Valutativa; Ettore 

Bidoli); 1 statistico (Luigino Dal Maso); 1 assistente tecnico epidemiologico (Susan 

French); 1 infermiera professionale (Tiziana Angelin); 1 dietista (Maria Olinda 

Volpato); 2 segretarie (Ilaria Calderan, Luigina Mei). Borsisti/contrattisti: 2 statistici 

(Jerry Polese, Antonella Zucchetto); 1 biologo (Ornella Forgiarini); 1 psicologo 

(Gianantonio Laconca). Intervistatrici a contratto: 2 infermiere (Lucia Zaina, 

Giuseppina Bessega). 

Sito web: www.cro.it 

Pubblicazioni principali: 

Clifford GM, Polesel J, Rickenbach M, Dal Maso L, Keiser O, Kofler A, Rapiti E, Levi 

F, Jundt G, Fisch T, Bordoni A, De Weck D, Franceschi S; Swiss HIV Cohort. 

Cancer risk in the Swiss HIV Cohort Study: associations with immunodeficiency, 

smoking, and highly active antiretroviral therapy. J Natl Cancer Inst. 2005; 

97(6):425-32. 

155


Talamini R, Montella M, Crovatto M, Dal Maso L, Crispo A, Negri E, Spina M, Pinto 

A, Carbone A, Franceschi S. Non-Hodgkin's lymphoma and hepatitis C virus: a 

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157


FONDAZIONE ONLUS ATTILIA POFFERI 

Sandra Fabbri 

La Fondazione ONLUS ATTILIA POFFERI è un'organizzazione scientifica privata 

senza fini di lucro riconosciuta dalla Regione Toscana con Decreto del Presidente n°133 

del 31/3/1992. 

La Fondazione ha sede a Pistoia. 

Scopo della Fondazione è quello di sostenere la Ricerca Scientifica nel campo 

dell'Oncologia, sia con studi svolti direttamente nel territorio di azione ( la Provincia di 

Pistoia), sia collaborando con altri Enti ed Istituzioni che perseguono gli stessi fini. 

Si vuole promuovere, in particolare, un'ottica di studio che si propone di valutare lo 

stato di salute e, di conseguenza, i bisogni della popolazione, nel campo della Sanità 

pubblica. 

La Fondazione è gestita da un Consiglio di Amministrazione composto da 9 membri: il 

Presidente, due cofondatori, tra i quali la Direttrice della Fondazione, due rappresentanti 

dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” , di Milano, un rappresentante 

dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), un rappresentante della 

Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, un rappresentante della Lega 

Italiana per la Lotta contro i Tumori, sezione di Pistoia, un rappresentante dell’Ordine 

Provinciale dei Medici e Chirurghi . 

Salvo il Presidente e i cofondatori, gli altri membri del CdA durano in carica 5 anni, ma 

possono essere rinominati più volte. 

La Fondazione Pofferi collabora, fin dall'inizio, con una larga fascia di Medici di 

Medicina Generale della Provincia di Pistoia. Il primo Progetto gestito in collaborazione 

coi Medici di Famiglia è stato uno studio di sorveglianza dell'incidenza della patologia 

tumorale nella Provincia di Pistoia, rilevata dalle sole segnalazioni dei MMG. Lo studio, 

che ha avuto una durata di 9 anni, era promosso dalla Società Italiana di Medicina 

Generale ed i risultati sono stati raccolti in tre pubblicazioni, disponibili presso la 

Fondazione stessa. 

Questo stesso studio ha dato luogo alla redazione di 4 tesi di Diploma/Laurea in Scienze 

Statistiche presso l’Università di Firenze ( relatore Prof. Marco Marchi).Negli anni 

2001-03 la Fondazione e i MMG hanno continuato a collaborare ad un nuovo studio, il 

Progetto ITER, che indagava l’iter diagnostico e terapeutico dei pazienti oncologici 

residenti nella Provincia di Pistoia, dalla prima visita al MMG, visita che conduce ad 

accertamenti diagnostici e, nel caso di conferma del sospetto del tumore, alla o alle 

terapie.Lo studio è stato condotto in convenzione con l’Azienda USL n°3 di Pistoia. La 

stretta collaborazione coi Medici di Medicina Generale ha costituito un tratto peculiare 

e distintivo dell’attività della Fondazione Pofferi. 

Un altro scopo della Fondazione è quello di offrire opportunità di aggiornamento e 

promozione culturale nel campo della pratica della Medicina, e specificatamente in 

Oncologia ed Epidemiologia, attraverso la promozione e la realizzazione di iniziative 

che abbiano come obiettivo il miglioramento della qualità dell'assistenza sanitaria. 

La Fondazione è convenzionata con l'Azienda USL n°3 di Pistoia, e collabora con il 

Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze, con il Dipartimento di 

Statistica dell'Università di Firenze, con la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori e 

con altre Associazioni di Volontariato. 

159


La convenzione con l'ASL n°3 di Pistoia ha riguardato, fino al 2002, la creazione e la 

gestione di tre Registri di Patologia per i Tumori della Mammella, del Colon-Retto e 

della Prostata,per gli anni 1997-2001,e la supervisione dello Screening Mammografico. 

Attualmente la raccolta dei dati è stata ampliata ad altre tre patologie oncologiche, e più 

precisamente si sono creati i seguenti Registri: Tumore del Polmone (anni 2001-03), 

Tumore della Cervice Uterina ( anni 2002-03, in via di ampliamento, fino a coprire il 

periodo 1997-01) e Tumori dell’apparato Ematolinfopoietico (anni 2002-03, in via di 

ampliamento, fino a coprire anche l’anno 2001). 

La Fondazione ONLUS Attilia Pofferi è stata inoltre presente nel Gruppo Italiano per lo 

Screening Mammografico ( GISMa), dove era responsabile nazionale di un gruppo di 

studio sulle patologie benigne della mammella screen-detected. 

Quest’ultimo progetto ha dato luogo alla pubblicazione di un lavoro su “Tumori”, nel 

2004. 

La Fondazione aderisce alla Associazione Italiana Registri Tumori (AIRT) e alla 

Associazione Italiana di Epidemiologia ( AIE). 

La Fondazione Pofferi ha pubblicato 11 poster e 8 articoli negli anni 1997-2004. 

FONDAZIONE ONLUS ATTILIA POFFERI 

LARGO SAN BIAGIO 109 

51100 PISTOIA 

TEL. 0573-358384 

FAX 0573-508218 

E-MAIL: fondazionepofferi@tin.it 

Progett leader attuale: 

INDAGINE SULLO STATO DI SALUTE DELLE FAMIGLIE DEGLI 

ORTOVIVAISTI PISTOIESI 

RAZIONALE: La necessità di varare questo nuovo studio è nata dalla consapevolezza 

della grande diffusione dell’attività ortovivaistica nell’Area Pistoiese, e delle 

conseguenze che questo tipo di lavoro può portare, in termini di salute pubblica , sulla 

collettività. In letteratura si trovano studi che espongono ipotesi di correlazione tra 

esposizione a pesticidi ed erbicidi ed insorgenza di tumori, soprattutto all’apparato 

emolinfopoietico e vescicale. Con questo studio si intende perciò valutare lo stato di 

salute dei lavoratori esposti e delle loro famiglie, per individuare o escludere eventuali 

correlazioni tra esposizioni a prodotti per l’agricoltura e sviluppo di malattie tumorali. 

Descrizione del progetto da realizzare:L’oggetto dell’indagine sarà costituito da un 

campione di 1500 persone tratto da tutti gli addetti alle colture di piante ornamentali 

censiti INPS e dai possessori di patentino per l’uso di fitofarmaci operanti nell’Area 

Pistoiese e dalle loro famiglie, (popolazione stimata di circa 12000 persone : 5000 

addetti dichiarati nell’Area in esame operanti in 1800 Aziende Agricole) cui sarà 

somministrato un questionario creato ad hoc, e da una coorte retrospettiva di ex addetti 

agricoli, che abbiano operato nel territorio in esame negli anni dal 1975 al 2000, il cui 

numero deve essere determinato.La durata dello studio sarà di 3 anni. Nel primo anno 

verrà effettuato uno studio di fattibilità per verificare il numero esatto degli esaminati, 

l’età e la possibilità di ricostruzione della storia lavorativa degli ex addetti, il loro stato 

in vita o la causa di morte; verrà effettuata una prova di fattibilità e comprensione del 

160


questionario sullo stato di salute della coorte in esame. Negli anni successivi si 

continueranno a somministrare i questionari, verrà implementata la raccolta dei dati 

dagli archivi INPS sia locali che nazionali, integrati dagli archivi provinciali dei 

patentinati e degli operatori vivaisti. 

Nell’anno finale saranno elaborati i risultati delle 2 coorti create (retrospettiva e 

prospettica, quest’ultima creata su chi avrà compilato il questionario). 

E’ prevista una relazione annuale da inviare agli Enti finanziatori, e 3 comunicazioni: 

una all’inizio del Progetto, in cui si annuncia la nascita e lo svolgimento dello stesso, 

una dopo 2 anni dall’inizio, per aggiornare sia gli Enti partecipanti sia la popolazione 

sull’avanzamento dello stesso, e l’ultima, alla fine del Progetto, per la presentazione dei 

risultati. 

Materiali e Metodi: E’ prevista la somministrazione di un questionario ad hoc per una 

prima valutazione degli stili di vita e successivo follow up dei rispondenti. Verrà 

effettuata la ricostruzione della storia lavorativa per la coorte retrospettiva e la 

valutazione dello stato in vita o della causa di morte. Le fonti dei dati saranno gli archivi 

dell’INPS nazionale, della Camera di Commercio Provinciale e l’elenco dei patentinati 

provinciali. 

Obiettivi: L’obiettivo principale è la valutazione dello stato di salute in una coorte 

vivente e operante su un territorio definito e poco sottoposto a studi specifici ( Area 

Pistoiese), con particolare attenzione alle eventuali malattie tumorali, e l’individuazione 

di strategie di prevenzione primaria per evitare l’insorgere di tali malattie. Un altro 

scopo è quello di valutare le cause di morte (eventuali) di una coorte retrospettiva di 

lavoratori agricoli che abbiano svolto la loro attività nel territorio in esame dal 1975 al 

2000, e il cambiamento nel tempo delle suddette cause di morte. 

Durata del progetto: 1 anno di studio di fattibilità + 2 di svolgimento data di 

termine 31/12/2008 

Destinatari del progetto e numero degli utenti che si intende servire 

Destinatari: sia la popolazione Pistoiese nel suo complesso, sia le Istituzioni Pubbliche 

(Provincia di Pistoia, Regione Toscana, Comuni interessati alle attività vivaistiche) e 

private, come le Associazioni degli Agricoltori , cui sarà fornita una “fotografia” di una 

parte importante dei lavoratori di un settore poco indagato da vicino, per attuare 

provvedimenti atti a migliorare la qualità della vita. I soggetti oggetto dell’indagine 

andranno da un minimo di 1500 persone, sopra descritte, maschi e femmine, a un 

numero massimo da determinarsi , nella verifica di fattibilità dello studio stesso.Sarà di 

fondamentale importanza, ai fini della riuscita dello studio, la quantità di persone 

rintracciabili tramite gli archivi precedentemente citati, per la determinazione delle 

cause di mortalità. 

Metodi di valutazione del Progetto 

Verrà effettuata, alla fine di ciascun anno, la verifica su quanti questionari saranno stati 

somministrati e quanti casi verranno raccolti tramite l’archivio INPS e correlati. La 

valutazione finale verterà sulla descrizione degli stili di vita, come si evincerà dalle 

risposte date alle domande sui questionari, paragonati a ciò che si trova in letteratura. 

Particolare risalto sarà dato alla parte che concerne la familiarità per tumore (ultima 

tabella di domande). 

Alla fine della raccolta dei dati di mortalità si produrranno tassi suddivisi per periodi, 

che saranno paragonati a quelli della popolazione generale della Provincia. I dati 

161


saranno resi pubblici mediante un Congresso pubblico e mediante pubblicazioni, che 

metteranno in risalto il ruolo degli Enti finanziatori. 

Enti e istituzioni coinvolte 

Fondazione ONLUS Attilia Pofferi ( promotrice dello studio), Azienda USL n°3 di 

Pistoia-UU.FF.PISLL (Medicina del Lavoro), Centro Per lo Studio e la Prevenzione 

Oncologica di Firenze, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” 

Milano,Unione Provinciale Agricoltori, CIA, Coldiretti, altre Associazioni vivaistiche 

operanti nella Provincia, INPS, Provincia di Pistoia, Regione Toscana, Comuni di 

Pistoia, Quarrata, Serravalle P.se. Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia S.p.A. 

Territorio oggetto di studio 

Area Pistoiese della Provincia di Pistoia: Comuni di Pistoia, Quarrata, Serravalle 

Pistoiese. 

162


COR LIGURIA: CENTRO OPERATIVO REGIONALE DEL REGISTRO 

NAZIONALE DEI MESOTELIOMI 

Valerio Gennaro, Anna Lazzarotto, Paolo Viarengo, Monica Bianchelli, Lucia Benfatto 

Dipartimento Epidemiologia e Prevenzione - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro (IST) 

Genova 

Il Registro Mesoteliomi della Regione Liguria è stato attivato dalla Regione Liguria nel 

1994. Dal 1996 copre tutta la popolazione regionale (ab: circa 1.6 milioni). Dal 

novembre 2003 è stato individuato come Centro Operativo Regionale (COR - Liguria) 

del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (RENAM) istituito presso l'ISPESL. Data la 

rilevanza del problema in Liguria, il COR è stato uno dei primi registri tumori di 

popolazione italiani (art. 36, DL 277, 1991). La principale attività consiste nel rilevare, 

selezionare, registrare ed analizzare il complesso delle informazioni demografiche, 

geografiche, temporali, cliniche ed eziologiche riferite al paziente con mesotelioma e di 

individuarne la specifica correlazione con l’asbesto. Nell'intero periodo di attività 

(1994-2004) il COR ha registrato oltre 1300 nuovi casi di mesotelioma (80% maschi). 

Circa il 65% dei casi presenta una conferma microscopica. Circa la metà dei casi con 

diagnosi certa o sospetta di mesotelioma viene segnalata attivamente dai reparti clinici. I 

dati sono integrati dalle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) dalla Regione 

Liguria. Il COR verifica le diagnosi e seleziona la casistica. Il COR rintraccia 

direttamente il paziente e propone una intervista diretta mirata all’ambiente di vita e 

lavoro. Attualmente il COR ha rilevato fattori eziologici per il 70% dei pazienti. Il 53% 

dei pazienti è definito come certamente esposto in ambiente lavorativo. Un ulteriore 

30% è classificabile come probabile e possibile esposto sul lavoro (classificazione 

RENAM). I casi asbesto-correlati sono stati identificati in differenti aree: cantieristica 

navale, edilizia, trasporti marittimi, industria meccanica, siderurgia, raffinerie di 

petrolio, industria chimica, ecc. ed in specifiche province (Spezia, Genova). 

Il REM è riconosciuto dalle associazioni dei registri tumori italiana (AIRT) ed 

internazionale (IACR) dell'International Agency for the Research on Cancer (IARC) 

collabora con i principali reparti di diagnosi e cura della regione, con altri COR ed altri 

registri mesoteliomi, con autorità giudiziarie, INAIL, ASL, ecc. 

Tra le attività future sarà prioritario: 1) consolidare il gruppo di lavoro; 2) mantenere la 

tempestività della rilevazione (il 95% dei pazienti deve essere individuato, selezionato 

ed intervistato entro 6-12 mesi dall’incidenza); 3) aggiornare al 2005 i trend temporali e 

geografici; 4) identificare nuove popolazioni ed aree/mansioni lavorative ed 

extralavorative a rischio; 5) coordinare e/o collaborare a studi clinici, statistici, salute 

pubblica e riconoscimento di malattie professionali. 

Bibliografia 

Gennaro V, Montanaro F, Lazzarotto A, Bianchelli M, Celesia MV, Canessa PA. Mesothelioma registry 

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Szeszenia-Dabrowska. N. Methodology for lognormal modelling of malignant pleural mesothelioma 

survival time distributions: a study of 5580 case histories from Europe and USA.Phys Med Biol. 2004 

Sep 7;49(17):3991-4004. 

Gennaro V, Ugolini D, Viarengo P, Lazzarotto A, Montanaro F, Bianchelli M, Benfatto L, Puntoni R. 

Incidence of pleural mesothelioma in Liguria Region, Italy (1996-2002) EJC, 2005 (in press) 

163


IL CENTRO DI RIFERIMENTO PER L'EPIDEMIOLOGIA E LA 

PREVENZIONE ONCOLOGICA (CPO) IN PIEMONTE 

Franco Merletti 

Materiale informativo reperibile su www.cpo.it 

La storia del CPO-Piemonte risale agli anni 70 ed alla Cattedra di Epidemiologia dei 

Tumori dell'Università di Torino, diretta da Benedetto Terracini. Nel 1982 l'espansione 

dell'attività ha portato a costituire due servizi di Epidemiologia dei Tumori, allora 

collocati rispettivamente nell'Ospedale S.Giovanni Battista e nell'ASL 1-23 di Torino. 

Nel 1995 viene costituito il CPO, che giuridicamente è definito da una delibera di 

Giunta Regionale e da un accordo di programma tra le Aziende interessate. 

Attualmente, la riorganizzazione delle ASL ha portato entrambi i servizi di 

epidemiologia dei Tumori nell'ASO S.Giovanni Battista. Il CPO si è successivamente 

esteso con l'inserimento della Unità di Valutazione Screening (ASL 1), della Unità di 

Epidemiologia dei Tumori di Novara. E' in corso il collegamento con il Registro Tumori 

di Biella. 

Il CPO origina da Università e SSN. Attualmente sono presenti competenze molto 

diversificate, sia in ambito medico (epidemiologia, anatomia patologica, medicina del 

lavoro, igiene, organizzazione dei servizi sanitari) sia di altre discipline (statistica, 

fisica, biologia, economia, psicologia e scienze della comunicazione). 

Il CPO svolge sia attività di ricerca sia attività conseguenti ad un mandato istituzionale 

per la produzione di informazioni utili per il SSN. Un elenco aggiornato delle attività è 

disponibile sul sito www.cpo.it (programma di attività). Da due anni il CPO produce un 

contributo epidemiologico alla relazione sanitaria sull'oncologia. Queste attività 

presuppongono un rapporto complessivamente buono con l'ente (sia la Regione sia le 

aziende interessate). Da sottolineare che il CPO svolge anche attività immediatamente 

rilevante per le aziende in cui sono collocate le Unità Operative del CPO, come il 

contributo alla preparazione di linee guida aziendali, al sistema informativo dei ricoveri 

ed alle ricerche cliniche. 

ll gruppo è composto da: 40 strutturati (medici 50%); 110 non strutturati (medici 30%, 

laureati in altre discipline 50%, diplomati 20%). Si cerca di fornire al personale 

adeguata formazione in epidemiologia e viene favorita la partecipazione a corsi brevi e 

master. 

Da quali risorse economiche è sostenuto? Fondi istituzionali e fondi di ricerca. 

Il campo di interesse prevalente riguarda l'epidemiologia di tumori, che viene 

interpretata con indagini descrittive, di epidemiologia eziologica, di epidemiologia 

clinica ed interventi sulla organizzazione degli screening, dell'assistenza oncologica e 

sulla prevenzione primaria. In sede di convegno saranno presentate alcune iniziative 

esemplificative, quali la ricerca sui metodi di screening per il tumore colorettale, la 

produzione di linee guida ed i programmi di ricerca eziologica. Inoltre il CPO partecipa 

a studi su altri settori, quale ad es. lo studio SIDRIA sulla patologia respiratoria 

infantile. 

Il gruppo ha numerosi e frequenti collegamenti internazionali e nazionali, 

prevalentemente per la conduzione di studi multicentrici o per la partecipazione a 

gruppi di lavoro su specifici argomenti. In ambito regionale, il CPO fa parte della Rete 

dei Servizi di Epidemiologia. La produzione di linee guida è svolta in relazione alla 

Commissione Oncologica Regionale. 

165


I prodotti principali del gruppo sono costituiti da: pubblicazioni scientifiche sulla 

letteratura internazionale e nazionale, un contributo annuale per la relazione sanitaria 

sugli aspetti epidemiologici sull'oncologia, una collana di pubblicazioni, linee guida e 

strumenti informatici per i programmi di screening, linee guida sulla pratica clinica, 

documentazione sul rischio cancerogeno, un sito internet (www.cpo.it). Il gruppo svolge 

una consistente attività didattica, sia nei corsi universitari sia in corsi brevi e master, tra 

cui segnaliamo il master di II livello in epidemiologia organizzato a Torino. 

Nel medio periodo si prevede di continuare nell'attività svolta, potenziando in 

particolare le attività connesse alla prevenzione primaria e curando una migliore 

diffusione dell'attività sul territorio piemontese. 

166


PRESENTAZIONE DELL’UNITÀ DI EPIDEMIOLOGIA E BIOSTATISTICA 

DELLA SEZIONE DI LECCE DELL’IFC-CNR 

E.A.L. Gianicolo 

Introduzione 

L’Unità di Epidemiologia e Biostatistica si è costituita nel luglio 2004 all’interno 

dell’Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo (ISBEM), società no-profit 

impegnata nella ricerca in campo biomedico e sanitario. Attualmente l’Unità opera 

nell’interno dell’Istituto di Fisiologia Clinica (IFC) del CNR, sezione di Lecce. 

Chi siamo 

L’U.O. è attualmente composta da: 

Emilio GIANICOLO, coordinatore. Laureato in statistica, specializzato in Ricerca 

Operativa e Strategie Decisionali. Ricercatore dal 1998 al 2003 presso l’Istituto 

Nazionale di Statistica (ISTAT) nell’Unità Operativa che svolge l’indagine periodica su 

“Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”. Da maggio 2005, ricercatore IFC- 

CNR; 

Maria SERINELLI, laureata in statistica, master ESTRIS (Esperti in Trasferimento 

dell’Innovazione in Sanità) organizzato dall’ISBEM, attualmente al primo anno di 

dottorato presso l’università di Lecce. Fa parte dell’Unità da luglio 2004; 

Carmelita IAIA, laureata in statistica, ha collaborato con la Fondazione Oncologica 

Europea di Scienze Ambientali “Ramazzini” di Bologna nella stesura dei resoconti del 

registro tumori. Fa parte dell’unità da ottobre 2004; 

Americo ZUFFIANÒ, maturità classica, fa parte dell’unità da luglio 2004. 

Collaborano, inoltre: 

Maurizio PORTALURI, primario di radioterapia dell’AUSL BR/1. Ha incarico di 

insegnamento su “Controlli di qualità in radioterapia” nella Scuola di Specializzazione 

in Radioterapia presso l’Università “Cattolica” di Roma e incarico di insegnamento nel 

Corso di Laurea in Fisioterapia presso l’Università di Bari. Ha incarico gratuito di 

ricerca con l’IFC-CNR; 

Carlo Giacomo LEO, laureato in economia con dottorato di ricerca, esperto in analisi 

dei profili di cura e valutazione economica dei percorsi sanitari, ricercatore IFC-CNR; 

Domenico ARGENTIERO, maturità scientifica, esperto nella predisposizione di 

applicazioni per l’acquisizione dei dati; 

Roberto GUARINO, analista contabile, amministratore di rete, amministratore di data 

base ed esperto nello sviluppo di applicazioni web. 

Elisa OCCHINERI, laureata in scienze biologiche, docente di ruolo di Scienze 

Matematiche Fisiche, Chimiche e Naturali nella scuola media inferiore. 

La missione 

Le Istituzioni preposte a prendere decisioni e ad investire risorse per la salute dei 

cittadini hanno l’esigenza crescente di descrivere con strumenti obiettivi e comparabili 

nello spazio e nel tempo lo stato di salute della popolazione o di specifici gruppi di essa. 

Un’Unità Operativa di Epidemiologia e Biostatistica deve saper rispondere alla richiesta 

di informazione che deriva dalle medesime istituzioni. Deve operare in sinergia con esse 

fornendo gli strumenti e i metodi utili acché le informazioni stesse si trasformino in 

conoscenza e questa in interventi fattivi per il miglioramento della qualità della vita dei 

cittadini. Una quesito preliminare è, però, d’obbligo: cos’è la salute? La salute, secondo 

167


un’autorevole definizione (OMS 1 ) è “lo stato di completo benessere fisico, mentale e 

sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità” (figura 1). 

Figura 1 – La persona al centro del sistema salute 

Caratteristiche ambientali 

168 

Caratteristiche individuali 

Si tratta, quindi, di una condizione complessa, legata al benessere generale della 

persona, alla condizione di completa efficienza psico-fisica dei suoi organi e apparati e 

ad un equilibrio generale dell’individuo nel contesto sociale in cui è inserito. La salute 

può essere definita, pertanto, come un sistema complesso che ha al centro la persona. 

All’interno del sistema salute, le coordinate della persona sono rappresentate dalle sue 

caratteristiche individuali e da quelle del contesto in cui vive (figura 1). 

Il sistema salute necessita di una approfondita conoscenza delle dimensioni che lo 

compongono e presuppone l’integrazione di discipline (medicina, biologia, ecologia, 

economia e bioingegneria), di istituzioni e di coordinamento degli interventi. 

La missione dell’U.O. è analizzare il sistema salute attraverso l’integrazione con altre 

discipline (medicina, biologia, ecologia, economia e bioingegneria), operando in 

maniera sinergica con gli altri attori che operano nella medesima area di interesse, 

intervenendo nella direzione della ricerca e della formazione. 

Obiettivi 

La ricerca implica lo studio, lo sviluppo e l’implementazione di metodi e modelli atti a 

progettare, analizzare e interpretare dati generati dall’osservazione di: 

Condizioni di salute della popolazione; 

Domanda e offerta di servizi sanitari; 

Dinamiche sociali ed economiche del territorio; 

Casi clinici; 

1 Preamble to the Constitution of the World Health Organization as adopted by the International Health Conference, 

New York, 19-22 June, 1946; signed on 22 July 1946 by the representatives of 61 States (Official Records of the 

World Health Organization, no. 2, p. 100) and entered into force on 7 April 1948


Effetti dell’inquinamento. 

I metodi e i modelli consentono di trasformare i dati rilevati in informazioni e 

finalizzare queste al supporto dei decisori nelle azioni che concernono: 

La pianificazione dell’offerta dei servizi sanitari; 

Il monitoraggio delle condizioni di salute della popolazione; 

Il monitoraggio degli effetti degli inquinanti sulla salute della popolazione; 

La promozione della salute (prevenzione); 

Il rafforzamento della capacità del sistema a reagire in modo rapido e coordinato alle 

minacce per la salute. 

Gli interventi nella direzione della formazione sono da indirizzare sia verso l’interno 

che verso l’esterno. 

Gli obiettivi formativi a beneficio dei ricercatori e tecnici interni riguardano: 

L’arricchimento e il consolidamento delle competenze metodologiche; 

Lo sviluppo di competenze di tipo tecnico (per esempio, l’uso di specifici software per 

le analisi di tipo statistico-epidemiologico); 

Lo sviluppo di capacità di progettazione. 

Al raggiungimento di tali obiettivi concorrono: 

La ricerca; 

L’adozione del metodo dell’imparare lavorando; 

Il confronto continuo con referenti scientifici nazionali ed internazionali; 

La frequenza di corsi di formazione presso Università ed Enti Pubblici di Ricerca 

(CNR, ISTAT, ISS). 

Gli interventi di formazione all’esterno dell’U.O. possono essere suddivisi nelle 

seguenti sub-direttrici: 

Interventi rivolti a ricercatori e tecnologi delle altre UU. OO.; 

Interventi di formazione e di divulgazione dei risultati rivolti all’esterno della sezione e 

indirizzati a: 

Decisori istituzionali; 

Operatori del Sistema Sanitario Regionale e Nazionale; 

Studenti; 

Cittadini. 

Uno strumento strategico che si vuole adottare per raggiungere gli obiettivi descritti 

consiste nella costruzione di una solida rete di rapporti con: 

Istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali; 

Istituzioni pubbliche; 

Strutture sanitarie. 

Organizzazione 

L’organizzazione dell’U.O. adotta uno schema di tipo orizzontale, basato su rapporti 

paritari e non gerarchico-funzionali fra i soggetti che la compongono. Tale schema 

favorisce la crescita di responsabilità dei singoli ed una autonomia nelle fasi operative. 

Il coordinamento, pertanto, si esplica in una funzione di “collante” dei soggetti e delle 

attività. 

L’obiettivo che ci proponiamo di raggiungere, attraverso lo schema organizzativo 

brevemente descritto, è quello di costruire un gruppo di lavoro che generi una Gestalt, 

ossia produca un risultato il cui valore globale sia superiore alla somma dei valori 

individuali. 

Le attività 

Le attività finora svolte dall’Unità sono distinte in attività: 

169


Di ricerca per: 

L’analisi dei dati e la redazione del 2° profilo di salute della città di Mesagne; 

L’indagine statistica sulle principali caratteristiche (dimensione, pazienti trattati, 

disponibilità di personale medico e paramedico) delle UTIC (Unità di Terapia Intensiva 

Coronarica) pugliesi; 

Il progetto PROSES (Profilo Socioeconomico e Sanitario dei pazienti oncologici), nella 

definizione del disegno dello studio, nell’ideazione dei questionari e in tutte le fasi del 

processo di produzione dei dati; 

Formative attraverso: 

Le docenze per il master ESTRIS (Esperti in Trasferimento dell’Innovazione in Sanità); 

Le attività di formazione del personale paramedico addetto alla somministrazione dei 

questionari per il progetto PROSES; 

Di servizio per: 

Le analisi statistiche connesse al progetto SILGIM (Sistema Integrato Linee Guida 

Infarto del Miocardio); 

L’analisi dei dati inerenti al progetto VASSAC (Valutazione Sociosanitaria 

dell’Assistenza all’Adulto con Cardiopatia Congenita); 

L’analisi di sopravvivenza su un gruppo di pazienti affetti da glioblastoma; 

Analisi dei dati e redazione della relazione sul COPU (Corso di Orientamento Pre- 

Universitario) 2003; 

Analisi dei dati e redazione della nota preliminare sul COPU (Corso di Orientamento 

Pre-Universitario) 2004; 

Di progettazione per: 

Lo studio di fattibilità di un’indagine statistica, a livello locale, sulle abitudini 

alimentari e la prevalenza del sovrappeso della popolazione studentesca; 

Una scuola estiva sui metodi epidemiologici e statistici per le analisi geografiche su 

piccole aree; 

Un corso per l’elaborazione e l’analisi statistica di dati sanitari; 

Studio di fattibilità per la redazione dei Piani sociali di zona di enti locali. 

Risultati rilevanti 

Il risultato più rilevante, considerata la recente costituzione dell’Unità Operativa di 

epidemiologia e biostatistica, è la costituzione della stessa Unità. Ciò è coinciso con la 

creazione di un centro di competenza che ha iniziato ad essere punto di riferimento per 

decisori istituzionali ed operatori sanitari. 

170


L’AREA DI PROGRAMMA GOVERNO CLINICO DELL’AGENZIA 

SANITARIA REGIONALE EMILIA-ROMAGNA 

Roberto Grilli, Responsabile di Area 

Agenzia Sanitaria Regionale-Bologna 

Rappresenta uno dei settori di attività in cui si articola l’Agenzia Sanitaria Regionale ed 

identifica nei temi della valutazione della qualità dell’assistenza, nel monitoraggio delle 

performance cliniche e nella promozione di iniziative di miglioramento i propri settori 

di interesse. 

Recentemente a questi si è progressivamente aggiunto il tema della valutazione di 

tecnologie ed interventi sanitari. 

In questo senso, il gruppo si colloca pienamente nel contesto di quella area identificata 

come “ricerca sui servizi sanitari”. 

In generale, il tema centrale su cui si articolano le attività è appunto quello del governo 

clinico, inteso principalmente come attenzione sistematica e continuativa alla qualità 

dell’assistenza. 

Operativamente, il lavoro condotto nel corso degli ultimi 5 anni circa ha riguardato lo 

sviluppo e l’applicazione di metodologie per la valutazione delle performance cliniche, 

la conduzione di iniziative di audit clinico, l’implementazione e la valutazione di 

impatto di linee-guida cliniche, l’uso dei dati amministrativi ai fini di monitoraggio 

della qualità dell’assistenza attraverso specifici indicatori, l’uso delle analisi delle serie 

storiche come strumento di valutazione di impatto di politiche assistenziali promosse a 

livello regionale, lo sviluppo e l’applicazione di criteri clinici di prioritarizzazione degli 

accessi per la gestione delle liste di attesa. 

Un aspetto di particolare rilevanza nell’ambito delle attività del gruppo è rappresentato 

dalla costituzione di database clinici specialistici. Sviluppati principalmente in ambito 

cardiologico con la partecipazione delle competenze cliniche pertinenti, hanno la 

funzione di consentire una valutazione della qualità dell’assistenza su aspetti 

sistematicamente scotomizzati dai flussi informativi correnti (che hanno principalmente 

finalità amministrative), quali ad esempio l’appropriatezza dell’uso di specifici 

interventi. Inoltre, rappresentano lo strumento con cui valutare l’impatto di tecnologie 

ed interventi sanitari e la diffusione ed i determinanti del loro utilizzo. 

In tutte queste attività è riconoscibile una duplice valenza: da una parte fornire elementi 

informativi utili alle scelte di politica sanitaria della Regione, dall’altra concorrere alla 

ricerca in questi settori. In estrema sintesi, si potrebbe dire che la missione 

fondamentale, coerente con quella della Agenzia Sanitaria Regionale nel suo 

complesso, è produrre ricerca su tematiche e questioni rilevanti strategicamente per le 

scelte e gli obiettivi di politica sanitaria della Regione. 

In generale, le attività sono articolate in progetti specifici condotti in collaborazione con 

le aziende sanitarie della regione e si integrano con quelle di altre aree dell’Agenzia. 

Il gruppo è attualmente composto da 11 persone, con competenze epidemiologiche, 

statistiche, informatiche e di economia sanitaria. 

I risultati dei diversi progetti sono diffusi attraverso specifiche pubblicazioni a cura 

della Agenzia e/o attraverso i comuni canali di comunicazione della comunità 

scientifica (pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali, presentazioni a congressi, 

ecc.). 

171


CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI RICERCA EDUCAZIONE E 

PROMOZIONE DELLA SALUTE (CREPS) 

Mariano Giacchi 

Dipartimento Fisiopatologia, Medicina Sperimentale e Sanità Pubblica Università di Siena 

Obiettivi e organizzazione 

Il Centro di Ricerca Educazione e Promozione della Salute (CREPS) si fonda sulle basi 

concettuali e strategiche per le attività di Educazione e Promozione della Salute, come 

identificate e fissate dalla Carta di Ottawa del 1986, "nel processo che fornisce agli 

individui e alle comunità i mezzi per aumentare il proprio controllo sui fattori 

determinanti la salute, migliorandola", e pertanto si propone in sintonia con le strategie 

proposte dalla Unione Europea e dall'OMS di: 

• Sviluppare la ricerca sulla progettazione e valutazione degli interventi di 

Educazione e Promozione della Salute, e delle ricadute sulla programmazione ed 

organizzazione dei servizi offerti al cittadino. 

• Approfondire le ricerche sulle nuove modalità di approccio intersettoriale 

centrato sui luoghi organizzati in collaborazione con Enti, Servizi Sanitari, ed 

altre Organizzazioni Pubbliche e/o Private. 

• Contribuire alla ricerca di nuove modalità di intervento sulla popolazione 

generale in collaborazione con i Servizi Sanitari e le altre Organizzazioni 

Pubbliche e/o Private. 

Il CREPS ha come obiettivo quello di promuovere la ricerca e fornire il supporto 

tecnico-scientifico alla realizzazione delle attività di Educazione e Promozione della 

salute nelle Università, nelle scuole, negli ospedali, nei servizi socio-sanitari territoriali 

e nelle popolazioni, studiando, testando ed applicando metodologie di intervento e 

tecniche di analisi e di valutazione proprie della promozione della salute. 

Nello specifico il Centro si occupa di: 

• progettare, attuare, valutare e monitorare studi e attività relativi a progetti di 

Educazione e Promozione alla Salute; 

• sviluppare sistemi di sintesi e modelli di valutazione delle suddette attività da 

collocare all’interno del sistema di monitoraggio dell'efficacia del Servizio 

Sanitario; 

• offrire un supporto per iniziative didattiche e di formazione con le Istituzioni 

locali, nazionali e internazionali 

• sviluppare collaborazioni con le Istituzioni cittadine le cui finalità siano rivolte 

allo sviluppo di processi intersettoriali capaci di promuovere la salute 

sinergicamente; 

• realizzare una linea editoriale finalizzata alla produzione di materiale 

informativo ed educativo. 

Il Centro ha sede presso il Dipartimento Fisiopatologia, Medicina Sperimentale e Sanità 

Pubblica dell'Università degli Studi di Siena. 

Gli organi del Centro sono il Direttore e il Comitato scientifico. 

Il direttore pro-tempore è il Prof. Mariano Giacchi. 

173


Attività e risultati 

Le principali attività del centro riguardano il Progetto Pilota di Sorveglianza 

nutrizionale in Toscana, il Progetto HBSC-WHO sui comportamenti correlati alla salute 

negli adolescenti, le cause accidentali e violente (Mortalità per traumatismi e 

avvelenamenti in Toscana dal 1987 al 2001). 

Progetto Pilota Sorveglianza nutrizionale ed educazione alimentare basate su dati 

locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative (2000-2002) in 

Toscana. 

In collaborazione con: UO/UF Igiene Alimenti e Nutrizione delle 12 Aziende USL 

della Toscana, Dipartimento Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà della 

Regione Toscana. 

Gruppo di lavoro del CREPS: Giacomo Lazzeri (medico specialista in Igiene e MP), 

Claudio Amato (medico specializzando in Igiene e MP), Alberto Casorelli (medico 

specializzando in Igiene e MP), Donatello Giallombardo (biologo, dottorando di 

ricerca), Anna Grasso (medico specializzando in Igiene e MP), Chiara Guidoni (medico 

specializzando in Igiene e MP), Michele A. Martiello (medico specializzando in Igiene 

e MP), Stefania Rossi (statistica, ricercatore MED/42), Alessio Zani (medico 

specializzando in Igiene e MP), Mariano Giacchi (responsabile della ricerca). 

Il sovrappeso dovuto in buona parte ad uno scorretto stile alimentare e ad una scarsa 

attività fisica, è diventato un importante problema di Sanità Pubblica per le dimensioni 

raggiunte e per la tendenza verso un ulteriore incremento. 

Nel biennio 2000-2002 è stato condotto a livello nazionale un progetto pilota 

multiregionale (Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia, Puglia, Toscana) 

“Sorveglianza nutrizionale ed educazione alimentare basate su dati locali per la 

prevenzione delle malattie cronico-degenerative” finanziato dal Ministero della Salute, 

finalizzato soprattutto alla prevenzione dell’obesità in età evolutiva. Il progetto 

concentrava l’attenzione sull’obesità in età pediatrica per due motivazioni sostanziali: 

importanza del fenomeno e delle sue conseguenze e le effettive possibilità di 

prevenzione. 

In Toscana il campione estratto era composto da 3076 bambini di 8-9 anni (1583 

maschi, 1493 femmine), rappresentativo della corrispondente popolazione di coetanei. 

La prevalenza di sovrappeso nei ragazzi di terza elementare è risultata pari al 31.4%, di 

cui 8.8% obesi, senza sostanziale differenza fra maschi e femmine. Questi dati non 

generano particolare allarmismo in Toscana, dove l’obesità si attesta ai livelli più bassi 

in Italia, tipici delle zone del nord, all'interno di un gradiente geografico crescente dal 

nord al sud. 

In Toscana il progetto si è strutturato in maniera sistematica con una rilevazione a 

cadenza quadriennale. 

Progetto Comportamenti correlati alla salute tra gli adolescenti (HBSC) nella 

Regione Toscana. 

In collaborazione con: Azienda Ospedaliera Meyer di Firenze, IRRE Toscana, 

Istituto degli Innocenti, Aziende USL della Toscana. 

Gruppo di lavoro del CREPS: Alberto Casorelli (medico specializzando in Igiene e 

MP), Giulia Almagioni (antropologa, biologa), Laura Canavacci (filosofa-bioeticista, 

assegnista di ricerca), Anna Grasso (medico specializzando in Igiene e MP), Giacomo 

Lazzeri (medico specialista in Igiene e MP), Michele A. Martiello (medico 

specializzando in Igiene e MP), Stefania Rossi (statistica, ricercatore MED/42), 

Mariano Giacchi (responsabile della ricerca). 

174


Il progetto Comportamenti correlati alla salute tra gli adolescenti (Health Behaviours 

School-aged Children, HBSC), è uno studio trans-nazionale dell’OMS condotto da una 

rete multidisciplinare di ricercatori provenienti da 35 paesi del Nord America e 

dell’Europa, fra i quali l’Italia, si colloca in un’ottica strettamente legata ai principi 

ispiratori e alle metodologie che caratterizzano la Rete Europea delle Scuole che 

Promuovono la Salute ed ha come obiettivo principale quello di fornire supporto 

documentale per indirizzare le politiche e gli investimenti sulla salute dei giovani, 

attraverso il monitoraggio nel tempo del loro stato di salute e dei loro stili di vita, 

nonché l’acquisizione di conoscenze per una migliore comprensione dell’influenza che 

la scuola, la famiglia, e altri contesti sociali hanno sui loro stili di vita. 

Il progetto di ricerca/azione è stato avviato, in Toscana, nel 2003 in virtù dell’Accordoquadro 

di collaborazione sottoscritto dalla Regione con l’Ufficio Regionale per 

l’Europa dell’OMS di Venezia. 

Il protocollo HBSC prevede dei cicli di rilevazione di 4 anni. Attualmente ci troviamo 

nella fase di verifica e revisione del questionario e del protocollo in vista della prossima 

rilevazione: sono infatti attivi a livello internazionale dei focus group su ciascuna area 

tematica del questionario, i quali si occupano di raccogliere osservazioni e proposte di 

modifica con l’obiettivo di aggiornare il protocollo di quadriennio in quadriennio. 

In rappresentanza dell’equipe di ricerca nazionale, il Centro di Ricerca Educazione e 

Promozione della Salute dell’Università di Siena, a cui è stato affidato il supporto 

scientifico del progetto regionale toscano, è impegnato nel focus group internazionale 

che si occupa di “Alimentazione e abitudini alimentari”. Nel 2005 il CREPS ha 

condotto uno studio pilota di validazione della sessione “Abitudini alimentari e 

immagine corporea” del questionario internazionale. 

Nella primavera 2004 un campione casuale di circa 4500 giovani di 11, 13, e 15 anni, 

rappresentativo della corrispondente popolazione toscana, è stato coinvolto nella 

compilazione del questionario HBSC, e successivamente i dati sono stati analizzati. 

I risultati dello studio in Toscana saranno presentati in un Report edito dalla Regione 

Toscana di imminente diffusione, e saranno confrontati e discussi con quelli di altre 

realtà nel Forum Europeo HBSC che si terrà a Firenze all’inizio del 2006. 

Il quadro complessivo che ne deriva conferma alcuni tratti noti e indica degli spunti di 

riflessione per le scuole, le famiglie, le aziende sanitarie e i decisori politici. 

Studio sulla mortalità per Traumatismi e Avvelenamenti in Toscana dal 1987 al 

2001. 

In collaborazione con: Agenzia Regionale di Sanità della Toscana. 

Gruppo di lavoro del CREPS: Michele A. Martiello (medico specializzando in Igiene 

e MP), Chiara Guidoni (medico specializzando in Igiene e MP), Giacomo Lazzeri 

(medico specialista in Igiene e MP), Mariano Giacchi (responsabile della ricerca). 

Il capitolo XVII della ICD-IX “Traumatismi e Avvelenamenti” comprende le cause 

accidentali (incidenti stradali, ferroviari e aerei, avvelenamenti, cadute, annegamenti, 

etc) e quelle intenzionali per violenza autoinflitta (suicidi) e violenza interpersonale 

(omicidi). 

Partendo dalla premessa che per lo sviluppo di programmi di prevenzione è 

fondamentale disporre di informazioni accurate e attendibili, abbiamo analizzato i dati 

di mortalità della Toscana nel periodo dal 1987 al 2001, disponibili presso il Registro di 

Mortalità Regionale, istituito con delibera della Giunta Regionale Toscana n. 11409 del 

24.11.1986, e attivo da quando è stata resa disponibile per le Aziende Sanitarie Locali la 

copia calcante della scheda di morte ISTAT. 

175


Complessivamente in Toscana i tassi standardizzati di mortalità per traumatismi sono 

lievemente più bassi di quelli medi nazionali e presentano una riduzione costante e 

coerente con i dati italiani. La riduzione riguarda in misura diversa tutte le categorie 

principali. 

La diminuzione osservata dei tassi dal confronto tra inizio e fine periodo (-18% nei 

maschi e -19% nelle femmine) probabilmente è dovuta alla migliorata sopravvivenza a 

seguito di terapie per gli eventi meno gravi ed alla sempre più diffusa organizzazione di 

sistemi di salvataggio, ma anche da campagne di prevenzione sia regionale che 

nazionali e dalla legislazione in materia di sicurezza stadale. 

176


IL LABORATORIO DI EPIDEMIOLOGIA DELL’ISTITUTO DI RICERCHE 

FARMACOLOGICHE “MARIO NEGRI” 

Cristina Bosetti, Liliane Chatenoud, Silvano Gallus, Eva Negri, Alessandra Tavani, Carlo La 

Vecchia 

stituto di Ricerche Farmacologiche "Mario egri", Via Eritrea, 62, 20157 Milano 

Il “Laboratorio di Epidemiologia”, con a capo il Prof. Carlo La Vecchia, fa parte 

dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" di Milano. 

COMPOSIZIONE GRUPPO 

Il gruppo di ricerca è costituito da circa 20 persone tra ricercatori e personale tecnico, di 

cui 8 strutturati, circa 8 borsisti, e i rimanenti collaboratori/contrattisti. Oltre al capo 

Laboratorio, vi sono 2 capi unità (1 epidemiologio, 1 biostatistico), 4 

biostatistici/epidemiologi senior, 5 biostatistici junior, 4 medici/biologi collaboratori, 1 

informatico, 4 intervistatrici e 2 segretarie. 

CAMPO DI INTERESSE PRINCIPALE 

Il gruppo si occupa principalmente di epidemiologia di diverse comuni neoplasie (tra 

cui tumori del seno, del tratto genitale femminile, del tratto respiratorio e digerente, 

della prostata e delle vie urinarie, neoplasie linfoidi, melanomi, etc.) e delle malattie 

cardiovascolari, attraverso un approccio sia descrittivo, che analitico. 

EPIDEMIOLOGIA DESCRITTIVA 

Tra le attività di epidemiologia descrittiva vi sono: 

il monitoraggio degli andamenti temporali e della distribuzione geografica della 

mortalità per tumore, malattie cardiovascolari, e altre condizioni selezionate, in Italia, 

Europa e altri paesi del mondo, attraverso l'analisi dei dati periodicamente estratti dalla 

banca dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; 

l'analisi degli andamenti del consumo del fumo di tabacco nella popolazione italiana, 

degli aspetti economici del fumo di tabacco con implicazioni di salute pubblica, e dei 

corrispondenti effetti sull'incidenza e la mortalità per tumore del polmone ed altre 

neoplasie tabacco-relate; 

il monitoraggio dell’obesità nella popolazione italiana. 

EPIDEMIOLOGIA ANALITICA 

La “sorveglianza caso-controllo” 

Per ciò che riguarda l'epidemiologia analitica, il gruppo si occupa principalmente di una 

sorveglianza caso-controllo su vari tumori e patologie cardiovascolari, con la finalità di 

identificare e quantificare il ruolo di vari fattori ambientali (tra cui dieta, fumo, alcol, 

utilizzo di ormoni esogeni, etc.) e famigliari/genetici sul rischio di neoplasie. In 

particolare, si occupa dell'analisi dei correlati dietetici di tumori e malattie 

cardiovascolari; della quantificazione degli effetti sulla salute del fumo di tabacco, e del 

consumo di alcol e le loro implicazioni in termini di prevenzione; dell'analisi del rischio 

di vari tumori associati all'utilizzo di contraccettivi orali e terapie sostitutive in 

menopausa; della valutazione dell'impatto dello screening nella diagnosi precoce e nella 

prevenzione del cancro. 

Prima generazione di studi. 

Tale sorveglianza caso-controllo è iniziata negli anni ’80, con una prima generazione 

di studi, con questionari della durata di circa 20 minuti, e con una sezione dietetica 

limitata a 14-37 alimenti o gruppi di alimenti. 

177


Seconda generazione di studi 

Dagli inizi degli anni ’90 è stata avviata una seconda generazione di studi – attualmente 

ancora in corso – con un questionario più ampio (durata circa 40 minuti), includente 

informazioni più dettagliate su variabili antropometriche e le loro modificazioni 

nell’arco della vita, variabili relative all’attività fisica, e una sezione dettagliata su storia 

famigliare di tumore. Il questionario includeva inoltre una sezione dietetica validata e 

testata per la riproducibilità, includente 79 alimenti o gruppi di alimenti, oltre a 15 

domande per modulare il consumo di tali cibi. Da tale questionario, attraverso l’utilizzo 

di una banca di composizione degli alimenti sviluppata dall’Istituto Europeo di 

Oncologia, è stato possibile anche stimare il consumo calorico totale, nonché un ampio 

numero di micro- e macro-nutrienti. 

Altre attività 

Conduzione di ri-analisi di studi epidemiologici pubblicati sulla tiroide, l'ovaio e la 

mammella; 

analisi sistematiche della letteratura sul rischio di tumore in seguito all’esposizione a 

diversi fattori, tra cui esposizioni occupazionali a diverse sostanze (cloruro di vinile, 

PCB, elettrodi di carbonio, vernici etc.), utilizzo di aspirina, contagio da virus 

dell’epatite; 

analisi di coorti storiche di esposizioni occupazionali ad amine aromatiche, asbesto, 

erbicidi e altri potenziali sostanze cancerogene, in collaborazione con l’Istituto di 

Medicina del Lavoro dell’Università di Torino; 

dermato-epidemiologia in collaborazione con il Gruppo Italiano Studi Epidemiologici in 

Dermatologia (GISED), tra cui, ad esempio, un progetto di valutazione dell’efficacia di 

un intervento educativo di prevenzione primaria del tumore cutaneo, e uno studio sulla 

valutazione della prevalenza della cheratosi attinica nella popolazione italiana. 

Oltre che a produrre dati originali di interesse scientifico generale, le attività del 

Laboratorio sono rivolte alla divulgazione di tali risultati, onde ottenere un concreto 

impatto in termini di prevenzione a livello di sanità pubblica. I vari componenti del 

gruppo sono inoltre coinvolti nell’attività di revisione per numerose riviste scientifiche, 

sono inclusi in comitati editoriali di tali riviste, e collaborano in varie commissioni 

nazionali ed internazionali. 

LINEE DI SVILUPPO PER IL MEDIO PERIODO 

Terza generazione di studi caso-controllo 

Tra le linee di ricerca avviate dal gruppo negli ultimi anni vi è la realizzazione di una 

terza generazione di studi caso-controllo avviata negli ultimi anni, con questionari 

disegnati ad hoc per testare specifiche ipotesi, e in taluni casi, con la raccolta di 

materiale biologico. Per ora sono state avviati studi sul tumore della laringe, 

dell’adenocarcinoma dell’esofago, della vescica, e di diverse neoplasie del sistema 

linfo-ematopoietico. 

Studio di coorte dei soggetti intervistati nella sorveglianza caso-controllo 

Nel corso degli ultimi venti anni il gruppo ha raccolto nell’area di Milano informazioni 

su un totale di più di 20.000 pazienti con tumore, tra cui oltre 2.000 casi con diagnosi di 

infarto miocardico acuto, e più di 9.000 controlli ospedalieri. Utilizzando le 

informazioni raccolte nell’ambito della sorveglianza caso-controllo, il gruppo sta 

iniziando un progetto di record linkage dei dati disponibili con svariate banche dati del 

Comune di Milano e della Regione Lombardia, in collaborazione con il Servizio di 

Epidemiologia della ASL 1 di Milano, al fine di ottenere informazioni sullo stato vitale 

dei soggetti e, per i deceduti, sulle cause di morte (circa 3 milioni di record). I dati 

178


verranno collegati anche con il database del registro delle dimissioni ospedaliere della 

Regione Lombardia (oltre 10 milioni di record). 

Da uno studio pilota sul 10% dei soggetti, è stato possibile identificare lo stato vitale 

dell’82% dei residenti in Lombardia (che costituiscono il 90% dell’intero campione). 

Quindi, si stima di individuare circa 15.000 soggetti, equivalenti a più di 150.000 anni 

uomo. 

Il servizio di epidemiologia del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, conduce 

un follow-up simile sui soggetti da loro intervistati in Friuli, e si prevede di analizzare 

congiuntamente le due banche dati. 

Inoltre, verrà avviato uno studio pilota per valutare la possibilità di contattare i soggetti 

della coorte ancora vivi, per raccogliere alcune informazioni aggiornate sui loro stili di 

vita, alcuni indicatori della qualità di vita e, se possibile, campioni biologici. 

Prevenzione degli incidenti 

Un’ulteriore attività di cui il gruppo prevede di occuparsi riguarda l’epidemiologia degli 

incidenti; in particolare, la prevenzione delle cadute negli anziani, la prevenzione degli 

incidenti nei bambini/adolescenti e la violenza domestica, nell’ambito di progetti 

Europei. 

PRODOTTI PRINCIPALI DEL GRUPPO 

I risultati delle ricerche condotte dal gruppo vengono pubblicati principalmente su 

riviste scientifiche specializzate. Vi è però anche una continua attività di divulgazione 

scientifica e di prevenzione rivolta all’opinione pubblica generale, attraverso articoli e 

altre pubblicazioni divulgative, con la finalità di diffondere informazioni quantitative 

sul rischio di tumore dovuto ad abitudini dietetiche, consumo di fumo e alcol, ed altre 

abitudini e stili di vita, e di favorire concreti atteggiamenti di riduzione di rischio. Solo 

nell’ultimo quinquennio, il gruppo ha pubblicato più di 400 articoli, di cui oltre 350 

lavori su riviste scientifiche e una cinquantina di pubblicazioni divulgative. 

COLLABORAZIONI CON ALTRI GRUPPI 

Il gruppo ha diverse collaborazioni sia a livello nazionale che internazionale. La 

sorveglianza caso-controllo è condotta con la collaborazione del Servizio di 

Epidemiologia e Biostatistica, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano (PN); il 

Servizio di Epidemiologia, Istituto Tumori “Fondazione Pascale”, Napoli; l’Istituto 

Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova; il Servizio Integrato di Epidemiologia e 

Sistemi Informativi, Istituto Regina Elena per lo Studio e la Cura dei Tumori di Roma. 

Il follow-up dei soggetti intervistati nell’ambito della sorveglianza caso-controllo viene 

svolto in collaborazione con il Servizio di Epidemiologia della ASL 1 del Comune di 

Milano. 

Tra gli altri gruppi nazionali con cui vi è una collaborazione attiva vi sono l’Istituto di 

Statistica Medica e Biometria, Università di Milano; la Divisione di Epidemiologia e 

Biostatistica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano; il Gruppo Italiano Studi 

Epidemiologici in Dermatologia GISED, Bergamo; e l’Istituto di Medicina del Lavoro, 

CTO, Torino. 

Vi sono poi contatti con gruppi internazionali, tra cui, per citarne alcuni: il Department 

of Epidemiology, Harvard School of Public Health, Boston, USA; l’Infection and 

Cancer Epidemiology Group, International Agency for Research on Cancer, Lyon, 

France; il Registre Vaudois des Tumeurs, Institut Universitaire de Médecine Sociale et 

Préventive, Lausanne, Switzerland; la Radiation Epidemiology Unit, Department of 

Epidemiology and Genetics del National Cancer Institute, Rockville, MD, USA; il 

Department of Hygiene and Epidemiology, University of Athens Medical School, 

179


Athens, Greece; l’International Epidemiology Institute, Rockville, USA; il MRC 

Biostatistics Unit, Cambridge, UK e il Department of Epidemiology and Cancer 

Prevention, Center of Oncology, Warsaw, Poland. 

RISORSE ECONOMICHE 

La principale fonte di finanziamento del gruppo è costituita da grant ottenuti da 

organizzazioni non a scopo di lucro, quali l’Associazione Italiana per la Ricerca sul 

Cancro, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, la Commissione Europea e il 

Ministero della Sanità. Una parte minore dei fondi vengono da aziende private che 

forniscono finanziamenti per progetti ad hoc. 

180


IL DIPARTIMENTO DI MEDICINA E SANITÀ PUBBLICA ALMA MATER 

STUDIORUM DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA 

Maria Pia Fantini 1 , Mattia Altini 2 , Milena Belletti 4 , Francesca Bravi 4 , Sara Princivalle 4 , Laura 

Dallolio 4 , Giuliana Fabbri 4 , Brunella Frammartino 4 , Gianni Pieroni 4 , Elena Prati 4 , Silvia 

Pregno 4 , Elena Savoia 4 , Elisa Stivanello 4 

1 

Professore associato in Programmazione e Gestione dei Servizi Sanitari, Facoltà di Medicina 

e Chirurgia 

2 

Dottorandi di ricerca in Sanità Pubblica 

3 

Assegnista di ricerca (affiliata anche alla Harvard School of Public Health, Boston) 

4 

Specializzandi in Igiene e Medicina Preventiva 

Storia e obiettivi del gruppo 

Le condizioni di salute cambiano rapidamente e la salute pubblica deve affrontare 

attualmente nuove sfide. Alcune malattie si sono ridotte o sono state eradicate ma altre 

sono emerse insieme a nuovi determinanti e nuovi bisogni associati alle nuove 

condizioni di vita e/o di lavoro; la popolazione è invecchiata e le tecnologie sono 

migliorate. A questi cambiamenti si aggiungono le difficoltà relative al costcontainment, 

i cambiamenti delle politiche sanitarie italiane e la convinzione sempre più 

forte che gli interventi preventivi e terapeutici sia per gli individui che per la 

popolazione debbano essere fondati sulle evidenze scientifiche e rispondere oltre che a 

criteri di efficacia ed appropriatezza anche a quelli di costo-efficacia. 

Queste nuove sfide hanno reso necessario un forte cambiamento anche in ambito 

universitario per quanto riguarda la ricerca e la formazione. In particolare nell’ambito 

del Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Bologna 

si è sentita la necessità di allargare gli ambiti di ricerca e di intervento rispetto ad 

argomenti più tradizionalmente appartenenti all’igiene pubblica e quindi di estendere gli 

interessi a temi quali le politiche sanitarie, la programmazione ed in particolare la 

valutazione dei servizi sanitari. 

Per questo all’interno del Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Università di 

Bologna si è recentemente formato un “gruppo” con l’obiettivo di rispondere almeno in 

parte alle nuove esigenze di formazione e di ricerca e di contribuire così ad affrontare le 

nuove sfide della salute pubblica. 

Nello specifico il gruppo si propone di: 

promuovere una maggiore cultura epidemiologica tra gli studenti di vari corsi di 

laurea e tra professionisti sanitari 

approfondire e sviluppare metodologie di valutazione (dei trattamenti, 

dell’assistenza, delle politiche e dei programmi sanitari), utilizzabili anche in 

ambiti aziendali 

contribuire alla descrizione dello stato di salute nella popolazione e all’analisi 

dei determinanti di salute sia a livello regionale che nazionale 

contribuire alla valutazione dell’assistenza sanitaria (sia in termini di qualità, che 

di costi, che di organizzazione), delle politiche e dei programmi sanitari sia a 

livello regionale che nazionale 

favorire un dialogo tra università e mondo dei servizi sanitari con particolare 

riferimento ai temi della programmazione e della valutazione. 

Il gruppo quindi oltre a perseguire i filoni dell’epidemiologia classica, strumento 

indispensabile della sanità pubblica, si concentra in particolare sulla valutazione dei 

servizi sanitari (health services and outcome research). 

181


Caratteristiche del gruppo e collaborazioni 

Il gruppo è composto da medici (alcuni con specializzazione in Igiene e Medicina 

Preventiva, altri in pediatria o con master in epidemiologia o salute pubblica) e statistici 

e collabora in maniera formalizzata con aziende sanitarie, in particolare con l’Azienda 

Ospedaliera S. Orsola-Malpighi e col Dipartimento di Epidemiologia dell’AUSL Roma 

E, nonché con l’Osservatorio Nazionale per la Salute nelle Regioni dell’Università 

Cattolica di Roma. Il gruppo collabora anche con medici di base, con personale 

sanitario di istituti di cura sia italiani che stranieri e si avvale dell’esperienza di 

economisti, giuristi, e clinici dell’Università di Bologna. Queste collaborazioni 

assicurano alle attività epidemiologiche che si svolgono una valenza pratica ed 

applicativa ed una multidisciplinarità che consente un’attenzione anche a quesiti 

economici, sociali e giuridici. 

Attività formativa e di ricerca 

Attività formativa 

Insegnamento dell’epidemiologia in vari corsi di laurea della Facoltà di Medicina e 

Chirurgia dell’università di Bologna: Biotecnologie mediche, Igiene dentale, 

Ostetricia, Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro. 

Master Universitario di II livello in Epidemiologia per i servizi sanitari 

regionali 

Il Master è organizzato con la partecipazione del Dipartimento di Epidemiologia 

AUSL Roma E, dell’Istituto di Igiene – Facoltà di Medicina e Chirurgia – 

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, con il patrocinio 

dell’Assessorato alla Sanità della Regione Emilia Romagna, dell’Associazione 

Italiana di Epidemiologia-AIE e della Società Italiana di Igiene, Medicina 

Preventiva e sanità Pubblica – Siti. 

Il Master si propone di preparare i discenti a coprire tutti i ruoli e le funzioni svolte 

dall’epidemiologia nel Servizio Sanitario: servizi di epidemiologia in staff a 

funzioni di Direzione, servizi di Epidemiologia in posizione di linea quali 

Dipartimenti di Prevenzione, Dipartimenti di Sanità Pubblica, Dipartimenti di 

Epidemiologia delle Aziende Sanitarie, attività assistenziali con particolare impegno 

negli ambiti di ricerca epidemiologica, sia etiologica che valutativa. 

Il Master è attualmente in corso (A.A. 2004-2005); in precedenza si era svolto 

nell’A.A. 2002-2003. 

Attività di ricerca 

Percorso clinico assistenziale per la gestione del paziente con sindrome 

coronarica acuta. Valutazione di indicatori di processo e di esito 

In collaborazione con l’Azienda Ospedaliera di Bologna Policlinico S.Orsola- 

Malpighi si è creato un percorso clinico - assistenziale per i pazienti con sospetta 

sindrome coronarica acuta. Il progetto comprende tre fasi: 

• Revisione della letteratura per il reperimento di linee guida e revisioni 

sistematiche sulla gestione del paziente con sindrome coronaria acuta 

• Scelta delle raccomandazioni più utili e rilevanti rispetto al contesto 

aziendale ed adattamento locale nel PDTA 

• Implementazione e valutazione dell’intero percorso, includendo sia una 

valutazione di processo che di esito 

Attualmente è stata completata la prima e la seconda fase e sono in corso le 

valutazioni dell’implementazione del percorso clinico-assistenziale. I risultati 

preliminari sono oggetto di comunicazioni a congressi internazionali e nazionali 

182


(Health Technology Assessment, Roma – giugno 2005 e III International 

Conference of Evidence Based Health Care Teachers & Developers, Taormina - 

novembre 2005). Sinteticamente risulta che la mortalità intraospedaliera (a 30 

giorni) nei pazienti con infarto miocardico con tratto ST sopralivellato si è ridotta in 

modo significativo rispetto al periodo precedente l’implementazione del percorso. 

Il parto cesareo in Emilia Romagna. Studio sui determinanti e valutazione di 

modelli di risk-adjustment 

Il progetto si svolge in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera S.Orsola- 

Malpighi. Gli obiettivi dello studio sono: 

• valutare accuratezza e riproducibilità dei diversi metodi per calcolare la 

proporzione del parto cesareo basandosi su DRG, o procedure e diagnosi 

dal sistema informativo ospedaliero (SIO) o sui certificati di assistenza al 

parto (CeDAP) in Emilia Romagna 

• identificare i principali determinanti del ricorso al cesareo in Emilia 

Romagna 

• identificare dei modelli di aggiustamento della proporzione di taglio 

cesareo che permettano una confronto dell’utilizzo di questa procedura 

nelle diverse strutture della regione. 

Dalle prime analisi si osserva che nel 2003 in Emilia Romagna, dove la proporzione di 

parto cesareo era del 30,4% secondo il SIO (range interospedaliero: 4,4-71,7%) si ha 

una alta concordanza tra i vari metodi per calcolare la proporzione di parti cesareo. Le 

analisi proseguiranno con lo studio dei modelli di risk adjustment e dei determinanti del 

parto cesareo. 

THRIVE (Tele-reHabilitation thRough Interactive Video-Endorsement) 

THRIVE è un trial randomizzato controllato multicentrico condotto in 

collaborazione con Montecatone Rehabilitation Institute di Imola (Bologna), il Duke 

of Cornwall Spinal Treatment Centre di Salisbury (UK), il Centre de Traumatologie 

et Réadaptation di Brussels. L’obiettivo dello studio è: 

• valutare il potenziale beneficio della tele-riabilitazione rispetto alla 

standard care in pazienti tetra e paraplegici in termini di qualità della 

vita, benessere psicologico, riduzione delle complicanze cliniche e costeffectiveness 

analysis.. 

Il progetto è in corso ed il reclutamento dei pazienti è in fase di completamento. Da 

analisi preliminari relative ai primi pazienti reclutati appare un miglioramento seppur 

non significativo (>0.05) della qualità della vita nei pazienti sottoposti a telemedicina 

rispetto a quelli privi di tale dispositivo. 

Valutazione dello stato di salute nelle regioni italiane, OsservaSalute – La 

salute riproduttiva 

Il gruppo collabora dal 2003 alla redazione del Rapporto Osservasalute. Il rapporto 

si propone di valutare criticamente lo stato di salute delle popolazioni e della qualità 

dell’assistenza e di realizzare un’analisi comparativa tra le regioni italiane per 

contribuire a ulteriori miglioramenti del Servizio Sanitario Italiano. In particolare, il 

gruppo ha coordinato la stesura del capitolo “Salute Riproduttiva” ed ha studiato i 

trend temporali e geografici di due indicatori: il tasso di mortalità infantile e la 

proporzione del parto cesareo. 

Tra i risultati, l’analisi ha evidenziato una diminuzione della mortalità infantile negli 

ultimi dodici anni, ma una persistenza di forti differenze regionali. 

183


184 

L’analisi della proporzione del taglio cesareo ha rilevato un ulteriore aumento della 

pratica del parto cesareo in tutte le regioni che ha raggiunto a livello nazionale il 

valore del 36% (contro un valore di riferimento del 20% fissato dal Piano Sanitario 

Nazionale 2003-2005) con notevoli variazioni interregionali. 

Come risultato importante di questa collaborazione ed impegno, nell’aprile scorso 

per meglio discutere e sviluppare questi temi è stato organizzato un convegno 

”Salute materna e infantile”. Durante il convegno si sono analizzati i determinanti di 

salute materna ed infantile nelle regioni italiane e si sono approfonditi i metodi e gli 

strumenti per una sua adeguata valutazione. Inoltre il coinvolgimento di 

epidemiologi, clinici e policy makers ha permesso di identificare non solo nuove 

prospettive di studio ma di valutare la possibilità di maggiore coesione tra ricerca 

scientifica, pratica clinica e programmazione. 

Salute e longevità a Borgo Panigale* 

Lo studio di tipo trasversale è realizzato in collaborazione col Dipartimento di 

Patologia Sperimentale e col Dipartimento di Psicologia dell’Universita’ di 

Bologna. Gli obiettivi sono: 

• identificare i profili neuropsicologico - comportamentali, neurofunzionali 

(tramite l’impiego di alte tecnologie) e genetici dell’invecchiamento con 

successo e la determinazione della loro frequenza nella popolazione 

generale; 

• valutare i bisogni di salute ed in particolare i bisogni assistenziali degli 

anziani di un quartiere di Bologna (Borgo Panigale). 

Studio di una coorte di neonati in Emilia Romagna (CO.N.ER). Interazione 

gene-ambiente* 

Lo studio longitudinale, finanziato dal Ministero della Salute (Programma Speciale 

ex art. 12), è condotto in collaborazione col Dipartimento di Epidemiologia 

dell’AUSL-Roma/E che ha svolto lo studio pilota GASPII. Lo studio prevede la 

creazione di una banca di campioni biologici e l'arruolamento di una coorte di nati 

residenti in un'area geografica con l’obiettivo di: 

• indagare la correlazione esistente tra geni e ambiente nello sviluppo di 

patologie dell’infanzia e dell’età adulta tra cui obesità, asma e allergie, 

traumi e problemi correlati alla crescita e allo sviluppo psico-motorio. 

*I due progetti sono nella fase di raccolta data, si prevedono i primi risultati nei 

prossimi mesi.


IL LABORATORIO DI EPIDEMIOLOGIA E BIOSTATISTICA 

DELL’ISTITUTO DI IGIENE DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO 

CUORE DI ROMA 

Walter Ricciardi 

Il Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto di Igiene (Direttore Prof. 

Walter Ricciardi) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma è stato istituito nel 

febbraio del 2004, e vuole essere il punto di contatto tra le discipline quali la medicina, 

la statistica e l’epidemiologia per lo studio e la ricerca in ambito sanitario. L’attività 

riguarda prevalentemente la ricerca, la didattica la consulenza. 

Il Laboratorio è diretto dal Dott. Giuseppe La Torre, Ricercatore dell’Istituto di Igiene, 

Master in Epidemiology. 

Partecipano costantemente alle attività del Laboratorio la dott.ssa Alice Mannocci ed il 

dott. Alessando Agostinelli, entrambi Master in Epidemiologia e ricercatori a contratto, 

oltre a medici specializzandi in Igiene e Medicina Preventiva: Gemma Chiaradia, 

Francesco Gianfagna e Manuela Reali. 

Le attività del Laboratorio si caratterizzano per una spiccata multidisciplinarità, 

coinvolgendo competenze mediche, epidemiologiche, matematiche e sociologiche. 

L’attività di ricerca del Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica si concentra in tre 

direzioni: 

a) indagini epidemiologiche su fattori socio-comportamentali associati a malattie 

infettive, patologie cronico-degenerative e incidenti stradali; 

b) supporto metodologico alle indagini degli altri laboratori di ricerca dell’Istituto 

di Igiene; 

c) epidemiologia clinica, in collaborazione con gli Istituti del Policlinico Gemelli, 

in particolare orientata alle seguenti discipline: chirurgia oncologica, neurologia, 

neuropsichiatria infantile, medicina interna, allergologia, oncologia, cardiologia, 

dermatologia, odontoiatria, ginecologia, radioterapia, nefrologia, malattie 

infettive, otorinolaringoiatria, istologia, reumatologia. 

In particolare, tra alcuni dei progetti avviati recentemente, vi sono: 

- Network Italiano per l’Health Technology Assessment; 

- Doping ed uso degli integratori alimentari nello sport: conoscenze, attitudini e 

comportamenti negli studenti medi superiori e nei giovani calciatori italiani; 

- Disability Managment: attualità e prospettive; 

- Determinanti della mortalità da incidenti stradali: differenze regionali in Italia; 

- Studio caso-controllo dell’associazione fra carcinoma gastrico e marcatori 

genetici; 

- Epidemiologia e valutazione economica della leishmaniosi umana in Italia; 

- Prevenzione del tabagismo: risultati di uno studio controllato randomizzato in 

adolescenti scolarizzati. 

L’attività di didattica impegna il Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica in diversi 

indirizzi, che vanno dai Corsi di Laurea Specialistica in Medicina (Statistica Medica I e 

II anno) e di Specializzazione Area Medica (Igiene e Medicina Preventiva, Oculistica, 

Oncologia, Chirurgia Toracica), ai Corsi di Laurea Triennale, fino ai Master di II livello 

ed i Corsi di aggiornamento ECM. 

185


Il Laboratorio coordina direttamente il Master di II livello in Epidemiologia (a tutt’oggi 

si sono realizzate tre edizioni, la terza delle quali attualmente in corso), in 

collaborazione con il Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma E e l’Università 

di Cassino. 

Pubblicazioni del 2004-2005 

1. De Vito E., Arzano I., Berardi D., Capelli G., Gentile A., Langiano E., La Torre G 

Prevenzione dell’obesita’ infantile: risultati di uno studio pilota in Italia Centrale. 

Igiene Moderna 2004; 121: 301-13. 

2. Ricciardi G, La Torre G Sclerosi Laterale Amiotrofica: aspetti epidemiologici. FIGC 

Settore Tecnico I quaderni 2004; 22-27. 

3. La Torre G, Vezzo D, Arcese R, Bongiovanni C, Capelli G, Ricciardi G. 

Occurrence and correlates of HIV and Hepatitis B/C virus infections among 

prisoners of Southern Lazio, Italy. Italian Journal of Public Health 2004; 33-9. 

4. Randò T, Bancale A, Baranello G, Bini M, De Belvis AG, Epifanio R, Frisone MF, 

Gazzetta A, La Torre G Ricci D, Signorini S, Tinelli F, Biagioni E, Veggiotti P, 

Mercuri E, Fazzi E, Cioni G, Guzzetta G. Visual function in infants with West 

syndrome: correlation with EEG patterns. Epilepsia 2004; 45 (7): 781-6. 

5. De Renzi G, Bertone C, Cauchi Inglott D, Reverso Giovantin E, Arzano I, La Torre 

G Confronto tra Waaler – Rose test e ricerca del fattore reumatoide in 

immunoturbidimetria. Rivista di Medicina di Laboratorio 2004; 5 (2): 1-5. 

6. La Torre G, Limongelli F, Masala D, Brancaccio P, D’Aponte A, Canonico R, 

Capelli G, Mannocci A, Ricciardi G. Determinants of drug use in sport: a survey on 

Italian athletes. Italian Journal of Public Health 2004; 3-4: 91-5. 

7. Tolusso B, Fabris M, Sacco S, Gremese E, La Torre G, Tomietto P, Ferraccioli GF. 

Tumor Necrosis Factor in patients with reumatoid arthritis. Human Immunology 

2004; 65 (12): 1420-6. 

8. La Torre G, Iovine, Masala D, Lecce L, Capelli G, Mannocci A, Ricciardi G. E’ 

possibile prevenire l’uso dei farmaci nello sport con l’informazione? Risultati di un 

trial nei body-builders. Movimento 2004; 20 (2): 33-9. 

9. La Torre G, Moretti C, Capitano D, Alonzi M T, Ferrara M, Gentile A, Mannocci A, 

Capelli G. La prevenzione del tabagismo: risultati di uno studio controllato 

randomizzato in adolescenti scolarizzati in Cassino. Rivista Italiana di Medicina 

dell’Adolescenza 2004; 2(3): 36-40. 

10.La Torre G, Sibaud L, Capelli G, Cuccurullo P, Rossi G, Picano V, De Stefano F, 

Ricciardi G. La qualità nei servizi socio-sanitari: la valutazione della soddisfazione 

della persona-utente in reparti di riabilitazione intensiva di tre case di cura private. 

L’Igiene Moderna 2004; 122: 301-12. 

11.La Torre G, Boccia S, Ricciardi G. Glutathione S-Transferase M1 status and gastric 

cancer risk: a meta-analysis. Cancer Letters 2005; 217: 53-60. 

12.Boccia A, Damiani G, D’Errico MM, Farinaro E, Gregorio P, Nante N, Santè P, 

Siliquini R, Ricciardi G, La Torre G, Boccia S, Villari P et al.. Age- and sex-related 

utilisation of cardiac procedures and interventions: a multicentric study in Italy. Int 

J Cardiol 2005; 101 (2): 179-83. 

13.Persiani R, D'Ugo D, Rausei S, Sermoneta D, Barone C, Pozzo C, Ricci R, La Torre 

G, Picciocchi A. Prognostic Indicators After Preoperative Chemotherapy in Locally 

Advanced Gastric Cancer (LAGC). Journal of Surgical Oncology 2005; 89: 227-236. 

186


14.Dall’Oglio F, Nasca MR, La Torre G, Ricciardi G, Potenza C, Micali G. Topical 

immunomodulator therapy with squaric acid dibutylester (sadbe) is a disease 

modifying treatment for severe alopecia areata (aa): results of open-label, pairedcomparison, 

clinical trial. J Dermatol Treat 2005; 16: 10-14. 

15.Randò T, Bancale A, Baranello G, Bini M, De Belvis AG, Epifanio R, Frisone MF, 

Guzzetta A, La Torre G, Ricci D, Signorini S, Tinelli F, Biagioni E, Veggiotti P, 

Mercuri E, Fazzi E, Cioni G, Guzzetta F. Cognitive competence at the onset of West 

syndrome: correlation with EEG-patterns and visual function. Develop Med Child 

Neurology 2005, accettato per la pubblicazione. 

16.Aprile I, Padua L, Caliandro P, La Torre G et al. Multicentre study of peroneal 

mononeuropathy: clinical, neurophysiological and qualità of life assessment. J 

Peripher Nerv Syst 2005, accettato per la pubblicazione. 

17.La Torre G, De Vito E, Barra M, Masala D, Tartaglia A, Mannocci A, Ricco A, 

Capelli G, Ricciardi G. Applicabilità del nuovo Atto di Intesa Stato-Regioni per la 

gestione degli impianti natatori. Annali di Igiene 2005; 17: (4 o 5): accettato per la 

pubblicazione. 

18.Caracciolo B, La Torre G, De Vito E, Arzano I, Moretti C, Ferrara M, Gentile A, 

Capelli G. Validazione di un questionario per la valutazione delle conoscenze degli 

adolescenti in materia di malattie sessualmente trasmesse (MST). Educazione 

sanitaria e Promozione della Salute 2005; accettato per la pubblicazione. 

19. La Torre G, Mannocci A, Quaranta G, La Torre F. Determinants of traffic accident 

mortality in Italy, 1997-1999. Italian Journal of Public Health 2005; accettato per la 

pubblicazione 

20. Mettimano M, Specchia L, La Torre G, Savi, Ricciardi G, Romano Spica V. 

Epidemiologia molecolare dell’ipertensione arteriosa. Clinical and Experimental 

Hypertens 2005; accettato per la pubblicazione. 

21.Boccia S, La Torre G, Gianfagna F, Ricciardi G. Meta-analysis of NAT2 and gastric 

cancer. Italian Journal of Public Health 2005; accettato per la pubblicazione. 

22.Valentini V, Doglietto GB, La Torre G et al. Sphincter preservation in four 

consecutive phase II studies of preoperative chemoradation: analysis on 247 T3 

rectal cancer patients. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2005, submitted. 

23.La Torre G, Chiaradia G, Ricciardi G. School-based smoking prevention in children 

and adolescents: review of the scientific literature. J Public Health 2005, submitted. 

187


SEZIONE DI EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA MEDICA UNIVERSITA’ DI 

VERONA 

Roberto De Marco 

ATTIVITA’ DIDATTICA DELLA SEZIONE 

Master biennale di II livello in Epidemiologia Valutativa 

Dal 2003 è attivato presso il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Università 

di Verona il Master di II livello in Epidemiologia Valutativa. Il Master, di durata 

biennale, viene organizzato dalla Sezione di Epidemiologia e Statistica Medica e dalla 

Sezione di Igiene e Medicina Preventiva, Ambientale, Occupazionale. Le lezioni del 

Master vertono su 8 grandi aree: Statistica ed Informatica, Epidemiologia, 

Epidemiologia Speciale, Epidemiologia Clinica, Economia Sanitaria, Tecniche della 

Comunicazione, Programmazione Sanitaria, Organizzazione e Valutazione. 

Nell’ultima edizione del Master sono intervenuti diversi docenti prestigiosi, quali: la 

Dott.ssa Dominici della John Hopkins University di Baltimora; il Dott. Loda dell’ufficio 

UNICEF di New York; il Prof. Wjst dell’Università di Monaco di Baviera; il Dott. 

Browne dell’Institute of Education di Londra; il Prof. Künzli dell’ Università della 

California; il Prof. Meigs del Massachusetts General Hospital; il Dott. Wit 

dell’University of Glasgow; il Prof. Marubini dell’Università di Milano; la Prof.ssa 

Marinoni dell’Università di Pavia; il Prof. Giorello, Ordinario di Filosofia della Scienza 

all’Università Statale di Milano e collaboratore del Corriere della Sera e di RAI 3. 

Il Master ha sostituito un Corso di Perfezionamento annuale in Statistica Medica ed 

Epidemiologia Clinica, attivato presso la Sezione di Epidemiologia e Statistica Medica 

dal 1993. 

Attività didattica complessiva 

Nell’anno accademico 2004/2005 la Sezione di Epidemiologia e Statistica Medica sta 

svolgendo in tutto 1228 ore di lezione, corrispondenti a 113 Crediti Formativi 

Universitari (CFU), a circa 2030 studenti. In particolare: 

1) 831 ore, corrispondenti a 68.5 CFU, vengono tenute a circa 1740 studenti dei 

Corsi di Laurea dell’Università di Verona; 

2) 337 ore di lezione, corrispondenti a 44.5 CFU, vengono impartite a circa 206 

studenti dei Corsi di Master; 

3) 60 ore di lezione vengono tenute a circa 85 studenti delle Scuole di 

Specializzazione. 

ATTIVITA’ SCIENTIFICA 

Tra il 1994 e il 2005 la Sezione di Epidemiologia ha prodotto 113 pubblicazioni su 

riviste recensite dai Current Contents, per un totale di 431.1 punti di Impact Factor. 

PRINCIPALI LINEE di RICERCA 

Epidemiologia dell’asma bronchiale, delle allergie e della bronchite cronica nei 

giovani adulti 

1. Coordinamento italiano e partecipazione al coordinamento internazionale 

dell’indagine ECRHS (European Community Respiratory Health Survey = 

Indagine della Comunità Europea sulla Salute Respiratoria). Mentre lo studio 

ISAAC (International Study on Asthma and Allergies in Childhood) si è 

189


190 

incentrata sui bambini, l’indagine ECRHS ha avuto come obiettivo la 

popolazione generale di 20-44 anni in 48 centri, localizzati prevalentemente 

nell’Unione Europea. 

2. Coordinamento dell’indagine ISAYA (Italian Study on Asthma in Young 

Adults = Studio italiano sull’asma nei giovani adulti). Questo studio, inizialmente 

effettuato soprattutto nel Nord-Italia, coinvolge attualmente diversi centri 

dell’Italia centro-meridionale. 

3. Coordinamento dello studio GEIRD (Genes-Environment Interaction in 

Respiratory Diseases = Interazione Geni-Ambienti nelle Malattie Respiratorie). 

Questo studio è in fase avanzata di progettazione. 

4. Epidemiologia del diabete mellito: valutazione della prevalenza del diabete 

mellito a Verona e follow-up di una coorte di 7488 pazienti diabetici (The 

VERONA DIABETES STUDY) 

5. Epidemiologia del sarcoma di Kaposi classico in Sardegna 

6. Epidemiologia del dolore cronico benigno in Italia e in Europa: 

pianificazione e disegno di un’indagine internazionale per la valutazione della 

prevalenza e del costo diretto e indiretto del dolore cronico benigno 

7. Epidemiologia clinica del cancro gastrico: supporto statistico-epidemiologico 

al GIRCG (Gruppo Italiano per la Ricerca sul Cancro Gastrico) 

8. Epidemiologia speciale: caratterizzazione individuale e proprietà prognostiche 

delle popolazioni linfocitarie in sottogruppi omogenei di soggetti rispetto a 

determinate virologie e/o caratteristiche strutturali. 

9. Pianificazione ed analisi delle sperimentazioni cliniche: trattamento 

antiemetico del vomito post-operatorio, trattamento dell’osteoporosi in 

menopausa 

10. Metodologia epidemiologica: valutazione del bias di selezione nelle indagini 

trasversali; validazione dei questionari per l’identificazione dei soggetti asmatici 

11.Metodi statistici per la correzione del bias di selezione nelle indagini 

epidemiologiche 

12. Sistemi informativi ed indicatori per l'impatto dell'atmosfera sulla salute 

umana 

PUBBLICAZIONI su RIVISTE RECENSITE DAI CURRENT CONTENTS 

2002-2005 

2002 

Epidemiologia dell’asma e delle allergie 

1. de Marco R, Poli A, Ferrari M, Accordini S, Giammanco G, Bugiani M, Villani S, Ponzio M, Bono 

R, Carrozzi L, Cavallini R, Cazzoletti L, Dallari R, Ginesu F, Lauriola P, Mandrioli P, Perfetti L, 

Pignato S, Pirina P, Struzzo P. for ISAYA study group (2002).The impact of climate and trafficrelated 

NO2 on the prevalence of asthma and allergic rhinitis in Italy. Clin Exp Allergy 

2002;32:1405-1412 (IF 02 = 3.721) 

2. Verlato G, Calabrese R, de Marco R (2002) Correlation between asthma and climate in the EC 

Respiratory Health Survey. Arch Environ Health;57:48-52 (IF 02 = 0.853) 

3. de Marco R, Locatelli F, Cerveri I, Bugiani M, Marinoni A, Giammanco G. for ISAYA study 

group. Incidence and remission of asthma. A retrospective study on the natural history of asthma in 

Italy. J Allergy Clin Immunol 2002; 110:228-235 (IF 02 = 6.282) 

4. Olivieri M, Verlato G, Corsico A, Lo Cascio V, Bugiani M, Marinoni A, de Marco R, for the Italian 

ECRHS group (2002) Prevalence and features of allergic rhinitis in Italy. Allergy;57:600-606 

(IF 02=3.666) 

5. Jarvis D, Burney P,Chinn S, Luczynska C, Anto JM, Cerveri I, de Marco R, Gislasson T. et al. The 

European Community Respiratory Health Survey II. Eur Respir J 2002;20:1071-107 (IF 02 = 2.931) 

6. Olivieri M, Poli A, Zuccaro P, Ferrari M, Lampronti G, de Marco R, Lo Cascio V, Pacifici R. (2002)


Tobacco smoke exposure and serum cotinine in a random sample of adults living in Verona, Italy. 

Arch Environ Health;57:355-59 (IF 02=0.853) 

7. Ferrari M, Poli A, Olivieri M, Verlato G, Tardivo S, Nicolis M, Campello C (2002) Respiratory 

symptoms, asthma, atopy and Chlamydia pneumoniae IgG antibodies in a general population sample 

of young adults. Infection, 30: 203-207 (IF 02=1.035) 

Epidemiologia clinica in ambito oncologico 

8. De Manzoni G, Verlato G, Roviello F, Morgagni P, Di Leo A, Saragoni L, Marrelli D, Kurihara H, 

Pasini F, for the Italian Research Group for Gastric Cancer (2002) The new TNM classification of 

lymph node metastasis minimizes stage migration problems in gastric cancer patients. Brit J Cancer , 

87: 171-174 (IF 02=3.639) 

9. Iacono C, Accordini S, Bortolasi L, Facci E, Zamboni G, Montresor E, Marinello PD, Serio G. 

Results of pancreaticoduodenectomy for pancreatic cancer: extended versus standard procedure. 

World J Surg 2002; 26: 1309-14 

Altro 

10. Cataldi L, Mussap M, Verlato G, Plebani M, Fanos V (2002) Netilmicin effect on urinary Retinol 

Binding Protein (RBP) and N-Acetyl-Beta-D-Glucosaminidase (NAG) in preterm newborns with and 

without anoxia.. J Chemotherapy, 14: 76-83 (I.F. 02=0.828) 

11. Fanos V, Verlato G, Matti P, Pizzini C, Maffeis C (2002) Increased incidence of urinary tract 

infections in patients with coeliac disease (letter). Pediatr Nephrol, 17: 570-1 (IF 02=1.420) 

2003 


12. Verlato G, Corsico A, Villani S, Cerveri I, Migliore E, Accordini S, Carolei A, Piccioni P, Bugiani 

M, Lo Cascio V, Marinoni A, Poli A, de Marco R (2003) Is the prevalence of adult asthma and 

allergic rhinitis still increasing? Results of an Italian study. J Allergy Clin Immunol 111:1232-1238 

(IF 03=6.831) 

13. de Marco R, Bugiani M, Cazzoletti L, Carosso A, Accordini S, Buriani O, Carrozzi L, Dallari R, 

Giammanco G, Ginesu F, Marinoni A, Lo Cascio V, Poli A, Struzzo P, Janson C. The control of 

asthma in Italy. A multicentre descriptive study on young adults with doctor diagnosed current 

asthma. Allergy 2003;58:221-28 (IF 03=3.161) 

14. Cerveri I, Accordini S, Corsico A, Zoia MC, Carrozzi L, Cazzoletti L, Beccaria M, Marinoni A, 

Viegi G, and de Marco R, for the ISAYA Study Group. Chronic cough and phlegm in young adults. 

Eur Respir J 2003;22:413-417 

Epidemiologia del diabete 

15. Zoppini G, Verlato G, Leuzinger C, Zamboni C, Brun E, Bonora E, Muggeo M (2003) Body mass 

index and the risk of mortality in type 2 diabetic patients from Verona. Int J Obesity, 27:281-285 

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16. Verlato G, Zoppini G, Bonora E, Muggeo M. Mortality from site-specific malignancies in type 2 

diabetic patients from Verona. Diabetes Care,26:1047-1051 (IF 03=7.501) 

17. Verlato G, Drane JW, Altrich TE. Statistical methods for surveillance of diabetes events. Diabetes 

Nutr Metab, 16:198-200 (IF 03=0.647) 

18. Tosi F, Muggeo M, Brun E, Spiazzi G, Perobelli L, Zanolin E, Gori M, Coppini A, Moghetti P. 

Combination treatment with Metformin and Glibenclamide versus single-drug therapies in type 2 

diabetes mellitus: a randomized, double-blind, comparative study. Metabolism 52: 862-867 (2003) 

(IF 03=2.013) 


19. Pasini F, Verlato G, Durante E, de Manzoni G, Valduga F, Accordini S, Pedrazzani C, Terzi A, 

Pelosi G. Persistent excess mortality from lung cancer in patients with stage I non-small-cell lung 

cancer, disease-free after 5 years. Brit J Cancer 88:1666-1668 (IF 03=3.894) 

2004 


20. de Marco R, Accordini S, Cerveri I, Corsico A, Sunyer J, Neukirch F, Kunzli N, Leynaert B, Janson 

C, Gislason T, Vermeire P, Svanes C, Anto JM, Burney P, for the European Community Respiratory 

Health Survey (ECRHS) Study Group. An international survey of chronic obstructive pulmonary 

disease in young adults according to GOLD stages. Thorax 2004; 59: 120-5 (IF 02 = 4.078) 

21. Hazenkamp-von Arx ME, Götschi T, Ackermann-Liebrich U, Bono R, Burney P, Cyrys J, Jarvis D, 

Lillienberg L, Luczynska C, Maldonado JA, Manzanera AJ, de Marco R, Mi Y, Modig L, Bayer- 

191


Oglesby L, Payo F. PM2.5 and NO2 Assessment in 21 European Study Centres of ECRHS II Annual 

Means and Seasonal Differences. Atmospheric Environment 2004;38:1943-53 (IF 02=2.352) 

22. de Marco R, Pattaro C, Locatelli F, Svanes C.The influence of early life exposures on incidence 

and remission of asthma throughout life. J Allergy Clin Immunol 2004; 113(5): 845-52. 

(IF 03=6.831) 

23. M.E. Zanolin, C Pattaro, A. Corsico, M Bugiani, L Carrozzi, L. Casali, R. Dallari, M. Ferrari, A 

Marinoni, E. Migliore, M. Olivieri, P. Pirina, G Verlato, S. Villani, R. de Marco for the ISAYA 

Study Group. The role of climate on the geographic variability of asthma, allergic rhinitis and 

respiratory symptoms: results from the Italian Study on Asthma in Young Adults. Allergy 2004: 59: 

306-314 (IF 03=3.161) 

24. S Chinn, D Jarvis, P Burney, J Knox, C Luczynska, U Ackerman, JM Anto, I Cerveri, J Heinrich. R 

de Marco, T Gislason, C Janson, N Keenzli, B Leyneart, F Neukirch, J Schouten, J Sunyer, C 

Svanes, P Vermeire, M Wjst. Increase in diagnosed asthma but not in symptoms in the European 

Community Respiratory Health Survey. Thorax 2004 Aug;59(8):646-51 


25. de Manzoni G, Pedrazzani C, Verlato G, Roviello F, Pasini F, Pugliese R, Cordiano C (2004) 

Comparison of old and new TNM systems for nodal staging in adenocarcinoma of the gastrooesophageal 

junction. Br J Surg, 91 (3): 296-303 (IF 03=3.772) 

26. Rossi B, Zanolin E, Vincenzi C, Diani F, Pizzolo G, De Wynter E, Nadali G. Effect of addition of 

FLT-3 ligand and megakaryocyte growth and development factor on hemopoietic cells in serum-free 

conditions. Stem Cells and Development 2004, 13: 362-371. (IF 03=1.800) 

27. Ambrosetti A, Zanotti R, Pattaro C, Lenzi L, Chilosi M, Caramaschi P, Arcaini L, Pasini F, Biasi D, 

Orlandi E, D'Adda M, Lucioni M, Pizzolo G. Most cases of primary salivary mucosa-associated 

lymphoid tissue lymphoma are associated either with Sjoegren syndrome or hepatitis C virus 

infection. Br J Haematol. 2004;126:43-9 (IF 03 = 3.267) 

Altro 

28. Quaglio G, Lugoboni F, Pajusco B, Fornasiero A, Lechi A, Mezzelani P, Pattaro C, Jarlais DC; 

Gruppo Intersert di Collaborazione Scientifica Investigators.Heterosexual relationships among heroin 

users in Italy. Drug Alcohol Depend. 2004;75:207-13 (IF 03 = 2.903) 

2005 


29. Bugiani M, Carosso A, Migliore E, Piccioni P, Corsico A, Olivieri M, Ferrari M, Pirina P, de Marco 

R, on behalf of ISAYA (ECRHS Italy) study group. Allergic rhinitis and asthma comorbidity in a 

survey of young adults in Italy. Allergy 2004 (in corso di stampa) (IF 03 = 3.161) 

30. Chinn S, Jarvis D, Melotti R, Luczynska C, Ackermann-Liebrich U, Antó JM, Cerveri I, de Marco 

R, Gislason T, Heinrich J, Janson C, Künzli N, Leynaert B, Neukirch F, Schouten J, Sunye J, Svanes 

C, Vermeire P, Wjst M, Burney P. Smoking cessation: maximum benefit for lung function requires 

control of weight gain. Lancet, in press (IF 03 = 18.316) 

Epidemiologia del dolore 

31. Visentin M, Zanolin ME, Trentin L, Sartori S, de Marco R,Prevalence and treatment of pain in 

Italian hospitals. European Journal of Pain 2005, 9: 61-67 (IF 03 = 1.770) 

Altro 

32. Fanos V, Benini D, Verlato G, Errico G, Cuzzolin L (2005) Efficacy and renal tolerability of 

ibuprofen vs. indomethacin in preterm infants with patent ductus arteriosus. Fund Clin Pharmacol, 

19: 187-193 (IF 03 = 1.037) 

33. Oliani C, Barana D, Cazzadori A, Zanolin E, de Marco R, Santo A, Pasini F, Padovani M, Mazzini 

G, Cetto G. Cytofluorymetric evaluation of DNA ploidy in lung cancer: a broncoscopic study.(2005) 

The International Journal of Biological Markers, in press (IF 02 = 1.571) 

192


ISTITUTO DI IGIENE ED EPIDEMIOLOGIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI 

UDINE 

Fabio Barbone 

L’Istituto di Igiene ed Epidemiologia dell’Università di Udine opera dal 1992 per il 

miglioramento dello stato di salute della popolazione del Friuli - Venezia Giulia e del 

mondo. L’Istituto conduce ricerca, didattica e assistenza nell’ambito dell’epidemiologia 

e sanità pubblica. I nostri principali interessi di ricerca sono l’epidemiologia ambientale, 

l’epidemiologia e il controllo dei traumi, e i metodi epidemiologici. L’Istituto ho 

contribuito con successo a ricerche internazionali riguardanti i determinanti ambientali 

(inquinamento dell’aria e radon) del cancro del polmone, gli incidenti stradali, la stima 

del carico di malattia attribuibile all’ambiente nei bambini e adolescenti europei, gli 

aspetti metodologici degli studi di case-crossover. Siamo riconosciuti come il gruppo di 

riferimento per la ricerca, didattica e assistenza in epidemiologia e sanità pubblica 

dell’Università di Udine e del Policlinico Universitario. Sosteniamo un notevole carico 

didattico (circa 550 ore/anno) con lezioni presso 6 corsi di laurea. Siamo sede della 

Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva e conduciamo anche attività 

assistenziali legate alla diagnostica virologica in biologia molecolare. L’ampiezza del 

mandato istituzionale di fronte alla scarsità del personale di ruolo (1 professore 

straordinario e 1 dirigente di I livello del Policlinico Universitario a Gestione Diretta) 

rende difficile conciliare le esigenze prettamente di ricerca epidemiologica con quelle di 

igiene, compreso il laboratorio. Gran parte delle risorse a disposizione (eccetto gli 

stipendi dei 2 strutturati, gli spazi e il telefono) derivano dall’acquisizione di fondi 

dall’esterno che garantiscono gli stipendi per 4 assegnisti di ricerca, l’acquisto di 

hardware, software, arredamenti, le spese di viaggio e quant’altro. I fondi di ricerca 

provengono da Istituzioni pubbliche locali, nazionali e internazionali e sono ottenuti per 

la conduzione di specifiche attività di ricerca. Gli assegnasti di ricerca includono 1 

laureata in Medicina e Chirurgia, 2 laureate in Statistica, 1 laureata in Scienze e 

Tecnologie Alimentari. All’Istituto afferiscono anche 3 specializzandi in Igiene e 

Medicina Preventiva. 

Le 2 unità di personale strutturato hanno ricevuto un’educazione formale in 

epidemiologia negli Stati Uniti (Doctor of Public Health, 1990; Master of Science in 

Public Health, 2001). Una assegnista di ricerca è medico statunitense con Master in 

Public Health. Due assegniste di ricerca hanno partecipato allo European Educational 

Programme in Epidemiology (Firenze, 2004) 

Collaborazioni 

Gruppo MISA 

Agenzia Regionale per l’Ambiente del Friuli – Venezia Giulia 

Le aziende sanitarie del Friuli – Venezia Giulia 

Le aziende provinciali della provincia di Trento e della provincia di Bolzano 

Agenzia Regionale della Sanità del Friuli – Venezia Giulia e della Toscana 

Gli Istituti di Igiene delle Università del Triveneto 

L’Istituto di Medicina del Lavoro di Trieste 

Il Centro di riferimento Oncologico di Aviano (PN) 

Numerosi altri gruppi di epidemiologi italiani appartenenti al SSN e all’Università 

European Child Safety Alliance 

WHO European Centre for Environment and Health, Rome, Italy. Environmental burden of 

disease 

Jozef Stefan Institute, Slovenia, Health effects of mercury and radon 

193


University of Ljubljana, Slovenia, Mar ers of oxidative stress 

University of Graz Medical School, Austria. Social medicine of environmental pollution 

University of Athens, CEREPRI, Greece, Injury epidemiology 

Dept. of Epidemiology, University of Alabama at Birmingham, USA Clinical 

epidemiology, methodology of case-control studies, injuries, occupational and 

environmental epidemiology 

Prodotti 

Siamo coinvolti in molte delle attività epidemiologiche condotte nella regione Friuli-Venezia 

Giulia, anche in riferimento alle necessità delle istituzioni locali, regionali e a volte nazionali. 

Pubblicazioni selezionate: 

- Valent F, Little D, Tamburlini G, Barbone F Burden of disease attributable to selected environmental 

factors and injuries among Europe's children and adolescents. Geneva, World Health Organization, 

2004 (WHO Environmental Burden of Disease Series, No. 8). 

- Valent F, Little D, Bertollini R, Nemer LE, Barbone F, Tamburlini G. Burden of disease attributable 

to selected environmental factors and injury among children and adolescents in Europe. Lancet. 2004 

Jun 19;363(9426):2032-9. 

- Barbone F, Bovenzi M, Casetta A., Daris F., Nedoclan G., Tominz R., Valent F Short-term effect of 

air pollution on health: Trieste 1997-2002. Epidemiol Prev 2004; 28 (4-5): S99 

- Barbone F, Valent F, Brussi V, Tomasella L, Triassi M, Di Lieto A, Scognamiglio G, Righi E, 

Fantuzzi G, Casolari L, Aggazzotti G.Assessing the exposure of pregnant women to drinking water 

disinfection byproducts. Epidemiology. 2002;13:540-4 

- Pisa FE Barbone F. Diet and the risk of cancers of the lung, oral cavity and pharynx, and larynx: a 

population-based case-control study in north-east Italy. IARC Sci Publ. 2002;156:141-3. 

- Pisa FE, Bovenzi M, Romeo L, Tonello A, Biasi D, Bambara LM, Betta A, Barbone F. Reproductive 

factors and the risk of scleroderma: an Italian case-control study. Arthritis Rheum. 2002;46:451-6 

- Pisa, FE, Barbone F, Betta A, Bonomi M, Alessandrini B, Bovenzi M. Residential radon and risk of 

lung cancer in an Italian alpine area. Arch Environ Health 2001;56:208-15 

- Valent F, McGwin G Jr, Bovenzi M, Barbone F. Fatal work-related inhalation of harmful substances 

in the United States. Chest. 2002 Mar;121(3):969-75. 

- Valent F, Brusaferro S, Barbone F. A case-crossover study of sleep and childhood injury. Pediatrics. 

2001 Feb;107(2):E23. 

- Barbone F, McMahon AD, Davey P, Morris A, McDewitt D, MacDonald T. Association of road 

traffic accidents with benzodiazepine use. Lancet 1998;352:1331-36 

- Barbone F, Bovenzi M, Cavallieri F, Stanta G. Cigarette smoking and histologic type of lung cancer 

in Italian men. Chest 1997;112:1474-1479 

- Barbone F., Filiberti R., Franceschi S., Talamini R, Conti E., Montella M., La Vecchia 

C.Socioeconomic status, migration and the risk of breast cancer in Italy. Int J Epidemiol 1996;25:477- 

489 

- Barbone F., Franceschi S. et al A follow-up study of second tumor and recurrence among subjects 

with cancer of the oral cavity, pharynx and larynx. J Clinical Epidemiol 1996;49:367-372 

- Barbone F., Bovenzi M., Biggeri A., et al Comparison of epidemiologic methods in a case-control 

study on air pollution and lung cancer. Epidemiologia e Prevenzione 1995;19;193-205 

- Barbone F., Bovenzi M., Cavallieri F., Stanta G. Air pollution and lung cancer. Am J Epidemiol 

1995;141:1161-9 

Prospettive future 

Il gruppo dovrà continuare ad impegnarsi nei propri compiti di didattica nel Settore 

Scientifico Disciplinare MED/42 che a Udine comprendono l’epidemiologia e l’igiene. 

Considerando la presenza di soli 2 epidemiologi senior, il gruppo dovrà cercare di 

conciliare gli interessi individuali (epidemiologia ambientale, epidemiologia dei traumi) 

con le esigenze epidemiologiche dell’istituzione e del territorio, nella speranza che 

almeno alcuni degli epidemiologi junior possano essere poi inseriti in ruolo. 

194


OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO REGIONALE DELLA CAMPANIA 

R. Pizzuti 1 , E. Lorenzo 1 , V. Pagano 1, M. Santoro 1 , L. Martina 1 , A. Chianca 1 , M.R. D’Amico 2 , A. 

D’Argenzio 3 , G. De Lorenzo 4 , T. Magurno 5 

1 2 

Osservatorio Epidemiologico Regione Campania; Azienda Sanitaria Locale apoli 1; 

3 4 5 

Azienda Sanitaria Locale Caserta 2; Azienda Sanitaria Locale apoli 2; Azienda Sanitaria 

Locale Salerno 2 

Breve storia 

L’OER, sin dal suo avvio, si contraddistingue per la forte caratterizzazione di struttura 

con forte vocazione di Sanità Pubblica capace di influire in maniera significativa sugli 

indirizzi delle politiche sanitarie regionali. Tale ruolo di rilievo è durato, con alterne 

vicende fin verso la seconda metà degli anni 90, quando, per un periodo di alcuni anni, 

si è fortemente rallentata l’attività propulsiva nel campo della ricerca e della 

sorveglianza epidemiologica, per motivi connessi ad un inadeguata valorizzazione del 

ruolo e caratterizzati da avvicendamenti poco appropriati della dirigenza. 

In seguito ad alcune riunioni indette dall’Assessorato alla Sanità negli anni 2000-2001, 

si è così riproposto il problema della piena riattivazione dell’OER; la delicatezza del 

ruolo svolto dall’OER si è manifestata nella sua interezza in occasione dell’emergenza 

sanitaria verificatasi in seguito alla vasta epidemia di morbillo del 2002, quando, pur 

essendo attivate una serie di misure nelle singole ASL, è inizialmente mancato un forte 

coordinamento degli interventi. 

Nel giugno 2003 è stato nominato l’attuale dirigente dell’OER, epidemiologo con 

esperienze lavorative precedenti nelle principali strutture regionali e aziendali di sanità 

pubblica e programmazione (OER dal 1989 al 1993, servizio epidemiologia ASL 

Napoli 1 dal 1994 al 1998, Agenzia Regionale Sanitaria dal 1999 al 2003). 

Collocazione istituzionale. 

L’Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania (OER) è stato istituito con 

L.R. 36/1987 quale “struttura tecnico-scientifica con funzioni di valutazione, verifica, 

indirizzo e programmazione delle attività del SSR. È collegato al sistema informativo 

sanitario e coordina le attività di informazione sanitaria ed epidemiologica secondo gli 

indirizzi degli organi di Governo e dell’Assessorato alla Sanità”. 

Esso è collocato istituzionalmente all’interno dell’Assessorato alla Sanità della Regione 

Campania, di cui costituisce un servizio, afferente all’Area Generale di coordinamento 

Assistenza Sanitaria – Settore Assistenza Sanitaria. 

Obiettivi e finalità 

L’OER, proprio in virtù della propria collocazione all’interno delle struttura politicoamministrativa 

di governo della Regione, si pone quale struttura di coordinamento delle 

attività di Sanità Pubblica delle Aziende Sanitarie e di supporto alla programmazione 

regionale; tale propensione si esprime prevalentemente, anche se non esclusivamente, 

nel campo della prevenzione. Questa funzione viene attuata attraverso l’analisi e la 

valutazione delle informazioni, quindi attraverso l’accesso ai sistemi informativi sanitari 

regionali. 

L’OER, sin dalla sua costituzione, ha coperto una funzione operativa importante nella 

gestione delle azioni di sanità pubblica conseguenti alle emergenze sanitarie di tipo 

infettivologico, funzione questa di primaria importanza nel garantire l’”essenzialità” del 

servizio. 

195


Collegamenti funzionali con altri organismi 

L’OER si pone come organo di coordinamento intermedio tra le istituzioni nazionali e 

quelle locali. L’OER coordina i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL campane (L.R. 

32/1994), ed è funzionalmente collegato con ciascuno di essi attraverso il Servizio 

Epidemiologia e Prevenzione, Unità Operativa Complessa articolazione del 

Dipartimento stesso, peculiare dell’organizzazione sanitaria campana. È collegato con le 

Facoltà di Medicina delle 2 Università di Napoli, in particolare con gli Istituti di Igiene 

e Medicina Preventiva, con il Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università 

Federico II, con l’Agenzia Sanitaria Regionale, con l’Agenzia Regionale di Protezione 

Ambientale. 

È inoltre collegato con le istituzioni centrali quali il Ministero della Salute, il Centro 

nazionale per la prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), l’Istituto Superiore di 

Sanità e il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, 

e collabora a progetti nazionali ed interregionali con queste istituzioni oltre che con 

l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Centro Nazionale delle Ricerche. 

Organizzazione e Risorse 

L’organico dell’OER costituisce la principale criticità della struttura, in quanto, essendo 

una articolazione di una struttura amministrativa, risente dell’inadeguatezza dei 

profili professionali previsti dalla pianta organica regionale. Solo recentemente è 

stata prevista, nell’organico regionale, la figura del dirigente medico, il che ha 

reso possibile l’assegnazione dell’incarico di responsabile all’attuale dirigente. 

L’attuale assetto è il seguente: 

1 dirigente medico responsabile, dipendente regionale 

2 funzionari, dipendenti regionali (1 medico, 1 psicologo); 

3 unità di personale non strutturato con competenze nella gestione, trattamento ed 

analisi statistica dei dati; 

4 dirigenti medici, personale ASL, in distacco parziale, che collabora a singoli progetti. 

Sistemi informativi sanitari 

La gestione di sistemi informativi e l’accesso a banche dati (sanitarie e non) 

costituiscono il requisito essenziale che permette l’espletamento della funzione di 

analisi, sorveglianza, monitoraggio e valutazione, propria dell’OER. Non sempre 

l’accesso ai sistemi informativi esistenti e non, direttamente o indirettamente gestiti è 

attualmente consentita con regolarità, e questa costituisce la seconda importante criticità 

da registrare. 

Sistemi proprietari direttamente gestiti dall’OER: 

Sistema Informatizzato Malattie Infettive (SIMI); 

Registro Mortalità Regionale (attivo dal 1.1.2004). 

Sistemi proprietari delegati: 

Certificati di Assistenza al Parto (CeDAP) affidato con convenzione all’Istituto di 

Igiene dell’Università Federico II; 

Registro Tumori di popolazione, affidato con convenzione alla ASL Napoli 4; 

Registro Malformazioni congenite, affidato con convenzione all’AO Rummo di 

Benevento; 

Registro Regionale Mesoteliomi, affidato con convenzione all’Istituto di Medicina del 

Lavoro della Seconda Università. 

Sistemi Informativi acquisiti: 

Sistema informativo e conto annuale dall’Area di coordinamento Programmazione 

Sanitaria; 

196


Mortalità individuale per causa, Multiscopo Salute e Censimenti di fonte ISTAT dal 

Servizio Statistica Regionale; 

Schede Dimissione Ospedaliera, anagrafe sanitaria (in corso di completamento) da 

Agenzia Sanitaria Regionale (ARSAN); 

Dati di tipo ambientale da ARPAC. 

Mancano a tutt’oggi in Regione Campania archivi informatizzati regionali per le 

prescrizioni farmaceutiche e la specialistica ambulatoriale. 

Criticità 

Alla luce di quanto già esposto emergono attualmente alcune criticità che sono 

sintetizzabili come di seguito riportato: 

Risorse disponibili in termini quantitativi e di competenze professionali (personale 

formato o da formare); 

Regolamentazione rapporti istituzionali (es. ARPA, ARSAN); 

ATTIVITÀ ISTITUZIONALI (descrizione relativa alle attività a partire dal 2003) 

Malattie infettive 

- Sorveglianza delle malattie infettive attraverso il sistema di notifica delle 

malattie infettive, con gestione diretta del SIMI alimentato dai relativi archivi 

aziendali; 

- Coordinamento degli interventi in corso di focolai epidemici interaziendali; 

- Programmazione, sorveglianza e valutazione delle attività di prevenzione 

primaria delle malattie infettive attraverso vaccinazioni. 

In questo ambito sono di particolare rilievo alcune azioni condotte dall’OER nel corso 

degli ultimi 2 anni, quali la definizione del Piano regionale di eliminazione del 

morbillo e della rosolia congenita (D.G.R.C. n.519 del 7 febbraio 2003), in 

adesione al Piano Nazionale; la stesura del Piano Regionale delle Vaccinazioni 

della Campania (D.G.R.C. n.1572 del 6.8.2004); la definizione di un protocollo 

operativo regionale in caso di SARS. 

Mortalità 

- Attivazione e gestione dal 1° gennaio 2004 del Registro Nominativo Regionale 

di mortalità. 

Di particolare rilievo l’attività di formazione del personale ASL per 

l’utilizzazione del software specifico, sviluppato in collaborazione con 

l’Assessorato alla ricerca scientifica. Inoltre, nell’ambito di uno specifico 

progetto del Ministero della Salute di assistenza agli OER delle regioni 

meridionali, è stato realizzato nel mese di aprile 2005 l’Atlante regionale di 

mortalità per gli anni che vanno dal 1982 al 2001 con un livello di dettaglio 

territoriale provinciale, di azienda e distretto sanitario. 

Prevenzione oncologica 

- Registro tumori: coordinamento e finanziamento delle attività del registro 

tumori, collocato presso la ASL NA4, che nel 2003 ha pubblicato nel volume “Il 

cancro in Italia”, che riporta i dati di tutti i registri italiani, i dati di incidenza dei 

tumori relativi al triennio 1996-98. 

- Registro mesoteliomi: istituzione e finanziamento del registro mesoteliomi e 

definizione di un protocollo per la documentazione dei casi. 

- Screening oncologici della sfera genitale femminile: partecipazione al gruppo 

tecnico interregionale dell’Osservatorio Nazionale prevenzione tumori 

femminili; dal 2005 svolgimento delle survey annuale sull’attività di screening 

197


relativa ai tumori della cervice uterina e della mammella attivi in regione 

Campania. 

Registro difetti congeniti 

- Coordinamento e finanziamento del Registro campano dei difetti congeniti, 

attivo dal 1996, collocato presso l’AO Rummo di Benevento, attività essenziale 

per la programmazione dell’assistenza perinatale e per lo studio delle malattie 

causate da inquinamento ambientale. 

Malattie rare 

- Attivazione della commissione per le Malattie Rare per l’individuazione di 

Centri di riferimento regionali per la diagnosi e la certificazione dei pazienti 

affetti da malattie rare, gestione dell’istituendo registro regionale delle malattie 

rare. 

Area della salute materno-infantile 

- Certificati di Assistenza al parto: gestione dello specifico sistema informativo 

con la stesura di un report annuale (ultimo pubblicato 2003). 

- Definizione di linee guida regionali per la gravidanza e il parto fisiologici, 

approvate con D.G.R.n. 2413 del 25 luglio 2003, in collaborazione con 

l’ARSAN e il Servizio Materno-Infantile. 

- Definizione e attivazione del protocollo per il follow-up dei neonati di peso 

molto basso ricoverati nelle TIN della Campania; attivazione delle sorveglianza 

epidemiologica regionale dei neonati di peso molto basso. 

Indagini campionarie 

- Studio Argento: pubblicazione dei risultati dell’indagine condotta in Campania e 

a Napoli sulla salute e sui bisogni degli anziani, in collaborazione con l’Istituto 

Superiore di Sanità. 

- Studio ICONA: conduzione dell’indagine di copertura vaccinale in Campania, in 

collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. 

- Studio Quadri: progettazione e conduzione dell’indagine sull’assistenza ai 

pazienti diabetici in Campania, in collaborazione con l’Istituto Superiore di 

Sanità. 

- Studio Passi: progettazione e conduzione dell’indagine su stato di salute, fattori 

di rischio per malattie prevenibili, azioni adottate dalle ASL nella popolazione 

della Campania, in collaborazione con il CCM e l’Istituto Superiore di Sanità. 

Indagini tematiche 

- Indagine sull’assistenza psicologica in ambito ospedaliero presso le Aziende 

Ospedaliere della Campania anni 2001 e 2003. 

Altre Sorveglianze 

- Partecipazione al SINIACA con erogazione di specifici finanziamenti ad alcune 

A.O. per un progetto sperimentale di informatizzazione delle attività di Pronto 

Soccorso finalizzate alla sorveglianza degli infortuni domestici. 

- Coordinamento di interventi ed indagini epidemiologiche in caso di epidemie 

(Morbillo, Epatite A, epatite B nosocomiale). 

Formazione 

Mortalità; 

- Piano eliminazione del morbillo e della rosolia congenita; 

- Certificati di assistenza al parto 

198


- L’OER assume un ruolo importante anche nella gestione della comunicazione 

alla collettività del rischio sanitario, anche in relazione a problematiche 

ambientali. 

Attività di Ricerca 

- Studi sull’epidemia di morbillo in Campania nell’anno 2002. 

- Studio della mortalità evitabile e della mortalità neonatale in Campania. 

- Progetto di ricerca sui Parti Cesarei: produzione di uno studio descrittivo sui 

parti in Campania che ha messo in evidenza la frequenza e i fattori di rischio per 

parti cesarei; sorveglianza delle indicazioni al taglio cesareo in alcuni punti 

nascita della Campania. 

- Partecipazione allo studio MISA2 “Metanalisi italiana degli studi sugli effetti a 

breve termine dell’inquinamento atmosferico nel periodo 1996-2002”, un lavoro 

pianificato che ha coinvolto i principali centri urbani italiani, condotto in 

collaborazione con Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università 

Federico II, con l’ARSAN e l’ARPA Campania. 

- Partecipazione allo studio, commissionato dal Dipartimento della Protezione 

Civile, “Trattamento dei rifiuti in Campania: impatto sulla salute umana” in 

collaborazione con ISS-CNR- OMS. 

199


IL DIPARTIMENTO DI EPIDEMIOLOGIA (DEP) DELLA ASL RM/E 

Carlo A. Perucci, Massimo Arcà, Marina Davoli, Francesco Forastiere, Paola Michelozzi 

Fin dalla prima applicazione della legge di riforma sanitaria del 1978, il servizio 

sanitario del Lazio ha voluto dotarsi di una struttura per la gestione dei sistemi 

informativi sanitari e per la ricerca epidemiologica. L’Osservatorio Epidemiologico del 

Lazio (OER) è dunque nato come settore dell’Assessorato alla Sanità con una forte 

caratterizzazione di epidemiologia per la sanità pubblica. La costituzione del 

Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma E (DEP), a cui sono state attribuite 

funzioni di valenza regionale, ha rappresentato per gli epidemiologi dell’OER la 

possibilità di incardinamento nel SSN, sia nel ruolo sanitario (medici e biologi) che in 

quello tecnico (statistici e analisti). 

Il DEP è pienamente integrato nella struttura istituzionale della ASL Roma E, anche se 

non svolge, a parte rare eccezioni, attività di diretto interesse aziendale. 

La legge istitutiva della Agenzia di Sanità Pubblica (ASP) della Regione Lazio (L.R 

16/99), che ha soppresso l’OER, prevede che questa si avvalga, in via continuativa, del 

Dipartimento di Epidemiologia dell’ASL RME. per lo svolgimento della funzione 

epidemiologica. Tale dispositivo, che è stato estensivamente applicato nei primi 2 anni 

di attività dell’ASP, è stato invece pressoché totalmente disatteso negli ultimi 4 anni, 

con una forte penalizzazione del DEP sul piano della dotazione di personale e della 

disponibilità di risorse e una perdita importante del ruolo istituzionale. Tra l’altro, in 

tale periodo non è stato possibile, per gli epidemiologi del DEP, accedere ai dati dei 

sistemi informativi regionali. 

Il DEP ha sviluppato, negli anni più recenti, un rapporto di committenza/collaborazione 

con il Comune di Roma che si è concretizzato sia nello svolgimento di ricerche su temi 

specifici (analisi dell’incidenza di eventi coronarici acuti e della conseguente mortalità, 

valutazione degli esiti dell’assistenza a pazienti con IMA, valutazione degli effetti 

dell’inquinamento ambientale, prevenzione degli effetti del clima sulla salute) sia nella 

gestione del registro nominativo delle cause di morte per l’intero territorio comunale. 

Il DEP è attualmente diviso in quattro Unità Operative Complesse (UOC). La dotazione 

organica del DEP è di 12 medici, 7 biologi, 6 statistici, 2 analisti di sistemi, e di 12 altre 

figure professionali (assistenti sanitari, assistenti sociali, infermieri professionali e 

operatori tecnici programmatori). Tutti gli operatori attualmente in servizio possiedono 

una consolidata esperienza in epidemiologia e nella progettazione, gestione e 

valutazione dei sistemi informativi sanitari; tutti i dirigenti del DEP possiedono una 

qualificazione professionale in epidemiologia o biostatistica acquisita in Italia o 

all’estero (Master, DPH, PhD). Inoltre sono attualmente presenti 12 contrattisti con la 

qualifica di epidemiologo o di biostatistico. 

I costi della struttura e del personale dipendente sono sostenuti dal servizio sanitario 

regionale. Il funzionamento e lo svolgimento di progetti sono sostenuti da finanziamenti 

di progetti di ambito nazionale (Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, 

Dipartimento della Protezione Civile, altri soggetti privati) ed europeo (progetti EC), 

circa il 60% e il 40% rispettivamente del budget totale. 

201


Attualmente l’attività del DEP è articolata in circa 100 progetti, ripartiti tra le quattro 

UOC, che riguardano le seguenti aree: 

• Valutazione degli effetti delle esposizioni ambientali con particolare riguardo 

agli inquinanti in ambienti confinati e nell’aria ambiente 

• Valutazione degli effetti delle variazioni climatiche sulla salute e programmi di 

prevenzione 

• Analisi geografica della mortalità per causa e valutazione del rischio in 

prossimità di fonti di inquinamento ambientali 

• Disuguaglianze sociali nello stato di salute e nell’accesso ai servizi sanitari 

• Valutazione di esito degli interventi sanitari e sviluppo di indicatori (assistenza a 

pazienti con IMA, interventi di cardiochirurgia, malattie dell’apparato 

respiratorio e del apparato digerente) 

• Uso dei dati amministrativi e delle procedure di record linkage per la valutazione 

di esito 

• Metodologie di risk-adjustment per la valutazione di esito 

• Valutazione dei profili assistenziali (appropriatezza, consumo di risorse) 

• Effetti sulla salute dell’uso di droghe e valutazione di efficacia dei trattamenti 

per le dipendenze (fumo, droghe e alcool) 

• Epidemiologia dell’asma in età pediatrica 

• Effetti cancerogeni dell’inquinamento ambientale e delle esposizioni in ambiente 

di lavoro 

• Effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico 

Il DEP partecipa a diversi progetti multicentrici. In particolare è coordinatore di due 

progetti finanziati dalla Unione Europea (nell’ambito degli effetti dell’inquinamento 

atmosferico e degli effetti del clima sulla salute) e di numerosi progetti nazionali 

finanziati dal Ministero della Salute. È presente in un consorzio con altre strutture 

epidemiologiche nazionali per lo sviluppo della epidemiologia nelle regioni meridionali. 

Collabora con l’Istituto Superiore di Sanità per la diffusione delle conoscenze 

scientifiche sull’efficacia dei trattamenti delle dipendenze (droga e alcool) e per 

l’elaborazione di linee guida sul trattamento delle dipendenze (fumo e oppiacei). 

Il DEP ha avviato, negli ultimi anni, un approfondimento sui metodi e i contenuti della 

formazione in epidemiologia. I risultati di questa elaborazione sono stati utilizzati per 

progettare e realizzare un percorso formativo (composto di lezioni frontali, 

esercitazioni pratiche al computer, lettura e discussione di articoli scientifici, prove di 

valutazione) sui principi della ricerca epidemiologica e sugli aspetti teorici e pratici del 

disegno e dell’analisi degli studi epidemiologici. 

L’attività didattica del DEP è stata realizzata nell’ambito di diverse edizioni del Master 

di II livello in Epidemiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma 

(Dipartimento di Igiene) e del Master di II livello in Epidemiologia per i Servizi Sanitari 

Regionali dell’Università di Bologna (Dipartimento di Sanità Pubblica). 

Dal 2004 è il Centro di Competenza Nazionale del Dipartimento della Protezione Civile 

per il coordinamento dei sistemi di allarme e dei programmi di prevenzione degli effetti 

del caldo sulla salute nelle città italiane. 

E’ sede della base editoriale del Gruppo di revisione Cochrane su droghe ed alcool. 

Negli ultimi tre anni, il DEP ha pubblicato 98 articoli su riviste accreditate. Ha inoltre 

prodotto numerose relazioni per il Comune di Roma, per altri comuni implicati nel 

202


programma di prevenzione degli effetti del clima, per il Ministero della Salute e per il 

Dipartimento della Protezione civile. Il DEP funziona da help desk per l’OER della 

Sicilia. 

Il DEP ha sviluppato due principali aree di interesse nel cui ambito si collocano diversi 

progetti: 

a) epidemiologia ambientale 

b) epidemiologia valutativa 

Nell’ambito della prima area le attività future si concentreranno in particolare su: 

1. disegno di studi epidemiologici sugli effetti sanitari specifici attribuibili alla 

azione tossica della frazione sottile o ultrasottile delle particelle sospese (PM10, 

PM2.5, PM0.1) sull’apparato cardiovascolare 

2. valutazioni prospettiche di coorti di nati per lo studio di fattori precoci di 

malattia e relazioni tra genetica ed ambiente 

3. valutazione del rischio in popolazioni residenti in prossimità di fonti di 

inquinamento ambientale 

4. valutazione degli effetti del clima sulla mortalità e sulla morbosità, con 

particolare attenzione alla definizione dei gruppi di popolazione suscettibili 

5. Sviluppo di sistemi di allarme, definizione di piani operativi per la prevenzione 

degli effetti del caldo sulla salute, studi di valutazione dell’efficacia degli 

interventi 

Per quanto riguarda la seconda, si intende consolidare i seguenti progetti: 

1. disegno di studi epidemiologici di valutazione di esito finalizzati a valutare 

l’efficacia degli interventi sanitari per gruppi di popolazione (residenza, 

condizione socio-economica), per diversi interventi sanitari o per struttura 

erogatrice 

2. mantenimento e sviluppo della attività di coordinamento del gruppo di revisione 

Cochrane su droga e alcool. 

203


servizi 

coinvolti 

Dipartimento 

di 

Prevenzione 

Coordinamento 

Distretti 

Cure 

Primarie 

interessi 

Unità Sanitaria Locale n.4 “Alto Vicentino” 

SERVIZIO di EPIDEMIOLOGIA AZIENDALE 

1998 Servizio di staff del Dipartimento di Prevenzione; 2003 Servizio di staff della Direzione 

Aziendale. 

Medicina Territoriale 

Analisi di mortalità 

 

Database amministrativi 

 

Cure Primarie 

 

SERVIZIO EPIDEMIOLOGICO 

Dr. Mario Saugo, Dr. Michele Pellizzari 

ASV Giulio Rigoni, IPFD Giuseppe Borin 

msaugo@ulss4.veneto.it 

pubblicazioni 

Servizi 

Ospedalieri 

Direzione 

Medica P.O. 

Servizio 

Programmi 

Statistica e 

Controllo di 

Gestione 

Priorità di sanità pubblica nella Provincia di Vicenza: spunti per la 

prevenzione da un'analisi di mortalità (anni 1995-2000). Thiene, 2004. 

Valutazione dell’eterogeneità nei Rischi Relativi di mortalità per causa tra i 

Comuni dell’ULSS "Alto Vicentino" (decessi 1991-2000). Epidemiol Prev 

2004. 

Prestazioni di cardiologia invasiva nella cardiopatia ischemica nella Regione 

Veneto. BEN – 2003. 

Sviluppo di un algoritmo per l'individuazione degli eventi "frattura di femore" 

sulla base del database SDO (in via di pubblicazione). 

Servizio Farmaceutico 

Prescrizione di antibiotici sistemici in età pediatrica nell’ULSS n° 4 “Alto 

Vicentino”: fattori legati al bambino ed al medico curante. Medico e bambino 

2004. 

Accessi al pronto soccorso nelle pratiche di medicina generale singole e 

associate dell’Azienda ULSS “Alto Vicentino”. Tendenze Nuove 2005. 

205


Grande 

Anziano 

Collaborazioni 

206 

 

 

 

 

Progetto "Osservare per conoscere": Riflessioni iniziali sui risultati dell'indagine 

trasversale. Malo, 2002. 

Lo studio veneto sulla valutazione multidimensionale dell'anziano in medicina 

generale. Roma, 2003. 

Il trattamento dell'ipertensione arteriosa nel grande anziano: l'esperienza 

della pratica della Medicina Generale nel Veneto. Giornale Italiano di 

farmacia clinica, 2003. 

Valutazione multidimensionale e follow-up di 2162 anziani ultra75enni. In A.I.E., 

Bologna, 20-22 Ottobre 2003. 

CNR Istituto di 

Neuroscienze, Sez. 

clinica per lo studio 

dell'invecchiamento 

Serv. 


Ambientale


PRESENTAZIONE GRUPPO DI EPIDEMIOLOGIA AMBIENTALE DI ARPA 

E-R 

Paolo Lauriola 

Sul tema ambiente e salute la L.R. 44/95 istituiva dell’Arpa, pone in evidenza 

l’importanza di avere nell’Agenzia competenze di tipo epidemiologico ambientale al 

fine di: 

• tradurre all’interno dell’Agenzia le evidenze ottenute con il controllo e il 

monitoraggio dell’ambiente in proposte di approfondimento in termini di 

prevenzione sanitaria (tale esigenza assume particolare importanza se si tiene conto 

che spesso i limiti di accettabilità sono basati su valutazioni sanitarie); 

• favorire una collaborazione concreta tra ARPA e Dipartimenti di Prevenzione (DIP) 

delle AUSL; 

• tradurre in politiche preventive a livello regionale e locale le conoscenze ambientali 

e sanitarie. 

Più recentemente questo interesse si è tradotto nell’istituzione della 4° Struttura 

Tematica concentrata prioritariamente sul tema della Epidemiologia Ambientale (DGR 

n. 846 del 14/05/03), 

La Struttura Tematica di Epidemiologia Ambientale è una delle 4 strutture tematiche di 

ARPA Emilia Romagna e costituisce, insieme ad esse e alle Sezioni Provinciali, la rete 

dei Nodi Operativi dell’Agenzia. Collabora con le sezioni provinciali e le altre strutture 

tematiche di ARPA e con enti ed istituzioni locali, nazionali ed internazionali per 

attività di studio, formazione, educazione e comunicazione. A livello locale la 

collaborazione con i DIP vede nei Piani per la Salute il principale strumento 

istituzionale operativo. L’attiva partecipazione a progetti e programmi a livello 

nazionale ed internazionale ha poi costituito un’importante scelta fatta fino dalla sua 

costituzione a garanzia della qualità del proprio operare. Tra le varie collaborazioni 

attivate su progetti nazionali ricordiamo POLLNET (Realizzazione di una rete 

nazionale di monitoraggio di pollini e spore fungine) e lo studio MISA II. A livello 

internazionale, citiamo a titolo di esempio, collaborazioni con: 

• OMS per l’allestimento delle schede ICSC sulle sostanze chimiche. 

• APAT ed Agenzia Europea per l’Ambiente per l’implementazione di indicatori 

ambientali e sanitari – Progetto ECOEHIS. 

• Collaborazione Internazionale COSPE (Cooperazione e Sviluppo Paesi Emergenti) 

per un progetto in ECUADOR finalizzato al miglioramento delle condizioni 

ambientali e sanitarie – Progetto Proquito. 

• Comunità Europea per diversi progetti di ricerca o di gemellaggio quali ENHANCE 

- sul tema della sorveglianza ambientale-sanitaria in siti con presenza di inceneritori 

– RASF (Rapid Alert System on Food Stuff) – finalizzato ad un sistema di allerta 

per i rischi da alimenti in Slovacchia – PHARE (Monitoring of Drinking Water 

Quality) – per l’impostazione di un sistema di controllo dei rischi da acque potabili 

in Polonia. 

Di rilievo è anche il patrocinio di WHO, ILO e UNEP alla costituzione in seno alla 

struttura tematica di un Centro per la Prevenzione dei Danni Ambientali e Sanitari da 

Traffico, che ha segnato un settore di attività di particolare interesse (vedi sotto). 

207


L’organico della struttura è attualmente composto di 11 persone: 2 medici, 3 biologi, 1 

fisico, 1 matematico, 2 statistici, 1 linguista/amministrativo e 1 economista. La sede 

della struttura è a Modena. 

La struttura opera principalmente per progetti. Vengono qui di seguito elencate le 

principali aree tematiche; per ognuna di esse viene riportata una sintetica presentazione 

di alcuni dei progetti più rappresentativi. 

1. Valutazione degli effetti sanitari dei fattori ambientali. 

La struttura collabora e conduce studi epidemiologici per la valutazione dei rischi 

associati a diversi fattori di pressione ambientale (inquinamento atmosferico, acustico, 

elettromagnetico, disagio bioclimatico, etc). Sono stati effettuati studi sugli effetti 

dell’inquinamento nel distretto delle ceramiche, sia rivolti alla salute respiratoria nei 

bambini - studio AIRE, Asma Infantile Ricerca in Emilia-Romagna (Ranzi A et al., Eur 

J Epidemiol. 2004; 19(6): 567-76), sia alla relazione fra inquinamento e tumore al 

polmone (Goldoni CA et al. Epidemiol Prev 27(5), 2003). Quest’ultima relazione è stata 

indagata anche in altre realtà ad alto rischio ambientale della nostra regione, come l’area 

industriale del distretto di Ravenna (vedi sotto). Indagini in corso riguardano 

inquinamento atmosferico e disturbi respiratori nei bambini, attraverso l’analisi dei 

ricoveri in P.S. al policlinico di Modena (anni 1997-2003), o aspetti più innovativi, 

come la valutazione del consumo di farmaci quale indicatore di prevalenza di asma nei 

bambini o la caratterizzazione dell’associazione tra esposizione a fattori di rischio 

ambientale e variazioni di biomarcatori dell’infiammazione delle vie aeree e/o nel 

sangue di soggetti suscettibili di malattia cardiaca (vedi sotto). 

- Studio sul tumore al polmone nel Comune di Ravenna 

Altri Enti coinvolti: Provincia di Ravenna, ARPA Sez. Ravenna, AUSL Ravenna 

L’obiettivo del progetto è stato di valutare gli effetti dell’esposizione all’inquinamento 

atmosferico sulla popolazione in relazione alla collocazione spaziale, considerando le 

diverse fonti presenti nella zona di Ravenna (polo industriale, porto commerciale, 

traffico veicolare). E’ stato effettuato uno studio caso-controllo retrospettivo su soggetti 

di sesso femminile deceduti negli anni 1990-1999. 

I risultati dello studio hanno messo in luce un eccesso di rischio di tumore al polmone 

nell’area considerata, in relazione ad indicatori surrogati dell’esposizione alle polveri, 

quali: davanzali sporchi di fuliggine, residenza prolungata in strada trafficata. Lo studio 

ha anche riguardato la georeferenziazione di casi e controlli indagati nello studio tramite 

questionario e il calcolo della distanza rispetto alle tre fonti di inquinamento 

considerate. Le distanze dalle residenze ai tre punti di emissione sono risultate maggiori 

per il gruppo dei controlli che per i casi. E’ risultata altresì significativa l’associazione 

fra la risposta sulla presenza di fuliggine sui davanzali e la distanza dell’abitazione dalle 

tre sorgenti individuate. Tale coerenza di associazione fra un’esposizione valutata in 

modo soggettivo, un dato geografico e l’insorgenza della patologia da un lato conferma 

l’attendibilità del dato ricavato dal questionario, dall’altro orienta verso una 

significatività sostanziale dell’associazione fra esposizione e malattia. 

- Malattie cardiovascolari e markers biochimici di rischio ambientale 

Altri Enti coinvolti: Univ. Modena e Reggio Emilia, AUSL Modena, Ass. Amici del 

Cuore Modena 

In uno studio di panel condotto nell’area urbana di Modena, abbiamo indagato gli effetti 

del particolato sulla variabilità della pressione arteriosa. Sono stati reclutati 23 soggetti 

cardiopatici in situazione di angina stabile e 26 sani, tutti residenti nell’area urbana di 

Modena. I soggetti sono stati caratterizzati clinicamente attraverso visita cardiologia 

208


iniziale e seguiti per un periodo di follow-up di 4 mesi (dicembre 2003-aprile2004), 

durante i quali hanno compilato un diario giornaliero contenente informazioni relative ai 

sintomi riportati, farmaci assunti, attività giornaliera svolte, e misurazione della 

pressione. Le analisi hanno evidenziato un’associazione fra picchi di PM10 e incrementi 

della pressione arteriosa nel gruppo di soggetti sani, mentre nel gruppo di soggetti 

cardiopatici la variazione di pressione arteriosa tende ad essere inversamente associata 

alla variabilità del PM10. Questo studio è stato realizzato come indagine pilota per la 

messa a punto di uno studio multicentrico, il cui obiettivo è l’identificazione di 

indicatori precoci di esposizione, effetto e suscettibilità (usuali biomarcatori e marker 

come la proteina C-reattiva, il fibrinogeno, …), e la valutazione dell’evoluzione 

temporale di questi indicatori in relazione all’esposizione ambientale e a particolari 

outcome sanitari. 

2. Sorveglianza sanitaria in siti a rischio ambientale. 

Il controllo degli effetti sanitari in prossimità di siti ad alto rischio ambientale (impianti 

chimici e petrolchimici, inceneritori, discariche) e l’allestimento di sistemi di 

sorveglianza, costituiscono l’obiettivo principale dell’area tematica. E’ in corso un 

progetto europeo sulla sorveglianza ambientale sanitaria di popolazioni prossime ad 

inceneritori (vedi sotto), mentre è terminato nella sua prima fase, ed è stata approvata la 

seconda fase, un progetto di monitoraggio della qualità delle acque potabili in Polonia 

(progetto Phare-Twinning), che prevede anche la sorveglianza sanitaria della malattie di 

origine idrica. 

-Progetto europeo InterReg3C - "ENHance Health" 

Obiettivo primario del progetto è la definizione di linee guida per lo sviluppo di sistemi 

di sorveglianza ambientale-sanitaria, al fine di valutare lo stato di salute della 

popolazione esposta a fattori di rischio derivanti da insediamenti di impianti di 

termodistruzione. Si tratta di un progetto di epidemiologia applicata sul territorio, 

orientato a creare consenso tra amministrazione e cittadinanza mediante interventi di 

comunicazione sul rischio. Le diverse fasi dell'intero progetto saranno condotte 

nell'ottica dell’esportabilità alle varie realtà locali. 

Le diverse fasi del progetto, che verranno di volta in volta presentate ad un Comitato 

Scientifico appositamente costituito, prevedono: 

• Messa a punto e standardizzazione di tecniche di 

monitoraggio ambientale ai fini della 

caratterizzazione dei vari fattori di pressione. 

• Indagini descrittive e analisi spaziali al fine di 

individuare gli indicatori ambientali e sanitari 

più adatti da utilizzare nel sistema di 

sorveglianza; 

• Messa in opera di un sistema di sorveglianza 

ambientale-sanitaria 

• Creazione di un registro di esposizione 

• Analisi di percezione e comunicazione locale dei 

rischi ambientali indagati. 

Sono previsti reporting in itinere delle metodologie applicate in tre siti pilota (Italia, 

Polonia, Ungheria). 

209


ARPA Emilia Romagna, assieme all’AUSL di Forlì, è responsabile della messa in opera 

del sistema di sorveglianza nell’area industriale urbana Coriano del Comune di Forlì, 

nonché del coordinamento delle attività di sorveglianza nei tre siti. 

Partner: 

Italia: Comune di Forlì (leader del progetto), ARPA Emilia Romagna (Sez. di Forlì e S. 

Epidemiologia Ambientale), AUSL di Forlì (Dip. Sanità Pubblica) 

Polonia: PZH (Istituto Nazionale di Igiene) 

Grecia: Computer Technology Institute 

Ungheria: "Fodor Jòzsef" National Center for Public Health 

Austria: Lower Austrian Regional Government 

Spagna: Advanced Production Technologies Institute – ITAP 

3. Valutazione dell’esposizione e quantificazione degli impatti. 

L’area tematica si occupa di definire criteri e implementare metodi di stima 

dell’esposizione e degli eventi sanitari (numero di decessi, ricoveri o altro) attribuibili ai 

diversi fattori di rischio ambientale e di analizzare scenari di intervento a supporto delle 

politiche di gestione del rischio. 

- Studio sull'inquinamento da benzene a Modena 

Su incarico del Comune del Modena è stato avviato un progetto pluriennale articolato in 

diversi sottoprogetti, finalizzato all’analisi 

Media annua 2004 (μg/m 3 ) 

18 

16 

14 

12 

10 

8 

6 

4 

2 

0 

210 

CENTRO 

STORICO 

INCROCI PARCHI 

PUBBLICI 

POLI 

SCOLASTICI 

STRADE ZONE 

RESIDENZIALI 

modellistiche. L'approccio metodologico 

utilizzato ha mirato proprio ad una analisi ad 

alta risoluzione spaziale dell'inquinamento da 

benzene tramite l'integrazione tra le diverse 

metodologie di indagine e di misura. Partendo 

dai dati di inquinamento outdoor si è definito 

un criterio per la stima dell’esposizione della 

popolazione, stimandone poi, sulla base delle 

informazioni relative all'evoluzione storica 

delle emissioni da traffico veicolare, 

del problema benzene partendo dalla 

valutazione dei livelli di benzene nell'area 

urbana fino alla quantificazione degli eventi 

sanitari attesi ad esso attribuibili. Per la 

valutazione dei livelli di benzene al 

tradizionale monitoraggio tramite centraline 

fisse sono stati affiancate misure con 

campionatori passivi (in 73 siti - vedi sintesi 

risultati nella figura a fianco) e simulazioni 

l'andamento per gli anni 1980-2000 (vedi figura a fianco). La stima degli eventi sanitari 

è stata effettuata in termini di casi di leucemia attribuibili annualmente al benzene 

confrontando due diversi approcci definiti in letteratura (Zauli Sajani S. et al. Epidemiol 

Prev., 2005;29(1):13-18). Anche sulla base di tali indagini e dei diversi scenari studiati 

l’Amministrazione Comunale ha impostato i piani relativi alla mobilità e adottato 

provvedimenti di limitazione del traffico veicolare. 

4. Documentazione. 

La struttura supporta le sezioni di ARPA e le amministrazioni locali nella 

documentazione sugli effetti sanitari dei fattori di rischio ambientale. Produce in questo 

μg/m 3 

60 

50 

40 

30 

20 

10 

0 

1981 

1982 

1983 

1984 

1985 

1986 

1987 

1988 

1989 

1990 

1991 

1992 

1993 

1994 

1995 

1996 

1997 

1998 

1999 

2000


contesto anche materiale di supporto metodologico per gli operatori di sanità pubblica e 

della protezione ambientale. In questo contesto ricordiamo la traduzione, effettuata in 

collaborazione con le altre Agenzie per l’Ambiente, del libro del WHO “Environmental 

Epidemiology. A textbook on study methods an public health applications”, edito con il 

titolo “Epidemiologia Ambientale. Metodi di studio e applicazioni in sanità pubblica”. 

Di prioritaria importanza è l’impegno nell’ambito del programma IPCS. 

- Schede IPCS 

Questo programma, attivato nel 1980 per volontà 

del WHO, ILO e UNEP ha tra i suoi numerosi 

compiti, la diffusione di informazioni sulla 

pericolosità delle sostanze chimiche attraverso un 

database denominato ICSCs (International 

Chemicals Safety Cards). Le informazioni del 

database comprendono aspetti di tutela 

dell’ambiente, della salute e di sicurezza, 

utilizzabili a livello operativo. Deve essere 

IDROGENO ICSC: 0001 

Marzo 2002 

IDROGENO ICSC: 0001 

(bombola) 

DATI IMPORTANTI 

CAS # 1333-74-0 H2 

RTECS # MW8900000 Massa molecolare: 2.0 

STATO FISICO: ASPETTO: 

VIE DI ESPOSIZIONE: 

UN # 1049 

EC # 001-001-00-9 

GAS COMPRESSI INODORE, INCOLORE 

La sostanza può essere assorbita nell'organismo per 

inalazione . 

PERICOLI FISICI: 

TIPO DI RISCHIO / 

PRIMO SOCCORSO / 

RISCHI ACUTI / SINTOMI PREVENZIONE 

Il gas ben miscelato con aria, forma facilmente miscele RISCHI PER INALAZIONE: 

ESPOSIZIONE 

MEZZI ESTINGUENTI 

esplosive. Il gas è più leggero dell'aria. 

In mancanza di contenimento, una concentrazione 

Estremamente 

NO fiamme libere, NO Chiudere il rifornimento; se 

dannosa del gas in aria può essere raggiunta molto 

infiammabile. Molte scintille e NON fumare. non è possibile e non ci sono 

reazioni provocano incendi 

rischi per l'ambiente 

PERICOLI CHIMICI: 

rapidamente 

o esplosioni 

circostante lasciare che 

INCENDIO 

Il riscaldamento può causare combustione violenta o 

l'incendio si estingua da solo; 

negli altri casi spegnere con 

esplosione Reagisce violentemente con aria, ossigeno, EFFETTI DELL'ESPOSIZIONE A BREVE TERMINE: 

acqua nebulizzata, polvere 

alogeni e forti ossidanti. causa rischio di incendio e Asfissiante semplice Vedere le Note 

anidra, anidride carbonica. 

esplosione. Catalizzatore metallico, come il platino ed il 

Miscele gas/aria sono Sistemi chiusi, ventilazione, In caso di incendio: 

nickel,aumenta molto queste reazioni. 

esplosive 

materiale elettrico e mantenere freddi le bombole 

impianto di illuminazione ecc., erogando acqua. 

ESPLOSIONE 

antideflagranti. Utilizzare Combattere l'incendio da una 

LIMITI DI ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE: 

utensileria manuale anti posizione riparata. 

innesco. Non maneggiare le 

TLV : Asfissiante semplice (ACGIH 2002) 

bombole con le mani unte. 

ESPOSIZIONE 

PROPRIETÀ FISICHE 

Senso di soffocamento Sistema chiuso e 

Aria fresca, riposo 

ventilazione 

Necessità di respirazione 

Punto di ebollizione: -253°C 

Punto di infiammabilità: gas infiammabile 

Inalazione 

artificiale Rivolgersi 

Densità di vapore relativa (aria=1): 0.07 

Temperatura d i auto-accensione: 500-571°C 

all'assistenza medica 

Limiti di esplosione, vol % in aria: 4-76 

Grave congelamento Guanti isolanti dal freddo Rivolgersi all'assistenza 

Cute 

medica. 

DATI AMBIENTALI 

Occhi Occhiali di sicurezza, 

Ingestione 

RIMOZIONE DI UN VERSAMENTO IMBALLAGGIO E ETICHETTATURA 

Rimuovere tutte le fonti infiammabili. Evacuare l'area Classificazione EU 

pericolosa ! Consultare un esperto ! Ventilazione 

Simboli: F+ 

Rimuovere vapore con un getto di acqua a spruzzo molto R: 12 

fine 

S: (2-)-9-16-33 

Classificazione UN 

UN classe di rischio: 2.1 

RISPOSTA DI EMERGENZA IMMAGAZZINAMENTO 

Transport Emergency Card: TEC (r) - 20S1049. Codice 

NFPA: H 0; F 4; R 0; . 

IPCS 

International 

Programme 

on 

Chemical 

Safety 

Antincendio Freddo 

Preparata nel contesto della cooperazione tra 

l'International Programme| on Chemical Safety 

& la Commissione della Comunità Europea (c) 

IPCS, CEC 1999 

GUARDA LE INFORMAZIONI IMPORTANTI 

NEL RETRO 

NOTE 

Elevate concentrazioni in atmosfera determinano insufficienza di ossigeno con rischio di perdita di conoscenza o morte. 

Controllare il contenuto di ossigeno prima di entrare in un'area. Non c'è alcuna evidenza di odore anche in presenza di 

concentrazioni tossiche. Misurare le concentrazioni di idrogeno con un detector per gas adatto ( un gas detector a 

fiamma normale non è adatto per questo scopo). 

INFORMAZI ONI SUPPLEMENTARI 

NOTIZIA LEGALE Né la CEC né IPCS e neanche le persone che agiscono per conto della CEC o dell'IPCS sono 

responsabili per l'uso che verrà fatto di queste informazioni 

(c) IPCS, CEC 1999 

ricordato che le schede, per la loro stessa natura non sono esaustive per tutti i problemi 

che possono insorgere in diverse situazioni, ma possono fornire una base per più 

approfondite informazioni sull’uso di una particolare sostanza avendo come scopo 

quello di essere uno strumento quotidiano che possa offrire un aiuto agli operatori della 

prevenzione ambientale e sanitaria e ai lavoratori. Il database si struttura attraverso frasi 

predefinite, in lingua inglese, che nel corso di meeting semestrali, con la partecipazione 

di vari esperti internazionali, vengono inserite nelle schede delle sostanze dopo 

approfondita discussione e validazione delle informazioni ritrovate dai singoli esperti. 

Questo permette un’agevole traduzione in varie lingue, permettendo così una diffusione 

capillare, soprattutto in quelle aree ove la conoscenza della lingua inglese può risultare 

problematica. Sul sito del NIOSH appare la versione con links per le varie traduzioni. 

La traduzione in Italiano è stata effettuata da un gruppo di Agenzie per l’ambiente 

coordinato dall’Emilia-Romagna. 

5. Comunicazione. 

Vengono svolte e promosse attività di comunicazione (siti internet, pubblicazioni, etc.) 

sugli effetti di determinati fattori di rischio ambientale (OGM, inquinamento 

atmosferico, etc.) e predisposti strumenti di supporto in periodi di criticità ambientale 

(pollini, disagio bioclimatico estivo). 

- Attività di previsione e comunicazione del disagio bioclimatico estivo 

Il disagio bioclimatico rappresenta un importante problema di 

sanità pubblica. La struttura è da tempo impegnata su questa 

tematica con molteplici iniziative, sia in campo 

epidemiologico, sia nell'allestimento di servizi di previsione e 

prevenzione. Nell'ambito degli studi epidemiologici, una 

prima indagine è stata condotta a scala regionale 

relativamente agli anni 1995-1998, indagine che aveva messo 

in evidenza il macroscopico aumento della mortalità 

giornaliera in corrispondenza ad ondate di calore (Mortality 

and bioclimatic discomfort in Emilia-Romagna, Italy. (Zauli 

Sajani S et al.. - J Epidemiol Community Health 

2002;56:536-537). Si è poi avviata una seconda indagine 

specifica sull'area urbana di Bologna (anni 1989-2003) 

211


(Mortality and summer bioclimatic discomfort in the 

urban area of Bologna (Italy): a comparison of short 

and medium term effects, submitted to International 

Journal of Biometeorology). Nell'ambito 

dell'allestimento di servizi di supporto alla prevenzione, 

nel corso dell'estate 2004, su incarico della Direzione 

Generale Sanità e Politiche Sociali della Regione 

Emilia Romagna è stato attivato un sito web di 

previsioni sul disagio bioclimatico estivo a scala 

regionale (www.arpa.emr.it/calore). Servizi aggiuntivi 

specifici sono stati attivati a Modena dove, su 

sollecitazione della AUSL, si è inviato un bollettino 

quotidiano a circa 160 operatori e responsabili di 

strutture sanitarie ed assistenziali, che hanno costituito un panel di valutazione della 

qualità e dell’utilità del servizio fornito. 

6. Educazione ambientale. 

La struttura coordina ed orienta i nodi di ARPA in relazione alle attività di educazione 

alla sostenibilità e fornisce il supporto tecnico scientifico alle reti regionali che operano 

in questo settore con particolare riferimento al sistema INFEA. Tra le diverse iniziative 

attivate ricordiamo il progetto “Eco-Learning”, un percorso formativo ambientalesanitario 

basato sull’utilizzo delle tecnologie per la formazione a distanza (FAD) 

finanziato dall’Assessorato alla Formazione Professionale della regione Emilia 

Romagna, rivolto agli operatori della Salute pubblica, e il progetto GITAS (vedi sotto). 

- GITAS 

Il progetto “GITAS”, (Giovani Informati su Traffico, Ambiente e Salute), finalizzato a 

un intervento educativo rivolto ai ragazzi delle scuole superiori della provincia di 

Modena sui fattori di rischio legati al traffico autoveicolare, nasce dalla collaborazione 

tra ARPA E-R (coordinamento progetto), AUSL di Modena, il Centro Servizi 

Amministrativi di Modena, la Provincia e i Comuni di Modena, Carpi, Sassuolo, Finale 

Emilia e Castelfranco Emilia. Il progetto, inoltre, fa parte del piano “Rete di Sicurezza” 

della Provincia di Modena, dei PPS dell’AUSL di Modena ed è cofinanziato dal 

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Esso ha avuto durata triennale (2001- 

2004), ed ha realizzato diverse azioni: 

• Realizzazione di uno stage formativo destinato agli operatori coinvolti nel progetto 

• Predisposizione di un programma di lavoro per ogni scuola partecipante (Totale 

scuole superiori coinvolte n°8: 27 classi per un totale di 560 alunni); 

• Pubblicazione di un manuale guida contenente gli atti di un seminario per insegnanti 

impegnati in progetti educativi riguardanti la mobilità sostenibile 

• Attivazione di un sito WEB (www.provincia.modena.it/gitas), in cui evidenziare il 

lavoro svolto e su cui creare un terreno di confronto di idee sia fra ragazzi, sia fra 

ragazzi e istituzioni 

• Realizzazione di seminari pubblici conclusivi di presentazione dell’esperienza 

• Redazione di una carta condivisa dai partecipanti in tema di mobilità sostenibile 

• Seminari periodici aperti su mobilità sostenibile e inquinamento da traffico 

autoveicolare 

• Pubblicazione di un secondo manuale contenente una raccolta multimediale e 

cartacea di prodotti didattici validati, elaborati nelle annualità del progetto Gitas. 

7. Prevenzione dei danni ambientali e sanitari da traffico. 

212


Particolare attenzione viene dedicata alle tematiche legate al traffico veicolare con la 

costituzione di un “Centro per la Prevenzione dei Danni Ambientali e Sanitari da 

Traffico” in collaborazione con l’OMS, l’ILO e l’UNEP. Il Centro conduce specifiche 

attività modellistiche e promuove studi integrati di valutazione degli effetti del traffico 

autoveicolare in termini di inquinamento atmosferico, acustico e incidentalità stradale. 

- Valutazione dell'efficacia di interventi preventivi sulla viabilità 

La presente esperienza è nata con l’obiettivo di fornire agli amministratori locali 

strumenti per una valutazione preventiva dei miglioramenti in termini di sicurezza 

stradale, in funzione delle diverse azioni perseguibili. Può considerarsi una delle prime 

esperienze italiane di valutazione dell’efficacia in questo ambito. Partendo dall’analisi 

puntuale degli incidenti in 3 comuni della provincia di Modena caratterizzati da elevati 

livelli di gravità degli incidenti stradali; tramite l’utilizzo di strumenti modellistici sono 

state effettuate simulazioni sui risultati attesi in termini di miglioramento della sicurezza 

stradale, in funzione di alcuni interventi ipotizzabili. Per le opere di miglioramento 

concretamente realizzate è stata avviata una valutazione dell’efficacia degli interventi, 

anche per verificare la bontà della stima modellistica. I risultati raccolti incoraggiano 

l’adozione di metodologie di valutazione preventiva dell’efficacia di interventi di 

prevenzione (Ranzi A et al. Epidemiologia e prevenzione, in press). 

- Redazione libro: “I numeri degli incidenti stradali” (RER, ed. Franco Angeli, 

2001). 

La partecipazione ai gruppi di lavoro regionali sul tema della sicurezza stradale ha 

portato alla redazione di un volume pubblicato dalla Regione E-R come numero di una 

collana a cura dell’Ufficio Statistica. In questo volume viene analizzato il problema 

dell’incidentalità stradale in particolare dal punto di vista della documentazione 

statistica. Vengono descritte le fonti informative, analizzati gli incidenti stradali e 

confrontati con il contesto europeo. Si esaminano le circostanze e le cause degli 

incidenti, la tipologia della strada, la percezione del rischio e l’uso dei dispositivi di 

sicurezza. Vengono poi presentati i dati a livello provinciale, gli aspetti temporali, la 

rete stradale e il numero dei ricoveri ospedalieri. 

213


REGISTRO ITALIANO PER IL DIABETE MELLITO TIPO 1 (RIDI) 

Gruppo di Studio RIDI 

Coordinamento centrale:V. Cherubini (Dip. di Pediatria, Università Politecnica delle 

Marche), F. Carle (Centro di Epidemiologia, Biostatistica ed Informatica Medica, 

Università Politecnica delle Marche). 

Registri locali: 

Provincia di Torino: G. Bruno (responsabile) ,F. Cerutti, F. Merletti, G. Pagano (Dip. di 

Medicina Interna, Università di Torino); 

Provincia di Trento: S Piffer (responsabile), S. Franchini, L. Bianchi (Dip. di 

Epidemiologia e Salute Pubblica, Trento); 

Regione Liguria: R. Lorini (responsabile),G. D’Annunzio, L. Minicucci, P. 

Barbieri(Dip. di Pediatria, Università di Genova); 

Provincia di Pavia: M.T. Tenconi, G. Devoti, S. Bazzano, F. Gallina (Dip. di Medicina 

Preventiva, Università di Pavia); 

Provincia di Modena: L. Iughetti (responsabile), B. Predieri, F. Balli (Dip. di Pediatria, 

Università di Modena); 

Provincia di Prato-Firenze: M.E. Martinucci (responsabile), S. Toni, M. S. Reali, A. 

Medici (Dip. di Pediatria, Università di Firenze); 

Regione Marche: V. Cherubini (responsabile), A. Iannilli, A. Pinelli, R. Gesuita, G.V. 

Coppa (Dip. di Pediatria, Università di Ancona); 

Regione Umbria: Santeusanio F (responsabile), A. Falorni, G. De Giorgi, E. Santilli 

(Dip. di Medicina Interna, Università di Perugia); 

Regione Lazio: P. Pozzilli (responsabile), N. Visalli, L. Sebastiani, G. Marietti (Dip. di 

Endocrinologia; Campus Biomedico,Università di Roma); 

Regione Abruzzo: E. Altobelli (responsabile), F. Chiarelli, S. Tumini (Dip. di 

Epidemiologia, Università di L’Aquila); 

Regione Campania: F. Prisco (responsabile), D. Iafusco, E. De Felice, N. Ingenito (Dip. 

di Pediatria, II Università di Napoli); 

Regione Sardegna: M Songini (responsabile), A. Casu, P. Frongia, A. Marinaro (Centro 

Diabetologico, Ospedale San Michele, Cagliari). 

Nel 1996 è stato istituito il Registro Italiano per il Diabete mellito di tipo 1 (RIDI) [1] 

con l’obiettivo generale di coordinare i registri di incidenza già attivi e promuovere 

l’attivazione di nuovi registri nelle aree non ancora sottoposte ad osservazione 

epidemiologica. In particolare questo costituiva un sistema per (i) standardizzare la 

raccolta e la registrazione dei dati di incidenza del diabete mellito tipo 1 (DMT1) nelle 

diverse aree geografiche del territorio nazionale; (ii) creare un data-base nazionale; (iii) 

analizzare l’andamento dell’incidenza del DMT1 nel tempo; (iv) diffondere i dati 

epidemiologici nazionali sul DMT1. Il RIDI è nato come progetto di cooperazione tra 

SID (Società Italiana di Diabetologia), AMD (Associazione Medici Diabetologi) e 

SIEDP (Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica) in modo da 

realizzare una rete di collaborazione tra pediatri, diabetologi e centri di osservazione 

epidemiologica. La struttura organizzativa prevede quindi diversi registri locali ed un 

centro di coordinamento nazionale con sede in Ancona. Ogni registro locale opera come 

un registro indipendente seguendo un protocollo standardizzato per la registrazione dei 

casi uguale per tutti i registri. Vengono utilizzate almeno due fonti indipendenti di 

215


reclutamento, in modo da poter stimare la completezza di registrazione con il metodo 

cattura-ricattura. 

Ad oggi il RIDI ha prodotto studi riguardo l’andamento dell’incidenza nel tempo in 

varie province e regioni italiane [1, 2]. I progetti attualmente in corso, all’interno del 

RIDI, riguardano: lo studio delle caratteristiche della popolazione diabetica, lo studio 

dell’incidenza nei primi anni di vita, l’analisi della mortalità a breve termine nei 

bambini con diabete, la valutazione della qualità della vita nei soggetti di nuova 

diagnosi, l’applicazione di modelli di analisi spazio-temporale dell’incidenza, il 

confronto tra l’andamento temporale dell’incidenza di DMT1 e quello delle malattie 

infettive dell’infanzia. 

(1) V. Cherubini, G. Mascioli, F Carle: Incidenza del diabete mellito tipo 1 nell’età 

infantile: lo studio RIDI. Il Diabete, dicembre 2004, 2-9. 

(2) Carle F, Gesuita R., Giordano B., Coppa G.V., Falorni A., Lorini L., Martinucci 

M.E., Pozzilli P., Prisco F., Songini M., Tenconi M.T., Cherubini V., RIDI Study Group: 

Trend for an increase of Incidence of type 1 diabetes 0-14 years in Italy: a 10 years 

prospective study. Diabetes Care, Volume 27, Number 12, December 2004 

216


L’EPIDEMIOLOGIA PEDIATRICA PRESSO L’OSPEDALE BAMBINO GESÙ 

DI ROMA. 

Marina Cuttini, V. Di Ciommo, A. Tozzi, L. Ravà 

Unità di Epidemiologia, OPBG, Roma 

L’Unità di Epidemiologia dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico 

(IRCCS) Pediatrico Bambino Gesù è stata costituita, come U.O. complessa afferente 

alla Direzione Sanitaria, nel dicembre 2003. Il personale è costituito da quattro persone 

strutturate (tre medici epidemiologi ed uno statistico) e dai ricercatori e consulenti a 

contratto su specifici progetti di ricerca. 

Da sempre, la pediatria ha rappresentato un’area privilegiata per la ricerca 

epidemiologica: infatti, la rapidità dei cambiamenti che si verificano anche 

fisiologicamente con la crescita e lo sviluppo dei bambini permettono in molti casi di 

osservare gli esiti degli interventi in tempi relativamente ridotti rispetto all’adulto. 

D’altra parte però, il crescente interesse che si è sviluppato recentemente nei riguardi 

della relazione tra le condizioni di salute dell’adulto e quelle dell’infanzia, e addirittura 

della vita prenatale, costringono anche l’epidemiologo pediatra a impegnarsi sempre più 

frequentemente nei lunghi studi prospettici di coorte tipici dei soggetti adulti. 

L’Unità di Epidemiologia dell’OPBG si propone di promuovere la conoscenza e 

l’applicazione dei metodi epidemiologici all’interno dell’ospedale; di sviluppare una 

attività di ricerca qualificata nel campo della epidemiologia perinatale e pediatrica e di 

quella valutativa; di sostenere l’applicazione delle evidenze scientifiche nella gestione 

clinica quotidiana del paziente. 

Attualmente l’Unità di Epidemiologia esprime specifiche competenze ed esperienza di 

ricerca nei seguenti settori: 1. perinatologia e follow-up dei neonati a rischio; 

2. malattie infettive e vaccinazioni; 

3. qualità della vita nei pazienti pediatrici con patologia cronica; 

4. valutazione della qualità dell’assistenza e soddisfazione degli utenti; 

5. aspetti etici dell’assistenza e della ricerca pediatrica. 

Ognuno di questi settori configura un filone di ricerca, a cui afferiscono diversi progetti, 

sia a livello locale che nazionale e internazionale. 

Alla ricerca si affianca una attività didattica e di formazione in epidemiologia, 

biostatistica e informatica applicata alla ricerca biomedica, nonchè di consulenza per la 

ricerca clinica che viene svolta dai medici e dai ricercatori dell’ospedale. 

217


UNITÀ DI RICERCA DI EPIDEMIOLOGIA AMBIENTALE POLMONARE 

DELL'ISTITUTO DI FISIOLOGIA CLINICA (IFC), CONSIGLIO NAZIONALE 

DELLE RICERCHE (CNR), PISA 

Componenti Giovanni Viegi (IFC-CNR, Responsabile), Laura Carrozzi (Azienda Ospedaliera 

Universitaria Pisana (AOUP), Vice-Responsabile), Sandra Baldacci (IFC-CNR, Ricercatrice), 

Francesco Pistelli (AOUP, Ricercatore), Antonio Scognamiglio (IFC-CNR, Ricercatore), 

Gabriella Matteelli (IFC-CNR, Ricercatrice), Marzia Simoni (IFC-CNR, Ricercatrice), Sara 

Maio (IFC-CNR, Ricercatrice), Gerardo Palmiero (Università, Specialista in formazione in 

malattie dell’apparato respiratorio), Francesco Di Pede (AOUP, Responsabile informatico), 

Anna Angino (IFC-CNR, Tecnico informatico), Marco Borbotti (IFC-CNR, Tecnico 

informatico), Franca Martini (IFC-CNR, Tecnico informatico), Barbara Piegaia (IFC-CNR, 

Assistente di segreteria), Patrizia Silvi (IFC-CNR, Responsabile segreteria). 

Background 

la nostra attività di ricerca ha inizio con il Progetto Finalizzato del CNR “Medicina 

Preventiva-Sottoprogetto Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva” (1978-89) che ha 

segnato l’inizio della ricerca epidemiologica respiratoria in Italia grazie all’avvio di due 

importanti studi epidemiologici prospettici realizzati nell’Italia Settentrionale e 

Centrale. Tuttavia è solo successivamente, nel 1990, nell’ambito della Convenzione 

CNR-ENEL “Interazione dei sistemi energetici con la salute dell’uomo e con 

l’ambiente” (1990-94), grazie alla quale sono state effettuate le seconde fasi delle due 

indagini sopramenzionate, che l’Unità di Epidemiologia Ambientale Polmonare – IFC si 

costituisce formalmente. 

Indagini 

1. studio longitudinale su un campione di popolazione generale residente nel Delta del 

Po (1° fase nel 1980-82: 3284 soggetti, 8-64 anni; 2° fase nel 1988-91: 2841 soggetti, 8- 

73 anni), 

2. studio longitudinale su un campione di popolazione generale residente nei comuni di 

Pisa e Cascina (1° fase nel 1985-88: 3865 soggetti, 5-90 anni; 2° fase nel 1991-93: 2841 

soggetti, 8-97 anni), 

3. indagini sugli effetti dell’inquinamento in ambienti confinati (indoor) in 

sottocampioni di soggetti partecipanti alle indagini del Delta Padano e di Pisa-Cascina 

(1991-94: 1090 soggetti, >15 anni), 

4. studio di fattibilità sull’uso di monitori passivi personali per il benzene ed il biossido 

di azoto in un sottocampione di Pisa-Cascina (1996), 

5. studio sugli effetti del fumo passivo in quattro aree Italiane (studio SEASD): Pisa- 

Cascina, Delta Padano, Roma, Viterbo (1997-98: 2335 donne, 13-99 anni), 

6. indagine multicentrica sull’abitudine al fumo negli ospedali italiani (Progetto 

Obiettivo AIPO-Ospedali senza fumo) (1° fase nel 1998: 9843 soggetti, 18-71 anni; 2° 

fase nel 2002: 6889 soggetti, 18-71 anni), 

7. studio epidemiologico sulle polmoniti acquisite in comunità (EPI-CAP) (1999-2000: 

699 soggetti, 7-96 anni), 

8. indagine multicentrica italiana ECRHS-ISAYA (Italian Study on Asthma in Young 

Adults) (1998-2000: 3411 soggetti di Pisa, Lucca e Livorno, 20-44 anni), 

9. indagine epidemiologica sui lavoratori del settore lapideo: cave di marmo di Massa 

Carrara (2000-02: 387 maschi adulti), 

219


10. indagine epidemiologica ed ambientale nell’area sud-est del Comune di Pisa (2001: 

1407 soggetti, 1-94 anni), 

11. studio epidemiologico di valutazione della prevalenza dei disturbi dell’umore e 

d’ansia e della comorbidità cardiorespiratoria nella popolazione afferente ai medici di 

medicina generale (studio EPIDEA) (2001-2002: 2083 soggetti, 14-82 anni), 

12. studi clinici controllati sull’efficacia della terapia farmacologia (NRT, bupropione 

cloridrato, molecola glicino-antagonista sperimentale GW468816) per la cessazione del 

fumo di sigaretta (CEASE, ZYBAN, PHARMACIA, GL320002), 

13. indagine telefonica per la valutazione dei cambiamenti temporali nell’uso di 

specifici gruppi terapeutici di farmaci, in relazione ai fattori di rischio per le 

malattie/sintomi respiratori, in sottocampioni del Delta Padano e di Pisa (2004-2005: 

1660 soggetti, 8-81 anni). 


1. questionari standardizzati del CNR, per etero- e auto-somministrazione sui sintomi e 

malattie respiratori ed i principali fattori di rischio, sulle abitudini alimentari, sui 

disturbi dell’umore e dell’ansia e sulla comorbidità cardiorespiratoria, diario giornaliero 

su sintomi acuti e tipo di attività svolta, 

2. prove spirometriche e test di provocazione bronchiale aspecifica alla metacolina, 

3. markers di atopia (test allergometrici cutanei, IgE totali seriche, eosinofilia), 

4. indicatori di effetti biologici precoci (aberrazioni cromosomiche, scambi tra 

cromatidi fratelli, micronuclei), 

5. markers di dose biologica efficace (addotti del benzopirene al DNA), 

6. markers tumorali, 

7. parametri ematochimici e urinari di routine, 

8. indicatori di dose interna (cotinina salivare, urinaria e serica), 

9. indicatori di alterazioni strutturali/funzionali (pattern lipidico, vitamine ed estrogeni), 

10. bioindicatori della qualità dell’aria (licheni), 

11. emoteca e seroteca a -70°C di circa 2000 campioni di soggetti partecipanti allo 

studio di Pisa-Cascina, 

12. georeferenziazione con tecnologia GIS (Geographical Information System) delle 

abitazioni dei soggetti partecipanti allo studio di Pisa-Cascina, Pisa Sud-Est e dei 

soggetti di Livorno partecipanti allo studio ISAYA, 

13. concentrazioni indoor di PM2.5 e di NO2. 

Principali risultati 

- prevalenze e incidenze sintomi/malattie respiratori: le analisi effettuate sui campioni 

partecipanti allo studio del Delta Padano e di Pisa-Cascina evidenziano maggiori 

prevalenze dei sintomi respiratori nell’area urbana-suburbana rispetto a quella rurale, ad 

es. considerando il primo studio, in modo statisticamente significativo per quanto 

riguarda tosse, sibili, attacchi di difficoltà di respiro con sibili, dispnea e rinite. Sia nello 

studio nell’area rurale sia in quello nell’area urbana, si è avuto un generale aumento dei 

sintomi/malattie respiratori nei non fumatori adulti e, soprattutto, di sibili e rinite nei 

secondi studi. Considerando il campione longitudinale del Delta Padano, è stato 

osservato un più alto tasso di incidenza dei sintomi respiratori rispetto al tasso di 

persistenza e di remissione con l’eccezione dell’asma e degli attacchi di difficoltà di 

respiro con sibili. La dispnea ed i sibili hanno raggiunto i tassi di incidenza più elevati; 

220


- valori di riferimento per le prove di funzione respiratoria: sono state derivate dai 

soggetti normali le equazioni di predizione, per età e sesso, della capacità vitale (VC) e 

degli indici derivati dalla curva flusso-volume; 

- quantizzazione delle singole componenti del diagramma modificato di Venn utilizzato 

per la definizione della sindrome broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): circa il 

18% del campione di popolazione generale Italiana ha riportato una diagnosi medica di 

bronchite cronica, enfisema, asma o ostruzione delle vie aeree. L’inclusione dei sintomi 

fa aumentare di 2.5 volte la proporzione di soggetti compresi nel diagramma di Venn. 

- effetti dell’inquinamento indoor: le analisi hanno confermato che il fumo di sigarette 

eleva le concentrazioni domestiche di PM2.5. I livelli di quest’ultimo e del biossido 

d’azoto sono associati a sintomi respiratori acuti ed a maggior variabilità del PEF; 

- carta del rischio respiratorio in Italia: sono state elaborate le carte di rischio per BPCO 

ed asma al fine di fornire al medico di medicina generale ed al paziente un utile 

strumento che consenta la valutazione globale del rischio respiratorio su base individuale 

e, contestualmente, la quantizzazione dei benefici derivanti da variazioni di una o più 

componenti dello stesso; 

- prevalenza dei disturbi dell’umore e d’ansia e della comorbidità cardiorespiratoria: la 

prevalenza di disturbi psichiatrici totali attuali è risultata del 33.8% nel campione totale 

e quella di disturbi psichiatrici “lifetime” è risultata del 44.9%. L’associazione tra 

BPCO ed i disturbi d’ansia e dell’umore suggerisce di prendere in considerazione questi 

aspetti nella pratica clinica, sia degli pneumologi sia degli psichiatri, al fine di ottenere 

un’anamnesi più accurata. 

- effetti del fumo di sigaretta sui sintomi respiratori e sulla funzione polmonare: le 

prevalenze dei sintomi respiratori sono risultati associati all'abitudine al fumo e allo 

stato socioeconomico, inoltre il fumo di sigaretta è stato associato ad un accelerato 

declino della funzione polmonare. E’ stato inoltre valutato il rapporto tra fumo e atopia 

e reattività bronchiale. 

- cessazione clinica controllata dell'abitudine al fumo: nell’ambito di uno studio random 

in doppio cieco stratificato su 297 fumatori sottoposti a trattamento nicotinico o placebo 

con cerotti, il cerotto alla nicotina si è dimostrato un valido strumento d’aiuto per i 

fumatori con bassi livelli di cotinina basale. Inoltre, sono stati investigati con follow-up 

a tre anni, l’uso dello spray alla nicotina, i criteri di definizione di successo, le variabili 

dei questionari psicologici. E’ stato anche descritto il trend della concentrazione serica 

delle IgE totali prima e durante la partecipazione al programma di cessazione clinica 

controllata dell’abitudine al fumo di sigarette. 

Lavori principali degli ultimi tre anni (nazionali ed internazionali) 

1) Viegi G, Di Pede C. Chronic obstructive lung diseases and occupational exposure. 

Curr Opin Allergy Clin Immunol 2002; 2:115-121. 

2) Viegi G, Baldacci S. Danni dell’esposizione long-term al particolato fine: evidenze 

scientifiche a supporto. Aria, Ambiente & Salute 2002; 2:1-4. 

3) Simoni M, Carrozzi L, Baldacci S, Scognamiglio A, Di Pede F, Sapigni T, Viegi G 

The Po River Delta (north Italy) indoor epidemiological study: effects of pollutant 

exposure on acute respiratory symptoms and respiratory function in adults.Arch 

Environ Health 2002; 57:130-136. 

4) Bottai M, Pistelli F, Di Pede F, Carrozzi L, Baldacci S, Matteelli G, Scognamiglio A, 

Viegi G Longitudinal changes of body mass index, spirometry and diffusion in a 

general population.Eur Respir J 2002; 20:665-673. 

5) Baldacci S, Viegi G Respiratory effects of environmental pollution: epidemiological 

data.Monaldi Arch Chest Dis 2002; 57(3-4): 156-60. 

221


6) Viegi G, Pistelli F, Carrozzi L, Matteelli G, Scognamiglio A, Polverino E, Chiaffi L, 

Desideri M, Fornai E, Puntoni R, Lazzeri G, Gronchi R, Stefano A. La cessazione del 

fumo: dall'epidemiologia alla ricerca clinica. 

Newsletter Pneumologia. Rivista Trimestrale a cura della Società Italiana di Medicina 

Respiratoria (SIMeR) 2002;2-3:7-9. 

7) Simoni M, Jaakkola MS, Carrozzi L, Baldacci S, Di Pede F, Viegi G Indoor air 

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In “Air pollution effects in the elderly”, Viegi G and Sandström T eds. 

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8) Bellia V, Pistelli F, Giannini D, Scichilone N, Catalano F, Spatafora M, Hopps R, 

Carrozzi L, Baldacci S, Di Pede F, Paggiaro P, Viegi G Questionnaires, spirometry and 

PEF monitoring in epidemiological studies on elderly respiratory patients. 



9) Sandström T, Frew AJ, Svartengren M, Viegi G The need for a focus on air pollution 

research in the elderly. 



10) Bottai M, Pistelli F, Viegi G Effetto delle variazioni del perso corporeo sulla 

funzione respiratoria. 

Ricerca & Futuro 2003; 27:42-43. 

11) Balmes J, Becklake M, Blanc P, Henneberger P, Kreiss K, Mapp C, Milton D, 

Schwartz, Toren K, Viegi G Environmental and occupational health assembly, 

American Thoracic Society. 

American Thoracic Society Statement: Occupational contribution to the burden of 

airway disease. 

Am J Respir Crit Care Med 2003; 167:787-97. 

12) Matteelli G, Scognamiglio A, Pistelli F, Baldacci S, Carrozzi L, Viegi G 

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Minerva Pneumologica 2003; 42:67-84. 

13) Burney P, Suissa S, Soriano JB, Vollmer WM, Viegi G, Sullivan SD, Fabbri LM, 

Sin DD, Ernst P, Coultas D, Bourbeau J, Mapel DW, Weiss K, McLaughlin T, Price D, 

Sturkenboom MC, Taylor R, Hagan GW. The pharmacoepidemiology of COPD: recent 

advances and methodological discussion. Eur Respir J 2003;43:1s-44s. 

14) Cerveri I, Accordini S, Corsico A, Zoia MC, Carrozzi L, Cazzoletti L, Beccaria M, 

Marinoni A, Viegi G, de Marco R; ISAYA Study Group. Chronic cough and phlegm in 

young adults. Eur Respir J 2003; 22(3):413-417. 

15) Scognamiglio A, Matteelli G, Pistelli F, Baldacci S, Carrozzi L, Viegi G 

L’epidemiologia della broncopneumopatia cronica ostruttiva. Ann Ist Super Sanità 

2003; 39(4)467-484. 

16) Kurzius-Spencer M, Holberg CJ, Sherrill DL, Carrozzi L, Di Pede F, Baldacci S, 

Viegi G 

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Italy. 

Am J Med Genet 2004;125A: 232-239. 

17) Annesi-Maesano I, Ackermann U, Boudet C, Filleul L, Medina S, Slama R, Viegi G 

Effets des particules atmosphériques sur la santé. Revue des études épidémiologiques. 

Environnement, Risques & Santé 2004; 3:97-110. 

222


18) Simoni M, Scognamiglio A, Carrozzi L, Baldacci S, Angino A, Pistelli F, Di Pede 

F, Viegi G Indoor exposures and acute respiratory effects in two general population 

samples from a rural and an urban area in Italy. 

J Expo Anal Env Epid 2004; 14(Suppl. 1):S144-S152. 

19) Viegi G, Matteelli G, Angino A, Scognamiglio A, Baldacci S, Soriano JB, Carrozzi 

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20) Bigazzi F, Dal Pino B, Forastiere F, Pistelli R, Rossi G, Simoni M, Baldacci S, 

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21) Viegi G, Simoni M, Scognamiglio A, Baldacci S, Pistelli F, Carrozzi L, Annesi- 

Maesano I. State of the art: Indoor air pollution and airway disease. 

Int J Tuberc Lung Dis 2004; 8(12):1401-1415. 

22) Guerra S, Sherrill DL, Baldacci S, Carrozzi L, Pistelli F, Di Pede F, Viegi G 

Rhinitis is an independent risk factor for developing cough apart from colds among 

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23) Forastiere F, Sunyer J, Farchi S, Corbo G, Pistelli R, Baldacci S, Simoni M, Agabiti 

N, Perucci A, Viegi G Number of offspring and maternal allergy. 

Allergy 2005; 60:510-514. 

Progetti finanziati dalla European Commission: 

1) “Concerted Action on Chronic Obstructive Pulmonary Disease (CaCOPD)” del 

Progetto BIOMED1, 1993-1997 

2) “In Anticipation of FOcus on Respiratory Disease in the European Elderly 

(AFORDEE)”, 2000-2001 

3) “Toward Healthy Air in Dwellings in Europe (THADE)”, 2000-2004 

4) “Health effects of school environment (HESE)”, 2002-2005 

5) “Coordination Action on indoor air quality and health effects (ENVIE)”, 2004- 

2006 

6) “Indicators for Monitoring COPD and Asthma in the EU (IMCA)”, 2004 

Task force: 

- Commissione tecnico-scientifica per l’elaborazione di proposte di intervento 

legislativo in materia di inquinamento indoor, costituita dal Ministero della Sanità 

(1998-2001) 

- European Respiratory Society (ERS)-American Thoracic Society (ATS) task force on 

standardization of spirometry and diffusing capacity (2000-2004) 

- ATS Committee on Occupational Contribution to the Burden of Airway Disease 

(1998-2003) 

- ERS task force on guidelines for smoking cessation (2004-2005) 

Società Scientifiche: 

1) Società Italiana di Medicina Respiratoria (SIMeR): G Viegi Responsabile del Gruppo 

di studio di Epidemiologia, per il periodo 1999-2004; Vice-Presidente per le 

Problematiche Intersocietarie e Scientifiche, per il periodo 2001-2003 

2) Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO): L Carrozzi Responsabile del 

Gruppo di studio di Epidemiologia, per il periodo 2004-2206 

223


3) International Union Against Tuberculosis and Lung Disease (IUATLD): G Viegi 

membro del Respiratory Disease Committee (1991-2003), Head of Working Group “Air 

Pollution”, Section of Respiratory Diseases (1995-1998), membro del Comitato 

Editoriale della Rivista “International Journal of Tuberculosis and Lung Disease” 

(1998-2003) 

4) European Respiratory Society (ERS): G Viegi Secretary of Epidemiology Scientific 

Working Group (1995-1997), Head of Occupation and Epidemiology Assembly of the 

ERS e membro del Comitato Editoriale della Rivista “European Respiratory Topic” 

(1998-2002), President Elect (2004-2005); Carrozzi membro (2000) 

5) Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE): L Carrozzi membro dal 2000, S Maio 

e G Viegi membri dal 2004 

6) Society for Research on Nicotine and Tobacco: L Carrozzi membro dal 2005 

Attività didattica: 

1) Scuola di Specializzazione in Igiene, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di 

Pisa: L Carrozzi (1996-2005) 

2) Scuola di Specializzazione in Malattie dell'Apparato Respiratorio e Tisiologia, 

Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa: G Viegi (1979-2001), L. Carrozzi 

(1996-2005 

2) Corso di Laurea “Scienze e Tecnologie per l’Ambiente” delle Facoltà di Scienze 

Matematiche, Fisiche e Naturali e di Agraria dell’Università degli Studi di Pisa: G 

Viegi, S Baldacci, L Carrozzi, F. Pistelli (2001-2003, 2004-2005) 

G Viegi relatore delle tesi: 

1. Analisi geografica di un campione di popolazione generale del comune di Pisa 

esposto ad inquinamento atmosferico. 

2. Effetti biologici dei campi elettromagnetici: rassegna delle attuali conoscenze 

e studio sperimentale su soggetti volontari esposti a campo magnetico terrestre 

lentamente variabile nel tempo. 

3. Indagine epidemiologica: relazione tra ambiente di lavoro e gravidanza. 

4. Effetti dell’aerosol marino sulla salute umana: indagine epidemiologica su un 

campione georeferenziato della popolazione adulta di Livorno. 

224


CENTRO STUDI GISED 

Luigi Naldi 

Centro Studi GISED, c/o U.O. Dermatologia, Ospedali Riuniti di Bergamo 

Attività del 2003-2004 

Il Centro Studi GISED nasce nel 2003 allo scopo di coordinare le attività del Gruppo 

Italiano Studi Epidemiologici in Dermatologia (GISED), costituitosi negli anni 80; è 

un’associazione senza fini di lucro istituita per migliorare le conoscenze scientifiche, 

l’assistenza e l’informazione al pubblico per quanto riguarda le principali malattie 

dermatologiche, come la psoriasi, la dermatite atopica, ed i tumori cutanei. Le attività 

del Centro sono sostenute con le quote associative, con donazioni e con contributi da 

parte di Enti pubblici e privati. 

COLLABORAZIONI SCIENTIFICHE E CONVENZIONI 

Il centro studi GISED collabora con svariate università italiane e straniere, con la neocostituita 

Agenzia Italiana del Farmaco, e con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche 

“Mario Negri” di Milano. Nell’ottobre 2003, il centro studi GISED ha siglato una 

convenzione con l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo per promuovere 

attività di ricerca e formazione. 

Ha, più recentemente, stipulato una convenzione con l’Università degli Studi di Milano 

entrando a far parte del Centro inter-universitario T. Chalmers. 

Il centro studi GISED coordina l’attività del GISED, gruppo di lavoro della Società 

Italiana di Dermatologia Medica e Chirurgica (SIDEMAST), cui aderiscono oltre 50 

centri dermatologici italiani tanto universitari che ospedalieri. 

PROGRAMMI DI RICERCA PRIMARIA 

La ricerca organizzata dal Centro Studi GISED ha come finalità quella di migliorare la 

comprensione dei bisogni di salute e del funzionamento dei servizi in area 

dermatologica e di studiare i fattori eziologici e prognostici per le principali malattie 

dermatologiche nonché di valutare in modo controllato l’efficacia di interventi 

preventivi e terapeutici. Di seguito, si fornisce un breve riassunto dei progetti di ricerca 

in corso. 

Progetto REACT e RegiSCAR per la sicurezza 

Attraverso i programmi di sorveglianza spontanea (progetto REACT) e gli studi formali 

(studio RegiSCAR) il centro studi GISED intende contribuire a migliorare le 

conoscenze sui meccanismi patogenetici e a diffondere una cultura della sicurezza dei 

farmaci in ambito specialistico. 

Il progetto RegiSCAR è un programma sostenuto dall' Unione Europea che prevede la 

costituzione di un registro internazionale dei casi di reazioni cutanee severe da farmaco 

e la valutazione di polimorfismi a carico di svariati geni candidati che possano 

predisporre allo sviluppo di tali reazioni. Il centro studi GISED coordina il progetto in 

Italia. 

Progetto SoleSi/SoleNo-GISED: uno studio randomizzato nelle scuole italiane 

L'interazione tra esposizione acuta al sole in età infantile e fattori costituzionali gioca un 

ruolo importante nell'eziologia del melanoma. Il progetto SoleSi/SoleNo-GISED è uno 

studio randomizzato che si è concluso nel giugno 2004 con l’inclusione di circa 12.000 

bambini in 124 scuole italiane. Obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’impatto 

225


di un intervento educativo strutturato che promuova una corretta esposizione solare. Lo 

studio è stato condotto in collaborazione con il Laboratorio di Epidemiologia Generale 

dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano e sostenuto dalla 

Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori e da l'Oréal Recherche. La prosecuzione dello 

studio per ulteriori tre anni è ora resa possibile da un nuovo finanziamento triennale da 

parte della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. 

Registri clinici 

Si tratta di registri su base ospedaliera i cui principali obiettivi sono i seguenti: (a) 

uniformare le modalità diagnostiche al meglio delle conoscenze disponibili, (b) favorire 

una standardizzazione dei criteri di follow-up e dei trattamenti, (c) produrre studi clinici 

relativi alla diagnosi, al trattamento ed alla prognosi. L'obiettivo primario è, in ultima 

analisi, quello di un miglioramento della pratica clinica, attraverso la costituzione di un 

"clinical network", una rete di centri clinici che operano secondo le migliori conoscenze 

scientifiche disponibili condividendo risorse in termini di procedure diagnosticoterapeutiche. 

I registri attivati, con differente grado di efficienza e sviluppo, hanno 

riguardato i linfomi cutanei, le istiocitosi, le ittiosi, le epidermolisi bollose, le 

complicanze cutanee nei trapiantati d'organo. Nell'ambito di quest'ultimo registro si 

colloca il progetto EPI-HPV-CA. Si tratta di un progetto finanziato dall'Unione Europea 

che intende valutare la cinetica dell'infezione da HPV nel paziente trapiantato d'organo 

e la relazione tra infezione da HPV, svariati altri fattori di rischio ambientale, ed 

insorgenza di tumori cutanei. 

Progetto EPIEnlist 

Si è concluso EPIEnlist, un programma di sorveglianza epidemiologica dei problemi 

dermatologici nei giovani sottoposti a visita di leva coordinato dal dott. Vito Ingordo 

della Marina Militare di Taranto. Il programma intende fornire stime di prevalenza di 

patologie dermatologiche non eccessivamente rare, contribuendo ad una migliore 

conoscenza del loro profilo epidemiologico ed alla ottimale pianificazione dei servizi. 

Progetto PraKtis 

Il progetto PraKtis è uno studio di prevalenza delle cheratosi attiniche e di altre 

selezionate patologie dermatologiche nella popolazione generale italiana. Lo studio è 

condotto in collaborazione con il Laboratorio di Epidemiologia Generale dell'Istituto di 

Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano e con l’agenzia DOXA. Nel maggio 

2004 lo studio è stato concluso con la raccolta di un campione rappresentativo di 12.000 

soggetti adulti. Il progetto permette di stimare la prevalenza lifetime delle principali 

patologie dermatologiche e di quantificare i bisogni di salute in campo dermatologico in 

Italia. 

Sorveglianza caso-controllo dei fattori di rischio per svariate malattie dermatologiche 

Progetti di epidemiologia analitica sono condotti per la comprensione delle cause di 

dermatosi croniche come la psoriasi e per analizzare le cause in Italia del progressivo 

incremento nell'incidenza dei tumori cutanei con particolare interesse per il melanoma. 

SVILUPPO DI REVISIONI SISTEMATICHE E LINEE-GUIDA 

Il Centro Studi GISED svolge da tempo attività di revisione della qualità della ricerca 

pubblicata e di sintesi quantitativa dei risultati (metanalisi) ed è coinvolto nel 

coordinamento scientifico del Cochrane Skin Group. 

226


Progetto FormAzione 

Il trasferimento dei risultati della ricerca clinica alla pratica secondo i criteri della 

cosiddetta Evidence Based Medicine rappresenta un interesse maggiore del centro studi 

GISED. In accordo con questo interesse, è stato sviluppato il programma FormAzione. 

Attraverso il programma si vogliono fornire ai partecipanti tutte le conoscenze tecniche 

necessarie per condurre revisioni sistematiche a partire da quesiti rilevanti originati 

nella pratica clinica. L'idea prevede, inoltre, la possibilità di utilizzare le revisioni 

sistematiche come uno strumento didattico nell'ambito delle Scuole di specializzazione 

italiane. Il programma si è avvalso di una collaborazione con il Centro Cochrane 

italiano e con il Cochrane Skin Group. Nell'ambito del progetto è stata avviata una 

prima revisione sistematica dal titolo “Effectiveness of educational programs for skin 

cancer prevention.” Il protocollo è stato registrato presso la Cochrane Collaboration e si 

prevede la pubblicazione dei risultati entro il 2005. 

Linee-guida italiane per la gestione del paziente con psoriasi 

Nella prima metà del 2004, per conto delle due principali società scientifiche 

dermatologiche italiane, la SIDEMAST e l’ADOI, il centro studi GISED ha messo a 

punto la bozza delle prime linee-guida italiane per la gestione del paziente con psoriasi. 

Si tratta di linee-guida che rispondono a tre requisiti metodologici principali: 1. 

multidisciplinarietà, 2. sistematicità nella raccolta delle prove di efficacia, 3. grading 

della forza delle prove. 

Progetto Pso-care 

Il progetto Pso-care è promosso dall’Agenzia Italiana del Farmaco, ed è coordinato dal 

Centro Studi GISED in collaborazione con la SIDEMAST e l’associazione italiana dei 

pazienti con psoriasi (ADIPSO). Si tratta di un programma complesso di outcome 

research della psoriasi nelle sue varie forme. L’obiettivo esplicito è quello di migliorare 

l’assistenza dei pazienti con psoriasi nel nostro Paese. Tale programma prevede di 

armonizzare interventi educativi, sviluppo di linee-guida condivise, e survey conoscitive 

all’interno di un progetto di ricerca di outcome research. 

ATTIVITÀ NELL’AMBITO DELLA FORMAZIONE E DELL’EDUCAZIONE CONTINUA DEI 

MEDICI 

Il centro studi GISED è fortemente impegnato nell'area della formazione e 

dell'educazione continua tanto dei medici di medicina generale che degli specialisti. In 

particolare: 

1. contribuisce in modo sostanziale alla produzione e diffusione del giornale, EBD 

Scienza e Cultura della Pelle, edito da Masson Italia e destinato alla formazione 

continua dello specialista e del medico di medicina generale. 

2. Ha partecipato alla sperimentazione per la formazione a distanza, promossa dal 

Ministero della Salute, con un progetto sviluppato in collaborazione con l’agenzia Zadig 

sulla gestione del paziente con acne (progetto dermofad). 

4. Ha partecipato alla pianificazione e produzione del primo textbook inglese sulla 

medicina delle prove di efficacia in dermatologia, edito da BMJ Books, e coordina i 

lavori del primo manuale italiano sullo stesso argomento per i tipi di Masson. 

5. organizza convegni e corsi. Tra questi, si citano, in particolare, per il 2004: 

227


- in collaborazione con l’università di Ginevra e l’European Dermatoepidemiology 

Network, il simposio internazionale “How to perform effective clinical trials for 

psoriasis” svoltosi a Ginevra nei giorni 1-2 aprile 2004; 

- il 4 Intercontinental Congress on Epidemiology, Causes and Prevention of Skin 

Diseases, EDEN-IDEA congress, a Venezia nei giorni 10-12 ottobre 2004. 

PROMOZIONE DELLE MEDICAL HUMANITIES 

Se si considera con serietà il mandato etico della medicina relativo alla riduzione della 

sofferenza associata alla malattia, non si può tralasciare di sviluppare una sensibilità 

tanto sul versante tecnico/scientifico che su quello relazionale e del linguaggio. E' 

questo l'obiettivo dei progetti che il centro studi GISED intende promuovere nel campo 

delle cosiddette medical humanities. Si tratta di due iniziative denominate "Fogli di 

poesia in ospedale" e “narrare la pelle”. La prima riguarda la possibilità di diffondere 

poesia negli ospedali italiani valutando l’impatto in termini di gradimento e 

miglioramento della comunicazione. La seconda iniziativa, riguarda la possibilità di 

istituire un repertorio di citazioni letterarie sul tema della pelle da fornire ai medici che 

si occupano di tale organo come un sussidio conoscitivo e culturale (una sorta di 

“atlante” delle metafore/racconti sulla pelle). 

SERVIZI RIVOLTI AI CITTADINI 

Attraverso il suo sito (www.gised.it), il centro studi GISED fornisce un servizio di 

orientamento ed informazione sui problemi dermatologici, basato sulle migliori 

conoscenze scientifiche. L’accesso al sito è libero. I cittadini possono trovare sul sito 

svariati strumenti educativi e risposte on-line a quesiti di salute relativi alla pelle. 

Nel corso del 2004, il centro studi GISED ha organizzato un concorso creativo per le 

scuole elementari italiane sul tema del sole e della pelle ed un concorso internazionale 

rivolto a giovani artisti sul tema “Storie di Pelle/Skin stories/Histoires de Peau”. 

ATTIVITÀ SPECIFICAMENTE CONDOTTE PER GLI OSPEDALI RIUNITI DI BERGAMO 

Il Centro Studi GISED interagisce con gli Ospedali Riuniti di Bergamo a vari livelli che 

comprendono la messa a disposizione di risultati di studi e dati scientifici, la 

disponibilità di materiali informativi e l’offerta delle proprie competenze cliniche 

specifiche, nell’area, in particolare, delle complicanze cutanee associate al trapianto e 

delle reazioni cutanee da farmaco. 

Inoltre, il Centro Studi GISED ha contribuito, con propri fondi, allo sviluppo di un 

servizio di aggiornamento bibliografico per operatori ospedalieri denominato 

“Biblioinfo-online”, strumento informativo multimediale consultabile on-line. 

228

Il centro studi GISED è fortemente impegnato nell'area della formazione e 

dell'educazione continua tanto dei medici di medicina generale che degli 

specialisti: 

Tramite la produzione e diffusione del giornale, EBD Scienza e Cultura 

della Pelle e l’organizzazione di convegni e corsi. 

Il Centro Studi GISED interagisce con gli Ospedali Riuniti di Bergamo 

a vari livelli che comprendono la messa a disposizione di risultati di 

studi e dati scientifici, la disponibilità di materiali informativi e 

competenze cliniche specifiche, nell’area, in particolare, delle 

complicanze cutanee associate al trapianto e delle reazioni cutanee da 

farmaco. 

Inoltre, il Centro Studi GISED ha contribuito allo sviluppo 

dell’iniziativa di aggiornamento bibliografico Biblioinfo on-line 

Il Centro Studi 

GISED svolge da 

tempo attività di 

revisione della 

qualità della 

ricerca pubblicata 

e di sintesi 

quantitativa dei 

risultati degli studi 

(metanalisi). E’ 

inoltre coinvolto 

nel coordinamento 

scientifico del 

Cochrane Skin 

Group. 

Formazione / educazione 

continua dei medici 

Attività per gli Ospedali 

Riuniti di Bergamo 

Sviluppo di revisioni 

sistematiche e linee-guida 

Centro Studi GISED 

Programmi di Ricerca 

primaria 

2005 

Servizi rivolti ai cittadini 

Promozione delle Medical 

Humanities 

La ricerca organizzata dal 

Centro Studi GISED ha 

come finalità quella di 

migliorare la 

comprensione dei bisogni 

di salute e del 

funzionamento dei servizi 

in area dermatologica, di 

studiare i fattori 

eziologici e prognostici 

per le principali malattie 

dermatologiche e di 

valutare in modo 

controllato l’efficacia di 

interventi preventivi e 

terapeutici. 

Attraverso il suo sito (www.gised.it), il centro studi GISED fornisce un 

servizio di orientamento ed informazione sui problemi dermatologici, 

basato sulle migliori conoscenze scientifiche. L’accesso al sito è libero. 

I cittadini possono trovare sul sito svariati strumenti educativi e risposte 

on-line a quesiti di salute relativi alla pelle. 

Nel corso del 2004, il centro studi GISED ha organizzato un concorso 

creativo per le scuole elementari italiane sul tema del sole e della pelle 

ed un concorso internazionale rivolto a giovani artisti sul tema “Storie 

di Pelle/Skin stories/Histoires de Peau”. 

Se si considera il mandato etico della medicina relativo alla riduzione della 

sofferenza associata alla malattia, non si può tralasciare di sviluppare una 

sensibilità tanto sul versante tecnico/scientifico che su quello relazionale e del 

linguaggio. E' questo l'obiettivo di alcuni recenti progetti del centro studi 

GISED. Si tratta di due iniziative denominate "Fogli di poesia in ospedale" e 

“narrare la pelle”. La prima riguarda la possibilità di diffondere poesia negli 

ospedali italiani valutando l’impatto in termini di gradimento e miglioramento 

della comunicazione. La seconda iniziativa, riguarda la possibilità di istituire un 

repertorio di citazioni letterarie sul tema della pelle da fornire ai medici che si 

occupano di tale organo come un sussidio conoscitivo e culturale


CENTRO STUDI DI EPIDEMIOLOGIA APPLICATA OCCUPAZIONALE ED 

EXTRAOCCUPAZIONALE 

Valerio Gennaro, Paolo Viarengo 

Dipartimento Epidemiologia e Prevenzione - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro (IST) 

Genova 

Vengono effettuati studi epidemiologici negli ambienti lavorativi ed extralavorativi data 

la palese sottostima nel riconoscimento dei tumori di origine professionale ed 

ambientale anche in presenza di comprovata esposizione a cancerogeni. 

Studi effettuati ed in corso 

Raffinerie di petrolio: è stato aggiornato il follow-up di tutti i lavoratori esposti ad 

amianto ed altri agenti. Sono emersi eccessi significativi nella mortalità generale e per 

tutti i tumori, specialmente quelli asbesto-correlati. 

Produzione PVC: è stato rianalizzato l’aggiornamento e la mortalità per tutte le cause e 

tutti i principali tumori. In specifiche categorie di lavoratori sono stati identificati 

eccessi di rischio per tutte le cause, tutti i tumori, tumori polmonari, epatici ed 

emolinfopoietici. 

Uranio impoverito: rilettura dell’indagine epidemiologica condotta su 40.000 militari 

inviati in Kosovo e Bosnia. 

Bibliografia 

• Gennaro V, Ceppi M, Boffetta P, et al. Pleural mesothelioma and asbestos exposure 

among Italian oil refinery workers. Scand J Work Environ Health 1994;20:213– 

15.[Medline] 

• Gennaro V, Finkelstein MM, Ceppi M, et al. Mesothelioma and lung tumors 

attributable to asbestos among petroleum workers. Am J Ind Med 2000;37:275– 

82.[Medline] 

• Gennaro V, Ceppi M, Montanaro F. Reanalysis of mortality in a petrochemical plant 

producing vinyl chloride and polyvinyl chloride. Epidemiol Prev. 2003 Jul- 

Aug;27(4):221-5. 

231


IL LABORATORIO DI EPIDEMIOLOGIA DELL’UO MEDICINA DEL 

LAVORO, UNIVERSITÀ DI BOLOGNA 

Stefano Mattioli, Stefania Curti, Alessandro Risi, Francesco S. Violante 

Nel 2002, dopo il trasferimento di Stefano Mattioli dall’Agenzia Sanitaria Regionale 

dell’Emilia Romagna, è stata avviata, presso l’UO di Medicina del Lavoro del 

Policlinico S.Orsola-Malpighi, l’attività del Laboratorio di Epidemiologia. 

Esso nasce dalla volontà del Responsabile dell’UO (Francesco Violante) e dalle 

esperienze nel campo di Stefano Mattioli (che ha lavorato nei Servizi territoriali di 

medicina del lavoro, e poi nel CDS di Marco Biocca, dal 2002 è tutor nel corso EEPE). 

Afferisce attualmente a questo piccolo laboratorio una laureata in Statistica (Stefania 

Curti, che sta seguendo il Master di Torino). Inoltre è prevista la parziale collaborazione 

di un altro medico del lavoro (Alessandro Risi) e di alcuni specializzandi della Scuola di 

Medicina del Lavoro, interessati ai temi dell’epidemiologia occupazionale. 

Punto di riferimento scientifico del laboratorio sono altri epidemiologi: in particolare 

Eva Buiatti ed Alberto Baldasseroni, assieme ai quali sono stati eseguiti diversi studi. 

I temi degli studi eseguiti in questo laboratorio sono principalmente: l’epidemiologia 

occupazionale (in particolar modo l’eziologia di patologie - anche non neoplastiche - di 

cui poco è conosciuto al riguardo in campo professionale), l’epidemiologia ambientale, 

l’Evidence Based Prevention, oltre alla collaborazione con altri laboratori 

(biomeccanica, tossicologia) della medesima UO. 

La presentazione del nostro laboratorio sarà caratterizzata da: anamnesi epidemiologica 

delle persone che vi lavorano (grafici e fotografie), contatti con gli epidemiologi di altri 

centri (grafici e fotografie), principali temi di studio (grafici) 

232


SETTORE RICERCA SCIENTIFICA DELL’ISTITUTO ITALIANO DI 

MEDICINA SOCIALE 

Amedeo Spagnolo 

Ente pubblico di ricerca e 

formazione, studia gli aspetti 

medico-sociali del lavoro 

umano, individua idonei e 

innovativi strumenti di 

prevenzione, predispone 

modelli organizzativi dei 

servizi socio-sanitari, 

contribuendo ad elaborare le 

politiche sociali e sanitarie del 

Paese. 

Istituto 

Italiano 

di 

Medicina 

Sociale 

L’IIMS ha una lunga storia. Nasce, 

grazie all’opera del Prof. Ettore Levi, nel 

1922 con il nome di Istituto di Igiene 

Previdenza ed Assistenza Sociale, come 

centro di studi e ricerche sulle cause 

delle malattie sociali e sui danni morali 

ed economici che da esse derivano 

all’individuo e alla comunità. 

Rappresenta il primo Istituto di Sanità 

Pubblica italiano. 

Dal 1986, l'IIMS è inserito nel com-parto 

della ricerca con D.P.R. n. 68. 

Settore Ricerca Scientifica 

Laboratorio di Scienze 

Biomediche e Statistiche 

Laboratorio di Scienze Sociali 

Il LSBS si occupa della realizzazione di Si occupa della realizzazione di 

ricerche e studi che hanno per oggetto i ricerche che hanno per oggetto le 

fattori di rischio presenti negli ambienti di condizioni sociali e sanitarie della 

vita e di lavoro, le influenze dell’ambiente popolazione e l’organizzazione di 

sulla salute della popolazione, i fattori che servizi. 

determinano lo sviluppo delle patologie e i In particolare, le principali tematiche 

relativi meccanismi di diffusione e di interesse del Laboratorio 

trasmissione. Il Laboratorio, inoltre, studia riguardano l’esclusione sociale, i 

modelli di valutazione, di sorveglianza e di bisogni e la domanda sociale e 

prevenzione delle malattie, cura l’analisi sanitaria, le politiche e gli interventi 

statistica di dati acquisiti direttamente di lotta all’emarginazione. 

dall’attività di ricerca o presso altre fonti, e Le indagini sono condotte secondo i 

la creazione e gestione di apposite banche diversi approcci disciplinari della 

dati. Gli studi e le ricerche sono condotti sociologia, antropologia, psicologia e 

secondo i diversi approcci disciplinari della 

medicina del lavoro, medicina legale ed 

epidemiologia. 

legislazione sociale. 

L’attività di ricerca si è articolata negli ultimi anni in 3 Progetti Finalizzati: 

• salute e la sicurezza in ambiente di vita e di lavoro 

• inclusione sociale dei soggetti svantaggiati 

• nuovi bisogni di salute e relativa offerta dei servizi sociosanitari 

233


Principali temi di ricerca in ambito epidemiologico affrontati negli ultimi cinque 

anni: 

• bisogni giovanili e disagio familiare 

• esclusione sociale ed integrazione socio-sanitaria degli immigrati 

• prevenzione primaria nella scuola, in famiglia, nello sport 

• inquinamento da radiofrequenze. 

• mobbing 

• salute dei lavoratori in serra 

• doping nello sport amatoriale 

• sordità infantile 

• infortuni domestici 

• rischi lavorativi degli immigrati 

• qualità della vita e patologie croniche 

Alcuni di questi temi sono oggetto di ricerche attualmente in corso 

L’attuale organico è di: 1 dir. di ric., 3 primi ricercatori, 1 primo tecnologo, 4 

ricercatori, 2 tecnici 

L’Istituto Italiano di Medicina Sociale 

Ente pubblico di ricerca e formazione, l’Istituto Italiano di Medicina Sociale studia gli 

aspetti medico-sociali del lavoro umano, individua idonei e innovativi strumenti di 

prevenzione, predispone modelli organizzativi dei servizi socio-sanitari, contribuendo 

ad elaborare le politiche sociali e sanitarie del Paese. È tra i soggetti pubblici chiamati a 

concorrere alla realizzazione del sistema di prevenzione e protezione della salute dei 

lavoratori sui luoghi di lavoro (D.Lgs. n. 626/94). È dotato di autonomia scientifica, 

organizzativa, amministrativa e contabile ed è vigilato dal Ministero del Lavoro e della 

Previdenza Sociale d’intesa con il Ministero della Sanità. 

L’Istituto, in particolare, autonomamente o su indicazione dei Ministeri vigilanti: 

• studia i problemi medico-sociali del lavoro umano, in particolare in materia di 

prevenzione, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, fornendo consulenza 

tecnico-scientifica alle pubbliche amministrazioni, ad enti e istituzioni pubbliche 

e private, rappresentanze sindacali dei lavoratori e degli imprenditori; 

• effettua ricerche sulle cause e conseguenze delle malattie sociali, presentando 

proposte di intervento agli organi competenti; 

• raccoglie, elabora e diffonde dati – a carattere demografico, sanitario e sociale – 

acquisiti direttamente dall’attività di ricerca o presso altre fonti, allo scopo di 

sensibilizzare la collettività sulla necessità di adottare stili di vita idonei a 

raggiungere e a mantenere nel tempo il benessere individuale e sociale; 

• instaura collaborazioni scientifiche con università ed enti di ricerca nazionali, 

nonché relazioni internazionali con istituti di ricerca omologhi; 

• progetta e organizza corsi di formazione, perfezionamento e aggiornamento nel 

settore della prevenzione, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro e nel settore dei 

servizi socio-sanitari; 

• organizza e promuove convegni, congressi, seminari, istituisce borse di studio e 

premi per stimolare il dibattito e incoraggiare l’approfondimento di tematiche 

socio-sanitarie. 

234


Formazione 

Corsi ECM nel campo dei rischi lavorativi e della medicina sociale 

Corso “Manager per la sicurezza” in collaborazione con l’Università LUMSA 

La rivista “Difesa Sociale” 

Nel 1924 viene pubblicato il primo numero della rivista Difesa Sociale. La rivista, 

giunta al suo ottantesimo anno di attività, si propone come strumento di diffusione di 

contributi scientifici, dottrinali e di ricerca nel vasto ambito della Medicina Sociale, 

punto di incontro delle discipline di medicina pubblica, della sociologia, della 

psichiatria, della psicologia ed in generale di tutte le scienze che si occupano del 

rapporto della persona con gli ambienti di vita e di lavoro. La rivista ha recentemente 

rinnovato la propria veste editoriale ed ha avviato le procedure per l’indicizzazione sulle 

banche dati internazionali delle riviste biomediche. 

Ricerca scientifica 

La Medicina Sociale è la disciplina che si occupa della salute della collettività: oggetto 

di studio non è l'individuo, bensì il gruppo, inserito in uno specifico contesto di vita e di 

lavoro. Le ricerche svolte dai Laboratori sono condotte secondo la metodologia 

dell’epidemiologia sociale, occupandosi essenzialmente della relazione tra soggetti 

vantaggiati e fattori di rischio di natura socio-demografica. Coerentemente con quanto 

esposto, l'attività dei Laboratori risponde ai bisogni sociali e di salute della popolazione 

attraverso la realizzazione di studi e ricerche su : 

le condizioni sociali e sanitarie dei soggetti a rischio sociale; 

la promozione della salute di bambini e adolescenti, anziani, adulti in età lavorativa, 

disabili; 

i temi della salute e della sicurezza in ambiente di vita e di lavoro; 

l'andamento delle patologie croniche e lo studio della qualità della vita dei soggetti 

affetti da tali patologie; 

la valutazione della corrispondenza quali-quantitativa dei servizi socio-sanitari in 

riferimento ai bisogni della popolazione; 

il reinserimento e la riabilitazione dei soggetti svantaggiati. 

Gli studi e le ricerche dell' IIMS si articolano nell'ambito di tre Progetti Finalizzati. 

A. Salute e sicurezza in ambiente di vita e di lavoro; 

B. Inclusione sociale dei soggetti svantaggiati; 

C. Bisogni della popolazione e servizi sociali e sanitari. 

Principali pubblicazioni 2001-2004 

de Belvis a. G., Petrelli G., Prati S., Spagnolo A. Indicatori di salute per la valutazione 

della qualità della vita. Proposta di un modello di analisi per Roma e provincia. Difesa 

Sociale 4: 7-41 (2001) 

Sebastiani G., Brambilla L., de Girolamo G., Pica G., Pontati I., Provengano R., Rucci 

P., Volpini L., Spagnolo A. Valutazione della qualità della vita e delle disabilità in 

psichiatria e medicina. In Rapporti Istituto Superiore di Sanità. ISISAN 01/27 pp. 150- 

154 (2001) 

E. Menghetti, A. Spagnolo e Gruppo di Studio dell’Ipertensione Infantile della S.I.P.. 

Obesità quale fattore di rischio per l’ipertensione in età infantile. Riv. Ital. Pediatria 27 

suppl. n. 4: 117-118 (2001) 

235


Ercoli A., Spagnolo A., Scambia G., Mancuso S. Radiazioni Cosmiche e “rischio 

professionale”: il punto sulle attuali conoscenze. Difesa Sociale 6: 21-31 (2002) 

Olivieri A., Stazzi M.A., Mastroiacovo P., Fazzini C., Medda E., Spagnolo A., De 

Angelis S., Grandolfo M.E., Taruscio D., Sorcini M. and The Study Group for 

Congenital Hypothyroidism. A population-based study on the frequency of additional 

congenital malformations in infants with congenital hypothyroidism. Data from the 

Italian Registry for Congenital Hypothyroidism (1991-98). J Clin Endocrinology & 

Metabolism. 87 (2):557-562 (2002) 

Ruggeri M, Placentino A, Sebastiani G, Spagnolo A, Rossim G, Rucci P. Quality of 

life-proxy (QoL-P). Epidemiol Psichiatr Soc 11; 4: 284-97 (2002) 

Rosano A. Epidemiologia delle schisi oro-facciali. Analisi e confronti internazionali. 

Difesa Sociale, 81: pp. 6-12; (2002) 

GL Di Tanna, A Rosano, P Mastroiacovo. Retrospective time trends analysis of 

gastroschisis: evidence of an epidemic? BMJ; 325:1389-1390 (2002) 

Rosano A, Viola G, Spagnolo A. Evoluzione temporale della sopravvivenza dei 

bambini affetti da sindrome di Down. Quaderni di Pediatria 2; 2: 210 (2003) 

D’Addesa D, Censi L, Martone D, Sette S, Cellitti R, Spagnolo A, Menghetti E. 

L’ipertensione arteriosa nella scuola media. Quaderni di Pediatria 2; 2: 39 (2003) 

Spagnolo A, Romano A, Strambi M, Menghetti E. Diagnosi di ipertensione arteriosa nei 

primi 4 anni di vita. Quaderni di Pediatria 2; 2: 39 (2003) 

D’Addesa D, Martone D, Sette S, Censi L, Spagnolo A, Menghetti E. Dietary profile in 

hypertensive adolescents. Ann Nutr Metab 47: 511 (2003) 

Censi L, Bevilacqua N, D’Addesa D, Martone D, Spagnolo A, Menghetti E. 

Anthropometric indices of overweight and blood pressure in a group of adolescents. 

Ann Nutr Metab 47: 506 (2003) 

Ancora A., Sebastiani G., Spagnolo A. (a cura di) I consultori per adolescenti. Risultati 

di una ricerca sull’organizzazione e le strategie di intervento dei Servizi. Collana Studi e 

Ricerche dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale. pp 1-125 (2003) 

Burgio A, Moccaldi R, Battisti A, Cruciani S, Spagnolo A. I determinanti 

socioeconomici dello stato di salute della popolazione italiana. Collana di Studi e 

Ricerche. Ed. Istituto Italiano di Medicina Sociale. pp. 1-126 (2003) 

Pittau F., Spagnolo A. (a cura di) Immigrati e rischio infortunistico in Italia. Collana 

Studi e Ricerche dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale. pp 1-218, dicembre (2003) 

Todisco A, Spagnolo A, Mottini G, Carfagna M, Grande E, Pittau F. Indagine sul 

rischio infortunistico degli immigrati. In: Immigrati e rischio infortunistico in Italia. Ed. 

Pittau F, Spagnolo A. Collana Studi e Ricerche dell’Istituto Italiano di Medicina 

Sociale. pp 85-124, dicembre (2003) 

Mancini F, Nobile S. (a cura di) Mobbing in area sanitaria. Un’indagine sul personale 

infermieristico. Collana Studi e Ricerche dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale. pp 1- 

132 (2003) 

Aldo Rosano. Immigrazione e AIDS in “Immigrati e rischio infortunistico in Italia”. 

Collana Studi e Ricerche dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale. pp. 67-74 (2003) 

Donini LM, Savina C, Rosano A, De Felice MR, Tassi L, De Bernardini L, Pinto A, 

Giusti AM, Cannella C. MNA predictive value in the follow-up of geriatric patients. J 

Nutr Health Aging.;7:282-93 (2003) 

236


Donini LM, Savina C, Rosano A, Cannella C. Nutritional status Evaluation in the 

Elderly: systematic review of the literature and practical issue. Ann Nutr Metab 47:319- 

666 (2003) 

A.Rosano, R.Moccaldi, M. Cioppa, G. Lanzieri, B. Persechino, A. Spagnolo. Disturbi 

muscolo-scheletrici e lavoro domestico in Italia. Ann Ig,16: 497-507 (2004) 

Menghetti E, D’Addesa D, Censi L, Spagnolo A, Martone D, Cellitti R., Sette S. 

Ipertensione arteriosa in età scolare. Indagine in una scuola media romana con 

considerazioni anche sul comportamento alimentare dei ragazzi. Minerva Pediatr 56: 

311-16 (2004) 

Spagnolo A., Pittau F. Il rischio infortunistico dei lavoratori extracomunitari. In 

“Immigrazione Dossier statistico 2004. Ed. Caritas Migrantes, pp. 305-314 (2004) 

D’Addesa D, Censi L, Martone D, Sette S, Spagnolo A, Menghetti E. Dietary patterns 

in hypertensive and obese adolescents. Nutr Metab Cardiovas Dis 14:276-77 (2004) 

D’Addesa D., Bevilacqua N., Cairella G., Censi L., Cuzzolaro M., Martone D., 

Menghetti E., Rebella V., Sette S., Spagnolo A., Sonni L. La prevenzione 

dell’ipertensione arteriosa in età scolare. Journ. Prev. Med. and Hygiene. 45, 4: 329 

(2004) 

Bubbico L, Caratozzolo M, Nardi F,Ruoppolo G, Greco A, Venditti M. Actinomycosis 

of submandibular gland: an unusual presentation. Acta Otorhinolaryngol Ital. 24, 1: 37- 

39 (2004) 

Kroes H., Olney R., Rosano A et al. Renal defects and limb deficiencies in 197 infants: 

is it possible to define the acroren-al syndrome? Am J Med Genet; 129A(2):149-55 

(2004) 

Rosano A, Marchetti S. Sopravvivenza delle persone Down in Italia. Difesa Sociale, 

2003;82:13-22 (2004) 

Il doping nello sport amatoriale: conoscenze, studi e iniziative. (a cura di Aldo Rosano). 

Collana Studi e Ricerche dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale. pp 1-130 (2004) 

S. Schena, C. Francescutti M. Gulisano, A. Battisti, A. Rosano, A. Solipaca, M. 

Conclave, A. Burgio, P. Barbieri, L. Bosisio Fazzi, Salute e disabilità. Rapporto 

Osservasalute 2004, Ed. Vita e Pensiero, Roma (2004) 

A. Poli, S. Majori, W. Mantovani, G. Romano, A. Rosano, S. Tardivo. Sicurezza nei 

luoghi di lavoro, negli ambienti di vita e sulla strada. Rapporto Osservasalute 2004, Ed. 

Vita e Pensiero, Roma (2004) 

L. Cacciani, A. Rosano, P. Pezzotti, G. Rezza e G. Baglio. Incidenza e trend dell’AIDS 

tra gli stranieri in Italia. Rapporto Osservasalute 2004, Ed. Vita e Pensiero, Roma, 

(2004) 

237


IL GRUPPO DEL PROGETTO OCCAM (Occupational Cancer Monitoring) 

Paolo Crosignani 1 , Alessandra Scaburri 1 , Roberto Audisio 2 , 

Massari 4 , Alberto Scarselli 4 , Silvio Cavuto 5 

1 2 

IST. Tumori, Milano, UOML Ospedale di Vimercate, 

5 Consulente 

3 Plinio Amendola , Stefania 

3 Università di Pavia, 

4 IPESL, 

Il progetto OCCAM (Occupational Cancer Monitoring), nasce dalla rilettura dell' art. 71 

del D.lgs 626/94 che attribuisce all’ISPESL (Istituto per la Prevenzione e Sicurezza sui 

Luoghi di Lavoro) il compito di istituire un sistema di “monitoraggio dei rischi 

oncogeni di origine professionale” implementando un archivio “nominativo” dei tumori 

di sospetta origine professionale, segnalati allo stesso Ente da “medici, strutture 

pubbliche e private nonché dagli istituti previdenziali”. Poiché un sistema basato su 

segnalazioni volontarie si è rivelato di difficile realizzazione, è sembrato opportuno 

mettere a punto un diverso sistema informativo per la rilevazione dei tumori di sospetta 

origine professionale basato su fonti informative correnti. Per realizzare questo sistema 

informativo è stata istituita una collaborazione tra ISPESL e l’Istituto Nazionale Tumori 

di Milano che in modo sistematico e continuo realizzi il collegamento delle più 

numerose basi di patologia possibili, con le storie professionali ottenute in primo luogo 

da INPS eventualmente integrate dalle informazioni contenute nelle basi di dati di 

INAIL e di ISTAT: il gruppo OCCAM. Dati sulla storia lavorativa sono disponibili in 

forma elettronica presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.) che per 

ogni iscritto e ogni anno, ha registrato a partire dal 1974, tutti i lavori svolti dai 

dipendenti di imprese del settore privato, la ragione sociale dell’impresa e il relativo 

settore economico/industriale. Tipologie industriali di appartenenza dei lavoratori sono 

state classificate a partire dai codici delle professioni secondo la classificazione ATECO 

81 (ISTAT 1981) e tipologie simili sono state raggruppate in un settore unico (es. 

Gomma, Cuoio e calzature, Trasporti ecc.). Per stimare il rischio per tumori 

professionali in base al tipo di neoplasia e al comparto produttivo ci si è avvalsi di 

sistemi informativi di rilevazione e archiviazione delle malattie su base territoriale: i 

Registri Tumori di popolazione, gli archivi di mortalità regionali, il sistema delle 

Schede di Dimissione Ospedaliera (S.D.O.) come fonte per individuare i pazienti affetti 

da patologie tumorali. 

In pratica il progetto OCCAM ha implementato la realizzazione di studi caso-controllo 

che confrontano le storie professionali ottenute da INPS di chi è ammalato di tumore 

con quelle di chi è senza malattia reperendo i casi di neoplasie dalle fonti di dati 

disponibili a livello istituzionale. 

OCCAM - Registri Tumori 

In una prima fase di attività del gruppo, utilizzando i casi incidenti rilevati da alcuni 

Registri Tumori italiani ed un campione della popolazione sorgente campionato 

dall’anagrafe assistiti sono stati ottenuti risultati estremamente incoraggianti. Le 

informazioni sui lavori precedentemente svolti a partire dal 1974, per i soggetti assunti 

in imprese private, sono state collegate con i casi di tumore rilevati da sei Registri 

Tumori di Popolazione (Friuli, Genova capoluogo, Genova provincia, Macerata, 

Umbria, Varese, Veneto) ed è stato così implementato uno studio caso-controllo per 

mappare in ogni area il rischio per sito e tipologia economica nel settore privato. 

L’analisi si basava su 36.379 casi e 29.572 controlli di popolazione e da essa sono 

emerse associazioni statisticamente significative per molti settori economici per i quali 

239


era già noto, partendo dalla classificazione della IARC, un rischio professionale per 

neoplasie in diverse sedi. (Tabella 1). I risultati complessivi dell’indagine sono stati 

pubblicati nel vol.96, n.1 del 2005 de La Medicina del Lavoro. 

TABELLA 1: associazioni rilevate nello studio caso controllo basato su sei registri 

Tumori Italiani. Alcuni risultati statisticamente significativi 

Settore 

Sede 

neoplasia/sesso 

Casi/controlli esposti per 

settore 

OR (limiti di confidenza al 

90%) 

Cuoio e 

calzature 

Leucemia M 10/2019 1.48 (0.80-2.73) 

Leucemia F 6/1296 0.90(0.42-1.93) 

Naso M 5/2019 4.68 (1.65-13.27) 

Naso F 1/1296 7.97 (0.76-83.89) 

Siderurgia Polmone M 369/1163 1.28 (1.13-1.45) 

Polmone F 1/73 21.08(2.73-162.92) 

Gomma Vescica M 10/83 1.31 (0.73-2.34) 

Vescica F 5/34 1.49 (0.67-3.31) 

Leucemia M 3/83 2.18 (0.78-6.08) 

Leucemia F 3/34 8.65 (2.88-25.96) 

OCCAM SDO 

In una fase successiva si è passati all’analisi di altri sistemi routinari di rilevazione della 

patologia, in particolare le dimissioni ospedaliere (SDO) che rispetto ai Registri Tumori 

servono aree più vaste, ma derivando da attività che non sono nate per la ricerca 

epidemiologica, possono fornire dati di qualità inferiore. 

- OCCAM SDO TOSCANA: in Toscana sono stati identificati attraverso le SDO 4915 

casi incidenti di tumore maligno del polmone, pleura e vescica per il biennio 2000- 

2001 e un gruppo di controlli di popolazioni estratti dall’anagrafe assistiti di 14115 

soggetti. Dall’analisi caso-controllo sono emerse numerose associazioni positive tra 

settori produttivi e rischio di neoplasie elencate nella tabella 2. 

TABELLA 2: Rischi per settore di attività economica per i casi di tumore maligno del 

polmone, pleura e vescica identificati attraverso il sistema delle dimissioni ospedaliere 

per il biennio 2000-2001. 

Ramo di attività Sede della Rischio Intervalli di confidenza al n. di casi 

economica 

neoplasia Relativo 90% 

esposti 

Siderurgia Polmone 3.67 2.62-5.15 46 

Vescica 2.27 1.52-3.39 26 

Costruzioni Meccaniche Pleura 4.45 2.07-9.59 7 

Cuoio e calzature Polmone 1.84 1.40-2.42 59 

Legno Polmone 2.47 1.85-3.30 58 

Edilizia Polmone 1.67 1.40-1.99 224 

Pleura 2.22 0.96-5.15 9 

Trasporti Polmone 2.08 1.62-2.67 79 

Pleura 4.12 1.55-10.91 5 

Vescica 1.45 1.09-1.93 52 

Glass Vetro 2.18 1.44-3.29 25 

- OCCAM SDO LOMBARDIA: è stato condotto uno studio caso controllo basato 

sulla popolazione con 1,886 casi di tumore della vescica occorsi nell’anno 2000 

estratti dagli archivi delle SDO e 22.632 controlli campionati in maniera casuale tra 

la popolazione residente in Lombardia. Con questa analisi siamo stati in grado di 

240


identificare alcune associazioni tra rischio per tumori vescicali e impiego nei 

seguenti settori industriali: Cuoio e Calzature (OR=1.83; IC90%: 1.01-3.33; 10 casi 

osservati), Trasporti (OR=1.28; IC90%: 0.94-1.76 37 casi osservati), Gomma 

(OR=1.22 IC90% 0.80-1.85; 19 casi osservati), Stampe (OR=1.5 IC90%: 1.10-2.05; 

38 casi osservati). I casi sono reperiti su base nominativa e in questa fase sono stati 

segnalati ai servizi territoriali di medicina del lavoro delle province Lombarde sia 

per un approfondimento anamnestico che per una verifica della capacità della 

metodologia di identificare casi si sospetta origine professionale. 

OCCAM – MATRICE DELLA LETTERATURA 

Nell’ambito del progetto OCCAM è stato dedicato ampio spazio al reperimento dei dati 

e di tutte le informazioni presenti in letteratura riguardanti il rischio di tumore in ambito 

professionale. Oltre 550 lavori scientifici pubblicati e indicizzati dal 1976 a oggi, 

escluse pubblicazioni del tipo “case report”, sono stati classificati per comparto 

produttivo e per sede di neoplasie (gli stessi criteri del progetto epidemiologico) e 

riportati graficamente in maniera da realizzare una intersezione, dove sono presenti le 

informazioni tra le due categorie. Sono riportati gli autori e l’anno di pubblicazione, il 

valore della misura dei rischi, unicamente per le pubblicazioni con associazioni positive 

lavoro e rischio oncogeno professionale. La costruzione di quella che abbiamo 

denominato Matrice della letteratura ha una duplice funzione : corroborare i risultati 

ottenuti con OCCAM e fornire uno strumento informativo, rapido ed essenziale a 

chiunque voglia documentarsi sul rischio oncologico in ambito professionale. La 

matrice della letteratura è consultabile attualmente al sito: 

www.istitutotumori.mi.it/INT/AreaProfessionale/ProgettoOCCAM/PrgOCCAM_pdf/m 

atrice_def.pdf 

OCCAM MMG (Medici di Medicina Generale) 

Nel corso dell’ultimo anno partendo dal database della letteratura e basandosi inoltre 

sulle evidenze sul rischio oncogeno in ambito lavorativo raccolte con la metodologia di 

OCCAM è stato realizzato un software informativo che aiutasse i medici di medicina 

generale a riconoscere e sospettare una eventuale eziologia professionale per i casi di 

neoplasie tra i propri assistiti. Il lavoro presentato recentemente al Corso Nazionale per 

Autori di Formazione Medici di Medicina Generale della Toscana permette conoscendo 

la sede e i settori produttivi in cui ha prestato opera un assistito del medico, di accedere 

ai dati di letteratura che supportano l’ipotesi dell’eziologia professionale e 

contemporaneamente guida il medico nelle azioni da intraprendere sulla base del grado 

di sospetto. 

241


ESPERIENZA ITALIANA CON EPI INFO 

Pasquale Falasca*, Francesca Di Tommaso*, Pasquale Errico* 

(*) Associazione Italiana di Epi Info 

Questa presentazione è dedicata al ricordo di Pasquale Errico che ha donato un contributo 

decisivo a questo intervento 

COS’È EPI INFO 

Epi Info è un software pubblico creato dal CDC di Atlanta e diffuso dall’OMS fin dal 

1988 per realizzare indagini epidemiologiche con il computer. Epi Info attualmente 

funziona in ambiente Windows (98, NT, ME, 2000 e XP) e presenta una interfaccia 

semplice e intuitiva. In pochi minuti è possibile creare una semplice maschera per 

registrare e controllare i dati raccolti con un questionario, creare un database e 

analizzare i dati immessi attraverso la produzione immediata di distribuzioni di 

frequenza, tabelle di contingenza, grafici, test statistici, rapporti di rischio e odds. 

INIZIATIVE PRECEDENTI 

La prima pubblicazione in italiano del Manuale per il corso introduttivo a Epi Info 5.01 

(per DOS) risale al Novembre 1992 1 , finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e 

distribuito gratuitamente. In aprile 1997 a Ravenna si è tenuto il primo forum degli 

utilizzatori italiani dove è stato distribuito il manuale introduttivo della versione 6.04 1 . 

Complessivamente sono state distribuite 2200 copie del manuale di Epi Info per DOS e 

raccolte le iscrizioni di 650 utilizzatori attivi. Nel luglio 2002 si è tenuto un convegno 

sull’applicazione di Epi Info nel campo della salute occupazionale a Venezia. 

EDIZIONE ITALIANA DI EPI INFO 

Il 12 marzo 2005 è stato pubblicata l’Edizione Italiana di Epi Info (un manuale di 720 

pagine e un CD contenente Epi Info 3.3, l’aiuto in linea, esempi ed esercizi e interfaccia 

software in italiano), che non è la mera traduzione del manuale in linea (tradotto in 

modo rigoroso nel CD insieme ai menu), ma è compilato in originale per gli utenti 

italiani. Si tratta di una guida per l’apprendimento autodidatta delle tecniche di utilizzo 

dei comandi e delle caratteristiche di Epi Info, con un approccio che tende a 

semplificarne l'uso per un operatore sanitario di una Azienda Usl (contiene esempi 

pratici tratti dai sistemi informativi correnti, come la SDO e i farmaci). 

Il manuale italiano di Epi Info contiene: 

- una guida pratica all'uso dei vari programmi, scritta interamente dagli autori e utile per 

l'autoapprendimento del software, 

- una trattazione dei concetti di base epidemiologici e statistici, sempre corredati da 

esercizi e applicati all'uso concreto per i professionisti della sanità, 

- un’esposizione sistematica della sintassi dei comandi dei vari programmi, corredati da 

esempi, pensata come utile strumento di consultazione. 

IL SITO ITALIANO DI EPI INFO 

Da marzo 2001 è funzionante il Sito Italiano di Epi Info – www.epiinfo.it.- che permette 

di prelevare direttamente Epi Info dalla rete (mirror del sito del CDC) e altri software 

statistici gratuiti (EpiData, EpiCalc, WinIdams, ecc.). Il sito registra una media di 100 

visitatori al giorno, che hanno prelevato in 4 anni 9.000 pacchetti di Epi Info per 

Windows, 2.800 pacchetti di Epi 6, circa 1900 pacchetti di Epi Data e circa 8.000 file di 

altri software statistici, documentazione e applicativi vari. 

1 Agenzia Sanitaria Regionale Collana Dossier http://www.regione.emiliaromagna.it/agenziasan/colldoss/ 

Regione Emilia-Romagna 

243


Nel corso dei 3 anni si è verificato un incremento medio annuo del 14,4%, e il numero 

di utenti che hanno visitato il sito 2 o più volte è circa il 20% degli utenti. Il sito italiano 

è linkato da 30 siti di associazioni mediche e professionali. 

LA RETE ITALIANA DI EPI INFO 

La rete italiana di Epi Info è composta da: 3755 utenti (che hanno acconsentito a 

ricevere informazioni su Epi Info - newsletter), 680 iscritti (che hanno compilato il 

questionario e sono interessati a partecipare alle iniziative di Epi Info), 350 

professionisti che hanno partecipato ad almeno un corso di Epi Info dal 2001. 

La lista non è completa. Essa esclude tutte quelle persone che lavorano con Epi Info o 

sono esplicitamente interessati a questo software, che hanno effettuato uno dei tanti 

corsi nelle regioni italiane o sono rimasti utilizzatori di Epi6 per DOS. Il 52% degli 

iscritti ha tra 40 e 60 anni di età, il 67% è maschio, il 73% è buon conoscitore del 

computer e il 44% dichiara di conoscere l’epidemiologia. L’uso prevalente di Epi Info 

nel Servizio Sanitario Nazionale è per il 62,3% in Ausl o Ospedale, per il 12,7% in 

ambito regionale è per il 6% nelle organizzazioni nazionali. Il 38% lo usa per ricerca in 

sanità pubblica, il 16% per uso didattico, il 18,7% per attività clinica e il 22,3% per 

ricerca clinica. Se si digita la parola “Epi Info” in Google si scopre che sono 12.700 le 

pagine in Italiano che ne parlano (contro 18.000 di “Spss”. Le pagine italiane di Epi 

Info sono 1,4% di quelle mondiali contro 0,7% di Spss) a testimonianza delle ricerche 

che usano Epi Info come software statistico. Si può stimare che gli operatori che 

operano con Epi Info in Italia siano circa 7.000 in Italia. 

CORSI 

Da novembre 2001 a maggio 2005 sono stati effettuati 15 corsi di Epi Info presso il 

Centro Residenziale Universitario di Bertinoro a un totale complessivo di 350 

professionisti sanitari. I corsi sono intensivi (tutto il giorno per quattro giorni), hanno 

prodotto un indice di soddisfazione medio del 77,8% e 29 e 33 crediti formativi 

nazionali ECM rispettivamente per il corso di primo e secondo livello. Da evidenziare 

la costante partecipazione ai corsi di differenti figure professionali, fatto che testimonia 

l’utilità del programma sia per gli addetti al lavoro statistico e informativo, sia ad 

esempio per l’infermiera che vuole conoscere i dati del proprio reparto, ma anche per 

l’amministrativo che affianca le statistiche alla contabilità economica. Tra le 

caratteristiche più apprezzate dai partecipanti di Bertinoro c’è la possibilità di riportare 

nell’ambito del corso i propri problemi conoscitivi e trovare soluzioni specifiche. Il 

carattere essenzialmente pratico e operativo dell’apprendimento su computer, favorito 

anche da esercitazioni concrete prese dai flussi informativi correnti, rappresenta la 

caratteristica più valorizzata dei corsi. 

In questi anni si sono tenuti corsi di Epi info anche in altre regioni italiane (Emilia- 

Romagna, Sicilia, Veneto, Friuli, Toscana, Lazio), in alcune località sono organizzati 

periodicamente (Lazio, Toscana, Marche e Piemonte) e in diversi Atenei sono integrati 

ai corsi di studio (Scuole di Specializzazione in Igiene di Roma, Bologna, Pisa e 

Ancona). 

APPLICAZIONI DI EPI INFO 

La medicina generale: NetAudit 

La verifica dell’attività clinica (audit) è un elemento indispensabile per la medicina 

generale. Epi Info è stato utilizzato grazie alle sue caratteristiche di versatilità e 

semplicità per la realizzazione di audit in rete fra medici di medicina generale. 

Net Audit è un metodo di ricerca tra MG via Internet, che si fonda sulla esecuzione di 

audit clinici brevi (ricerca in 3 ore) problem-based e l’uso del pacchetto Epi Info per la 

244


produzione rapida di questionari in forma elettronica, la registrazione dei dati e l’analisi 

statistica degli stessi. Il progetto NetAudit (www.netaudit.org) nasce nel 2001 dietro lo 

stimolo iniziale di alcuni medici di medicina generale; attualmente è composto da una 

confederazione di gruppi di MG, organizzato in 15 coordinatori e 4 responsabili che 

discutono in 2 mailing-list. Il programma è orientato a sviluppare l’impatto degli audit 

clinici sulla conoscenza, le abilità e gli atteggiamenti del MG principiante nell’arte della 

verifica della pratica clinica. I risultati delle elaborazioni statistiche (grafici e tavole) 

sono stati pubblicati in via preliminare sul sito italiano di Epi Info (www.epiinfo.it) e in 

modo conclusivo sulla rivista QQ (la Qualità e le Qualità in Medicina Generale - 

www.rivistaqq.it). Da marzo 2001 sono stati eseguiti 8 audit con la partecipazione di 

172 MG (60% del Nord Italia, 21% del Centro e 19% del Sud), 3812 pazienti esaminati 

su una popolazione complessiva di 241.682 assistiti. Nel maggio 2004 è stato 

organizzato a Bertinoro il primo corso rivolto ai medici generali indirizzato allo 

sviluppo di abilità di tipo epidemiologico ed informatico alla base degli studi di Net 

Audit. Epi Info è partner dell’ European General Practice Research Networ . 

E’ stato presentato il poster del congresso di questa società a Verona il 16–19 Ottobre 

2003 dal titolo “Tools for the research in general practice: the experiences of NetAudit” 

EPIWORK 

Epiwork è un software basato su Epi Info che è stato adottato di comune accordo 

dall’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), 

dall’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) e dalla 

Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome a supporto dei 

nuovi flussi informativi per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Con Epiwork si 

distribuiscono ogni anno i dati e le principali tabelle sintetiche degli infortuni sul lavoro 

e delle malattie professionali alle 230 ASL e alle 20 regioni italiane, corrispondenti ad 

un milione di record per le lesioni, 300.000 per le malattie e sei milioni di record per le 

ditte (denominatori). Il prodotto (il 2004 è stato il terzo anno) è distribuito con i dati e 

fornisce le centinaia di analisi statistiche automatiche (programmi di Analisys) e un 

motore di ricerca (costruito con MakeView) dove gli utenti possono selezionare i valori 

in caselle combinate che forniscono le variabili per le distribuzioni di frequenza, tabelle 

e grafici. Il programma prevede la selezione di una sottopopolazione definita dall'utente 

che gli permette di proseguire l'analisi dei dati selezionati in autonomia. 

EPI QRI 

Dal 1999 è attivo nella città di Trento un programma di promozione della salute mentale 

e della qualità di vita centrato sul miglioramento delle relazioni interpersonali. Tra le 

principali iniziative del programma si trova la realizzazione di una valutazione periodica 

della qualità delle relazioni interpersonali in piazze ed altri luoghi aperti, mediante un 

indice detto QRI (Qualità delle Relazioni Interpersonali) che si ottiene tramite la 

somministrazione di un questionario. E’ stato realizzato un programma applicativo 

(EpiQri) con Epi Info che permette di registrare i dati e, per mezzo di un facile menu a 

discesa, di fare l’analisi statistica con una gamma di elaborazioni predefinite. Il 

programma è prelevabile dal sito italiano di Epi Info e contiene anche dati dimostrativi 

(relativi all'indagine svolta a Trento) e le relative mappe dei quartieri. L’indagine è stata 

svolta in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. 

EPISWI 

Programma di supporto al progetto di studio per un sistema di sorveglianza delle 

infezioni della ferita chirurgica, realizzato in collaborazione con l’Hesperia Hospital di 

Modena e l’Agenzia Sanitaria Regionale dell’Emilia-Romagna. Il prodotto consiste 

245


in un questionario che registra diversi aspetti dei pazienti sottoposti ad intervento 

chirurgico e produce output predefiniti, tra cui indicatori di sorveglianza delle infezioni. 

Per i criteri si è fatto riferimento al protocollo del National Nosocomial Infection 

Surveillance System (NNIS) statunitense. 

EPITRIPS 

Epitrips è un applicativo creato con Epi Info per il monitoraggio degli indicatori di 

adesione alle raccomandazioni clinico-organizzative relative alla gestione delle pazienti 

affette da carcinoma infiltrante della mammella, costituito da 6 maschere diverse che 

corrispondono a differenti aspetti dell’indagine sul percorso assistenziale della malattia. 

Il progetto è in corso di implementazione in nove Aziende Sanitarie Italiane impegnate 

nel Programma di Ricerca Nazionale “Trasferimento di interventi di documentata 

efficacia nella pratica assistenziale” finanziato dal Ministero della Salute. Lo studio è 

svolto in collaborazione con il CEVEAS (Centro per la Valutazione dell’Efficacia 

dell’Assistenza Sanitaria). 

INFOSANITÀ 

Questo prodotto permette l'inserimento e la successiva valutazione di Infortuni, 

Incidenti e Cause di servizio accaduti nelle Aziende Ospedaliere. E' stato scritto 

originariamente su commissione della Regione Friuli-Venezia Giulia per le Aziende 

Ospedaliere della Regione. 

L'inserimento dati viene effettuato mediante tre maschere: Infortuni, Incidenti e Cause 

di Servizio. 

Una volta inseriti i dati il software provvede alcune funzioni statistiche per il calcolo 

delle frequenze delle variabili principali e anche il calcolo degli indici di frequenza, di 

gravità, di incidenza e durata media degli infortuni 

LE PROSPETTIVE 

Lo sviluppo dell’utilizzo di Epi Info in Italia, secondo il nostro parere potrà seguire le 

seguenti linee: 

- predisposizione di moduli di formazione a distanza di epidemiologia e di 

statistica (corsi on-line - FAD) in cui Epi Info svolge il ruolo di strumento per 

assegnare, svolgere e correggere esercizi applicativi; 

- sviluppo di sottogruppi in rete che praticano studi specifici con applicativi 

predisposti ad hoc (Infezioni ospedaliere, Infortuni, Audit clinici) e possano 

confrontare i dati; 

- sviluppo di indagini multicentriche on-line tra reparti ospedalieri della stessa 

disciplina o tra i Medici di Medicina Generale (ad esempio come per NetAudit); 

Epi Info è un ottimo strumento per la raccolta e l’estrazione di dati sanitari dalle grandi 

basi dati amministrative (SDO, ASA, Mortalità ecc) che possono essere 

successivamente analizzati per finalità di governo clinico: una volta integrati con i dati 

delle cartelle cliniche rappresentano una base informativa flessibile per condurre audit 

in ospedale e confrontare gli esiti tra professionisti sanitari; 

Epi Info è anche uno strumento per la distribuzione di dati sanitari validati e puliti (ad 

esempio dalle Regioni) per mettere a disposizione dei clinici un set di elaborazioni 

prefissate e pre-masticate (indicatori grezzi) che possano essere orientate e aggiustate 

con le accortezze e le cautele (scelta dei confondenti) proprie dei professionisti 

responsabili della produzione di dati (risk adjustment). 

246


GENI E AMBIENTE: APPROCCI CLASSICI E METODI INNOVATIVI IN 

EPIDEMIOLOGIA GENETICA 

Sonia Brescianini, Rodolfo Cotichini, Davide Delfino, Cristina D’Ippolito, Tanja Dukic, 

Corrado Fagnani, Lorenzo Giannantonio, Emanuela Medda, Lorenza Nisticò, Valeria Patriarca, 

Simonetta Pulciani, Antonia Stazi 

Reparto di Epidemiologia Genetica – C ESPS – Istituto Superiore di Sanità 

L’epidemiologia genetica è un settore di ricerca relativamente nuovo nel panorama 

dell’epidemiologia italiana. Nel maggio 2003, contestualmente alla ristrutturazione 

dell’Istituto Superiore di Sanità, è stato istituito, presso il Centro nazionale di 

epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (CNESPS), un reparto di 

Epidemiologia genetica con la mission di “migliorare la comprensione delle cause e dei 

meccanismi alla base delle malattie complesse a media ed elevata incidenza nella 

popolazione generale, stimando il ruolo che fattori genetici, ambientali e 

comportamentali giocano nella loro insorgenza”. 

Il gruppo di ricerca, attualmente composto da 12 persone, ha competenze in 

epidemiologia, statistica, genetica, informatica, biologia, bioetica e sociologia. La 

maggior parte dei ricercatori ha maturato le competenze nel settore grazie ad una 

esperienza lavorativa acquisita all’interno dell’ISS, a cui e stata affiancata, ed è tuttora 

in corso, una formazione professionale attraverso periodi di ricerca presso istituzioni 

straniere leader nel campo dell’epidemiologia genetica. 

Il reparto gestisce il Registro Nazionale Gemelli (RNG) e partecipa alla rete europea di 

registri di gemelli GenomEUtwin, di cui fanno parte Finlandia, Svezia, Norvegia, 

Danimarca, Regno Unito e Olanda, per l'identificazione dei geni di suscettibilità per 

alcune malattie comuni come l'infarto, l'ictus e l'emicrania. L’RNG, che è altresì 

focalizzato a ricerche nei settori dell'invecchiamento, di alcune patologie autoimmuni, 

della salute mentale, è stato sostenuto dal Ministero della Salute e riceve attualmente 

finanziamenti dalla Commissione Europea (V e VI programma quadro). 

Nel corso del 2005 è iniziata la realizzazione di una banca biologica di campioni 

ematici donati da gemelli afferenti al Registro Nazionale Gemelli e raccolti presso le 

sedi AVIS di tutto il territorio nazionale. 

Il reparto interagisce in maniera stabile sia con università italiane che straniere, con altri 

enti di ricerca e gruppi di lavoro afferenti al servizio sanitario nazionale. Sono 

particolarmente sviluppate le collaborazioni con i clinici e genetisti che si occupano di 

malattie autoimmuni (celiachia, Lupus Eritematosus, sindrome di Sjogren, sclerosi 

multipla, malattia di Crohn, psoriasi), con l'obiettivo di verificare l'ipotesi di 

meccanismi eziologici comuni. In questa prospettiva, il gruppo è interessato a 

intraprendere studi che prevedono la raccolta di dati su famiglie che presentano cluster 

di malattie autoimmuni al fine di studiarne la familiarità. Questi studi sono il primo 

passo per l’identificazione di una eventuale classe di geni che potrebbero essere comuni 

a queste patologie. 

In pochi anni di attività, il reparto di Epidemiologia genetica del CNESPS ha promosso 

lo scambio di informazioni, esperienze e la nascita di collaborazioni tra gruppi con 

competenze diverse nel campo della ricerca genetica in sanità pubblica. Il reparto è 

impegnato anche nella formazione degli operatori del Servizio sanitario nazionale e di 

enti di ricerca nel settore dell'epidemiologia genetica, promuovendo annualmente un 

corso di base nel settore e vari seminari e workshop specifici. 

247


FANTASCIENZA ED EPIDEMIOLOGIA - LA FIBROSI CISTICA IN ITALIA 

Anna Bossi 

C’era una volta, in una Galassia lontana lontana….[pioggia di stelle, eco di tamburi di 

guerra in sottofondo, meteoriti che rotolano verso un punto all’infinito…]. 

L’origine del nostro gruppo è in realtà meno fantascientifica dell’inizio della saga “Star 

Wars”, ma ne condivide lo spirito di coesione dei componenti del gruppo, e la volontà 

di lottare insieme per sconfiggere il cattivo Lord Darth Vader (la Fibrosi Cistica!). 

Nel 1988 è stato attivato, presso l’Istituto di Statistica Medica e Biometria, il Registro 

Italiano per la Fibrosi Cistica (RIFC). Durante i 17 anni di attività si sono susseguite 

numerose persone alla gestione del RIFC, ed oggi si è di fatto costituito un gruppo di 

lavoro che ha come obiettivo lo studio dell’epidemiologia della Fibrosi Cistica (FC) in 

Italia. I diversi percorsi formativi dei componenti del gruppo hanno contribuito a creare 

uno stimolante contesto multidisciplinare. 

I Maestri Jedi del gruppo, infatti, hanno imparato l’arte dell’uso della spada laser nelle 

palestre di Statistica, Farmacologia e Medicina e gli allievi provengono dai pianeti 

Statisticaan, Farmacologiaan, Fisicaan, Economia e Commerciodor. 

Tre allievi si occupano principalmente della gestione del RIFC (raccolta, archiviazione, 

controllo qualità dei dati, redazione di report annuali e realizzazione di analisi 

statistiche), gli altri tre collaborano, a seconda delle loro competenze, a specifici 

progetti (analisi di dati genetici, costruzione di curve di crescita, valutazione di 

indicatori sanitari). 

CONSIGLIO DEGLI JEDI 

ANNA SILVANO IVAN 

14 maggio1954 12 ottobre 1951 25 marzo 1955 

Pianeta: Pianeta: Pianeta: 

Statisticaan Farmacologiaan Medicinaan 

Ruolo: Ruolo: Ruolo: 

Maestro Jedi Maestro Jedi Maestro Jedi 

ALLIEVI 

LAURA PIETRO VALERIA ELENA SARA GIOVANNI 

10 agosto 1977 4 agosto 1978 9 maggio 1981 10 luglio 1971 10 marzo 1977 5 agosto 1969 

Pianeta: Pianeta: Pianeta: Pianeta: Pianeta: Pianeta: 

Statisticaan Statisticaan Statisticaan Farmacologiaan Fisicaan 

Economia e 

Commerciodor 

Ruolo: Ruolo: Ruolo: Ruolo: Ruolo: Ruolo: 

Gestione Registro 

Elaborazione dati 


Controllo 

qualità dati 


Reportistica 

Curve di crescita Genetica 

Curve di crescita 

Indicatori sanitari 

249



Il quartiere generale è l’Istituto di Statistica Medica e Biometria dell’Università degli 

Studi di Milano. Ogni allievo è seguito principalmente da un Maestro Jedi che 

sapientemente tramanda la sua Conoscenza al suo protetto; frequentemente avvengono 

anche flussi di informazione obliqui. 

I giovani allievi, infatti, conducono vita comunitaria nella palestra chiamata “sala 

macchine” (stanza dei PC), dove uno dei Maestri Jedi è sempre presente. Tale scelta ha 

il vantaggio di facilitare lo scambio di conoscenze e competenze e di stimolare la 

collaborazione nella risoluzione di nuovi problemi. Inoltre la vicinanza spaziale 

permette al gruppo di essere costantemente aggiornato sullo sviluppo dei progetti in 

corso. 

Per favorire ulteriormente la collaborazione interdisciplinare, i componenti della 

squadra si riuniscono mensilmente per aggiornarsi sui progressi del lavoro di ciascuno, 

esporre gli obiettivi futuri ed eventuali problematiche metodologiche affrontate nel 

corso dello svolgimento del proprio lavoro. 

La capacità comunicativa è inoltre stimolata grazie a seminari organizzati 

periodicamente, in occasione dei quali gli allievi presentano ai Maestri Jedi (supervisori 

e consulenti del lavoro svolto) e ad un folto gruppo di extra-galattici gli argomenti di cui 

si stanno occupando. Durante questi incontri sono sottolineati, in particolare, i problemi 

incontrati e le strategie adottate per risolverli. 

Progetti passati, presenti e futuri 

Il gruppo ha collaborato alla realizzazione numerosi progetti di carattere epidemiologico 

(sia divulgativo, sia dedicato agli operatori nel campo della FC), metodologico, e 

gestionale. 

Vengono qui di seguito riportati i progetti che maggiormente hanno coinvolto i 

componenti del gruppo e in cui la loro capacità di interazione e di coordinamento ha 

prevalso sul Lato Oscuro della Forza….. 

Episodio I La minaccia fantasma: da Carta ad Access 

Passaggio dal questionario cartaceo a quello elettronico. 

Dal 1988, anno di attivazione del Registro, al 2001, la raccolta dei dati è avvenuta 

tramite questionario cartaceo. Questa procedura, per quanto gradita agli incaricati della 

compilazione dei questionari, presentava alcuni inconvenienti. Ad esempio, la difficoltà 

ad interpretare la grafia dei compilatori, e soprattutto l’impossibilità di avere un 

controllo di qualità del dato scritto. 

Nel 2001 si è pertanto realizzato un software che permette al personale dei Centri per la 

FC (presenti in ogni regione) di immettere direttamente i dati su file e di inviarli, per 

posta elettronica, al RIFC. 

Un tale cambiamento nella procedura di data-entry ha ridotto gli errori di trascrizione ed 

ha permesso un maggior controllo di qualità dei dati immessi. Infatti, il software 

implementato esegue dei controlli di coerenza delle informazioni già al momento del 

loro inserimento nel database e, tramite un sistema di warning, avverte l’utente di 

eventuali errori o incongruenze. 

250


Episodio II L’attacco dei cloni: La Mappa Mutazioni 

Mappa delle mutazioni del gene CFTR (Cystic Fibrosis Trasmembrane Regulator) 

Attualmente sono note più di 1000 mutazioni del gene CFTR, ma al momento 

dell’analisi del DNA del paziente affetto da FC se ne ricerca un numero di gran lunga 

inferiore. Infatti, la maggior parte dei metodi usati nei laboratori di genetica molecolare 

ricerca fino a 32 mutazioni. Inoltre, in Italia vi è una elevata variabilità nella 

distribuzione delle mutazioni a seconda della regione di provenienza del paziente. Alla 

luce dell’aggiornamento delle tecniche di analisi genetica e dell’ampliamento dello 

spettro di mutazioni ricercate, fra quelle esistenti, nel 2002 è nata l’esigenza di 

aggiornare il lavoro Genetic History of cystic fibrosis mutation in Italy. I. Regional 

distribution, (Rendine et al. 1997. Ann.Hum.Genet.; 61: 411-424). 

Conoscere l’origine geografica delle mutazioni del gene CFTR non è importante solo 

per l’esperto di genetica di popolazione ma anche per una migliore organizzazione dei 

laboratori che possono individuare qual è il metodo di analisi più appropriato da 

adottare in ciascuna regione. 

Il faticoso lavoro di recupero della regione di nascita dei 4 nonni di ciascun paziente e 

del loro genotipo è giunto da poco a termine e a breve saranno presentati i risultati delle 

analisi. 

Episodio III La rivincita dei Sith: Ipertesto DaRiO 

Creazione dell’Ipertesto DaRiO (Dati del Registro italiano FC On-line) 

Le sintesi delle informazioni archiviate nel RIFC, effettuate annualmente a partire dal 

1988, non sempre sono state sufficienti a soddisfare le specifiche richieste del personale 

delle strutture coinvolte nella raccolta dati. Il desiderio di rendere più facile ed 

immediato l’accesso ai dati archiviati spesso si scontra con difficoltà di carattere 

tecnico-informatico, con la complessità nell’interpretazione dei risultati forniti, e con le 

esigenze di tutela dei dati personali. Inoltre, non sempre è possibile soddisfare in tempi 

brevi le richieste che pervengono a chi gestisce il registro. Per ovviare a questi 

inconvenienti si è creato un ipertesto, fornito di un’interfaccia di interrogazione userfriendly, 

che permette all’utente di scegliere ogni combinazione ragionevole delle 70 

variabili selezionate dal questionario impiegato per la raccolta dati. 

L’ipertesto DaRiO permette di interrogare il database dei file, richiamando l’output 

dell’analisi richiesta: distribuzioni di frequenza, tabelle a 2 o 3 vie, grafici e note 

esplicative. L’utente è guidato nella ricerca da un menù di facile consultazione, da 

pulsanti per opzioni predefinite, da finestre di ricerca e caselle di testo. Una sezione di 

help, infine, aiuta ed orienta anche l’utente meno esperto. L’intera struttura è stata 

trasferita nell’area riservata del sito www.fibrosicistica.it, ed è accessibile solo previa 

identificazione dell’utente. Ogni anno, in occasione dell’aggiornamento dei dati del 

RIFC, è possibile aggiornare anche il contenuto dei file che costituiscono il database 

dell’ipertesto. 

251


Episodio IV Una nuova speranza: La Telemedicina 

Valutazione di un servizio di telemonitoraggio a distanza per pazienti adulti affetti da 

fibrosi cistica. 

Il paziente con FC richiede continui controlli per la prevenzione e la cura delle 

complicanze respiratorie, che rappresentano il principale fattore di rischio per la 

sopravvivenza e influiscono sulla qualità della vita del paziente. Per questo, i soggetti 

affetti dalla malattia si recano di frequente presso il Centro di cura per il controllo della 

funzionalità respiratoria. La necessità di ripetute visite costituisce un ostacolo alla 

normale vita familiare, sociale e lavorativa. Tali pazienti potrebbero trarre notevoli 

vantaggi dall’impiego di tecnologie informatiche che consentano di monitorare a 

domicilio la funzionalità respiratoria (spirometria) e la saturazione di ossigeno 

(ossimetria), usuali indicatori dell’eventuale progressione della malattia. Grazie 

all’interessamento della Lega Italiana FC, è stato intrapreso l’ambizioso progetto di 

fornire a 200 pazienti adulti l’attrezzatura necessaria per l’esecuzione della spirometria 

e per la rilevazione dell’ossimetria, ed un personal computer in grado di trasmettere i 

dati biomedici registrati dal paziente. Le informazioni fornite dai pazienti saranno 

inviate al Centro presso cui il soggetto è in cura e il personale medico avrà così a 

disposizione un elevato numero di informazioni oggettive utili per prendere decisioni 

tempestive che potrebbero migliorare la prognosi della malattia. Poiché vi è tuttora una 

limitata evidenza in letteratura dei vantaggi conseguibili con il monitoraggio 

domiciliare della spirometria e dell’ossimetria nei pazienti FC, si è da poco attivato uno 

studio pilota al fine di valutare l’efficacia dell’introduzione del telemonitoraggio nella 

pratica assistenziale rispetto all’approccio tradizionale. 

Episodio V L’impero colpisce ancora: Curve di Crescita 

Studio sulla crescita staturale e ponderale dei pazienti FC 

L’aumento dell’aspettativa di vita dei soggetti affetti da FC ha indotto ad affrontare 

problemi sino ad ora trascurati quali, ad esempio, la ridotta crescita somatica. 

L’insufficienza pancreatica, presente nella maggior parte dei pazienti, e l’enorme 

dispendio energetico dovuto alla ridotta funzionalità respiratoria possono provocare 

disturbi e anomalie nella crescita. Disporre di carte di crescita specifiche per soggetti 

affetti da FC può essere utile sia per approfondire la conoscenza degli effetti della 

malattia sull’accrescimento somatico, sia per valutare l’efficacia delle terapie nel 

favorire un normale sviluppo. Benché esistano studi che dimostrano l’efficacia del 

trattamento precoce della malattia sullo stato di salute dei pazienti affetti, vi sono pochi 

studi, basati su dati di tipo longitudinale, che valutino l’impatto della FC sulla crescita. 

A questo scopo è stato condotto uno studio preliminare, basato solo sui dati relativi ai 

pazienti adulti in cura presso il Centro FC di Verona a partire dagli anno ’70. L’analisi 

di tali dati ha permesso di individuare il modello matematico più idoneo per descrivere 

l’accrescimento somatico dei pazienti FC, dalla nascita al raggiungimento dell’età 

adulta. 

252


Episodio VI Il ritorno dello Jedi: da Access a Web 

Verso una raccolta dati via web 

Attualmente ogni Centro FC ha installato localmente il software per l’inserimento dei 

dati necessari per l’aggiornamento del RIFC. La dislocazione dei 30 Centri su tutto il 

territorio italiano rende difficoltosa l’assistenza tecnica nel caso di problemi di 

funzionalità del software. Infatti, il cambio di hardware e l’aggiornamento del sistema 

operativo da parte dei Centri implica una nuova installazione del programma per 

l’inserimento dati. Spesso, queste operazioni creano problemi tecnici non risolvibili per 

telefono. A questo, vanno aggiunti i problemi di carattere organizzativo 

nell’aggiornamento del database: infatti, ogni volta che gli operatori dei Centri 

eseguono delle modifiche al database, devono spedire il file di dati modificato al RIFC; 

purtroppo non sempre viene inviato l’ultimo file aggiornato, con conseguenti errori 

nella creazione dell’archivio. 

Per questi motivi, si è pensato di trasferire l’intero database nazionale su un server 

accessibile a tutti i Centri. La disponibilità di un database on-line comporta una 

maggiore facilità di risoluzione di problemi tecnici, e la possibilità di disporre di dati 

aggiornati in tempo reale. 

D’altro canto, la costruzione di un sistema di accesso ai dati impone il rispetto delle 

norme a tutela dei dati personali, e quindi la strutturazione di un sistema di accessi 

tramite l’identificazione degli utenti autorizzati a modificare i dati. Infine, l’oneroso 

impegno dal punto di vista economico rende il progetto piuttosto ambizioso, ma i 

notevoli vantaggi che deriverebbero dalla sua realizzazione superano abbondantemente 

le difficoltà. 

Conclusioni 

I dati archiviati nel RIFC sono stati per tutti noi una eccezionale palestra per “allenarci” 

ad un corretto uso dei metodi statistici ed epidemiologici. In particolare, la diversa 

natura e la grande quantità di dati raccolti ci ha permesso di applicare le diverse 

tecniche di analisi: dai più semplici metodi di statistica descrittiva, ad analisi spaziali, 

alle tecniche di analisi della sopravvivenza. Inoltre, i risultati ottenuti hanno sempre 

avuto una ricaduta pratica. 

La stima annuale della prevalenza di certificazioni di malattia per regione di residenza 

dei pazienti è stata di importanza fondamentale per gli amministratori regionali che ad 

essi si sono riferiti per l’applicazione della legge 548/93 per l’assegnazione dei fondi 

alle regioni. 

La stima dell’incidenza della malattia ha permesso invece di individuare aree 

geografiche dove verosimilmente una certa quota di pazienti sfugge ad un corretto 

inquadramento diagnostico: decessi nei primi mesi di vita senza diagnosi o pazienti con 

forme conclamate della malattia diagnosticati solo in età adulta per precedenti errori 

diagnostici. A questo proposito si sta programmando uno studio per conoscere l’iter 

diagnostico seguito da quest’ultima categoria di pazienti. 

L’esperienza maturata nella gestione dei dati ha permesso ad uno di noi di partecipare in 

modo attivo alla costituzione di un Registro Europeo per la FC. 

L’inclusione di informazioni relative al follow-up clinico dei pazienti censiti permetterà 

di valutare, in un immediato futuro, la qualità delle prestazioni erogate dai diversi Centri 

253


di Riferimento per la FC e di programmare studi ad hoc per valutare l’effetto delle 

diverse modalità diagnostiche e terapeutiche. 

Non resta pertanto che gridare a gran voce… 

254 

Che la Forza sia con noi !


GRUPPO DI STUDIO SULLA SALUTE DEGLI IMMIGRATI 

Giovanni Baglio 1,3 , Laura Cacciani 1,3 , Emanuela Forcella 1 , Teresa Esposito 1 , Saverio Veloccia 1 , 

Angela Spinelli 1,3 , Salvatore Geraci 2,3 , Maurizio Marceca 1,3 , Gabriella Guasticchi 1 

1 Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio; 2 Caritas Diocesana di Roma – Area Sanitaria; 

3 Società Italiana di Medicina delle Migrazioni 

Obiettivi e organizzazione 

La rilevanza assunta in questi ultimi anni in Italia dall’immigrazione ha portato a una 

crescente attenzione da parte delle istituzioni, sia a livello nazionale che regionale, per 

le tematiche concernenti la salute della popolazione straniera e le implicazioni del 

fenomeno in termini di politica e programmazione sanitaria. 

Nel luglio 2001 l’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio (ASP) ha istituito 

un’Unità Operativa specificamente dedicata allo studio dei fenomeni migratori, intorno 

alla quale si è costituito un Gruppo di ricercatori esperti in epidemiologia e 

immigrazione, in stretta relazione con quanti a Roma e nel Lazio già si impegnavano in 

questo specifico campo (GRIS Lazio, Caritas di Roma, Medici contro la Tortura, etc.). 

Il Gruppo in questi anni ha sviluppato le proprie attività in conformità con gli indirizzi 

della programmazione sanitaria regionale, individuando tre obiettivi distinti di ricerca e 

azione relativi alla popolazione immigrata: 

1. valutare lo stato di salute - l’immigrazione è un fenomeno ormai stabile e, in qualche 

misura, strutturale rispetto alla realtà demografica e sociale del nostro Paese; per tale 

ragione, si avverte l’esigenza di conoscere e studiare a fondo il fenomeno, non solo 

negli aspetti sociali, culturali ed economici, ma anche nei suoi risvolti sanitari; 

2. migliorare l’accessibilità dell’assistenza sanitaria - è questo uno dei nodi cruciali del 

diritto degli immigrati all’assistenza che, accanto alla questione giuridica del 

riconoscimento formale, pone quella più sostanziale della fruibilità dei servizi sociosanitari, 

una volta che tale diritto sia stato riconosciuto per legge; 

3. pianificare interventi di Sanità Pubblica - la necessità di realizzare programmi di 

prevenzione e assistenza si pone in relazione a specifiche aree critiche per la salute 

degli immigrati, ossia condizioni e/o gruppi di popolazione ad elevato rischio 

sanitario. 

Attività e risultati rilevanti 

1. Valutazione dello stato di salute 

L’acquisizione di maggiori conoscenze sul profilo di salute degli stranieri si presenta 

particolarmente problematica, per via delle caratteristiche di eterogeneità e dinamicità 

del fenomeno; ma anche per l’inadeguatezza che tuttora caratterizza, almeno in parte, i 

sistemi di rilevazione epidemiologica correnti nell’identificare i cittadini stranieri 

all’interno degli archivi sanitari. Rispetto a questo obiettivo, il Gruppo ha sviluppato tre 

differenti approcci. 

a) Il primo punta al potenziamento e alla valorizzazione dei flussi informativi sanitari 

correnti, mediante un’azione pianificata di sviluppo della loro capacità 

discriminativa nei riguardi del fenomeno e di utilizzo sistematico dei dati a fini 

epidemiologici. 

In questa direzione vanno alcuni provvedimenti di revisione dei principali flussi 

informativi, come ad esempio l’introduzione dell’obbligatorietà del campo 

255


“cittadinanza” nei tracciati record del Sistema Informativo Emergenza Sanitaria dal 

1 gennaio 2003 e del Sistema Informativo dell’Assistenza Specialistica dal 1 luglio 

2003; e la modifica del programma di controllo delle SDO (Quasio2003) per la 

segnalazione dei ricoveri erogati a stranieri irregolari dal 1 gennaio 2003. 

Accanto agli interventi strutturali sui flussi, in questi anni sono stati attuati diversi 

tentativi di utilizzare i dati amministrativi per la valutazione epidemiologica. Un 

esempio in proposito è rappresentato dal primo Rapporto sull’assistenza ospedaliera 

a cittadini stranieri nel Lazio – Anno 2000 [1] e successivi aggiornamenti, 

disponibili sul sito www.asplazio.it 

Particolare menzione meritano anche gli studi sulla salute delle donne e dei bambini 

[2-5], sui traumatismi [6-8] e sulla salute mentale dei cittadini stranieri nel Lazio 

[9]. Infine è stato condotto uno studio nazionale sull’incidenza dell’AIDS nella 

popolazione immigrata, in collaborazione con il Centro Operativo AIDS dell’Istituto 

Superiore di Sanità e l’Istituto Italiano di Medicina Sociale [10]. 

b) Accanto ai sistemi di rilevazione esistenti, si rende necessaria la creazione di nuovi 

flussi informativi, specificamente orientati a monitorare alcuni aspetti particolari del 

fenomeno migratorio e in grado di raccogliere informazioni relative al primo livello 

dell’assistenza sanitaria, attualmente non disponibili. A tale scopo è in corso un 

Progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito dei Programmi 

speciali art.12 bis, comma 6, D.Lgs.229/99, dal titolo: “Progettazione e 

sperimentazione di un modello di osservatorio epidemiologico sull’immigrazione” 

(Progetto Osi). Obiettivo del Progetto è la messa a punto di un prototipo di rete 

informativa, che potrà essere adottato a livello regionale al fine di attuare un 

monitoraggio costante e accurato dei bisogni di salute degli immigrati e di 

individuare le principali aree critiche su cui sviluppare nuovi modelli di intervento 

[11]. 

c) Il terzo approccio consiste nella realizzazione di indagini ad hoc su specifici aspetti 

di salute e aree critiche emerse dalle valutazioni attuate sui dati correnti. 

Le principali iniziative condotte in questo ambito riguardano un’indagine nazionale 

sull’assistenza alla nascita tra le donne immigrate [12-13] e uno studio attualmente 

in corso su conoscenze, atteggiamenti e comportamenti delle donne immigrate 

rispetto alle IVG [14], entrambe condotte in collaborazione con l’Istituto Superiore 

di Sanità. 

Un altro campo di indagine ha riguardato il tema dei rifugiati e delle vittime di 

tortura. In particolare, è stata avviata una collaborazione con l’Associazione Medici 

Contro la Tortura che ha portato alla conduzione di uno studio sulla casistica trattata 

presso gli ambulatori medici dell’Associazione, allo scopo di analizzare la domanda 

di salute delle vittime e rimodulare l’assistenza sanitaria sui reali bisogni dei 

pazienti [15]. 

È stato inoltre avviato un progetto di ricerca rivolto a specifiche comunità etniche 

presenti nel Lazio e in particolare a Roma, con l’obiettivo di approfondire i temi 

della salute percepita e dell’utilizzo dei servizi sociosanitari. La prima indagine 

quali-quantitativa ha riguardato la Comunità tunisina presente a Roma. Tale 

indagine ha previsto il coinvolgimento di un mediatore tunisino che ha condotto 

delle interviste sulle conoscenze, gli atteggiamenti e il grado di soddisfazione dei 

tunisini nei confronti delle strutture sanitarie. 

L’Unità Operativa ha preso parte alla realizzazione di alcune importanti iniziative in 

256


ambito regionale, nazionale ed europeo. 

- Partecipazione al Progetto ORIM “Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la 

Multietnicità”, promosso dall’Assessorato per le Politiche della Famiglia e Servizi 

Sociali e coordinato dal Consorzio Universitario di Economia Industriale e 

Manageriale. L’ASP ha coordinato, insieme alla Caritas di Roma, il Gruppo tecnico 

su Salute e Sicurezza sociale. 

- Partecipazione alla stesura del Rapporto Osservasalute 2004, curato dall’Università 

Cattolica del Sacro Cuore di Roma, per la parte relativa all’immigrazione (malattie 

infettive e salute riproduttiva). 

- È stata infine avviata un’attività di collaborazione sul tema della salute degli 

immigrati tra istituzioni di numerosi Paesi europei, con l’obiettivo di realizzare una 

rete di osservatori epidemiologici europei sull’immigrazione. 

2. Accessibilità dell’assistenza sanitaria 

La valutazione dell’offerta sanitaria agli stranieri è strettamente collegata al tema delle 

garanzie di accesso ai servizi e di fruibilità delle prestazioni. 

Il persistere di barriere burocratiche e linguistico-culturali alla fruibilità dell’assistenza 

sanitaria impone un complessivo ripensamento dei servizi in funzione di un’utenza 

etnicamente eterogenea [16]. 

Rispetto a tali questioni, le iniziative intraprese in ambito regionale hanno riguardato 

essenzialmente la mediazione culturale e la formazione del personale sui temi della 

medicina transculturale. 

In tema di mediazione culturale, l’ASP ha partecipato alla stesura del documento 

“Indicazioni per la mediazione linguistico culturale nelle strutture sanitarie della 

regione Lazio”. Le Linee Guida sono state elaborate nell’ambito del Gruppo di Lavoro 

Regionale per la Salute degli Immigrati - coordinato dall’Ufficio Tutela Soggetti Deboli 

dell’Assessorato alla Sanità della Regione Lazio - e rappresentano il primo tentativo a 

livello nazionale di “fornire alle strutture sanitarie uno strumento utile per la 

progettazione e l’organizzazione di un Servizio di Mediazione Culturale con finalità, 

attività, compiti e professionalità condivisi ed omogenei”. Il documento è stato inviato a 

tutti i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie del Lazio, con l’intento di promuovere 

sistemi di mediazione a livello locale. 

Sul piano della formazione, l’ASP ha proposto e organizzato una serie di corsi dedicati 

alla salute degli Zingari, in collaborazione con la Caritas di Roma, dal titolo “Rom e 

Sinti: una sfida per la Sanità Pubblica”. Ha inoltre partecipato al Master di Medicina 

delle Migrazioni della Caritas e ad altre iniziative di formazione organizzate dall’AMCI, 

dalla Scuola Medica Ospedaliera e dalle ASL RMA, RME e Sulmona. 

Infine, un contributo che l’ASP si è proposta di dare riguarda l’ambito della valutazione 

dell’offerta, non solo in termini di accessibilità ma anche di appropriatezza clinica e 

organizzativa delle cure e di qualità dei servizi resi [17-18]. 

3. Interventi di Sanità Pubblica 

In questi anni l’ASP ha coordinamento programmi speciali di prevenzione e assistenza 

in favore degli immigrati. 

Un’importante iniziativa è stata la campagna vaccinale in favore dei bambini Rom e 

Sinti presenti a Roma, che si è svolta nel corso del 2002 su proposta del Gruppo 

Regionale Immigrazione e Salute (GRIS - Area Zingari) [19-22]. L’iniziativa ha assunto 

un’importante valenza di Sanità Pubblica, non solo in termini di riduzione del rischio di 

257


epidemie nei campi nomadi, ma soprattutto per aver dimostrato l’efficacia di un 

modello di intervento, basato sull’offerta attiva e la sinergia pubblico-privato sociale. 

A seguito dell’esperienza acquisita nella realizzazione della campagna vaccinale, è in 

preparazione una nuova iniziativa in favore degli Zingari: una campagna di accessibilità 

e fruibilità dei servizi sanitari. Tale iniziativa, promossa anch’essa nell’ambito del 

GRIS, ha l’obiettivo di avvicinare le istituzioni sanitarie pubbliche alla popolazione 

zingara che vive nei campi sosta dell’area metropolitana di Roma, attraverso l’offerta 

attiva di educazione alla salute e l’orientamento al corretto uso dei servizi sanitari 

territoriali. 

Bibliografia 

1. Baglio G, Cacciani L, Guasticchi G (a cura di). Rapporto sull’assistenza ospedaliera a 

cittadini stranieri nel Lazio, anno 2000. Monografie dell’Agenzia di Sanità Pubblica della 

Regione Lazio, 2002. 

2. Medda E, Baglio G, Guasticchi G, Spinelli A. La salute riproduttiva delle cittadine straniere 

nel Lazio. Ann Ist Super Sanita 2002; 38(4): 357-65. 

3. Di Lallo D, Papini P, Polo A, Spinelli A, Guasticchi G Le nascite nel Lazio. Rapporto 2001- 

2002. Monografie dell’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, 2004. 

4. Spinelli A, Baglio G, Guasticchi G. La donna immigrata. VIII Consensus Conference 

sull’Immigrazione e VI Congresso Nazionale SIMM: “15 anni della nostra storia: dal 

pregiudizio alla reciprocità”. Lampedusa, 5-8 maggio 2004. In Atti: pp. 519-34. 

5. Spinelli A, Baglio G, Lispi L, Guasticchi G. Condizioni di salute delle donna immigrata in 

Italia (in stampa su Ann Ig). 

6. Giorgi Rossi P, Farchi S, Chini F, Baglio G, Cacciani L, Lori G, et al. Caratteristiche dei 

traumatismi in stranieri da paesi non industrializzati, Lazio 2000. XXVII Riunione Annuale 

dell’Associazione Italiana di Epidemiologia. Epidemiologia Clinica e dei servizi sanitari. 

Bologna, 20-22 ottobre 2003. 

7. Giorgi Rossi P, Farchi S, Chini F, Baglio G, Cacciani L, Lori G, et al. Immigrates from non 

industrialised countries and injuries: a population at risk, Lazio, Italy. 11th Annual EUPHA 

Meeting: “L’armonizzazione delle pratiche di Sanità Pubblica in Europa”. Roma, 20–22 

novembre 2003. In Atti: Eur J Public Health 2003; 13 (Suppl. 4): 121. 

8. Farchi S, Giorgi Rossi P, Chini F, Baglio G, Cacciani L, Lori G, et al. I traumi negli 

immigrati da paesi non industrializzati: analisi degli accessi in Pronto Soccorso nel Lazio 

nell’anno 2000 (in stampa su Ann Ig). 

9. Gaddini A, Biscaglia L, Franco F, Cappello S, Baglio G, Di Lallo D, Guasticchi G. Gli 

immigrati e il disagio mentale nel Lazio. Convegno Nazionale: "Disagio sociale e salute 

mentale: un dolore disabitato", Istituto Superiore di Sanità, Roma 9-10 dicembre 2004. 

10. Cacciani L, Rosano A, Boros S, Camoni L, Colucci A, Guasticchi G, et al. Time trends in 

AIDS incidence among immigrants in Italy. 11 th Annual EUPHA Meeting: 

“L’armonizzazione delle pratiche di Sanità Pubblica in Europa”. Roma, 20-22 novembre 

2003. In Atti: Eur J Public Health 2003; 13 (Suppl. 4): 120. 

11. Forcella E, Cacciani L, Spinelli A, Geraci S, Affronti M, Tosi M, et al. Sperimentazione di 

un sistema informativo relativo all’assistenza sanitaria di primo livello agli immigrati 

irregolari. VIII Consensus Conference sull’Immigrazione e VI Congresso Nazionale SIMM: 

“15 anni della nostra storia: dal pregiudizio alla reciprocità”. Lampedusa, 5-8 maggio 2004. 

In Atti: pp. 464-5. 

12. Spinelli A, Grandolfo M, Donati S, Andreozzi S, Longhi C, Bucciarelli M, Baglio G. 

Assistenza alla nascita tra le donne immigrate. In: Morrone A, Spinelli A, Geraci S, Toma 

L, Andreozzi S. Immigrati e zingari: salute e disuguaglianze. Rapporti ISTISAN 03/4, 2003, 

pp. 11-22. 

258


13. Spinelli A, Grandolfo M, Donati S, Andreozzi S, Longhi C, Bucciarelli M, Baglio G. 

Gravidanza e parto tra le donne immigrate a Roma. In: Bedetti C, Geraci S, Guerra R. 

Salute senza esclusione: impegno internazionale ed esperienze locali. Rapporti ISTISAN 

03/6, 2003. 

14. Spinelli A, Grandolfo M, Forcella E, Baglio G, Scassellati G, Colombo A, et al. Survey of 

immigrant women who have an induced abortion in Italy. Sixth Congress International 

Federation of Abortion and Contraception Professionals: “United to improve women’s 

health”. Vienna, 10-11 September 2004. In abstract book: p. 8 

15. Di Napoli A, Baglio G, Bracci C, Taviani A, Zerbino E, Romano V. Vittime di tortura 

richiedenti asilo in Italia: l’esperienza dell’Associazione umanitaria “Medici contro la 

tortura” (in stampa su Ann Ig). 

16. Geraci S. Immigrazione e salute: riorientare i servizi. Corso di formazione: “Riflessi in 

campo sanitario e socio-assistenziale della legge sull’immigrazione”. Provincia Autonoma 

di Trento, 2004. Infosociale 2004, 8: pp. 33:45 

17. Rossi L, Cacciani L, Baglio G, Materia E. L’appropriatezza dei ricoveri degli stranieri nel 

Lazio. XXVI Riunione annuale della Associazione Italiana di Epidemiologia: “Stile di vita 

e frequenza delle malattie in Italia”. Napoli, 24-26 settembre 2002. In Atti: p.97. 

18. Rossi L, Cacciani L, Baglio G, Guasticchi G, Materia E. Does educational level play a role 

in determining length of hospital stay? 11 th Annual EUPHA Meeting: “L’armonizzazione 

delle pratiche di sanità pubblica in Europa”. Roma 20-22 novembre 2003. In Atti: Eur J 

Public Health 2003; 13 (Suppl. 4): 86. 

19. Baglio G, Cacciani L, Ciuta TS, D’Ascanio I, Geraci S, Grandolfo M, Guasticchi G, Motta 

F, Napoli PA, Rossano R, Trillo ME. Salute senza esclusione: Campagna vaccinale per i 

bambini Rom e Sinti a Roma. Monografie dell’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione 

Lazio, 2003. 

20. Motta F, Rossano R, Geraci S. Promozione della salute "con" gli zingari: una ricerca-azione 

in due campi nomadi di Roma. In: Bedetti C, Geraci S, Guerra R. Salute senza esclusione: 

impegno internazionale ed esperienze locali. Rapporti ISTISAN 03/6, 2003, pp 24-57. 

21. Cacciani L, Baglio G, Napoli PA, Ciuta TS, Rossano R, D’Ascanio I, et al. Vaccine 

preventable diseases: an immunisation campaign for gypsy children in Rome. 12th Annual 

EUPHA Meeting: “Urbanisation and Health: new challenger in Health Promotion and 

Prevention”. Oslo, 7-9 October 2004. In Atti: Eur J Public Health 2004; 14 (Suppl. 4): 48- 

49. 

22. Baglio G, Cacciani L, Ciuta TS, D’Ascanio I, Geraci S, Grandolfo M, et al. Una campagna 

vaccinale per i bambini Rom e Sinti a Roma (in stampa su Ann Ig). 

259

comunicazioni libere – sessione A2 8 settembre 

ANALISI GEOGRAFICA DELLA MORTALITÀ NELL’AREA CIRCOSTANTE 

IL COMUNE DI PORTO TOLLE - ANNI 1995 - 1999 

S. Falcone, G. Blengio, E. Castellani 

Centro Tematico di Epidemiologia Ambientale della Regione Veneto 

Introduzione – Obiettivo 

L’obiettivo dello studio è quello di rappresentare su mappa la distribuzione geografica 

dei valori di SMR, grezzi e ‘lisciati’, di alcune cause di mortalità nel territorio regionale 

e in particolare nell’area circostante il comune di Porto Tolle al fine di verificare, 

dapprima all’impatto visivo e successivamente attraverso opportune analisi statistiche, 

se vi siano eccessi e/o aggregazioni spaziali dei dati di mortalità associabili alle 

emissioni di una centrale termoelettrica ubicata nel territorio di tale Comune. 


Sono state eseguite due tipologie di analisi spaziale: 

1) Rappresentazione su mappa della mortalità nell'intero territorio della regione Veneto 

per le cause di morte definite da altri studi come associabili all’esposizione ad 

inquinanti aerodispersi prodotti da centrali termoelettriche (Mal. ischemiche del cuore; 

Mal. cerebrovascolari; Mal. dell’apparato respiratorio; Tumori della trachea, bronchi e 

polmone; Tumori del sist. Linfoematopoietico). 

2) Analisi della mortalità in una zona più ristretta, comprendente il comune di Porto 

Tolle ed i comuni limitrofi, considerando un'area con centro nel comune di Porto Tolle 

ed un raggio di 55 km. 

Fonte dei dati. I dati analizzati provengono dalle schede di morte ISTAT codificate a 

livello di ASL; i dati sono stati forniti dal Servizio di Sanità Pubblica della Direzione 

Regionale per la Prevenzione, tabulati disgiuntamente per i due sessi e riferiti al 

quinquennio 1995-1999. 

Analisi statistica. Per la stesura del presente lavoro sono stati utilizzati tre diversi 

software: “STATA versione 8.0” per il calcolo del Rapporto Standardizzato di Mortalità 

(Standardized Mortality Ratio: SMR) e per l’implementazione del test di Martuzzi e 

Hills con apposito algoritmo predisposto dal nostro Centro ; 

"WinBUGS PACKAGE": tale software fornisce, attraverso il modello CAR 

(Conditional Autoregressive), una funzione di ‘lisciatura’ degli SMR (EBMR). L’SMR 

come valore ‘grezzo’ di ogni singolo comune risulta solitamente poco informativa od 

addirittura fuorviante, in ragione dell’instabilità dei valori dovuta al basso numero di 

eventi in alcune aree. La lisciatura tiene conto della media generale in misura 

proporzionale al numero di casi osservati nel comune, riconducendo in tal modo i valori 

estremi degli SMR a valori prossimi alla media. 

“MAPINFO PROFESSIONAL” versione 7.0”, strumento di analisi di dati nel quale i 

dati statistici acquistano forma grafica e possono essere rappresentati tramite mappe. 

Risultati - Discussione 

Le mappe relative all’intero territorio regionale mostrano alcuni ‘addensamenti’ 

cromatici, rappresentativi di aree con possibile ‘eccesso’ di mortalità, in prossimità 

dell’area oggetto di studio. Tuttavia, tali eccessi sembrano maggiormente riferibili 

all’area circostante alla laguna di Venezia e - in tale contesto - ai comuni situati a 

maggiore distanza dal Comune di Porto Tolle rispetto a quelli limitrofi. 

261


Si è successivamente provveduto a verificare, mediante il test di Martuzzi e Hills, la 

presenza di eterogeneità degli SMR nei 43 Comuni compresi nell’area con raggio di 55 

km centrato sul Comune di Porto Tolle. Oltre al test di eterogeneità spaziale si è 

proceduto alla mappatura degli EBMR al fine di evidenziare graficamente (utilizzando 

una scala cromatica con 6 diverse intensità di colore) i comuni con i valori più elevati. 

L’analisi di tali mappe e dei relativi valori di EBMR riferiti ai singoli comuni dell’area 

conferma l’ipotesi che l’eterogeneità evidenziata sia determinata da valori di mortalità 

più elevata prevalentemente a carico dei comuni più periferici rispetto a Porto 

Tolle.Quanto evidenziato risulta coerente con altri studi riferiti all’area in esame citati in 

precedenti report del Centro Tematico Regionale di Epidemiologia Ambientale 

Conclusioni 

I risultati dello studio, pur con la cautela necessaria per le inferenze che vengono tratte 

da studi di tipo geografico e/o ecologico, non supportano, allo stato attuale e sulla base 

dei dati esaminati, l’ipotesi di un effetto di incremento della mortalità nel Comune di 

Porto Tolle e nei Comuni adiacenti legato alla presenza di una fonte di inquinamento 

ambientale (centrale termoelettrica) ubicata nel Comune citato. 

262


RAPPRESENTAZIONE GEOGRAFICA DELLA MORTALITÁ IN EMILIA- 

ROMAGNA DAL 1998 AL 2003 

Fedele Greco 1 Giuliano Carrozzi 2 , Carlo Goldoni 2 , Gianfranco De Girolamo 2 , Gisella 

Garaffoni 3 , Eleonora Verdini 3 

1 

Università degli studi di Bologna, Dipartimento di Scienze Statistiche “P. Fortunati” 

2 

Servizio Epidemiologia, Dipartimento Sanità Pubblica - AUSL di Modena 

3 

Sistema Informativo Sanità e Politiche Sociali (SISePS) – Assessorato Politiche per la Salute - 

Regione Emilia-Romagna 

Introduzione 

L’analisi della distribuzione geografica dell’incidenza di patologie e della mortalità ha 

un ruolo importante in Sanità Pubblica. I metodi di analisi utilizzati sono diversi a 

seconda dell’obiettivo: rappresentazione della distribuzione geografica dei fenomeni 

(disease mapping) o ricerca di aggregati locali (disease clustering). I metodi utilizzabili 

nel disease mapping sono molteplici e spaziano dalla “semplice” rappresentazione su 

mappe degli effettivi tassi standardizzati e/o SMR calcolati, a tecniche di smoothing, 

all’utilizzo di modelli statistici Bayesiani. 


Sono stati utilizzati i dati di mortalità nel periodo 1998-2003, forniti dal Registro di 

Mortalità dell’Emilia-Romagna, aggregati per comune. I primi approcci allo studio della 

distribuzione spaziale della mortalità si basano sul confronto dei conteggi attesi con i 

conteggi osservati attraverso il Rapporto Standardizzato di Mortalità (SMR). Le stime 

del rischio relativo basate sull’SMR non tengono però conto della numerosità delle 

popolazioni coinvolte e della correlazione spaziale che caratterizza la distribuzione del 

rischio: di conseguenza gli SMR più estremi risultano essere quelli associati a comuni di 

piccole dimensioni, mentre gli SMR significativamente diversi da 1 risultano quelli 

associati a comuni di grosse dimensioni. Le mappe basate sugli SMR risultano affette 

da rumore dovuto alla variabilità campionaria e non offrono un’immagine facilmente 

interpretabile della distribuzione geografica del rischio. Diversi modelli statistici sono 

stati sviluppati per ovviare a questi problemi: tra le varie metodologie proposte, un 

ruolo prominente è rivestito da modelli di tipo bayesiano gerarchico (Mollié, 1996). 

Attraverso la stima di modelli bayesiani gerarchici le aree con popolazioni ridotte 

possono sfruttare l’informazione derivante dalle aree vicine in modo da ottenere una 

stima più efficiente del rischio relativo: gli SMR calcolati in comuni con bassa 

numerosità di popolazione vengono corretti verso la media generale, mentre quelli 

calcolati in comuni con alta numerosità di popolazione vengono preservati. Il modello 

utilizzato per la stima delle mappe di rischio di morte in Emilia-Romagna è quello 

proposto da Besag et. al. (1991). Le stime di rischio relativo presentate sono le medie 

delle distribuzioni a posteriori ottenute dai modelli stimati impiegando il software 

WinBugs (Spiegelhalter et al., 1998). 

Risultati 

Sono state considerate numerose cause di morte per ciascuna delle quali sono state 

prodotte mappe di rischio a sessi separati e congiunti. Al fine di rendere comparabili i 

risultati ottenuti per ciascuna causa di morte, si è deciso di adottare le stesse classi di 

rischio: 0.7-0.9; >0,9-1,1; >1,1-1,3; >1,3. Viene anche fornito un elenco dei 

comuni con eccessi statisticamente significativi. 

263


Conclusioni 

Questo tipo di analisi ha permesso di ottenere un’immagine del trend spaziale della 

mortalità per causa in regione Emilia-Romagna depurato dal “rumore di fondo” dovuto 

al caso e tenendo conto dell’eventuale eterogeneità geografica presente. Tale 

rappresentazione viene proposta come “lettura” del trend spaziale anche a un pubblico 

non specializzato, ma comunque di “addetti ai lavori”, in modo routinario, al posto della 

consueta presentazione dei dati per aree più vaste (Azienda USL, Provincie). Questa 

operazione non si presenta scevra di rischi: occorrerà attentamente monitorare le 

reazioni ed eventualmente prevedere rinforzi informativi per aiutare la comprensione. 

264


DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEL RISCHIO DI MORTALITA’ PER 

TUMORE MALIGNO DELLA PLEURA IN PIEMONTE (1980-2000): UN 

APPROCCIO BAYESIANO PER L’ANALISI DI DATI CORRENTI 

Milena Maule 1 , Dario Mirabelli 1 , Carlo La Vecchia 2 , Franco Merletti 1 

1 

Unità di Epidemiologia dei Tumori, CPO Piemonte, CeRMS, Azienda Ospedaliera San 

Giovanni Battista e Università di Torino 

2 

Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” e Istituto di Statistica Medica e Biometria, 

Università di Milano 

Introduzione 

Un’analisi per piccole aree della mortalità per tumore maligno della pleura in Piemonte 

nel periodo 1980-2000 è stata condotta mediante un modello gerarchico bayesiano che 

permette di calcolare stime di rischio area-specifiche stabili e “ripulite” dalla variabilità 

spuria dovuta alla bassa numerosità delle popolazioni sottostanti. Le mappe così 

ottenute mostrano la reale variabilità del rischio sul territorio e possono essere 

interpretate alla luce di quanto è noto sulla distribuzione geografica dei fattori di 

rischio.Il Piemonte comprende 1,206 comuni su una superficie di 25,399 km 2 e una 

popolazione media nel periodo 1980-2000 di 4,349,411 abitanti. La sua struttura 

geografica e demografica è estremamente eterogenea: da un lato località montane di 

poche decine di abitanti, zone rurali e agricole; dall’altro l’area metropolitana di Torino 

con poco meno di un milione di abitanti e aree intensamente industrializzate.Il tumore 

maligno della pleura (ICD IX 163) è una neoplasia rara, con tassi di incidenza in Italia 

di 1.5 e 0.5/100,000 in uomini e donne, rispettivamente. Nel periodo 1980-2000 in 

Piemonte si sono registrate 1,503 morti fra gli uomini e 988 fra le donne, con tassi di 

mortalità (riferiti alla popolazione standard europea) pari a 2.73 e 1.27/100,000 in 

uomini e donne, rispettivamente. 


Il rischio area-specifico si ottiene calcolando il rapporto standardizzato di mortalità 

(SMR) e la stima bayesiana del rischio di mortalità (BMR). Il modello bayesiano 

utilizza informazioni relative ad aree adiacenti per produrre stime di rischio stabili 

anche per aree scarsamente popolate e permette di includere nel calcolo delle stime del 

rischio area-specifiche sia una componente di eterogeneità che una componente di 

aggregazione territoriale. 

Il principale fattore di rischio per il tumore maligno della pleura è l’amianto, la cui 

distribuzione geografica sia in forma naturale sia di derivazione industriale in Piemonte 

è in gran parte nota. 

Risultati 

La mappa di mortalità per tumore della pleura negli uomini mostra cinque evidenti 

aggregazioni spaziali: una nelle vallate alpine ad Ovest della regione, una circolare 

attorno a Torino, una più piccola intorno a Biella, un’estesa area di forma allungata nel 

Sud-Est della regione (da Casale Monferrato fino al confine con la Liguria), e una 

piccola zona a Nord di Cuneo. La distribuzione spaziale del rischio è simile per le 

donne, anche se le due immagini non coincidono perfettamente: l’aggregazione vicino a 

Cuneo non è presente, mentre ne appaiono una nelle regioni montane al confine Sud 

della regione e un’altra, di dimensioni ridotte, attorno a Verbania. 

265


Discussione e Conclusioni 

La mortalità per tumore della pleura riflette quanto è noto sull’esposizione ad amianto 

in Piemonte. La zona a più alto rischio, sia per gli uomini che per le donne, è l’area 

attorno a Casale Monferrato, dove dal 1907 al 1985 è stato attivo il più grande impianto 

di cemento amianto in Italia. Nelle vallate alpine ad Ovest della regione (valli di Susa e 

Lanzo) è nota la presenza di affioramenti naturali di rocce contenenti fibre 

amiantiformi. Nella valle di Lanzo si trovava la più grande miniera europea di crisotilo, 

ora inattiva. L’eccesso di rischio nell’area industriale di Torino è dovuto a un’ampia 

varietà di manifatture d’amianto e all’utilizzo di amianto in molteplici e diverse attività 

produttiva. L’industria tessile è probabilmente associata all’elevato rischio intorno a 

Biella, mentre la produzione di carrozze ferroviarie all’eccesso di rischio nella zona a 

Nord di Cuneo (visibile soltanto per gli uomini). L’eccesso di Verbania, visibile 

soltanto per le donne, non è facilmente attribuibile ad una specifica esposizione ad 

amianto, anche se è nota la presenza in zona di una fabbrica di fibre sintetiche dove vi è 

stato un notevole impiego di manodopera femminile. Non è nota nessuna fonte naturale 

o industriale di inquinamento da amianto nelle zone montane nel Sud della regione. 

L’eccesso di rischio per le donne non ha dunque allo stato attuale una spiegazione 

plausibile e necessita di ulteriori approfondimenti. 

266


LA MORTALITÀ EVITABILE IN CAMPANIA NEGLI ANNI 1982-2001 

M.R. D’Amico 1 , L. Martina 2 , M. Santoro 2 , R. Pizzuti 2 

¹ASL Napoli 1 – Servizio controllo qualità; ²Osservatorio Epidemiologico Regione 

Campania 

Introduzione 

Il lavoro descrive la mortalità evitabile in Campania nel ventennio dal 1982 al 2001, con 

lo scopo di suggerire un’iniziale lettura della qualità dei servizi e delle politiche 

sanitarie, attraverso la conoscenza degli esiti nella popolazione assistita. Lo studio della 

mortalità evitabile, infatti, introdotto da Rutstein alla fine degli anni 70, e 

successivamente codificato da Charlton con l’utilizzo, per la misura del fenomeno, di 

aggregazioni di dati e di elaborazioni d’indicatori, può considerarsi un innovativo 

strumento di epidemiologia valutativa, che fornisce informazioni sulle cause di morte la 

cui frequenza è riducibile con adeguati interventi di prevenzione e con l’appropriata 

assistenza. 


Lo studio ha adottato, con qualche variazione, la classificazione di Simonato, 

aggregando le cause in 4 gruppi: Mortalità evitabile attraverso stabili modifiche degli 

stili di vita e riduzione dei fattori di rischio; Mortalità evitabile attraverso l’utilizzo di 

screening di provata efficacia e di terapie precoci; Mortalità evitabile attraverso 

l’utilizzo di procedure e tecniche mediche di buona pratica; Altra mortalità evitabile che 

include i decessi che è parso opportuno monitorare, anche in considerazione delle 

peculiarità epidemiologiche della Campania. Per i primi tre gruppi, l’evitabilità si 

riferisce ai decessi avvenuti tra 5 e 64 anni, essendo noto che è veramente possibile 

intervenire solo su alcune delle cause responsabili di morte al di sotto dei 5 anni e che, 

al di sopra dei 65, la certificazione della causa iniziale è più scadente e terapie 

intrinsecamente valide sono, talvolta, inapplicabili o inefficaci. Sono stati calcolati, 

distintamente nei due sessi, i tassi standardizzati diretti di mortalità, analizzati per 

periodi quadriennali, avendo la popolazione europea a riferimento e i rapporti 

standardizzati di mortalità per il quadriennio 1998-2001, essendo lo standard la 

popolazione regionale. I dati relativi alla mortalità per causa, codificati secondo la IX 

ICD e quelli relativi alla popolazione residente sono di fonte ISTAT. 

Risultati 

In Campania, nel quadriennio 1998-2001, la mortalità evitabile costituisce circa il 13% 

di tutti i decessi. Le cause aggregate nel primo gruppo, evitabili con strategie di 

prevenzione primaria e di promozione della salute, sono responsabili del maggior 

numero di morti tra gli uomini, mentre tra le donne la ripartizione numerica dei decessi 

nei vari gruppi è più omogenea. Il trend regionale è in deciso calo sia per i decessi del I 

gruppo che per quelli del III, evitabili con l’adozione di procedure e di tecniche mediche 

efficaci ed appropriate. Invece, i tassi standardizzati delle cause aggregate nel II gruppo, 

evitabili con il ricorso agli screening e a terapie precoci, hanno nel sesso maschile un 

andamento molto irregolare e in ascesa, tanto in Campania che nelle singole province, 

mentre essi diminuiscono modicamente nel sesso femminile. 

267


Il confronto tra i vari ambiti geografici considerati (regione, provincia, ed azienda 

sanitaria) mostra che la mortalità per le cause evitabili del I gruppo, nonostante la netta 

diminuzione in tutte le province, resta alta e superiore a quella regionale in provincia di 

Napoli e di Caserta, nei due sessi, con i rapporti di mortalità statisticamente significativi 

più elevati nell’ASL Napoli3. Le morti evitabili del II gruppo, invece, hanno il tasso più 

elevato per gli uomini della provincia di Benevento, mentre per le donne i valori più 

alti, superiori a quelli regionali, si riscontrano ancora nelle province di Napoli e Caserta; 

il valore di SMR statisticamente significativo più elevato in entrambi i sessi, appartiene 

all’ASL Napoli1. Le morti evitabili attraverso procedure e tecniche mediche di buona 

pratica sono, in entrambi i sessi, più numerose che altrove in provincia di Napoli e di 

Caserta, con i valori di SMR più elevati nell’ASL Salerno1, per i maschi e nella ASL 

Napoli4 per le femmine. Infine, l’analisi delle morti comprese nel IV gruppo ha fornito 

spunti di riflessione per l’approfondimento della mortalità nel primo anno di vita, di 

quella dovuta all’influenza e ad altre malattie infettive prevenibili con le campagne 

vaccinali e di quella causata dagli incidenti stradali e dai suicidi. 


La descrizione della mortalità evitabile in Campania, nel dettaglio e confronto di diversi 

ambiti territoriali e nell’evoluzione temporale occorsa in venti anni, può essere prezioso 

supporto alla valutazione ed al monitoraggio degli interventi di assistenza e di 

prevenzione. 

268


MALFORMAZIONI CONGENITE IN TOSCANA: ANALISI DESCRITTIVA E 

DISTRIBUZIONE SPAZIALE DEL RISCHIO 

Fabrizio Minichilli, Anna Pierini, Fabrizio Bianchi 

Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari, Istituto Fisiologia Clinica – Consiglio 

Nazionale Ricerche - Pisa 

Introduzione 

Le malformazioni congenite (MC) rappresentano una delle principali cause di mortalità 

infantile, oltre che di malattia ed handicap permanenti, con una prevalenza alla nascita 

di circa il 3-5%. Circa il 60% delle MC sono ad eziologia ignota, mentre le altre sono 

dovute a fattori genetici, ambientali o alla loro interazione. Il tasso di MC è un 

importante indicatore di sorveglianza ambientale in relazione a potenziali effetti 

teratogeni o mutageni di agenti infettivi, prodotti chimici e farmaci. 

Obiettivo 

Lo studio esplorativo, di tipo geografico, ha lo scopo primario di fornire indicazioni 

generali sulla distribuzione spaziale del rischio di MC. 


Lo studio utilizza i dati del Registro Toscano dei Difetti Congeniti (RTDC), relativi ai 

grandi gruppi di MC rilevati nei nati e aborti indotti nel periodo 1992-2002, su circa 

295.000 nati sorvegliati. Sono state effettuate analisi spaziali, mediante l’utilizzo di: 

Rapporto Osservati/Attesi (O/A), Rapporto Bayesiano gerarchico (RBM), Rapporto 

Standardizzato per indice di deprivazione (RSMid), Rapporto Bayesiano aggiustato per 

indice di deprivazione (RBMid). 

Risultati 

Le mappe dei rischi di MC a livello comunale hanno evidenziato, per la maggior parte 

dei gruppi di MC, una forte struttura spaziale del fenomeno. Le analisi hanno 

evidenziato aree comunali con consistenti eccessi di rischio (significatività sia del 

RSM sia del RBM). Inoltre sono presenti diverse aree comunali con eccessi su più 

gruppi di MC. Tra queste sono di particolare interesse quella di Livorno (MC totali: 

RSMid=127, RBMid=125), Piombino (MC totali: RSMid=173, RBMid=155), Cecina 

(MC totali: RSMid=143, RBMid=133), Prato ((MC totali: RSMid=121, RBMid=120), 

Pontassieve (MC totali: RSMid=154, RBMid=130), Poggibonsi (MC totali: RSMid=142, 

RBMid=132), Arezzo (MC totali: RSMid=136, RBMid=131), Bibbiena (MC totali: 

RSMid=206, RBMid=172), Siena (MC totali: RSMid=207, RBMid=190). 

Conclusioni 

Alcuni degli eccessi rilevanti si hanno in aree con siti inquinanti (acciaierie, raffinerie, 

discariche ed inceneritori, ecc) anche se lo studio di tipo descrittivo-esplorativo non 

consente di associare gli effetti emersi a cause di tipo ambientale. Alcuni degli 

scostamenti individuati dalle analisi possono essere dipendenti da un effetto di sotto o 

sovra notifica delle MC. 

La sorveglianza del fenomeno per la individuazione del superamento delle soglie di 

allarme sia nel tempo che nello spazio è fondamentale per la programmazione di azioni 

sanitarie volte al miglioramento dello stato di salute della popolazione. 

269


LA MORTALITÀ IN SICILIA DAL 1985 AL 2000 

Mariangela D’Ovidio 2 , Achille Cernigliaro 1 , Sebastiano Pollina Addario 1 , Giovanna Fantaci 1 , 

Marcello Nano 1 , Paola Michelozzi 2 , Gabriella Dardanoni 1 , Carlo Alberto Perucci 2 . 

1 Dipartimento Osservatorio Epidemiologico – Assessorato Sanità – Regione Siciliana 

2 Dipartimento di Epidemiologia – ASL RME - Roma 

Introduzione 

Uno dei compiti del Dipartimento Osservatorio Epidemiologico è quello di raccogliere 

ed elaborare dati, per il monitoraggio dello stato di salute della popolazione sul 

territorio regionale, anche al fine di individuare cluster di popolazione a rischio per 

specifiche patologie. 

Sebbene sia possibile acquisire l’occorrenza di numerose patologie nella popolazione da 

diverse fonti di informazioni, questo atlante, il primo in Sicilia, compendia 

omogeneamente la mortalità per una molteplicità di patologie relative ad un arco 

temporale particolarmente ampio. 

Obiettivi 

Descrivere la mortalità per cause specifiche, dei cittadini Siciliani, negli anni 1985- 

2000. 


I dati di mortalità, forniti dall’ISTAT, si riferiscono ai decessi dei residenti nella regione 

Sicilia nel periodo 1985-2000. Gli indicatori utilizzati per la descrizione della mortalità 

sono la mortalità proporzionale, i tassi standardizzati di mortalità con il metodo diretto e 

indiretto, i tassi standardizzati con il metodo bayesiano. Viene inoltre descritto il rischio 

cumulativo di morte a 0-74 anni e gli anni di vita persi a 75 anni. Questi indicatori di 

mortalità sono stati calcolati per disaggregazioni spaziale di ordine regionale, 

provinciale (coincidente con quella delle Aziende UUSSLL), distrettuale e comunale. 

Per la codifica delle cause di morte è stata utilizzata la 9 a revisione della ICD. L’analisi 

è stata effettuata per i grandi gruppi nosologici e per uno spettro di patologie. Per la 

descrizione dell’andamento temporale della mortalità il periodo in studio è stato 

suddiviso in quattro quadrienni. 

L’atlante riporta una prima sezione in cui vengono descritti sinteticamente gli indicatori 

di mortalità per l’intera regione e illustra in particolare la mortalità per le cause a 

maggiore occorrenza. Una seconda sezione riporta le tabelle distinte per sesso e per 

cause di decesso disaggregate per distretti sanitari. Nella stessa sezione sono stati 

illustrati attraverso l’uso di mappe con disaggregazione distrettuale ed aziendale, i tassi 

standardizzati di mortalità calcolati con il metodo indiretto. 

Risultati 

La mortalità generale in Sicilia mostra una diminuzione nel periodo di osservazione per 

entrambi i sessi (tasso standardizzato: da a 721 a 481 per gli uomini e da 1009 a 747 per 

le donne), la speranza di vita è aumentata di circa 2.5 anni sia per gli uomini che per le 

donne. 

Dall’analisi della mortalità per cause nel periodo 1997-2000 si osserva che nella fascia 

d’età 1-14 anni le principali cause di morte per la popolazione maschile sono i 

traumatismi e gli avvelenamenti, per quella femminile i tumori, nella classe d’età 15-64 

anni, i tumori, seguiti dalle malattie dell’apparato circolatorio che a partire dai 65 anni 

divengono, per entrambi i sessi, la causa più frequente. 

271


L’analisi per distretti ha permesso di evidenziare eccessi di mortalità per cause 

specifiche in aree limitate della regione. 

Conclusioni 

L’atlante regionale di mortalità per causa rappresenta uno strumento fondamentale di 

riferimento per tutti gli operatori di sanità pubblica per conoscere lo stato di salute della 

popolazione residente nelle diverse aree della regione e per evidenziare eventuali 

eccessi di patologie che potranno essere oggetto di approfondimenti successivi. 

272


ANALISI DELLA MORTALITA’ IN BASE ALLA DURATA DI RESIDENZA 

NELLA CITTA’ DI PISA, 1990-1999 

M.A. Vigotti 1 , A.M. Romanelli 2 , M.A. Protti 2 , M. Raciti 2 , F. Bianchi 2 

1 Università di Pisa - Dipartimento Scienze Uomo e Ambiente 

2 CNR- IFC, Pisa- Sezione Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari 

Introduzione e Obiettivi 

La presenza sempre più frequente di archivi automatizzati di popolazione permette di 

usare le informazioni dei dati correnti per analisi osservazionali relative a gruppi di 

popolazione sub comunali. L’accoppiamento dei dati anagrafici e di mortalità realizzato 

per la popolazione di Pisa per gli anni novanta ha indotto l’elaborazione di analisi di 

mortalità in base a nuove variabili quale la durata di residenza nel comune. 


In seguito ad una precedente indagine svolta per la città di Pisa le informazioni sanitarie 

sono state integrate con le informazioni dell’anagrafe, e georeferenziate, per gli anni 

1990-99. Il linkage è stato del 99%. I dati di mortalità sono stati forniti dal Registro di 

Mortalità Regionale, mentre presso il Comune e’ stata ricostruita la popolazione 

residente al 31 dicembre di ogni anno. 

In questo modo alle classiche informazioni del certificato di decesso si sono aggiunte le 

informazioni relative all’ultima residenza e alla data di ingresso nel Comune. Sono state 

quindi condotte analisi tramite calcolo dello SMR (riferimento al Toscana 1990-94) per 

patologie specifiche per sotto-gruppi di popolazione (stabili: residenti dalla nascita o da 

età < 19 anni e immigrati residenti da età > 18 anni). 


Nell’anno 2000 la popolazione Pisana risulta piuttosto eterogenea per durata di 

residenza: il 60% delle persone risiede nella città dal primo anno di vita, il 15% è 

venuto a risiedervi entro i 18 anni di età e il 25% dopo i 18 anni (vedi figura1). Le 

analisi condotte mostrano che i livelli di mortalità che risultano in eccesso per la intera 

città possono in alcuni casi essere attributi aduno o all’altro dei due gruppi, vedi figure 

sottostanti. Analisi sui ricoveri ospedalieri nel periodo 1996-2000 sono attualmente in 

corso e verranno in seguito riportate. Le analisi per questi sottogruppi di popolazione 

forniscono indicazioni interessanti per ulteriori approfondimenti sulle possibili 

influenze ambientali o individuali legati a tali eccessi. 

1,6 

1,4 

1,2 

1,0 

0,8 

0,6 

0,4 

0,2 

0,0 

% Residenti per eta' 

di immigrazione >0, 

Pisa2000 

10 20 30 40 50 60 70 80 90 

eta' 

U 

D 

273


PISA 1990-99. SMR PER ETÀ DI IMMIGRAZIONE.RIF TOSCANA 

1990-94 

120 

110 

100 

90 

274 

Tutti i tumori 

Stab Imm. Pisa 

220 

190 

160 

130 

100 

70 

T.M.Pancreas 


180 T.M.fegato e cistifellea 200 Linfoma Non-Hodgkin 

160 

140 

120 

180 

160 

140 

120 

100 

100 

80 

80 



160 

140 

120 

100 

80 

200 

180 

160 

140 

120 

100 

80 

T.M. del polmone 


Disturbi psichici 

Stab Imm. Pisa

comunicazioni libere – sessione B2 8 settembre 

INCIDENZA E DETERMINANTI DELLE CADUTE IN UN GRUPPO DI 

ANZIANI ASSISTITI DA MMG NELLA PROVINCIA DI LATINA 

Capon Alessandra, Mastromattei Antonio, Di Lallo Domenico, Simeoni Siro, Guasticchi 

Gabriella 


Introduzione 

Le cadute costituiscono un importante problema sanitario per la popolazione anziana. 

L’incidenza annuale negli ultra sessantacinquenni non istituzionalizzati varia tra il 30% 

e il 40%. Le cadute riducono l’autosufficienza, anticipano l’istituzionalizzazione e sono 

associate ad un aumento della mortalità e morbilità. Obiettivo del presente studio è di 

stimare l’incidenza di cadute in un campione di anziani non istituzionalizzati seguiti da 

un gruppo di MMG della provincia di Latina e di valutare l’associazione tra le cadute ed 

alcune caratteristiche cliniche e funzionali degli anziani, nonché stimare la capacità 

predittiva della scala di Tinetti per valutare il rischio di caduta. 


18 MMG di una ASL della Regione Lazio hanno effettuato una valutazione iniziale dei 

propri assistiti ultra settantacinquenni. Sono stati esclusi dallo studio gli anziani senza 

telefono, quelli allettati o confinati in poltrona e quelli con un decadimento cognitivo 

tale da non poter riferire episodi di caduta. La visita iniziale prevedeva la rilevazione 

delle principali patologie presenti e di eventuali cadute negli ultimi sei mesi, nonché 

l’uso di alcune scale di valutazione multidimensionale: (SPQMS (Short Portable Mental 

State Questionnaire), GDS (Geriatric Depression Scale), ADL (Activities of dailiy 

living), IADL (Instrumental activities of daily living). In un sottogruppo è stata 

utilizzata la scala Tinetti per la valutazione dell’andatura e dell’equilibrio. Sono state 

programmate per ogni anziano 2 interviste telefoniche, effettuate centralmente 

dall’ASP, a 6 e 12 mesi dalla valutazione iniziale per raccogliere informazioni su 

eventuali cadute. L’associazione tra le cadute e le caratteristiche rilevate al baseline é 

stata indagata in termini di analisi univariata e multivariata. Una sottoanalisi è stata 

effettuata per il gruppo su cui è stata usata la scala Tinetti. 

Risultati 

Dei 913 anziani valutati, 800 hanno dato il consenso informato all’intervista telefonica e 

sono stati arruolati nello studio. Quasi il 30% degli anziani era già caduto nei 6 mesi 

precedenti la valutazione. Nel sottogruppo (n=468) in cui sono stati effettuati i test di 

Tinetti, é stato rilevato un rischio lieve di cadute nel 26,1% degli anziani valutati ed un 

rischio grave nel 7,3%. 

Il 70% degli anziani arruolati (n=559) ha risposto ad entrambe le interviste, un altro 

21% ad una sola intervista (n=169), mentre nel 9% dei casi non è stato possibile 

contattare telefonicamente l’anziano. Nel primo semestre di follow-up la percentuale di 

cadute è stata del 16,5%, nel secondo semestre del 20,5% e del 27,7% nell’intero 

periodo. Nel 60% dei casi la caduta non era stata riferita al MMG. In termini di analisi 

univariata i seguenti fattori sono risultati significativamente associati alle cadute: sesso 

(donne: OR=1,55; IC 95% 1,11-2,15), dipendenza nelle ADL (ADL5: OR=1,69; IC 95% 1,24-2,31), incontinenza 

(OR=2,35; IC 95% 1,25-4,41), malattie cardiovascolari (OR=1,44; IC 95% 1,05-1,97), 

pregressa caduta nei sei mesi precedenti il periodo di follow up (OR=2,41; IC 95% 

275


1,76-3,31), assumere più di due farmaci al giorno (OR=1,59; IC 95% 1,08-2,35), 

periodo di follow up (2° sem. vs 1° sem. OR=1,28; IC 95% 1,00-1,65). 

In termini di analisi multivariata sono risultati significativamente associati al modello la 

dipendenza nelle ADL (ADL


MORTALITÀ PER TRAUMATISMI E AVVELENAMENTI IN TOSCANA 

M.A. Martiello¹, F. Cipriani²?³, F. Voller³, M. Giacchi¹, E. Buiatti³ 

1 Dipartimento F.M.S.e S.P.- sezione di Sanità Pubblica – Università di Siena; 2 UF 

Epidemiologia – Azienda USL 4 di Prato; 3 Osservatorio Epidemiologia – Agenzia Regionale 

Sanità Toscana, Firenze 

Introduzione 

I traumatismi sono stati tradizionalmente considerati come eventi casuali e inevitabili, 

tuttavia negli ultimi decenni una miglior comprensione del fenomeno ed i successi 

conseguiti hanno portato a superare questa vecchia concezione cosicché oggi gli eventi 

morbosi e mortali dovuti a traumi sono universalmente ritenuti evitabili. 

La premessa fondamentale per lo sviluppo di programmi di prevenzione è l’accesso ad 

accurate e attendibili informazioni. 

I dati di mortalità sono da sempre tra quelli più utilizzati in ragione della loro 

affidabilità e disponibilità, tuttavia presentano alcuni inconvenienti quali l’influenza dei 

progressi diagnostici e terapeutici e, nel caso specifico dei traumi, la sottonotifica dei 

suicidi, la mancanza di denominatori adeguati per gli incidenti stradali, la mancata 

compilazione delle specificazioni delle sottocategorie delle cadute. 


I casi di morte per traumatismi e avvelenamenti (ICD-IX: E800-E999) in Toscana nel 

periodo 1987-2001 sono stati identificati in base ai dati del Registro di Mortalità 

Regionale e sono stati calcolati indicatori tradizionali di mortalità: mortalità 

proporzionale, tassi grezzi e standardizzati, SMR, anni potenziali di vita persi. 

Risultati 

Il tasso di mortalità della regione Toscana nel triennio 1999-2001 risulta di 33,3 x 

100.000 ab., lievemente inferiore a quello nazionale (33,7 x 100.000 ab. nel 2000). 

Il confronto dei tassi tra il primo è l’ultimo triennio del periodo mostra una riduzione di 

circa il 18%, coerente con la tendenza nazionale. 

I tassi, anche in Toscana, sono molto più alti negli uomini rispetto alle donne, con un 

rapporto maschi/femmine di 2:1, mentre la distribuzione per classe d’età mostra un 

primo picco nell’età 15-24 anni e un’impennata da 65 anni in su. 

Il capitolo dei traumatismi comprende numerose e diverse cause, il 79,9% delle quali è 

da riferirsi a cadute accidentali, incidenti stradali e suicidi. Nei maschi gli incidenti 

stradali (35,8%) sono la causa più frequente mentre nelle femmine le cadute (53,3%). 

Discussione 

La diminuzione osservata dei tassi dal confronto tra inizio e fine periodo probabilmente 

è dovuta alla migliorata sopravvivenza a seguito di terapie per gli eventi meno gravi ed 

alla sempre più diffusa organizzazione di sistemi di salvataggio, ma anche da campagne 

di prevenzione sia regionale che nazionali e dalla legislazione in materia di sicurezza 

stradale. 

Importanti spunti di riflessione sono emersi quali: l’elevato rapporto maschi/femmine 

che chiaramente suggerisce l’influenza della maggiore esposizione a fattori di rischio 

nei maschi (alcool in primo luogo); le notevoli differenze tra le diverse aree geografiche 

in ragione di fattori ambientali e diseguaglianze socio-economiche; il forte costo sociale 

ed economico degli incidenti stradali nei giovani e delle cadute negli anziani; il peso dei 

suicidi che sono oltre 10 volte più frequenti degli omicidi. 

277


EPIDEMIOLOGIA DELLE PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE DI 

NATURA PROFESSIONALE IN PUGLIA 

L. Bisceglia 1 , L. Vimercati 1 , A. Lo Izzo 1 , F. Cuccaro 1 , G. De Nichilo 1 , L. De Vincentis 1 , L. 

Bongermino 2 , G. Assennato 1 

1 

Dipartimento di Medicina Interna e Medicina Pubblica - Università degli Studi di Bari; 

2 

Centro Interdipartimentale per la Metodologia Epidemiologica e la Documentazione 

Biomedica CIMEDOC 

Introduzione 

La patologia muscolo-scheletrica di natura professionale è ampiamente sottostimata 

nelle statistiche dell’INAIL. Le schede di dimissione ospedaliera (SDO) possono 

consentire una, seppure preliminare, valutazione dell’incidenza di tali patologie: sulla 

base dei codici nosologici utilizzati, è possibile evidenziare diagnosi specifiche, come le 

borsiti professionali; in altri casi è possibile effettuare valutazioni sui trend temporali, 

sui cluster spaziali, e su alcune variabili universali come età, genere, stato civile. 

L’indagine è focalizzata sulla sindrome del tunnel carpale (STC): in uno studio 

canadese è stato evidenziato che la frazione di STC attribuibile all’attività lavorativa 

risulta pari al 76% negli uomini e al 55% nelle donne. 


E’ stato avviato uno studio descrittivo per le patologie muscolo-scheletriche in Puglia, 

focalizzando l’attenzione sulle borsiti professionali e STC, a partire dalla base di dati 

dell’archivio SDO dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione Puglia. Per valutare 

il ruolo dell’attività professionale nell’insorgenza dei disturbi citati, sono stati calcolati i 

tassi specifici per sesso e residenza nella classe di età 25-64 anni. I tassi ottenuti dalle 

SDO sono stati utilizzati per esaminare la distribuzione geografica sino a livello 

comunale delle patologie, attraverso l’elaborazione di mappe, per evidenziare eventuali 

aggregazioni spaziali e indagare la possibile associazione di queste con la presenza di 

attività lavorative che possono determinare un aumento della frequenza delle patologie 

in studio. E’ stato effettuato un record-linkage con il database INPS per ricostruire la 

storia professionale e il settore produttivo di appartenenza dei soggetti. Un’ulteriore 

valutazione è stata condotta attraverso l’analisi dei dati INAIL, relativi alle patologie in 

esame denunciate ed indennizzate. 

Risultati 

La distribuzione per sesso degli accessi ospedalieri evidenzia una netta prevalenza del 

sesso femminile per ricoveri legati alla STC (circa l’80%); il sesso maschile è 

maggiormente rappresentato nei ricoveri dovuti a borsiti professionali, che sono stati 78 

nel 2001 (70% di uomini) e 61 nel 2002 (83% di uomini). I tassi specifici per età e sesso 

utilizzati per esaminare la distribuzione geografica a livello comunale della STC non 

hanno evidenziato particolari aggregazioni spaziali. Il record-linkage ha riguardato in 

una prima fase le borsiti professionali: di tutti i soggetti allo studio, di sesso maschile e 

nella classe di età 25-64 anni, è stato possibile ricostruire l’attività lavorativa: il 24% dei 

casi è stato riscontrato nel settore edilizia, seguito dal settore agricoltura (20%) e dal 

comparto sanitario (12%). Abbiamo acquisito i dati INAIL relativi alle richieste di 

indennizzabilità pervenute nel biennio in esame: nell’anno 2001, su 19 richieste 

avanzate nel settore Industria e 4 richieste nel settore Agricoltura, ne sono state 

riconosciute da parte dell’INAIL 4, equamente distribuite nei due comparti lavorativi. 

279


Nel 2002, a fronte di 9 domande di indennizzo per l’Agricoltura e 96 richieste nel 

settore Industria, sono state riconosciute 25 malattie professionali nel settore Industria, e 

nessuna nel comparto Agricoltura. 

Conclusioni 

Le SDO e i dati INPS hanno consentito la valutazione epidemiologica delle patologie 

muscoloscheletriche. Non è stata riscontrata corrispondenza tra il numero di ricoveri per 

affezioni muscolo-scheletriche di probabile origine professionale, le richieste di 

indennizzo avanzate all’INAIL e il numero molto ridotto di riconoscimenti di malattie 

professionali. Si sottolinea il dato relativo alle borsiti professionali delle quali, sebbene 

l’eziologia lavorativa sia riconosciuta nella diagnosi, non si ritrova traccia negli archivi 

INAIL. 

Ci proponiamo di valutare se la diagnosi di borsite professionale sia stata effettuata 

correttamente attraverso l’analisi delle cartelle cliniche e il coinvolgimento dei medici 

di base. Lo stesso modello, da noi validato, sarà esteso alla STC. 

280


IL RISCHIO INFORTUNISTICO NEI LAVORATORI STRANIERI: UNO 

STUDIO CONDOTTO NEI CANTIERI DELL’ALTA VELOCITÀ TORINO- 

NOVARA 

Denis Quarta, Antonella Bena, Osvaldo Pasqualini, Marco Dalmasso, Maria Luisa Debernardi, 

Ermes Rizzoli 

Settore Rischi e Danni da Lavoro; Servizio di Epidemiologia – ASL 5 

Background 

Il numero di lavoratori stranieri in Italia è in costante aumento negli ultimi anni. In 

diversi paesi si evidenzia che essi sopportano un rischio infortunistico superiore a quello 

dei colleghi del paese ospitante, anche se vi sono studi che evidenziano l’assenza di 

differenze 5 . Uno studio approfondito degli effetti sulla salute delle esposizioni 

lavorative è ostacolato da diversi problemi metodologici e di qualità dei dati. In Italia le 

informazioni sono scarse 6 : i sistemi informativi correnti individuano i soggetti in studio 

solo attraverso il paese di nascita (includendo anche cittadini italiani nati all’estero); in 

una percentuale elevata si tratta di lavoratori con contratti a termine o atipici ed è assai 

diffuso il lavoro irregolare (con difficoltà a misurare correttamente i lavoratori esposti); 

l’Inail segnala problemi di sottonotifica degli eventi, soprattutto di quelli lievi. 

Obiettivo 

Descrivere il rischio infortunistico nei lavoratori stranieri impegnati nella costruzione 

della linea ferroviaria ad alta velocità Torino – Novara. 


Nel 2001 la Regione Piemonte ha costituito un osservatorio per il monitoraggio 

epidemiologico dei cantieri dell’alta velocità Torino-Novara (OrmeTav). Si tratta di 80 

Km di linea ferroviaria su cui sono impiegate centinaia di ditte e migliaia di addetti 

contemporaneamente, che impegnano plurime tipologie lavorative nel rispetto di rigide 

esigenze temporali per la consegna dell’opera. Le imprese sono tenute, da obblighi 

contrattuali, ad inviare ad OrmeTav informazioni sugli addetti impegnati e sugli 

infortuni occorsi. Si dispone così di informazioni accurate su un consistente numero di 

lavoratori stranieri. Sono effettuate analisi descrittive nello spazio e nel tempo sui 

lavoratori e sugli eventi (età, sesso, paese d’origine, titolo di studio, conoscenza della 

lingua italiana, formazione specifica ricevuta, tipo di contratto, mansione, turno di 

lavoro, dimensione dell’azienda di appartenenza, gravità dell’infortunio, modalità di 

accadimento). Sono calcolati tassi di incidenza infortunistica grezzi (per età, paese 

d’origine, dimensione della ditta di appartenenza, mansione) e standardizzati (variabili 

di controllo considerate: età, mansione, conoscenza della lingua italiana, formazione 

specifica sui rischi lavorativi). Le analisi multivariate sono effettuate utilizzando un 

modello di Poisson. 

5 

Nuwayhid I et al. Work related injuries in Lebanon: does nationality make a difference? Am J Ind Med 

2003; 44:172-81. 

6 

Capacci F et al. The Health of foreign workers in Italy. Int J Occup Environ Health 2005; 11:64-9. 

281


Risultati 

Nel periodo compreso tra il 01/07/2002 ed il 31/12/2004 sono stati segnalati 4.801 

lavoratori stranieri, in crescita esponenziale nel corso del tempo. Il 70% di essi proviene 

dall’est europeo (Romania e Albania) o dal nord Africa (Marocco, Egitto e Tunisia). Si 

tratta in prevalenza di lavoratori con mansioni di basso livello (operaio generico, 

carpentiere e ferraiolo), con un’età media più giovane rispetto ai colleghi italiani. Sono 

stati segnalati 177 infortuni a lavoratori stranieri, con una gravità media inferiore 

rispetto al totale dei lavoratori (23 giorni rispetto a 25 giorni). 

Il tasso infortunistico grezzo è più alto tra gli stranieri rispetto ai colleghi italiani (nel 

2004: 20,73 (I.C. 95%: 18,12-23,35) vs 17,06 (I.C. 95%: 15,90-18,22) infortuni per 100 

operai) ed in aumento nel tempo (nel 2003:18,55 (I.C. 95%: 14,79-22,32) infortuni per 

100 operai). Saranno effettuate analisi multivariate per controllare le principali variabili 

di confondimento. 

Conclusioni 

I lavoratori stranieri presentano un rischio infortunistico grezzo più elevato rispetto ai 

colleghi italiani. Ciò è spiegabile dal fatto che si tratta generalmente di soggetti 

svantaggiati che vivono in condizioni precarie e con accesso limitato ai servizi socio 

sanitari. La gravità media è inferiore probabilmente a causa del fatto che, essendo 

lavoratori con maggiore precarietà di contratto tendono a tornare al lavoro il più in fretta 

possibile dopo l’evento. È utile lo sviluppo di ricerche ad hoc che utilizzino come base 

di rilevazione non solo l’ambiente di lavoro ma anche le reti informali delle comunità 

straniere, per poter comprendere meglio i percorsi di cura seguiti ed analizzare il rischio 

anche tra i lavoratori irregolari. 

282


INFORTUNI DEI BAMBINI IN ITALIA: PIANO PER AZIONE 

Little D. 1 , Valent F. 2 , Barbone F. 1, 2 , Nemer L. 3 , Vincenten J. 4 , Mackay M. 4 

1 Cattedra di Igiene ed Epidemiologia-DPMSC, Università degli Studi di Udine; 2 Istituto di 

Igiene ed Epidemiologia, Policlinico Universitario di Udine; 3 Organizzazione Mondiale della 

Sanità; 4 European Child Safety Alliance 


In Europa gli infortuni sono la principale causa di morte per i bambini di età compresa 

tra 0 e 14 anni. Infatti rappresentano il più grande burden of disease nei bambini, se 

paragonati alle malattie causate dall’inquinamento dell’aria, dal sistema idrico e 

fognatura inadeguato, e dall’esposizione al piombo. Gli infortuni rappresentano il 23% 

di tutte le cause di morte ed il 19% di tutte le cause DALYs (disability adjusted life 

years) nel gruppo di bambini ed adolescenti tra 0 e 19 anni. Il tasso medio 

standardizzato quinquennale di mortalità per gli infortuni (1996-2000) in Italia, pari a 

4.57 morti per 100.000 persone tra 0-14 anni, non raggiunge i livelli registrati negli altri 

stati membri della EU, ma rimane pur sempre rilevante. Alla 4° Conferenza Ministeriale 

su Ambiente e Salute, tenutasi a Budapest nel 2004, i ministri della regione europea si 

sono impegnati a considerare con ancor più attenzione i problemi ambientali dei 

bambini. Questo è stato formalizzato nella Dichiarazione Ministeriale e nel Children’s 

Environmental and Health Plan for Europe (CEHAPE). Gli stati membri dell’Unione si 

sono pertanto impegnati a realizzare i piani d’azione nazionali per l’ambiente e la salute 

dei bambini entro l’anno 2007. 

In risposta a tali iniziative ed all'impatto riconosciuto degli infortuni sulla salute del 

bambino in Europa, la Commissione Europea ha finanziato il progetto Child Safety 

Action Plans (CSAP) che coinvolge 18 stati membri dell’Europa. La finalità è di 

sviluppare un set di strumenti standardizzati e processi, per promuovere lo sviluppo di 

piani nazionali di azione per la sicurezza del bambino nei paesi partner. Tali indicatori 

potrebbero servire sia ad identificare un baseline burden of injury e di attività, sia ad 

offrire i mezzi per la valutazione dei progressi nella riduzione del numero degli 

infortuni, fornendo quindi gli strumenti epidemiologici necessari alla preparazione di 

piani di azione, basati sull’evidenza, ed un'opportunità per i governi nazionali ad 

impegnarsi maggiormente alla prevenzione degli infortuni in questa fascia d’età. 

Metodi e Materiali 

Le fasi del progetto sono 3. Nella prima, sarà stabilito e adottato, dai paesi partner, un 

insieme di indicatori infortunistici del bambino. Nella seconda fase, ogni paese 

identificherà e divulgherà esempi di buona pratica di interventi mirati alla prevenzione 

degli infortuni nei bambini. La terza e forse la più importante fase si concentrerà sullo 

sviluppo di specifici piani di azione per la sicurezza del bambino con compiti ed 

obiettivi concreti. Ogni paese avrà il compito di condurre una valutazione 

sull’infrastruttura, la leadership e la capacità nel raccogliere i dati necessari per gli 

indicatori di baseline. I risultati di questa valutazione dovrebbero essere utilizzati 

insieme agli esempi di buona pratica per stabilire le priorità nazionali e gli obiettivi da 

perseguire. 

Il partner italiano, ha avviato il processo con una valutazione sulla infrastruttura, la 

leadership e la capacità nell'ambito della sicurezza del bambino. 

283


I risultati preliminari hanno mostrato che, sebbene il problema di infortuni in generale 

sia stato identificato come una priorità (il Piano Nazionale della Prevenzione 2005- 

2007), mancano ancora molti elementi di infrastruttura (sistemi di raccolta di dati), 

leadership e coordinamento di attività nell’ambito della sicurezza con una specifica 

attenzione sui bambini. Durante lo svolgimento della valutazione è stato identificato un 

gruppo di persone attive in tale ambito che potrebbe costituire il nucleo iniziale per la 

creazione di un comitato nazionale che sviluppi un piano di azione per l'Italia. 

Risultati 

È stata condotta un'elaborazione preliminare dei dati dal database di mortalità 

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). I tassi di mortalità per gli infortuni 

nei soggetti tra 0 e 14 anni, in Italia, sono scesi negli ultimi 20 anni da 25 a 10 per 

100.000 nei maschi e da 10 a 5 per 100.000 nelle femmine. Tale risultato non presenta il 

quadro completo dato che rimane ancora un divario significativo nei dati disponibili per 

stimare l'incidenza della morbidità da infortuni. 

Conclusione 

In conclusione, ancora molto rimane da fare nell'ambito della sicurezza dei bambini in 

Italia. E’ essenziale porre particolare attenzione ai bambini ed alla leadership nazionale 

coordinata ed impegnata per ridurre il gap nella disponibilità di dati. Si spera che il 

progetto CSAP possa costituire un primo passo nel fornire all’Italia le informazioni e gli 

strumenti necessari per la valutazione dello stato di sicurezza del bambino e che 

consenta di confrontare gli indicatori con gli altri paesi europei. 

284


MODELLIZZAZIONE DEL COSTO EFFICACIA DELLO SCREENING PER 

L’INDIVIDUAZIONE DELLA MOBILIZZAZIONE ASETTICA A SEGUITO DI 

INTERVENTO DI ARTROPROTESI D’ANCA (THR) 

Gian Luca Di Tanna 1,2 , Alan Girling 1 

1 Multidisciplinary Assessment of Technology Centre for Health (MATCH), Department of 

Public Health and Epidemiology - University of Birmingham 

2 Area Governo Clinico, Agenzia Sanitaria Regionale Emilia Romagna 

Abbiamo effettuato un’analisi di costo efficacia per alcune tipologie alternative di 

screening a seguito di THR. Date due semplici strategie applicabili a pazienti che 

raggiungono la fine del primo anno post-operativo senza complicazioni: Revisione 

Annuale Radiografica (ARR) e nessun follow-up pianificato (NFU) abbiamo utilizzato 

un modello markoviano per valutare 

• L’età limite in cui l’ARR dovrebbe essere interrotta in quanto i benefici di una 

revisione tempestiva verrebbero sopravanzati dalla più alta mortalità ad età più 

avanzate. 

• Il “societal value” dell’EMAT (Electromagnetic autonomous transducers), una 

nuova tecnologia attualmente in fase di sviluppo attraverso la quale sarà 

possibile individuare piccoli dislocamenti delle protesi d’anca. 

• Valutare i costi e benefici associati a ciascuna strategia analizzata (NFU, ARR 

“ottimizzato”, EMAT) (vedi Tab.1) 

Per descrivere il processo di allentamento abbiamo utilizzato una mistura gamma di 

distribuzioni di rischio Weibull, con una costante temporale per modellizzare la 

revisione clinica regolare. Il parametro che descrive quando un’anca radiograficamente 

allentata diventa sintomatica è stato ricavato da un panel di esperti ed abbiamo elaborato 

un’analisi di sensitività in un’ottica Bayesiana. 

Le utilità associate agli stati del modello Markoviano sono valutate in termini di Quality 

Adjusted Life Years (QALYs), i costi utilizzati sono stati estratti dal tariffario nazionale 

NHS 2004, le tavole di mortalità fanno riferimento a quelle inglesi-gallesi 2000-2002 e 

le curve di sopravvivenza delle protesi sono state stimate a partire dai dati del Registro 

Svedese di Hip Arthroplasty. 

Tra gli sviluppi dell’analisi, uno riguarda l’implementazione di questo modello con dati 

desunti dal Registro di Implantologia Protesica Ortopedica attivo nella Regione Emilia 

Romagna e di sopravvivenza regionale, ed inoltre si intende ampliare lo spettro di 

osservazione modellizzando i costi-efficacia associati alle differenti tipologie di protesi 

impiantabili. 

Tab.1 Costi, QALYs and tassi di revisione per strategia (donne, età al THR pari a 69) 

After 10 years Unbounded Time Horizon 

Revisions 

Revisions 

Cost (£) QALYs per 100 Cost (£) QALYs ICER (£/Q) per 100 

patients 

cf. NFU patients 

NFU 300.19 7.7237 5.74 536.34 10.7862 11.03 

EMAT 405.44 7.7239 7.99 614.55 10.7916 14,483 11.61 

ARR* 976.08 7.7237 6.89 1158.92 10.7967 11.71 

*interrotto a 78 anni 

285


EPIDEMIOLOGIA DEGLI INCIDENTI STRADALI IN TOSCANA 

J. Pasquini 1 , C. Lorini 2 , F. Voller 1 , A. Berti 1 , F. Cipriani 3 , E. Buiatti 1 

1Osservatorio di Epidemiologia – Agenzia Regionale di Sanità Toscana 

2 Dipartimento di Sanità Pubblica – Università degli studi di Firenze 

3 U.F. Epidemiologia – ASL 4 Prato 

Obiettivi 

Monitorare e analizzare l’impatto sanitario degli incidenti stradali sulla collettività in 

Toscana nel periodo 1991-2003 con particolare attenzione alle cause, le conseguenze 

sanitarie, i trend e le differenze territoriali. 


Le basi dati utilizzate sono: archivio ISTAT/ACI (1991-2003), Registro di Mortalità 

Regionale (RMR) (1987-2002), Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) (1996-2001), 

accessi ai Pronto Soccorso (PS) (2002-2004), archivio Polizia Stradale (2000-2004). 

L’analisi integrata e multidisciplinare di ciascuna fonte consente di definire un quadro 

epidemiologico pressoché completo degli infortuni stradali in Toscana. 

Risultati 

Ogni anno in Toscana, dal 1991 al 2003, in media, si sono verificati 17.503 sinistri con 

almeno un ferito, 23.487 feriti e 448 decessi. Gli incidenti sono aumentati del 14% ma è 

diminuita la gravità degli stessi. Il rapporto di mortalità (RM = numero di morti ogni 

1000 incidenti) è diminuito passando da 30,2 a 25,6. Gli incidenti più gravi avvengono 

nelle ore notturne del fine settimana (RM= 55,0) nei periodi estivi, in ambito 

extraurbano con coinvolgimento soprattutto di maschi giovani. I giovani rappresentano 

il 42,8% dei conducenti deceduti mentre gli anziani rappresentano il 63,8% di tutti i 

pedoni deceduti. Gli incidenti avvenuti per alterazioni dello stato psicofisico sono 

particolarmente gravi (RM = 98,1). Dal 1987 al 2002 secondo il RMR la mortalità per 

traumatismi è la prima causa di morte negli uomini tra i 10 ed i 40 anni e per le donne 

tra i 10 ed i 30 anni. Gli incidenti stradali contribuiscono a quasi un trauma su tre in 

Toscana. Il tasso standardizzato di mortalità per incidente stradale (numero di decessi 

ogni 1000 abitanti) è di 3,55 nei maschi e di 0,93 nelle femmine. Nel biennio 2001-2002 

i ricoveri causati da trauma sono stati circa 70.000 e, con 18 ricoveri ogni 1000 

residenti, rappresentano il 9,4% del totale dei ricoveri. Gli accessi ai PS in seguito ad 

incidente stradale sono stimati in 105.190 pari al 8% degli accessi per tutte le cause.La 

distribuzione degli infortuni stradali sul territorio toscano ha evidenziato alcune aree in 

cui le conseguenze sono particolarmente gravi: la ASL di Arezzo presenta 46,3 decessi 

ogni mille incidenti mentre a Firenze sono 13,7. In provincia di Firenze avvengono il 

38% di tutti gli incidenti che si verificano in Toscana che contabilizzano il 22,4% dei 

decessi. Infine possiamo affermare che l’effetto della Patente a Punti, nonostante abbia 

contribuito alla diminuzione degli incidenti nel periodo immediatamente successivo alla 

sua introduzione (luglio 2003), sembra aver perso parte della sua efficacia a partire 

dagli ultimi mesi del 2004. 

Conclusioni 

Le analisi effettuate descrivono l’impatto degli incidenti stradali sulla salute pubblica 

fornendo sia indicazioni utili per determinare le priorità degli interventi di prevenzione 

che una valutazione delle politiche adottate per la riduzione degli incidenti. 

286

comunicazioni libere – sessione C2 8 settembre 

ATTIVITA’ FISICA E DENSITA’ MAMMOGRAFICA: UNO STUDIO 

PROSPETTICO 

M. Assedi 1 , G. Masala 1 , S. Salvini 1 , D. Ambrogetti 2 , I. Ermini 1 , M. Martinez 1 , D. Tanzini 1 , D. 

Giorgi 3 , M. Rosselli Del Turco 4 , D. Palli 1 

1 Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale, CSPO Istituto Scientifico della Regione Toscana; 

2 U.O. Prevenzione secondaria/screening, CSPO Istituto Scientifico della Regione Toscana; 

3 U.O Epidemiologia ASL2, Lucca; 4 Direzione Scientifica e U.O. Prevenzione 

secondaria/screening, CSPO Istituto Scientifico della Regione Toscana. 

Introduzione 

Numerosi studi hanno evidenziato un’associazione tra pattern mammografici ad alta 

densità e rischio di carcinoma della mammella (CaM). La densità mammografica (DM) 

è stata proposta come un mezzo per studiare l’eziologia del CaM e per valutare 

l’efficacia di strategie preventive. Numerosi studi hanno stabilito che la DM è 

influenzata da fattori ormonali; pochi studi hanno esaminato l’influenza sulla DM di 

fattori legati allo stile di vita e quindi modificabili, quale l’attività fisica. 

Obiettivo 

Valutare l’influenza delle abitudini di vita (fattori potenzialmente modificabili tramite 

interventi di prevenzione primaria), in particolare l’attività fisica, sulla densità 

mammografica attraverso un disegno di tipo prospettico. 


Tra le 10.083 partecipanti dello Studio EPIC-Firenze, sono state identificate 2.000 

donne con una mammografia eseguita al CSPO cinque anni dopo l’arruolamento. Gli 

esami mammografici (recuperati dagli archivi del CSPO e dalle donne stesse) sono stati 

riclassificati da due esperti radiologi (DA, MRDT) secondo la classificazione di Wolfe. 

Al momento dell’arruolamento erano state raccolte misure antropometriche e 

informazioni relative allo stile di vita. In particolare era stato richiesto alle volontarie di 

classificare la loro attività fisica al lavoro (lavoro sedentario, in piedi, manuale, manuale 

pesante) e le ore dedicate settimanalmente alla cura della casa (lavori domestici, 

giardinaggio, “fai da te”) e ricreative (andare in bicicletta, camminare e svolgere attività 

sportive). Le ore settimanali dedicate ad ogni tipo di attività non lavorativa sono state 

poi trasformate in un indice di dispendio energetico (MET) moltiplicando il tempo 

dedicato a ciascuna attività per l’appropriato equivalente metabolico. Per ogni soggetto 

è stato quindi calcolato il MET settimanale. 

Le informazioni relative a variabili che possono influenzare a breve termine la densità 

mammografia, quali le terapie ormonali sostitutive, sono state aggiornate tramite 

questionario postale. L’associazione tra attività fisica e DM è stata valutata 

confrontando le donne con alta-DM (P2+DY secondo la classificazione di Wolfe) e le 

donne con bassa-DM (N1+P1) utilizzando una serie di modelli logistici multivariati 

aggiustati per età, titolo di studio, peso, altezza, stato menopausale e calorie totali. 

Risultati 

Sono state recuperate e rilette, per l’attribuzione del pattern di Wolfe, 1.668 

mammografie (83%). L’età media all’arruolamento era 52,8 anni; il 62,1% delle 

volontarie era in menopausa, il 29,8% ha dichiarato di essere casalinga. 

Settimanalmente le donne dedicavano in media 17,3 ore (DS 9,4) ad attività ricreative e 

per la cura della casa, di cui 6,96 ore (DS 5,4) solo per attività ricreative. In un modello 

287


multivariato aggiustato per le variabili sopra descritte, l’alta DM è risultata 

inversamente associata alle ore di attività fisica non lavorativa (p per il trend 0.004). 

Questo risultato è confermato anche nell’analisi che considera l’indice MET. 

Sono state inoltre condotte analisi separate nei sottogruppi delle donne in post- e perimenopausa, 

e delle donne in pre-menopausa. 

Conclusioni 

Questi risultati preliminari suggeriscono l'esistenza di una associazione tra il livello di 

attività fisica e la densità mammografia, un fattore associato al rischio di tumore della 

mammella. 

288


DEFINIZIONE DELL’ESPOSIZIONE LAVORATIVA A CAMPI 

ELETTROMAGNETICI DEI GENITORI DEI BAMBINI DELLO STUDIO 

CASO-CONTROLLO SETIL 

P. Legittimo 1 , L. Miligi 1 , C. Magnani 2 , C. Magnani 3 , G. Assennato 3 , L. Bisanti 3 , M. Cuttini 3 , E. 

Celentano 3 , P. Cocco 3 , G. De Salvo 3 , F. Forastiere 3 , S. Cannizzaro 3 , R. Haupt 3 , S. Lagorio 3 , S. 

Mattioli 3 , F. Merlo 3 , P. Michelozzi 3 , L. Miligi 3 , L. Minelli 3 , F. Pannelli 3 , S. Risica 3 , R. 

Rondelli 3 , A. Salvan 3 , S.V. Torregrossa 3 , P. Vecchia 3 , P. Zambon 3 , A. Poggi 3 , D. Andreuccetti 3 , 

F. Capacci 3 

1 CSPO -U.O. di Epidemiologia Ambientale ed Occupazionale, Firenze 

2 CPO, Torino e Università del Piemonte Orientale, Novara 

3 Gruppo di lavoro SETIL 

Obiettivi 

Non esiste al momento in Italia una rilevazione sistematica dell’esposizione a campi 

elettromagnetici a bassa ed alta frequenza per quanto riguarda la popolazione generale o 

lavorativa e quindi sul conseguente numero di soggetti esposti a campi elettromagnetici 

e a quali livelli di esposizione. 

Questa presentazione riferisce sulla ricerca condotta nell’ambito dello studio Setil con 

l’obiettivo di valutare l’eventuale esposizione lavorativa a campi elettromagnetici dei 

genitori di bambini coinvolti nello studio. 


Setil è uno studio epidemiologico caso-controllo di popolazione sui tumori del sistema 

emolinfopoitico e sui neuroblastomi nel bambino. 

E’ uno studio multicentrico, condotto in 15 regioni italiane ed è stato disegnato in 

collaborazione tra epidemiologi, pediatri oncologi e fisici sotto il patrocinio 

dell’associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (AIEOP). 

Sono stati inclusi nello studio circa 840 casi di leucemia linfatica acuta, 75 di linfoma 

non-Hodgkin, 230 di neuroblastoma e 1700 controlli. 

Scopo dello studio è quello di indagare le possibili associazioni di leucemia acuta e 

linfoma con un ampio ventaglio di fattori di rischio tra cui l’esposizione occupazionale 

dei genitori a campi elettromagnetici, con particolare riguardo al periodo prima del 

concepimento e durante la gravidanza e di formulare ipotesi sui fattori eziologici per il 

neuroblastoma. 

La raccolta delle informazioni sulla storia lavorativa è avvenuta tramite l’anamnesi e la 

descrizione di ogni lavoro svolto dai genitori e, per i lavori svolti da un anno prima del 

concepimento, tramite l’uso di schede specifiche per occupazione/mansione; come per 

gli agenti chimici, anche per i campi elettromagnetici le informazioni contenute nel 

questionario vengono tradotte da esperti in termini di esposizione utilizzando tre indici: 

probabilità, intensità e frequenza. 

Sulla base delle informazioni contenute nelle schede professionali per ogni lavoro 

vengono attribuiti gli indici di esposizione per i campi elettromagnetici a bassa e ad alta 

frequenza tenendo conto della mansione svolta, del possibile modo e tempo di utilizzo 

di macchinari elettrici, dell’eventuale presenza di altri macchinari vicini all’operatore 

che possono essere fonte di esposizione indiretta e delle informazioni in letteratura sui 

livelli di esposizioni in ambito lavorativo. 

289


Risultati 

Dalle schede pervenute ed analizzate fino ad ora risulta confermata l’estrema variabilità 

delle situazioni espositive; in particolare emerge come, a parità di mansione siano molto 

diversificate le dimensioni del luogo di lavoro e quindi la distanza dalle apparecchiature 

elettriche fisse oltre che la frequenza di utilizzo delle apparecchiature usate 

personalmente dall’operatore. 

Uno dei maggiori limiti per la definizione dell’esposizione a campi elettromagnetici 

nasce dalla difficoltà di stimarne o misurarne l’esposizione per la loro estrema 

variabilità che rende comunque difficile estrapolare anche i dati misurati in una certa 

situazione lavorativa al relativo comparto. 

Conclusioni 

In conclusione lo studio del campione di soggetti dello studio SETIL potrà dare un 

contributo alla conoscenza sulle caratteristiche di un’esposizione poco conosciuta nella 

popolazione lavorativa italiana. 

290


GIORNO E ORA DI PRESA IN CARICO INFLUENZANO LA QUALITÀ 

DELL’ASSISTENZA AI PAZIENTI CON INFARTO MIOCARDICO ACUTO? 

UNO STUDIO PILOTA PRESSO IL POLICLINICO S. ORSOLA MALPIGHI DI 

BOLOGNA 

Paola Colais 1 , Maria Pia Fantini 2 , Massimo Arcà 1 , Danilo Fusco 1 , Milena Belletti 2 , Elena 

Savoia 4 , Martina Taglioni 3 , Carlo A. Perucci 1 

1 Dipartimento di Epidemiologia ASL RME; 2 Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica 

dell’Università di Bologna; 3 Policlinico S.Orsola –Malpighi; 4 Harvard School of Public Health, 

Boston, USA 

Obiettivo 

Valutare l’influenza del giorno della settimana e dell’ora del giorno sul door to balloon 

time nei pazienti con infarto del miocardio con ST sopraslivellato in una situazione, 

quella dell’A. O. di Bologna Policlinico S. Orsola Malpighi, in cui è attivo un percorso 

diagnostico terapeutico per pazienti con sospetta sindrome coronarica acuta. 

Disegno 

Studio longitudinale prospettico condotto utilizzando un database predisposto ad hoc. 

Sono stati considerati i pazienti transitati in una Unità di Terapia Intensiva Coronarica 

in cui risulta segnalato un codice ICD-9-CM di diagnosi, principale o secondaria, 

410.x1. Da questo database sono stati selezionati, dal 1 gennaio 2004 al 30 giugno 

2004, 285 pazienti con infarto STEMI. Considerando solo i pazienti arrivati in ospedale 

con il 118 o transitati per il Pronto Soccorso e quelli sottoposti a PTCA primaria 

l’analisi è stata condotta su 164 pazienti. 

Risultati 

Complessivamente il 77% delle P-PTCA vengono eseguite entro 90 minuti dal primo 

contatto medico. La percentuale è del 67% durante il fine settimana, dell’82% durante la 

settimana (OR=0.44, IC 95%: 0.21 – 0.94), del 73% durante il turno notturno e del 79% 

durante quello diurno (OR=0.71, IC 95%: 0.34 – 1.47). I maschi presi in carico nel fine 

settimana hanno una probabilità minore di ricevere la PTCA entro 90 minuti dal primo 

contatto medico, rispetto ai maschi ricoverati durante la settimana (OR=0.29, IC 95%: 

0.11 – 0.76). Nelle femmine si osserva in misura poco differenziata, durante la 

settimana (OR=0.26, IC 95%: 0.10 – 0.72) e nel fine settimana (OR=0.22, IC 95%: 0.06 

– 0.75), una minore probabilità di ricevere la PTCA entro 90 minuti dal primo contatto 

medico rispetto ai maschi ricoverati durante la settimana. 

Conclusioni 

Lo studio ha messo in evidenza che, in una struttura universitaria in cui è attivo uno 

specifico programma finalizzato all’ottimizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici 

per i pazienti con sospetta sindrome coronaria acuta, in una buona percentuale dei casi 

la P-PTCA avviene entro i tempi consigliati dalla letteratura. Sono ancora presenti 

eterogeneità legate al genere e al giorno della settimana, con margini di ulteriore 

miglioramento nella tempestività delle cure ai pazienti con IMA. 

291


MORTALITÀ INFANTILE IN PROVINCIA DI REGGIO EMILIA IN 

RELAZIONE ALLA PROVENIENZA GEOGRAFICA DEI GENITORI 

Ferdinando Luberto, Mariateresa Cassinadri, Giorgia Collini, Cinzia Romano, Silvia Candela. 

Azienda USL di Reggio Emilia, Dipartimento di Sanità Pubblica, Unità di Epidemiologia 

La mortalità infantile (MI) in provincia di Reggio Emilia nel periodo 1995-2003 è la più 

alta in Emilia-Romagna, con rappresentazione proporzionale delle cause di morte simile 

a quella regionale. 

Provincia di 

Regione Rate 

Reggio Emilia Emilia-Romagna * Ratio 

n. Tasso n. Tasso 

Mortalità infantile 194 5,10 987 3,93 1,30 

Mortalità neonatale 136 3,58 714 2,84 1,26 

Mortalità neonatale precoce 107 2,81 561 2,23 1,26 

Mortalità neonatale tardiva 29 0,76 153 0,61 1,25 

Mortalità post-neonatale 58 1,53 273 1,09 1,40 

Mortalità infantile in provincia di Reggio Emilia e nella regione Emilia-Romagna nel periodo 

1995-2003. Tassi x 1.000 nati vivi. *: escluso provincia di Reggio Emilia. 

Nella nostra provincia è stato registrato un incremento costante degli iscritti alle 

anagrafi di età inferiore a un anno, variabile approssimata dei nati vivi, con genitori di 

origine extra-UE. Negli ultimi anni il loro numero è quintuplicato e nel 2003 raggiunge 

il 15% del totale. Questi rilievi ci hanno portato ad analizzare la MI per provenienza 

geografica dei genitori. Il dato ci è sembrato di una certa utilità in quanto è noto il 

rilievo che assumono fattori socioeconomici, culturali e, forse, di accesso ai servizi per 

questo indicatore di salute. Sono state utilizzate tutte le informazioni contenute nelle 

schede ISTAT delle cause di morte relative al neonato, ai genitori, alla gravidanza e al 

parto. 

Non comunitari Comunitari 

n. Quoziente n. Quoziente RR IC 95% 

Mortalità infantile 36 8,28 194 4,87 1,72 1,21 - 2,46 

Mortalità neonatale 19 4,37 144 3,62 1,22 0,74 - 2,02 

Mortalità neonatale precoce 15 3,45 112 2,81 1,24 0,73 - 2,13 

Mortalità neonatale tardiva 4 0,92 32 0,80 1,16 0,41 - 3,28 

Mortalità post-neonatale 17 3,91 50 1,26 3,16 1,82 - 5,47 

Mortalità infantile in provincia di Reggio Emilia in relazione alla provenienza geografica dei 

genitori nel periodo 1993-2003. Quozienti x 1.000 residenti. 

La MI appare significativamente più elevata nei soggetti di origine extracomunitaria, la 

neonatale è sostanzialmente simile nei due gruppi, mentre l'eccesso di mortalità risulta 

statisticamente significativo per la post-neonatale, in cui il rischio è tre volte superiore. 

La prima causa di morte è la prematurità, ma nei neonati con genitori non comunitari 

prevalgono le malformazioni. 

293


Risulta più alta rispetto agli italiani anche la prevalenza delle malattie infettive e della 

morte in culla. L'età materna è leggermente superiore nelle italiane in cui prevale anche 

il sottopeso. Le madri italiane hanno un titolo di studio più elevato e lavorano di più, 

mentre quelle straniere sono prevalentemente casalinghe e con basso livello di 

istruzione. Anche tra i padri si osserva un netto divario nel titolo di studio e il 25% degli 

italiani e il 70% dei non comunitari sono operai. 

L'eccesso di MI che si registra in provincia è motivato solo in parte dai non comunitari 

in quanto, anche al netto degli stranieri, permane una mortalità più elevata rispetto alla 

regione. Il netto eccesso dopo il primo mese di vita suggerisce la necessità di 

individuare spazi di miglioramento nell’assistenza post-neonatale nei bambini di origine 

non comunitaria. 

294


ETEROGENEITÀ PROGNOSTICA IN PAZIENTI CON CARCINOMA 

POLMONARE NON A PICCOLE CELLULE PN1: IMPLICAZIONI CLINICHE 

Caldarella A., Crocetti E., Intrieri T., Sacchettini C., Paci E. 

U.O.Epidemiologia Clinica e descrittiva C.S.P.O.- Firenze 

Introduzione 

Il TNM rappresenta uno dei principali fattori prognostici del carcinoma polmonare; 

recentemente è stata evidenziata una eterogeneità nell’ambito dei casi con 

interessamento linfonodale pN1 con una prognosi variabile a seconda del tipo di 

linfonodi interessati. 


Da una casistica di 2285 casi di tumore polmonare (1813 maschi e 472 femmine) 

incidenti nell’area di attività del Registro Tumori Toscano (Firenze e Prato) negli anni 

1996-1998 sono stati analizzati 112 soggetti con invasione linfonodale N1 documentata 

all’esame istologico dopo lobectomia o pneumonectomia seguita da linfoadenectomia 

mediastinica. La documentazione clinica dei casi in esame è stata rivista per acquisire 

maggiori informazioni su pTNM, istotipo, numero di linfonodi e stazioni linfonodali 

interessate. Attraverso linkage con archivio di mortalità regionale e anagrafe dei comuni 

è stato effettuato il follow up dello stato in vita al 31 dicembre 2002. E’ stata effettuata 

la valutazione della sopravvivenza osservata a 5 anni attraverso il metodo di Kaplan 

Meier. Il significato prognostico indipendente di una serie di variabili è stato valutato 

con il modello di Cox. 

Risultati 

I 112 pazienti con invasione linfonodale pN1 presentavano una sopravvivenza a 5 anni 

del 30%, mentre la sopravvivenza a 5 anni per pN0 (236 casi) e per pN2 (116 casi) era 

rispettivamente 42% e 9.9%. L’età media complessiva era 64.7 anni (DS 8.20 range 

42.9-81.1). Per quanto riguarda le dimensioni tumorali fra i casi pN1 i pT1 erano 13, i 

pT2 79, i pT3 18 e i pT4 un solo caso. L’esame delle sedi linfonodali nell’ambito del 

livello pN1 ha evidenziato l’interessamento delle stazioni ilari in 78 su 112 casi, mentre 

i restanti 34 presentavano la sola invasione delle strutture lobari con negatività accertata 

microscopicamente degli altri linfonodi. L’analisi della sopravvivenza nei due 

sottogruppi di casi pN1 ha evidenziato un rischio di morire significativamente ridotto, 

anche a parità di pT e di età, nei pazienti con invasione delle sole stazioni polmonari 

rispetto alle ilari (sopravvivenza a 5 anni 46.0 % vs 23.8 %), suggerendo la presenza, 

nell’ambito di uno stesso stadio, di pazienti con prognosi significativamente diversa tra 

loro, suscettibili di strategie terapeutiche differenziate. 

295


LE DIAGNOSI DI FIBROSI CISTICA IN ETÀ ADULTA: FORME LIEVI 

DELLA MALATTIA O RITARDI DIAGNOSTICI? 

Pietro Piccinini*, Laura Viviani*, Rita Padoan°, Anna Bossi* 

a nome del Gruppo collaborativi Registro Italiano Fibrosi Cistica 

*Istituto di Statistica Medica e Biometria – Università degli Studi di Milano; °AO Spedali Civili 

Brescia 

Introduzione 

La Fibrosi Cistica (FC) è una malattia genetica dovuta ad alterazioni presenti nel gene 

Cystic Fibrosis Trasmembrane Regulator (CFTR). La diagnosi, basata sulla 

documentata escrezione patologica di cloro con il sudore, è solitamente posta nei primi 

anni di vita, tuttavia alcuni pazienti sono diagnosticati solo in età adulta. In passato, la 

sensibilità del test del sudore era considerata quasi assoluta; attualmente sono sempre 

più numerosi i casi di soggetti che risultano sicuramente FC all’analisi molecolare, ma 

che hanno un test del sudore non patologico anche se ripetuto in tempi diversi: questo 

aspetto può ritardare la diagnosi. I pazienti diagnosticati in età adulta rappresentano un 

gruppo piuttosto eterogeneo: in esso infatti rientrano pazienti con quadri 

paucisintomatici o monosintomatici di malattia non classica e pazienti con quadro 

conclamato di malattia, sfuggiti purtroppo al filtro pediatrico e curati per anni secondo 

diagnosi incomplete o errate. 

Con il presente studio ci si prefigge di valutare, nella popolazione italiana affetta da FC, 

qual è la gravità della malattia quando è diagnosticata in età adulta. 

Soggetti 

Si sono considerati i pazienti censiti dal Registro Italiano Fibrosi Cistica (RIFC) dal 

1988 al 2003 e diagnosticati dopo i 18 anni di età presso uno dei Centri Regionali di 

Riferimento (CRR) o Servizi di Supporto (SS) presenti in ogni regione. Le analisi 

riguardano sia le informazioni raccolte al momento della diagnosi, sia quelle relative al 

follow-up clinico dei pazienti. Si sta inoltre procedendo alla raccolta di ulteriori 

informazioni utili per studiare l’iter seguito da questi pazienti prima di giungere alla 

diagnosi di FC. 

Risultati[papapa2][papapa3] 

I dati raccolti, relativi a 335 pazienti (8% degli oltre 4200 del RIFC), non riguardano la 

totalità dei soggetti diagnosticati in età adulta poiché alcuni CRR/SS non hanno ancora 

aderito allo studio. La percentuale di diagnosi effettuate dopo i 18 anni è aumentata nel 

tempo: dal 5-6% alla fine degli anni ’80, ad oltre il 15% dopo il 2000. L’età media alla 

diagnosi è di 28 anni con un massimo di 58 anni per gli uomini e di 64 per le donne; al 

momento dello studio l’età media dei pazienti considerati era di circa 36 anni. La quasi 

totalità dei pazienti (97%) era sintomatica al momento della diagnosi e il 22% aveva 

familiarità di malattia. La concentrazione di cloro nel sudore è risultata più elevata nei 

pazienti deceduti e più bassa nei diagnosticati dopo i 30 anni di età. Alla diagnosi i 

sintomi più frequenti (soprattutto nelle donne) riguardano l’apparato respiratorio, 

tuttavia, il 25% dei pazienti ha riferito anche sintomi gastrointestinali. Altri sintomi, tra 

i quali la sterilità, sono più frequenti negli uomini (42%) che nelle donne (18%). 

Indicatori dello stato di salute dei pazienti sono rappresentati dall’insufficienza 

pancreatica (33%), dalla presenza di infezione da pseudomonas aeruginosa (61%), da 

scarsa funzionalità respiratoria (15% con FEV1 < 40% del predetto), dallo stato 

297


nutrizionale (23% con BMI < 20), dalla presenza di un genotipo cosiddetto “grave” 

(13%). Ulteriori indicatori di gravità della malattia sono rappresentati dalla necessità di 

sottoporre il paziente a trapianto polmonare o di fegato e la sopravvivenza dalla 

diagnosi. Per 20 dei 335 pazienti diagnosticati in età adulta si è reso necessario il 

trapianto; 13 di questi sono già stati sottoposti ad intervento e dei 7 in lista, 5 sono 

deceduti. La mortalità tra i pazienti sottoposti a trapianto è invece del 23% (3/13). Dal 

1988 al 2003 si sono osservati, in totale, 33 decessi (60% donne). Di questi, 13 sono 

avvenuti entro 5 anni dalla diagnosi (2 nel 1° anno) e solo 7 (6 donne) oltre i 10 anni. La 

breve sopravvivenza dalla diagnosi si è osservata anche in 3 pazienti diagnosticati dopo 

i 37 anni d’età. 

Discussione 

I pazienti diagnosticati in età adulta hanno forme più lievi di malattia rispetto alla 

popolazione FC totale: minor percentuale di insufficienza pancreatica, di infezioni 

polmonari, di genotipi “gravi”, ed una miglior funzionalità respiratoria. Tuttavia, si può 

ritenere che almeno nel 6% dei pazienti (deceduti entro 5 anni dalla diagnosi o 

sottoposti a trapianto) si sia trattato di un ritardo diagnostico. Per confermare tale ipotesi 

si sta eseguendo una analisi mirata ad indagare l’iter diagnostico seguito da questi 

pazienti. 

298


L’INCIDENTE DA CORPO ESTRANEO NELLE VIE AERO-DIGESTIVE 

SUPERIORI NEI BAMBINI: RISULTATI DELL’ESFBI STUDY 

Snidero Silvia 1 , Morra Bruno 2 , Corradetti Roberto 3 , Passali Desiderio 4 , Gregori Dario 5 

1 Dip. di Statistica e Matematica Applicata, Università di Torino; 2 Dip.di Otorinolaringoiatria, 

Ospedale “S. G. Battista”, Torino; 3 Dip. di Statistica e Matematica Applicata, Università di 

Torino; 4 Dip. di Otorinolaringoiatria, Università di Pisa; 5 Dip. di Sanità Pubblica e 

Microbiologia, Università di Torino, the ESFBI Study Group 

Obiettivi 

L’ingestione/aspirazione/inalazione di un corpo estraneo nelle vie aeree e digestive 

superiori è una delle principali cause di mortalità e morbidità nei bambini. 

L’ESFBI è uno studio retrospettivo volto alla raccolta dei dati degli anni 2000, 2001 e 

2002 sugli incidenti nei bambini di età inferiore a 15 anni in 19 cliniche universitarie dei 

principali paesi europei in corrispondenza agli ICD-CM 931-935. 


Sono stati raccolti 2103 casi, di cui il 56.3% maschi, il 58.8% dei bambini ha un’età 

inferiore a 3 anni e l’età mediana è di 3 anni (2, 5). 

Risultati 

Gli oggetti più frequentemente estratti sono le noccioline e i semi (26.6%), e le palline e 

biglie (13.8%). I giocattoli rappresentano il 5.8% dei casi ed inoltre, il numero di eventi 

dovuti all’ingestione di batterie (1.1%), i cui acidi causano in pochi minuti la corrosione 

delle pareti gastriche, non è trascurabile. 

La percentuale di oggetti organici è 48.4% (C.I. 46.3%-50.5%). Il rischio nei maschi di 

avere un incidente con un oggetto inorganico è maggiore che nelle femmine (50.8% vs. 

45.3%, p-value = 0.006). 

Il 12% dei pazienti ha subito complicanze a seguito dell’incidente e il 43.7% è stato 

ospedalizzato. Considerando la distribuzione degli ospedalizzati per sesso, i maschi 

hanno un rischio maggiore di essere ospedalizzati rispetto alle femmine (O.R. = 1.31, 

I.C. 1.08-1.58) ed inoltre il rischio di essere ospedalizzato è maggiore nei bambini di età 

inferiore ai 3 anni rispetto a quelli con età superiore (O.R. = 2.3, I.C. 1.9-2.9). 

I corpi estranei sono stati estratti principalmente con tecniche endoscopiche (71.7%) e 

l’8.8% dei bambini ha subito un intervento chirurgico. 

Inoltre, sono stati stimati i costi relativi all’estrazione del corpo estraneo basandosi sul 

sistema DRG e il costo medio per paziente ammonta a 1,017.37 € (S.E. 28.33). 

Conclusioni 

L’incidente da ingestione/aspirazione/inalazione di corpo estraneo rimane uno dei 

maggiori problemi per i bambini e per la sanità pubblica in termini di rischio di vite 

perse e impiego di risorse. 

299


FATTORI SOCIO-ECONOMICI E OCCORRENZA DI DIFETTI CONGENITI 

Del Bufalo E. 1 , Burgio A. 1 , Battisti A. 1 , Rosano A. 2 

1 ISTAT, Servizio Sanità e Assistenza; 2 Istituto Italiano di Medicina Sociale 

Contesto 

I meccanismi che conducono all’occorrenza dei difetti congeniti (DC) sono complessi e 

multifattoriali. Sono apparse nella letteratura scientifica molte ipotesi di associazione tra 

DC e fattori socio-economici. Tra i difetti che sembrano avere maggiore suscettibilità a 

tali fattori si annoverano i difetti del tubo neurale (DTN), le schisi oro-facciali (SOF). 

Obiettivo 

Analizzare la relazione tra fattori socio–economici e occorrenza di DC. 

Disegno dello studio 

Caso-controllo, con controlli appaiati. 


I dati esaminati sono stati tratti dall’archivio informatizzato dei Certificati di Assistenza 

al parto relativi al 2002, attraverso i quali é stato possibile identificare attraverso i codici 

ICD9 i neonati con DC e le informazioni relative ai genitori. Analoghe informazioni 

sono state rilevate su un gruppo di controllo di neonati sani appaiato per sesso, data di 

nascita, luogo di nascita e classe di età materna. 

Il livello di deprivazione viene riassunto in un indice di deprivazione (ID) in 4 livelli 

che si basa sulla combinazione delle seguenti informazioni riferibili a entrambi i 

genitori: occupazione, posizione nell’occupazione, titolo di studio, parità, stato civile. 

Comparando il livello di deprivazione tra i genitori di bambini con il gruppo selezionato 

di DC e un appropriato gruppo di controllo viene stimato attraverso un modello 

logistico per dati ordinali l’aumento di rischio attribuibile ai fattori socio-economici 

selezionati. 

Risultati preliminari 

Sono stati rilevati 21 casi di DTN e 117 casi di SOF. La stima del rischio all’aumentare 

del livello di deprivazione, misurata con l’Odds Ratio, rivelava un rischio aumentato di 

occorrenza di DTN (OR= 2,44, I.C.: 1,02 – 5,55 ). Per le SOF l’OR stimato non indica 

un rischio aumentato al crescere del livello di deprivazione(OR= 1,11 I.C.: 0,92 – 1,33) 

Conclusioni 

I DTN sembrano essere associati ad un più basso livello socio-economico, misurato 

attraverso l’indice adottato. Inoltre, sembra esserci un gradiente tra i vari livelli dell’ID 

e l’occorrenza di DTN. Il fenomeno potrebbe essere spiegato da stili di vita che 

rappresentano fattori di rischio per questi difetti e che sono più diffusi nelle classi 

sociali svantaggiate (obesità, mancata prevenzione con acido folico), oppure con il fatto 

che tali difetti sembrano avere un’elevata suscettibilità ambientale connessa con il luogo 

di residenza. 

Per i SOF i dati analizzati non evidenziano una relazione significativa con il livello 

socio-economico. I risultati dello studio suggerirebbero come il livello socio-economico 

possa rappresentare un fattore di rischio selettivo per specifici DC. 

300


MORTALITÀ INFANTILE IN ITALIA: SIDS E ALTRE CAUSE INATTESE 

Clara Bianchi 1 , Lidia Fagiolo 1 , Cristina Montomoli 2 , Luisa Frova 3 , Marilena Pappagallo 3 , Bruno 

Caffari 1 , Giuseppe Traversa 1 

¹Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della salute, Istituto Superiore 

di Sanità, Rom; ²Dipartimento Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, Università 

di Pavia; ³Direzione Generale per le Statistiche e le Indagini sulle Istituzioni Sociali, Servizio 

Sanità e Assistenza, Istituto Nazionale di Statistica 

Background e Obiettivi 

Nei Paesi occidentali la mortalità nel primo anno di vita è da attribuire per lo più a cause 

note quali le malformazioni congenite e le cause perinatali. 

Per una quota ridotta di eventi non esiste una causa evidente: queste morti “inattese” 

prendono il nome di SIDS 

(Sudden Infant Death Syndrome) e la loro incidenza non è stata finora stimata a livello 

nazionale. 

Obiettivo dello studio è descrivere la mortalità infantile in Italia. Obiettivo specifico è 

un approfondimento sulla mortalità per cause inattese in età post-neonatale, con 

particolare attenzione alle caratteristiche demografiche e alla stagionalità. 


Le informazioni sui decessi provengono dagli archivi delle schede di morte dell’ISTAT 

e la popolazione di riferimento deriva dalle rilevazioni ufficiali delle nascite e della 

popolazione residente. La mortalità generale e per grandi cause è descritta per il periodo 

1990-2001. 

Per il periodo 1999-2001 è stato condotto un approfondimento sulle cause inattese. In 

particolare è stata effettuata una selezione sui codici ICD 9 (Classificazione 

Internazionale delle Malattie, IX revisione): oltre alla SIDS propriamente detta (798.0) 

sono stati inclusi i decessi per “altre cause mal definite” (780-797, 799), per “arresto 

cardiaco” (427.5) e per “corpo estraneo in laringe” (933.1). 

Una revisione della descrizione in chiaro delle cause di morte e degli stati morbosi 

concomitanti ha permesso di validare le codifiche e di includere i decessi classificati 

con codici ICD 9 diversi da quelli d’interesse ma riconducibili a SIDS. 

Risultati 

La mortalità infantile ha subito un forte decremento dal 1990 al 2001: la flessione 

maggiore si osserva per la mortalità neonatale che è passata da 62 decessi per 10.000 

nati vivi dei primi anni ’90 a 35 alla fine del periodo (1999-2001). 

In età post-neonatale la mortalità per tutte le cause si attesta su 12,5 decessi per 10.000 

nati vivi nel triennio 1999-2001. La mortalità per SIDS rappresenta circa il 6% della 

mortalità post-neonatale ed ha subito una forte riduzione negli anni (-46%). 

La procedura di revisione ha condotto a selezionare 311 decessi per cause “inattese” nel 

triennio 1999-2001 (1,9 decessi per 10.000 nati vivi). Per questi decessi si osserva una 

maggiore proporzione di maschi (M/F = 1,5) e una concentrazione nei primi mesi di vita 

(età mediana 97 giorni). 

Circa il 50% dei decessi si verifica nel quadrimestre novembre-febbraio (vs. 36% per il 

totale dei decessi). 

301


Conclusioni 

La mortalità infantile si mostra in forte decremento, in particolare nel primo mese di 

vita. Parallelamente l’incidenza di mortalità per SIDS nei 12 anni si è quasi dimezzata. 

La mortalità per l’insieme delle cause inattese è inferiore alle stime presenti a livello 

internazionale. La distribuzione per età e sesso e la stagionalità sono sovrapponibili ai 

dati di letteratura. 

302


VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE A FUMO PASSIVO IN LUOGHI 

PUBBLICI E CONSIDERAZIONI SULL’EFFICACIA DELLA NUOVA 

LEGISLAZIONE IN MATERIA 

Antonio Gasparrini 1 , Daniela Marcolina 2 , Marco Albertini 3 , Maria Cristina Fondelli 1 , Elizabeth 

Tamang 5 , Giuseppe Gorini 1 , Manel Nebot 4 

1 UO Epidemiologia ambientale occupazionale - Centro per lo Studio e la Prevenzione 

Oncologica (CSPO), Firenze; 2 Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di 

Lavoro (SPISAL) - ULSS 1, Belluno; 3 Ufficio Rapporti Internazionali - ULSS 20, Verona; 

4 Agència de Salut Pública de Barcelona, España 

5 Centro Regionale di Riferimento per la Prevenzione, Dorsoduro, Venezia, Italia 

Introduzione 

Il fumo passivo (ETS), recentemente classificato dalla IARC come cancerogeno certo 

per l’uomo, è causalmente associato a tumore del polmone e a patologie cardiovascolari, 

oltre a numerose patologie infantili. E' stato stimato che ogni anno in Italia 

sono attribuibili a fumo passivo 300-400 morti per tumore del polmone, e circa 2.000 

morti per malattie ischemiche del cuore. 

Obiettivo 

Lo studio si propone di quantificare l’esposizione a fumo passivo nei luoghi di lavoro e 

di svago in due città italiane (Firenze e Belluno), nell’ambito del progetto multicentrico 

europeo EB-ETSPV, che coinvolge altri 5 paesi membri dell’UE (Francia, Grecia, 

Irlanda, Austria e Spagna) e due paesi candidati (Polonia e Slovenia). È stata inoltre 

effettuata una valutazione dell’efficacia della nuova legislazione sul fumo passivo 

(legge Sirchia) comparando i livelli di concentrazione in relazione all’entrata in vigore 

del provvedimento. 


Il marker utilizzato è la nicotina in fase di vapore, raccolta tramite campionatori passivi 

contenenti un filtro trattato con sodio bisolfato. L’analisi chimica dei filtri è stata 

effettuata nel laboratorio dell’Agenzia di Sanità Pubblica di Barcellona, Spagna, 

utilizzando la gas-cromatografia accoppiata con spettrometria di massa (GC/MS). 

Questo metodo è stato precedentemente validato e ampiamente utilizzato in numerosi 

studi di esposizione a fumo passivo. 

Setting 

Le misurazioni sono state effettuate in uffici pubblici, stabilimenti industriali e locali di 

intrattenimento (bar, discoteche, pub, ristoranti) nelle città di Firenze e Belluno, per un 

totale di 168 campionamenti realizzati dal luglio 2004 al marzo 2005. La misura 

prevedeva un totale di 4 ore di campionamento personale in pub e discoteche, e 1 

settimana di campionamento fisso negli altri ambienti. 

Risultati 

Nel periodo precedente all’applicazione della nuova legge, i livelli di nicotina 

ambientale sono risultati estremamente elevati in pub e discoteche (in mediana 

rispettivamente 36,5 e 70,9 μg/m 3 ), più contenuti in ristoranti e bar (1,4 e 1,8 μg/m 3 ), 

bassi in uffici pubblici e stabilimenti industriali (0,5 e 0,4 μg/m 3 ), sebbene con 

differenze sostanziali tra le due città. 

303


L’entrata in vigore della nuova legislazione ha prodotto una notevole diminuzione dei 

livelli di esposizione, nonostante, almeno in pub e discoteche, persistano concentrazioni 

non trascurabili. 

Conclusioni 

Questi dati permettono una valutazione dell’esposizione a fumo passivo in molti settori 

lavorativi e di svago, e una stima della compliance della nuova legislazione anti-fumo, 

con misure dirette della concentrazione di nicotina nel periodo precedente e 

immediatamente successivo alla legge. La valutazione dell’efficacia del provvedimento 

è particolarmente importante in locali notturni come pub e discoteche, dove le 

concentrazioni precedenti alla legge erano molto alte. 

304


POSIZIONE SOCIOECONOMICA E PARTO CESAREO 

Cesaroni G., Forastiere F., Perucci C.A. 

Dipartimento di Epidemiologia ASL RME, Roma 

Introduzione 

All’inizio degli anni 70 la percentuale di parti cesarei era inferiore al 6% in quasi tutti i 

paesi del mondo. Da allora si è assistito a un grandissimo aumento in quasi tutti i paesi 

industrializzati e in molti paesi in via di sviluppo. Studi effettuati negli ultimi decenni su 

una possibile associazione tra posizione socioeconomica e parto cesareo hanno dato 

risultati contrastanti. 

Obiettivo 

Studiare l’effetto dell’istruzione di entrambi i genitori sul rischio di parto cesareo. 

Disegno 

Analisi di dati correnti: le registrazioni delle nascite 

Setting 

Roma 

Popolazione in studio 

Nati vivi da parti singoli di primipare residenti a Roma dal 1990 al 1996. 

Outcome 

Cesareo come metodo del parto. 


Modelli logistici sono stati utilizzati per analizzare il ruolo dell’istruzione dei genitori 

tenendo conto dell’età materna, della presentazione del feto, della tipologia 

dell’ospedale dove è avvenuto il parto e del peso alla nascita, che abbiamo considerato 

come proxy di possibili problemi del feto. 

Risultati 

Negli anni considerati sono nati 88698 bambini con le caratteristiche considerate e il 

32.5% con un parto cesareo (30% negli ospedali pubblici e 44% nelle strutture private). 

Fattori clinici e non clinici risultati associati con un più alto tasso di parti cesarei sono: 

età materna, malpresentazione del feto e partorire in case di cura private. Gli odds ratio 

(OR) grezzi mostrano un’associazione diretta tra istruzione dei genitori e parto cesareo: 

la bassa istruzione sembra essere un fattore che favorisce il parto naturale (OR=0.89 per 

le donne con licenza elementare verso le laureate, 95%IC:0.81-0.98 ). Quando si tiene 

conto dell’età materna l’associazione si inverte e le donne con la più bassa istruzione 

hanno un rischio di partorire con cesareo 23% più elevato delle laureate (OR=1.23, 

95%IC 1.12-1.36). I risultati sono simili per l’istruzione del padre. La presentazione del 

feto, il peso e il periodo in cui è avvenuto il parto, non sembrano essere fattori di 

confondimento dell’associazione tra istruzione dei genitori e modalità di parto. Esiste 

un effetto dell’istruzione della madre sia in coppie dove l’uomo ha un diploma di 

istruzione secondaria o di laurea, sia in quelle dove l’uomo ha un’istruzione bassa. 

Esiste un trend statisticamente significativo con un aumento dei cesarei all’abbassarsi 

dell’istruzione paterna nel caso in cui le madri abbiano un livello di istruzione alto. 

305


L’analisi stratificata per tipo di ospedale mostra negli ospedali pubblici le donne più 

svantaggiate hanno un rischio di partorire con un parto cesareo 50% più elevato delle 

meno svantaggiate. 

Conclusioni 

Una volta considerata l’età materna esiste un’associazione inversa tra livello di 

istruzione dei genitori e parto cesareo. L’effetto dei due indicatori considerati è molto 

simile, ma l’istruzione della madre sembra avere un ruolo indipendente dall’istruzione 

del padre. 

306


OSPEDALIZZAZIONE POTENZIALMENTE EVITABILE NELLA CITTÀ DI 

BOLOGNA, 1997 – 2000: ANDAMENTO TEMPORALE E DIFFERENZE PER 

LIVELLO DI REDDITO 

Monica Pirani 1 , Patrizia Schifano 2 , Nerina Agabiti 2 , Marina Davoli 2 , Nicola Caranci 3 , Carlo A. 

Perucci 2 

1 Osservatorio Dipendenze Patologiche Azienda Usl Parma 

2 Dipartimento di Epidemiologia ASL RME, Roma 

3 Agenzia Sanitaria Regionale dell’Emilia Romagna / ASL 5 Grugliasco (To) 

Background e Obiettivo 

L’ospedalizzazione potenzialmente evitabile consiste nel ricovero per condizioni 

suscettibili di appropriata e tempestiva prevenzione, gestione e controllo in ambiente 

ambulatoriale. Tali condizioni, note in letteratura come Ambulatory Care Sensitive 

Conditions (ACSC) sono proposte come indicatore di qualità dell’assistenza primaria. 

L’obiettivo è descrivere l’andamento temporale delle ospedalizzazioni per ACSC dal 

1997 al 2000 a Bologna e analizzarne l’associazione con il livello di reddito. 


Sono state identificate 14 ACSC per la popolazione adulta/anziana (>20 anni) e 8 per la 

popolazione in età pediatrica/giovanile (< 20 anni). Si sono selezionate le dimissioni per 

ACSC, dagli Ospedali della Regione Emilia-Romagna di residenti a Bologna nel 

periodo considerato. Si sono calcolati i tassi standardizzati per età ed i rapporti tra i tassi 

rispetto all’indicatore di reddito. Si è applicato un modello log-lineare di Poisson nel 

gruppo dei bambini/giovani e un modello binomiale negativo in quello degli 

adulti/anziani. 

Risultati 

Sono stati selezionati 2,359 ricoveri per ACSC nei bambini/giovani (17.61% del totale 

delle ospedalizzazioni nella stessa fascia di età) e 27,822 ricoveri negli adulti/anziani 

(11.06% del totale delle ospedalizzazioni nella la stessa fascia di età). Nei 

bambini/giovani il tasso annuale standardizzato è 122.7 per 10000 abitanti e negli adulti 

176.6. L’eccesso di rischio d’ospedalizzazione per ACSC è del 54% nei 

bambini/giovani, confrontando il livello di reddito più basso con quello più elevato, ma 

sale al 62% negli adulti/anziani. L’indice di comorbilità di Charlson nel gruppo 

adulti/anziani è elevato: 14.8% con punteggio paria a 0, 60.6% punteggio 1-2 e 24.6% 

punteggio >3. L’ospedalizzazione evitabile nei bambini/giovani è significativamente 

associata ai livelli medio-bassi di reddito (RR 1.55 IC95%: 1.35-1.78 per livello più 

basso di reddito), all’essere maschio (RR 1.10 IC95%: 1.02-1.19) e all’età


STATO SOCIOECONOMICO E INTERVENTI DI PROTESI D’ANCA: UNO 

STUDIO RETROSPETTIVO A ROMA 

Nera Agabiti, Sally Picciotto, Giulia Cesaroni, Francesco Forastiere, Carlo Alberto Perucci 

Dipartimento di Epidemiologia ASL RM/E, Roma 

Introduzione 

Lo studio dell’accesso ad interventi sanitari di provata efficacia e dei loro esiti consente 

di indagare due componenti del percorso delle disuguaglianze: l’accessibilità ai servizi 

(a parità di domanda) e la qualità delle cure (a parità di offerta). Gli interventi di 

sostituzione protesica delle articolazioni maggiori si prestano a tale tipo di valutazione 

in quanto “chirurgia elettiva” molto diffusa in grado di assicurare il recupero funzionale 

articolare ed il miglioramento della qualità della vita nei pazienti affetti da 

osteoartrosi/artrite. 

Obiettivi dello studio 

Descrivere l’occorrenza degli interventi di sostituzione protesica dell’anca a Roma e 

stimare l’associazione tra livello socioeconomico ed esiti a breve e lungo termine 

tenendo conto delle caratteristiche dei pazienti. 


Dall’archivio del Sistema Informativo Ospedaliero del Lazio è stata selezionata una 

coorte di persone residenti a Roma con età >= 65 anni sottoposte ad intervento di 

sostituzione protesica dell’anca (codici ICD-IX-CM 81.51 e 81.52) nel periodo 1997- 

2000, escludendo le fratture del femore. Ad ogni persona è stato attribuito un indicatore 

di reddito costruito per sezione di censimento usando i dati dell’Anagrafe Tributaria 

relativi alla dichiarazione dei redditi 1998. Attraverso procedure di record linkage è 

stata ricostruita la storia di ospedalizzazione successiva al ricovero indice. Esiti in 

studio: i) riammissione ospedaliera per qualsiasi causa entro 60 giorni; ii) riammissione 

ospedaliera per revisione di sostituzione (codice ICD-9-CM 81.53) entro 24 mesi 

dall’intervento. Analisi dei dati: regressione logistica; modello proporzionale di Cox. 

Variabili incluse nei modelli: sesso, età (65-74; 75-84; 85+ anni), diagnosi principale 

(artrosi-forme degenerative, artriti-forme infiammatorie, altre patologie), indice di 

comorbidità Charlson-Deyo (0, >0), tipo di intervento (sostituzione parziale, 

sostituzione totale), quintili di reddito (I alto, V basso). 

Risultati 

Sono state studiate 2871 persone, età media 73 anni (SD 5.6), 69.3% donne. La 

proporzione di persone di reddito più alto è pari a 21% contro il 16% di reddito più 

basso. Rispetto al I quintile, le persone con reddito più basso hanno maggiore 

probabilità di essere nella fascia di età 65-74 anni (68.2 vs 55.8%), di avere artrosi (89.7 

vs 85.1%) e patologie concomitanti (6.9 vs 4.9%). Un totale di 129 casi (4.5%) sono 

stati riammessi in ospedale entro 60 giorni dall’intervento; non è evidente una relazione 

significativa con il reddito. Il tasso di revisione di sostituzione protesica entro 24 mesi è 

pari a 1.67%; fattori di rischio sono il sesso maschile, l’età >= 85 anni, le artriti/forme 

infiammatorie ed il reddito basso (IV vs I quintile HR= 2.52, IC 95% 1.02-6.24; V vs I 

quintile HR=1.46 IC 95% 0.51-4.20). 

Conclusioni 

Lo svantaggio delle classi meno abbienti nell’accesso alla chirurgia elettiva ortopedica 

può essere messo in relazione a molteplici fattori, in parte legati al paziente (differente 

309


percezione del dolore e della disabilità, minore disponibilità all’intervento chirurgico, 

difficoltà nella scelta dei servizi), in parte alla struttura e all’operatore sanitario 

(differente gestione del caso e ritardo nel formulare le indicazioni all’intervento). La 

diversa incidenza di eventi avversi dopo la chirurgia suggerisce una possibile variabilità 

nelle procedure e nei percorsi di cura all’interno dell’ospedale. 

310


MORTALITÀ PER MESOTELIOMA IN ITALIA NEI PROSSIMI TRENTA 

ANNI: PREVISIONI SULLA BASE DI UN MODELLO ETÀ/COORTE E DEI 

CONSUMI DI AMIANTO 

Alessandro Marinaccio 1 , Giuseppe Gorini 2 , Marina Mastrantonio 3 , Fabio Montanaro 4 

1 Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL). Dipartimento di 

medicina del lavoro. Laboratorio di epidemiologia e statistica sanitaria occupazionale. Roma; 

2 Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (CSPO). Unità di epidemiologia 

occupazionale ed ambientale. Firenze; 3 Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente 

(ENEA). Sezione di Tossicologia e Scienze Biomediche. Roma; 4 Registro Tumori del Canton 

Ticino. Istituto di Patologia. Locarno. Svizzera 

Introduzione e Obiettivo 

L’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 il secondo produttore di amianto in Europa, 

dopo l’Unione Sovietica, con più di 160.000 tonnellate/anno nel periodo di picco (1976- 

79) e le importazioni soprattutto da Canada, Sud Africa ed Australia sono state molto 

consistenti fino al bando del 1992 (dalle 60.000 alle 77.000 tonnellate/anno nel periodo 

1975-1992). L’andamento dei consumi pro/capite mostra un ritardo rispetto a gran parte 

dei paesi industrializzati (Stati Uniti, Australia, Gran Bretagna, paesi scandinavi) di 

circa 10 anni. L’obiettivo dello studio è stato di formulare previsioni sulla mortalità 

negli uomini per mesotelioma in Italia a partire dall’analisi dell’andamento della 

mortalità per tumore maligno della pleura e dei consumi di amianto grezzo. 


Per studiare gli effetti della coorte di nascita, dell’età e del periodo di decesso sui tassi 

di mortalità per mesotelioma maligno della pleura negli uomini sono stati stimati i 

parametri di un modello di regressione log-lineare di Poisson a partire dai casi osservati 

di tumore maligno della pleura nel trentennio 1970-1999. E’ stata definita la relazione 

fra decessi per mesotelioma e consumi di amianto in Italia con una ipotesi di latenza di 

40 anni. Dopo avere considerato diverse ipotesi sul rapporto fra tumore della pleura e 

mesotelioma e sul livello di accuratezza delle diagnosi di mesotelioma nel tempo, i 

modelli di regressione stimati sono stati utlizzati per formulare previsioni sulla mortalità 

per mesotelioma in Italia negli uomini fno al 2030. 

Risultati 

I risultati prevedono circa 800 decessi per mesotelioma fra gli uomini in Italia per il 

periodo 2012-2024. Le coorti più a rischio risultano quelle dei nati nei quinquenni 

1945-49 e 1950-54 e i rischi per coorte decrescono in Italia meno velocemente rispetto a 

molti paesi per i quali sono stati pubblicati studi analoghi (Stati Uniti, Gran Bretagna e 

paesi Scandinavi). I modelli di regressione stimati (di Poisson per le analisi età/coorte e 

sulla base della relazione con i consumi di amianto) forniscono risultati fra loro 

congruenti. 

Conclusioni 

I risultati inducono a ritenere particolarmente preoccupante la situazione italiana in 

relazione ai consumi pro/capite di amianto assai elevati e ritardati nel tempo rispetto a 

gran parte dei paesi industrializzati per i quali sono disponibili i dati. 

La diminuzione dei tassi di incidenza e mortalità per mesotelioma recentemente 

documentata per gli Stati Uniti e per la Svezia non sembra in corso in Italia. I risultati 

devono essere valutati con cautela alla luce della complessità della relazione fra 

consumi di amianto ed esposizione, dell’impossibilità di inserire nell’analisi gli effetti 

311


delle misure di protezione introdotte nei luoghi di lavoro precedentemente al bando 

dell’amianto del 1992 ed ai problemi metodologici connessi alla identificabilità nei 

modelli età/coorte. 

312


CONSUMO DI ALCOL E RISCHIO DI CANCRO GASTRICO NELLA 

COORTE EUROPEA EPIC: RISULTATI PRELIMINARI 

Marco Ceroti 1 , Calogero Saieva 1 , Vittorio Krogh 2 , Paolo Vineis 3 , Rosario Tumino 4 , Salvatore 

Panico 5 , Giovanna Masala 1 , Carlos A. Gonzalez 6 , Elio Riboli 7 , Domenico Palli 1 

1 UO Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale, CSPO, Istituto Scientifico della Regione 

Toscana, Firenze; 

2 Dipartimento di Epidemiologia, Istituto Nazionale Tumori, Milano; 

3 Dipartimento di Epidemiologia dei Tumori, Università di Torino, Torino; 4 Registro Tumori di 

Ragusa, Ragusa; 5 Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università Federico II, 

Napoli; 6 Dipartimento di Epidemiologia, Istituto Catalano di Oncologia, Barcellona, Spagna; 

7 Unit of Nutrition and Cancer, IARC, Lione, Francia 

Introduzione 

Diversi fattori (alimentari, infettivi e genetici) sembrano rivestire un ruolo importante 

nel complesso processo multifattoriale della cancerogenesi gastrica. Numerosi studi 

epidemiologici, condotti in differenti Paesi, hanno valutato il ruolo del consumo di alcol 

come fattore di rischio per il tumore gastrico, con risultati contrastanti. Un ampio 

numero di studi di coorte e caso-controllo non ha dimostrato alcuna associazione tra 

consumo di alcol e sviluppo di cancro gastrico, mentre in altri studi è emersa 

un’associazione positiva, talora non significativa, soprattutto con il consumo di vino e 

liquori. 

Scopo 

Descrivere l’associazione tra consumo di alcol e rischio di cancro gastrico nella coorte 

europea EPIC, un ampio studio multicentrico prospettico su “dieta e cancro” condotto in 

10 paesi europei nel periodo 1993-1998. 


Utilizzando i dati relativi alle abitudini alimentari e di stile di vita raccolti mediante 

questionari standardizzati, e i dati di follow-up relativi all’intera coorte europea si è 

stimato il rischio di cancro gastrico per i soggetti che riferiscono all’arruolamento di 

essere dei bevitori (distinti in quartili specifici per sesso), mediante modelli di 

regressione di Cox, stratificati per Paese partecipante, aggiustati per potenziali 

confondenti (sesso, BMI, fumo, livello di istruzione, consumo di frutta, verdura, carne, 

pesce ed intake calorico) e con l’età quale asse temporale. Sono stati esclusi dalle analisi 

i casi di tumore di natura “non epiteliale”, i casi incidenti entro il primo anno di followup, 

i casi prevalenti, i soggetti con valori di alcol “missing” e i soggetti con valori 

estremi di intake di calorie. 

Risultati 

Nell’ambito della coorte EPIC europea (oltre 408.000 volontari arruolati), nel corso del 

follow-up (media 5,3 anni), sono stati individuati 251 casi incidenti di cancro gastrico. I 

casi sono perlopiù di sesso maschile, di età avanzata, con minor livello d’istruzione e 

risultano con maggior frequenza fumatori rispetto ai controlli. Non emergono differenze 

significative riguardo il consumo di alcol all’arruolamento, che tende comunque ad 

essere più elevato tra i soggetti di sesso maschile e tra i fumatori, sia tra i casi che tra i 

controlli. Dalle analisi è emerso un suggerimento di un aumentato rischio per il quartile 

più alto dei bevitori nell’ambito dell’intera coorte. 

Tale associazione sfiora la significatività statistica in un’analisi stratificata per sede, in 

particolare per i tumori a sede non-cardiale (RR=1,79; IC95%: 0,99-3,25). Ulteriori 

313


analisi basate sul consumo di alcol misurato in unità equivalenti a bicchieri “medi” (11 

g) hanno evidenziato un significativo aumentato rischio di cancro gastrico per i soggetti 

che riferiscono di bere 5 o più bicchieri al giorno (RR=2,01; IC95%: 1,20-3,36). 

Conclusioni 

Analisi preliminari condotte nella coorte europea EPIC suggeriscono un aumentato 

rischio di cancro gastrico per i soggetti che riferiscono un consumo di alcol superiore ai 

55 g/die. Sono in corso ulteriori approfondimenti riguardo la storia cumulativa di 

consumi alcolici e la stima del rischio legato a specifiche bevande (vino, birra, liquori). 

314


PATOLOGIA TUMORALE NEGLI ADDETTI ALLA PRODUZIONE DI 

ROTABILI FERROVIARI 

Pizzo A.M. 1 , Alberghini S. 1 , Ciapini C. 2 , Fondelli C. 1 , Gorini G. 1 , Innocenti A. 2 , Silvestri S. 1 , 

Seniori Costantini A. 1 

1 U.O. Epidemiologia ambientale occupazionale, CSPO-Centro per lo Studio e la Prevenzione 

Oncologica, Istituto Scientifico della Regione Toscana, Firenze; 2 UF PISLL – Azienda USL 3, 

Pistoia 

Introduzione 

Negli ambienti di lavoro della ditta Breda di Pistoia dal 1956 al 1979 si è verificata 

esposizione ad amianto; le fibre implicate sono state la crocidolite e l’amosite. Uno 

studio di mortalità sui dipendenti delle ditta Breda è stato condotto con chiusura del 

follow-up di mortalità al 31/12/96 (Seniori Costantini et al., Med Lav 91, 1:32-45, 

2000). La coorte comprende tutti i dipendenti maschi (n. 3558) e femmine (n. 181) 

presenti al lavoro nel 1960 e tutti gli assunti da questa data al 31/12/1995 (fonte: libri 

matricola della ditta Breda). L’informazione sulla mansione è di tipo binario: 

operaio/impiegato. I risultati di questa analisi, in termini di Rapporti Standardizzati di 

Mortalità (SMR), sono stati: un eccesso per il tumore del polmone (SMR:1,21; IC: 1,00- 

1,45) e della pleura (SMR:5,42; IC: 2,47-10,29) per i soggetti di sesso maschile. Inoltre 

l’analisi stratificata per mansione ha evidenziato SMR statisticamente significativi solo 

nella categoria degli operai. 

Obiettivi 

Di questo contributo sono: (1) presentare i risultati dello studio di coorte, per i soggetti 

maschi, con aggiornamento del follow-up al 31/12/2000 su tumore del polmone e 

mesotelioma pleurico; (2) confrontare i risultati dell’analisi considerando le variabili 

tempo-dipendenti latenza e durata; (3) indagare la mortalità differenziata per livello di 

esposizione (esposizione cumulativa: fibre/cc/anno di amianto) tramite l’utilizzo di una 

matrice mansione-esposizione, per una sottocoorte di soggetti che presentano 

l’informazione dettagliata su periodo lavorativo, mansione e reparto. 


La coorte esaminata è composta dai soggetti maschi, che hanno svolto mansione di 

operaio (n. 2737). Sono esclusi dall’analisi i soggetti che non erano presenti al lavoro 

negli anni di utilizzo dell’amianto (1956-1979), e quei soggetti che hanno una durata di 

lavoro inferiore ad un mese (totale esaminati: 2.246). Informazioni più dettagliate sulla 

tempistica delle mansioni/reparti sono state raccolte dall’archivio cartaceo della ditta 

Breda. Le informazioni sono state recuperate per una sottocoorte di 2034 soggetti dei 

2737. L’analisi di mortalità è stata effettuata stimando il rischio relativo attraverso gli 

SMR con limiti di confidenza al 95% (IC). Gli eventi attesi sono stati calcolati 

utilizzando i tassi di mortalità della popolazione italiana specifici per sesso, età e anno 

di calendario. E’ stata costruita una matrice di esposizione ad amianto per 

anno/reparto/mansione. 

Risultati 

Per quanto riguarda la coorte di 2246 soggetti gli anni persona a rischio sono 67984; i 

decessi per tumore del polmone sono 117; quelli per mesotelioma pleurico 10. Si 

conferma un eccesso di mortalità per tumore del polmone (SMR: 1,26; IC: 1,05-1,51) e 

315


della pleura (SMR: 5,53; IC: 2,65-10,18) nella categoria degli operai che hanno lavorato 

nella ditta negli anni di utilizzo dell’amianto. 

L’eccesso di tumore della pleura è significativamente superiore all’atteso già con durata 

minima di 10 anni e latenza minima di 20 anni dall’esposizione. L’eccesso di tumore 

del polmone è a carico di quei soggetti con latenza dall’esposizione minima di 30 anni e 

durata di esposizione minima di 20 anni. Nella sottocoorte di 2034 soggetti gli anni 

persona a rischio sono 56605 i decessi per patologia neoplastica polmonare sono 69, per 

mesotelioma pleurico sono 9. L’analisi di mortalità per mesotelioma pleurico evidenzia 

un eccesso significativo nelle categorie di esposizione cumulativa: 0.048-2.4 ff/cc/anno 

(SMR: 3.59; IC:1.16-11.12), >2.4-14.4 ff/cc/anno (SMR: 18.09; IC:7.53-43.46), >14.4 

ff/cc/anno (SMR: 31.26; IC:4.40-212.93). E’ in corso sia un’analisi di verifica di 

eventuali selezioni (es. anno di ingresso al lavoro) per i soggetti di cui è stata recuperata 

l’informazione sulla mansione vs quelli per cui non è stata recuperata, sia l’analisi di 

mortalità differenziata per livello di esposizione per tumore del polmone. 

316


EPIDEMIOLOGIA DEL CARCINOMA DUTTALE IN SITU DELLA 

MAMMELLA 

S. Pitarella, A. Ponti, R. Zanetti, N. Segnan 

CPO Piemonte, Torino 

Questo intervento fornisce una rassegna sull’epidemiologia descrittiva del carcinoma 

duttale in situ della mammella (CDIS) a livello italiano ed internazionale e presenta 

un’analisi dei trend temporali eseguita sui dati del Registro Tumori Piemonte. 

Il CDIS è probabilmente oggi in Italia, per frequenza di nuovi casi, il quinto tumore 

maligno nelle donne. I fattori di rischio sono sovrapponibili a quelli dei carcinomi 

mammari invasivi ma la storia naturale delle forme duttali in situ è ancora incerta: 

quanti di questi tumori, se non diagnosticati precocemente e curati, avrebbero 

progredito e si sarebbero trasformati in tumori invasivi? Dal momento che la 

sopravvivenza dei casi trattati è virtualmente del 100%, il numero di donne con una 

storia di CDIS e inserite in programmi di follow up clinico è cospicuo e crescente. 

Secondo i dati del SEER disponibili sul sito del National Cancer Institute, negli Stati 

Uniti negli ultimi vent’anni l’incidenza standardizzata per età di questa forma tumorale 

è aumentata di sette volte (tutte le età) e di dieci volte (età 50+) in stretta relazione alla 

parallela diffusione della mammografia, superando nel 2001 nelle donne di cinquanta 

anni e oltre l’incidenza di 90 casi per 100.000 donne per anno. Purtroppo i dati 

disponibili per descrivere questa epidemia in Europa sono scarsi. Infatti, le regole 

internazionali di registrazione dei tumori assegnano per ora alle forme in situ un ruolo 

secondario di importanza ed i dati sui CDIS sono assai raramente pubblicati. In Italia un 

recente studio multicentrico tra sei Registri Tumori ha mostrato che l’incidenza del 

CDIS nelle donne di 50-69 anni è aumentata di più di cinque volte nel periodo 1988- 

1999, avvicinandosi negli ultimi anni ’90 ad un’incidenza di 30 casi per 100.000. 

Il Registro Tumori Piemonte dispone di dati sui CDIS nelle donne residenti a Torino per 

il periodo 1988-2000. In questa città è attivo un programma di screening dal 1992. I 

tassi di incidenza età specifici per la classe 50-69 passano da 3.8 per 100.000 negli anni 

1988-89 a 20.5 nel 1994-1995 e a 42.0 nel 1999-00. Nell’ultimo biennio il 75% dei 

CDIS incidenti erano stati identificati a seguito di una mammografia di screening 

effettuata entro il programma regionale. Per la casistica di screening (1992-2003) si 

dispone del dato sul trattamento. Diversamente da quanto riferito in letteratura per altre 

serie temporali, qui non si è documentato a parità di dimensione dei tumori un trend 

crescente per l’utilizzo della chirurgia conservativa, già attestata al 80-90% nei primi 

anni ’90. Questo dato inatteso potrebbe essere spiegato con l’aver reso disponibili fin 

dall’inizio del programma di screening documenti di consenso sulla diagnosi e la terapia 

dei casi identificati a seguito della mammografia. 

317


SPECIALIZZAZIONE E ADESIONE ALLE LINEE GUIDA CLINICHE SUL 

CARCINOMA DELLA MAMMELLA: STUDIO DI POPOLAZIONE IN 

PIEMONTE 

C. Sacerdote, A. Ponti, R. Bordon, S. Pitarella, M.P. Mano, A. Vigna Suria, I. Baldi, D. Di 

Cuonzo, M. Tomatis, E. Mura, G. Ciccone, P. Vineis, N. Segnan 

CPO Piemonte 


Il grado di specializzazione delle Unità cliniche di diagnosi e terapia è considerato uno 

dei probabili determinanti della qualità delle cure e della sopravvivenza per il carcinoma 

della mammella. Linee guida internazionali e, in Piemonte, le Linee Guida clinico 

organizzative regionali (LGR) raccomandano che i casi vengano diagnosticati e trattati 

da servizi dotati di un sufficiente volume di attività, almeno 150 nuovi casi all’anno, e 

dei necessari collegamenti multidisciplinari. 

Obiettivo dello studio è stabilire se il risultato degli indicatori di processo definiti dalle 

LGR sia correlato al volume di attività dei servizi chirurgici che hanno effettuato 

l’intervento. La ricerca fa parte del Progetto Qualità finanziato dalla Fondazione San 

Paolo. 


Degli indicatori adottati dalle LGR nei capitoli su diagnosi, chirurgia e anatomia 

patologica sono stati inclusi nello studio quelli dotati di un obiettivo numerico (per 

esempio: almeno il 70% dei casi di cancro dovrebbe avere avuto la diagnosi prima 

dell’intervento chirurgico). Diciotto indicatori soddisfacevano queste condizioni e di 

questi 8 potevano essere misurati con le informazioni che nello studio si sarebbe stati in 

grado di raccogliere. Inoltre si è studiata l’ottemperanza alle raccomandazioni di 

effettuare radioterapia (RT) dopo intervento chirurgico conservativo e chemioterapia 

(CT) nei tumori con recettori per gli estrogeni negativi. 

Simulazioni basate sui risultati di studi precedenti hanno consentito di stabilire che 600 

soggetti sarebbero stati sufficienti per riconoscere con una potenza dell’80%, qualora 

fossero esistite, differenze di entità plausibile tra i risultati della maggior parte degli 

indicatori nelle categorie a confronto. Un campione casuale semplice è stato quindi 

estratto dall’archivio delle Schede di dimissione ospedaliera (SDO). Sono stati 

considerati eleggibili i ricoveri di donne 50-69enni residenti e operate per carcinoma 

mammario in Piemonte nel primo semestre 2002 (n=866), con esclusione dei casi 

prevalenti tramite ricerca nelle SDO 1998-01. 

Per le 600 donne del campione sono state ricercate le cartelle di tutti i ricoveri 

chirurgici, di RT e di CT e sono stati raccolti i dati relativi alle prestazioni ambulatoriali 

di RT contenute nell’archivio automatizzato regionale. Per la registrazione dei dati e il 

calcolo degli indicatori è stato adottato un database, SQTM, realizzato in precedenza. I 

servizi chirurgici sono stati suddivisi in tre categorie: meno di 50 nuovi casi di cancro 

della mammella all’anno, 50-149 casi e 150 o più. 

In 1 caso l’Ospedale ha rifiutato la documentazione e 40 soggetti sono risultati non 

eleggibili a seguito della lettura della cartella clinica. 

Per 8 dei 10 indicatori la classe di volume più bassa ha ottenuto il risultato peggiore: 

fanno eccezione la percentuale di interventi conservativi nei casi pT1 e l’effettuazione 

di CT nei carcinomi non endocrino-responsivi. Il test Chi-quadrato per il trend lineare 

secondo Mantel-Haenszel è tuttavia significativo (p


l’adozione del “triplo esame” in fase diagnostica, la disponibilità della diagnosi preoperatoria 

e il mancato uso dell’esame estemporaneo al congelatore quando questo, in 

lesioni piccole, è controindicato. La tabella seguente presenta gli Odds ratio della 

probabilità di seguire le raccomandazioni delle LGR per i reparti chirurgici dotati di 

minore volume di attività sulla mammella (OR=1) a confronto con le restanti categorie: 

Indicatore 

(numero casi) 

Triplo esame 

(445) 

Diagnosi preoperatoria 

(513) 

Non uso 

congelatore (91) 

320 

Obiettivo Risultato OR OR OR Chiquadrato 

Prob. 

< 50 50-149 >150 

> 95% 80.0% 1.0 2.2 8.7 35.47 0.0001 

> 70% 57.1% 1.0 1.6 2.4 11.96 0.0005 

> 95% 58.2% 1.0 2.1 7.1 10.12 0.0014 

Conclusioni 

I risultati saranno verificati controllando per i potenziali confondenti. Gli spunti emersi 

dallo studio saranno discussi con i clinici e i responsabili della Rete oncologica 

regionale. Per gli indicatori propri di sottogruppi poco numerosi (per esempio i 

carcinomi in situ) sarà opportuno campionare un maggior numero di casi per 

incrementare la potenza.


CIRROSI E RISCHIO DI TUMORE DELL’APPARATO DIGERENTE 

Giorgia Randi 1,2 , Andrea Altieri 1 , Silvano Gallus 1 , Silvia Franceschi 2 , Eva Negri 1 , Renato 

Talamini 3 , Carlo La Vecchia ,4 

1 Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano 

2 International Agency for Research on Cancer, Lyon, France 

3 Servizio di Epidemiologia, Centro di Riferimento Oncologico, Aviano (PN; 

4 Istituto di Statistica Medica e Biometria, Università degli Studi di Milano 

Obiettivi 

La cirrosi è una malattia notoriamente legata al tumore del fegato. Poco si conosce 

invece sui possibili legami tra cirrosi e rischio di tumore in altre sedi. 


Al fine di verificare il ruolo della cirrosi nella carcinogenesi di vari tumori del tratto 

digerente, abbiamo analizzato i dati di una serie integrata di studi caso-controllo 

condotti in Italia tra il 1983 e il 1997. Gli studi includevano 520 pazienti con tumore del 

cavo orale e faringe, 405 dell’esofago, 731 dello stomaco, 943 del colon, 613 del retto, 

425 del fegato, 63 della cistifellea e 395 del pancreas. I controlli erano 4.297 pazienti 

ricoverati negli stessi ospedali dei casi con diagnosi non-neoplastiche. 

Risultati 

Dopo aver opportunamente aggiustato per età, sesso, educazione, centro dello studio, 

consumo alcolico, consumo di tabacco ed eventuale diagnosi di epatite, gli odds ratio 

(OR) multivariati per la cirrosi erano 4.7 (intervallo di confidenza al 95% (95% CI): 

2.2-9.8) per il tumore del cavo orale e faringe, 2.6 (95% CI: 1.2-5.7) per l’esofago, 1.0 

(95% CI: 0.4-2.5) per lo stomaco, 1.0 (95% CI: 0.4-2.4) per il colon, 1.7 (95% CI: 0.7- 

4.1) per il retto, 20.5 (95% CI: 12.3-34.2) per il fegato, 2.1 (95% CI: 0.3-16.8) per la 

cistifellea e 0.9 (95% CI: 0.3-3.0) per il pancreas. 

Conclusioni 

Il nostro studio conferma e quantifica ulteriormente l’aumento di rischio di tumore del 

fegato e concorda con un aumento di rischio del tumore del cavo orale, della faringe e 

dell’esofago nei pazienti con cirrosi. 

321


VALUTAZIONE DEGLI ESITI PRECOCI DELLO SCREENING 

MAMMOGRAFICO: OSSERVAZIONI DALLA PRATICA CORRENTE 

Paolo Giorgi Rossi, Antonio Federici, Sara Farchi, Francesco Chini, Alessandra Barca, 

Gabriella Guasticchi, Piero Borgia 

Agenzia di Sanità Pubblica, Regione Lazio 

Obiettivo 

Nel Lazio, i programmi di screening mammografico si sono attivati gradualmente a 

partire dal 1999 fino al 2003; molti programmi non sono riusciti a invitare tutta la 

popolazione target entro i primi due anni dall’attivazione. Ciò ha dato l’opportunità di 

confrontare due popolazioni non auto-selezionate, nello stesso periodo e nelle stesse 

aree: le donne già invitate e quelle non ancora invitate. In questo studio sono stati 

confrontati i tassi d’incidenza di trattamenti per tumori maligni e benigni nei due 

gruppi. 


La popolazione target è 50-69. Sono stati linkati tutti i casi incidenti di intervento 

chirurgico per neoplasia maligna o benigna del seno dal Sistema Informativo 

Ospedaliero (1999-2003) al Sistema Informativo dello Screening Mammografico (1999- 

2001). I tassi d’incidenza calcolati sono aggiustati per età e per il tasso di mortalità per 

cancro della mammella registrato nel municipio di residenza. Per le donne invitate, 

screenate o no, il tasso d’incidenza è stato calcolato sempre su un periodo di due anni 

dall’invito. 

Risultati 

La popolazione target è di 681.000 donne; 116.000 donne sono state invitate nel periodo 

di studio; 3252 tumori maligni e 1566 benigni sono stati trattati. L’incidenza annuale è 

di 2.0/1000 maligni e 1.1/1000 benigni nelle non invitate, e 2.9/1000 maligni e 1.1/1000 

benigni nelle invitate. Fra le contattate l’incidenza annuale è di 4.3/1000 e 1.5/1000 

nelle donne screenate e 2.0/1000 e 0.9/1000 nelle non contattate. Circa la metà delle 

lesioni benigne trattate nelle donne screenate è stata operata contro la raccomandazione 

del programma di screening. 

Conclusioni 

L’implementazione dei programmi di screening non ha aumentato l’incidenza di 

benigni trattati, nonostante l’incremento del 50% di maligni trattati. 

322


EPIDEMIOLOGIA DELL’INFEZIONE DA VIRUS DELL’EPATITE C IN 

PERSONE IN EMODIALISI NEL LAZIO 

Di Napoli A., Pezzotti P., Di Lallo D., Trivelloni C., Guasticchi G., 

Registro Dialisi del Lazio. Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, Roma 

Introduzione 

Il controllo dell’infezione da virus dell’epatite C (HCV) in persone in emodialisi (HD) 

costituisce un importante obiettivo di sanità pubblica. Scopo dello studio è quello di 

analizzare dell’andamento temporale del tasso di siero-conversione e l’impatto della 

positività all’HCV sulla mortalità. 


Abbiamo seguito 6412 persone entrate in HD e notificate al Registro Dialisi del Lazio 

tra il 1/1/1995 ed il 31/12/2003. L’informazione sullo stato sierologico per HCV (test 

ELISA o RIBA di 3 a generazione) era raccolta da un nefrologo all’ingresso in HD e 

aggiornata una volta l’anno. Per calcolare i tassi di siero-conversione, abbiamo 

considerato come casi quei soggetti, sieronegativi all’inizio di ciascun periodo, divenuti 

sieropositivi alla fine del medesimo periodo. Abbiamo stimato la probabilità cumulativa 

di sopravvivenza usando il metodo di Kaplan-Meier ed il modello di Cox per stimare gli 

hazard ratios (HR). Lo stato sierologico per HCV è stato considerato come una 

covariata tempo-dipendente. 

Risultati 

I tassi di sieroconversione sono diminuiti fino al terzo periodo, e successivamente i 

valori risultavano stabili intorno a 2 casi per 100 anni persona (PY) (tabella). Per i 

soggetti HCV-negativi e HCV-positivi la probabilità cumulativa di sopravvivenza a 2 

anni dall’ingresso in HD era 77,5% (IC95% 76,3-78,7) e 71,2% (IC95% 67,3-74,3), 

rispettivamente (p


Conclusioni 

La riduzione complessiva del tasso di sieroconversioni nell’ultimo decennio potrebbe 

essere in parte spiegata da una riduzione nel ricorso a trasfusioni per correggere 

l’anemia nelle persone in HD. Tuttavia, il persistere di un tasso di sieroconversione per 

HCV intorno a 2 casi per 100 anni-persona sembrerebbe suggerire che la mancata 

eradicazione dell’infezione dai centri di HD sia probabilmente correlata a fattori di 

rischio nosocomiali. Una più rigorosa applicazione delle misure raccomandate per il 

controllo dell’infezione è quindi necessaria. Il monitoraggio dell’infezione da HCV ha 

importanti implicazioni di sanità pubblica, poiché la presenza di anticorpi anti-HCV, sia 

all’ingresso in HD che per una sieroconversione durante l’HD, è associata ad un più alto 

rischio di morte. 

324


CONFRONTO TRA DIVERSE STRATEGIE DI SCREENING PER IL CANCRO 

COLORETTALE: I DETERMINANTI DELLA PARTECIPAZIONE 

Carlo Senore¹, Paola Armaroli¹, Nereo Segnan¹, Marco Silvani¹, Bruno Andreoni², Luigi 

Bisanti³, Luisa Marai³, Guido Castiglione4, Grazia Grazzini4, Serena Taddei4, Stefano 

Gasperoni5, Orietta Giuliani5,Giuseppe Malfitana6, Anna Marutti7, Giovanna Genta7 

¹CPO Piemonte, Torino; ²Chirurgia Unità II, Istituto Europeo di Oncologia, Milano; ³Unità di 

Epidemiologia ASL “Città di Milano”, Milano; 4Unità di Gastroenterologia, CSPO Firenze; 

5Unità di Gastroenterologia, Ospedale degli Infermi, Ausl Rimini; 6Unità di Gastroenterologia, 

Ospedale degli Infermi, ASL 12, Biella; 7Fondo E Temp ,Biella 

Obiettivo 

Studiare i determinanti della partecipazione allo screening per il cancro colorettale 

(CRC). 


E’ stato condotto un trial multicentrico, randomizzato e controllato a base di 

popolazione che confronta 5 strategie di screening. I soggetti inclusi in un campione 

casuale di uomini e donne d’età compresa tra i 55 e i 64 anni, iscritti nelle liste dei 

medici di famiglia (MMG) o estratti dai registri di popolazione sono stati randomizzati 

nei seguenti gruppi: 1) test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (FOBT) ogni 2 

anni, inviato per posta (N=2266); 2) FOBT ogni 2 anni, consegnato dal MMG o dal 

servizio di screening (N=5893); 3) invito ad eseguire una sola sigmoidoscopia (FS - 

N=3650); 4) FS seguita da FOBT ogni 2 anni, per i soggetti con reperto endoscopico 

negativo (N=10867); 5) scelta degli assistiti tra FS o FOBT (N=3579). La 

partecipazione è stata del: 30.1%, 28.1%, 28.1%, 28.1% e 27.1% per i gruppi 1,2,3,4 e 5 

rispettivamente. Circa 4 mesi dopo l’invito iniziale un campione casuale di aderenti e 

non aderenti di ciascun gruppo è stato contattato da intervistatori formati. Ai soggetti 

che hanno dato il consenso per un’intervista telefonica è stato somministrato un 

questionario che investigava la percezione del rischio individuale di CRC, 

l’atteggiamento verso la prevenzione, l’adozione di comportamenti correlati alla salute, 

ed i motivi di adesione o rifiuto dello screening. Sono stati calcolati gli Odds Ratio 

(OR) di prevalenza aggiustati attraverso una regressione logistica multivariata. Modelli 

separati sono stati adattati per sesso e per ogni braccio di screening: “FOBT” (gruppi 1- 

2), “scelta” (gruppo 5) e “FS” (gruppi 3-4). 

Risultati 

Il tasso di rispondenza è stato del 72.1% (703/975) tra coloro che non hanno aderito 

all’invito e dell’88.9% tra gli aderenti (773/870). Aggiustando per centro di screening , 

braccio di studio, sesso, età ed educazione, la partecipazione è significativamente 

maggiore tra i pazienti che hanno consultato il loro MMG prima di sottoporsi al test 

(OR 4.40; 95%CI:3.28-5.92), che hanno riferito di avere un parente di primo grado con 

CRC (OR 3.31 95%CI 1.91-5.76), che hanno riportato attività fisica regolare (almeno 

una volta la mese) (OR 2.02 95%CI 1.48-2.76). Anche l’ansia associata alla ripetizione 

di test per la diagnosi precoce del cancro ad intervalli regolari e le opinioni in merito 

all’efficacia dello screening sono forti predittori indipendenti della partecipazione. 

Le persone che considerano lo screening inefficace (OR:0.15; 95%CI:0.10-0.22) o 

coloro che lo considerano efficace ma che riportano livelli di ansia anche moderati (OR: 

0.35;95%CI:0.24-0.50) dimostrano una riduzione marcata della partecipazione, 

325


confrontati con coloro che considerano lo screening efficace e che non riportano ansia. 

La partecipazione è significativamente ridotta anche tra i fumatori (OR 0.65; 

95%CI:0.46-0.93). I soggetti in grado di quantificare il loro rischio individuale nei 10 

anni successivi hanno una maggiore probabilità di partecipare, sebbene questo effetto 

sia statisticamente significativo per il solo gruppo “FS” (1-9% OR 2.28 95%CI 1.03- 

5.06 - ≥10% OR 2.82 95%CI 1.29-6.14). Livelli di educazione più elevati sono associati 

ad un aumento della partecipazione nel gruppo “scelta” (scuole superiori/ università 

OR:2.56;95%CI:1.01-6.54). La partecipazione è associata con l’esecuzione regolare del 

Pap-test (OR 2.71; 95%CI:1.93-5.96) o della mammografia (OR 3.28; 95%CI:1.48- 

9.35) di screening tra le donne, ma non con il PSA di screening tra gli uomini. 

Conclusioni 

L’ansia nei confronti dello screening rappresenta un forte determinante negativo della 

partecipazione, anche tra coloro che considerano lo screening efficace. L’adozione di 

comportamenti correlati alla salute, e la conoscenza del rischio di CRC sono associati 

ad un aumento significativo della partecipazione, sebbene i partecipanti abbiano la 

tendenza a sovrastimare il proprio rischio individuale. Come precedentemente riportato, 

i MMG possono giocare un ruolo importante, anche se solo il 33% circa dei nostri 

pazienti ha consultato il proprio MMG prima di sottoporsi al test. 

326


PREDITTORI A LUNGO TERMINE DELLA RIDUZIONE DELLA 

FUNZIONALITÀ RESPIRATORIA NEGLI ASMATICI: RISULTATI DELLO 

STUDIO ECRHS II 

Marcon Alessandro 1 , Janson Christer 2 , Jarvis Deborah 2 , De Marco Roberto 1 

1 Sezione di Epidemiologia & Statistica Medica, 2 Università di Verona 

Introduzione 

L’individuazione dei predittori a lungo termine del declino della funzionalità 

respiratoria negli asmatici può dare indicazioni utili per la conoscenza della storia 

naturale della malattia. La presente analisi intende valutare i determinanti della 

variazione della funzionalità respiratoria in una coorte di asmatici della popolazione 

generale seguita per 9 anni. 


L’indagine ha coinvolto 667 asmatici correnti identificati nell’ambito dello studio 

internazionale European Community Respiratory Health Survey. Insieme all’altezza ed 

al peso, ai pazienti è stato misurato il volume espiratorio forzato in un secondo (FEV1) 

nel 1990/91, quando avevano un’età di 20-44 anni, e successivamente nel 1999/2001. 

Un’intervista clinica standardizzata ha permesso inoltre di stabilire condizione 

lavorativa, abitudine al fumo (pack-years), durata cumulativa di utilizzo di 

corticosteroidi inalati (ICS) nel follow-up e utilizzo di agonisti adrenergici β2 a lunga 

durata d’azione (LABA) nell’anno precedente la seconda indagine. Le variazioni 

annuali del FEV1 sono state analizzate attraverso modelli gerarchici di regressione 

multipla in funzione di sesso, età, altezza, indice di massa corporea basale, incremento 

annuale del peso, condizione lavorativa, abitudine al fumo e tempo di utilizzo di ICS. 

Risultati 

Il decremento annuale del FEV1 è stato di 34.6 mL/anno nei maschi e di 23.9 nelle 

femmine (p=0.002). È stato di 33.8 mL/anno nei non utilizzatori di ICS, di 27.0 nei 

pazienti trattati per =2 anni e di 20.9 nei pazienti trattati per >2 anni (p=0.01). Inoltre è 

risultato positivamente associato all’età (p=0.004) ed all’incremento di peso (p=0.02). 

Dall’analisi multivariata risulta che il trattamento con ICS per più di 2 anni, rispetto al 

non utilizzo di ICS, riduce la diminuzione del FEV1 di 10.6 (IC95%: 2.0-19.3) 

mL/anno. Il decremento del FEV1 è inoltre minore di 12.9 (3.1-22.7) mL/anno nelle 

donne; aumenta di 0.7 (0.2-1.2) mL/anno per ogni anno di età e di 7.3 (3.5-11.1) 

mL/anno per ogni aumento del peso di 1 Kg·anno -1 . L’utilizzo dei LABA in 

combinazione con gli ICS, in confronto con i soli ICS, riduce il decremento del FEV1 di 

12.8 (0.2-25.8) mL/anno. 

Conclusioni 

In un follow-up di 9 anni l’utilizzo di ICS per più di 24 mesi, e la combinazione degli 

ICS con i LABA, sembrano essere associati ad una riduzione nel decremento del FEV1 

negli asmatici. I nostri risultati evidenziano inoltre che l’incremento ponderale è un 

fattore particolarmente critico nel determinare la riduzione della funzionalità 

respiratoria negli asmatici. Per l’interpretazione causale di queste associazioni si 

ritengono necessari ulteriori studi. 

327


FATTORI DI RISCHIO DI INFEZIONI DEL SITO CHIRURGICO IN 

INTERVENTI DI RIPARAZIONE DI ERNIA INGUINALE 

F. Pisa 1 , C. Giuliani 2,1 , M. Busetti 3,1 , C. Saitto 1 , e Referenti Regionali Infezioni nelle 

Organizzazioni Sanitarie: A. Maggiore 4 , G. Dipietro 4 , E. Giurini 4 , A. Sellan 2 , L. Mauro 2 , R. 

Prandi 2 , S. Guarneri 5 , D. Vemir 5 , A. Camporese 6 , A.M. Bigaran 6 , M.F. Ceresi 7 , E. Vian 7 , 

L. Sandrin 7 

1 Agenzia Regionale della Sanità del Friuli Venezia-Giulia; 2 ASS5 Bassa Friulana; 3 Igiene e 

Medicina Preventiva, IRCCS Burlo Garofolo Trieste; 4 AAOO Ospedali Riuniti, Trieste; 5 ASS6 

Friuli occidentale; 6 AO S Maria degli Angeli, Pordenone; 7 ASS 2Isontina 

Per valutare l’incidenza ed i fattori di rischio d’infezioni del sito chirurgico (SSI) in 

interventi di riparazione di ernia inguinale, fu condotta una sorveglianza prospettica sui 

3244 pazienti sottoposti a tale intervento dal 1-11-2001 al 31-12-2003 nei 16 ospedali 

pubblici per acuti della regione Friuli Venezia Giulia. Furono inclusi gli interventi con e 

senza inserzione di materiale protesico ed esclusi quelli in laparoscopia. I dati, estratti 

dal data base del Sistema di Sorveglianza Regionale delle SSI, comprendono per ogni 

paziente: informazioni anagrafiche (data di nascita e sesso), data di ammissione e 

dimissione, procedura chirurgica (codice ICD–9–CM), data, durata e categoria 

dell’intervento (pulito, pulito-contaminato, contaminato, sporco-infetto), in elezione o 

emergenza, punteggio dell’American Society of Anestesiology (ASA), profilassi 

antibiotica preoperatoria (se somministrata e tipo di antibiotico), tricotomia preoperatoria 

(se eseguita e timing). Le informazioni raccolte sulle SSI riguardano: data di 

diagnosi, estensione (superficiale, profonda o di organi e spazi). Venne adottata la 

definizione di SSI dei Centers for Disease Control 1 . Venne condotta anche una 

sorveglianza post dimissione nei 30 giorni dall’intervento tramite visite post-dimissione 

(tra 5 e 15 giorni dall’intervento, mediana 7 giorni), e interviste telefoniche (tra 25 e 30 

giorni dall’intervento, mediana 27 giorni) condotte da personale infermieristico tramite 

questionario standardizzato. Informazioni di sorveglianza post dimissione furono 

disponibili per il 94,4% dei pazienti; per 183 non vi erano informazioni (163 non 

rintracciabili, 11 esclusi per informazioni incomplete e 9 non fornirono recapito 

telefonico). L’associazione di vari fattori con il rischio relativo di SSI fu valutata 

tramite procedure di regressione logistica uni- e multivariata. Il modello finale include i 

termini per ospedale, anno di intervento, età e sesso, esclude i termini che non 

modificavano la relazione. Furono rilevate 40 SSI con una incidenza proporzionale del 

1,2%, quasi tutte (92%) nel post-dimissione. Risultarono correlati al rischio di SSI: 

punteggio ASA, pazienti con punteggio >3 vs. 1 giorno vs. 50 min vs.


interamente a SSI nel post dimissione, inferiore a dati di letteratura 2 3 ma entro il 2% 

indicato come desiderabile per interventi puliti di riparazione di ernia inguinale 4 , 

potrebbe in parte sottostimare il fenomeno. Tuttavia l’elevata percentuale di adesione 

alla sorveglianza post dimissione fa supporre che la sottostima, se presente, sia di 

limitata entità. 

2 . Simchen E, Rozin R, Wax Y. The Israeli Study of Surgical Infections of drains and the risk of wound 

infection in operations for hernia. Surg Gynecol Obstet, 1990; 170 (4):331-7. 

3 Delgado-Rodriguez M, Gomez-Ortega A, Sillero-Arenas M, Llorca J. Epidemiology of Surgical-site 

Infections diagnosed after hospital discharge: a prospective cohort study. Infec Control and Hosp 

Epidemiol, 2001, 22 (1): 24-30. 

4 Sanchez-Manuel FJ, Seco-Gil JL. Antibiotic prophylaxis for hernia repair. The Cochrane Database of 

Systematic Reviews. The Cochrane Library, vol 3, 2003. 

330


LO STADIO 0 DELLE LINEE GUIDA INTERNAZIONALI GLOBAL 

INITIATIVE FOR CHRONIC OBSTRUCTIVE LUNG DISEASE (GOLD) È UN 

BUON PREDITTORE DELL’INCIDENZA DELLA BRONCOPNEUMOPATIA 

CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO)? RISULTATI PRELIMINARI 

DELL’INDAGINE EUROPEAN COMMUNITY RESPIRATORY HEALTH 

SURVEY (ECRHS) II 

Simone Accordini 1 , Isa Cerveri 2 , Angelo Corsico 2 , Deborah Jarvis 3 , Christer Janson 4 , Peter 

Burney 3 , Giuseppe Verlato 1 , Roberto De Marco 1 , on behalf of the ECRHS II Steering 

Committee 

1 

Sezione di Epidemiologia e Statistica Medica, Università degli Studi di Verona 

2 

Divisione delle Malattie Respiratorie, IRCCS Ospedale “San Matteo” Università di Pavia 

3 

Department of Public Health Sciences, King’s College, London, UK 

4 

Department of Medical Sciences, Respiratory Medicine &Allergology, UppsalaUniversity, 

Uppsala, Sweden 

Obiettivi 

L’obiettivo di questo studio è valutare il valore prognostico dello stadio 0 delle linee 

guida internazionali GOLD (assenza di ostruzione del flusso aereo ma presenza di 

sintomi cronici di tosse e catarro) per lo sviluppo della BPCO (FEV1/FVC


Stadio 0 

(1991-1993) 

332 

Stadio 0 

(follow-up) 

n Non fumatori 

(n = 2088) 

Fumatori ‘ever’ 

(n = 2736) 

TOTALE 

(n = 4824) 

NO NO 4054 1.2% (0.8-1.8) 2.8% (2.2-3.6) 2.1% (1.7-2.6) 

SI NO 276 1.2% (0.03-6.8) 4.1% (1.8-7.9) 3.3% (1.5-6.1) 

NO SI 326 4.5% (1.5-10.1) 5.1% (2.6-9.0) 4.9% (2.8-7.8) 

SI SI 168 8.6% (1.8-23.1) 9.0% (4.7-15.2) 8.9% (5.1-14.3) 

Conclusioni 

Questa analisi preliminare mostra che lo stadio 0 delle linee guida GOLD sembra essere 

associato positivamente all’occorrenza della BPCO sia nei non fumatori che nei 

fumatori ‘ever’ al baseline. In particolare, la persistenza dei sintomi cronici sembra 

aumentare di 4 volte il rischio di sviluppare la BPCO rispetto ai soggetti asintomatici 

(OR = 4.26, IC95%: 2.36-7.69). Tuttavia, sono necessarie analisi più approfondite per 

valutare l’utilità potenziale dello stadio 0 come strumento di screening per la BPCO.


IL CESAREO SU RICHIESTA: CONFRONTO DELLE ATTITUDINI DEI 

MEDICI OSTETRICI IN OTTO PAESI EUROPEI 

Monica Da Frè 1 , Marwan Habiba 2 , Manuel Marin Gomez 3 , Monique Kaminski 4 , Karel Marsal 5 , 

Otto Bleker 6 , Wolfgang Heyl 7 , Secondo Guaschino 8 , Hélène Grandjean 9 , Paul Gratia 10 , David 

Taylor 2 , Marina Cuttini 11 

¹Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, Firenze, Italia; ²University of Leicester, Leicester, 

Regno Unito; ³Salud Publica Area 13, Valencia, Spagna; 4 Inserm U.149, Villejuif, Francia; 

5 University Hospital, Lund, Svezia; 6 Amsterdam Medical Centre, Amsterdam, Olanda; 

7 University Hospital Goettingen, Goettingen, Germania; 8 Istituto per l’Infanzia Burlo Garofolo, 

Trieste, Italia; 9 Inserm U.518, Touluse, Francia; 10 Centre Hospitalier de Louxembourg, 

Lussemburgo; 11 Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma, Italia. 

Introduzione 

La possibilità di effettuare il parto cesareo su richiesta della donna in assenza di 

indicazioni mediche viene sempre più spesso giustificata con la necessità di rispettare 

l’autonomia e la libera scelta degli utenti; solleva però interrogativi di natura etica e di 

utilizzo appropriato delle risorse. 


Nel contesto di uno studio europeo sugli aspetti etici dell’assistenza prenatale 

(EUROBS) sono state esplorati, mediante questionario anonimo e auto-somministrato, 

gli atteggiamenti di un campione di medici ostetrici nei confronti del parto cesareo su 

richiesta materna. In otto Paesi (Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, 

Spagna, Svezia e Regno Unito) sono state selezionate mediante campionamento 

esaustivo o casuale le Unità di ostetricia collegate ad un centro di terapia intensiva 

neonatale; 105 Unità e 1530 medici hanno partecipato allo studio (tasso di risposta 70% 

e 77% rispettivamente). 

Risultati 

La percentuale di medici ostetrici che accetterebbe di praticare il cesareo su richiesta di 

una ipotetica paziente in assenza di indicazioni mediche è abbastanza contenuta in 

Spagna (15%), Francia (19%) e Olanda (22%), mentre risulta molto elevata in 

Germania (75%) e Gran Bretagna (79%). Svezia (49%), Italia (55%) e Lussemburgo 

(57%) si situano in una posizione intermedia. 

In un modello di analisi logistica multivariata, oltre al Paese sono risultate 

significativamente associate con l’adesione alla richiesta materna l’appartenere ad un 

ospedale universitario (p=0.001) e la sensazione che preoccupazioni di ordine medico 

legale influenzino la propria pratica clinica (p=0.004). Le donne medico con figli 

mostrano una minore probabilità di accettare il cesareo su richiesta della donna (OR 

0.29, IC 95%: 0.20-0.42). 

Conclusioni 

Le differenze di atteggiamento dei medici ostetrici nei confronti del parto cesareo su 

richiesta sono verosimilmente riconducibili a variabili culturali, di responsabilità 

medico-legale, e di organizzazione delle cure perinatali. 

333


ELEVATE TEMPERATURE E MORTALITÀ; ANALISI MEDIANTE IL 

DISEGNO CASE-ONLY DELLA MODIFICAZIONE D’EFFETTO PRODOTTA 

DALLE CONDIZIONI MORBOSE CRONICHE CONCOMITANTI 

Rognoni M. 1 , Russo A. 1 , Agostini D. 2 , Biggeri A. 3 , Cadum E. 4 , Caranci N. 4 , De Donato F. 5 , De 

Lisio S. 2 , De Maria M. 4 , Forastiere F. 5 , Michelozzi P. 5 , Miglio R. 6 , Pandolfi P. 2 , Perucci C.A. 5 , 

Picciotto S. 5 , Scarnato C. 2 , Stafoggia M. 5 , Bisanti L. 1 

1 ASL Città di Milano, Milano; 2 ASL, Bologna; 3 Dipartimento di Statistica, Università di Firenze 

4 ARPA Piemonte, Torino; 5 Dipartimento di Epidemiologia ASL RME, Roma 

6 Dipartimento di Scienze Statistiche, Università di Bologna, Bologna 

Introduzione 

Sono noti gli effetti sulla mortalità delle condizioni climatiche estreme. Meno nota è la 

modificazione d’effetto prodotta dalla presenza di condizioni morbose croniche. Per 

analizzare tale modificazione d’effetto è stato adottato il disegno case-only già proposto 

da Schwartz. 


La popolazione inclusa nello studio è costituita dai deceduti per tutte le cause, con 

l’esclusione delle cause violente, di età maggiore di 35 anni nelle popolazioni residenti 

in quattro aree metropolitane italiane (Bologna, Milano, Roma e Torino). 

Complessivamente sono stati considerati 216.633 soggetti per i quali è stata raccolta 

l’informazione sui ricoveri nei due anni precedenti con l’esclusione di quelli occorsi 

nell’ultimo mese prima del decesso. Le diagnosi principali e secondarie di ciascun 

ricovero sono state ricondotte ad una lista predefinita di 28 condizioni croniche. Dopo 

aver individuato due cut-point città specifici sulla base della relazione temperaturamortalità, 

è stato applicato un modello di regressione logistica per stimare la 

modificazione d’effetto prodotta dalla presenza di una o più comorbidità sul rischio di 

morire in giorni con 30°C di temperatura apparente rispetto a 20°C. Per ogni città e per 

ogni condizione cronica è stato quindi calcolato un odds ratio (OR) con i rispettivi 

intervalli di confidenza al 95% (IC 95%). La temperatura apparente è stata modellata 

con tre termini lineari in base ai cut-point città specifici individuati. Nel modello è stato 

introdotto un termine per il trend di lungo periodo, il giorno della settimana, le festività, 

le epidemie influenzali, il PM10, la pressione barometrica, i decrementi estivi della 

popolazione, l’età e il genere. I risultati città specifici sono stati utilizzati per condurre 

una meta-analisi secondo un modello a effetti casuali. 


Dall’analisi emergono associazioni significative per le seguenti condizioni morbose: 

disturbi dei liquidi e degli elettroliti nei soggetti di età 35-64 anni (OR 2,12; IC 95% 

1,12-4,01), disturbi psichici nelle donne (OR 1,21; IC 95% 1,01-1,44) e negli anziani 

(OR 1,21; IC 95% 1,05-1,39). Sono stati rilevati inoltre incrementi di rischio superiori 

al 20%, anche se non significativi, per: disturbi della coagulazione, depressione, 

paralisi, altre malattie del sistema nervoso centrale, disturbi circolatori dell'encefalo, 

malattie polmonari croniche e fratture del collo del femore. 

I risultati di questo studio confermano la possibilità di identificare sottogruppi della 

popolazione più fragili e perciò più a rischio di morte per condizioni climatiche estreme 

quale strumento di pianificazione di più efficienti programmi di sanità pubblica. Il 

disegno case-only ben si adatta a queste finalità in quanto di facile esecuzione rispetto 

ad altri disegni, sebbene siano necessarie anche considerazioni sulla potenza. 

334


ANALISI DELLE PRESCRIZIONI DI FARMACI ANTITROMBOTICI PER LA 

PREVENZIONE SECONDARIA DELL'ICTUS 

Sandro Baldissera 1 , Stefano Visintin 2 , Federica Pisa 1 , Carlo Saitto 1 

1 2 

Agenzia regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia; Servizio Farmaceutico ASS 2 - 

Isontina 

Introduzione 

Le malattie cerebrovascolari sono in Europa al secondo posto nella graduatoria delle 

cause complessive di mortalità e disabilità. I sopravvissuti hanno un rischio aumentato 

di recidive e di altri eventi vascolari. I farmaci antitrombotici (antiaggreganti, 

anticoagulanti), sono efficaci per la prevenzione secondaria dell’ictus ischemico e sono 

considerati un indicatore di appropriatezza delle cure. Lo studio si propone di valutare 

nei soggetti dimessi per ictus l’associazione tra la prescrizione di antitrombotici sul 

territorio e alcune caratteristiche dei pazienti e dell’ospedale di dimissione. 


Per questo studio di coorte retrospettivo sono state utilizzate informazioni raccolte 

routinariamente dal Sistema Informativo (dimissioni ospedaliere, prescrizioni 

farmaceutiche territoriali). La coorte è costituita dai pazienti residenti in FVG di età = 

25 anni, dimessi vivi nel 2002 con DRG 14 (malattie cerebrovascolari), escludendo i 

soggetti con codici ICD-9 da 430 a 4329 (forme emorragiche). L’analisi è stata condotta 

mediante un modello di regressione logistica che ha utilizzato come variabile 

dipendente la prescrizione di almeno un farmaco antitrombotico (warfarin o 

acenocumarolo o acido acetil-salicilico o ticlopidina) nei sei mesi successivi alla 

dimissione; tra i possibili 

determinanti sono stati 

selezionati il sesso, l'età 

(dicotomizzata come 

maggiore o minoreuguale 

alla mediana) ed il 

numero di DRG 14 gestiti 

annualmente dal reparto 

ospedaliero di 

dimissione: quest'ultima 

variabile è stata 

categorizzata in base al 

quartile di appartenenza. 

In caso di ricoveri 

multipli è stato preso 

come riferimento 

l’ultimo. 

4,0 

3,0 

2,0 

1,0 

Variabili associate alla prescrizione di antitrombotici 

Modello logistico 

Sesso 

M / F 

1,7 

1,3 

1,03 

Ricoveri annui per 

DRG 14 del reparto 

di dimissione 

Età 

= mediana / > mediana 

Risultati 

Sono stati inclusi nello 

studio 1.874 soggetti 0,0 

(55% donne; età mediana 

77 anni). Almeno una prescrizione di un antitrombotico si è avuta nell’82% dei casi. 

2,7 

2,1 

1,6 

2°/1° quartile 

1,8 

1,3 

0,98 


3,0 

2,1 

1,5 

335 


OR 

IC 95% 

3,6 

2,5 

1,7


Dopo aggiustamento per età e sesso, il modello dimostra un'associazione significativa 

tra prescrizione di antitrombotici e volume di ricoveri per DRG 14, con un incremento 

progressivo di prescrizioni a seconda del quartile a cui appartiene il reparto di 

dimissione (vedi grafico a lato). 

Conclusioni 

Lo studio evidenzia che la prescrizione di antitrombotici sul territorio si correla col volume 

della casistica di ictus gestiti dal reparto di dimissione ed è minore nelle donne e 

negli anziani. Pur con i limiti legati all’incompleta accuratezza dei dati routinari del Sistema 

Informativo, i risultati dello studio appaiono interessanti e, viste le implicazioni 

per l’organizzazione delle cure, giustificano analisi più approfondite. 

336


PRESENTAZIONE DI UN REGISTRO INTERNAZIONALE DELLE 

FRATTURE DA FRAGILITÀ OSSEA 

Valeria Porcelli*, Laura Viviani*, Anna Bossi*, Maria Luisa Bianchi° 

*Istituto di Statistica Medica e Biometria – Università degli studi di Milano; °Istituto 

Auxologico Italiano 

Introduzione 

Negli adulti, le fratture da fragilità ossea sono le più gravi manifestazioni 

dell’osteoporosi e la loro frequenza aumenta in modo esponenziale con l’età. 

Osteoporosi e fratture da fragilità ossea, tuttavia, sono in aumento anche nei giovani, 

molto spesso come conseguenza di prolungate terapie con corticosteroidi o altri farmaci 

immunosoppressori somministrati in caso di malattie croniche (come la fibrosi cistica o 

l’insufficienza renale) o a seguito di trapianto d’organo. Conoscere l’epidemiologia 

delle fratture, in bambini e adolescenti malati, è cruciale per definire sia le conseguenze 

dell’osteoporosi in questa categoria di soggetti, sia per sviluppare strategie preventive. 

Attualmente non sono disponibili dati raccolti sistematicamente sull’incidenza di 

fratture da fragilità ossea in età giovanile, e in letteratura sono riportati solo sporadici 

studi condotti su un limitato numero di casi. Per questo è stato condotto uno studio 

pilota per valutare la possibilità di realizzare un “International Register of Fractures 

Fragilità in the Young (IRFFY)”. 

In questa nota sono illustrati i primi risultati ottenuti e i principali problemi incontrati 

nell’implementazione di un registro internazionale che ha coinvolto anche nazioni 

extra-europee. 

Soggetti e Metodi 

Lo studio pilota, condotto nel periodo 1.4.02-31.3.03, è stato condotto in 6 nazioni 

europee (Polonia, Olanda, Gran Bretagna, Germania, Repubblica Ceca, Italia) e in 3 

Paesi extra-europei (USA, Argentina e Brasile), per un totale di 11 strutture ospedaliere. 

Il questionario usato per la raccolta dei dati è costituito da 2 parti: una compilata in 

occasione del ricovero del paziente per la frattura ed una compilata 6 mesi dopo. La 

prima parte del questionario raccoglie informazioni relative a peso alla nascita ed età 

gestazionale, stadio puberale, peso e statura al momento della frattura, patologia 

primaria (causa di fragilità ossea), contenuto di calcio nella dieta, terapia a cui è 

sottoposto il paziente, trauma che ha causato la frattura e tipo di intervento, valutazione 

della densità ossea. La seconda parte riguarda le conseguenze a medio termine della 

frattura. 

Risultati 

Nel periodo considerato si sono raccolti i dati relativi a 257 pazienti, per un totale di 291 

fratture (63 delle quali multiple, soprattutto radio e ulna) così suddivise: 36 al femore, 

24 alle vertebre, 72 agli arti inferiori e 143 agli arti superiori. La causa della frattura è 

imputabile, nel 41% dei casi ad una moderata attività fisica (camminare, correre, saltare, 

ballare, ...); nel 28% ad attività sportiva e nel restante 31% a traumi minimi (starnutire, 

sollevare un peso, …). La fragilità ossea è dovuta ad osteogenesi imperfetta nel 18% dei 

pazienti, a osteoporosi ideopatica nel 10% e a rachitismo nel 3%; nel restante 70% circa 

dei casi si tratta invece di osteoporosi secondaria. 

Uno dei problemi riscontrati nella raccolta dei dati riguarda la difficoltà di prevedere 

tutte le possibili modalità delle domande a risposta chiusa. Alla domanda “Patologia 

337


primaria”, che pure prevede 24 possibili risposte, si è registrato il 40% di risposte 

“altro”. Altri inconvenienti sono legati soprattutto alle diverse consuetudini dei Paesi 

coinvolti. Ad esempio nella scrittura delle date: il formato previsto è “gg/mm/aa”, 

tuttavia in alcuni questionari le date sono state indicate come “mm/gg/aa”, e non sempre 

è possibile individuare lo scambio tra mesi e giorni; ancora più rilevante 

l’interpretazione delle risposte alla domanda “età alla diagnosi della patologia 

primaria”; in alcuni casi, anziché l’età alla diagnosi (in aa/mm) è stata indicata la data 

della diagnosi. Il problema più serio è però rappresentato dall’elevato numero di dati 

mancanti che riguarda, con maggior frequenza, lo stadio puberale, la patologia primaria, 

lo z.score associato alla valutazione della densità ossea e la quantità di calcio introdotta 

con la dieta e le conseguenze della frattura. 

Discussione 

Lo studio pilota ha evidenziato come il problema delle fratture nei giovani sia molto 

sottostimato, sia nella popolazione generale sia in quella a rischio per le patologie di cui 

è affetta. 

Pertanto, si provvederà a continuare lo studio con la partecipazione di altre Nazioni e di 

altre strutture ospedaliere delle Nazioni già coinvolte, dopo aver rivisto il questionario e 

le regole di codifica delle variabili. 

338


IMPATTO DEGLI INCIDENTI STRADALI NEL COMUNE DI FIRENZE: 

VALUTAZIONE DEI DANNI ALLA SALUTE E DEI COSTI SANITARI 

MEDIANTE L’USO INTEGRATO DI ARCHIVI SANITARI E DELLA 

POLIZIA MUNICIPALE 

Alessandro Barchielli, Daniela Balzi 

Unità di Epidemiologia, Azienda Sanitaria 10 Firenze 

Background 

Gli incidenti stradali rappresentano un’importante causa di mortalità e di morbosità. 

Nonostante ciò, le informazioni dettagliate relative ai danni per la salute (tipologia e 

gravità delle lesioni dei soggetti feriti) ed all’impegno che il loro trattamento comporta 

per il sistema sanitario sono in genere limitate. 

Obiettivo 

Lo studio ha l’obiettivo di stimare dell’impatto degli incidenti stradali sulla salute delle 

persone coinvolte e sull’attività delle strutture sanitarie ed i relativi costi per il sistema 

sanitario, anche in relazione ad alcune caratteristiche dell’incidente stesso. 


I dati relativi alle persone coinvolte in incidenti stradali rilevati dalla Polizia Municipale 

di Firenze nel 2002 e che risultavano essersi rivolte a strutture ospedaliere in base alle 

informazioni raccolte dalla Polizia Municipale stessa sono stati incrociati con quelli 

relativi agli accessi ai DEA ed ai ricoveri dei presidi ospedalieri dell’area fiorentina. 

Risultati 

Sono state trovate informazioni sul ricorso ai servizi sanitari (accesso DEA e/o ricovero 

ospedaliero) per il 75,1% dei 5.350 soggetti registrati come “feriti” nell’archivio della 

Polizia Municipale (circa 3.900 accessi al DEA con un totale di quasi 18.000 

prestazioni; 675 ricoveri per un totale di poco più di 4.400 giornate di degenza; 

valorizzazione complessiva delle prestazioni di 2,2 milioni di euro). Nel 56% dei casi il 

ricorso al servizio sanitario si risolve solo con accertamenti al DEA e nel 24% con il 

trattamento ambulatoriale di lesioni di minor gravità (traumi superficiali, lussazioni, 

distorsioni ecc.). Nel 17% dei casi si ha un ricovero (degenza media 6,6 giorni – DS: 9,5 

-; valorizzazione media € 2.675), il 26% dei quali comportano un trattamento 

chirurgico. Nell’anno successivo all’incidente circa il 6% dei “feriti” ha una 

ospedalizzazione complessiva ≥ 30 giorni. La valutazione delle conseguenze sanitarie 

degli incidenti stradali in relazione alla tipologia dell’incidente conferma la maggior 

pericolosità degli incidenti che coinvolgono pedoni, ciclisti e motociclisti (es. necessità 

del ricovero ospedaliero, durata della degenza, necessità di un trattamento chirurgico 

ecc.). 

Conclusioni 

La disponibilità di dati informatizzati sugli incidenti stradali, corredati anche da 

informazioni sulla dinamica dell’incidente stesso (quali quelli raccolti dal Corpo di 

Polizia che interviene per rilevare l’incidente) e la loro integrazione con dati relativi 

all’attività delle strutture ospedaliere consente di valutare in maniera approfondita le 

conseguenze sanitarie degli incidenti stradali. 

339


STIME DI SOPRAVVIVENZA PER I REGISTRI TUMORE CON STATA 

Enzo Coviello 

Dipartimento di Prevenzione USL BA/1, Minervino Murge (Ba) 

La stima della sopravvivenza osservata e relativa a diversi intervalli temporali dalla 

diagnosi è una misura ordinariamente prodotta dai registri tumore sulla base dei dati di 

follow-up dei casi rilevati nell’area di competenza. In questo campo, inoltre, diversi 

contributi metodologici hanno arricchito le tecniche per stimare la sopravvivenza 

relativa. Questo lavoro illustra una nuova macro di Stata, strs, che consente di ottenere 

agevolmente le diverse funzioni di sopravvivenza utilizzate dai Registri tumore e 

implementa i nuovi approcci proposti dai recenti sviluppi metodologici 1 . 

Il nuovo comando di Stata richiede due dataset: uno contenente i dati individuali dei 

pazienti osservati e uno con le probabilità di morte di un’adatta popolazione di 

riferimento. In generale l’approccio seguito è quello di dividere le osservazioni 

individuali in intervalli temporali di ampiezza definita dall’utente e quindi calcolare per 

ciascuno di essi la sopravvivenza osservata, attesa e relativa intervallo-specifica e 

cumulativa con i corrispondenti limiti di confidenza 2 . 

Con un esempio è illustrata la sintassi principale del comando e sono introdotte le 

diverse opzioni che consentono di ottenere le stime secondo l’approccio tradizionale di 

coorte e quello di periodo 3 e di adattare il calcolo della sopravvivenza attesa secondo il 

metodo di Hakulinen, Ederer II o Ederer I. Si mostra inoltre come produrre stime 

separate in gruppi contraddistinti da valori diversi di variabili categoriche e aggiustare 

per età la sopravvivenza relativa secondo la standardizzazione tradizionale 4 e secondo la 

tecnica di aggiustamento recentemente proposta da Brenner 5 per tenere conto delle 

specifiche caratteristiche di questo stimatore. 

Il comando prevede anche la possibilità di salvare i risultati della elaborazione in due 

file che possono essere utilizzati per la produzione di grafici o per la stima di modelli 

excess risk 6 . 

Per la facilità e la flessibilità di utilizzo strs può costituire un valido strumento per le 

analisi dei dati di sopravvivenza nei registri tumore e contribuire alla diffusa 

applicazione dei metodi più aggiornati per la stima di queste funzioni. 

Bibliografia 

1 

Dickman PW et al. http://www.pauldickman.com/rsmodel (2004) 

2 

Voutilainen ET, Dickman PW and Hakulinen T. SURV2 Software Manual (2000) 

http://www.cancerregistry.fi/surv2/ 

3 

Brenner H and Hakulinen T. Up-to-date long-term survival curves of patients with cancer by period 

analysis. J. Cl. Oncology (2002); vol 20 n. 3: 826-832. 

4 

Berrino F, Capocaccia R, Estève J, Gatta G, Hakulinen T, Micheli A., Sant M. and Verdecchia A. 

Survival of Cancer Patients in Europe: the EUROCARE-2 study. IARC Scientific Publications n. 151 – 

Lyon 1999. 

5 

Brenner H, Volker A, Gefeller O and Hakulinen T. An alternative approach to age adjustment of cancer 

survival rates. Eur. J. Cancer (2004); 40: 2317-2322. 

6 

Dickman PW, Sloggett A, Hills M and Hakulinen T. Regression models for relative survival. Stat. in 

Med. (2004); 23: 51-64. 

340


PORRE LIMITI ALLE CURE INTENSIVE NEONATALI: IN QUALI 

SITUAZIONI? RISULTATI TRATTI DALLO STUDIO EURONIC 

Veronica Casotto 1 , Marina Cuttini 2 , Annibale Biggeri 3 , Rodolfo Saracci 4 per il gruppo di lavoro 

EURONIC 

1 Agenzia Regionale di Sanità della Toscana, Firenze; 2 Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, 

Roma; 3 Università degli Studi di Firenze e Cspo, Firenze; 4 Istituto di Fisiologia Clinica CNR, 

Pisa 

Background 

Nei Paesi industrializzati la mortalità neonatale ha subito, negli ultimi decenni, un 

decremento considerevole dovuto soprattutto al progresso tecnologico delle cure 

perinatali. Gli ottimi risultati conseguiti, però, portano con sé limiti e contraddizioni: 

neonati che un tempo non sarebbero sopravvissuti o avrebbero riportato gravi danni 

oggi possono crescere in buona salute, ma altri, considerati in passato non vitali e 

sopravvissuti grazie alle cure intensive, oggi sopravvivono a prezzo di gravi esiti. In 

altri casi la terapia intensiva può dilazionare il momento della morte, ma non evitarlo. 

Le opinioni del personale delle Unità di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN) rispetto 

alla limitazione delle cure intensive sono state studiate nell’ambito di un progetto di 

ricerca internazionale (EURONIC) condotto in 12 paesi europei: Italia, Spagna, Francia, 

Germania, Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna, Svezia, Irlanda, Ungheria, Estonia, 

Lituania. 

Obiettivo 

Descrivere, confrontare le opinioni di un campione di medici e infermiere, che lavorano 

nelle UTIN di diversi Paesi Europei, su quando possa essere ritenuto moralmente 

giustificabile porre dei limiti alle cure intensive neonatali. 


Sono stati reclutati 1.465 medici (tasso di risposta 89%) e 3.653 infermiere (tasso di 

risposta 85%) in un campione rappresentativo di 150 UTIN. Attraverso un questionario 

anonimo e auto-somministrato il personale è stato invitato esplicitamente ad esprimere 

le proprie opinioni e convinzioni personali, riguardo al “ritenere talvolta giustificabile la 

limitazione delle cure intensive, ad esempio non iniziando o sospendendo un 

trattamento e lasciare che la natura segua il suo corso sino alla morte del paziente, (a) in 

caso di malattia fatale e (b) in caso di prognosi neurologica particolarmente grave.” In 

fase di analisi dei dati si è proceduto all’attribuzione de “pesi” per tener conto della 

strategia di campionamento adottata, rappresentati dall’inverso della frazione di 

campionamento. Nel calcolo degli errori standard si è tenuto conto della non 

indipendenza delle osservazioni all’interno della stessa unità. 

Risultati 

Medici e infermiere dello stesso paese hanno espresso opinioni differenti, in entrambi i 

casi, come differenti risultano le opinioni se confrontate tra i diversi paesi. In ogni 

paese, la maggior parte del personale (medici: dal 73% in Italia e Lituania al 99% in 

Olanda; infermiere: dal 54% in Italia al 91% in Svezia) ritiene giustificabile porre dei 

limiti alle cure intensive nel caso di una malattia fatale o terminale, in cui la morte del 

paziente non possa essere evitata. 

341


Le opinioni sono molto più conservative per quanto riguarda la limitazione delle cure 

per motivi legati alla qualità della vita futura. In Francia, Olanda e, per quanto riguarda i 

medici, solo in Gran Bretagna l’impatto del tipo di problematica sull’opinione del 

personale appare trascurabile. 

Conclusioni 

La limitazione delle cure intensive neonatali è moralmente giustificabile in condizioni 

di patologia incompatibile con la sopravvivenza, per la maggior parte del personale 

intervistato, mentre lo è di meno qualora sussista una prognosi neurologica 

particolarmente grave. Italia e Paesi dell’Europa Centro-Orientale mostrano opinioni 

più orientate a favore della continuazione delle cure rispetto agli altri Paesi Europei. 

342


MORTALITA’ E DISAGIO BIOCLIMATICO ESTIVO NELL’AREA URBANA 

DI BOLOGNA: ANALISI DELLA SERIE STORICA 1989-2003 

Scotto Fabiana 1 , Zauli Sajani Stefano 1 , Lauriola Paolo 1 , Pandolfi Paolo 2 , Agostini Daniele 2 , 

Miglio Rossella 3 

1 

Struttura Tematica di Epidemiologia Ambientale – ARPA Emilia Romagna 

2 3 

Azienda Unità Sanitaria Locale di Bologna; Dipartimento di Statistica – Università degli 

Studi di Bologna 

Lo studio analizza gli effetti del disagio bioclimatico estivo sulla mortalità nell’area 

urbana di Bologna, negli anni 1989-2003. L’analisi è stata condotta rispetto alla 

mortalità totale, per cause naturali, cardiovascolari e respiratorie. I livelli di disagio 

bioclimatico sono stati definiti utilizzando l’indice di Thom. Si è identificata una soglia 

per il valore 24 di tale indice, prima della quale la mortalità risulta costante (valore di 

baseline) ed oltre la quale cresce con un trend log-lineare. I dati di mortalità sono stati 

analizzati con una regressione di Poisson e la mortalità attribuibile è stata stimata 

rispetto al valore di baseline. 

L’effetto del disagio bioclimatico è stato analizzato rispetto allo stesso giorno (lag 0), a 

finestre temporali di 31 giorni (mese) e all’intero periodo estivo. Per la finestra 

temporale mensile e per quella estiva, il disagio bioclimatico è stato espresso come 

somma dei gradi dell’indice di Thom di superamento rispetto alla soglia identificata. 

Tutti i raggruppamenti di cause sono risultati significativamente associati con il disagio 

bioclimatico, con un effetto crescente all’aumentare dell’ampiezza della finestra 

temporale considerata. La mortalità per tutte le cause è quella che presenta la maggior 

correlazione con il dato di disagio, con uno pseudo-R 2 che passa da 0.08 a scala 

giornaliera a 0.51 a per la finestra estiva. 

L’incremento di mortalità giornaliero percentuale rispetto alla baseline, per le diverse 

cause e calcolato alle diverse scale temporali è riportato in tabella 1. La mortalità per 

cause respiratorie risulta quella che presenta il maggior incremento a tutte le scale 

temporali. 

Giorno (IC 95%) Mese (IC 95%) Estate (IC 95%) 

12 (8, 16) 15 (10, 21) 27 (18, 36) 

11 (7, 15) 15 (10, 20) 25 (16, 35) 

14 (8, 20) 18 (9, 27) 27 (11, 43) 

24 (12, 36) 50 (32, 68) 78 (46, 111) 

Tabella 1: Incrementi percentuali di mortalità per un incremento unitario dell’indice di Thom sopra la 

soglia. 

La mortalità attribuibile è stata calcolata come somma della mortalità stimata in 

corrispondenza dei valori dell’indice di Thom superiori alla soglia. Essa è risultata, alla 

scala temporale estiva, pari a circa il 6% per la mortalità per tutte le cause, per cause 

naturali e cardiovascolari. Tale percentuale sale a circa il 17% per quelle respiratorie. 

343


ESPERIENZA DI RECORD LINKAGE TRA I DATI DELL’ARCHIVIO 

ANAGRAFICO DEL COMUNE DI PISA ED I DATI DI MORTALITÀ E DI 

RICOVERO DELL’ASL 5 PISANA 

A.M. Romanelli 1 , M.A. Protti 1 , M. Raciti 1 , V. Leone 1 , S. Maio 1 , L. Marchini 1 , R. Della 

Maggiore 2 , 

R. Fresco 2 , G. Bertelloni, 3 M. Bonfanti 3 , M.A. Vigotti 4 

1 CNR, IFC, Sezione Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari, Pisa; 2 CNR, ISTI, Pisa 

3 Comune di Pisa , Servizi Sistema Informativo e Sistema Informativo Territoriale 



La relazione tra ambiente urbano e salute dei cittadini riveste a tutt’oggi un forte 

interesse scientifico e può essere una rilevante risorsa per coloro che amministrano le 

istituzioni del territorio. 

Allo scopo di definire l’immagine di salute dell’area urbana pisana, le informazioni 

sanitarie (morbosità e mortalità) sono state integrate con le informazioni dell’anagrafe, e 

georeferenziate. 


Per la realizzazione di tale sistema informativo integrato sono stati utilizzati: l’archivio 

anagrafico del comune di Pisa (anni 1990-2001), i dati di mortalità del Registro 

Regionale (anni 1990-99) e i dati dei ricoveri ospedalieri (anni 1996-2000) dei residenti 

a Pisa. 

Gli archivi coinvolti erano tra loro differenti per tipologia e tracciato record, e la 

procedura di Record Linkage è stata effettuata mediante un eseguibile opportunamente 

programmato (EPIDPISA). L’abbinamento (matching) delle coppie di records è stato 

fatto sulla base degli identificatori: Cognome, Nome, Data di Nascita, Comune di 

Nascita. L’accoppiamento (linking) tra gli archivi in uso è stato condotto in due fasi 

successive: una prima fase ha previsto l’abbinamento automatico per corrispondenza 

esatta dei dati, una seconda fase per abbinamento decisionale. Le metodiche GIS 

(Geographical Information System) hanno consentito, sulla base dell’indirizzo, di 

assegnare ad ogni punto residente nell’area, le corrispondenti coordinate geografiche. 


Le procedure di linkage hanno generato il data base dei ricoveri ospedalieri di oltre 

80.000 records (94% del totale dei ricoveri), ed il data base relativo ai decessi di 10.000 

records (99% del totale dei decessi). 

In occasione di precedenti indagini epidemiologiche a valenza territoriale condotte 

presso il nostro Istituto con la collaborazione del Comune di Pisa, si era proceduto alla 

ricostruzione della popolazione residente al 31 dicembre di ogni anno del periodo 1990- 

2001 con l’informazione sulla data di ingresso nel Comune; inoltre, con la 

collaborazione del Servizio Informativo Territoriale (SIT) del Comune sono stati 

ricostruiti per ciascun anno, con una procedura di controlli per bienni consecutivi 

accavallati, tutti i cambiamenti di indirizzo dei residenti, per identificare variazioni di 

toponimo, di numero civico o di esponente dai reali spostamenti. 

Una siffatta base informativa ci ha consentito di condurre analisi di patologie 

selezionate per aree sub-comunali (circoscrizioni, sezioni di censimento, distanza da un 

345


punto) e per sotto-gruppi di popolazione (stabili: residenti dalla nascita o da età < 19 

anni e immigrati: residenti da età > 18 anni). 

Questa procedura di linkage verra’ estesa tra il data base dei ricoveri ospedalieri linkati 

ed il data base dei decessi linkati per generare il data base dei decessi con storia di 

ricovero allo scopo di individuare i soggetti suscettibili di patologie. 

Infine si prevede, sempre in collaborazione col Comune, di applicare lo stesso 

programma per provare l’accoppiamento di questo data base con dei dati individuali 

anonimi del censimento 1991, per ciascuna sezione di censimento. 

346


L’INTEGRAZIONE DEI DATI AMBIENTALI E SANITARI AL SERVIZIO 

DELLE AMMINISTRAZIONI E DEI CITTADINI: L’ESEMPIO DEGLI 

INCENERITORI DI CORIANO 

A. Ranzi 1 , L. Erspamer 1 , R. Ricci 2 , M. Cantarelli 2 , G. Gramolini 3 , R. Bacchi 2 , P. Lauriola 1 

1 Struttura di Epidemiologia Ambientale – ARPA Emilia Romagna; 2 Dip. Sanità Pubblica – 

AUSL Forlì; 3 Sez. Provinciale di Forlì-Cesena – ARPA Emilia Romagna 

All’interno del programma comunitario INTERREG III-C, è stato approvato il progetto 

“ENHANCE” (Environmental Health Surveillance System in Urban Areas, near 

incinerator and industrial premises). E’ coordinato dall’Amministrazione Comunale di 

Forlì ed ha come obiettivo primario la definizione di linee guida per lo sviluppo di 

sistemi di sorveglianza ambientale-sanitaria, al fine di valutare lo stato di salute della 

popolazione esposta a fattori di rischio derivanti da insediamenti di impianti di 

termodistruzione. 

Si tratta di un progetto di epidemiologia applicata sul territorio, orientato a creare 

consenso tra amministrazione e cittadinanza mediante interventi di comunicazione sul 

rischio. 

All’interno del sito di studio italiano (cerchio di 3,5 km di raggio), situato nell’area di 

Coriano di Forlì, è stata avviata un’indagine di tipo ambientale-sanitaria per valutare lo 

stato di salute della popolazione residente in prossimità di due inceneritori, uno di rifiuti 

solidi urbani e uno di rifiuti ospedalieri. 

Dal punto di vista ambientale, sono state realizzate mappe di emissione dei fattori di 

pressione presenti nell’area, e tramite utilizzo di strumenti modellistica e i rilevamenti 

effettuati ad hoc, sono stati calcolati i punti di massima e minima ricaduta degli 

inquinanti dovuti alle varie sorgenti, e le mappe di concentrazione stimata degli 

inquinanti primari. 

Il periodo di studio è stato scelto in base alla disponibilità di serie storiche di eventi 

sanitari. Sono stati considerate le seguenti banche dati: 

Registro di mortalità: dal 1990 al 2003 

Registro Tumori (IOR): dal 1990 al 2002 

Schede di Dimissione Ospedaliera: dal 1998 al 2003 

Registro malformazioni congenite (IMER): dal 1990 al 2003 

Certificati di assistenza al parto: dal 1990 al 2003 

Per definire la popolazione residente nell’area nel periodo di studio (01/01/1990- 

31/12/2003), è stato effettuato un laborioso procedimento di linkage fra dati sanitari e 

dati provenienti dall’Anagrafe comunale. Sono stati identificati i soggetti che, almeno 

una volta all’interno del periodo, hanno risieduto nell’area di Coriano: circa 40000 

soggetti. 

L’incrocio temporale di questa coorte con gli eventi sanitari considerati, tuttora in fase 

di controllo, ha portato ad un database in cui ogni singolo record rappresenta un evento 

sanitario, al quale sono associate informazioni di tipo anagrafico e residenziale, con 

particolare riferimento alla residenza georeferenziata a livello di numero civico e 

indicazione della zona di appartenenza, suddivisa in cerchi concentrici di raggio pari a 

500 m attorno alla zona dei due inceneritori. A queste informazioni è stato possibile 

associare dati ambientali puntuali di emissioni, concentrazione stimata e misurata. 

Le analisi in corso sono volte a valutare eventuali differenze negli SMR/SIR dei vari 

eventi sanitari nell’area di Coriano rispetto ad una popolazione di riferimento, e nei 

347


diversi anelli in cui è stata suddivisa l’area. Ulteriori indagini prenderanno in 

considerazioni altri criteri di raggruppamento dei casi, basati sulle informazioni 

sull’inquinamento dell’area derivanti dalle analisi dello studio ambientale. 

I risultati delle analisi, che verranno illustrate in occasione del Convegno, saranno volti 

ad identificare gli indicatori ambientali e sanitari più adatti da inserire in un sistema di 

sorveglianza ambientale-sanitaria da implementare nell’area, scopo finale dell’intero 

progetto. 

Tale strumento servirà da supporto informativo per effettuare efficaci strategie di 

comunicazione sul rischio alla popolazione interessata, coerentemente all’obiettivo di 

creazione di un ambito di fiducia tra amministrazione e cittadinanza. 

348


L’ESPOSIZIONE AMBIENTALE A FIBRE DI TREMOLITE NEL 

TERRITORIO DELLA REGIONE BASILICATA: I DATI DEL RENAM COR 

BASILICATA 

M. Musti 1 , D. Cavone 1 , L. Convertini 2 , T. Massaro 1 , G. Montagano 3 , G. Cauzillo 1 

1 Università degli Studi di Bari. Dipartimento di Medicina Interna e Medicina Pubblica. Sezione 

di Medicina del Lavoro Cattedra Medicina Preventiva dei Lavoratori - ReNaM COR Puglia; 

2 Regione Basilicata. Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale. Servizio Osservatorio 

Epidemiologico Regionale ReNaM COR Basilicata; 3 Regione Basilicata. Dipartimento 

Sicurezza e Solidarietà Sociale. Ufficio Pianificazione Sanitaria e Verifica degli Obiettivi 

Introduzione 

Presso il Centro Operativo Regionale (COR) del Registro Nazionale Mesoteliomi 

(RENAM) della Basilicata (Cor Basilicata), attivo dal marzo 2001, sono stati rilevati 15 

casi di mesotelioma maligno (MM) tra i residenti nella Asl 3 Lagonegro. Nel Piano 

Regionale Amianto del 1999 in questa Asl risultano censiti 7 comuni con presenza di 

“pietre verdi”: Trecchina, Lauria, Castelluccio Superiore, Viggianello, S. Severino 

Lucano, Terranova del Pollino, Chiaromonte. I casi di mesotelioma occorsi tra i 

residenti nella Asl 3 sono stati indagati per il possibile ruolo eziologico di affioramenti 

di rocce verdi con presenza certa di minerali di amianto: tremolite 1 . 


Presso il COR Basilicata, nel periodo marzo 2001/marzo2005, attraverso la rilevazione 

attiva da parte degli operatori dello stesso COR e la ricostruzione retrospettiva tramite il 

linkage con le schede di dimissione ospedaliera ed i certificati di morte, sono state 

rilevate 15 diagnosi di MM, in riferimento agli anni 1989-2005, relative a soggetti 

residenti nella ASL n.3 di Lagonegro.Come da procedura del Cor, secondo le linee 

guida nazionali del Renam 2 , per tutti i casi rilevati è stata ricostruita la storia clinica e 

quella espositiva. Dopo la best evidence della diagnosi sono stati iscritti nel registro 12 

casi di MM. 

Risultati 

Dei 12 casi, di cui 2 femmine e 10 maschi, 5 risultano residenti nei comuni di Lauria, 

Castelluccio Superiore e Viggianello tutti comuni segnalati nel piano regionale amianto 

per la presenza di pietre verdi, 4 residenti a Senise, 2 residenti a Francavilla sul Sinni ed 

1 residente a Latronico. Dei 5 casi residenti nei comuni con presenza di pietre verdi: i 4 

uomini hanno un’esposizione classificata come occupazionale possibile ed hanno tutti 

svolto anche attività legate all’agricoltura (bracciante, boscaiolo, allevatore), la donna 

ha un’esposizione classificata come ambientale avendo sempre vissuto in una contrada 

dove è stata rilevata la presenza di affioramenti di tremolite, svolgendo anch’essa 

attività agricola e di allevamento. Inoltre per 3 di questi soggetti è risultata positiva la 

ricerca delle fibre di tremolite nel polmone, effettuata su reperto autoptico o bioptico. 

Bibliografia 

1 R. Pasetto et al, Mesotelioma Pleurico ed esposizione ambientale a fibre minerali: il caso 

di un’area rurale in Basilicata, Ann Ist Super Sanità, 40,2, 251/265, 2004 

2 R. Pasetto et al, Mesotelioma Pleurico ed esposizione ambientale a fibre minerali: il caso 

di un’area rurale in Basilicata, Ann Ist Super Sanità, 40,2, 251/265, 2004 

349


Circa l’esposizione dei 7 casi non residenti in comuni con presenza di pietre verdi: 3 

casi hanno un’esposizione classificata come occupazionale probabile (edilizia, ferrovie, 

zuccherificio), 4 hanno un’esposizione classificata come occupazionale possibile (1 

gommista e 3 braccianti). 

Discussione 

La presenza di 4 casi di MM in soggetti residenti nei comuni di Lauria (contrada Seluci) 

e Castelluccio Superiore ha evidenziato il ruolo eziologico della tremolite presente negli 

affioramenti ofiolitici dell’area in esame, successivamente caratterizzati geologicamente 

come argilloscisti. Poiché la caratterizzazione geologica della area è tuttora in corso, i 3 

casi di MM in braccianti residenti a Francavilla sul Sinni ed a Senise sottolineano la 

necessità di approfondire la conoscenza della situazione geologica territoriale riferita a 

tutta l’area Sud della Basilicata. Questo dato sottolinea inoltre la valenza del registro 

mesoteliomi come sistema di sorveglianza epidemiologica. 

A tal proposito va infine ricordato come l’attività del Cor Basilicata abbia determinato: 

• l’adozione di prime misure di tutela della salute pubblica ( ordinanze sindacali - 

messa in sicurezza di strade sterrate…), 

• l’esigenza di completare la mappatura geologica, 

350 

• la necessità di supplementi d’indagine epidemiologica (piano di sorveglianza 

epidemiologico-sanitaria delle popolazioni esposte, counselling, 

sensibilizzazione per adesione a programmi di cessazione dell’abitudine al 

fumo, valutazione dell’esposizione a fibre da parte della popolazione residente 

nel territorio in esame attraverso monitoraggio ambientale e misurazione dei 

livelli di esposizione individuale) 3 

3 M Musti et al, Consensus Conference Sorveglianza Sanitaria delle popolazioni esposte a fibre di 

tremolite nel territorio della Asl 3 Lagonegro (Pz), Roma 22/23 febbraio 2005, in press


FARMACI E ALLATTAMENTO AL SENO: LE CONOSCENZE DELLE 

DONNE 

Marcella Montico 1 , Antonella Chiurco 2 , Marina Cuttini 3 , Riccardo Davanzo 2 

1 Epidemiologia, IRCCS "Burlo Garofolo", Trieste; 2 Neonatologia e TIN, IRCCS Burlo 

Garofolo, Trieste; 3 Epidemiologia, Ospedale Bambino Gesù, Roma 

Premessa 

L'uso di farmaci da parte della donna può interferire con l’avvio e la continuazione 

dell’allattamento al seno. 

Metodologia 

Nel corso del 2004 è stato somministrato alle donne dopo il parto e prima della 

dimissione dall’ospedale un questionario per esplorare le conoscenze e le esperienze 

delle donne sull’uso dei farmaci in allattamento. 

Casistica 

Hanno preso parte allo studio 344 donne triestine, madri di nati a termine, sani, allattati 

al seno in maniera esclusiva per il 78 %. 

Risultati 

1. Il 52% delle donne ha informazioni sull’uso dei farmaci in allattamento. Queste 

informazioni derivano per lo più da libri-riviste-giornali (31%) o dal ginecologo (27%) 

o dai corsi pre-parto (20%). 

2. Il 34% delle donne è però insoddisfatto o solo parzialmente soddisfatto sulle 

informazioni ricevute perché giudicate scarse o poco competenti. 

3. La disinformazione delle donne è confermata dalle seguenti convinzioni: 

• per il 25% gli antibiotici sono controindicati; 

• per il 44% i farmaci antidepressivi sono sempre controindicati; 

• il 38% pensa che il primo latte vada gettato dopo una radiografia , 

• il 36% pensa che vada gettato dopo una cura dentaria , 

• il 48% pensa che vada gettato dopo una anestesia generale. 

Il livello di informazione non cambia a seconda del titolo di studio, mentre si nota una 

differenza significativa per la parità: le donne al primo parto hanno meno informazioni 

(44% nelle primipare vs 55% nelle pluripare, p=0.038). 

Conclusioni 

Questi dati documentano la necessità di completare e correggere l’informazione delle 

donne sull’uso dei farmaci in allattamento. 

351


L’UTILIZZO DI ARCHIVI ELETTRONICI NELL’INDAGINE EZIOLOGIA 

SUL RUOLO DI MALATTIE CRONICHE SUL MALIGNE NEL RISCHIO DI 

TUMORE. 

Canova C.¹, De Dottori M.², Tessari R.¹, Simonato L.¹ 

¹Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università Padova; ²Insiel (Udine) 

Obiettivi e Background 

L’obiettivo dello studio è l’implementazione di un sistema di record linkage tra 

l’archivio di dimissione ospedaliera e un registro tumori, per contribuire a spiegare le 

cause ed i meccanismi di malattie maligne e non-maligne. C’è una crescente evidenza 

che diverse malattie non-neoplastiche implichino un incremento (e in qualche caso un 

decremento) di un successivo sviluppo di tumore. L’archivio di dimissioni ospedaliere 

permette infatti facilmente la costruzione di coorti di malati di popolazione con un 

numero elevato di pazienti, necessario per verificare un moderato rischio di tumore. 

Studi di questo tipo sono stati condotti in Europa nell’ultimo decennio linkando record 

di dimissione ospedaliera con i database dei registri tumori nazionali 


Sono state inizialmente prese in considerazione 19 condizioni morbose che 

presentavano una possibile ipotesi eziologia con diverse sedi tumorali. I soggetti affetti 

da queste malattie croniche non maligne sono stati identificati attraverso l’archivio di 

dimissioni ospedaliere informatizzato del Friuli-Venezia Giulia. I record di dimissione 

dal 1992 al 2000 che presentavano l’ICD IX delle patologie d’interesse sono stati linkati 

con l’anagrafe regionale per identificare i soggetti residenti. La data di incidenza è stata 

definita come la prima diagnosi della malattia di interesse. I soggetti potevano essere 

affetti da più di una malattia. I soggetti estratti sono risultati 6799 per un totale di 

11.190 records che sono stati successivamente incrociati attraverso il codice sanitario 

con il registro tumori del North East of Italy Cancer Surveillance Network (NEICSN) 

per gli anni 1995-2000 a disposizione. Sono stati considerati solamente i tumori con 

data di incidenza successiva alla data di entrata nella coorte (data del primo ricovero per 

ciascuna patologia non neoplastica considerata). 

Il calcolo delle persone anno, dei casi incidenti attesi specifici per età e periodo di 

calendario, e il calcolo dei SIR per sede tumorale in ciascuna coorte selezionata sono 

stati effettuati utilizzando una macro del programma SAS. 

Risultati 

Sono state considerate per l’analisi 6 coorti di malattie con almeno 400 soggetti: diabete 

(2130 soggetti), artrite reumatoide (988 soggetti), pre-eclampsia (833 soggetti), 

Alzheimer (577 soggetti), osteomielite (493 soggetti), ipovitaminosi (462 soggetti), per 

un totale di 5488 soggetti che rappresentano il 79.4% della coorte originale. 

Sono state osservate 185 diagnosi di tumore per la coorte di diabetici, 53 per la coorte di 

soggetti affetti da artrite, 2 da pre-eclampsia, 24 da Alzheimer, 27 da osteomielite, 28 da 

ipotaminosi. 

La numerosità esigua ed il numero limitato di anni di follow-up, non permette di testare 

le ipotesi delle coorti ad esclusione di quella dei diabetici. In quest’ultima sono risultati 

statisticamente significativi i SIR per tutte le sedi (SIR=1.36 I.C. 1.17-1.57), fegato 

(SIR=3.04 I.C. 1.66-5.10, 14 casi), pancreas (SIR=3.74 I.C. 2.09-6.17, 15 casi), 

353


polmone (SIR=2.22 I.C. 1.52-3.14, 32 casi) e rene (SIR=2.75 I.C. 1.37-4.92, 11 casi). 

Questi eccessi sono risultati maggiormente presenti nei maschi. 

Discussione 

L’utilizzo di archivi sanitari informatizzati attraverso il linkage con chiave individuale 

della tessera sanitaria permette con tempi e costi limitati di testare ipotesi eziologiche 

che potranno essere successivamente confermate attraverso studi analitici e biologici. I 

risultati ottenuti dallo studio in Friuli Venezia Giulia confermano per la coorte di 

diabetici eccessi significativi ottenuti in altri studi europei. 

354


UN MODELLO PER LA PREVISIONE DELL’ESPOSIZIONE DOMESTICA AL 

BIOSSIDO DI AZOTO 

M. Rava 1 , S. Sartori 1 , C. Pattaro 1 , R. Melotti 1 , G. Verlato 1 , R. Bono 2 , R. De Marco 1 

1 Sezione di Epidemiologia & Statistica Medica, DMSP, Università di Verona; 2 Dipartimento di 

Sanità Pubblica e di Microbiologia, Università di Torino 

L’esposizione domestica al biossido di azoto è un indicatore della qualità dell’aria e 

potrebbe essere molto utile, se utilizzato per analizzare gli effetti dell’inquinamento 

atmosferico sulle malattie dell’apparato respiratorio. 

Questo lavoro si pone l’obiettivo di costruire un modello predittivo dell’esposizione 

domestica all’NO2, utilizzando sia dati ecologici, ottenibili dalle centraline di 

monitoraggio, sia dati individuali, ricavati da un questionario. 

Nell’ambito dello studio ECRHS II (European Community Respiratory Health Survey), 

nei centri di Verona e Torino, è stata rilevata la concentrazione domestica outdoor di 

NO2, mediante l’utilizzo di campionatori passivi posti all’esterno delle abitazioni di 227 

soggetti per un periodo di 14 giorni. A tali soggetti è stato somministrato un 

questionario contenente, tra le altre, quesiti sulle caratteristiche socio-demografiche, 

sullo stile di vita, sulle abitazioni e sul livello di traffico percepito. Negli stessi giorni è 

stata rilevata la concentrazione media di NO2 di tutte le centraline di monitoraggio per 

ognuno dei due centri. È stato quindi elaborato un modello di regressione lineare 

multipla, utilizzando come variabile risposta la concentrazione domestica dell’NO2 e 

come variabili predittive sia le informazioni da questionario, sia la concentrazione 

media di NO2 ricavata dalle centraline. Come criterio di selezione del modello è stato 

utilizzato l’Akaike Information Criterion. 

Le variabili selezionate per il modello sono state la concentrazione media di NO2 

da centralina, il centro, l’appartenenza ad una zona urbana o rurale, la stagione di 

rilevazione, la tipologia di edificio, e una variabile relativa al livello di traffico autoriportato. 

Il modello spiega il 59% della varianza totale, mentre il coefficiente di 

correlazione tra valori osservati e valori attesi è pari a 0.77(95%CI: 0.71-0.82) (vedi 

Figura). 

Valori attesi [ug/m^3] 

0 50 100 150 

0 50 100 150 

concentrazione di NO2 (camp.passivo) [ug/m^3] 

355


Le analisi preliminari suggeriscono che l’utilizzo combinato dei dati da centralina e 

delle informazioni da questionario potrebbero essere utili per predire il livello di 

esposizione domestica all’NO2. 

356


IL MONITORAGGIO DEGLI EVENTI AVVERSI TRA GLI OSPITI DELLE 

RSA DEL LAZIO NELL’ESTATE 2004 

Capon Alessandra, Mastromattei Antonio, Di Lallo Domenico, Simeoni Siro, Guasticchi 

Gabriella 

Servizio Tutela Soggetti Deboli, Agenzia di Sanità Pubblica Regione Lazio 

Introduzione 

In seguito all’emergenza caldo dell’estate 2003, nell’estate 2004 - dal 14 giugno al 3 

Ottobre – l’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio ha attivato un sistema di sorveglianza 

degli eventi avversi nelle 62 Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) della Regione. 

L’intervento prevedeva la diffusione di raccomandazioni cliniche ed organizzative per 

prevenire e fronteggiare eventuali emergenze sanitarie, nonché la notifica settimanale da 

parte di ogni struttura del numero di decessi e trasferimenti in ospedale avvenuti tra i 

propri ospiti. 

Lo scopo dello studio è quello di valutare i risultati del sistema di monitoraggio in 

relazione ad indicatori climatici. 


Distinguendo le strutture di Roma (n=20) da quelle del resto della Regione (n=42), sono 

stati calcolati per ogni settimana i tassi di decessi e trasferimenti per ogni struttura 

nonché i relativi intervalli di confidenza esatti secondo la distribuzione di Poisson. Per 

le RSA del Comune di Roma è stato possibile utilizzare i dati forniti dal sistema di 

sorveglianza delle ondate di calore (Fonte: Dipartimento della Protezione Civile, Centro 

di competenza sistema ondate di calore - Dipartimento di Epidemiologia ASL RM E) ed 

i tassi settimanali sono stati confrontati con quelli medi dei giorni senza segnalazioni di 

allarme/emergenza caldo. In mancanza di dati climatici, per il resto della Regione i tassi 

sono stati confrontati con la media del periodo di rilevazione fino alla settimana 

precedente quella in esame. 

Risultati 

Su un totale di 4.354 ospiti presenti nell’intero periodo si sono registrati 191 decessi e 

382 ricoveri. Il tasso annuale per 1000 persone è stato pari a 143 (IC 95% 123-164) per 

i decessi e a 285 (IC 95% 257-315) per i ricoveri. Nel corso dell’estate il clima è stato 

relativamente mite ed in nessuna settimana sono stati osservati eccessi significativi. Il 

tasso settimanale di trasferimenti è risultato significativamente più alto a Roma (7,35; 

IC95% 6,15-8,71) rispetto al resto della Regione (4,83 IC95% 4,25-5,47), il che può 

essere in parte spiegato dalla maggiore vicinanza di ospedali per le RSA del territorio 

urbano. 

Confrontando i tassi di decessi e di trasferimenti per singola struttura nell’intero 

periodo, si sono osservati tassi di decessi significativamente superiori alla media 

generale in 5 strutture e tassi di trasferimenti in ospedale significativamente superiori 

alla media generale in altre 5 strutture. 

Conclusioni 

Il sistema di monitoraggio si è dimostrato uno strumento efficace per monitorare 

l’andamento degli eventi avversi in tempo reale e a costi contenuti, nell’arco di una 

finestra temporale di pochi mesi. 

357


Per potere interpretare le differenze osservate nei tassi per singola struttura occorrerebbe 

prendere in considerazione fattori relativi tanto alle caratteristiche strutturali ed 

organizzative delle RSA, che allo stato di salute e al case-mix assistenziale degli ospiti. 

Per il futuro l’implementazione di flussi informativi di più ampio contenuto potrà 

senz’altro contribuire alla valutazione dello stato di salute e dei bisogni assistenziali 

degli anziani ospiti in RSA. 

358


INQUINAMENTO URBANO E MALATTIE DELL’APPARATO 

RESPIRATORIO: DUE MODELLI PER LA STIMA DEI RISCHI A 

CONFRONTO 

Migliaretti Giuseppe, Gregori Dario, Cavallo Franco 

Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Unità di Statistica. Università di Torino 

I ricoveri ospedalieri per malattie dell’apparato respiratorio sono considerati in 

letteratura un buon indicatore degli effetti a breve termine dell’inquinamento 

atmosferico. La maggior parte degli studi sono basati sull’analisi delle serie storiche, 

mentre sono pochi quelli che utilizzano approcci alternativi. 

Obiettivi 

Il presente lavoro analizza la relazione tra inquinamento urbano e ricoveri ospedalieri 

per malattie dell’apparato respiratorio nella popolazione residente a Torino nel periodo 

1998-1999, utilizzando due modelli diversi per la valutazione della relazione in studio. 


La base dati dello studio, tratta dall’archivio regionale delle schede di dimissione 

ospedaliera (SDO), è costituita dai 128.002 pazienti residenti a Torino avvenuti nel 

periodo 1998-1999. Sulla base della diagnosi principale (ICD IX), sono stati definiti 

come Casi i 3.997 pazienti ricoverati per malattie dell’apparato respiratorio (ICD IX 

490-496) e come Controlli i 124.005 pazienti con diagnosi diverse da malattie 

dell’apparato respiratorio (ICD IX 460-487 e ICD IX 500-519) e cardiache (ICD IX 

390-405 e ICD IX 410-429). 

Le informazioni riguardanti i livelli di inquinamento sono tratte dalle rilevazioni delle 

centraline dislocate sull’area cittadina e gestite dall’ARPA, settore Qualità dell’Aria. 

Nello studio sono stati considerati come principali indicatori dell’inquinamento da 

traffico urbano il Biossido di azoto (NO2), le Polveri sospese totali (PTS) e l’Anidride 

solforosa (SO2). 

Il rischio di ricovero per malattie dell’apparato respiratorio, aggiustato per sesso, età, 

stagionalità, giorno della settimana e festività, è stato stimato mediante modelli di 

Regressione Logistica ed espresso in termini di incremento percentuale del rischio 

determinato da un aumento di 10μg/m3 dell’inquinante; ogni rischio viene presentato 

con il relativo Intervallo di Confidenza al 95% (IC95%). Nell’archivio delle SDO non 

erano disponibili informazioni relative all’esposizione al fumo del paziente; per ovviare 

anche se solo parzialmente a questo problema, nel modello è stato inserito il livello di 

istruzione. 

In questo tipo di studi uno dei principali problemi però è la collinearità tra le variabili 

analizzate, (particolarmente evidente quando si cerca di analizzare l’effetto di più 

inquinanti contemporaneamente) ai quali i modelli di Regressione Logistica non 

riescono a far fronte in modo adeguato; per questo motivo nello studio, a supporto dei 

risultati ottenuti con i modelli di Regressione Logistica, sono stati utilizzati anche i 

modelli Projection Pursuit Regression (PPR) e di Regressione funzionale, che hanno 

permesso di analizzare periodi di esposizione più lunghi, controllando i problemi di col 

linearità e fornendo così stime più robuste. 

359


Risultati 

I risultati mettono in evidenza un incremento medio di ricoveri per malattie 

dell’apparato respiratorio del 2.7% (IC95%: 1.9-3.6%), del 3.1% (IC95%: 1.9-4.1%) e 

del 2.5% (IC95%: 2.0-2.9%) determinati da un aumento di 10μg/m 3 dell’esposizione a 

PTS, NO2 e SO2 rispettivamente. Includendo nel modello contemporaneamente i tre 

inquinanti considerati, si nota una maggior instabilità delle stime, evidenziando così la 

necessità di far riferimento ad altri modelli. L’utilizzo di modelli PPR e di Regressione 

funzionale hanno permesso quindi di confermare il peso attribuibile a ciascun 

inquinante nel rischio di ricovero per malattie dell’apparato respiratorio, evidenziando 

NO2 e PTS come i principali indicatori dell’esposizione all’inquinamento urbano. 

Conclusioni 

Il lavoro conferma l’effetto dannoso dell’inquinamento ambientale sulla salute 

proponendo l’utilizzo di modelli alternativi, evidenziando peraltro rischi sovrapponibili 

a quelli stimati da altri studi condotti con disegni diversi su altre città italiane (Biggeri A 

et al. Epidemiol Prev 2001;25(Suppl. 2)) e straniere (Atkinson RW et al. Am J Respir 

Crit Care Med 2001;164:1860-1866), ed identificando NO2 e PTS come i principali 

indicatori di esposizione nello studio degli effetti dell’inquinamento sulla salute, 

sottolineando ancora una volta la necessità di ulteriori approfondimenti in questo 

ambito. 

360


IL PARTO CESAREO IN EMILIA-ROMAGNA: VALIDITÀ E 

RIPRODUCIBILITÀ DELLE INFORMAZIONI OTTENUTE ATTRAVERSO 

SDO E CEDAP 

Brunella Frammartino 1 , Elisa Stivanello 1 , Laura Dallolio 1 , Maria Pia Fantini 1 , Paolo Cacciari 2 , 

Danilo Fusco 3 , Massimo Arcà 3 , Carlo Alberto Perucci 3 

1 Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Università di Bologna 

2 Policlinico S.Orsola –Malpighi Bologna; 3Dipartimento di Epidemiologia ASL RME 

Introduzione 

In molte regioni italiane, la percentuale di parti cesarei supera il valore di riferimento 

fissato al 20% dal Piano Sanitario Nazionale 2003-2005. In Emilia-Romagna (RER), la 

proporzione di parti cesarei nel 2003 era pari al 30.4%, con un range di variazione interospedaliero 

compreso tra il 4.4% e il 71.7%. In ambito scientifico è ancora aperto il 

dibattito su quale sia la migliore fonte informativa e/o i migliori criteri da utilizzare per 

la definizione e identificazione dell’evento parto (naturale e chirurgico). 

Obiettivo 

L’obiettivo di questo studio è quello di confrontare, in termini di proporzione di parti 

cesarei, diverse classificazioni delle strutture ospedaliere della RER. Questa 

proporzione è stata calcolata mediante definizioni diverse dell’evento parto desumibili 

dal SIO e mediante l’uso di un diverso flusso informativo: il certificato di assistenza al 

parto (CedAP). 


Nel 2003, sono state selezionate 36.328 schede di dimissione ospedaliera di donne 

ricoverate nella RER che presentassero una diagnosi (ICD-9-CM: 640.xy-676.xy, 

y=1,2; V27) o una procedura (ICD-9-CM:72-74) o un DRG (370-375) di parto. Dalla 

banca dati del CedAP sono stati estratti 33.930 certificati di assistenza al parto relativi 

all’anno 2003. 

La concordanza (test K) tra le classificazioni delle strutture ospedaliere, in termini di 

proporzione di parto cesareo, è stata valutata utilizzando quattro diversi indicatori 

desunti dal SIO: 

I. DRG di parto cesareo/DRG di parto 

II. DRG diagnosi e procedure di parto cesareo/DRG, diagnosi e procedure di 

parto 

III. DRG e procedure di parto cesareo/DRG e procedure di parto 

IV. procedure di parto cesareo/diagnosi di parto 

L’indicatore I individua 10215 parti cesarei (31.55%), il II 10319 (31.87%), il III 10315 

(31.86%) e il IV 10307 (31.83%). 

La proporzione di parti cesarei desunta dal Cedap è stata calcolata utilizzando 

l’informazione della variabile “modalità di parto”. L’indicatore CedAP individua 9727 

parti cesarei (30.04%). 

E’ stata infine valutata la concordanza (coefficiente di Kendall) e la correlazione 

(coefficiente di Spearman) tra ciascuna classificazione delle strutture, ottenuta 

impiegando i diversi indicatori SIO, e quella derivante dal CedAP. 

Risultati 

E’ stata rilevata un’alta concordanza tra le classificazioni delle strutture ottenute sulla 

base dei quattro indicatori SIO, test Kappa pari a 0.94. La concordanza calcolata fra le 

361


classificazioni SIO e quella ottenuta sulla base del CedAP mostra valori dei coefficienti 

di Spearman compresi tra 0.89-0.90 e un coefficiente di Kendall pari a 0.84. 

Conclusioni 

Non sembrano esserci differenze tra il ranking delle strutture ospedaliere della RER 

quando vengono utilizzati diversi indicatori di parto cesareo costruiti a partire dalle 

variabili delle SDO. Appare molto alta anche la concordanza tra SIO e CedAP 

nell’individuare l’evento parto cesareo, a testimonianza della buona qualità della 

rilevazione CedAP in questa regione. 

La possibilità di linkare fonti informative diverse ci permetterà di studiare i 

determinanti di parto cesareo e di mettere a punto diversi modelli di risk adjustment nel 

confronto tra strutture. 

362


LA VULNERABILITÀ INDIVIDUALE COME MODIFICATORE DI EFFETTO 

NELLA RELAZIONE TRA ONDATE DI CALORE E MORTALITÀ: STUDIO 

CASE-CROSSOVER NELLE CITTÀ DI TORINO E MILANO, UN 

APPROFONDIMENTO SUGLI ATTRIBUTI SOCIO-ECONOMICI 

Caranci N. 1 , De Maria M. 1 , Cadum E. 2 , Russo A. 3 , Rognoni M. 3 , Bisanti L. 3 , Stafoggia M. 4 , 

De Donato F. 4 , Forastiere F. 4 

1 ASL 5 Grugliasco (TO); 2 ARPA Piemonte, Torino; 3 ASL Città di Milano, Milano 

4 Dipartimento di Epidemiologia ASL RME, Roma 

Obiettivi 

Nell’ambito dello studio degli effetti delle ondate di calore si colloca un’indagine sulle 

caratteristiche individuali che incrementano il rischio di morire nei giorni più caldi, 

condotto tramite un disegno case-crossover. All’interno dello studio generale su quattro 

città italiane è stato effettuato un approfondimento su caratteristiche socio economiche 

reperibili per Torino e Milano. L’intento è di valutare se gli effetti sfavorevoli 

dell’esposizione transitoria a ondate di calore siano modificati da caratteristiche 

individuali e contestuali che possono identificare aspetti di ‘vulnerabilità’, intesi come 

attributi del contesto socio-economico in cui vive l’individuo che ha subito il decesso. 


L’analisi della temperatura apparente sulla mortalità per tutte le cause (Torino 1997- 

2003, Milano: 2000-2003; 116768 decessi) è stata approfondita considerando 

caratteristiche individuali quali il livello di istruzione, lo stato civile e l’area di nascita e 

un attributo di contesto economico, rappresentato dal reddito percentile della sezione di 

censimento di residenza. Il livello di istruzione è distinto in alto e basso (licenza 

elementare o meno ed altro). Lo stato civile, categorizzato in coniugale e altro stato, è 

considerato indicativo di un supporto famigliare nell’affrontare condizioni di disagio 

climatico. Il livello di reddito è calcolato come mediana dei redditi familiari censuale 

(1998). Si è indagata anche l’area di nascita (sud e nord), che può rappresentare sia un 

fattore di suscettibilità, sia di vulnerabilità sociale, sotto l’ipotesi di un effetto di 

acclimatazione nei primi anni di vita. Oggetto di ricerca è stato inoltre un eventuale 

effetto di modificazione della relazione entro condizioni di suscettibilità individuale 

(area di nascita e 28 tipi di comorbidità), a carico di condizioni di vulnerabilità 

individuale e contestuale. Ulteriori dimensioni di analisi sono il sesso e le fasce di età 

(35 anni e oltre e 75 e oltre). Le analisi sono state condotte applicando il disegno casecrossover 

con approccio “time-stratified” per la selezione dei controlli. Un modello di 

regressione logistica condizionata è stato applicato per stimare l’incremento percentuale 

di rischio di morire in giorni con 30°C di temperatura apparente rispetto a 20°C, dove la 

temperatura apparente è introdotta nel modello con tre termini lineari che considerano la 

forza della relazione incrementata in due punti di svolta, variali per città. E’ stata 

dunque considerata la potenziale modificazione d’effetto delle variabili 

precedentemente citate, con stime città specifiche e una loro sintesi tramite meta-analisi. 

Risultati 

E’ stato individuato come forte modificatore d’effetto lo stato civile. L’incremento di 

rischio è significativamente più alto tra i non coniugati. Nella popolazione di 35 anni e 

più è complessivamente del 54% (IC95%: 47-62), contro il 23% (IC: 16-30) dei 

coniugati. 

363


Nelle popolazioni anziane l’incremento è ancora più sensibile: 60% (IC: 51-70), contro 

il 26% (IC: 17-36) dei coniugati. La differenza appare più marcata per le donne. Il 

reddito della sezione di censimento pare suggerire un trend generalmente crescente a 

partire dalle sezioni aventi un reddito medio appartenente al 9° e 10° decile rispetto a 

quelle economicamente più svantaggiate, in particolare per la città di Torino. L’area di 

nascita dà risultati eterogenei tra le due città. Analizzando la modificazione d’effetto 

delle variabili socio economiche tra ricoverati e non (affetti da comorbidità), si può 

osservare che l’aver subito un ricovero per una delle 28 cause pare portare ad un minor 

effetto del livello di reddito, in particolari per condizioni che richiedono assistenza più 

specializzate come i disturbi delle valvole e della conduzione cardiaca (risultati non 

riportati). 

Commenti 

L’analisi della vulnerabilità sociale evidenzia un maggiore effetto in soggetti non 

coniugati e tendenzialmente in una zona con livello di reddito minore. Il livello 

d’istruzione non pare modificare sostanzialmente l’effetto del caldo estivo, mentre 

l’area di nascita dà indicazioni differenti per città. 

364


VALUTAZIONE E MONITORAGGIO DEI PROGRAMMI ORGANIZZATI DI 

SCREENING DELLA CERVICE UTERINA IN REGIONE CAMPANIA NEL 

2004 

A. Chianca 1 , A. D’Argenzio 2 , R. Pizzuti 1 

1 Osservatorio Epidemiologico Regione Campania; 2 Azienda Sanitaria Locale Caserta 2 

Introduzione 

In accordo con le linee guida nazionali i programmi organizzati di screening della 

cervice uterina, attivi in Regione Campania nel 2004, prevedono l’offerta attiva del paptest, 

a cadenza triennale, alle donne della fascia d’età 25-64 anni. Il presente lavoro, 

realizzato per la prima volta in Campania, si pone come obiettivi la ricognizione dei 

programmi di screening, il monitoraggio della qualità di alcune fasi del processo e la 

valutazione dei risultati. 


Le rilevazioni sono state effettuate dai referenti per lo screening delle rispettive ASL 

mediante un questionario costituito da alcune sezioni modificate della scheda di 

rilevazione del GISCI (Gruppo Italiano screening del cervicocarcinoma). I dati 

collezionati riguardano le donne della popolazione bersaglio invitate tra il 1° gennaio ed 

il 31 dicembre 2004, sottoposte al test ed all’eventuale approfondimento diagnostico 

(colposcopia e biopsia) entro il mese di marzo 2005. Le informazioni ottenute sono state 

funzionali al calcolo di alcuni indicatori di processo. 

Risultati 

Dalla rilevazione, a cui hanno aderito tutte le ASL, è emerso che 11 aziende su 13, in 

regione, promuovono un programma organizzato di screening del cervicocarcinoma. In 

un caso l’offerta è limitata ad una selezione della popolazione target (donne di età 25-44 

anni). La popolazione obiettivo è risultata di 1.220.033 donne, pari a circa l’80% della 

popolazione femminile 25-64 anni residente in Campania. 

Nel 2004 è stato invitato, tramite lettera, il 25% della popolazione obiettivo. Di questo 

soltanto il 19% ha aderito all’invito, valore inferiore rispetto al dato medio nazionale del 

43,6% (survey GISCI 2003). La copertura annuale, calcolata rapportando il numero di 

donne sottoposte a screening nell’anno di attività alla popolazione obiettivo (intesa 

come 1/3 della popolazione obiettivo da raggiungere nel triennio) è del 21%; tale dato 

non include l’attività spontanea fuori programma. La percentuale di strisci inadeguati è 

del 3,9%, di poco superiore alla media nazionale che è del 3,4%. Solo per una ASL la 

percentuale di strisci inadeguati supera la soglia accettabile fissata al 7%. La 

proporzione di donne inviate in colposcopia (referral rate) è stata del 2,2%, di poco 

inferiore al valore medio nazionale che è del 2,7%. Il Valore Predittivo Positivo, 

indicatore di qualità della diagnosi citologica, per le 4 ASL che hanno risposto, è 

dell’8,7%, più basso di quello medio nazionale che è del 15,4%. 

Conclusioni 

La rilevazione periodica dello stato di attività dei programmi di screening organizzato 

appare strumento di conoscenza indispensabile alla programmazione nazionale e 

regionale per la valutazione delle differenze di copertura all’interno del territorio 

considerato, individuare le criticità, proporre i correttivi e indirizzare, quindi, 

l’assegnazione delle risorse disponibili; per una valutazione di efficacia complessiva 

365


dello screening queste informazioni andrebbero comunque integrate con quelle relative 

all’attività spontanea fuori programma. 

L’adesione delle ASL alla rilevazione è stata totale; le criticità individuate sono 

riferibili prevalentemente alla necessità di strutturare in tutte le realtà un archivio 

informatizzato capace di garantire qualità e completezza dell’informazione, 

all’opportunità di avviare azioni per il miglioramento della qualità delle diagnosi e 

dell’uniformità dei criteri di refertazione, alla necessità di avviare iniziative di 

pubblicizzazione opportune. Le disfunzioni riscontrabili sono riferibili a difficoltà 

organizzative e strutturali legate alla fase iniziale. 

366


PREVALENZA DI UTILIZZATORI DI OPPIACEI NELLA REGIONE 

LIGURIA: APPLICAZIONE DEL METODO CATTURA-RICATTURA CON 

COVARIATE 

Olivia Curzio*, Giuseppe Rossi*, Fabio Mariani* 

* Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari, Istituto di Fisiologia Clinica – CNR- 

Pisa 

Introduzione 

Nell’ambito dell’epidemiologia delle tossicodipendenze, la stima della prevalenza di 

utilizzatori di oppiacei mediante il metodo cattura-ricattura con covariate è stata 

effettuata solo in alcuni studi riguardanti alcune città inglesi e una città russa (Hickman 

M., 2004; Platt L., 2004). Ad oggi non esistono in Italia esperienze note di applicazione 

di tale metodologia. 

Obiettivi 

Questo studio si propone di verificare l’utilizzabilità del metodo cattura-ricattura con 

covariate, applicato a quattro liste, per la stima su scala regionale della prevalenza di 

utilizzatori di oppiacei. In particolare lo studio si propone di stimare la dimensione della 

popolazione di utilizzatori di oppiacei residenti nella Regione Liguria negli anni 2000, 

2001, 2002 e di valutare quanto i servizi preposti agli interventi terapeutici riescano a 

raggiungere questa popolazione. 


Nell’ambito delle attività di monitoraggio epidemiologico dell’Osservatorio regionale 

per le dipendenze della Regione Liguria è stata attivata la raccolta esaustiva e continua 

dei dati individuali relativi ai soggetti afferenti a quattro diverse strutture territoriali: 

Servizi Pubblici per le Tossicodipendenze, Strutture del Privato Sociale, Nuclei 

Operativi per le Tossicodipendenze delle Prefetture, Ospedali (Schede di Dimissione 

Ospedaliera). La popolazione in studio è rappresentata dai consumatori di oppiacei 

residenti nella Regione Liguria nel triennio 2000-02. Alle quattro liste è stato applicato 

il metodo di stima cattura-ricattura con covariate, considerando la popolazione come 

chiusa. Le covariate esaminate sono state l’età, suddivisa in due categorie (


Risultati 

Anno 

368 

Consumatori 

osservati 

Consumatori 

stimati 

n (I.C.95%) 

Indice di copertura 

Conosciuti (SerT- 

CT)/stimati 

Prevalenza (15- 

54) 

P x 100 

(I.C.95%) 

2000 3847 9132 (8235-10214) 40,3 % 1,1 (1,0-1,2) 

2001 3912 10523 (8045–14486) 33,7% 1,3 (1,0-1,8) 

2002 

4892 14265 (10733– 

19936) 

31,5% 1,7 (1,3-2,4) 

Conclusioni 

La stima della prevalenza dei consumatori di oppiacei nella Regione Liguria negli anni 

esaminati è coerente con le stime ottenute in studi analoghi e in particolare nello studio 

riguardante alcune città inglesi (anni 2000/01): Brighton (2,0%, I.C.95%: 1,3-3,2), 

Liverpool (1,5%, I.C.95%: 1,0-1,6), Sobborghi di Londra (1,2%, I.C.95%: 1,0-1,6), 

Centro di Londra (1,6%, I.C.95%: 1,2-3,3). Nel presente studio, a differenza di quanto 

osservato nei due studi citati, l’uso delle covariate esaminate non ha mostrato un effetto 

apprezzabile sulla stima della prevalenza di utilizzatori di oppiacei. 

L’applicazione del metodo cattura-ricattura con covariate può consentire di ottenere 

stime di prevalenza e di copertura dei servizi sufficientemente accurate, e quindi 

utilizzabili per la programmazione socio-sanitaria degli interventi, quando le liste 

utilizzate e le informazioni in esse contenute siano complete ed accurate. Lo studio 

proseguirà prendendo in esame gli anni più recenti della rilevazione, dove la 

completezza e l’accuratezza delle informazioni dovrebbero essere ulteriormente 

migliorate, ed esteso anche agli utilizzatori di cocaina.


LA COMORBIDITÀ PSICHIATRICA NELLA BRONCOPNEUMOPATIA 

CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO) 

S. Baldacci¹, M. Borbotti¹, A. Scognamiglio¹, A. Angino¹, B. Piegaia¹, F. Martini¹, F. Di Pede², 

F. Pistelli² , L. Carrozzi 2 , G. Viegi 1 

¹Istituto di Fisiologia Clinica, CNR, Pisa; 2 Dipartimento Cardiotoracico, Università e Azienda 

Ospedaliera di Pisa. 

Scopo 

Valutare la relazione tra disturbi psichiatrici e BPCO nella popolazione afferente ai 

medici di medicina generale in Italia. 


Indagine campionaria, denominata EPIDEA, condotta in 6 aree geografiche italiane. 

2083 soggetti (68.1% del campione atteso, età media 44+13 anni) selezionati in modo 

random da 143 (70.1%) medici di medicina generale, hanno partecipato allo studio. 

1186 soggetti (gruppo di studio B) hanno auto-compilato il questionario sulla Salute 

“General Health Questionnaire”, la scala per la valutazione della Qualità della Vita 

“Euro-QoL” e la scala della Percezione Soggettiva della Malattia e risposto ad una 

intervista condotta dal medico, basata sul questionario standardizzato CNR per la 

rilevazione di: patologie psichiatriche, comorbidità cardio-respiratorie, relativi fattori di 

rischio e trattamenti farmacologici. 897 soggetti (gruppo di studio A) hanno risposto 

anche all’intervista diagnostica strutturata in psichiatria, denominata “MINI lifetime 

(versione italiana)”, previo apposito training dei rispettivi medici. 

Risultati 

La prevalenza di disturbi psichiatrici totali attuali è risultata del 33.8% nel campione 

totale e quella di disturbi psichiatrici “lifetime” è risultata del 44.9%. Nel campione 

totale, ad eccezione dei disturbi del comportamento alimentare, i disturbi dell’umore, i 

disturbi d’ansia e l’alcolismo sono risultati significativamente associati alla presenza di 

BPCO. Considerando solo i disturbi dell’umore e d’ansia, la BPCO è risultata 

significativamente associata alla presenza di sola ansia (16.1 vs. 8.2%) e, soprattutto, 

alla co-presenza di ansia e depressione (18.5 vs. 7.8%). Mediante modelli di regressione 

logistica aggiustati per gli effetti indipendenti di: età, area geografica, abitudine al fumo, 

livello educativo, posizione lavorativa, gruppo di studio, punteggio al GHQ e sesso, la 

BPCO è risultata associata alla presenza di sola ansia (OR: 2.6, CI: 1.7-4.1) e di ansia e 

depressione in combinazione (OR: 2.8, CI: 1.8-4.6). 

Conclusioni 

Lo studio EPIDEA conferma l’ampia diffusione dei disturbi psichiatrici nella 

popolazione afferente ai medici di medicina generale in Italia. L’associazione tra BPCO 

e ansia, da sola e con la depressione, suggerisce di prendere in considerazione questi 

aspetti nella pratica clinica, sia degli pneumologi sia degli psichiatri, al fine di ottenere 

un’anamnesi più accurata. 

369


ANALISI DELLA RISPONDENZA IN UNO STUDIO DI POPOLAZIONE 

SULLA VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DI VITA E DELLO STATO DI 

SALUTE DELLE PERSONE ADULTE GUARITE DOPO UN TUMORE 

MALIGNO IN ETÀ PEDIATRICA 

Alessi D.*, Mosso M.L.*, Dama E.*, Zuccolo L.*, Pastore G.*°, Magnani C.*°° 

*Registro dei Tumori Infantili del Piemonte. Epidemiologia dei Tumori, CPO Piemonte, A.O. 

S.Giovanni Battista e Università di Torino 

°Struttura Semplice Oncoematologia Pediatrica - Ospedale S. Andrea Vercelli 

°°Dipartimento di Scienze Mediche dell'Università del Piemonte Orientale e CPO-Piemonte, 

Novara 

Introduzione 

La valutazione della qualità di vita (QoL) dei sopravvissuti ad un tumore in età 

pediatrica è stata, negli ultimi decenni, oggetto di studi, in conseguenza del progressivo 

miglioramento della prognosi dovuto alla maggiore efficacia delle cure. Il Registro 

Tumori Infantili del Piemonte (RTIP) ha condotto uno studio sulla QoL coinvolgendo 

direttamente le persone guarite da tumore diagnosticato prima dei 15 anni di età e i loro 

medici di medicina generale, contattati per mezzo di questionari postali differenziati. 

Oggetto di questa segnalazione è la valutazione della non rispondenza ai questionari da 

parte dei medici e delle persone guarite per individuare eventuali differenze nella 

distribuzione di caratteristiche demografiche e cliniche. 


Sono stati estratti dall’archivio del RTIP i nominativi di 1119 soggetti di età < 15 anni 

cui era stata posta diagnosi di tumore maligno nel periodo 1967-1998, residenti in 

Piemonte alla diagnosi, età 15 anni nel 2000 e vivi 5 anni dalla diagnosi. Presso gli 

Uffici Anagrafe si è reperita la loro residenza e attraverso le ASL i dati anagrafici dei 

loro medici di medicina generale. 

Dei 1119 pazienti estratti dal RTIP, 114 sono stati esclusi perché deceduti, trasferiti 

all’estero, irreperibili o non iscritti all’ASL: sono entrati nello studio 1005 pazienti e 

857 medici (diversi medici avevano in cura più di un paziente). Il questionario inviato ai 

pazienti è stato ottenuto integrando l'HEALTH UTILITIES INDEX MARK 2 E MARK 

3 (Health Utilities Inc. Ontario Canada) con domande riguardanti l’inserimento sociale; 

il questionario per i medici conteneva domande riguardanti lo stato di salute e l’accesso 

ai servizi sanitari degli assistiti. Pazienti e medici erano informati del reciproco 

coinvolgimento. Lo studio è stato approvato dal Comitato Etico dell’Università di 

Torino. A pazienti e medici che non avevano risposto dopo un mese dall’invio del 

questionario sono state inviate due lettere di sollecito a distanza di un mese una 

dall’altra. Per i medici si è effettuato anche un sollecito telefonico. 

Le caratteristiche considerate per i pazienti, ottenute dal RTIP, sono di tipo demografico 

(sesso, età, stato civile, residenza) e clinico (tipo istologico, età e periodo di diagnosi), 

mentre per i medici sono state considerate sesso, età e residenza, ottenute dagli Uffici 

ASL e dall’Ordine dei Medici. 

In totale hanno risposto al questionario 691 pazienti (69%) e 615 medici (72%). Per 

tutte le variabili sono stati calcolati gli OR per la non rispondenza. 


I risultati mostrano, per quanto riguarda i pazienti, una modesta associazione tra la non 

rispondenza e l’età maggiore di 45 anni, la residenza nei capoluoghi di provincia del 

371


Piemonte (esclusa Torino) e la non rispondenza del medico, solo per questa ultima 

variabile la differenza è risultate significativa (OR: 3.3; 95% CI: 2.4 – 4.3). Anche per i 

medici l’unico dato statisticamente significativo è stato il risiedere in uno dei 

capoluoghi di provincia del Piemonte (OR: 1.9; 95% CI: 1.1 – 3.4). I partecipanti allo 

studio che hanno risposto dopo 2 solleciti non sono risultati differenti dai non 

rispondenti per le variabili considerate. 

Non sono state evidenziate differenze marcate (limitatamente alle variabili considerate) 

tra i soggetti che hanno risposto e quelli che non hanno risposto al questionario. 

372


DALLA CARATTERIZZAZIONE SOCIO-SANITARIA DELLA 

POPOLAZIONE ANZIANA ALLA PREDISPOSIZIONE DI PIANI INTEGRATI 

DI SALUTE: UN ESEMPIO DI ANALISI INTEGRATA DELLA DOMANDA 

PER LA PROGRAMMAZIONE DI INTERVENTI 

M. Franchini, M.Casini, E. Mugnaini 

U.O. Epidemiologia ASL 11 – Empoli 

Il Profilo di Salute rappresenta il modello da cui trarre informazioni per impostare i 

Piani Integrati di Salute intesi come strumento di programmazione integrata delle 

politiche sociali e sanitarie e della loro interconnessione con quelle relative ai settori che 

hanno influenza sullo stato di salute della popolazione. Date le premesse l’U.O. 

Epidemiologia dell’ASL 11 di Empoli ha indirizzato il proprio intervento verso la 

raccolta e l’elaborazione integrata di tutte le informazioni disponibili, sanitarie e non, 

per caratterizzare la popolazione e il territorio delle due SdS di competenza (Empolese e 

Valdarno) in base anche agli obiettivi dell’ultimo PSR. 

Come in molte altre realtà aziendali uno dei gruppi di utenza particolarmente incisivi 

sull’attività aziendale è rappresentato dagli anziani a seguito del progressivo 

invecchiamento della popolazione, della complessità delle problematiche legate alla 

cronicizzazione di patologia e delle difficoltà nel programmare un sostegno sanitario e 

sociale integrato che favorisca un crescente livello di qualità della vita in una realtà 

caratterizzata dalla continua riduzione delle risorse disponibili. 

Il peso delle esigenze sanitarie e sociali della popolazione anziana è stato valutato, in 

questo lavoro, attraverso l’analisi di alcuni indicatori desunti dalla lettura integrata degli 

archivi dei Flussi.DOC regionali. Tali indicatori sono relativi a: 

o domanda di primo ricovero ospedaliero per i principali gruppi nosologici riportati 

nell’ICDIX CM e per alcune patologie specifiche di particolare interesse (frattura di 

femore e influenza e polmonite); 

o grado di non autosufficienza e ricorso all’Assistenza Domiciliare Integrata sia in 

forma diretta che indiretta 

o ricorso al ricovero in RSA 

Risultati 

o caratterizzazione demografica: il quadro demografico delle due SdS evidenzia una 

forte presenza di utenti ultra65enni, superiore rispetto alla media nazionale, ma 

inferiore alla realtà regionale, fatta eccezione per la classe di età 74-84 anni. 

o domanda di primo ricovero per età, sesso e SdS: nei maschi 65-84 anni in entrambe 

le SdS la domanda di primo ricovero si concentra sulle malattie del sistema 

circolatorio (25%), tumori (15%) e malattie dell’apparato digerente e del sistema 

nervoso (circa il 12%). Si riscontrano differenze fra le due SdS nei maschi nella 

classe >85 anni. Nelle femmine la prima causa di ricovero in entrambe le SdS è 

rappresentata dalle malattie del sistema circolatorio, seguite dalle malattie del 

sistema nervoso nell’Empolese e dai traumi nel Valdarno. Si evidenzia come la SdS 

del Valdarno sia caratterizzata da una maggiore incidenza di traumi in entrambi i 

sessi, quale probabile conseguenza della connotazione più agricola di questo 

territorio. 

Il tasso di ospedalizzazione per sostituzione dell’anca negli ultra74enni risulta 

nettamente superiore nel Valdarno rispetto all’Empolese ; al contrario la domanda di 

373


ricovero per influenza e polmonite in entrambi i sessi sembra nettamente superiore 

negli ultra74enni dell’Empolese rispetto ai coetanei del Valdarno. 

o grado di non autosufficienza e riscorso ad ADI o RSA: la stima effettuata 

applicando la ripartizione regionale degli anziani bisognosi di assistenza alla 

distribuzione per età delle due popolazioni a confronto, vede ovviamente la SdS 

Empolese più svantaggiata rispetto al Valdarno e il tasso di non autosufficienza 

rilevato attraverso i dati di attività delle unità di valutazione distrettuali sembra 

confermare questa tendenza. La tipologia di ADI maggiormente utilizzata è quella a 

prevalente componente sanitaria e si concentra sulla gestione di problematiche come 

fratture, ictus, tumori e insufficienza respiratoria in entrambe le SdS. Il ricorso 

all’ADI indiretta (sussidio economico) sembra essere maggiormente utilizzato 

nell’Empolese rispetto al Valdarno. 

Il tasso di ricovero presso RSA risulta superiore nell’Empolese; ciò potrebbe essere 

diretta conseguenza sia del maggior ricorso all’ADI indiretta, sia della maggiore 

disponibilità di posi letto rilevata nell’Empolese. 

374


UN’ INDAGINE SUI FATTORI CHE INFLUENZANO L’AVVIO E LA 

DURATA DELL’ ALLATTAMENTO AL SENO 

Gargano R.*, Mondello M.*, Zirilli A.*, Marseglia L.**, Manganaro R.**, Gemelli M.** 

*Dipartimento di Statistica, Università degli Studi di Messina; ** Dipartimento di Pediatria, 

Università degli Studi di Messina 

Introduzione 

La ormai diffusa consapevolezza dei notevoli vantaggi dell’allattamento al seno non 

solo per il bambino, ma anche per la madre, la famiglia e la società, hanno indotto 

numerose organizzazioni internazionali, tra cui l’OMS, ad intraprendere iniziative per 

promuoverne l’avvio e la durata. Le indagini epidemiologiche condotte in Italia, benché 

su campioni non rappresentativi e con una metodologia non standardizzata, indicano 

che gli obiettivi proposti dall’OMS sono stati recepiti ma non ancora raggiunti. Scopo di 

questo studio è verificare la realtà dell’allattamento al seno a Messina, analizzando, nel 

contempo, fattori che possono influenzarne l’avvio e la durata. 


I dati sono stati raccolti, somministrando direttamente alle madri un questionario, 

strutturato secondo la metodologia dell’OMS, dall’1 Marzo al 30 Aprile 2004, presso il 

Centro Vaccinazioni, dove afferiscono, secondo il calendario vaccinale, tutti i bambini 

nati a Messina. Tutte le madri hanno accettato l’intervista. 

Analisi Statistica 

Preliminarmente, è stata valutata l’esistenza di disomogeneità per alcune condizioni 

materne e standard assistenziali e la possibile influenza nell’avvio e nella durata 

dell’allattamento al seno di tali fattori mediante ANOVA non parametrica basata sui test 

di permutazione, utilizzando la metodologia NPC test. Tale tecnica non richiede alcuna 

assunzione di base e permette un'analisi più flessibile, sia in termini di specificazione 

delle ipotesi multivariate che in termini di natura delle variabili coinvolte nell'analisi. La 

metodologia NPC test definisce un insieme di k≥1 test parziali attraverso cui è possibile 

esaminare il contributo di ogni variabile nel confronto tra i gruppi (le strutture 

ospedaliere) anche all’interno dei vari strati (ora prima poppata, età e scolarità della 

madre). Combinando in modo non parametrico i test parziali in s test combinati è 

possibile verificare globalmente la presenza di differenze statisticamente significative 

tra le distribuzioni multivariate all’interno dei gruppi e degli strati. Infine, si determina 

un unico test, combinazione dei test ottenuti con ogni stratificazione, che permette di 

stabilire l’eventuale esistenza di differenze tra i gruppi sia in relazione a tutte le variabili 

che a tutti gli strati. Successivamente, al fine di valutare i fattori che influenzano la 

durata dell’allattamento al seno e, in particolare, gli effetti degli standard assistenziali, 

sono state determinate, mediante il metodo del prodotto limite di Kaplan – Meier, le 

curve di allattamento che stimano la probabilità condizionale di allattare al seno in 

corrispondenza di ogni evento terminale (non allattare al seno). 

Risultati e Discussione 

Il gruppo in studio è stato di 1010 coppie madre-bambino. I risultati evidenziano che l’ 

89.1 % dei neonati allattava al seno alla dimissione, e di questi, rispettivamente, il 57%, 

il 23.7% ed il 6% a 3, 6 e 12 mesi di età. 

375


L’analisi ha evidenziato la presenza di differenze statisticamente significative tra le 

diverse strutture ospedaliere della città per parto (p-value 0.001), allattamento alle 

dimissioni (p-value 0.000), ora prima poppata (p-value 0.000), durata dell’allattamento 

(p-value 0.000), cause di cessazione dell’allattamento al seno (p-value 0.003), 

indipendentemente da fattori quali l’età, la scolarità, l’attività lavorativa ed il fumo. I 

fattori che influenzano la durata dell’allattamento al seno sono le caratteristiche della 

madre: età, livello di istruzione e fumo e gli standard assistenziali quali l’ora della prima 

poppata, il tipo di allattamento alle dimissioni e le cause di cessazione dell’allattamento 

al seno. Nessuna importanza ha, invece la parità e l’attività lavorativa L’importanza 

degli standard assistenziali è stata determinata, per i fattori significativi, attraverso il 

confronto delle diverse durate dell’allattamento al seno evidenziando come, a parità di 

fattori, il periodo di allattamento più lungo si sia registrato sempre nella struttura che 

presta maggiore attenzione a tali pratiche. 

376


TIME TRENDS IN SMOKING HABITS AMONG YOUNG ITALIAN ADULTS 

R. Melotti 1 , G. Verlato 1 , A. Marinoni 2 , I. Cerveri 3 , L. Carrozzi 4 , M. Bugiani 5 , R. De Marco 1 for 

the ISAYA study group 

1 Unit of Epidemiology and Medical Statistics, University of Verona; 2 Department of Applied 

Health Sciences, University of Pavia; 3 Institute of Respiratory Diseases, IRCCS San Matteo, 

Pavia; 4 Cardiopulmonary Department, CNR Institute of Clinical Physiology, University and 

Hospital of Pisa; 5 Unit of Respiratory Medicine, CPA-ASL 4, National Health Service, Torino. 

Objectives 

In the world today, 1.1-1.2 billion people smoke, but this figure is expected to increase, 

due to a growth in population size and increased tobacco consumption in developing 

countries. In most developed countries the prevalence of smoking habits is decreasing in 

men, while in women the prevalence seems to decline in Northern Europe but to 

increase in the Mediterranean area. Besides, youngsters seem to be at higher risk of 

smoking. The present research aims at assessing time trends in cigarette smoking in 

Italy. 

Methods 

In the 9 centers participating in ISAYA (Italian Study on Asthma in Young Adults) a 

random sample of the population aged 20-45 years was administered a mailed 

questionnaire between 1998 and 2000. Cumulative response was 72.7% (18873/25969). 

Significance of differences in age at starting, age at quitting, cigarettes smoked daily 

(cig/day) and pack-years (p-y) were evaluated by non-parametric tests. Kaplan-Meier 

survival curves and log-rank test were used to compare probability of remaining a lifetime 

non-smoker across birth cohorts (1953-58, 1959-63, 1964-68, 1969-73, 1974-78). 

Probability to quit smoking was also evaluated among ever-smokers, but for the 

youngest cohort. 

Results 

Ex-smokers and current smokers were, respectively, 1,419, 3,453 among men and 

1,329, 2,847 among women. Ex-smokers comprised a slightly larger proportion of ever 

smokers among women than among men (respectively, 31.8% vs 29.1%; P=0.005). 

Among ever smokers average age at initiation was slightly lower in men (16.9 3.1) 

than in women (17.4 3.2, p


Conclusions 

Smoking has declined among young Italian adults of both genders. Still there is some 

evidence that younger generations could have partly reversed this trend. 

Average intensity (cig/day) and cumulative smoke exposure (p-y) at several age-points 

appear to lower across subsequent generations. These results are compatible with most 

other European studies, the only exception being that smoking decline was similar in 

both sexes. Further efforts are necessary to promote active anti-smoking campaign, 

especially among adolescents between 14 and 20 years of age, who are at higher risk to 

start smoking. 

378


LAVORATORI OUTDOOR ED ESPOSIZIONE A RADIAZIONE SOLARE 

ULTRAVIOLETTA 

Lucia Miligi 1 , Paolo Carli 2 , Alessandra Benvenuti 1 , Patrizia Legittimo 1 , Alessandra Chiarugi 2 , 

Nerella Petrini 3 , Elisabetta Stanghellini 4 , Francesca Di Simplicio 4 , Francesco Carnevale 5 , Carla 

Fiumalbi 5 , Daniele Grifoni 6 , Gaetano Zipoli 6 , Pietro Sartorelli 7 , Rossana Mancini 8 

1 

Epidemiologia occupazionale del Centro per lo studio e la prevenzione oncologica (CSPO), 

Firenze; 2 Dipartimento di Scienze Dermatologiche –Università di Firenze 

3 4 

Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali; Clinica Dermatologica – Università di 

Siena; 5 U.F. PISLL, Az USL 10, Firenze; 6 Laboratorio Meteorologia CNR- Regione Toscana; 

7 8 

Dip. Medicina Clinica e Scienze Immnunologiche, Università di Siena; U.F: PISLL Az.USL 7 

Siena 

Obiettivi 

La radiazione solare è stata valutata dalla IARC come cancerogeno certo per l’uomo 

(Gruppo 1). 

Si stima che in Italia circa 900.000 lavoratori possono essere esposti a questo tipo di 

cancerogeno (stime Carex), ma pochi sono gli studi che possono caratterizzare questo 

tipo di esposizione. Per tale motivo è stata condotta un’indagine pilota per studiare i 

comportamenti di alcuni lavoratori outdoor toscani attraverso l’uso di un questionario e 

contemporaneamente sono state effettuate misurazioni e stime per valutare il livello di 

UV nelle aree dei soggetti in studio. 


Sono state rilevate le abitudini lavorative relative ad una settimana tipo (nel mese di 

luglio/agosto2004) di un gruppo di agricoltori ed edili, occupati in 4 aree della Toscana, 

mediante un questionario. Nello specifico il questionario ha raccolto informazioni circa 

la durata dell’esposizione al sole, la tipologia degli indumenti utilizzati e l’eventuale uso 

di occhiali o cappello. 

Sono state calcolate le dosi di radiazione incidente tramite l’utilizzo dei dati del 

radiometro posto presso il Lamma-IBIMET (Laboratorio di meteorologia e Modellistica 

Ambientale della regione Toscana, gestito dal CNR-IBIMET), con sede in Sesto 

Fiorentino (Firenze), per le altre zone (provincia di Firenze e Siena e Pistoia) sono state 

invece calcolate tenendo conto dell’altitudine e della copertura nuvolosa nei giorni 

oggetto di studio. 

Risultati 

Nel mese di luglio del 2004 sono stati intervistati 174 soggetti per il 90% di sesso 

maschile e di età media intorno ai 38 anni. I lavoratori considerati sono per il 70% 

occupati nel settore edilizio e per il restante 30% occupati nel settore agricolo. I 

lavoratori intervistati hanno dichiarato di svolgere attività all’aperto per una media di 

circa 8 ore al giorno e ben il 35% degli agricoltori ha indicato di consumare il pranzo 

all’aperto, contro il 6% degli edili. L’indice UV, nelle settimane di rilevazione, è 

risultato tra medio e alto in tutte le aree considerate. 

Le abitudini lavorative più frequenti, in termini di abbigliamento utilizzato, prevedono 

principalmente pantaloni lunghi (70%) e maglietta a maniche corte (oltre il 70%). Circa 

il 60% dei lavoratori utilizza il cappello e appena il 10% gli occhiali. 

Tra gli atteggiamenti più a rischio si segnala un 10% di lavoratori che, principalmente 

nelle ore pomeridiane, rimane a dorso nudo. 

379


L’analisi ha evidenziato differenze nelle abitudini lavorative, sia tra uomini e donne che 

tra le diverse categorie di lavoratori. 

Conclusioni 

L’esposizione a radiazioni ultraviolette risulta essere un rischio di natura professionale a 

tutti gli effetti e deve essere posto alla stregua di tutti gli altri rischi. Come presentato da 

questa indagine, lo studio dei comportamenti dei lavoratori nei confronti di tale rischio è 

importante per orientare modelli di prevenzione adeguati per tutti quei lavoratori che 

svolgono attività all’aperto per la maggior parte della giornata. 

380


IL COINVOLGIMENTO DEI PAZIENTI NELLE SCELTE TERAPEUTICHE 

Renzi C. 1 , Di Pietro C. 2 , Gisondi P. 3 , Tabolli S. 2 

1 Laboratorio di Epidemiologia; 2 Laboratorio di Ricerca sui Servizi Sanitari; 3 Divisione di 

Dermatologia Clinica-IDI-IRCCS-Istituto Dermopatico dell’Immacolata, Roma 

Introduzione 

Sempre più spesso viene richiamata l’attenzione sull’importanza del coinvolgimento dei 

pazienti nelle scelte terapeutiche, per i possibili effetti positivi sulla qualità 

dell’assistenza e l’adesione alle terapie. Lo studio prevede la valutazione del 

coinvolgimento dei pazienti nelle scelte terapeutiche nella pratica clinica standard, 

esaminando se i pazienti con patologie dermatologiche croniche percepiscano l’esigenza 

di un loro maggior coinvolgimento. Inoltre si intende sperimentare una scheda 

decisionale per la discussione con i pazienti delle opzioni terapeutiche, valutandone 

l’effetto sulla partecipazione e sulle conoscenze dei pazienti. 


Presso l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata IDI-IRCCS di Roma è stato effettuato 

uno studio “quasi experiment”, che ha previsto due fasi consecutive. Nel periodo 

settembre 2003-gennaio 2004 è stato reclutato un campione consecutivo di 116 pazienti 

ambulatoriali e di 115 pazienti ricoverati, affetti da psoriasi. I pazienti hanno compilato 

un questionario di valutazione del processo decisionale riguardo le prescrizioni 

terapeutiche nella pratica clinica routinaria. 

Nel periodo gennaio-aprile 2004 è stato reclutato un secondo campione consecutivo di 

87 pazienti ambulatoriali e 84 pazienti ricoverati con cui è stata sperimentata una scheda 

decisionale, specificatamente sviluppata, per supportare il medico nella discussione 

delle opzioni terapeutiche. 

I partecipanti hanno compilato un questionario sul processo decisionale dopo la visita 

ambulatoriali e alla dimissione per i ricoverati. 

Risultati 

Nella pratica clinica standard il 71.4% dei pazienti dichiara di voler essere coinvolto 

nelle decisioni terapeutiche, mentre un 28% preferisce delegare totalmente il medico. Il 

42.7% dei ricoverati rispetto al 24.8% dei pazienti ambulatoriali avrebbe voluto essere 

maggiormente coinvolto (p=0.02). La prevalenza di pazienti totalmente insoddisfatti 

riguardo la possibilità di esprimere la propria opinione sulla terapia è significativamente 

maggiore tra i ricoverati (28.4%) rispetto ai pazienti ambulatoriali (2.6%, p


Conclusioni 

Il nostro studio su pazienti con una patologia dermatologica cronica, quale la psoriasi, 

evidenzia come soprattutto i pazienti ricoverati richiedano un maggiore coinvolgimento. 

Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ai pazienti con livello educativo più basso 

e minori conoscenze sulla patologia, in quanto hanno maggiori difficoltà nella 

comunicazione con il medico. Ulteriori studi sono necessari per sviluppare strumenti 

efficaci nel supportare medici e pazienti nella comunicazione riguardo le opzioni 

terapeutiche per la psoriasi. 

Bibliografia 

- Montgomery AA, Fahey T. How do patients’ treatment preferences compare with 

those of clinicians? Quality in Health Care 2001; 10: i.39-i.43 

- O’Connor AM, Rostom A, Fiset V et al. Decision aids for patients facing health 

treatment or screening decisions: systematic review. BMJ 1999; 319: 731-734 

- Kravitz RL, Melnikov J. Engaging patients in medical decision making. BMJ 2001; 

323: 584-5 

- Renzi C, Picardi A, Abeni D, Agostini E, Baliva G, Pasquini P, Puddu P, Braga M. 

Association of dissatisfaction with care and psychiatric morbidity with poor treatment 

compliance. Arch Dermatol 2002; 138: 337-394 

382


CONCENTRAZIONI EMATICHE DI PCB IN OPERAI IN PASSATO ADDETTI 

A REPARTI DI PRODUZIONE: ANDAMENTO TEMPORALE E 

ASSOCIAZIONE CON L’OMEOSTASI ENDOCRINA 

Domenica Sottini 1 , Carlo Fernicola 1 , Annamaria Indelicato 1 , Carmelo Scarcella 1 , Michele 

Magoni 2 , Francesco Donato 2 

1 ASL di Brescia; 2 Cattedra di Igiene dell’Università di Brescia 

Obiettivi 

Una precedente indagine del 2002 su 21 operai addetti in passato alla produzione di 

PCB presso l’azienda chimica “Caffaro”, aveva dimostrato una consistente diminuzione 

dei livelli di PCB ematico rispetto al 1982 (mediana da 134 ng/ml a 50 ng/ml), 

evidenziando la persistenza di livelli ematici comunque superiori agli attuali operai 

(mediana=4.4 ng/ml) e alla popolazione generale non esposta di Brescia (mediana=4.1 

ng/ml). 

L’obiettivo della ricerca è di monitorare l’andamento temporale dei livelli di PCBemia e 

valutare le possibili associazioni con l’omeostasi endocrina. 


Nel 2004 sono stati controllati 39 lavoratori: 18 lavoratori dei reparti di produzione PCB 

già controllati nel 2002 e nel 1982 (3 dei 21 erano deceduti); 5 addetti ai reparti di 

produzione PCB mai controllati in precedenza; 16 ex dipendenti della ditta Caffaro non 

addetti ai reparti di produzione PCB, che ad un controllo eseguito nel 2003 avevano 

valori di PCBemia superiori a 11 ng/ml. 

Per ognuno si è raccolta l’anamnesi patologica remota tramite questionario. 

Risultati 

I livelli di PCB del 2002 (mediana=42.9, media=66.9 ng/ml) e del 2004 (mediana=43.6, 

media=66.3 ng/ml) non mostrano differenze significative. Il confronto delle medie dei 

singoli congeneri mostra riduzioni significative per i congeneri 105, 114, 118, 156, 157, 

167, 170, 180 mentre per i congeneri 138 e 153 si osserva un aumento significativo 

delle concentrazioni. 

Si conferma una discreta correlazione positiva tra PCB ematici ed età (Rs= 0.48, 

P


PROFILO SOCIALE, ECONOMICO E SANITARIO DEI PAZIENTI 

ONCOLOGICI DELL’ARIA JONICO-SALENTINA (PROGETTO PROSES) 

E.A.L. Gianicolo 1 , M. Portaluri 2 , M. Serinelli 3 , C. Iaia 4 , C.G. Leo 1 , A. Distante 5 . 

1 IFC-CNR, Sezione di Lecce; 2 AUSL BR/1; 3 Università di Lecce; 1 Istituto Scientifico Biomedico 

Euro Mediterraneo (ISBEM); 5 Università di Pisa 

Obiettivi 

Con lo studio si intende analizzare il profilo socio-economico ed i percorsi sanitari dei 

pazienti che si rivolgono ai servizi di radioterapia oncologica presenti in due aree ad 

alto rischio di crisi ambientale (Brindisi e Taranto). 

L’analisi dei percorsi sanitari, in particolare, ha lo scopo di individuare gli eventuali 

ostacoli alle cure e l’influenza che detti ostacoli esercitano sullo stadio della malattia e 

sui risultati terapeutici. 

Lo studio è finalizzato, altresì, a determinare il peso economico delle malattie tumorali 

nelle aree di indagine ed a fornire utili spunti di riflessione nella definizione delle 

politiche sanitarie da adottare nelle aree terapeutiche in esame. 

Metodi e Materiali 

Ai fini dell’indagine, è stato realizzato un questionario da sottoporre ai pazienti che si 

rivolgono ai servizi di radioterapia oncologica. Il questionario, somministrato da 

personale paramedico, rileva le seguenti informazioni dei pazienti: 

1. i dati anagrafici; 

2. l’attività lavorativa (presente o passata) e le condizioni economiche e sociali; 

3. gli stili di vita; 

4. i trattamenti ed i percorsi terapeutici; 

5. la migrazione sanitaria; 

6. il ricorso all’assistenza domiciliare; 

7. la diagnosi, lo stadio della malattia nella fase diagnostica e nella fase di 

somministrazione del questionario; 

8. la presenza di malattie croniche. 

Per la stima dei costi della malattia si assumono due prospettive: 

1. La prospettiva del paziente, attraverso la stima dei costi diretti (sanitari e non 

sanitari) e dei costi indiretti sostenuti dalle famiglie; 

2. La prospettiva del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), attraverso l’analisi del 

programma sanitario attivato. 

Un panel composto da operatori del SSN (medici e personale paramedico) ed 

economisti sanitari affianca gli statistici nelle varie fasi dello studio ed, in particolare, in 

quella di analisi dei risultati. 

Fase dello studio 

Nell’attuale fase pilota, si stanno analizzando i punti critici (accettabilità, 

comprensibilità, durata) del questionario rilevati dal personale paramedico che ne ha 

curata la somministrazione. 

Nell’articolo si presenterà la metodologia dello studio, i risultati dell’indagine pilota, 

nonché i dati preliminari dell’indagine definitiva. 

385


Conclusioni 

I risultati dell’indagine, integrati con fonti di tipo amministrativo, con gli atlanti di 

mortalità, con i dati del registro Tumori Jonico Salentino e con i risultati dell’indagine 

campionaria ISTAT su “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”, possono 

rappresentare la base per la creazione di un sistema informativo integrato a supporto 

delle decisioni. 

386


ANALISI COSTO EFFICACIA DEGLI INTERVENTI DI ARTROPROTESI 

D’ANCA. RISULTATI PRELIMINARI 

Gian Luca Di Tanna 1,2, Barbara Bordini 3 , Federico Silipo 4 , Monica Fiorini 2 , Antonella Negro 2 , 

Susanna Stea 3 , Aldo Toni 3 , Giampiero Pirini 4 , Roberto Grilli 2 , Salvatore Ferro 5 

1 

Multidisciplinary Assessment of Technology Centre for Health (MATCH) - Department of 

Public Health and Epidemiology, University of Birmingham, UK 

2 

Area Governo Clinico, Agenzia Sanitaria Regionale Emilia Romagna 

3 

Laboratorio Tecnologia Medica, Istituti Ortopedici Rizzoli – Bologna 

4 

Gruppo Regionale Tecnologie Sanitarie – Assessorato Politiche per la Salute – Regione 

Emilia-Romagna 

5 

Servizio Presidi Ospedalieri – Assessorato Politiche per la Salute – Regione Emilia-Romagna 

L’obiettivo dello studio è quello di eseguire un confronto tra i costi delle diverse 

tipologie di protesi d’anca impiantante in pazienti con coxartrosi primitiva e gli esiti. 

Gli esiti degli interventi di artroprotesi d’anca verranno espressi sia in termini di 

sopravvivenza della protesi utilizzando modelli di calcolo di Kaplan Meier sia in 

termini di qualità della vita utilizzando questionari somministrati ai pazienti (WOMAC, 

SF36) o mediante l’utilizzo di stime derivate dalla letteratura. 

La valutazione della sopravvivenza delle protesi d’anca impiantate è possibile grazie 

alla istituzione del Registro dell’Implantologia Protesica Ortopedica dell’Emilia- 

Romagna (R.I.P.O.) che dal 1° Gennaio 2000 rileva tutti gli interventi di artroprotesi 

d’anca effettuati presso le strutture pubbliche e private accreditate della regione 

(rispondenza media regionale pari al 90%; sopravvivenza a 48 mesi per gli interventi di 

artroprotesi primaria pari a 97.95% (95% LC = 97.64%-98.26%)). 

Per quanto riguarda i costi, è stata effettuata una rilevazione dei costi delle protesi 

d’anca impiantate in tutte le strutture pubbliche e private accreditate della regione 

Emilia-Romagna per il periodo 2000-2003, mediante l’estrazione, dai files degli ordini 

aziendali, di tutte le informazioni relative alle modalità di gestione degli acquisti delle 

protesi d’anca e alle principali variabili esplicative dei costi (classe, produttore e 

modello, ect). L’analisi dei costi prevede anche l’assegnazione del codice CIVAB 

(unico strumento di classificazione, anche, delle artroprotesi di anca oggi disponibile a 

livello nazionale, prodotto dal Centro Informazione e Valutazione Apparecchiature 

Biomediche di Trieste) a tutte le protesi d’anca, in modo da analizzare i costi delle 

differenti macrotipologie di protesi d’anca impiantate, dopo link, tramite il codice 

prodotto, con la base dati RIPO. 

Saranno presentati i risultati preliminari dell’analisi che riguardano l’implementazione 

di un modello Markoviano sui dati desunti dal RIPO modellizzando i costi-efficacia 

associati alle differenti macro tipologie di protesi impiantate (cementate, non cementate, 

ibride). I costi utilizzati sono quelli della rilevazione regionale 2000-2003; le tavole di 

mortalità fanno riferimento a quelle della mortalità regionale 1999-2003 e le curve di 

sopravvivenza delle protesi saranno stimate a partire dai dati del RIPO relativi al 

periodo gennaio 2000 - dicembre 2004. 

387


CA125 COME MARKER TUMORALE NELL’UOMO 

Cartei G. 1 , Buja A. 3 , Zustovich F. 1 , Perissinotto E. 3 , Rausa G. 3 , Da Prà M. 2 , Farina G. 2 , 

Zovato S. 1 , Buttarello M. 2 

1 Oncologia Medica – Istituto Oncologico Veneto, Padova; 2 Laboratorio Analisi Ospedale 

Geriatrico - ULSS16, Padova; 3 Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica 

Università di Padova. 

Obiettivi 

L’impiego del Ca125 come marker tumorale è iniziato nella diagnosi e nel 

monitoraggio post-operatorio del carcinoma ovarico per estendersi successivamente a 

tentativi di screening. I valori soglia del Ca-125 sono stati definiti da Batz su una 

popolazione unicamente femminile. Nell’ultimo decennio tale marker è stato utilizzato 

anche come fattore prognostico di altre neoplasie, non esclusivamente a carico del sesso 

femminile, come i tumori polmonari non a piccole cellule, e i linfomi non-Hodgkin. 

Nonostante una vasta letteratura riguardante l’andamento della distribuzione dei valori 

del Ca-125 in soggetti sani nel sesso femminile, a nostra conoscenza, non ci sono studi 

recenti che valutino la distribuzione di tale marker all’interno di una popolazione 

maschile sana. 


Sono stati arruolati 59 soggetti maschi volontari tra coloro che consecutivamente si 

erano sottoposti ad un prelievo di routine nel nostro ospedale. Sono state escluse dalla 

ricerca quelle persone che all’anamnesi risultassero positive per patologie concomitanti, 

coinvolgenti le sierose o in generale malattie neoplastiche. E’ stato dosato il Ca125 

attraverso la tecnica Bayer Immuno 1 CA125II Assay in una singola sessione. E’ stata 

analizzata la curva di distribuzione dei valori del Ca125. E’ stato eseguito il test di 

Wilk-Shapiro per verificare la normalità della distribuzione. E’ stata verificata la 

correlazione tra l’età dei soggetti e il valore di Ca125 mediante test non parametrico di 

Spearman. 

Risultati 

L’età media dei soggetti reclutati è di 46 anni con un range da 18-69. La figura 1 mostra 

la distribuzione delle concentrazioni del CA-125. La media della distribuzione è 9.2 

U/mL la mediana 8.3 U/mL, il range va da 2,50-20,50 U/mL, la deviazione standard 4.9 

U/mL e il valore del 95 th percentile è di 19.84 U/mL. Il test di normalità della curva ha 

dimostrato una deviazione significativa dalla normalità con una evidente asimmetria 

destra (figura 2). Non è stata osservata una correlazione statisticamente significativa tra 

età e valore di Ca125. 

389


0 5 10 15 20 

Ca-125 values 

390 

Fig.1 Fig.2 

Box-Plot Ca-125 distribution 

Ca-125 U/ml 

0 5 10 15 20 

Distribuzione delle concentrazioni di Ca-125 

0 .25 .5 .75 1 

Percentili della distribuzione 

Conclusioni 

Uno dei criteri per definire il valore soglia superiore di un marcatore è il valore al 95% 

della distribuzione di questo nella popolazione sana. Il nostro studio dimostra che il 

volare al 95% della distribuzione delle concentrazioni del ca125 è 19.84 U/mL, molto 

lontano da 35 U/mL proposto come valore soglia nelle donne da Batz. Sono quindi 

necessari ulteriori studi con un campione più ampio per confermare i nostri dati e 

stabilire un valore soglia appropriato per la popolazione maschile.


LE STIME DI IMPATTO BASATE SULL’EVIDENZA EPIDEMIOLOGICA A 

SUPPORTO DELLE STRATEGIE D’INTERVENTO PER LA RIDUZIONE 

DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO 

Giovanna Berti, Cristiana Ivaldi, Simona Soldati, Ennio Cadum 

Epidemiologia Ambientale - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte 

L’associazione tra l’esposizione ai livelli di inquinamento atmosferico correntemente 

registrati nelle aree urbane ed effetti avversi sulla salute è ormai suffragata da evidenze 

epidemiologiche derivanti da studi che hanno analizzato le conseguenze a breve e a 

lungo termine. In una prospettiva di Sanità Pubblica ai decisori politici occorrono però 

non solo dati sulle misure di rischio relative, cioè sulla forza della associazione studiata, 

quanto piuttosto un numero di casi attribuibili al dato fattore di rischio nella 

popolazione. Tale informazione è cruciale nel processo di stima della rilevanza del 

problema e delle conseguenti decisioni politiche a salvaguardia della salute in relazione 

alle misure da adottare ed alle risorse da impegnare. In quest’ottica quindi una 

esposizione molto rara ma che comporta una probabilità di ammalarsi elevata può 

essere meno rilevante in Sanità Pubblica rispetto ad un rischio basso ma che interessa 

proporzioni elevate di popolazione, come nel caso affrontato da questo lavoro. 

Se la stima del rischio relativo deriva dall’osservazione diretta della distribuzione dei 

casi in una popolazione, rapportata al suo profilo di esposizione e confrontata con quella 

di una popolazione di riferimento, il calcolo del numero di decessi attesi in base ad una 

data esposizione è un percorso concettuale diverso. Si assume per valida una stima di 

rischio derivante da precedenti studi, la si applica al profilo di esposizione della 

popolazione in analisi e si calcola l’impatto atteso, ossia i casi di malattia attribuibili 

all’esposizione. Considerando la natura del fattore di rischio, se esso è controllabile e gli 

interventi sono attuabili, i casi così calcolati possono essere definiti evitabili. 

Un’operazione di questo tipo può ritenersi valida se riteniamo estrapolabile la funzione 

di rischio dalla popolazione in cui è stata studiata a quella oggetto della valutazione; 

inoltre se disponiamo per la popolazione in studio di dati validi sulla distribuzione dei 

livelli di esposizione e sulla caratterizzazione dell’esposizione. 

A causa dell’incertezza connessa a queste stime e delle differenze nelle assunzioni 

sottostanti, le valutazioni di impatto non sono sempre comparabili ed offrono spunti 

interessanti alla discussione. Per la città di Torino ad esempio la valutazione del numero 

di casi attribuibili ad inquinamento atmosferico è stata pubblicata nell’ambito del 

progetto ITARIA del WHO e del progetto multicentrico MISA2. Le scelte compiute 

nelle due valutazioni si basano su assunzioni diverse, utilizzando rispettivamente rischi 

relativi derivati da studi epidemiologici a lungo termine (ITARIA) e a breve termine 

(MISA2). La valutazione dell’incertezza della stima inoltre è affrontata in maniera 

differente. In entrambi i casi si sono utilizzate baseline diverse per poter valutare gli 

scenari ipotizzabili in relazione a decrementi delle concentrazioni di inquinanti in 

atmosfera, partendo però da dati di esposizione non coincidenti. 

A fini di implicazioni di Sanità Pubblica è utile inoltre poter applicare la stessa 

metodologia a differenti fattori di rischio posti a confronto, al fine di valutare l’impatto 

di eventuali strategie preventive o di contenimento. 

Ad esempio, nell’ambito del progetto SIDRIA2, tra i vari determinanti per le malattie 

respiratorie in età pediatrica studiati, sono stati calcolati i rischi attribuibili per la 

391


esposizione del bambino a fumo passivo e per la residenza in strade dove il passaggio di 

camion o autovetture era frequente o continuo. 

Dal punto di vista metodologico molti sono ancora gli argomenti non risolti, numerose 

le assunzioni poste dai ricercatori ed altrettante le fonti di incertezza che si riflettono 

infine sulla stima. Poiché le strategie di abbattimento dell’inquinamento atmosferico 

richiedono interventi di natura politica, è prioritario fornire ai decisori stime ottenute da 

metodologie standardizzate e condivise dalla comunità scientifica per la valutazione dei 

casi evitabili ed il confronto degli scenari possibili, nonché per la valutazione di 

efficacia degli eventuali interventi. 

392


PREVALENZA DELL’INFEZIONE DA EPATITE B E C NEGLI UTENTI 

DELLA DIVISIONE DI MEDICINA TRASFUSIONALE DELL’ISTITUTO 

TUMORI DI NAPOLI 

Maurizio Montella, Anna Crispo, Maria Grimaldi, Alessia Marzano, Aldo Giudice, Vincenzo 

Tridente, Domenico Ronga. 

Unità di Epidemiologia; Divisione di Medicina Trasfusionale; Istituto Tumori “Fondazione 

Pascale” 

Introduzione 

I virus dell’epatite B e C sono causa o concausa oltre che dell’epatocarcinoma anche dei 

linfomi non-Hodgkin. Nell’Italia del sud la prevalenza dell’epatite, specie della C, è 

nettamente superiore al resto d’Italia e d’Europa. Alcuni nostri studi precedenti hanno 

valutato tale prevalenza sia nella popolazione generale che in gruppi a rischio. Usando i 

dati della Divisione di Medicina Trasfusionale, che é l’unico laboratorio che esegue 

tutte le analisi del nostro istituto, abbiamo valutato i dati in gruppi diversi e selezionati 

di utenti (ricoverati, ricoverati in day hospital, personale dipendente, pazienti 

ambulatoriali, donatori). 


I gruppi di popolazione sono stati selezionati presso il nostro Istituto e sono residenti 

nella provincia di Napoli: pazienti ricoverati (n=2724), pazienti ricoverati presso il Day 

hospital (n=541), personale dipendente (n=374), pazienti ambulatoriali (n=320) e 

donatori di sangue (n=908). Il test per la valutazione degli anticorpi HbsAg è stato 

eseguito usando MEIA (AxSYM AUSAB, Abott e con conferma mediante test di 

neutralizzazione (AxSYM Hbsag versione 2, Abbott). Per gli anticorpi anti HCV è stato 

usato un test di terza generazione MEIA (AxSYM HCV, version 3.=, Abbott) e 

riconfermati mediante test di terza generazione LIA (Innogennetics, Ghent). L’analisi 

della prevalenza è stata eseguita stratificando per età (


Nella classe di età superiore a 50 anni la prevalenza del virus C è del 10.1% nei pazienti 

ricoverati, 1.6% nel gruppo dei ricoverati presso il day hospital, 1.6% nel gruppo del 

personale dipendente e 9.6% nel gruppo dei pazienti ambulatoriali. 

Conclusioni 

I dati indicano una maggiore prevalenza del virus C rispetto al B in tutti i gruppi. I 

ricoverati e gli ambulatoriali hanno le prevalenze più alte, i dipendenti quelle più basse. 

Sopra i 50 anni la prevalenza nei gruppi è simile per il virus B, più alta invece per il 

virus C. Un solo donatore è risultato positivo al virus C. I risultati confermano l’elevata 

prevalenza del virus dell’epatite C in diversi gruppi di utenti ospedalieri della provincia 

di Napoli e danno ragione degli elevati tassi di incidenza per cancro epatico riscontrati 

dal Registro Tumori Campano. 

394


QUALITÁ DELLA VITA PERCEPITA CORRELATA ALLO STATO DI 

SALUTE: RISULTATI DI UN’ INDAGINE CONDOTTA SU 50 COMUNI 

DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA 

Mezzetti Francesca 1 , Cavrini Giulia 2 , Collina Natalina 1 , Pacelli Barbara 1 , Pandolfi Paolo 1 

1 2 

Azienda Usl di Bologna, Dipartimento di Scienze Statistiche- Alma Mater Studiorum 

Università di Bologna 

Introduzione 

Negli ultimi anni le misure della qualità della vita (QoL) e della qualità della vita 

associata allo stato di salute (HRQoL) hanno acquisito un’attenzione crescente 

all’interno di quegli studi focalizzati ad ottenere informazioni aggiuntive sui bisogni 

della popolazione. Lo studio della HRQoL è particolarmente utile quando si vogliono 

misurare le condizioni generali (fisiche, psicologiche e relazionali) del soggetto e 

quando le misure “oggettive” sono in grado di descrivere un fenomeno ma non di 

misurarne l’importanza per il singolo o per la società . In questo senso, lo sviluppo di 

strumenti di HRQoL potrebbe dimostrarsi una fonte importante di informazioni nella 

definizione delle politiche sanitarie territoriali. Obiettivo principale del presente lavoro, 

che fa parte di un più ampio progetto, è quello di descrivere la qualità di vita correlata 

allo stato di salute misurata attraverso il questionario EuroQol EQ-5D. 


Il questionario EQ-5D è una misura generica dello stato di salute sviluppato dal Gruppo 

Euroqol. L’EQ-5D definisce la salute in funzione di cinque dimensioni: mobilità, cura 

della persona, attività abituali (per es. lavoro, studio, lavori domestici, attività familiari 

o di svago), dolore, fastidio o malessere, ansia o depressione. Ad ogni dimensione 

corrispondono tre possibili modalità di risposta: nessun problema, problemi moderati, 

problemi estremi. Attraverso un algoritmo che utilizza un sistema di pesi (inglesi) 

applicato al vettore-riga costituito dalle risposte alle cinque domande, si costruisce un 

indice (compreso tra –0,594 e 1), che sintetizza lo stato di salute personale. Idealmente 

questo indice dovrebbe variare tra 0 e 1, indicando con 0 il peggior stato di salute e con 

1 lo stato di salute di chi dichiara di non avere nessun problema in tutte le cinque 

dimensioni. Lo studio è stato condotto da giugno a ottobre in 50 comuni della Provincia 

di Bologna situati nell’Area Sud e Nord dell’AUSL di Bologna. Il disegno di 

campionamento adottato è quello casuale semplice, applicato alla popolazione residente 

inserita nell’anagrafe sanitaria. La numerosità campionaria è stata calcolata in modo tale 

da garantire una rappresentatività della popolazione in studio (99,9%). 

Risultati 

Ha risposto il 79,2% dei campionati. L’età media dei rispondenti è di 50.2 anni 

(SD=1.8). 

Un problema moderato in almeno una dimensione viene riportato dal 60,8% dei 

rispondenti mentre solo il 6,6% dichiara un problema severo.Analizzando le risposte per 

ogni dimensione emerge chiaramente che i problemi più frequenti riguardano il dolore e 

la sfera emotiva. Quasi una persona su due (47,2%) dichiara infatti di provare dolore, 

fastidio o malessere, mentre il 40,8% dei soggetti segnala di avere problemi di ansia e 

depressione. Le altre dimensioni presentano una prevalenza di disagi che variano dal 

6,0% nel caso della cura della propria persona, fino al 14,7% riscontrato nelle attività 

abituali. 

395


Per ogni dimensione si nota che i problemi di salute, in generale, crescono per entrambi 

i sessi all’aumentare dell’età, e che le donne riportano valori percentuali più alti rispetto 

agli uomini in ogni classe di età, specialmente nella classe di età 20-49 anni. I problemi 

dichiarati dai soggetti fumatori su ogni dimensione sono di meno rispetto a quelli 

riportati dai non fumatori 

Conclusioni 

Questo è stato il primo studio in Italia che ha utilizzato lo strumento EuroQol in una 

popolazione generale. La quota di rispondenti che ha riportato almeno un problema in 

qualsiasi dimensione è più alta rispetto al dato ottenuto in un analogo studio inglese e il 

punteggio medio della scala VAS è più basso per tutte le classi di età esaminate. 

396


GENETICA E AMBIENTE: STUDIO PROSPETTICO SULL’INFANZIA IN 

ITALIA (GASPII) 

D. Porta 1 , F. Forastiere 1 , D. Di Lallo 2 , Carlo A. Perucci 1 

1 2 

Dipartimento di Epidemiologia ASL RME, Roma; Agenzia di Sanità Pubblica della Regione 

Lazio, Roma 

Introduzione 

I bambini sono molto più suscettibili degli adulti alle esposizioni ambientali. Per questo 

motivo le esposizioni in utero e nei primi anni di vita possono avere effetti a breve e a 

lungo termine sulla salute nell’infanzia e nell’età adulta. Le ricerche degli ultimi 

decenni mostrano inoltre un possibile ruolo dell’interazione tra fattori genetici e 

ambientali nello sviluppo di alcune malattie. In Europa sono stati intrapresi molti studi 

di coorte di nati, di varia numerosità e con diversi obiettivi. In Italia non esiste a 

tutt’oggi un esempio di coorte di nati a livello nazionale, ma sono in corso due 

esperienze a Roma e a Bologna. In questo lavoro vengono riportati dati descrittivi 

preliminari della coorte di Roma. 


I neonati sono stati arruolati al momento della nascita in due ospedali romani. Sono stati 

eseguiti un prelievo di sangue dal cordone ombelicale e un prelievo venoso alla madre, 

per la conservazione di siero e DNA. In ospedale sono state raccolte informazioni 

relative alla madre (storia medica, stile di vita, istruzione ed occupazione, ambiente di 

vita, familiare e sociale, gravidanza attuale ed eventuali gravidanze precedenti, dieta in 

gravidanza, parto), al padre (storia medica, stile di vita, istruzione ed occupazione, 

ambiente di vita, familiare e sociale), al bambino (caratteristiche ed eventuali problemi 

alla nascita). Le fasi del follow-up già effettuate o in corso prevedono una visita entro il 

15° giorno di età, una intervista telefonica al 6° mese, e una intervista telefonica più 

visita al 15° mese. 

Risultati 

Nel periodo giugno 2003-ottobre 2004 le madri eleggibili per lo studio erano 1268, di 

cui 695 (54.8 %) hanno accettato di partecipare per un totale di 708 bambini arruolati, di 

cui 12 gemelli e 1 tripletta. Sono stati raccolti 606 campioni di sangue dalle madri 

(87.2%) e 652 (92.1%) dal cordone ombelicale. Il 93% dei bambini ha partecipato al 

follow-up clinico di 15 giorni, e il 97.6% all'intervista telefonica a 6 mesi. E' 

attualmente in corso il follow-up telefonico e clinico a 15 mesi che, al 30 Aprile, è stato 

effettuato rispettivamente per l'85% e il 74.3% dei bambini che hanno compiuto 15 

mesi. 

Conclusioni 

Lo studio di Roma e quello di Bologna, iniziato l'anno successivo e ancora nella fase di 

arruolamento, hanno dimostrato la fattibilità dell'arruolamento di una coorte di nati e la 

possibilità di eseguire il follow-up con diverse modalità. L'auspicio è quello di 

riprodurre l'esperienza a livello nazionale per la creazione di una coorte di nati Italiana 

che possa entrare a far parte dei network Europei in costruzione. 

397


RICERCA SU SOGGETTI UMANI E PRECAUZIONI ETICHE ALL'ISTITUTO 

SUPERIORE DI SANITÀ (ISS) 

Francesco Rosmini, Elisabetta Poltronieri, Luigina Ferrigno, Franca D'Angelo 

Istituto Superiore di Sanità - Roma 

Introduzione 

La Dichiarazione di Helsinki e le successive normative che promuovono l'etica della 

ricerca su soggetti umani, sebbene siano stringenti e obbligatorie per la sperimentazione 

farmacologica, non hanno portato i ricercatori italiani ad un atteggiamento uniforme 

riguardo alla ricerca biomedica ed epidemiologica. 

Obiettivi 

Descrivere l'entità degli studi che coinvolgono soggetti umani svolti dai ricercatori 

dell'ISS, inoltre la frequenza e le modalità del ricorso al consenso informato (CI) e al 

parere del comitato etico (CE). 

Materiali e metodi 

Raccolta dati standardizzata su articoli pubblicati nel 2001 e registrati nella base dati 

bibliografica costituita presso il Settore per le attività editoriali dell'ISS. 

Risultati 

Dei 733 articoli pubblicati dai ricercatori dell’ISS durante il 2001, 93 (13%) riportavano 

nel 87% dei casi su riviste pubblicate all’estero, studi su soggetti umani. Il 29% degli 

studi (27/93) aveva obiettivi applicativi, principalmente riguardo a diagnosi (41%) e 

prevenzione (37%). Il 71% (66/93) aveva obiettivi conoscitivi, di questi il 53% su temi 

epidemiologici ed il restante 47% su temi relativi a discipline di laboratorio. Il 72% si 

basava su dati raccolti direttamente dal soggetto (primari), il restante su dati di archivi o 

banche biologiche (secondari). Nel 68% degli studi con dati primari, era presumibile, 

anche se non precisato, che i dati fossero nominali, mentre per i dati secondari tale 

aspetto non era presumibile né specificato nel 12% dei lavori. Gli studi che prevedevano 

un intervento con un potenziale effetto fisico o psichico sui soggetti partecipanti erano il 

51%, nell’87% dei casi si trattava di un prelievo di sangue, comunque per altri 

interventi non era in genere specificato se la ragione principale fosse legata alla ricerca 

o all'assistenza sanitaria. In 55 articoli (59%) era specificato l'ottenimento del consenso 

informato dei partecipanti, in 12 (13%) era menzionata l'approvazione di un comitato 

etico. La descrizione di entrambe le procedure etiche nonché degli aspetti legati alla 

riservatezza dei dati in molti casi non era completa. 

Conclusioni 

Il campione virtualmente completo delle pubblicazioni dell'ISS riguardanti soggetti 

umani fornisce indicazioni discretamente suggestive delle dimensioni e del tipo di 

problemi che i ricercatori hanno affrontato nella protezione dei diritti del soggetto di 

ricerca. In che misura questi risultati siano riferibili alla ricerca biomedica ed 

epidemiologica nazionale si può ricavare considerando che l'ISS è probabilmente la più 

grande istituzione di ricerca sanitaria italiana e che l'ampia rete di collaborazioni con 

altre istituzioni scientifiche può aver promosso atteggiamenti etici comuni. 

Comunque, il confronto con i risultati di uno studio simile, ma ampliato a livello 

nazionale, mostra un evidente, inferiore ricorso al parere del comitato etico da parte dei 

ricercatori dell'ISS (41% vs 13%). 

399


Questa differenza può essere spiegata dalla minor presenza nelle pubblicazioni dell'ISS 

della ricerca clinica, che in genere comporta maggiori cautele etiche. Sebbene possa 

risultare problematico attribuire una rappresentatività più ampia ai risultati ottenuti con 

il nostro campione, esso ha il vantaggio di poter essere pienamente confrontabile con 

campioni futuri con i quali descrivere variazioni/oscillazioni nell'attenzione all'etica 

della ricerca da parte di una comunità scientifica che ha un ruolo rilevante nella ricerca 

sanitaria del Paese. 

400


STUDIO DI COORTE DI LAVORATORI DI FONDERIA DI GHISA DI 

SECONDA FUSIONE 

Celestino Panizza¹, Massimo Ercolanelli² 

¹ASL Brescia, ²CSPO Firenze 


Lo studio descrive la mortalità di una coorte di lavoratori di una delle più antiche 

fonderie di ghisa in provincia di Brescia ed in particolare la mortalità per tumori 

maligni. Nel 1964 questa fabbrica occupava 520 addetti alla produzione di ghisa 

meccanica, sferoidale e speciale. Nel 1977 occupava 634 dipendenti. Nel 1980 subì un 

drastico ridimensionamento occupazionale nel 1986 occupava 74 addetti stabili fino ad 

oggi. 


La coorte è costituita dai lavoratori maschi impiegati per almeno 180 giorni, nel periodo 

01/01/1960 al 01/01/2000 e consiste di 1472 lavoratori maschi per 41021 persone. 

I lavoratori sono stati individuati acquisendo i libri matricola aziendali. Nessun’altra 

informazione è stata resa disponibile circa la mansione. Tuttavia è stato possibile 

individuare gli impiegati amministrativi registrati in libro matricola dedicato. 

Lo stato in vita è stato accertato al 31-12-2000 (termine follow-up) ed a questa data 

sono stati acquisiti i certificati con la causa di morte che è stata codificata secondo la 

ICD IX revisione. Lo stato in vita è stato accertato per 1402 soggetti, i persi al followup 

sono il 70 pari al 4,8%. 

Non è stato possibile raccogliere informazioni circa l’abitudine al fumo. 

La popolazione di riferimento scelta per il confronto della mortalità è quella della 

Regione Lombardia relativa allo stesso periodo di calendario considerato per i soggetti 

esposti. 

Risultati 

La mortalità per “Tutti i Tumori Maligni” sono in eccesso non statisticamente 

significativo. 

Lo studio non evidenzia eccessi di mortalità per tumore polmonare ma il trend del 

rischio con la latenza e la durata dell’esposizione sono suggestivi di un’associazione 

con il lavoro di fonderia. 

Lo studio evidenzia invece, un eccesso statisticamente significativo le seguenti sedi: 

Laringe, (SMR 205.0,109.1-350.5) Connettivo (SMR 872.9, 106.1-3153.5; 2 casi) e 

Linfosarcomi e Reticolosarcomi. (SMR 247.7, 106.9 - 488.0) 

Per il tumore laringe, sono noti fattori di rischio extraprofessionale in particolare fumo 

di tabacco e consumo di alcool ed alcuni studi evidenziano associazione positiva con 

esposizioni occupazionali ad oli lubro-refrigeranti, idrocarburi policiclici aromatici, 

formaldeide, nebbie di acidi, asbesto, fibre artificiali, silice. Lo studio conferma tale 

associazione. 

L’esposizione dei lavoratori ai solventi può giustificare, come segnalato in letteratura, 

l’eccesso di Linfo-reticolosarcomi. 

Si segnala anche l’eccesso di tumori del connettivo per i quali tuttavia non si dispone di 

diagnosi istologica, non trova un’evidente giustificazione. 

401


RICORSO AL RICOVERO IN REPARTI NON PSICHIATRICI IN UNA 

COORTE DI SOGGETTI CON DIAGNOSI DI SCHIZOFRENIA 

Andrea Gaddini, Francesco Franco, Domenico Di Lallo, Lilia Biscaglia 

Unità Operativa Salute Mentale - Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio 

Introduzione 

La diagnosi di schizofrenia risulta associata ad una maggiore frequenza di alcune 

patologie somatiche. Inoltre, nei pazienti schizofrenici le condizioni generali di salute 

sono spesso peggiori a causa di alcuni fattori di rischio quali assunzione di farmaci, 

fumo, abuso di alcool, che determinano un aumento della comorbidità non psichiatrica. 

In questo studio è stata indagata, in una coorte di soggetti con diagnosi di schizofrenia, 

l’ospedalizzazione nei reparti non psichiatrici. Finalità specifica dello studio è quella di 

evidenziare le patologie somatiche più frequentemente associate al ricovero ospedaliero 

in reparti non psichiatrici. 

Metodo 

Per il reclutamento della coorte è stato utilizzato l’archivio regionale del Sistema 

Informativo Ospedaliero (SIO). Sono stati individuati tutti i soggetti ricoverati nel 1999 

con diagnosi di schizofrenia presso un reparto psichiatrico pubblico o privato del Lazio. 

Al fine di arruolare una coorte di “prime diagnosi” e a “basso rischio” di ricovero per 

patologie legate all’età avanzata, sono stati esclusi dall’archivio i soggetti che nei 

cinque anni precedenti erano stati ricoverati almeno una volta in un reparto psichiatrico 

del Lazio e quelli con età superiore a 55 anni. Complessivamente la coorte arruolata era 

composta da 1018 soggetti. L’occorrenza di ricovero in reparti non psichiatrici è stata 

verificata sino al 31/12/2004. Sono stati calcolati gli Standardized Morbidity Ratio 

(SMR) utilizzando come riferimento i tassi di ospedalizzazione della popolazione 

regionale. Considerando le prime tre cifre della diagnosi principale della codifica ICD- 

9-CM, sono stati calcolati gli SMR per raggruppamento diagnostico. 

Risultati 

Durante il periodo di follow-up (n=5563 anni persona) il 20,4% della coorte ha 

effettuato almeno un ricovero in ambito non psichiatrico, per un totale di 537 ricoveri. 

Per i maschi si è osservato un eccesso significativo di ospedalizzazione in reparti non 

psichiatrici (SMR 1,3; IC95% 1,12-1,41). Gli SMR sono risultati significativamente più 

elevati per: i “Traumatismi e avvelenamenti” (SMR maschi 1,4; IC95% 1,06-1,75; SMR 

femmine 2,7; IC95% 1,81-3,50) e per le “Malattie endocrine, nutrizionali, metaboliche 

e disturbi immunitari” (SMR maschi 7,2; IC95% 4,56-9,93; SMR femmine 2,4; IC95% 

1,31-3,46). Non si sono invece osservati eccessi di ospedalizzazione per le malattie 

dell’apparato digerente (SMR 1,1; IC95% 0,82-1,37), del sistema cardio-circolatorio 

(SMR 0,9; IC95% 0,58-1,19) e dell’apparato respiratorio (SMR 1,2; IC95% 0,75-1,57). 

Conclusioni 

Lo studio dimostra un eccesso di ospedalizzazione per i maschi, per tutte le cause, e per 

alcuni raggruppamenti diagnostici; l’aumento per i traumatismi ed avvelenamenti può 

essere spiegato da comportamenti riconducibili alla patologia di base, mentre quello 

osservato per le malattie endocrine può essere ipotizzato come effetto dell’assunzione 

protratta di alcuni farmaci specifici utilizzati nel trattamento della psicosi. I risultati 

dello studio sottolineano la necessità di una presa in carico globale della persona con 

gravi disturbi psichici. 

402


L’EPIDEMIOLOGIA STRUMENTO PER LA GESTIONE DEL RISCHIO 

CLINICO ESPERIENZA DELL’A.O. “CARLO POMA” DI MANTOVA 

Enrico Burato 1 , Graziella Borsatti 2 , Camelia Tiron 2 , Alberto Rigo 2 

1 

Direzione Sanitaria Aziendale- Servizio Appropriatezza ed Epidemiologia- Azienda 

Ospedaliera Mantova 

2 

Direzione Sanitaria Aziendale- Servizio Qualità ed Accreditamento - Azienda Ospedaliera 

Mantova 

L’Azienda Ospedaliera Carlo Poma di Mantova nell’ambito del clinical risk 

management utilizza vari sistemi di monitoraggio tra cui: Procedure di "practice 

complaints" (gestione del reclamo), Audit di risk assessment (organizzativo, medico, 

clinico farmacologico), Incident reporting, FMECA (failure mode and effect critical 

analysis) e Root Cause Analysis. 

La gestione del rischio clinico è stata strutturata nelle seguenti fasi: 

FASE 1. Individuazione del gruppo di lavoro board per la gestione del rischio 

FASE 2. Prova dell’applicabilità degli strumenti di analisi (FMEA, root cause 

analysis), 

FASE 3. Costruzione di una banca dati retrospettiva-prospettica per l’analisi degli 

incidenti avvenuti per mezzo di un data base creato nell’ambito della Commissione 

permanente di valutazione dei sinistri (tra Servizio Appropriatezza ed Epidemiologia e 

Servizio Legale) che prende in considerazione la: scelta delle variabili di tipo sanitario e 

finanziario da considerare; conoscenza del numero e tipologia di incidenti suddivisi per 

fasce di danno finanziario, scelta delle priorità: su quali aree / Unità Operative costruire 

un progetto operativo : 

• analisi dei processi di cura ed assistenza con individuazione dei rischi organizzativi 

e clinici; 

• calcolo del ”peso” del rischio, per gravità e frequenza; 

• identificazione delle azioni di prevenzione. 

FASE 4. Progetto operativo di attuazione del programma di prevenzione dei rischi, che 

comprende l’identificazione dei principali rischi correlati alle principali patologie 

trattate ed ai processi di cura ed assistenza, ma soprattutto l’elaborazione e la 

condivisione di un set minimo di dati da raccogliere per il monitoraggio dei rischi 

individuati ovvero: 

Scheda per costruzione del numeratore e degli indicatori di risultato 

- dati paziente relativi al ricovero (inclusa la sua “gravità”) 

- dati sulle procedure assistenziali effettuate (tipologia intervento, dispositivi 

utilizzati) 

- dati sulle terapie praticate 

La raccolta del set minimo di dati e l’identificazione del rischio avviene sia attraverso 

l’osservazione diretta dello stato di salute del paziente monitorato sia attraverso la presa 

visione delle seguenti fonti informative: 

- cartella clinica e cartella infermieristica, S.D.O. 

- referti indagini strumentali e di laboratorio 

I dati raccolti permettono almeno la rilevazione di Indicatori di esito come: 

• La degenza media dei pazienti nell’area individuata 

403


• La localizzazione delle complicanze 

• Le giornate di utilizzo dei dispositivi medici più strettamente correlati ai 

rischi evidenziati 

• Il tasso di utilizzo dei dispositivi sopradescritti 

Il Risultato finale è stato il seguente: 

Elaborazione dei risultati e loro valutazione in termini di: 

• Prevenzione dei rischi individuati 

• Assorbimento di risorse e Carichi di lavoro 

• Fattibilità di estensione ad altre aree di assistenza. 

404


ANALISI VALUTATIVA DELLA CONDIZIONE LAVORATIVA NELLO 

STUDIO EPIDEMIOLOGICO ESTEV 

Barbini Norma 1 , Sera Francesco, Squadroni Rosa 3 , Andreani Monia 1 

1 Centro Epidemiologico – INRCA, 2 CSPO, Firenze, 3 Università Politecnica delle Marche 

La ricerca epidemiologica “Invecchiamento, Salute e Lavoro”, è stata attivata in Italia 

nel 2000 e condotta su una popolazione di 1195 lavoratori dipendenti, impiegati in 

diversi settori produttivi, di età compresa tra i 32 e 52 anni. L’indagine è mutuata 

dall’inchiesta ESTEV, implementata in Francia negli anni ‘90 per studiare l’influenza 

del lavoro sull’invecchiamento, partendo dal presupposto che le condizioni vissute 

durante gli anni di lavoro sono in grado di influenzare le condizioni di salute, nella vita 

lavorativa e post-lavorativa, e il processo stesso di invecchiamento. Si tratta di uno 

studio longitudinale, che presenta un intervallo di 5 anni tra i 2 punti di misurazione, al 

fine di studiare l’effetto del passare degli anni sui soggetti e quindi valutare il carattere 

dinamico ed evolutivo dell’invecchiamento al lavoro. 

Le rilevazioni sono state effettuate, in forma anonima, tramite 3 questionari: 

- un questionario sulle caratteristiche professionali che considera i rischi e i vincoli 

lavorativi, gli anni di esposizione e le difficoltà riscontrate con l’avanzare dell’età; 

- un questionario sugli stili di vita e la salute percepita; 

- un questionario sulle condizioni oggettive di salute, compilato dal medico del 

lavoro. 

Sulla base dei dati raccolti nella prima fase trasversale, sono stati fino ad oggi condotti 

studi sull’influenza del lavoro e dell’età sull’ipertensione arteriosa e sullo sviluppo dei 

disturbi muscoloscheletrici, anche in un’ottica di differenze di genere. 

In questa sede verrà presentato lo studio valutativo dello strumento di indagine 

lavorativa a sostegno della riproducibilità e della validità dello stesso. 

Obiettivo 

Validazione del questionario sulle caratteristiche professionali in un campione di 

lavoratori italiani. 


Il questionario per indagare le condizioni professionali risulta composto di 48 items che 

derivano da una revisione della letteratura sull’argomento e mirano ad assumere una 

grande quantità di informazioni per permettere l’elaborazione di aspetti differenti e 

favorire analisi dettagliate e multifattoriali. 

Una serie di domande (22) riguardano le costrizioni del lavoro attuale e passato e la loro 

durata. Altre domande (7) riguardano la percezione, di ciascun lavoratore, sulla 

presenza o meno di aspetti gratificanti o valorizzanti del proprio lavoro. Inoltre, una 

serie di items (19) si riferiscono alle difficoltà relative alle caratteristiche del lavoro e 

all’organizzazione del lavoro, che si possono riscontrare particolarmente difficili o 

faticose con l’età. 

Nel valutare la validità di costrutto, tutte le variabili sono state trasformate in 

dicotomiche e le analisi sono state condotte su 1012 soggetti che hanno risposto a tutti e 

48 i quesiti. 

405


Risultati 

Sui soggetti rispondenti a tutti i quesiti (84.7%) è stata effettuata l’analisi fattoriale. 

L’esame dello scree-plot ha evidenziato 5 fattori con una frazione di inerzia spiegata 

pari al 36%. Sulla base dei punteggi fattoriali sono state costruite 5 nuove variabili la 

cui variabilità sarà studiata rispetto all’età, il sesso, la professione ed altre caratteristiche 

lavorative. La consistenza interna di ciascuna nuova variabile sarà misurata attraverso 

l’Alpha di Cronbach. 

406


INCIDENZA DI MESOTELIOMA MALIGNO DELLA PLEURA IN UNA 

COORTE DI LAVORATORI DELL’AMIANTO 

D. Ferrante 1 , F. Barone Adesi 1,2 , M. Bertolotti 1,2,3 , A. Todesco 1,2 , M. Nonnato 2 , D. Mirabelli 2,3 , 

C. Magnani 1,3 

1 Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università del Piemonte Orientale e CPO-Piemonte, 

Novara, 2 Unità di Epidemiologia dei Tumori, CeRMS e Centro per la Prevenzione Oncologica, 

Università di Torino, 3 Registro Mesoteliomi del Piemonte 

Introduzione 

L’asbesto è un cancerogeno professionale ed ambientale riconosciuto. Da tempo è noto 

come la durata di esposizione ad amianto ed il tempo trascorso dalla prima esposizione 

(latenza) siano associati ad un rischio aumentato di sviluppare diverse neoplasie. Finora 

pochi studi hanno però valutato il ruolo di altre variabili tempo-dipendenti. A tal fine 

abbiamo studiato l’incidenza di mesotelioma maligno della pleura (MM) in una coorte 

di 3434 lavoratori del cemento amianto, impiegati in passato nello stabilimento Eternit 

di Casale Monferrato. 


La coorte comprende i lavoratori dipendenti in servizio nello stabilimento Eternit il 1 

gennaio 1950 o assunti successivamente (1950-1984). 

I casi di MM sono stati identificati utilizzando un linkage nominativo con il Registro dei 

Mesoteliomi del Piemonte, a partire dal 1990. Il numero di casi osservati è stato 

confrontato con il numero atteso basato sui tassi di incidenza di MM in Piemonte nel 

periodo corrispondente. Per le analisi abbiamo utilizzato modelli di regressione di 

Poisson. E’ in corso anche uno studio caso controllo “nested” che valuta i casi di MM e 

controlli appaiati per sesso ed età. 

Risultati 

Tra gli uomini si sono osservati 40 casi (attesi 0,90; Rapporto Standardizzato di 

Incidenza (SIR): 44,6 IC95%: 31,9 – 60,7); tra le donne 15 casi (attesi 0,17; SIR 89,6 

IC95%: 50,1- 147,7). Sono in corso le analisi per durata dell’esposizione e latenza e per 

altre covariate tempo dipendenti. 

Conclusioni 

Lo studio conferma l’elevato incremento del rischio di MM, già suggerito dalle analisi 

di mortalità. Le analisi successive consentiranno di approfondire la relazione con la 

durata di esposizione, la latenza e ed il tempo trascorso dalla cessazione 

dell’esposizione. 

407


L’EVOLUZIONE DI ALCUNE RISPOSTE AI BISOGNI SANITARI TRA IL 

2000 ED IL 2003: RICOVERI OSPEDALIERI, ESAMI E VISITE 

SPECIALISTICHE, FARMACI 

Giuseppe Battistella 1 , Antonio Carlini 2 

1 Osservatorio epidemiologico Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto, 2 Controllo di 

gestione Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto 

L’impiego di risorse 14 per assistito è stato stimato dagli importi tariffari di ricoveri, 

prestazioni specialistiche e farmaci distribuiti dalle farmacie territoriali, attribuibili ai 

nostri residenti e totalmente o parzialmente a carico dell’ulss. Tali importi sono stati 

divisi per il numero totale di residenti ottenendo la stima dell’importo pro capite. Nel 

2003 si stima una diminuzione dell’importo pro capite di ricoveri per acuti del 20% 

rispetto al 2000 (da 330 a 265 euro). A ciò é corrisposto un aumento del 51% di quello 

per ricoveri diurni (da 45 a 68 euro) ed un aumento del 3% degli importi per visite ed 

esami ambulatoriali (da 135 a 138 euro).C’è stato un aumento degli importi per i 

farmaci distribuiti dalle farmacie territoriali del 17% (da 129 a 151 euro pro capite). Ciò 

é dovuto a molteplici fattori: introduzione di nuovi farmaci più costosi, aumento del 

numero dei trattati per condizioni di rischio, variazioni dei prezzi di farmaci molto 

utilizzati, allargamento delle indicazioni terapeutiche. Prendiamo ad esempio i farmaci 

per l’ipertensione. Nel 1999 erano in trattamento il 23% dei residenti con almeno 45 

anni, nel 2003 il 31%. nel 1999 i trattati in questa classe d’età erano 35.510, nel 2003 

quasi 51 mila. Gli importi totali per i farmaci antiipertensivi erano 11,6 milioni di euro 

nel 1999, 16 nel 2003. La spesa ULSS è passata da 10,7 a 13,8 milioni di euro (+28%), 

spesa che nel 2003 era il 29% del totale per farmaci distribuiti dalle farmacie territoriali. 

La diminuzione degli importi dei ricoveri per acuti è inversamente proporzionale all’età: 

- 27% nei giovani adulti (15-44), - 11% negli ultraottentenni. L’aumento degli importi 

per ricoveri diurni è, al contrario, proporzionale all’età: + 38% nei giovani adulti, + 69% 

negli ultraottentenni. Gli importi totali stimati sono diminuiti di 17 euro pro capite (- 

3%). 

Nel 2003, escludendo il “nido”, 41.873 residenti sono stati dimessi da una struttura 

ospedaliera per acuti con un ricovero protratto per almeno due notti (- 8% rispetto al 

2000). Di questi il 69% è stato dimesso dagli ospedali pubblici dell’ULSS (64% nel 

2000), il 9% da strutture private dell’ULSS (13% nel 2000), il 21% da ospedali fuori 

ULSS (22% nel 2000). I dimessi da ricovero diurno sono stati 22.886 (+ 37% rispetto al 

2000). Il Ca’ Foncello ha aumentato questi ricoveri del 15,4%, Oderzo li ha più che 

raddoppiati; le strutture private ULSS sono passate da 578 a 3.232. 

In linea con le indicazioni nazionali e regionali, il tasso grezzo di ospedalizzazione è 

diminuito dai 184 del 2000 ai 182 del 2003. I ricoveri ordinari da 124 a 110, quelli con 

degenza brevissima (al massimo una notte) da 14 a 12. I ricoveri diurni sono invece 

aumentati da 46 a 60. 

14 La stima ottenuta utilizzando gli importi tariffari annui lordi totali dell’ULSS per i propri assistiti, 

riferiti ai valori tariffari vigenti nel 2002 non attualizzati. Sono comprese le prestazioni fornite sia 

direttamente dall’ULSS sia da altre strutture del Sistema sanitario nazionale o con esso convenzionate. Le 

tariffe sono calcolate al momento della dimissione/fornitura del prodotto o servizio. Sono presentati solo i 

capitoli di spesa per i quali esista un flusso informativo consolidato collegabile a tutti gli assistiti 

dell’ULSS. Non sono comprese voci rilevanti, quale la spesa per i 360 medici di base e di 40 pediatri di 

libera scelta, in quanto non ripartibili per le singole prestazioni fornite agli assistibili. 

408


PROGETTO DI PREVENZIONE DEL FUMO DI TABACCO NEGLI 

STUDENTI DI SCUOLA MEDIA SUPERIORE 

Anna Bergamaschi 2 , Silvana Girolomini 1 , Mariasilvia Di Marco 1 

1 2 

Istituto Oncologico Romagnolo; Università degli Studi di Bologna – Dipartimento di 

Medicina e Sanità Pubblica 

Introduzione 

La peer education è una metodologia educativa relativamente recente, ma già diffusa 

nell’ambito della prevenzione dei comportamenti a rischio; essa consiste nel formare e 

responsabilizzare alcuni ragazzi per poi reinserirli nel gruppo di appartenenza dove 

svilupperanno precisi percorsi educativo-formativi con i propri coetanei. Tale 

metodologia è sperimentata, per la prevenzione del tabagismo nel corrente anno 

scolastico 2004-05 presso l’Istituto Tecnico Commerciale di Morciano (RN); le 

insegnanti in accordo con gli studenti, hanno selezionato 10 ragazzi (3 maschi e 7 

femmine) di classi terza e quarta che partecipano al corso preparatorio per attuare il 

percorso di mutua formazione e accoglienza alle classi prime dell’anno scolastico 

successivo. 

Metodi e Risultati 

Gli incontri sulla prevenzione del fumo di tabacco rivolti ai tutor sono tenuti da 

operatori IOR. Il numero complessivo d’incontri formativi é quattro: tre precedenti 

l’accoglienza alle classi prime e uno successivo di verifica. Le tematiche affrontate nei 

primi due momenti formativi sono state: aspetti nocivi del fumo e relative conoscenze, 

vissuti, atteggiamenti, concetti di salute, malattia e dipendenza. Nel primo incontro é 

stato svolto un brain-storming da cui é emerso che i ragazzi connotano in maniera 

ambivalente il termine fumo, lo associano prevalentemente a malessere, autolesionismo, 

ma anche ad anti-stress e “sentirsi grande”. Il concetto di dipendenza é associato al “non 

saper decidere”, a incoscienza, a incontrollabilità. La salute é percepita come “bene da 

salvaguardare”, ma anche “difficile da mantenere”. Sono stati realizzati role-playing per 

drammatizzare situazioni tipo (in discoteca, tra amici, per conquistare una ragazza) 

sull’offerta e il rifiuto della sigaretta con il fine di potenziare le abilità comunicative dei 

ragazzi. Nel secondo incontro gli studenti hanno fatto una seduta di rilassamento con 

l’obiettivo di fornire una risposta alternativa al fumo visto come “anti-stress”. Sono stati 

autosomministrati anche dei questionari al fine di saggiare le loro opinioni: il 60% 

afferma che “la sigaretta é un grave problema sociale” e “non comincerò mai a fumare”; 

per il 40% la sigaretta é una schiavitù, il 100% dichiara di non fumare pur avendo il 

60% fumatori in famiglia; il 100% ritiene che il fumo sia dannoso per la salute e che sia 

una droga; il 70% dichiara che la sigaretta provoca dipendenza; mentre soltanto il 30% 

afferma che l’alcol é una droga e per il 40% provoca dipendenza. Le maggiori 

conoscenze espresse sul fumo di tabacco confermano la maggiore diffusione 

d’interventi educativi effettuati sull’argomento. Alla domanda “Ti piace fumare?” il 

90% ha risposto sì, pur avendo dichiarato di non essere fumatore: probabilmente, questi 

ragazzi non sono fumatori abituali, ma occasionali, pertanto non si ritengono tali. 

Conclusione 

Gli interventi di prevenzione nella scuola dovrebbero essere continuativi ed inseriti nel 

Piano dell’Offerta Formativa per motivare e sostenere i tutor durante il percorso; 

409


occorre potenziare quindi le loro abilità comunicative per insegnare a resistere 

all’offerta della sigaretta senza essere esclusi dal gruppo dei pari. 

E’ importante che anche i tutor assumano un atteggiamento non giudicante, ma 

accogliente al fine di promuovere nelle classi prime un modello positivo di “non 

fumatore”. Gli studenti, oggetto della presente indagine, hanno dimostrato grande 

interesse e partecipazione verso questa nuova tipologia educativa rivolta ai pari. La 

giornata d’incontro tra scuole in Regione, che si terrà alla fine del corrente anno 

scolastico, servirà anche a consolidare e condividere le esperienze tra i giovani delle 

diverse realtà locali. Gli studenti saranno ulteriormente stimolati e preparati ad applicare 

le nozioni acquisite, attraverso un successivo incontro di simulazione; inoltre, in un 

momento successivo sarà valutata l’efficacia dell’intervento e della formazione dei 

ragazzi. 

410


PREVALENZA DI CASI DIAGNOSTICATI DI DIABETE MELLITO NEI 37 

COMUNI DELL’ULSS DI TREVISO 

Giuseppe Battistella 1 , Amedeo Buzzo 2 

1 Osservatorio epidemiologico Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto; 2 Dipartimento 

di prevenzione Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto 

I casi di diabete sono stati definiti tramite il registro aziendale degli esenti ticket ed il 

consumo di farmaci antidiabetici orali e/o insulina nel periodo 1999-2003. Con controlli 

incrociati con anagrafe aziendale assistibili e registro nominale di mortalità sono stati 

identificati i casi cumulativi così identificati fossero ancora viventi e residenti nel 

territorio aziendale. Le caratteristiche anagrafiche sono state definite tramite l’anagrafe 

assistibili, allineata di recente con le anagrafi comunali. 

Il diabete nella nostra ULSS ha una prevalenza molto simile a quella del resto della 

Regione Veneto (circa il 3,6% della popolazione totale). Complessivamente vi sono 

circa 14 mila casi diagnosticati. La malattia predilige il sesso maschile: i maschi hanno 

l’81% di probabilità in più d’essere ammalati tra i 45 e i 64 anni, il 47% tra i 65 e i 79. 

La probabilità d’avere questa diagnosi è correlata all’età. Nell’ULSS di Treviso dopo i 

35 anni aumenta circa del 10% per ogni anno d’età sino ai 60 anni passando dallo 0,5% 

della classe d’età 30-34 al 5,4% in quella 55-59. Successivamente la proporzione dei 

diabetici aumenta ancora superando il 10% nella classe 65-69 sino al 14,1% nella 80-84. 

Vi sono ampie differenze nei vari Comuni, in buona parte dovute alla diversa 

proporzione delle classi più anziane. Treviso è il Comune con più anziani e quindi con 

più diabetici (4,2% sul totale della popolazione). In questo Comune la probabilità di 

ammalarsi di diabete è però inferiore del 13% rispetto alla media ULSS. 

I due comuni in cui la probabilità di ammalarsi di diabete è molto più alta della media, e 

tale probabilità si discosta da una distribuzione “normale” del fenomeno, sono San 

Biagio di Callalta (+61%) e Casier (+39%). I due in cui è più bassa sono Zenson di 

Piave (-47%) e Povegliano (-30%). Questa variabilità potrebbe essere dovuta a vari 

fattori, tra cui diversi stili di vita, specifiche abitudini alimentari, diversa numerosità nei 

vari comuni d’individui predisposti, esposizione localizzata a specifici rischi, presenza 

di alcuni medici con criteri diagnostici particolari, diverso peso dato alle malattie dalla 

gente, diversa probabilità di avere la diagnosi a pari stadio di malattia. 

A livello di Distretto vediamo che in quello di Oderzo vi è un eccesso di casi del 5%. 

Tali casi sono concentrati nella popolazione femminile anziana: nel Distretto di Oderzo 

il 10,4% delle donne d’età 65-79 è ammalato, a Treviso il 6,8%; tra le ultraottentenni il 

14,3% ad Oderzo, solo il 3% a Treviso. A Treviso le differenze tra maschi e femmine 

sono molto accentuate (nella classe 65-79 è ammalato il 15% nei maschi, il 6,8% nelle 

femmine; negli ultraottentenni il 17% nei maschi, il 3% nelle femmine). Ad Oderzo non 

troviamo queste grosse differenze: nella classe 65-79 sono ammalati il 14% dei maschi 

ed il 10,4% delle femmine. Dopo gli 80 anni la probabilità d’essere ammalati è 

superiore nelle femmine rispetto ai maschi. Mentre le donne anziane di Treviso hanno, 

probabilmente, abitudini di vita ed alimentari più sane dei loro coetanei maschi questo 

non è vero nell’opitergino – mottense. 

411


RICORSO ALL’OSPEDALIZZAZIONE E SALUTE ORALE. RISULTATI DI 

UN PROGRAMMA ODONTOIATRICO NELLA REGIONE LAZIO 

Castronuovo Esmeralda, Capon Alessandra, Di Lallo Domenico, Guasticchi Gabriella 


Introduzione 

Le condizioni di salute orale possono essere considerate come un indicatore dello stato 

di salute della popolazione. Nel Lazio è in corso la sperimentazione di un programma 

odontoiatrico rivolto ad anziani socialmente deboli con gravi difficoltà della funzione 

masticatoria, che eroga protesi dentarie in regime di gratuità. Il programma è rivolto a 

tutti i cittadini residenti nella Regione di età eguale o superiore a 65 anni con adentulia 

completa o parziale e con reddito pari a quello della pensione sociale. 

Obiettivo 

E’ confrontare il ricorso all’ospedalizzazione tra gli anziani che si sono rivolti al 

programma ed un gruppo di controllo rappresentativo della popolazione anziana 

generale. 


Sono stati selezionati 1491 anziani residenti a Roma e visitati nell’ambito del 

programma da maggio 2003 a marzo 2004. La scelta del gruppo di controllo è stata 

effettuata selezionando casualmente dall’archivio anagrafico 3 controlli per ogni 

anziano, residenti a Roma alla data del 31/03/2004, appaiati per sesso ed anno di 

nascita. Attraverso una procedura di record-linkage col l’archivio delle schede di 

dimissione ospedaliera sono stati rintracciati i ricoveri acuti nei due anni precedenti la 

prima visita odontoiatrica. Per ogni anziano del gruppo di controllo il periodo in cui 

rintracciare gli eventuali ricoveri era lo stesso dell’anziano arruolato nel programma a 

cui risultava appaiato. 

Complessivamente sono stati individuati 2.935 ricoveri. Il tasso annuale di 

ospedalizzazione per mille persone è risultato pari a 218 nel gruppo di controllo ed a 

329 nel gruppo OSA. Il rapporto tra i tassi (IRR: incidence rate ratio) è risultato 

significativamente superiore a 1 tanto nel totale degli anziani (IRR=1,50 IC 95% 1,40- 

1,63) che separatamente nei due sessi (uomini: IRR=1,45 [IC 95% 1,30-1,60]; donne: 

IRR=1,59 [IC 95% 1,41-1,79]). 

Dal confronto dei tassi di ospedalizzazione per classe di diagnosi principale negli 

uomini si sono osservati eccessi significativi tra gli anziani del programma per: le 

malattie dell’apparato respiratorio (IRR=2,62 [IC 95% 1,83-3,74]), le malattie 

dell’apparato digerente (IRR=1,79 [IC 95% 1,31-2,41]), le malattie del sistema 

circolatorio (IRR=1,49 [IC 95% 1,24-1,79]). Analogamente tra le donne si sono avuti 

eccessi per: le malattie dell’apparato respiratorio (IRR=4,68 [IC 95% 2,76-8,07]), le 

malattie del sistema nervoso (IRR=2,47 [IC 95% 1,75-3,47]), le malattie del sistema 

circolatorio (IRR=1,64; [IC 95% 1,29-2,08]), le malattie dell’apparato genitourinario 

(IRR=1,90 [IC 95% 1,12-3,19]) e le malattie del sistema osteomuscolare (IRR=1,63 [IC 

95% 1,07-2,43]). 

Conclusioni 

La presente analisi evidenzia un maggiore ricorso all’ospedalizzazione in un gruppo di 

anziani socialmente deboli e con cattivo stato della salute orale rispetto alla popolazione 

generale. 

413


Tenendo conto che le persone con patologie e disabilità gravi sono state escluse 

inevitabilmente dal programma perché non in grado di accedervi autonomamente, si 

può ipotizzare che, se vi fossero state incluse, l’eccesso nell’ospedalizzazione sarebbe 

stato ancora più marcato. A nostra conoscenza questo è il primo studio italiano che 

metta in evidenza una relazione tra condizioni socioeconomiche, salute orale e rischio di 

ospedalizzazione. 

Questi risultati sembrano coerenti con numerose evidenze della letteratura che 

dimostrano un’associazione tra malattie del cavo orale e patologie croniche. La 

valutazione dell’effetto indipendente dello stato di salute orale necessita di ulteriori 

studi. 

414

9 

settembre 

2005


INFORTUNI SUL LAVORO NEI LAVORATORI IMMIGRATI NEL 

COMPARTO LAVORAZIONE METALLO IN EMILIA-ROMAGNA 

G. Collini, V. Zambonelli, S. Cavuto, A. Borghi, S. Candela 

Osservatorio Regionale Infortuni sul Lavoro, Dip.to di Sanità Pubblica, AUSL di Reggio Emilia 

Introduzione 

Si ritiene comunemente che i lavoratori immigrati (IM) presentino un’incidenza di 

infortuni sul lavoro maggiore di quella dei lavoratori italiani (ITA). Tuttavia la 

mancanza di informazioni accurate circa il numero di IM occupati rende difficile 

verificare l’assunto a partire dai Flussi informativi correnti. Abbiamo quindi cercato di 

integrare i dati correnti con informazioni ad hoc di fonte aziendale, per studiare il 

fenomeno nel comparto Lavorazione Metallo (Gruppo INAIL 6200), che in Emilia 

Romagna rappresenta il 4,3% delle aziende ed occupa oltre il 6% degli addetti. La scelta 

di questo comparto deriva dalla conoscenza di un’elevata presenza di immigrati, tanto 

che nella regione il 15% di tutti gli infortuni a loro carico (8649) (Flussi Inail 2000) 

accade nelle Lavorazioni metallo. Nel comparto inoltre la proporzione di infortuni 

relativi a IM è del 17.7%. 

Obiettivo 

Lo studio si propone di confrontare il Rischio di infortuni degli IM con quello degli ITA 

negli anni 2000 e 2001 nel comparto Lavorazione metallo, tenendo conto del tipo di 

lavorazione, della dimensione e localizzazione aziendale. 


Le aziende metalmeccaniche (Grande Gruppo Inail 6200) delle province di Piacenza, 

Reggio Emilia, Bologna e Forlì-Cesena (FC), sono state stratificate in relazione alle 

dimensioni aziendali ed è stato campionato il 15% di ogni strato, per un totale di 587 

aziende. 

Ad ogni azienda campionata è stato chiesto tramite un questionario postale il numero di 

dipendenti (persone fisiche) immigrati e italiani presenti alle date: 01/01/2000, 

31/12/2000, 31/12/2001, ad esclusione di: impiegati, apprendisti, lavoratori interinali, 

artigiani. Gli infortuni avvenuti presso le aziende campionate sono stati estratti dai flussi 

informativi Inail degli anni 2000 e 2001. 

Il gruppo 6200 è stato suddiviso in tre classi di rischio infortunistico (alto, medio, 

basso) in base al tasso di rischio assegnato dall’Inail per ogni lavorazione specifica del 

comparto. 

I dati sono stati analizzati mediante regressione di Poisson per misure ripetute, 

assumendo come variabili indipendenti: la nazionalità dei lavoratori, la provincia, 

l'interazione nazionalità per provincia, la classe di rischio e la classe di dimensione 

aziendale. I parametri del modello sono stati stimati ricorrendo alla tecnica GEE 

(Generalized Estimating Equations). Tutte le analisi sono state effettuate con la 

procedura GENMOD di SAS System, versione 8.2 per Windows. 

Risultati 

467 aziende (79.6%) hanno risposto in modo adeguato al questionario, per un totale di 

5487.7 lavoratori (numero medio/anno), di cui il 12.3% è costituito da IM. La 

proporzione di IM varia in relazione alla provincia (dal 7.3 di Piacenza al 17.7% di 

Reggio Emilia), alla classe di rischio aziendale (14.4, 9.9 e 12.7% rispettivamente per la 

417


classe ad alto, medio e basso rischio), e a quella di dimensioni aziendali (oltre il 15% 

nelle aziende fino a 15 dipendenti). 

Il Tasso di Incidenza complessivo IM è significativamente maggiore di quello ITA 

(14.58 vs.6.94; RR:2.10, IC95% 1.79-2.46). I risultati della regressione di Poisson 

indicano come variabili significative la nazionalità, la provincia e la classe di rischio. 

Nelle province considerate il Rischio di infortunio di IM vs ITA, corretto per classe di 

rischio aziendale, risulta non significativo a Piacenza (RR: 0.96, IC95% 0.49-1.89), 

significativo nelle altre (RR: RE 1.61, IC95% 1.14-2.28; BO 2.99, IC95% 2.08-4.29; 

FC 2.96, IC95% 1.79-4.91). Si nota una relazione diretta tra i tassi di incidenza IM e 

quelli ITA nelle diverse province (r=0.94). 

Conclusioni 

Anche in un comparto relativamente stabile e strutturato come quello della Lavorazione 

metallo gli IM hanno un rischio di infortuni più elevato degli ITA, pur con rilevanti 

differenze tra province. 

418


EPIDEMIOLOGIA DEI SUICIDI IN TOSCANA: STUDIO GEOGRAFICO 

M.A. Martiello¹, F. Cipriani²?³, F. Voller³, M. Giacchi¹, E. Buiatti³ 

1 Dipartimento F.M.S.e S.P.- sezione di Sanità Pubblica – Università di Siena; 2 UF 

Epidemiologia – Azienda USL 4 di Prato; 3 Osservatorio Epidemiologia – Agenzia Regionale 

Sanità Toscana, Firenze. 

Introduzione 

La mortalità per suicidi presenta notevoli differenze geografiche tra i diversi paesi 

nonché all’interno di questi. I fattori di rischio implicati sono numerosi: demografici 

(età, sesso), biologici (bassi livelli di serotonina), patologia psichiatrica (depressione, 

alcolismo, schizofrenia, disturbi di personalità), altre patologie (malattie neurologiche, 

neoplasie, infezione da hiv/aids) nonché fattori sociali (gruppo etnico, stato civile, 

disoccupazione, tipo di attività lavorativa, residenza in area rurale, immigrazione). 


I casi considerati sono tutti gli eventi mortali per Suicicio (Codici ICD-IX: E950-E959) 

dal 1987 al 2001, desunti dal Registro di Mortalità Regionale della Toscana, istituito 

con delibera della Giunta Regionale n. 11409 del 24.11.1986, e attivo da quando è stata 

resa disponibile per le Aziende Sanitarie la copia calcante della scheda di morte ISTAT. 

L’analisi spaziale dei rischi di mortalità è stata effettuata con il calcolo delle stime 

bayesiane in base ad un algoritmo che “liscia” i valori meno attendibili verso la media 

regionale. 

Risultati 

Il tasso di mortalità per suicidio in Toscana presenta valori simili a quelli medi nazionali 

(5,9/100.000/anno nel triennio 1999-2001). I tassi più elevati sono presenti nel territorio 

della Usl di Siena (9,7/100.000/anno nel triennio 1999-2001). 

L’analisi per comune evidenzia per i maschi i rischi di mortalità più elevati nelle aree 

meridionali e interne delle Toscana: dalla Valdicecina alle colline Metallifere fino 

all’Amiata. 

Per quanto concerne le femmine, il disegno della componente geografica strutturata 

nelle aree meridionali è analogo, anche se meno accentuato e se ne distingue per gli alti 

valori di alcune aree urbane principali. D’altra parte per quanto riguarda le femmine la 

scarsa numerosità degli eventi poco si presta per un risultato più chiaro. 

Discussione 

Le aree interessate rappresentano l’antico distretto minerario della Toscana ricco di 

mineralizzazioni a Pirite, Silicati, Antimonio e Cinabro oggetto di intensa coltivazione 

per secoli fino alla cessazione dell’attività negli anni ottanta. Gli eccessi di mortalità per 

suicidio riscontrati potrebbero conseguire all’azione di un fattore di rischio lavorativo o 

ambientale o piuttosto a determinanti sociali in conseguenza dell’impatto della chiusura 

delle miniere e della crisi urbana e sociale conseguente. 

Lo studio non è dirimente al riguardo per i limiti intrinseci dello stesso. 

419


RIDUZIONE DEI FLUSSI MIGRATORI INTER-REGIONALI PER LA 

DIAGNOSI E IL TRATTAMENTO DELLA FIBROSI CISTICA 

Laura Viviani, Giovanni Casazza, Anna Bossi 

a nome del Gruppo collaborativi Registro Italiano Fibrosi Cistica 

Istituto di Statistica Medica e Biometria – Università degli Studi di Milano 

Introduzione 

La Fibrosi Cistica (FC) è tra le più frequenti malattie genetiche a prognosi grave 

presenti nella popolazione caucasica. La malattia provoca infezioni polmonari croniche, 

ridotta e/o alterata produzione di enzimi pancreatici con conseguente malassorbimento 

intestinale e ridotta crescita corporea, occlusione intestinale in epoca neonatale, perdita 

di sali, sterilità. La malattia comporta un notevole carico assistenziale perché gli oltre 

4000 pazienti attualmente presenti in Italia richiedono continui controlli, ricorso a 

farmaci e fisioterapia; molti di loro, inoltre, necessitano anche di ripetuti e, a volte, 

prolungati ricoveri. Solo dal 1993 si è provveduto (Legge 548/93) ad istituire, in tutte le 

regioni con almeno 1?500?000 abitanti, un Centro di Riferimento (CRR) o un Servizio 

di Supporto (SS) per la FC. La mancanza, in alcune regioni, di strutture specializzate 

per la diagnosi e cura della malattia ha contribuito a creare, soprattutto in passato, un 

fenomeno di “migrazione sanitaria”. 

L’analisi dell’attuale migrazione sanitaria permette di valutare se è necessario rivedere 

l’organizzazione territoriale dei servizi di diagnosi e cura per migliorarne l’efficienza e 

ridurre ulteriormente gli spostamenti necessari per la diagnosi e la cura della malattia. 

Soggetti 

Per analizzare i flussi migratori si sono analizzate solo alcune delle informazioni 

raccolte nell’ambito del Registro Nazionale per la Fibrosi Cistica (RIFC), attivo 

dall’1.1.1988: CRR/SS presso il quale il paziente è, o è stato, in cura; data del decesso, 

data di trasferimento da una struttura ad un’altra o data di “uscita dallo studio”. 

Risultati 

Alla fine degli anni ’80, i pazienti residenti in regioni che ancora non disponevano di un 

CRR/SS erano ovviamente costretti a recarsi fuori regione, non solo per le cure ma 

anche per la diagnosi. Era questo il caso dei pazienti residenti in Abruzzo, Molise, 

Basilicata, Calabria, Trentino A.A., Umbria e Valle d’Aosta. Anche in altre regioni si 

osservava però un flusso migratorio verso le strutture di più vecchia istituzione, quali 

Verona, Genova e Roma. Ad esempio, il 57% dei pazienti in cura a Verona non era 

residente nel Veneto così come il 75% dei pazienti in cura a Genova non era residente 

in Liguria. Non sempre, tuttavia, si è trattato di vere e proprie migrazioni poiché in 

molti di questi casi la scelta del luogo di cura è stata condizionata da motivi geografici 

che hanno portato alla struttura sanitaria più facilmente raggiungibile. Ad esempio, per 

un paziente lombardo residente nella provincia di Mantova è più agevole raggiungere 

Verona anziché Milano o per un paziente residente a Reggo Calabria più veloce recarsi 

a Messina che a Soverato (CZ). 

Attualmente la situazione è notevolmente mutata, infatti, circa il 90% dei pazienti (dal 

24% di quelli residenti in Calabria, ad oltre il 90% di quelli residenti in Liguria, Lazio e 

Veneto) è in cura presso il CRR/SS della propria regione di residenza e solo il 9% di 

questi si reca anche presso altre strutture. 

421


Inoltre, ancora più che in passato, la quasi totalità dei pazienti che “migrano” resta 

vicino al proprio luogo di residenza. Fanno eccezione i pazienti residenti in Calabria, 

Molise, Puglia e Sardegna, per oltre il 10% dei quali il centro scelto per le cure è ancora 

molto distante dall’abitazione. 

Discussione 

Si può ritenere che l’istituzione di CRR e di SS in ogni regione e il continuo sforzo 

degli operatori che vi operano contribuiranno a ridurre ulteriormente il flusso 

migratorio. Ne sono un esempio la Sicilia (con il CRR di Palermo e i SS di Messina e 

Catania) e la Campania (con il CRR di Napoli, pediatrico e per adulti) che hanno 

praticamente azzerato la migrazione verso i CRR di Genova e Verona. È auspicabile 

che in un immediato futuro si riduca anche la migrazione da Calabria, Molise, Puglia e 

Sardegna dove già da ora l’attività dei CRR e dei SS ha consentito a molti pazienti di 

essere assistiti principalmente nella loro regione di residenza. 

422


CARATTERIZZAZIONE EPIDEMIOLOGICA DELLA SCLEROSI 

LATERALE AMIOTROFICA NELLA REGIONE LAZIO 

Alessandra Binazzi 1 , Pierluigi Altavista 1 , Stefano Belli 2 , Marina Mastrantonio 1 , Raffaella 

Uccelli 1 , Nicola Vanacore 2 

1 2 

Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente (ENEA), Roma; Istituto Superiore di 

Sanità ISS, Roma 

Obiettivo 

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una rara e severa patologia del sistema 

motorio dovuta alla degenerazione della via piramidale e dei motoneuroni somatici. Ha 

una durata media di 2-3 anni dall’esordio, con un’incidenza tra 0,4 e 2,5 casi per 

100000/anno e un tasso di mortalità tra 0,8 e 2,1/100000. Si tratta di una patologia 

dell’età adulta, con aumento dell’incidenza evidente con l’aumento dell’età. A partire 

dagli anni ’80 si è osservato un incremento dei tassi di mortalità in Italia, in diversi 

paesi europei, negli USA e in Giappone. 

Si ipotizza una genesi multifattoriale della malattia, in cui sarebbero coinvolti fattori 

genetici, ambientali (metalli, solventi e pesticidi) e fattori legati alle abitudini di vita (va 

ricordato che in questo ambito è stato recentemente ipotizzato un ruolo degli integratori 

alimentari). Obiettivo dello studio è la descrizione della distribuzione di questa 

patologia nella regione Lazio. 


Lo studio di epidemiologia geografica è stato effettuato mediante la Banca Dati 

Epidemiologica dell’ENEA utilizzando il dato di mortalità relativo alla Malattia del 

Motoneurone (MNM, codice ICD IX 335.2) di cui l’80% circa è rappresentato dalla 

SLA. Nel periodo 1981-2000 sono stati calcolati (per la regione e le province del Lazio) 

i decessi, i tassi standardizzati diretti (TSD), i tassi specifici per classi di età relativi ai 

due decenni e gli andamenti temporali quinquennali. Per ogni comune della provincia di 

Roma sono stati calcolati i rapporti standardizzati di mortalità (RSM) rispetto alla 

regione. 

Risultati 

I risultati dello studio epidemiologico hanno evidenziato degli andamenti crescenti della 

mortalità per MNM in entrambi i sessi nel Lazio ma con una lieve flessione nel 

quinquennio 1991-1995 negli uomini. Per quanto riguarda le province, negli uomini non 

si sono osservati andamenti ben definiti nel tempo, ad eccezione di Rieti dove si è 

notato un decremento. Nelle donne si sono osservati invece lievi incrementi per tutte le 

province, ad eccezione di Rieti che è risultata molto variabile. La mortalità si è rivelata 

superiore all’atteso regionale nel comune di Formello in entrambi i sessi (maschi RSM: 

515,55, IC 95%: 140,49 – 1320,09; femmine RSM: 634,31, IC 95%: 130,88 – 1853,88) 

e nel comune di Roma per i soli maschi (RSM: 109,56, IC 90%: 100,47 – 119,49). 

Conclusioni 

Gli incrementi della mortalità per MNM nel Lazio nel periodo considerato possono 

essere attribuiti ad una combinazione di fattori, fra cui l’incremento dell’attesa di vita 

della popolazione, una maggiore accuratezza nella compilazione dei certificati di morte, 

l’incremento dei fattori di rischio ambientali. 

423


Molto interessanti appaiono gli eccessi di mortalità evidenziati a livello comunale, che 

meriterebbero ulteriori approfondimenti. Al fine di acquisire altre informazioni relative 

ai vari fattori di rischio implicati in questa patologia è stato avviato uno studio casocontrollo, 

comprendente 100 casi e 200 controlli, che si sta svolgendo presso alcuni 

centri specialistici di Roma (Policlinico “Umberto I”, S.Camillo, Sant’Andrea e 

S.Eugenio). Ciascun soggetto viene intervistato, con un questionario ad hoc, con 

l’intento di raccogliere informazioni riguardanti dati anagrafici, stili di vita, attività 

lavorativa, anamnesi lavorativa, intossicazioni acute da sostanze chimiche, familiarità 

per malattie neuro-degenerative, età d’esordio della malattia e sua forma clinica. 

424


ACCESSIBILITÀ AI DATI DI UN REGISTRO NAZIONALE DI PATOLOGIA 

Laura Viviani 1 , Ivan Cortinovis 1 , Anna Bossi 1 , Rita Padoan 2 , 

1 Istituto di Statistica Medica e Biometria – Università degli Studi di Milano 

2 AO Spedali Civili Brescia 

Introduzione 

Le numerose informazioni contenute nel Registro Italiano Fibrosi Cistica (RIFC) sono 

state, sino ad ora, riportate in relazioni annuali, presentate a congressi e pubblicate su 

riviste scientifiche. Le sintesi effettuate annualmente dal 1988 non sono state tuttavia 

sufficienti a soddisfare le specifiche richieste del personale delle strutture coinvolte 

nella raccolta dati. Il desiderio di rendere più facile ed immediato l’accesso ai dati 

archiviati spesso si scontra con difficoltà di carattere tecnico-informatico, con la 

complessità nell’interpretazione dei risultati forniti, e con le esigenze di tutela dei dati 

personali (DL 196/2003). Infatti, non tutti gli interessati sarebbero in grado di elaborare 

correttamente i dati grezzi contenuti nel RIFC, né, comunque, sarebbe possibile 

consentire a chiunque il libero accesso ai dati identificativi del paziente. Inoltre, non 

sempre è possibile soddisfare in tempi brevi le richieste che pervengono a chi gestisce il 

registro. Per ovviare a questi inconvenienti si è pensato di strutturare un ipertesto, 

fornito di un’interfaccia di interrogazione user-friendly, che permetta all’utente di 

consultare le informazioni contenute nel RIFC. 

Soggetti e Metodi 

Per la realizzazione dell’ipertesto sono state esaminate tutte le richieste di analisi 

pervenute al RIFC durante i primi 13 anni di attività, ed è stato impiegato il database 

aggiornato al 31.12.2001. In rispetto alla Legge 196/2003, tutte le informazioni riportate 

sono state aggregate almeno a livello regionale, così da rendere impossibile 

l’identificazione del paziente. Un’interfaccia user-friendly permette all’utente di 

scegliere ogni combinazione ragionevole delle 70 variabili selezionate dal questionario 

impiegato per la raccolta dati. Il database è costituito da file PDF contenenti i risultati 

relativi ad ogni combinazione richiesta. 

Risultati 

L’ipertesto DaRiO (Dati del Registro italiano FC On-line) permette di interrogare il 

database dei file, richiamando l’output dell’analisi richiesta: distribuzione di frequenza, 

tabelle a 2 o 3 vie, grafici e note esplicative. L’utente è guidato nella ricerca da menù di 

facile consultazione, pulsanti per opzioni predefinite, finestre di ricerca e caselle di 

testo. Una sezione di help, infine, aiuta ed orienta anche l’utente meno esperto. L’intera 

struttura, con un database di circa 70.000 pagine statiche HTML, è stata trasferita 

nell’area riservata del sito www.fibrosicistica.it, ed è accessibile solo in seguito 

all’identificazione dell’utente tramite user-id e password. l database prevede la 

possibilità di aggiornamento man mano si rendano disponibili versioni più aggiornate 

del RIFC. 

L’intero progetto è stato finanziato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica. 

Discussione 

Dal 16 febbraio (data di attivazione) al 16 maggio del 2005 sono stati registrati solo 33 

accessi. L’esiguo numero di interrogazioni dell’ipertesto ha portato ad una riflessione 

circa le cause di un tale scarso utilizzo. 

Le motivazioni possono essere diverse: 

425


- utilizzo nell’ipertesto di informazioni di scarso interesse clinico-epidemiologico 

(infatti, non sono ancora state incluse le variabili relative al follow-up clinico del 

paziente in quanto disponibili solo dal 2002); 

- mancanza di dati disaggregati a livello del singolo Centro per la cura della FC; 

- inadeguata data di aggiornamento del database (31.12.2001). 

Questi inconvenienti si possono risolvere in breve tempo; infatti, è possibile inserire 

nuove tabelle e grafici relativi alle variabili di follow-up, prevedere un ulteriore livello 

di disaggregazione e aggiornare il database con la versione del RIFC più recente. 

Vi sono però altre cause, maggiormente legate all’utente, che possono aver determinato 

il limitato utilizzo dell’ipertesto; ad esempio, la scarsa consapevolezza delle reali 

potenzialità offerte, o la scarsa alfabetizzazione informatica unita ad una limitata 

conoscenza della statistica descrittiva. 

Mentre le difficoltà di carattere tecnico sono facilmente superabili, le barriere 

“psicologiche” sono difficili da abbattere: solo un programma di formazione 

all’epidemiologia e un corso di alfabetizzazione informatica possono aiutare a 

raggiungere gli obiettivi prefissati. 

426


FONTI INFORMATIVE CORRENTI IL MONITORAGGIO DELLE 

PATOLOGIE CRONICHE: L’ESEMPIO DEL DIABETE 

Daniela Balzi, Alessandro Barchielli 

Unità di epidemiologia, Azienda Sanitaria 10 Firenze 

Background 

E’ ben nota la rilevanza generale delle patologie croniche, ma spesso non è noto il 

“carico” di malattia in una specifico contesto. In molte aree vengono sperimentate 

nuove modalità assistenziali a livello territoriale, di cui è necessario valutare gli effetti. 

L’utilizzo per tale fine degli archivi dei MMG è spesso difficoltoso. 

Obiettivo 

Valutare la possibilità di stimare la prevalenza del diabete nei residenti nella ASL 10- 

Firenze (circa 800.000 abitanti), mediante l’uso integrato delle fonti informative 

correnti disponibili e costruire alcuni indicatori che possono essere utilizzati come 

traccianti della qualità della assistenza. 

Materiali e metodi 

Uso integrato di fonti informative correnti (anagrafe assistiti, esenzioni ticket, SDO, 

farmaceutica territoriale, assistenza specialistica, ecc). 

Risultati 

Nel 2003 sono stati identificati circa 21.000 pazienti con esenzione da ticket per diabete, 

6.000 ricoverati in ospedali toscani e 200 in ospedali extra-regionali con una diagnosi di 

diabete, 43.000 pazienti che hanno assunto farmaci antidiabetici, 29.500 pazienti che 

hanno effettuato esami per il controllo della emoglobina glicata e 17.000 cui sono state 

consegnate strisce per il autocontrollo della glicemia. La percentuale di linkage con 

l’anagrafe assistititi è variata dal 100% (esenzioni ticket) al 76% (farmaceutica). E’ stata 

stimata una prevalenza del 40,9 per 1.000 (maschi: 42,5, femmine 39,4), simile a quella 

rilavata in altri indagini (multiscopo ISTAT, Health Search). Il 21% dei diabetici 

utilizza insulina. L’1,4% dei pazienti ha avuto almeno un ricovero ordinario con 

diagnosi di dimissione principale per diabete. Poco meno del 50% dei pazienti effettua 

almeno un controllo annuo della emoglobina glicata (44,7%) o utilizza strisce per 

autocontrollo (45,6%). Tali dati sono stati analizzati disaggregati per zona sociosanitaria 

e per alcuni raggruppamenti di MMG. 

Conclusioni 

Il metodo consente di stimare in maniera relativamente rapida la prevalenza di patologie 

croniche ed indicatori di qualità della assistenza. La affidabilità dei risultati dipende da 

qualità e completezza dei dati utilizzati, che devo essere accuratamente verificata. L’uso 

di metodi statistici di cattura-ricattura può completare le stime ottenute. 

427


LA MORTALITA’ ESTIVA DEGLI ANZIANI IN PROVINCIA DI CREMONA: 

IMPATTO DELLE DOTAZIONI STRUTTURALI DELLE R.S.A. 

Mannino S. 1 , Villa M. 1 , Beati P. 2 , Iacuzio L. 1 , Belloli A. 3 

¹Servizio Epidemiologico, Asl Della Provincia Di Cremona; ²Direzione Generale, Arpa Della 

Provincia Di Cremona; ³Direzione Generale, Asl Della Provincia Di Cremona 

Introduzione 

In seguito all’eccezionale aumento delle temperature registrato nel 2003 abbiamo 

studiato l’andamento della mortalità nel periodo giugno-agosto 2002-2003 tra gli 

anziani residenti nella provincia di Cremona, al fine di evidenziare eventuali strategie di 

prevenzione. 


Sono stati utilizzati l’anagrafe degli assistiti ASL e delle Residenze Socio- 

Assistenziali/Istituti di Riabilitazione (RSA/IDR) sul territorio provinciale, il registro di 

mortalità, le rilevazioni di temperatura e umidità delle centraline ARPA, il profilo 

strutturale delle RSA/IDR. E’ stata stimata la mortalità complessiva e condotta 

un’analisi stratificata per età e tipo di residenzialità (RSA/IDR o “Territorio”). Per le 

RSA/IDR è stato valutato l’impatto sulla mortalità della presenza di impianti di 

condizionamento nelle strutture. La relazione temperatura percepita-mortalità ed i rischi 

relativi (con i rispettivi intervalli di confidenza al 95%) sono stati stimati attraverso 

modelli di Poisson. L’analisi dei dati è stata effettuata con l’ausilio dei software SAS e 

STATA. 

Risultati 

Nel periodo giugno-agosto 2003 è stata stimata una mortalità pari a 11,9 per mille 

abitanti (20,6 tra gli ultra settantacinquenni) con un eccesso di mortalità del 15% (21% 

tra gli ultra settantacinquenni) rispetto allo stesso periodo del 2002; i relativi Rapporti di 

Mortalità (RM) erano 1,15 (IC 1,04- 1,27) e 1,21 (IC 1,08- 1,36), rispettivamente. 

L’incremento più marcato di mortalità è stato rilevato per valori di temperatura 

percepita superiore a 36,5° (IC 33,6- 39,4), oltre la quale è stato osservato un eccesso di 

mortalità pari al 46% (IC 28%-66%) per incrementi di temperatura percepita di 5°. 

Nell’estate 2003 la mortalità è stata più elevata tra i residenti in RSA/IDR rispetto al 

Territorio (RM=10,7) ed in particolare tra i soggetti di età compresa tra 65 e 74 anni 

(RM=14,9). La differenza di mortalità è stata più consistente nel mese di agosto, in 

coincidenza del picco dell’onda di calore, nel quale è stato stimato un RM pari a 15,2 

(RM=27,5 nella fascia 65-74). Tra gli ospiti nelle RSA, si è osservato un incremento di 

mortalità nelle strutture meno climatizzate (posti letto climatizzati inferiori al 30% del 

totale dei posti letto accreditati) rispetto a quelle più climatizzate; il relativo rapporto di 

mortalità, aggiustato per età e profilo clinico-funzionale dei pazienti, è stato di 1,83 (IC 

1,37- 2,45). 

Conclusioni 

Questo studio ha confermato che il numero dei decessi è legato alla temperatura 

percepita, e che comunque il calore, preso da solo ed in valore assoluto, non spiega 

completamente l’andamento della mortalità. L’incremento della mortalità appare 

particolarmente accentuato quando la temperatura percepita supera i 36,5°. 

429


Più di un terzo dei decessi degli anziani ha riguardato ospiti nelle RSA/IDR (che 

rappresentano il 5% degli anziani residenti nella provincia); questo dato, più marcato 

nelle strutture meno dotate di impianti di condizionamento e in parte atteso per le 

politiche di incremento dell’appropriatezza dell’assistenza residenziale attuate negli 

ultimi anni, ha implicazioni significative in una provincia con elevati indici di 

invecchiamento quale è Cremona, e ribadisce l’importanza di potenziare i processi di 

rilevazione dei bisogni e di valutazione della qualità dell’assistenza. 

430


CONCENTRAZIONE DI POLICLOROBIFENILI (PCB) NEL SIERO DI 

SOGGETTI CON EPATOCARCINOMA ED IN SOGGETTI DI CONTROLLO 

IN PROVINCIA DI BRESCIA 

Francesco Donato 1 , Loredana Covolo 1 , Roberto Bergonzi 2 , Umberto Gelatti 1 , Claudia Zani 1 , 

Pietro Apostoli 2 

1 Cattedra di Igiene; 2 Cattedra di Igiene Industriale, Università degli Studi di Brescia 

Obiettivi 

I policlorobifenili (PCB) sono organoclorurati persistenti classificati dalla IARC come 

probabili cancerogeni per l’uomo, sulla base di un’evidenza d’induzione di cancro del 

fegato in animali da esperimento. Lo scopo della ricerca è stato di valutare 

l’associazione tra livelli ematici di PCB ed epatocarcinoma (HCC) mediante uno studio 

caso-controllo condotto nella popolazione della provincia di Brescia, area di 

tradizionale ed intensa industrializzazione e con presenza nel territorio del comune 

capoluogo anche dell’unica industria chimica italiana produttrice di PCB fino a metà 

degli anni 80. 


Lo studio, di tipo caso-controllo su base ospedaliera, è stato condotto nell’ambito di una 

vasta indagine sull’eziologia dell’HCC condotta a Brescia nel 1995-2002. Sono stati 

inclusi nella presente ricerca 100 casi incidenti di HCC di età inferiore o uguale a 79 

anni e 100 controlli appaiati ai casi per età e sesso e con diagnosi di ammissione per 

qualsiasi malattia escluse le malattie epatiche, tumori maligni e patologie associate al 

consumo di alcol (età media: casi: 63.1 anni, controlli: 62.3 anni). I casi erano 

diagnosticati mediante biopsia (n=76), TC o ecografia o AFP> 400 UI/L. Sono stati 

inoltre determinati i marker di infezione dei virus dell’epatite B e C e valutato il 

consumo di alcol nell’arco della vita. Per ogni soggetto è stato raccolto un campione di 

siero, mantenuto a –80° C fino al momento dell’analisi di 24 congeneri di PCB, inclusi i 

12 classificati come diossina simili dall’OMS, utilizzando una metodica di 

gascromatografia spettrometria di massa. La concentrazione totale di PCB è stata 

calcolata come somma dei 24 congeneri misurati. Per il confronto, sono stati anche 

considerati 88 soggetti campionati in modo casuale dalla popolazione residente della 

città di 60-79 anni di età quali controlli di popolazione. 

Risultati 

I valori dei PCB sierici totali sono risultati mediamente inferiori nei casi rispetto ai 

controlli, espressi in ng/ml: mediana: 6.7 e 8.15; media aritmetica: 7.27 e 10.51 (SD: 

3.61 e 7.81); 95° centile: 13.3 e 23.1, rispettivamente. Le differenze apparivano 

significative sia con metodi non parametrici (test di Wilcoxon) che con metodi 

parametrici sulla trasformata logaritmica, aggiustando per possibili confondenti quali 

età, sesso, residenza e anno di prelievo del campione, mediante analisi della covarianza 

a più fattori (p


e 6.8 ng/ml, rispettivamente) e meno nei casi (7.1 e 6.05 ng/ml). Il confronto dei casi di 

HCC con i controlli di popolazione per l’età 60-79 anni non mostra differenze 

significative nelle concentrazioni dei PCB totali, in ng/ml: mediane: 6.7 e 6.72, medie: 

7.23 e 8.54 (SD: 3.13 e 5.65) e 95° centile: 13.1 e 18.76, rispettivamente (p>0.1). Non si 

osservava un’associazione tra concentrazione dei PCB totali ed eziologia dell’HCC. 

Conclusioni 

La presente ricerca non suggerisce la presenza di un’associazione tra concentrazione 

ematica dei PCB totali e presenza di HCC nel complesso della casistica e nel 

sottogruppo di residenti nel comune di Brescia, area urbana a elevata contaminazione 

ambientale. 

432


STIMA DELLA PREVALENZA DEL “DISAGIO” IN UNA POPOLAZIONE DI 

UN’AREA CON PROBLEMATICHE DI TIPO AMBIENTALE 

Cristiana Ivaldi 1 , Ferruccio Stanga2, Moreno Demaria 1 , Simona Soldati 1 , Monica Chiusolo 1 

1 Area di Epidemiologia Ambientale, ARPA Piemonte, Grugliasco (TO) 

2 Dipartimento Salute Mentale 5B – Asl 5 Collegno 

Introduzione 

A seguito di una richiesta della Comunità Montana Bassa Val di Susa, è stato effettuato 

uno studio epidemiologico di tipo geografico, per valutare lo stato di salute dei residenti 

nei Comuni della Bassa Val di Susa, utilizzando sia i dati relativi alla mortalità che ai 

ricoveri ospedalieri. Da questa prima analisi si è evidenziato, soprattutto tra gli uomini, 

un incremento della mortalità e dei ricoveri per malattie neuropsichiatriche, per 

dipendenza da alcool e patologie alcool-correlate, oltre che un incremento di mortalità 

per cause violente e traumatismi. L’area in studio è di tipo montano, e negli ultimi anni 

è stata interessata da alcune problematiche ambientali rilevanti. La valle verrà 

attraversata dal collegamento ferroviario ad alta velocità Torino-Lione, verso cui esiste 

una forte opposizione da parte delle comunità locali, preoccupate dall’impatto paesistico 

e ambientale ma soprattutto degli eventuali effetti sulla salute che questi lavori di 

costruzione potrebbero determinare. Sulla linea è prevista infatti una lunga galleria, e i 

lavori di perforazione interesserebbero rocce in cui è nota la presenza in quantità 

rilevante di amianto, che con gli scavi verrebbe movimentato con conseguente 

dispersione di fibre nell’ambiente circostante con possibili ripercussioni sulla salute. 

L’altra fonte di inquinamento è dovuta a una contaminazione ambientale da diossina e 

PCB proveniente dalle emissioni diffuse di un’acciaieria di seconda fusione. Questi due 

eventi hanno innescato una situazione di forte contrasto e incertezza tra i residenti 

preoccupati inoltre delle ripercussioni sull’economia e sul possibile danno all’immagine 

della valle. In considerazione di quanto sopraesposto e a seguito della diffusione dei 

risultati della prima indagine la Comunità Montana ha richiesto una nuova e più 

approfondita valutazione epidemiologica volta a cercare di identificare e stimare il 

fenomeno “disagio” nelle popolazioni residenti. 

Obiettivi 

Valutare la prevalenza del fenomeno del “disagio” utilizzando come “proxy” di 

patologia il consumo di farmaci per il trattamento dell’ansia e della depressione. 


A seguito di valutazione congiunta con lo psichiatra del Dipartimento di Salute Mentale 

dell’ASL di competenza, sono state identificate le classi di farmaci più frequentemente 

utilizzate per il trattamento dei disturbi di tipo ansioso e per le sindromi depressive 

(esclusi i disturbi bipolari), ritenuti indicatori di presenza di “disagio”. Con questo 

criterio e utilizzando il codice ATC di classificazione dei principi attivi, sono stati 

selezionati i farmaci Inibitori non selettivi della monoamino-ricaptazione (ATC 

N06AA), gli Inibitori delle mono amino ossidasi ( N06AF e N06AG) gli Inibitori 

selettivi della ricaptazione della serotonina (N06AB ) e altri antidepressivi atipici 

(N06AX). 

Utilizzando l’archivio regionale delle prescrizioni farmaceutiche anno 2004, sono stati 

identificate tutte le prescrizioni per i farmaci con questi codici emesse per residenti 

433


dell’area. Sono stati calcolati i tassi di prescrizione, standardizzati per età e sesso e 

confrontati con quelli regionali. 

Risultati 

Dall’analisi descrittiva si è evidenziato che per i residenti nei comuni in studio, per una 

popolazione complessiva di circa 69.000 persone, nel 2004 si sono avute 

complessivamente 496.262 prescrizioni di farmaci, di cui 14.218 relative a 

antidepressivi (considerando insieme tutte le classi), che rappresentano il 2,87 % del 

totale, con un range di variazione tra comuni da 0,88% a 4,20%. Lo stesso rapporto 

calcolato sull’intera regione dà come risultato il 3,39% sul totale. Il tasso standardizzato 

di prescrizione tra gli uomini risulta di 25,2 per 1000, contro il 31,1 per mille a livello 

regionale. Tra le donne risulta di 51,5 per 1000, contro il 58,1 per mille regionale. Sono 

state effettuate analisi per specifiche classi di età e tra i diversi comuni, che hanno 

evidenziato differenze anche consistenti. 

Discussione 

Dalle prime analisi non si è evidenziato nessun eccesso, anzi è emerso un deficit di 

prescrizioni di farmaci rispetto al confronto regionale. Va sottolineato però che i 

disturbi in studio sono trattati anche con altri farmaci, in primo luogo le benzodiazepine, 

che non sono erogati dal SSN ma sono acquistati direttamente dai pazienti, e non 

risultano quindi nei flussi informativi correnti. In secondo luogo le modalità di 

prescrizione, soprattutto per trattamenti non completamente codificati, risentono di 

numerosi fattori di confondimento. Numerosi sono gli spunti e gli approfondimenti che 

sono tutt’ora in corso con gli psichiatri, considerando anche la possibilità di incrociare 

le informazioni con i dati relativi al ricorso all’utilizzo dei servizi e prestazioni del 

Dipartimento di Salute Mentale 

434


GLI INCIDENTI DOMESTICI MORTALI IN TOSCANA 2001-2002 

Cinzia Raffaelli 1 , Elisabetta Chellini 2 , Giuseppina Ghiselli 3 , Sergio Coccioli 4 , Daniela Giorgi 4 , 

Ranieri Carlini 5 , Alberto Del Forno 6 , Nicoletta Galletti 6 , Eleonora Virgone 6 , Claudio Tafanari 7 , 

Gloria Marinari 7 , Luca Scali 8 , Silvana Ganghini 8 , Gabriella Bidini 9 , Giuseppe Boncompagni 10 , 

Marina Betti 10 , Gianna Ciampi 11 , Gabriele Mazzoni 12 , Dimitri Fattore 12 , Chiara Lorini 13 , Silvia 

Mantero 13 , Lucia Giovannetti 2 , Anna Maria Badiali 2 , Valentina Cacciarini 2 

1 ASL 12 Viareggio. 2 CSPO. 3 ASL 1 Massa Carrara. 4 ASL 2 Lucca. 5 ASL 3 Pistoia. 6 ASL 5 Pisa. 

7 ASL 6 Livorno. 8 ASL 7 Siena . 9 ASL 8 Arezzo. 10 ASL 9 Grosseto. 11 ASL 10 Firenze. 

12 ASL 11 Empoli . 13 Università di Firenze. 


In Italia il Ministero della Salute stima che siano circa 6.000 ogni anno i casi di 

incidente domestico mortale, e poco più di un terzo di questi hanno chiaramente 

indicato l’abitazione come luogo di occorrenza dell’evento accidentale. In Toscana, un 

gruppo di lavoro denominato “Gruppo IMD toscano” costituito da personale dei 

Dipartimenti di Prevenzione delle asl e coordinato dal CSPO, ha sviluppato il protocollo 

di indagine ed effettuato l’indagine sui decessi avvenuti nel 2001-02. 


I casi in studio sono 284 (121 maschi, 163 femmine), con 2.799 anni di vita potenziale 

persi. Per 57 casi non sono stati rintracciati parenti, e altri 29 hanno espresso rifiuto 

all’intervista. Ventiquattro casi sono stati poi esclusi a seguito delle informazioni 

ottenute dai parenti o da altre fonti informative (cartelle cliniche, medici curanti) non 

essendo stato confermato l’incidente domestico. I casi 2001-02 con intervista sono 

pertanto 174 (68 maschi, 106 femmine), con una netta prevalenza di soggetti anziani 

(età superiore ai 75 anni), spesso affetti da più patologie croniche (44,1% uomini e 

55,7% donne con 3 o più patologie). Sono prevalentemente pensionati, con un basso 

livello di istruzione (82,4% maschi, 94,3% femmine) e residenti in abitazioni di 

proprietà (77,6%). 

Risultati 

La gran parte degli eventi è dovuta a cadute accidentali avvenute in camera da letto 

(25,9%) o sulle scale (19.0%), in occasione di usuali attività quotidiane. Questi risultati 

evidenziano come questa casistica sia molto diversa da quella con esito non mortale, sia 

per il tipo di popolazione che di incidente. 

Conclusioni 

L’importanza della fonte mortalità è risultata evidente dato che una metà dei casi 

sfuggirebbe da una rilevazione con altre fonti sanitarie correnti (solo il 28.16 % dei casi 

giunge al Pronto Soccorso e solo il 54,6% viene ricoverato). 

435


STORICIZZAZIONE DELL’INDICE DI CHARLSON 

Pellizzari Michele, Camerin Enrico, Benetollo Pierpaolo, Saugo Mario 

Contesto e Obiettivi 

La comorbilità è un confondente ben conosciuto in epidemiologia. Lo scopo di questo 

contributo è quello di sottolineare come un indice di comorbilità classico come l’indice 

di Charlson diventi tanto più predittivo per alcuni importanti indicatori di esito, quanto 

più lungo è il periodo nel quale si hanno a disposizione informazioni sanitarie sui 

pazienti. 


E’ stata selezionata dall’anagrafe sanitaria dell’ULSS 4 una coorte di 13.137 assistiti 

residenti e vivi a fine 2003, con età >= 65 anni e con almeno un ricovero nel periodo 

2000-03. Ad ognuno è stato attribuito un valore che rappresenta la sua comorbilità al 

31/12/2003, utilizzando l’indice di Charlson di D’Hoore. L’indice è stato calcolato 

utilizzando dapprima l’ultimo ricovero del 2003 e quindi utilizzando tutti quelli degli 

ultimi 4 anni. Sulla coorte, a partire dal 01/01/2004, si è fatto un follow-up di 1 anno 

considerando come variabili dicotomiche di esito il decesso e la riospedalizzazione, ed i 

costi sanitari totali (costo del DRG per i ricoveri, nomenclatore tariffario per 

specialistica, costo al netto del ticket per i farmaci) come variabile continua, previa 

trasformazione logaritmica. Si è quindi valutata la capacità dei due indici Charlson di 

predirre le variabili di esito del follow-up. 

Risultati 

Rispetto al modello base (sesso ed età in classi quinquennali), i due modelli con gli 

indici di Charlson portano ad una miglior predizione dei 3 outcomes, come evidenziato 

dall’applicazione del BIC; l’esito predetto in maniera migliore è il decesso ad 1 anno. 

L’indice calcolato su 4 anni di ricoveri riesce a differenziare meglio gli assistiti, 

assegnando un punteggio >0 a 2.679 persone (20,4%) che, considerando il solo ultimo 

ricovero del 2003, avevano un indice pari a 0. 

Tabella 1 – Comparazione della capacità di diversi modelli di predirre alcuni outcome 

Indici di comorbilità 

e altri predittori Almeno un 

ricovero nel 2004 

statistica c statistica R2 

Decesso ad 1 

anno 

Costi sanitari 

2004 

Sesso + Età (modello base) 0.5477 0.6872 0.0111 

+ Charlson calcolato su ultimo 

ricovero del 2003 

+ Charlson calcolato sui ricoveri 

del periodo 2000-03 

0.5828 0.7468 0.0317 

0.5920 0.7574 0.0438 

BIC 2.3 32.9 161.6 

Conclusioni 

Il calcolo dell’indice di Charlson dà un effettivo guadagno informativo rispetto al 

modello di base, dimostrando come esso sia un utile strumento di controllo della 

437


comorbilità degli assistiti anziani, di cui tenere conto nella valutazione sia degli esiti 

ospedalieri sia del case-mix dei medici di medicina generale. Il guadagno di utilizzare 

un indice di Charlson “storicizzato” rispetto ad uno calcolato su un unico ricovero, è 

risultato pari al 38% per la predizione dei costi totali nell’anno successivo, al 11% per il 

ricovero ed al 4% per il decesso. Ulteriori miglioramenti predittivi possono essere 

apportati dall’utilizzo di indici di comorbidità non ospedalizzata basata sulle 

prescrizioni farmaceutiche. 

Bibliografia 

D’Hoore , Boukaert A, Tilquin C. Practical consideration on the use of Charlson Comorbidity 

Index with Administrative Databases. J Clin Epidemiol 1996; 49 (12): 1429-1433. 

Zhang JX, Iwashyna TJ, Christakis NA. The Performance of Different Lookback Periods and 

Sources of Information for Charlson Comorbidity Adjustment in Medicare Claims. Med Care 

1999; 37 (11): 1128-1139. 

438


CASI DI MESOTELIOMA CON ESPOSIZIONE AD AMIANTO IGNOTA: 

INDAGINI PER COMPARTO PRODUTTIVO CONTRIBUISCONO 

ALL’EMERSIONE DI ALTRE CONDIZIONI DI ESPOSIZIONE 

S. Silvestri, L. Miligi, A.M. Badiali, G. Gorini, A. Seniori Costantini 

Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica - Firenze 

Introduzione 

La registrazione dei mesoteliomi maligni è attiva in Toscana dal 1988. Il registro 

istituito in passato volontariamente dalla Regione Toscana è stato formalizzato secondo 

i dettami del DPCM 10/12/2003 n°308 emanato a seguito del DLgs. 277/1991. Le 

modalità di lavoro seguono le procedure contenute nelle Linee Guida ISPESL ReNaM 

2003 per quanto concerne la definizione diagnostica e la classificazione 

dell’esposizione. I casi che dopo la somministrazione del questionario presentano la 

seguente condizione: “Soggetti per i quali l’incompletezza e l’insufficienza delle 

informazioni raccolte o il livello delle conoscenze non consentono di assegnare una 

categoria di esposizione sono inseriti nella classe 8 “esposizione ad amianto ignota”. Un 

recente studio finanziato dall’ISPESL ha permesso di approfondire e di individuare 

condizioni di esposizione pregresse nei comparti tessile ed agricoltura dove si 

presentavano con più frequenza i periodi di lavoro dei casi “ignoti”. 


La raccolta delle informazioni sui periodi di lavoro avviene durante un intervista al caso 

e le informazioni vengono raccolte in prima battuta su un questionario semistrutturato. 

Lo studio ha riesaminato le storie di lavoro dei casi ignoti con diagnosi istologica. 

All’inizio dell’indagine i casi ignoti rappresentavano il 22% dell’intera casistica. Una 

delle caratteristiche principali di questa casistica è rappresentata dal fatto che si presenta 

pressoché divisa al 50% tra maschi e femmine, mentre tra gli “esposti” ad amianto con 

vari livelli di certezza il rapporto è circa 9 a 1. I comparti che presentavano la più alta 

frequenza di casi erano il tessile con 27 e l’agricoltura con 26 casi. E’ stato così deciso 

di indagare ulteriormente questi due comparti. L’approfondimento sul tessile ha 

riguardato le caratteristiche dei materiali in uso nei macchinari e le fibre utilizzate 

mentre per l’agricoltura si è operato sul possibile riciclaggio di sacchi in juta ex 

contenenti amianto. 

Risultati 

Nel comparto tessile è stato individuato l’uso di materiali da attrito in tutte le tipologie 

di macchine del ciclo produttivo. Sono altresì state individuate differenze temporali 

sull’impiego di materiali da attrito contenenti amianto e restano alcune incertezze sui 

periodi di calendario. Nell’area Pratese è stato definito il periodo in cui veniva tessuta 

stoffa mista lana/amianto. Nel comparto agricoltura è stato individuato l’uso di sacchi in 

juta ex contenenti amianto, in particolare per le produzioni agricole di granaglie ed 

olive. 

Su 158 casi precedentemente ritenuti “ignoti”, 28 sono stati riclassificati con 

esposizione occupazionale “possibile” riducendo la quota di ignoti al 18% dell’intera 

casistica. Il rapporto maschi/femmine è comunque rimasto sostanzialmente inalterato a 

circa il 50 %. 

439


Discussione 

Lo studio approfondito dei macchinari e delle condizioni di lavoro è stato determinante 

per il recupero di informazioni che non erano a suo tempo scaturite dalle interviste ai 

casi. Questo metodo di lavoro dovrà essere applicato per le indagini nei comparti che 

ancora si presentano con elevata frequenza nelle attività dei casi ignoti con particolare 

riferimento agli addetti delle sartorie e maglifici. Si può comunque ragionevolmente 

ipotizzare che una quota di casi, seppur ridotta, si manterrà nella classificazione di 

esposizione ignota rafforzando l’ipotesi che questa patologia possa essere indotta anche 

da esposizioni a bassi livelli, solitamente non riportate durante le interviste anche se 

somministrate direttamente ai casi. 

440


IMPATTO DEI TRATTAMENTI SULLA LA MORTALITA’ DEI 

TOSSICODIPENDENTI 

Federica Vigna Taglianti 1 , Anna Maria Bargagli 2, Fabrizio Faggiano 1 , Marina Davoli 2 per il 

Gruppo VEdeTTE 

1 Oed- Piemonte e Università del Piemonte Orientale 

2 Dipartimento di Epidemiologia ASL RM E Roma 

Introduzione 

L’uso problematico di sostanze stupefacenti rappresenta una delle principali cause di 

morte tra i giovani adulti in Italia e in molti altri paesi europei. Per valutare l’impatto 

dei trattamenti offerti dal sistema dei servizi per le tossicodipendenze in Italia, è stato 

disegnato e condotto lo studio VEdeTTE (Valutazione di efficacia dei trattamenti per le 

tossicodipendenze da eroina). Obiettivi dello studio è la valutazione dell’efficacia 

pratica degli interventi in termini di riduzione della mortalità e di ritenzione in 

trattamento. 


La popolazione in studio è costituita da tossicodipendenti da oppiacei arruolati presso 

115 SerT tra Settembre 1998 e Marzo 2001. Un questionario all’ingresso e una scheda 

di registrazione interventi hanno permesso di descrivere le caratteristiche degli arruolati 

e tutti i trattamenti a cui sono stati esposti durante il periodo in studio. I trattamenti sono 

stati sintetizzati in cicli di trattamento e terapie. Lo stato in vita al 31/03/2001 è stato 

accertato presso il servizio di arruolamento e, per le persone non più in carico, presso il 

comune di ultima residenza. Il rischio di abbandono del trattamento è stato studiato 

tramite un modello di Cox. Sono stati calcolati i tassi di mortalità per tutte le cause e 

causa-specifici e i Rapporti Standardizzati di Mortalità (SMR). Il Rischio Attribuibile di 

Popolazione (PAR) è stato calcolato utilizzando le stime dell’SMR e le stime di 

prevalenza relative all’anno 2000 pubblicate dall’EMCDDA. Per lo studio della 

mortalità rispetto al trattamento, l’analisi è stata limitata al periodo di 18 mesi in cui i 

servizi hanno registrato le informazioni sui trattamenti effettuati dalle persone arruolate. 

La popolazione in studio è costituita da 10258 tossicodipendenti per un totale di 13538 

anni-persona di osservazione. 

Risultati 

Nei 18 mesi dello studio è stato proposto di partecipare a 15.779 soggetti. Di questi il 

24,6% ha rifiutato; 10.363 soggetti sono stati inclusi nell’analisi degli interventi 

terapeutici, per un totale di 40286 episodi di trattamento (33831 cicli e 15197 terapie). 

Dopo 179 giorni di trattamento il 50% degli utenti è ancora in terapia. Il fattore 

predittivo più significativo della ritenzione sembra essere il tipo di terapia, con alcune 

differenze tra incidenti e reingressi; la ritenzione risulta maggiore per gli utenti per i 

quali al trattamento è stato associata una psicoterapia o un intervento psico-sociale e la 

terapia metadonica è somministrata a dosaggi superiori a 59 mg. Nel periodo di followup 

di mortalità, che ha avuto una durata massima di 24 mesi, si sono verificati 190 

decessi, di cui 70 per overdose (36.8%). Il tasso di mortalità per tutte le cause è pari a 

12.0/1000 a-p (95% I.C.: 5.4-18.6): 12.7 per i maschi e 8.4 per le femmine. 

Il tasso di mortalità per AIDS è 2.5/1000 a-p (I.C. 95%: 0.7-4.2) e quello per overdose a 

2.8/1000 a-p (I.C. 95%: 1.1-4.5). L’SMR per le donne è 22.8 (I.C. 95% 16.5-31.5) e 7 

per i maschi (I.C. 95% 5.7-7.8). Il rischio attribuibile di popolazione (PAR) evidenzia 

441


che, nel 2000, il 6.5 % (LC 95% 5.5-7.5) dei decessi in Italia nella fascia di età 15-69 è 

riconducibile alla tossicodipendenza da eroina. Il tasso di mortalità per overdose per le 

persone in trattamento è pari a 0.98 /1000 a-p mentre sale a 10.64/1000 a-p fuori 

trattamento (RR= 10.9, I.C. 95% 5.3-22.1). Il rischio relativo di morte per overdose, 

rispetto a quello in trattamento, passa da 25.2 nei 15 giorni successivi all’uscita dal 

trattamento a 7.2 dopo più di 50 giorni. 

Discussione 

I risultati confermano il notevole eccesso di mortalità dei tossicodipendenti da eroina 

rispetto alla popolazione generale; le stime ottenute sono più basse di quelle di altri 

studi condotti in Italia negli anni passati. Tenendo conto che la mortalità per overdose 

nella popolazione generale è in calo dal 1997, questi dati suggeriscono l’esistenza di un 

trend discendente di mortalità. I risultati di questo studio confermano che il trattamento, 

a prescindere dalla sua tipologia, ha di per sé un effetto protettivo per la mortalità, e 

suggeriscono che la ritenzione in trattamento dovrebbe essere l’obiettivo primario degli 

interventi terapeutici per la dipendenza da eroina. 

442


LA MORTALITÀ NEONATALE PER CAUSA IN CAMPANIA NEGLI ANNI 

1981-2001 

A. Pugliese 1 , L. Martina 2 , M. Santoro 2 , R. Pizzuti 2 

1Terapia Intensiva Neonatale, Ospedale Cardarelli – Napoli 

2Osservatorio Epidemiologico Regione Campania 

Introduzione 

La riduzione della mortalità neonatale è uno fenomeni più rilevanti osservati negli 

ultimi decenni nel mondo occidentale, e rappresenta un successo importante dei sistemi 

sanitari. Tale riduzione è riferibile a diverse cause, in gran parte riconducibili al 

miglioramento della qualità dell’assistenza perinatale e neonatologica. Obiettivo del 

presente studio è quello di descrivere le variazioni di mortalità neonatale per causa in 

Regione Campania, in modo da evidenziare i successi raggiunti e contribuire 

all’individuazione delle criticità da sottoporre alla programmazione sanitaria. 


Lo studio analizza la mortalità neonatale per causa in Campania nel ventennio 1981- 

2001, avvalendosi di un sistema di classificazione, proposto da precedenti studi italiani 

e basata su criteri di plausibilità biologica ed assistenziale, che raggruppa le cause di 

morte P perinatale dell’Istat nei seguenti gruppi: Malformazioni congenite, Asfissia 

(distinta in prenatale e intrapartum), Immaturità, RDS (Respiratory Distress Sindrome), 

Altre cause specifiche del periodo neonatale, Traumatismi ed avvelenamenti, Cause 

inclassificabili. 

I dati di mortalità, desunti dall’archivio individuale non nominativo sulle cause di morte 

di fonte Istat, si riferiscono all’area geografica di evento e sono attribuiti temporalmente 

all’evento nascita. La mortalità neonatale, definita dal decesso avvenuto entro il 28° 

giorno di vita compiuto, è stata scomposta nelle componenti temporali: mortalità 

neonatale precoce (0-6 gg.), mortalità neonatale tardiva (7-28 gg.), e mortalità entro il 

primo giorno di vita. Per ciascun gruppo di causa, e distintamente per i due sessi, sono 

stati calcolati tassi di mortalità triennali per 10.000 nati vivi. 

Risultati 

I risultati dell’analisi mostrano che la mortalità neonatale in Campania è diminuita 

complessivamente del 67% nell’arco del ventennio. Tassi significativamente più alti 

sono stati registrati in ogni periodo per il sesso maschile a conferma della sua 

vulnerabilità biologica. L’RDS risulta in maniera significativa la prima causa di morte 

sia per la mortalità neonatale totale che per quella precoce e tardiva. Per ogni gruppo di 

causa di morte il decremento nel ventennio è risultato consistente, ma non omogeneo. Il 

maggior decremento riguarda le asfissie, quello minore l’RDS, mentre le malformazioni 

congenite presentano una riduzione intermedia. La mortalità neonatale per RDS 

evidenzia un trend in ascesa nel primo decennio e una rilevante diminuzione negli anni 

’90. L’accentuata diminuzione della mortalità relativa alle cause di immaturità e a 

quelle inclassificabili, riscontrabile a partire dalla fine degli anni ’80, è riconducibile 

all’utilizzazione di diagnosi cliniche più specifiche. 

Conclusioni 

I risultati ottenuti mostrano la coerenza della classificazione adottata e sono 

effettivamente compatibili con l’evoluzione dell’assistenza perinatale e neonatale 

avvenuta in Campania durante l’ultimo ventennio. 

443


Nei primi dieci anni il maggiore decremento è avvenuto grazie alla prevenzione e al 

miglior trattamento dell’asfissia. Nei successivi dieci un contributo significativo è stato 

registrato nel trattamento dell’RDS, specie nella prima settimana di vita, e delle 

malformazioni congenite; questo dato si correla al miglioramento effettivamente 

avvenuto in Campania nel successivo decennio nell’adeguamento del numero dei posti 

letto di terapia intensiva neonatale, nella creazione di un servizio efficace di trasporto 

neonatale e nell’adeguamento del livello tecnologico delle terapie intensive. Le altre 

cause di morte neonatale, tra cui quelle infettive, sono diminuite soprattutto nella 

componente temporale tardiva della mortalità, a conferma dei miglioramenti diagnostici 

e terapeutici nella cura dei neonati patologici. Tuttavia a fronte di questi dati positivi, 

c’è da segnalare come il tasso di mortalità specifico per RDS rimanga ancora molto 

elevato, costituendo questa causa di morte da sola circa il 45% di tutte le morti 

neonatali. 

444


SPERIMENTAZIONE DI INTERVENTI DI PREVENZIONE DI DANNI ALLA 

SALUTE DA ECCESSI DI TEMPERATURA AMBIENTALE SULLA 

POPOLAZIONE ANZIANA RESIDENTE A TORINO 

Ferracin E. 1 , Marinacci C. 1 , Marino M. 1 , Costa G. 2 , “Gruppo Regionale sulle Emergenze 

Stagionali” 

1 Servizio Sovrazonale di Epidemiologia, ASL 5 Piemonte 

2 Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università di Torino 

Obiettivi 

A Torino, come in altre grandi città italiane, l’estate 2003 è stata caratterizzata da 

ondate di calore straordinarie per intensità e durata, associate ad un consistente aumento 

della mortalità giornaliera, che ha riguardato quasi totalmente la popolazione anziana. 

Al fine di prevenire il ripetersi di tali eventi, nell’estate 2004 è stato condotto un trial 

controllato, con randomizzazione di cluster, per valutare l’efficacia di interventi di 

protezione basati sull’offerta di “custodia sociale”, rispetto ad interventi di 

“domiciliarità leggera”, destinati alla popolazione di 75 anni e oltre, residente a Torino, 

sola e classificata come invalida o clinicamente vulnerabile. La domiciliarità leggera ha 

previsto la valorizzazione e il rinforzo della rete di protezione locale (vicinato, piccolo 

commercio, volontariato,…), mentre con la custodia sociale è stato realizzato un 

sistema di sorveglianza attiva individuale (tramite telefonate e visite domiciliari di 

operatori dei servizi sociali), finalizzato alla precoce individuazione del bisogno e alla 

rapida attivazione degli interventi necessari per la moderazione degli effetti di 

temperature estreme. 

Metodi e Materiale 

All’interno di ciascuna circoscrizione torinese, un campione di zone statistiche è stato 

casualmente assegnato all’intervento di custodia sociale, mentre le zone rimanenti sono 

state oggetto di domiciliarità leggera. In totale 45 zone state assegnate alla custodia 

sociale, mentre 44 zone sono state oggetto di domiciliarità leggera. La popolazione in 

studio è stata costituita da 2,653 anziani selezionati dagli archivi dell’anagrafe di 

Torino, in possesso di pensione di invalidità o classificati come clinicamente vulnerabili 

attraverso record linkage con l’archivio piemontese delle Schede di Dimissione 

Ospedaliera del 2003. 1397 anziani sono stati assegnati all’intervento di custodia sociale 

sulla base della propria residenza nelle zone statistiche randomizzate a tale intervento. 

Risultati 

L’esito degli interventi di custodia sociale, rispetto all’impatto della domiciliarità 

leggera, è stato valutato confrontando i residenti nei due gruppi di randomizzazione in 

relazione alle probabilità di decesso o di subire almeno un ricovero nel trimestre estivo 

2004, indipendentemente dalla effettiva fruizione dell’intervento, attraverso modelli 

multilivello di regressione logistica stratificati per sesso, controllando per età. I risultati 

preliminari non hanno evidenziato differenze tra i due tipi di intervento per quanto 

riguarda la mortalità (OR=0.97 (IC95% 0.93-1.02) e OR=1.01 (IC95% 0.99-1.03) di 

decesso tra i randomizzati alla custodia sociale, rispetto ai fruitori di domiciliarità 

leggera, rispettivamente per maschi e femmine). Si è evidenziata tra le donne una 

significativa, seppur modesta, protezione nella probabilità di subire almeno un ricovero 

nell’estate (OR=0.84 (IC95%=0.53-1.33) e OR=0.70 (0.54-0.92) rispettivamente tra 

maschi e femmine). 

445


Conclusioni 

L’estate del 2004 è stata caratterizzata da valori di temperatura e umidità non intensi, 

condizione che, oltre ad una scarsa pubblicizzazione del programma e ad una parziale 

diffidenza nei confronti degli operatori sociali, potrebbero aver limitato la reale 

adesione degli anziani all’offerta di custodia sociale. Ulteriori spiegazioni ai modesti 

effetti prodotti dalla custodia sociale sono emersi dalla valutazione di processo della 

sperimentazione; essi forniranno elementi utili alla riprogettazione di futuri interventi 

per le emergenze estive nella città di Torino. 

446


ANALISI DEGLI INFORTUNI DOMESTICI IN PROVINCIA DI MODENA 

(2003) 

Giuliano Carrozzi, Maria Giulia Gatti, Carlo Alberto Goldoni 

Introduzione 

Gli incidenti rappresentano un’importante causa di morbosità e mortalità e in particolare 

rivestono un ruolo non secondario quelli domestici, sia per numero che per impatto 

anche psicologico sulla popolazione, in quanto il domicilio è ritenuto luogo “sicuro” per 

eccellenza. Il tema degli incidenti domestici solo ultimamente ha acquisito un 

particolare rilievo in campo epidemiologico anche grazie all’inserimento nei progetti di 

prevenzione del Piano Sanitario Nazionale 2003-2005. 

Gli incidenti domestici appaiono di difficile inquadramento e quantificazione e spesso 

vengono definiti per esclusione come eventi accidentali non stradali, lavorativi o 

correlati a violenza. La Legge 493-3/12/1999 “Norme per la tutela della salute nelle 

abitazioni” attribuisce ai Dipartimenti di Prevenzione, in collaborazione con altri 

Servizi, i compiti di prevenzione, valutazione dei rischi e di educazione sanitaria sul 

tema infortuni domestici, nonché, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e 

le Regioni, di allestimento di un sistema informativo sui dati relativi. 

Obiettivi 

L’obiettivo della nostra indagine è duplice. La prima finalità è di monitorare e 

descrivere il fenomeno degli infortuni domestici a Modena utilizzando i dati correnti per 

comprendere difetti e valori di queste banche dati e la seconda è la descrizione del 

fenomeno per cominciare a predisporre sistemi di prevenzione. 


Le fonti utilizzate per l’analisi sono state: il registro delle cause di morte della provincia 

di Modena (1999-2003), le richieste d’intervento alla Centrale Operativa di Modena 

Soccorso (118) del 2003, gli accessi al Pronto Soccorso dell’Ospedale Policlinico di 

Modena (2003) e le Schede di Dimissione Ospedaliera dei ricoveri per infortunio degli 

ospedali della provincia di Modena. 

La definizione che si è scelta è stata quella di infortunio domestico dell’ISTAT, che 

definisce tale fenomeno come “Infortunio avvenuto in abitazione privata anche non di 

proprietà dell’infortunato sia all’esterno che all’interno di essa occorso in modo 

accidentale non per propria o altrui volontà e che abbia causato qualsiasi tipo di 

lesione”. Poiché in alcuni casi era omesso il luogo abitazione dalle fonti dati, per 

ovviare alla sottostima del fenomeno, sono stati inclusi anche infortuni che per 

esclusione potevano rientrare nella categoria dei domestici. 

Risultati 

I decessi per incidente domestico tra i residenti in provincia di Modena occorsi dal 1999 

al 2003 sono stati 308 e si sono verificati principalmente tra donne (63,3%) di età media 

più elevata rispetto agli uomini (84 aa) (p


principalmente da soggetti molto più giovani rispetto ai precedenti: età modale pari a 2 

aa. I ricoveri si sono verificati maggiormente tra donne anziane (66,2%) e 

principalmente per frattura del collo del femore (22,3% di tutti i casi). 

Conclusioni 

Le fonti utilizzate sono apparse di facile reperibilità, ma in alcune parti sono sembrate 

non complete e forse dal punto di vista della valorizzazione dei campi si potrebbe fare 

qualcosa, nel complesso, però, hanno offerto sufficienti indicazioni sul fenomeno che 

potrebbe essere eventualmente approfondito con indagini ad hoc. 

448


UNA MATRICE SUGLI EFFETTI IMMUNOTOSSICI DI SOSTANZE 

CHIMICHE UTILIZZATE IN AMBIENTE DI LAVORO 

Angela Veraldi 1 , Vanessa Bolejack 1 , Adele Seniori Costantini 1 , Lucia Miligi 1 , Paolo Vineis 2 , 

and Henk Van Loveren 3 

1 

CSPO (Centro per lo studio e la Prevenzione Oncologica), U.O. di Epidemiologia Ambientale/ 

Occupazionale, Firenze 

2 

Dipartimento di scienze biomediche e oncologia umana, AO San Giovanni Battista,Università 

di Torino; 

3 

National Institute of Public Health and the Environment, Bilthoven (NL) 

Introduzione 

L’eziologia dei linfomi non Hodgkin’s (NHL) è in gran parte sconosciuta. L’unico 

rischio accertato è legato alle condizioni di forte immunodepressione. Agenti dotati di 

effetti sul sistema immunitario sono largamente diffusi nell’ambiente. Si può ipotizzare 

che l’esposizione ad agenti dotati di potere immunotossico presenti nell’ambiente di vita 

e di lavoro abbia un ruolo nell’induzione dei NHL. 

Obiettivi 

Realizzare una matrice sugli effetti immunotossici di una serie di agenti ad uso 

industriale. Sono stati considerati gli agenti ai quali sono risultati essere stati esposti i 

soggetti coinvolti nello “Studio Multicentrico Italiano caso-controllo sulle neoplasie 

maligne del sistema emolinfopoietico”; in questo studio sono stati intervistati circa 1600 

casi di NHL e altrettanti controlli. La matrice sarà utilizzata nell’analisi del suddetto 

studio dove verrà calcolato il rischio di tali patologie in relazione all’esposizione ad 

agenti con differenti livelli di immunotossicità. 


La realizzazione della matrice ha comportato più fasi di lavoro. Nella prima fase sono 

state costituite due tabelle (una per gli effetti sull’animale, una per gli effetti sull’uomo) 

in cui sono stati schematizzati sia i test, messi a punto dalle diverse organizzazioni 

internazionali, che i parametri immunitari testati. Tali tabelle sono state utilizzate per 

agevolare il lavoro di interpretazione delle pubblicazioni esaminate che ha caratterizzato 

la seconda fase dello studio. In questa fase infatti è stata raccolta ed esaminata la 

letteratura esistente sull’immunotossicità indotta dagli agenti considerati e, sulla base 

delle informazioni disponibili, è stata costituita una tabella riassuntiva per ciascun 

agente, dove vengono indicati: la specie utilizzata, i test impiegati, la via, la dose, e la 

durata dell’esposizione, gli effetti rilevati sul sistema immunitario e i riferimenti 

bibliografici. Infine sono stati identificati i criteri per la classificazione degli agenti in 

cui sono stati presi in considerazione sia il peso dell’evidenza, espresso dall’end-point, 

che il potere immunotossico, espresso dalla dose. I criteri adottati prendono in 

considerazione, il numero di studi (compresi quelli negativi) e la specie interessata. In 

base a questi parametri sono stati messi a confronto gli agenti studiati ed è stato 

assegnato a ciascuno un indice di immunotossicità. L’indice è stato suddiviso in quattro 

livelli: forte, intermedia, debole, nulla. In base al tipo di effetto sul sistema immunitario, 

indotto dall’agente, sono stati distinti anche i vari tipi di immunotossicità: 

immunostimolazione, immunosoppressione, autoimmunità, ipersensibilità. 

449


Risultati 

Sono stati classificati 20 agenti; alcuni di questi, noti o sospetti cancerogeni sono 

risultati essere dotati di un forte effetto immunotossico come ad esempio, il benzene, 

altri sono risultati avere un effetto immunotossico di livello intermedio come ad 

esempio gli IPA, il tricloroetilene, l’asbesto, la silice. 

Conclusioni 

La matrice realizzata, potrà contribuire a valutare il rischio di linfoma dovuto 

all’esposizione ad agenti chimici dotati di potere immunotossico. Oltre a dettagliate 

informazioni sulle esposizioni professionali lo studio ha raccolto anche informazioni su 

altre variabili ambientali ed individuali fra cui le patologie immunitarie e l’uso di 

farmaci immunodepressivi. Sarà quindi possibile tenere conto (confondimento ed 

interazione) delle diverse condizioni che possono danneggiare il sistema immunitario. 

450


MORTALITÀ PER BRONCOPNEUMOPATIA CRONICO OSTRUTTIVA 

(BPCO) NEL LAZIO: INDICATORI DI IMPATTO, ACCESSO AI SERVIZI ED 

ESITO DELLE CURE 

Marino C., D’Ovidio M., Faustini A., Arcà M., Perucci C.A. 

Dipartimento di epidemiologia ASL RME, Roma. 

Obiettivi 

1) stimare i tassi di mortalità standardizzati per genere ed età per broncopneumopatia 

cronico ostruttiva (bpco), 2) ottenere un indicatore di impatto complessivo della 

mortalità da bpco che includa le morti in cui la patologia sia causa concorrente e non 

principale, 3) ottenere un indicatore di accesso alle terapie ospedaliere per i pazienti con 

bpco 4) analizzare l’impatto della assistenza ospedaliera sulla mortalità a 30 giorni dal 

ricovero nelle diverse forme cliniche di bpco. 


I tassi di mortalità età e genere specifici per bpco (causa principale di morte) per i 

residenti nel Lazio deceduti dal 1996 al 2000 sono stati ricavati dal registro delle cause 

di morte (ReNCaM) La standardizzazione diretta dei tassi di mortalità è stata effettuata 

utilizzando la popolazione nazionale come riferimento. 

Per rispondere agli altri quesiti (bpco come causa concomitante, ricoveri ospedalieri in 

prossimità del decesso, esito dei trattamenti per bpco) è stato realizzato un recordlinkage 

(R-L) nominativo tra i registri delle cause di morte (ReNCaM) e delle schede di 

dimissione ospedaliera (SDO). A seconda dell’indicatore di mortalità scelto, la strategia 

di R-L è stata modificata con gli obiettivi di ridurre il volume di dati da manipolare, e di 

ottenere files già selezionati per il fattore assistenziale da analizzare. I R-L sono stati 

effettuati con il programma SAS, versione 8. 

L’analisi di regressione logistica è stata utilizzata per individuare i fattori assistenziali 

con un impatto sull’esito a trenta giorni dal ricovero ospedaliero. Età, genere, presenza 

di patologie croniche e complicanze delle bpco sono stati considerati come fattori 

modificatori d’effetto/confondenti della associazione di interesse. 


La mortalità per bpco nel Lazio nel periodo 1996-2000 è di 26.9/10000, più elevata nei 

maschi (34.1/10000) che nelle femmine (20.1/10000). I decessi in cui le bpco sono 

cause concorrenti di morte possono essere stimati pari al 54% rispetto ai decessi in cui 

la bpco è la causa principale. L’odds ratio (OR) di morire a casa senza aver ricevuto 

cure ospedaliere piuttosto che dopo averle ricevute, è stato stimato pari a 0.86 per le 

bpco rispetto ad altre patologie respiratorie, il R-L tra i registri ReNCaM e SDO è un 

passo metodologico indispensabile nella costruzione di indicatori di mortalità il cui 

significato sia legato ad interventi di assistenza sanitaria. 

Nonostante alcuni limiti, i dati delle SDO sono un possibile proxy dei certificati di 

morte per la stima delle cause di morte concorrenti alla principale. Inoltre, il R-L tra 

registri di mortalità e di dimissioni ospedaliere consente di stimare la mortalità a 30 

giorni dal ricovero e la proporzione di pazienti deceduti senza aver ricevuto assistenza 

ospedaliera. 

451


PREVALENZA DI BPCO ED ESPOSIZIONE A TRAFFICO IN UN CAMPIONE 

DI GENITORI DI BAMBINI E ADOLESCENTI IN ITALIA 

Migliore E. 1 , Biggeri A. 2 , Bianchini E. 2 , Faella M. 2 , Bugiani M. 3 , Viegi G. 4 , Corbo G. 5 , Pistelli 

R. 5 , Forastiere F. 6 , Galassi C. 1 e il Gruppo Collaborativo SIDRIA2 

1 CPO-Piemonte-Torino, 2 Università di Firenze, 3 CPA-ASL4 Torino, 4 CNR-Pisa, 

5 Università Cattolica del Sacro Cuore-Roma, 6 ASL E Roma 

Introduzione 

La BPCO (broncopneumopatia cronico ostruttiva) rappresenta un’importante causa di 

morbosità e mortalità nei Paesi industrializzati: in Italia la prevalenza di malattie 

polmonari ostruttive stimata interessa l’11-18% della popolazione adulta. Diverse sono 

le cause che concorrono all’insorgenza della malattia: fattori genetici, comportamentali 

(in particolare l’esposizione a fumo attivo) e ambientali. Tra questi ultimi, 

l’inquinamento ambientale rappresenta un importante fattore di rischio e numerosi sono 

gli studi in letteratura che evidenziano associazioni tra incrementi nei livelli di 

inquinanti in atmosfera ed esacerbazioni o insorgenza di bronchiti croniche, declino 

della funzionalità polmonare, aumento dei ricoveri per malattie respiratorie croniche. 


Lo studio SIDRIA2, condotto su un campione di 33632 bambini e adolescenti italiani 

con lo scopo di indagare la prevalenza di asma e malattie allergiche e dei fattori di 

rischio ad esse correlate, prevedeva la compilazione di un questionario nel quale erano 

comprese domande anche sulla salute respiratoria dei genitori. La BPCO nei genitori è 

stata definita in base alla risposta affermativa alla domanda “Ha mai avuto bronchite 

cronica o enfisema?”. E’ stata considerata l’esposizione al traffico autoveicolare, in 

termini di frequenza di passaggio di automobili e di camion nella zona di abitazione e la 

latitudine (Nord, Centro e Sud Italia). 

L’associazione tra esposizione a traffico e presenza di BPCO nei genitori è stata stimata 

attraverso modelli logistici (OR e IC95%). 

Risultati 

La prevalenza di BPCO è risultata essere del 3.1% (N=1051) nelle femmine e del 4.2% 

(N=1414) nei maschi. L’età media dei genitori era di 39.6 (± 5.6) e di 42.8 anni (± 6.2) 

rispettivamente in madri e padri. In totale, il 39.4% dei maschi è fumatore attivo e il 

26.1% ex-fumatore; tra le femmine il 30% circa è fumatrice e il 19.3% ex fumatrice. 

Tra i maschi è risultato un gradiente di associazione tra la presenza di BPCO e la 

latitudine, con OR=1.10 (IC95% 0.97-1.24) e OR=1.45 (IC95% 1.25-1.68), 

rispettivamente per i residenti al Centro e al Sud Italia, rispetto ai residenti al Nord. Il 

modello multivariato (aggiustato per età dei genitori, abitudine al fumo, centro 

partecipante, presenza di muffe nell’abitazione e compilatore del questionario) ha messo 

in evidenza in entrambi i genitori un trend di associazione inverso tra rischio di BPCO e 

titolo di studio: i genitori con scuola superiore o laurea risultano a minor rischio di 

BPCO (e.g. OR=0.53, IC95% 0.41-0.68 per i maschi laureati). Infine, anche dopo 

aggiustamento per l’abitudine al fumo, persiste un’associazione tra il passaggio 

frequente e continuo di camion nella strada dell’abitazione e la presenza di bronchite 

cronica o enfisema, con OR=1.49 (IC95% 1.16-1.90) per i maschi e OR=1.54 (IC95% 

1.16-2.04) per le femmine. 

453



I dati dello studio SIDRIA2 indicano che la BPCO è un’importante causa di morbosità 

anche prima dei 45 anni, confermano l’associazione col fumo di sigarette ed 

evidenziano il ruolo di altri determinanti prevenibili quali il basso livello di istruzione e 

la residenza lungo strade ad elevata intensità di traffico veicolare. 

Il progetto SIDRIA è stato parzialmente finanziato dal Ministero per la Salute. 

454


L’USO INTEGRATO DELLE INFORMAZIONI SUGLI INFORTUNI IN 

AMBIENTE DI LAVORO: RISULTATI DI UNA STRATEGIA DI LINKAGE 

M. Di Giorgio, N. Molino, F. Chini, D. Giovannola, P. Borgia, G. Guasticchi 


Introduzione 

La coesistenza di sistemi informativi ufficiali, che raccolgono sulla stessa tipologia di 

eventi, informazioni diversificate ma complementari, rende necessario 

sperimentare,metodologie di link tra i vari database allo scopo di migliorare la capacità 

complessiva di conoscenza sugli eventi. 

L’obiettivo del presente studio è di misurare attraverso l’uso di tecniche di linkage 

l’affidabilità dei dati ottenuti da due differenti fonti informative, una di carattere 

sanitario l’altra di carattere assicurativo, che raccolgono dati relativi agli infortuni in 

ambiente di lavoro 


Ai fini dello studio sono state utilizzate le seguenti fonti informative: 

archivio INAIL degli infortuni sul lavoro che raccoglie informazioni 

sull’infortunio (agente, dinamica, esito) e informazioni di carattere assicurativo. 

archivio SIES (Sistema Informativo Emergenze) che raccoglie dati di carattere 

clinico (condizioni di salute, prestazioni effettuate, esito del ricovero) relativi 

agli accessi ai Pronto Soccorso della Regione Lazio. 

Sono stati considerati per il periodo 01/01/2000-31/12/2001 tutti i record dell’archivio 

INAIL e quelli dell’archivio SIES in cui la variabile “Luogo del trauma” é stata 

valorizzata come “ Incidente sul luogo di lavoro”. 

E’ stata effettuata sui due archivi una proceduta di linkage deterministico utilizzando 

come chiavi identificative: cognome, nome, data e luogo di nascita, la procedura è stata 

replicata per recuperare gli eventuali infortuni aventi nella variabile “ luogo del trauma” 

le modalità casa, strada. 

La statistica K di Cohen è stata utilizzata per misurare il livello di concordanza tra la 

variabile “sede della lesione” come riportata nell’archivio INAIL e la sede della lesione 

indicata nell’archivio SIES, definita secondo la matrice di Barell che standardizza la 

descrizione del tipo e sede lesione attraverso la codifica ICDIX-CM 


Al termine della procedura di linkage è stato ottenuto un singolo database contenente 

47772 record. 

L’analisi dei dati evidenzia una forte associazione (K=0.766, IC 0./61-0.771) tra le 

informazioni ottenute da due differenti fonti di dati. Il mancato accesso in pronto 

soccorso in seguito all’infortunio, la mancata compilazione dei campi utilizzati come 

chiave di linkage, l’intervallo temporale nella registrazione degli eventi tra i due archivi, 

sono risultate le probabili cause della mancata concordanza. 

La procedura di linkage ha consentito da un lato di verificare e validare reciprocamente 

le informazioni di due archivi ufficiali e istituzionali, dall’altro di ampliare la capacità 

di analisi degli eventi associando ai contenuti informativi di natura assicurativa, quelli 

di natura strettamente sanitaria. 

455


ANALISI DELLA MORTALITA’ PER AREE SUB-COMUNALI NELLA 

CITTA’ DI PISA, 1990-1999 

M.A. Vigotti 1 , A.M. Romanelli 2 , M.A. Protti 2 , M. Raciti 2 , F. Minichilli 2 , F. Bianchi 2 


2 CNR- IFC, Pisa- Sezione Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari 


La presenza sempre più frequente di archivi automatizzati di popolazione permette di 

usare le informazioni dei dati correnti per analisi osservazionali relative a gruppi di 

popolazione sub comunali. L’accoppiamento dei dati anagrafici e di mortalità realizzato 

per la popolazione di Pisa per gli anni novanta ha indotto la elaborazione di analisi di 

mortalità in base a nuove variabili quale la circoscrizione di residenza nel comune. 


In seguito ad una precedente indagine svolta per la città di Pisa le informazioni sanitarie 

sono state integrate con le informazioni dell’anagrafe, e georeferenziate, per gli anni 

1990-99. Il linkage e’ stato del 99% I dati di mortalità sono stati forniti dal Registro di 

Mortalità Regionale, mentre presso il Comune è stata ricostruita la popolazione 

residente al 31 dicembre di ogni anno. 

In questo modo alle classiche informazioni del certificato di decesso si sono aggiunte le 

informazioni relative alla circoscrizione di residenza. Sono state quindi condotte analisi 

tramite calcolo dello SMR (riferimento alla Toscana 1990-94) per patologie specifiche 

per le 6 circoscrizioni 


Le analisi condotte per le circoscrizioni interne alla città mostrano che i livelli di 

mortalità che risultano in eccesso per la intera città si possono concentrare in alcune 

zone della città. Nella figura sottostante sono riportati alcuni esempi. 

PISA 1990-99. SMR PER CIRCOSCRIZIONE. M+F.RIF TOSCANA 1990-94 

TUTTE LE CAUSE TUTTI I TUMORI T.M.POLMONE 

T.M.FEGATO E CISTIF. LINF. NON HODG DISTURBI PSICHICI 

Oltre alla circoscrizione verranno prese in esame anche aggregazioni delle sezioni di 

censimento. 

457


Riteniamo che le analisi per queste sotto-aree unite a quelle di specifici gruppi di 

popolazione possano essere uno strumento di facile elaborazione e utile per individuare 

particolari aree a rischio, e quindi per prendere rapide misure di prevenzione per la 

salute pubblica. Analisi sui ricoveri ospedalieri nel periodo 1996-2000 sono attualmente 

in corso e verranno in seguito riportate 

458


STUDIO MICROGEOGRAFICO DI MORTALITÀ-MORBOSITÀ IN UNA 

ZONA DELL’AREA METROPOLITANA FIORENTINA 

Fabrizio Minichilli 1 , Paola Michelozzi 2 , Eva Buiatti 3 , Simone Bartolacci 3 , Fabrizio Bianchi 1 

1 Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari, IFC – CNR - Pisa 

2 Dipartimento di Epidemiologia ASL RM/E, Agenzia di Sanità Pubblica, Regione Lazio 

3 Epidemiologico, Agenzia Regionale Sanità Toscana 

Introduzione 

Il presente studio microgeografico di tipo descrittivo è stato effettuato in un’area 

compresa tra Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio e Firenze dove è in corso la valutazione 

del nuovo Piano di gestione dei rifiuti dell’Area Metropolitana Fiorentina. Il Piano 

prevede la costruzione di un nuovo impianto di termodistruzione dei rifiuti solidi urbani, 

con recupero di energia e calore (termovalorizzatore). L’area di 81 Km 2 è stata definita 

sulla base della caratterizzazione ambientale relativa al potenziale impatto del 

termovalorizzatore e alle sorgenti puntuali e lineari esistenti. 

Obiettivo 

Lo studio si è proposto di fornire sia un quadro informativo del profilo di morbosità e 

mortalità composto da indicatori dello stato di salute attuale per i soggetti residenti 

nell’area di interesse, sia indicazioni ai decisori per la realizzazione del piano dei rifiuti. 


Le analisi sono state svolte sui casi (residenti nell’area in studio nel periodo 1998-2001) 

ricoverati e/o deceduti per le seguenti patologie: Bronchite, Enfisema.Altre malattie del 

polmone, Asma nei bambini, Difetti congeniti, Linfoma non Hodgkin, Sarcoma dei 

tessuti molli, Tumore del colon retto, del polmone, dello stomaco e della vescica. 

L’analisi per sesso e per ambiti spaziali (intera area, aree intorno a Via Pistoiese, 

microaree di 2,25 Km 2 ) è stata svolta utilizzando indicatori standardizzati per età, sia 

classici (RSM), sia bayesiani (RBM). Inoltre, sui casi georeferenziati è stata effettuata 

un’analisi di clustering di tipo caso-controllo (Kulldorff, SATSCAN). 

RisultatiLe analisi effettuate lungo la Via Pistoiese hanno evidenziato eccessi 

significativi di ricoverati per il gruppo “altre malattie del polmone” (M: RSM = 151, F: 

RSM = 148, M+F: RSM = 148), per l’asma nei bambini (M+F: RSM = 161), per il 

tumore alla vescica (M: RSM = 143, M+F: RSM = 133) e del polmone (M: RSM = 140, 

M+F: RSM = 127). Altri addensamenti significativi e consistenti di ricoverati sono 

emersi nella zona di ingresso della città di Firenze per il gruppo “altre malattie del 

polmone” (M+F: RBM = 132) e per il tumore del polmone (M+F: RBM = 130). 

Conclusioni 

Le associazioni di rischio risultate in eccesso sono compatibili con la letteratura 

scientifica riguardante l’inquinamento atmosferico da traffico, seppure occorre tener 

conto di disomogeneità eziologica all’interno dei gruppi di patologia. Inoltre, i tumori 

sono caratterizzati da lungo periodo di latenza che rende difficile la valutazione di 

risultati relativi ad un periodo recente di residenza senza conoscere la storia residenziale 

individuale ed il periodo dell’esposizione a lungo termine. 

Lo studio microgeografico ha fornito un profilo assai dettagliato di morbosità e 

mortalità dei residenti nell’area, comunque non in grado di fornire informazioni sul 

nesso causale per i limiti intrinseci del disegno dello studio. I risultati danno indicazioni 

459


utili sia per orientare approfondimenti (mediante studi analitici basati su dati individuali 

accurati) nelle aree di primario interesse, sia per le decisioni relative all’attuazione del 

nuovo piano dei rifiuti. 

460


SISTEMA DI REGISTRAZIONE DEGLI ACCESSI AI PRONTO SOCCORSO: 

STATO DI AVANZAMENTO 

Alice Berti 1 , Chiara Lorini 3 , Jacopo Pasquini 1 , Francesco Cipriani 2 , Fabio Voller 1 

1 Area Epidemiologia Sociale – Agenzia Regionale di Sanità della Toscana 

2 UF di Epidemiologia – ASL 4 – Prato 

3 Dipartimento di Sanità Pubblica – Università degli studi di Firenze 

I Pronto Soccorso, (PS) rappresentano una fonte di importanza strategica per il 

monitoraggio epidemiologico degli infortuni relativamente ai feriti per cause 

traumatiche compreso anche gli eventi che non hanno implicato un ricovero 

ospedaliero. La conferma dell’importanza cruciale dei PS viene anche dal Ministero 

della Sanità che ogni anno riscontra un numero di decessi per infortunio stradale 

superiore di circa il 30% a quanto rilevato dai rapporti Istat/Aci. 


Nel 2002 è stato effettuato un censimento della dotazione informatica nei 52 PS, dove è 

emersa la grande variabilità non solo nel grado di informatizzazione e quindi anche 

negli strumenti utilizzati, ma anche nel tipo di informazioni raccolte. Sempre nel 2002 

attraverso una rilevazione cartacea degli accessi in 20 PS ed una seconda solo in quelli 

dotati di un sistema di registrazione degli accessi informatizzato, è stata valutata la 

concordanza tra le due fonti che sono risultate quasi sovrapponibili. Quindi nel 2003 è 

stata effettuata una rilevazione più completa ed estesa a tutti i PS in cui è stato richiesto, 

relativamente all’anno precedente il numero assoluto degli accessi per tutte le cause e 

per quei PS che avevano la possibilità di estrarre dato, per tipologia di causa traumatica. 

La stessa rilevazione è stata ripetuta nel 2004 e nel 2005. 

Risultati 

Dal 2002 al 2005 si è assistito ad una importante evoluzione nel grado di 

informatizzazione dei PS: attualmente sono 43 (N= 52) quelli provvisti di un apposito 

software per la registrazione degli accessi. Nei tre anni di rilevazione il numero 

assoluto di accessi per tutte le cause è diminuito da 1.314.874 a 1.256.000 circa con un 

tasso grezzo in calo da 374 circa a 357 accessi per 1000 abitanti. Dal confronto tra le 

ASL emerge che nel 2004 i tassi di accesso più alti spettano alla ASL senese con 434 

accessi per 1000 abitanti e alle ASL della zona costiera della Toscana, Grosseto, 

Livorno e Massa tutti e tre con circa 412 accessi per 1000 abitanti. Mentre il tasso di 

accesso più basso si registra nella ASL di Pisa con 249 accessi per 1000 abitanti. 

Relativamente agli accessi per tipologia di causa traumatica è stata calcolata la 

proporzione di accessi per considerando solo i PS che avevano riportato il dato. Nel 

2004 rispetto al 2002 gli accessi per incidente stradale risultano diminuiti dall’8 al 7% 

circa e così anche gli incidenti sul lavoro (dal 6% al 5%). Gli accessi per incidenti 

domestici invece registrano un lieve aumento da 7,2 a 7,5 %. Inoltre dalla proporzione 

di incidenti stradali calcolata è stato stimato il numero assoluto annuo di accessi per la 

Toscana che sono risultati essere circa 105.000 nel 2002, 99.500 nel 2003 e 88.700 nel 

2004.Applicando la percentuale di ricoverati (7,2%) ottenuta dalla rilevazione del 2002 

al numero assoluto stimato di incidenti stradali nel 2004 è stato stimato in circa 6.800 il 

numero di ricoveri per incidente stradale. 

461


Conclusioni 

Se da un lato i PS stanno incrementando i propri sistemi informativi, è altresì vero che 

molto può ancora essere fatto per ottenere una maggiore omogeneizzazione delle 

informazioni. In particolare l’Area di Epidemiologia Sociale dell’ARS sta lavorando in 

questa direzione ed infatti nel 2004 sono stati raccolti i tracciati record dei principali 

software in uso nei PS toscani per la definizione di un dataset minimo di informazioni e 

comune a tutti i PS consentirebbe, non solo per l’infortunistica stradale, di monitorare e 

analizzare in maniera completa gli accessi in tutta la regione. 

Un altro risultato importante è l’ormai ben avviata rete di collaborazioni tra PS e ARS 

indirizzata sia sulle attività di epidemiologia descrittiva e analitica ma anche verso la 

verifica dell’efficacia delle politiche di prevenzione. La definizione e costruzione di una 

base dati comune regionale aprirebbe, tra l’altro, numerose prospettive alle analisi di 

valutazione delle politiche intraprese, sanitarie e non, e sui costi connessi, sociali ed 

economici. 

462


STUDIO CASO-CONTROLLO SUI FATTORI DI RISCHIO DEGLI 

INCIDENTI DOMESTICI IN UNA POPOLAZIONE ANZIANA: RISULTATI 

PRELIMINARI 

N. Molino 1 , S. Farchi 1 , M. Di Giorgio 1 , A. Iannone 1 , F. Chini 1 , P. Erba 2 , P. Borgia 1 , G. 

Guasticchi 1 

1 Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, 2 ISPESL 

Introduzione 

In Italia è stato stimato che l’incidenza di infortuni domestici negli anziani è di 21.4 casi 

per mille, di questi il 15% circa necessita di ricovero ospedaliero. L’ASP sta 

conducendo in collaborazione con l’ISPESL uno studio caso-controllo di popolazione 

allo scopo di migliorare la conoscenza del fenomeno degli incidenti domestici negli 

anziani. 


Lo studio prevede il reclutamento di soggetti di età compresa tra i 65 e gli 85 anni, 

residenti nel comune di Roma ricoverati in ospedale dal Pronto Soccorso in seguito ad 

incidente domestico. 

I controlli di popolazione sono stati estratti dall’anagrafe di Roma e sono appaiati con i 

casi per sesso, età (± 3 anni) e circoscrizione. E’ stato somministrato ai partecipanti allo 

studio un questionario standardizzato che raccoglie informazioni su variabili sociodemografiche, 

abitazione, attività domestiche, abitudini di vita, condizioni di salute, 

conoscenze e comportamenti relativi ai rischi presenti in casa. Inoltre, sono state 

raccolte informazioni sull’infortunio. 

Risultati 

Sono state condotte ad oggi 108 interviste (54 casi-54 controlli); gli intervistati sono 

soprattutto donne (59.2%) mentre non si evidenziano particolari differenze nella 

distribuzione per fascia di età dei soggetti intervistati. 

I risultati dell’analisi univariata evidenziano una debole associazione tra incidente 

domestico e scarsa conoscenza dei corretti comportamenti da adottare (O.R.=2.6;IC 

95%:0.8-5.4) uso di farmaci attivi sul SNC(O.R.=2.2; IC 95%:0.6-7.4) e antipertensivi 

(O.R.=7.0; IC95%:0.8-56.8) mentre sembra avere un ruolo protettivo l’essere in buone 

condizioni di salute (O.R.=0.4 IC 95%:0.2-1.03) e lo svolgimento di regolare esercizio 

fisico (O.R=0.2 IC 95%:0.04-0.5). Non è stata invece riscontrata nessuna associazione 

significativa con la condizione abitativa (stato della casa e luminosità), le condizioni 

socioeconomiche (stato di solitudine, titolo di studio), abitudine al fumo e consumo di 

alcol. 

Conclusioni 

Nonostante i limiti dovuti al fatto che lo studio è ancora in corso (bassa potenza, 

instabilità delle stime), l’analisi dei dati raccolti fornisce alcune indicazioni di rilievo: in 

particolare sarebbe confermata l’evidenza presente in letteratura circa l’effetto 

protettivo svolto dall’esercizio fisico. Le ulteriori interviste permetteranno inoltre di 

verificare l’associazione riscontrata tra incidenti domestici e uso di particolari categorie 

di farmaci (neurologici e antipertensivi). 

463


OBESITÀ E QUALITÀ DELL’ASSISTENZA NEI PAZIENTI DIABETICI 

SICILIANI 

Achille Cernigliaro 1 , Giovanna Fantaci 1 , Patrizia Miceli 1 , Rosalia Lo Brutto 1 , Sebastiano Pollina 

Addario 1 , Sebastiana Caruso 1 , Rosanna Mangione 2 , Franco Iacono 2 , Mario Cuccia 2 , Franco 

Belbruno 2 , Gina Mollica Nardo 2 , Angela Pitarresi 2 , Vincenzo Trapani 2 , Giuseppe Ferrera 2 , 

Maria Carmela Bandiera 2 , Ranieri Candura 2 , Gabriella Dardanoni 1 

¹Dipartimento Osservatorio Epidemiologico, Assessorato alla Sanità, Regione Siciliana; 

²Aziende Sanitarie Territoriali 

Introduzione 

L’obesità è una condizione frequentemente associata alla patologia diabetica, e insieme 

ad altre condizioni cliniche definisce un quadro denominato sindrome 

polidismetabolica. L’eccesso ponderale nel soggetto diabetico può essere correlato alla 

presenza di altre condizioni patologiche che determinano una diversa evoluzione clinica 

della malattia. Ad oggi solo pochi studi hanno analizzato lo stato nutrizionale dei 

soggetti diabetici, descrivendo tale condizione in ristrette realtà territoriali. Inoltre, in 

nessuno di questi è stato valutato se esiste una differenza nella qualità dell’assistenza 

che il Servizio Sanitario Regionale offre in relazione alla presenza dello stato di obesità. 

Obiettivi 

Valutare l’esistenza di differenze nella qualità dell’assistenza in relazione allo stato di 

obesità dei pazienti diabetici siciliani. 


La popolazione in studio era rappresentata dai residenti in Sicilia iscritti nelle liste di 

esenzione ticket per patologia diabetica. Il campione (n. 210, di età >18 e 30 Kg/m 2 . Le associazioni tra le variabili in studio sono state 

analizzate attraverso il χ 2 test (α=0,05). Il campione è stato suddiviso in base al tempo 

intercorso tra la diagnosi e l’intervista (minore o maggiore di 10 anni). L’omogeneità 

dell’associazione tra l’obesità e i fattori analizzati è stata valutata attraverso il Breslow- 

Day Test, nell’ipotesi di omogeneità la stima del rischio è stata valutata attraverso la 

statistica di Mantel-Haenszel (ORM-H) ed il corrispondente intervallo di confidenza al 

95% (ICM-L) per tener conto dell’effetto del tempo trascorso dalla diagnosi. 

Risultati 

Nei pazienti diabetici è stata osservata un’associazione dell’obesità con l’ipertensione 

(ORM-H=2,347, ICM-L=1,262-4,366) ed i conseguenti trattamenti terapeutici (ORM- 

H=2,016, ICM-L=1,100-3,704). Ciò nonostante non sono state riscontrate significative 

differenze tra pazienti obesi e non obesi per quanto riguarda l’assistenza sanitaria (visite 

specialistiche, ricovero entro 12 mesi dall’intervista, consulto con il dietologo, controllo 

del fondo oculare, dei piedi e della colesterolemia). 

Conclusioni 

Sebbene allo stato di obesità si associno altre condizioni patologiche non state 

evidenziate differenze statisticamente significative nel numero e nella tipologia di 

controlli eseguiti sui pazienti diabetici. 

464


GESTIONE DI UN SISTEMA DI RACCOLTA DATI ATTRAVERSO 

INTERNET: IL PROGETTO EPICLIN 

Manuela Ceccarelli 1 , Fabio Saccona 1 , Silvano Stralla 1 , Monica Michelis 1 , Franco Merletti 1 , 

Giovannino Ciccone 1 

1 Epidemiologia dei Tumori, ASO San Giovanni Battista e CPO Piemonte 

Introduzione 

Il Centro di Epidemiologia Clinica per gli studi sperimentali in oncologia, attivato 

presso il Servizio Universitario di Epidemiologia dell’ASO S. Giovanni Battista di 

Torino e CPO Piemonte, con un finanziamento della Compagnia di San Paolo svolge il 

compito di supporto per i trials clinici in oncologia. Tra le funzioni svolte dal centro, un 

impegno particolare è stato rivolto alla costruzione e gestione di database utilizzabili su 

Web. 

Obiettivo 

Migliorare la conduzione di studi multicentrici attraverso uno strumento informatico di 

facile utilizzo e grande diffusione, nel rispetto della nuova normativa europea per gli 

studi clinici. 

La necessità di realizzare studi indipendenti in ambito oncologico a livello regionale, 

nazionale o internazionale è sempre più avvertita dai clinici che si occupano di ricerca. 

Questi protocolli incontrano spesso diverse difficoltà, alcune legate ad aspetti 

organizzativi e di gestione. Alcuni punti critici nello sviluppo di uno studio 

multicentrico sono: 

- la gestione delle fasi di arruolamento e randomizzazione dei pazienti da parte dei 

centri partecipanti 

- la modalità di trasmissione dei dati al centro coordinatore 

- il monitoraggio dell’arruolamento, della randomizzazione dei pazienti e della 

qualità dei dati da parte del centro coordinatore 

Risultati 

La prima versione del sito Web dedicato al progetto EPICLIN è on line da maggio 

2004, all’indirizzo www.epiclin.cpo.it. 

Il sito è progettato e realizzato in modo da essere in grado di ospitare diverse aree di 

lavoro (le cui zone operative sono ad accesso riservato) mediante una struttura modulare 

che aumenta la flessibilità del sistema. Il sito presenta un’area di lavoro per un 

protocollo già attivo ed una in progettazione. Attraverso l’utilizzo dello strumento Web 

il Centro è in grado di assicurare: 

- maggiore rapidità di trasmissione dei dati al centro coordinatore rispetto alle 

modalità classiche di invio 

- monitorare costantemente la partecipazione dei centri allo studio 

- gestire il processo di arruolamento dei pazienti assegnando codici univoci di 

riconoscimento 

- gestire la randomizzazione in modo sicuro, attraverso una procedura informatizzata 

non prevedibile 

- facilitare i contatti tra i centri attraverso pubblicazione di newsletters 

- esportare in locale documentazione e dati 

465


- E’ in fase di implementazione una seconda area, di prossima attivazione, per la 

conversione in formato standard di diversi archivi storici di casi già inclusi in 

passate sperimentazioni, al fine di consentire la condivisione di dati clinici e 

l’aggiornamento on-line del follow-up dei pazienti. Particolare attenzione è stata 

dedicata alla progettazione dell’interfaccia per gli interlocutori e 

nell’implementazione delle misure di sicurezza informatica e per la tutela della 

privacy. 

Conclusioni 

L’utilizzo di uno sito web per la raccolta dati, interamente realizzato e gestito da un 

Centro che si occupa di sperimentazioni cliniche, si è finora dimostrato essere uno 

strumento molto promettente per il supporto di trial multicentrici indipendenti. 

466


ANALISI DELLA MORTALITÀ E DEI RICOVERI OSPEDALIERI 

NELL’AREA INDUSTRIALE DI CIVITAVECCHIA: ANNI 1996-2003 

Valeria Fano 1 , Francesco Forastiere 1 , Paolo Papini 2 , Valeria Tancioni 2 , Anteo Di Napoli 2 , Carlo 

A. Perucci 1 

1 Dipartimento di Epidemiologia, ASL RM-E, Roma; 2 Agenzia di Sanità Pubblica, Regione Lazio 

Obiettivi 

L’area di Civitavecchia (Roma) è interessata da diversi decenni da un quadro 

ambientale complesso per la presenza di insediamenti energetici ed industriali. 

Obiettivo del presente lavoro è quello di aggiornare i dati epidemiologici dell’area in 

termini di morbosità e mortalità della popolazione residente. 


Utilizzando gli archivi di mortalità e le schede di dimissione ospedaliera, sono stati 

calcolati i Rapporti Standardizzati di Mortalità (1996-2000) e Morbosità (1996-2003) 

per causa e per sesso con il metodo indiretto, con i relativi Intervalli di Confidenza al 

95%, utilizzando la popolazione della regione Lazio come riferimento. 

Risultati 

E’ stato rilevato un eccesso nella mortalità per tumore polmonare e tumore della pleura 

nei maschi adulti residenti. Si è osservato un aumento dei ricoveri ospedalieri per asma 

bronchiale nei bambini, con incrementi maggiori nel periodo 1996-1999. E’ stata inoltre 

rilevata una maggiore frequenza di morti per malattie renali, coerente con il quadro di 

morbosità derivato dal Registro Regionale Dialisi. 

Conclusioni 

Lo studio ha evidenziato degli eccessi di morbosità e di ricoveri ospedalieri nei residenti 

a Civitavecchia rispetto al resto della regione per diverse patologie tumorali e non, per 

le quali si raccomanda un accurato monitoraggio epidemiologico. 

467


FERTILITÀ NEI FRATELLI DI PAZIENTI CON TUMORE DEL TESTICOLO 

Lorenzo Richiardi 1 , Olof Akre 2 

1 Epidemiologia dei Tumori, CeRMS e CPO Piemonte, Università di Torino 

2 Clinical Epidemiology Unit, Department of medicine, Karolinska Institutet, Stockholm, 

Sweden 

Contesto 

I pazienti con tumore del testicolo hanno una ridotta fertilità, anche molti anni prima 

della diagnosi del tumore. Tale associazione si può spiegare in due modi: i) il tumore al 

testicolo, che è un processo patologico che probabilmente inizia già nel periodo fetale, 

causa una ridotta fertilità anche molto prima che il tumore sia diagnosticato (causalità 

inversa); ii) subfertilità e tumore del testicolo condividono fattori di rischio o una 

predisposizione genetica. Per capire se le due malattie condividono fattori di rischio, 

abbiamo studiato la fertilità dei fratelli e delle sorelle dei pazienti con tumore del 

testicolo. 


Lo studio è stato condotto tramite linkage tra diversi registri svedesi di popolazione, in 

particolare il Registro Tumori ed il Registro Multi-generazionale, che permette di 

conoscere le relazioni familiari di ogni cittadino svedese a partire dal 1932. Abbiamo 

confrontato 2878 fratelli e 2735 sorelle di pazienti con tumore del testicolo a cellule 

germinali, diagnosticato in Svezia tra il Gennaio 1960 ed il Dicembre 2002, con 6151 

(3202 uomini) controlli di popolazione. Tramite il Registro Multi-generazionale 

abbiamo rilevato il numero di figli avuti dai casi (9480) e dai controlli (10739). La 

fertilità è stata misurata utilizzando due indicatori: i) la proporzione di gemelli di sessoopposto 

tra i figli, in quanto è stato ipotizzato e visto che la subfertilità maschile riduce 

la probabilità di avere gemelli dizigoti; ii) la fecondità, vale a dire il numero 

complessivo di figli avuti entro i 50 anni di età. Dei due indicatori, solo il numero di 

figli è influenzato dalle decisioni della coppia e dallo stato socioeconomico. Le analisi 

sono state condotte utilizzando modelli di regressione logistica e analizzando i fratelli e 

le sorelle separatamente. Le analisi sul numero di figli sono state limitate ai soggetti nati 

prima del 1954 (39%), per i quali avevamo informazioni sull’intera storia riproduttiva. 

Risultati. 

I fratelli, ma non le sorelle, dei pazienti con tumore del testicolo tendevano ad avere 

meno frequentemente gemelli di sesso opposto (l’odds ratio di essere gemelli di sessoopposto 

associato all’avere il padre fratello di un paziente con tumore del testicolo era 

0.53, intervallo di confidenza al 95%: 0.26-1.09). Vi era evidenza di un trend (p=0.05) 

di diminuzione dell’odds ratio di essere un fratello di pazienti con tumore del testicolo 

all’aumentare del numero di figli avuti. Rispetto a chi non aveva figli, gli odds ratio 

erano 0.91 (95% IC: 0.67-1.24) per un figlio, 0.88 (0.66-1.16) per due figli, 0.78 (0.57- 

1.06) per tre figli, e 0.74 (0.51-1.08) per almeno quattro figli. Tale associazione non era 

presente per le sorelle dei pazienti con tumore del testicolo. 

Conclusione 

Il fatto che i fratelli dei pazienti con tumore del testicolo abbiano anch’essi una ridotta 

fertilità supporta l’ipotesi che le due condizioni condividono cause comuni. Sia 

esposizioni ambientali condivise, sia una comune predisposizione genetica potrebbero 

spiegare l’associazione. 

468


GLI UTILIZZATORI DI OPPIACEI: DAL MONITORAGGIO DELLA 

PREVALENZA AI POSSIBILI INTERVENTI 

S. Salvadori*, R. Cioccale**, C. Montomoli**, F. Mariani* 

*Istituto di Fisiologia Clinica – CNR Pisa, Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi 

Sanitari 

**Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate, Università degli Studi di Pavia 

Introduzione 

Uno dei principali obiettivi dell’epidemiologia delle tossicodipendenze è la valutazione 

della prevalenza dei soggetti con problematiche legate all’uso di sostanze illecite. A 

partire dalle informazione rilevate dalle agenzie territoriali che si occupano di tale 

utenza, è possibile sia monitorarne la distribuzione spaziale sul territorio, che 

determinare le stime della quota nascosta di popolazione non ancora censita. 

L’informazione così desunta può essere di ausilio ai decisori per una più mirata 

strutturazione delle politiche di programmazione. 

Obiettivi 

L’obiettivo del presente lavoro è la valutazione congiunta, a fini di programmazione 

sanitaria, della distribuzione geografica della prevalenza di utenza rilevata a livello 

comunale e della prevalenza stimata a livello distrettuale degli utilizzatori di oppiacei 

nel territorio della ASL della Provincia di Sondrio per l’anno 2002. 


I soggetti considerati sono quelli residenti nella provincia di Sondrio che fanno uso di 

oppiacei come sostanza di abuso primario oppure segnalati per detenzione o consumo di 

oppiacei (ex artt 75 e 121 DPR 309/90). I dati derivano, rispettivamente, dai registri dei 

5 servizi pubblici per le tossicodipendenze e delle 4 sedi degli enti ausiliari 

convenzionati operanti nell’anno 2002, e dalla Prefettura di Sondrio. Per l’analisi della 

distribuzione geografica della prevalenza di utenza a livello comunale è stato utilizzato 

un modello spaziale bayesiano gerarchico in cui sono state considerate sia le 

componenti di variabilità strutturata e non strutturata spazialmente, che l’associazione 

con due covariate ecologiche (dislocazione altimetrica e densità abitativa dei comuni). 

Per la stima della quota nascosta di utilizzatori problematici di oppiacei è stato utilizzato 

un modello di stima cattura/ricattura implementato sulle tre liste menzionate. 

Risultati 

Per le stime di prevalenza, ottenute con il metodo cattura/ricattura, a livello dei 5 

distretti in cui la ASL si divideva fino al 1995, a fronte di un valore stimato a livello 

provinciale pari a 4.4 per mille residenti di età tra i 15 ed i 64 anni (I.C. 95% 3.7 – 6.3), 

nessuno dei distretti mostra valori di stima significativamente diversi. L’analisi della 

distribuzione geografica della prevalenza di utenza a livello comunale evidenzia come 

solo il distretto di Bormio non presenti comuni con valori stimati significativamente 

(con probabilità a posteriori maggiore di 0.95) maggiori del valore medio provinciale 

preso come riferimento, mentre negli altri 4 distretti almeno un comune risulta tale. Per 

le due variabili ecologiche considerate si rileva una associazione statisticamente 

significativa con la dislocazione altimetrica. 

469


Conclusioni 

L’utilizzo del modello bayesiano fa emergere l’associazione tra altitudine e consumo di 

oppiacei; al diminuire dell’altitudine si rileva un significativo aumento della prevalenza 

di utenza. In particolare tutti i comuni con prevalenza significativamente maggiore del 

riferimento si collocano a fondovalle e si dispongono lungo le principali vie di 

comunicazione. 

La discrepanza osservata tra le stime di prevalenza a livello distrettuale (impatto del 

fenomeno uniforme) e la mappatura a livello comunale dell’utenza censita (nel distretto 

di Bormio non si rilevano comuni con prevalenza di utenza superiore al riferimento) 

può far riflettere sulla necessità di strutturare in alcune aree una maggiore o diversa 

offerta di trattamento. 

470


EXPOSITION TO HIDROCARBONATE CLORATED PESTICIDES AND THE 

RISK OF NON- HODGKIN LINFOMA 

A. Arrieta Arroyo, F. Guillen Grima, I. Aguinaga Ontoso 

Departamento de Ciencias de la Salud, Universidad Publica de Navarra. Pamplona. (Spain). 

Introduction 

Although farmers generally have low rates of morbidity and mortality, they appear to be 

at excess of selected cancer. Some studies suggest that elevated risk of NHL among 

farmers may be associated with exposure to pesticides and other agricultural chemicals. 

To further evaluate this association the data from three population-based case-control 

studies conducted in Iowa and Minnesota, Kansas and Nebraska were pooled to 

evaluate the relationship between the use of chlorinated hydrocarbon insecticide and 

Non-Hodgkin Lymphoma (NHL) among white male farmers. 

Material and Methods 

The data included 973 cases of non-Hodgkin’s lymphoma and 2853 populations-based 

controls. Telephone or in-person interviews were conducted to obtain information on 

the use of insecticides. Odds ratios (OR) adjusted for age at diagnosis, state of 

residence, type of respondent, first-degree family history of cancer, use of hair dye and 

tobacco smoking, as well as other insecticides or chemical classes were also adjusted 

when assessing the risk of NHL associated with chlorinated hydrocarbon insecticide, 

were estimated by conditional logistic regression. 

Results 

Use of Chlorinated Hydrocarbon Insecticides (CHI) in crops was associated with a 

statistical significance 40% increased risk of NHL among those direct interview. The 

risk increased with chlordane and Lindane use (OR = 1,63 y 1,59 respectively). 

Conclusions: Although we found associations between the risk of NHL and specifics 

CHI, larger risks from proxy respondents showed complicated data interpretation. 

Association, however, between reported use of Chlordane and Lindane, particularly 

among subjects providing direct interview was not easily discounted. 

471


PROGETTO DI VALUTAZIONE SISTEMATICA DEGLI INTERVENTI DI 

STIMOLAZIONE COGNITIVA RIVOLTI ALLA POPOLAZIONE ANZIANA 

CON L’USO DI EPI INFO 

Rachele Nanni, Pasquale Falasca, Simona Calducci 

Azienda Usl di Ravenna 

L’obiettivo di questo lavoro consiste nella valutazione sistematica, a breve termine, 

dell’attività di prevenzione realizzata attraverso interventi di stimolazione cognitiva 

rivolti alla popolazione anziana. Il concetto di plasticità neuronale, la proprietà del 

sistema nervoso di modificare ed adattare la propria organizzazione strutturale e 

funzionale in rapporto alle richieste e le trasformazioni ambientali, giustifica l’interesse 

crescente rivolto allo studio di tecniche di stimolazione cognitiva in grado di favorire il 

miglior adattamento e mantenimento funzionale da parte di anziani sia sani che affetti 

da deterioramento cognitivo 1 . 

Il progetto in corso si basa su uno studio preliminare degli interventi di prevenzione 

attuati dal servizio assistenza anziani dell’Azienda Usl di Ravenna. I dati presentati, 

elaborati con Epi Info 2 , descrivono i risultati ottenuti attraverso cicli di stimolazione 

cognitiva 3 rivolti a 71 soggetti (70,4% di genere femminile) di età compresa fra i 62 ed 

gli 89 anni e scolarità media (il 65% inferiore alla 3a media). 

Le valutazioni effettuate, all’inizio ed al termine del corso di stimolazione cognitiva, 

hanno previsto l’utilizzo del Mini Mental State Examinationi (MMSE) 4 , del Test 

Neuropsicologico Ecologico (TNE) 5 e della Geriatric Depression Scale (GDS) 6 al fine 

di valutare lo stato cognitivo ed emotivo dei partecipanti (studio prima-dopo). Lo studio 

ha indicato una buona efficacia del traning preventivo, (miglioramento del 

funzionamento cognitivo globale rilevato al TNE da 88,8 a 93,1, p


interventi sugli utenti prevede l’adozione del software Epi Info per la registrazione dei 

dati in itinere e la loro analisi statistica immediata da parte dell’operatore, in modo da 

rendere prontamente visibili gli indicatori di efficacia direttamente al gestore 

dell’intervento, che può così orientare e modificare le esercitazioni e il tipo di 

stimolazione cognitiva ai soggetti. 

474


RISK FACTORS FOR TRAFFICC ACCIDENTS IN COLLEGE STUDENTS IN 

TWO SPANISH REGIONS 

C. Guillen Grima, F. Guillen-Grima, I. Aguinaga Ontoso 

Dep. Health Sciences. Public University of Navarre. Pamplona. (Spain) 

Introduction 

Traffic accidents are the leading cause of mortality in the Spanish population aged 15- 

45 years. 

Material and methods 

The study was made in two Spanish regions Navarre and Murcia, located in the North 

and in the South of Spain. A cluster sample of 1951 college students from 4 universities 

Public University of Navarre, University of Navarre in Navarre (North of Spain) and 

University of Murcia, and University of Cartagena (south) was drawn. Students were 

asked about previous traffic accidents, and about accidents that required hospitalization, 

as well as seat belt use, and drug abuse. Non conditional logistic regression was 

computed for the determination of adjusted odds ratio. 

Results 

After adjusting by region, severe accidents were more common in males ( OR=2,85 

95% CI 1,505-5,397), smokers (OR= 2,49 95% CI 1.34-4,65), and among those who 

usually drank in work days more than 20 gr of alcohol per day (OR= 3,451, 95% CI 

1,47-8,08), those that drive while intoxicated (OR=2,176 95% CI 1,099-4,308) and 

those that use LSD at least one a month (OR= 5,3932 95% CI 1,752-16,601). 

After adjusting by region and gender the main risk factors for traffic accidents that 

required hospitalization were gender, with males having an OR of 1,8776 (95% CI 1,04- 

3,42), driving while Intoxicated with an OR of 3,34 and never using seat belt while 

driving in the highway with an OR of 5.69. 

Table: Risk factors for traffic accidents that demanded hospitalization. 

OR C. I. 95,0% 

Gender 

Female 1 

Male 

REGION 

1,8776 1,0415 3,4230 

Murcia 1 

Navarre 1,0325 0,5856 1,8280 

Driving while Intoxicated by alcohol 

No 1 

Yes 3,3472 1,7862 6,1477 

Use of seat belt when driving in a highway 

Yes 1 

Never 5,6980 1,8680 15,3642 

475


INDAGINE SULLA PREVALENZA DELLA CARIE DENTARIA E DELLA 

MALOCCLUSIONE TRA I BAMBINI DELLE CLASSI TERZE ELEMENTARI 

DELLA ZONA TERRITORIALE N.7 DI ANCONA 

Battistoni Roberto, Polverini Francesca, Morbidoni Marco 

Ufficio per l’Osservatorio Epidemiologico, Zona Territoriale 7Ancona-ASUR Marche 

Introduzione 

La carie dentaria rappresenta la patologia infantile più diffusa in età evolutiva, 

soprattutto nei Paesi industrializzati. La classe terza è ritenuta la più significativa per 

controllo dell’insorgenza di patologie gengivali, cariose e ortodontiche. 

Obiettivi 

L’obiettivo dello studio è quello di valutare la diffusione di patologie dentarie (carie e 

malocclusione) in una fascia di età (8-9 anni) considerata a rischio per a loro insorgenza 

e valutare la diffusione di corrette abitudini di igiene orale. 


Lo studio ha riguardato un totale di 1490 bambini frequentati la terza elementare del 

Comune di Ancona nell’anno 2003. Gli aspetti indagati riguardano: effettuazioni di 

precedenti visite odontoiatriche, frequenza di lavaggi dentali, effettuazione di 

fluoroprofilassi, consumo di dolci, molari permanenti e decidui cariati, otturati e 

mancanti, l’igiene orale, la presenza e tipo di malocclusione e se in trattamento 

odontoiatrico. L’analisi dei dati è stata effettuata con il software Epi Info 3 (versione 

Windows). 

Risultati 

Il 69% dei ragazzi non presenta carie, il 55% è affetto da malocclusione, il 74% si è 

sottoposto a visite precedenti e il 41% ha effettuato fluoroprofilassi e il 55% si dichiara 

goloso di dolci. 

Il calcolo dell’indice DMF (Decayed Missing Filled), parametro guida posto 

dall’OMS 1 , (totale dei denti cariati, curati e persi del totale della popolazione/ numero 

dei soggetti), evidenzia una costante diminuzione se confrontato con quello degli anni 

precedenti, passando da un valore di 1,7 nel 2001 a quello attuale di 1,3 dell’anno 2003. 

Dall’analisi delle correlazioni tra l’insorgenza della carie e alcune esposizioni, sono 

emersi risultati statisticamente significativi. L’essersi sottoposto a fluoroprofilassi 

costituisce un fattore protettivo verso l’insorgenza della carie OR = 0.69 

(0.55


Conclusioni 

Dai dati si evince che la maggiore attenzione per la prevenzione, in questi ultimi anni, 

abbia avuto un impatto sul miglioramento delle abitudini e sulla minore diffusione 

patologie dentarie tra i ragazzi. 

Sarebbe interessante investigare la relazione tra salute orale del ragazzo e fattori 

economico-culturali della famiglia, che in alcuni studi 1 si evidenzia essere significativa. 

1 Piffer S., Nava E., “L’esperienza ed i risultati del progetto di promozione della salute orale in Trantino. 

Anni 1997-2003”, Prevenzione Odontostomatologica, 2004, 1:7-18. 

478


QUALITÀ DELLA VITA DELLE PERSONE CON PATOLOGIE 

DERMATOLOGICHE E DRG 

S. Tabolli 1 , F. Sampogna 1 , U.L. Aparo 3 , P. Pasquini 2 , A. Picardi 2 , D. Abeni 1 

1 2 3 

Laboratorio di Ricerca sui Servizi Sanitari, Laboratorio di Epidemiologia; Direzione 

Sanitaria IDI IRCCS Roma 

Obiettivo 

Valutare la qualità della vita in pazienti affetti da patologie dermatologiche con 

strumenti validati e pertinenti e considerare l’uso di tale analisi nella rivalutazione delle 

tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera. 


Lo Skindex 29 è un questionario che misura su tre scale (emozionale, sociale e 

sintomatologica) l’impatto delle malattie dermatologiche sulla qualità di vita. E’ uno 

strumento specifico per le patologie dermatologiche, ideato negli USA, di cui esiste una 

versione italiana validata, e utilizzato ampiamente in tutto il mondo. Punteggi alti 

esprimono peggiore qualità della vita. Il GHQ-12 è la versione a 12 item di un 

questionario generico per lo screening delle patologie psichiatriche non psicotiche 

(ansia, depressione), e per la valutazione della presenza di stress psicologico, con 

punteggi più elevati che riflettono maggiori livelli di stress. La classificazione per DRG, 

in vigore in Italia dal 1994, è impiegata nella routine istituzionale ed è base per il 

pagamento delle tariffe regionali. La classificazione APR DRG è una classificazione, 

che introduce sottoclassi di severità della malattia e rischio di morte; integra quella dei 

DRG. 

Risultati 

536 pazienti con differenti patologie dermatologiche sono stati valutati a l’IDI IRCCS a 

Roma nel 2003. Non sono state identificate differenze significative per i valori di 

Skindex 29 né tra diverse classi di APR DRG (p=0.618, 0.467, 0.060; ANOVA per le 

scale “sintomi”, “emozioni” e “funzionamento sociale”, rispettivamente), né tra diverse 

classi di peso del DRG (p=0.080, 0.767, 0.159; vedi sopra). I punteggi al GHQ erano 

invece di poco, ma significativamente, più alti nei pazienti con classe superiore di APR 

DRG. 

Conclusioni 

Sia il peso dei DRG che la classificazione con APR DRG non “catturano” il reale 

impatto che la patologia dermatologica ha sulla qualità di vita del paziente. L’impatto 

complessivo della patologia cutanea è spesso sottostimato sia a livello clinico che di 

pianificazione sanitaria. Infatti anche pazienti con patologie che riportano un basso peso 

DRG o una classificazione APR DRG bassa sono in necessità d’interventi complessi e 

multidisciplinari che portano ad un alto consumo di risorse. Gli alti valori di Skindex 29 

nelle tre scale e l’alta prevalenza di GHQ positivi dovrebbero imporre una ulteriore 

riflessione per ricalibrare le tariffe che considerano il consumo di risorse. La 

valutazione della qualità della vita deve essere inserita a pieno titolo come misura 

necessaria per un più completo e valido assessment del singolo paziente e delle diverse 

patologie. 

479


UTILIZZO DI VARIE FONTI INFORMATIVE NELLO STUDIO DELLA 

PREVALENZA DI ASMA E BPCO NELLA CITTÀ DI TORINO 

Migliore E. * , Bugiani M. * , Carosso A. * , Forneris MP. * , Baussano I. ** , Piccioni P. * 

* ASL4-CPA Torino; ** Unità di Epidemiologia dei tumori, CPO Piemonte 

Introduzione 

Le malattie ostruttive delle vie aeree (asma bronchiale e la broncopneumopatia cronica 

ostruttiva) sono patologie respiratorie croniche largamente rappresentate nella 

popolazione. Obiettivo di questo lavoro è stato quello di stimarne la prevalenza nella 

città di Torino utilizzando e incrociando fra loro diverse fonti informative correnti. 


Sono stati utilizzati i dati relativi ai registri di mortalità (codici ICD9 491-492-493- 

518.81), alle schede di dimissione ospedaliera (SDO), ai registri di esenzione ticket per 

asma (codice 007) e insufficienza respiratoria (IR, cod. 024), alle prescrizioni 

farmaceutiche ed alle attività ambulatoriali per l’anno 2002. 

Risultati 

Il tasso di mortalità a Torino per tali patologie respiratorie croniche è risultata essere in 

totale del 3,2 * 10.000 residenti (asma; 2,7 BPCO). Il tasso di ricovero per BPCO nel 

periodo in studio nella è dell’1.3% (1.7% maschi; 0.9% femmine). Per quanto riguarda 

l’asma la prevalenza di ricoveri è dello 0.3% con tassi di ricovero maggiori nelle fasce 

di età più basse (2.7% in bambini con meno di 4 anni). Il tasso di prevalenza delle 

esenzioni per patologia al 2002 risulta essere dello 0.6% per asma e dello 0.5% per IR. 

Dall’incrocio queste fonti si stima una prevalenza complessiva di malattie ostruttive 

delle vie aeree del 2,5% (frequente coesistenza di diagnosi diverse nello stesso 

individuo): 0,8% per l’asma (1,2% sotto i 40 anni d’età), 1,3% per la BPCO (1,7% nei 

maschi,; 3,1% oltre i 60 anni d’età ) e 0.8% per la IR (0.2% sotto i 60 anni d’età; 1,8% 

sopra dei 60 anni). 

L’11,6% del totale dei casi prevalenti compare in entrambe le fonti informative (SDO e 

esenzioni): il 70,4% solo nelle SDO e il 40,4% solo nel registro delle esenzioni. Il 

registro di mortalità ha contribuito a individuare 172 casi (0,8%) morti per le cause in 

studio nel corso del 2003. 

Conclusioni 

Queste fonti, verosimilmente idonee ad identificare sopratutto casi più severi di malattia, 

confermano quanto atteso circa l’elevata frequenza di patologie ostruttive delle vie aeree 

nella popolazione generale. Appare spesso complesso, con dati routinari, distinguere 

casi di asma e BPCO. L’incrocio di diverse fonti di dati può rappresentare un 

interessante metodo per meglio stimare l’impatto complessivo di queste patologie che, 

oltre ad essere largamente diffuse, sono caratterizzate da diversi gradi di severità. 

480


EPIDEMIOLOGIA DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER IN PROVINCIA DI 

BERGAMO 

Silvio Rocchi 1 , Giuseppe Sampietro 1 , Alberto Zucchi 2 , Lucia De Ponti 3 , Rosanna Guaiana 4 , 

Santino Silva 5 

Direzione Generale, 1 Osservatorio Epidemiologico, 3 Direzione Sociale, 4 Dipartimento ASSI, 

5 Dipartimento PAC ASL della Provincia di Bergamo 

2 Ufficio Epidemiologico, ASL della Provincia di Milano 3 di Monza 

Introduzione 

La popolazione anziana è attualmente il segmento demografico in crescita maggiore. A 

ciò si associa conseguentemente l’incremento dell’incidenza e della prevalenza delle 

patologie associate all’età e la malattia di Alzheimer è una di queste patologie. Valutare 

l’epidemiologia di questa patologia risulta assai difficile anche per la mancanza di test 

diagnostici specifici e affidabili, congiuntamente ad altre ragioni. Non disponendo di un 

apposito registro di patologia, la valutazione epidemiologica di questa patologia può 

essere effettuata con le fonti dati che sono a disposizione, in particolare archivio di 

mortalità locale e archivio delle SDO (Scheda di Dimissione Ospedaliera), ma a queste 

fonte dati si possono aggiungere anche le informazioni disponibili che provengono 

dall’assistenza domiciliare integrata (ADI) e dai ricoveri presso i nuclei specialistici. 

Obiettivi 

Approfondire l’epidemiologia della malattia di Alzheimer nonostante le difficoltà 

operative esistenti, utilizzando i dati a disposizione per non gravare l’utilizzo di risorse, 

in modo da pianificare interventi in un ambito di valutazione dei bisogni che 

individuino un modello in grado di descrivere compiutamente le relazioni esistenti tra 

prevalenza delle malattie, volume dei servizi sanitari consumati per trattarle e, infine, 

risorse umane e finanziarie usate per la produzione di tali servizi. 

Risultati 

La mortalità per malattia di Alzheimer in provincia di Bergamo dal 1981 al 2003 

presenta un aumento significativo tra gli anziani (classe di età=65 anni). Inoltre, 

analizzando gli anni 1996-2000 (dati ISTAT), la mortalità in provincia di Bergamo per 

malattia di Alzheimer risulta essere più alta rispetto a quella della regione Lombardia: 

S.M.R. = 1,20 (I.C. 95% 0,98-1,42) nei maschi e S.M.R.=1,06 (0,89-1,22) nelle 

femmine. Nell’ambito dei ricoveri si osserva un incremento dal 1999 al 2001, sia 

nell’ambito dei ricoveri ordinari che in quello dei day hospital, per poi avere un 

decremento negli anni successivi. Va evidenziato comunque come il numero dei 

ricoveri complessivi per la malattia di Alzheimer sia basso: infatti non deve essere un 

problema di preminenza ospedaliera. Va sottolineato come i ricoveri riguardino 

prevalentemente individui di sesso femminile (sex ratio maschi femmine = 1:2). 

Nell’ambito dell’analisi territoriale a livello di analisi distrettuale, esiste una certa 

coerenza tra i dati di mortalità e quelli di ricovero, in particolare si evidenzia come 

alcuni distretti (quelli più urbanizzati) siano caratterizzati da tassi di mortalità e ricovero 

più elevati (distretti di Bergamo e Dal mine) e altri distretti sono caratterizzati da tassi di 

mortalità e ricovero più bassi (zona est della provincia). 

Conclusioni 

Questo studio suggerisce quali potrebbero essere le zone più a rischio della provincia 

bergamasca. 

481


Sono però necessari ulteriori approfondimenti che possono essere effettuati utilizzando i 

dati relativi all’assistenza domiciliare integrata, ai nuclei specialistici della provincia e 

ai centri diurni integrati. In questo modo si potrà avere un quadro provinciale più 

preciso in modo da pianificare interventi migliorativi in ambito sanitario. 

482


PREVALENZA D’INVALIDITÀ CIVILE NEI 37 COMUNI DELL’ULSS DI 

TREVISO 

Giuseppe Battistella 1 ,Valeria Gamma 2 

1 Osservatorio epidemiologico Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto; 2 Unità 

Operativa Invalidi Civili Azienda ULSS n. 9 “Treviso” Regione del Veneto 

Lo studio ha l’obiettivo di stimare la prevalenza a livello comunale dell’invalidità civile, 

evidenziare eventuali criticità locali e problemi di disequità territoriale. 

A gennaio 2000 grazie alla collaborazione con l’Unità Operativa Invalidi Civili 

dell’ULSS di Treviso e dell’INPS sono state conteggiate per ogni comune le posizioni 

attive presso l’INPS. 

Gli importi complessivi di pensioni, assegni ed indennità d’accompagnamento 

determinano, nell’ULSS di Treviso, una spesa annua di oltre 113 Euro pro capite 

(esclusi i minori, ciechi e sordomuti). Questa cifra va da un massimo di 175 Euro a 

Cessalto a un minimo di 68 Euro a Casier. 

Essa è dovuta per il 19% ad assegni e pensioni erogate agli adulti (18 - 64 anni) con 

invalidità compresa tra il 74% ed il 100%, per l’81% alle indennità 

d’accompagnamento. 

Vi è un’importante disomogeneità tra i Comuni dell’ULSS, sia tra gli importi pro capite 

per assegni e pensioni (si va da una massimo di 61 ad un minimo di 10 Euro) che in 

quelli per indennità d’accompagnamento (da 142 a 54 Euro). 

Il numero d’invalidi civili 74-100% con età 18-64 ogni mille residenti varia da un 

massimo di 16,5 (Zero Branco) ad un minimo di 2,7 (Arcade e Maserada). Gli invalidi 

civili maggiorenni con indennità d’accompagnamento varia tra 26,8 (Oderzo) e 10 

(Casier). 

Per ambedue gli indicatori i comuni sono stati suddivisi i gruppi quartilici. Questi sono 

stati rappresentati geograficamente con colori diversi su mappe geografiche. 

Le differenze potrebbero essere dovute a: diversa composizione per età; diffusione delle 

malattie che determinano disabilità (ad esempio nel Distretto di Oderzo vi è una 

prevalenza di diabete diagnosticato tra le donne anziane nettamente più alta rispetto al 

resto dell’ULSS); diverse opportunità d’inserimento lavorativo in presenza di disabilità; 

presenza di strutture residenziali protette per non autosufficienti; fenomeni di 

“segregazione sociale” (ad esempio gli elevatissimi costi delle abitazioni di Venezia – 

Mestre hanno spinto nei Comuni della cintura urbana coloro con minori risorse (Zero 

Branco e Mogliano Veneto tra i nostri Comuni; a Mogliano il fenomeno è molto 

accentuato per la presenza d’una struttura residenziale per malati psichici gravi); diversi 

stili di vita e diffusione delle attività usuranti; diversa percezione socio – culturale della 

disabilità; variabilità nel supporto familiare e dell’impatto delle minorazioni in funzione 

delle concrete situazioni abitative ed urbanistiche. 

483


TUMORI DELLA CUTE ECCETTO IL MELANOMA NEL PERSONALE DI 

VOLO: UNA NUOVA MALATTIA PROFESSIONALE? 

A. Buja, G.Rausa, F. Grigoletto, E. Perissinotto, A.C. Frigo, E. Fadda, G. Parise, G. 

Mastrangelo 

Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università di Padova 

Introduzione 

Recentemente sono stati pubblicati vari studi di coorte che hanno stimato il rischio di 

neoplasia nel personale di volo con risultati talora contrastanti; tali studi, inoltre, sono 

affetti da bassa potenza per la limitata dimensione campionaria. I dati di incidenza 

disponibili sono stati combinati entro ciascuna categoria professionale (assistenti di volo 

di sesso femminile o maschile, piloti civili e piloti militari) per ottenere stime più 

precise di rischio neoplastico. Abbiamo quindi esaminato i rischi aggregati per 

evidenziare se c’era una qualche neoplasia in eccesso in tutte le categorie professionali. 


La ricerca bibliografica, aggiornata al mese di febbraio 2005, è stata condotta attraverso 

Medline. Sono stati analizzati tutti gli studi coorte indipendenti condotti sul personale di 

volo (assistenti di volo maschi e donne e piloti civili e militari) che stimavano 

l’incidenza di neoplasia mediante il rapporto standardizzato di incidenza (SIR). E’ stata 

eseguita una meta-analisi per ogni sede di tumore, in cui le differenze tra studi sono 

state stimate da un modello ad effetti casuali. 

Risultati 

Sono stati selezionati 13 studi di coorte. Per i tumori della cute eccetto il melanoma è 

stato osservato un significativo aumento del rischio in tutte le categorie professionali del 

personale di volo (tabella 1). 

Tabella 1 

Rapporto standardizzato di incidenza aggregato (meta-SIR) per tumori della 

cute eccetto il melanoma nelle categorie del personale di volo, intervallo di 

confidenza al 95% (IC), e probabilità di errore per il test di eterogeneità tra 

singoli studi (p). 

Categoria professionale 

Numero 

di studi 

p Meta-SIR IC 

Assistenti di volo, Donne 2 0.72 2.66 1.08-6.52 

Assistenti di volo, Maschi 2 0.24 7.47 3.52-15.9 

Piloti civili, Maschi 3 0.11 1.88 1.23-2.88 

Piloti militari, Maschi 

*p


Questi dati sono in accordo con i risultati emersi da studi precedenti su pazienti 

sottoposti a radioterapia che hanno dimostrato un eccesso di rischio in questi soggetti di 

tumore baso-cellulare e in alcuni studi anche spino-cellulare. Seppure la plausibilità 

biologica è confermata dalla letteratura sull’azione delle radiazioni ionizzanti come 

causa eziologia di tumori della cute, tuttavia la magnitudo del rischio in questi 

lavoratori può essere confusa da fattori di confondimento come ad esempio 

l’esposizione voluttuaria al sole. Sono quindi necessari studi di tipo caso-controllo per 

chiarire l’influenza dell’esposizione professionale sull’aumento di rischio di tumori 

della cute in questi lavoratori rispetto alla popolazione generale. 

486


INCIDENZA DI TUMORI NELLE DONNE ASSISTENTI DI VOLO: UNA 

REVISIONE SISTEMATICA 

Buja Alessandra, Mastrangelo Giuseppe, Grigoletto Francesco, Perissinotto Egle, Frigo Anna 

Chiara, Canova Cristina, Rausa Giuseppe. 

Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università di Padova 

Obiettivi 

Nel 1990 l’International Commission on Radiological Protection ha invitato a 

considerare la radiazione cosmica come una sorgente di esposizione professionale per il 

personale di volo. Solo recentemente sono stati pubblicati alcuni studi di coorte che 

hanno stimato il rischio di neoplasia nelle assistenti di volo con risultati talora 

contrastanti; tali studi, inoltre, sono affetti da bassa potenza per la limitata dimensione 

campionaria. L’obiettivo della nostra ricerca è quello di combinare, ove possibile, i dati 

disponibili per fornire una stima più precisa di tale rischio. 


La ricerca bibliografica, aggiornata al mese di febbraio 2005, è stata condotta attraverso 

Medline. Sono stati analizzati tutti gli studi coorte indipendenti condotti sulle assistenti 

di volo che stimavano l’incidenza di neoplasia mediante il rapporto standardizzato di 

incidenza (SIR). E’ stata eseguita una meta-analisi per ogni sede di tumore, in cui le 

differenze tra studi sono state stimate da un modello ad effetti casuali. 

Risultati 

Sono stati selezionati 7 studi di coorte. L’analisi per gli assistenti di volo ha mostrato un 

eccesso di rischio di tumore per tutte le sedi (meta-SIR=1.11; intervallo di confidenza al 

95% (IC) =1.01-1.22), per melanoma (meta-SIR=2.18; IC=1.62-2.92), carcinoma 

mammario (meta-SIR=1.44; IC=1.26-1.65), leucemia (meta-SIR=2.40; IC=1.05-5.48) e 

altri tumori cutanei (meta-SIR=2.66; IC=1.08-6.52). 

Sedi ICD-IX Numero 

di studi 

p per 

eterogeneità 

Meta-SIR IC 

Tutte le sedi 140-208 6 0.75 1.11* 1.01-1.22 

Stomaco 151 3 1.00 1.07 0.25-4.70 

Colon retto 153, 154 5 0.84 1.14 0.72-1.79 

Polmone 162 3 0.37 0.97 0.52-1.82 

Melanoma 172 6 0.84 2.18* 1.62-2.92 

Altro cute 173 2 0.72 2.66* 1.08-6.52 

Mammella 174 7 0.37 1.44* 1.26-1.65 

Cervice uterina 180 5 0.05 1.17 0.56-2.43 

Corpo dell’utero 182 5 0.00 1.92 0.45-8.31 

Ovaio 183 6 0.89 0.82 0.49-1.38 

Vescica 188 3 0.79 1.97 0.62-6.29 

Rene 189 2 0.65 1.43 0.30-6.90 

Encefalo e sistema nervoso 191, 192 5 0.05 0.59 0.21-1.65 

Tiroide 193 5 0.27 1.42 0.78-2.58 

Linfoma non-Hodgkin 200, 202 3 0.74 1.28 0.53-3.09 

Leucemia 204-208 4 0.58 2.44* 1.06-5.62 

* p


Conclusioni 

La mancanza di informazione sui fattori confondenti (parità, esposizione al sole) non 

permette di stabilire una relazione causa-effetto tra esposizione professionale ed eccesso 

di neoplasia. Sono necessari ulteriori studi per chiarire l’influenza di ogni fattore 

sull’aumento di rischio di cancro in questi lavoratori rispetto alla popolazione generale. 

488


CONOSCERE LA POPOLAZIONE IMMIGRATA: LE LORO DOMANDE E LE 

NOSTRE RISPOSTE 

M. Franchini 1 , A. Silva 2 

1 U.O. Epidemiologia, 2 U.O. Educazione alla Salute – ASL 11 Empoli 

Nella definizione del Profilo di Salute dell’ASL 11 di Empoli si è voluto fornire anche 

una caratterizzazione della popolazione immigrata e dei suoi bisogni, rilevati attraverso 

i dati routinariamente raccolti in azienda. L’assunto di base consiste nel ritenere che la 

caratterizzazione dei bisogni della popolazione immigrata si fonda anche sull’analisi 

delle richieste che i cittadini stranieri rivolgono alle varie strutture sanitarie e sulle 

problematiche che motivano tali richieste. 

La percentuale di cittadini stranieri iscritti alle anagrafi dei 15 comuni del territorio 

dell’Asl 11 è in crescita nel tempo con percentuali simili nelle due SdS e il dato 2003 

relativo ai paesi di immigrazione indica la netta prevalenza delle etnie dell’est Europa e 

dell’Asia; in particolare i ¾ della popolazione immigrata è composta da albanesi, cinesi, 

marocchini, senegalesi e filippini. La distribuzione per età e per sesso di cittadini 

stranieri evidenzia andamenti diversi a seconda delle etnie: negli albanesi e cinesi (e in 

misura minore nei marocchini) si rileva una quota sensibili di giovanissimi, donne e 

nuovi nati; nelle comunità senegalese e filippina invece si evidenzia una presenza 

concentrata principalmente nelle classi di età lavorative. In particolare cinesi e albanesi 

hanno un rapporto tra i sessi abbastanza bilanciato da far pensare ad una 

“stabilizzazione” nel territorio. 

La domanda di assistenza ospedaliera è fortemente variata nel tempo: dal 1997 la 

percentuale di dimissioni di utenti stranieri dalle strutture di ricovero dell’azienda ha 

subito un netto incremento, dovuto sia all’aumento della presenza straniera sul 

territorio, sia, probabilmente, ad una maggiore coscienza dei proprio diritti. 

Rilevante la quota percentuale di donne che hanno usufruito delle prestazioni di 

ricovero negli ultimi anni: questo dato, letto in parallelo con l’andamento per età dei 

ricoveri femminili, sembrerebbe confermare il ricorso al ricovero principalmente per 

problematiche relative alla maternità. Tale ipotesi trova la sua conferma nell’analisi dei 

Certificati di Assistenza al Parto che evidenziano un netto incremento nella percentuale 

di parti di donne straniere rispetto la totale dei parti effettuati in azienda negli ultimi 5 

anni, soprattutto in relazione all’etnia cinese. A fronte di quanto rilevato relativamente 

al rapporto fra sessi distinto per nazionalità, questo dato sembra indicare una tendenza 

alla procreazione più evidente nelle donne cinesi rispetto ad esempio alle donne 

filippine che, pur rappresentando il 56,4 % dell’intera popolazione filippina sono 

responsabili solo del 3% delle nascite fra gli immigrati. 

Valutando anche l’età media al primo figlio, dettagliata per le principali etnie, si 

riscontra in generale una maggiore precocità delle donne straniere rispetto alle italiane, 

ancor più accentuata se si considera che le donne cinesi, ad esempio, sperimentano la 

maternità 4 anni (valori mediani) prima di quelle albanesi. 

Altro aspetto rilevante nella caratterizzazione della popolazione straniera è 

rappresentato dal ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza che negli ultimi anni 

ha subito un incremento rilevante, con un picco evidente nell’anno 2003, e ha 

interessato prevalentemente donne con figli (così come accade per le italiane), 

suggerendo l’utilizzo dell’IVG quale mezzo di contraccezione tardiva. 

489


Nell’ambito della assistenza specialistica la domanda di prestazioni da parte di utenti 

stranieri si concentra principalmente nell’area della diagnostica chimico clinica, 

medicina e chirurgia d’urgenza, ostetricia e ginecologia, con lievi differenze fra i sessi. 

Un indagine ad hoc condotta su uno dei distretti aziendali ha permesso di caratterizzare 

anche la domanda di assistenza amministrativa da parte dei cittadini stranieri residenti 

nel nostro territorio. Al contrario di ciò che accade per i cittadini italiani la tipologia di 

prestazioni maggiormente richiesta dagli utenti stranieri al Distretto è rappresentata per 

il 47,2% da variazioni anagrafiche (iscrizioni, cancellazioni, variazioni di domicilio), 

seguite in percentuale minore da prenotazioni attraverso lo sportello CUP. 

490


VALUTAZIONE DI IMPATTO DI UNO STRUMENTO NUOVO NELLA 

PREVENZIONE DELL'ABITUDINE AL FUMO NEGLI ADOLESCENTI 

Claudia Monti 1 , Franca Gentilini 1 , Mariasilvia Di Marco 1 , Anna Bergamaschi 2 , Franca Zanetti 2 

1 2 



Introduzione 

Il fumo di tabacco ha una grossa rilevanza in termini di ricaduta di patologie acute e 

croniche tale da essere un obiettivo molto importante per chi si occupa di prevenzione e 

di promozione della salute tra i giovani. Infatti, nonostante nell'ultimo decennio si siano 

intensificati, soprattutto nella scuola media e superiore, indagini, programmi educativi, 

kit multimediali, e che alcune indagini mettano in evidenza trend positivi di riduzione 

dell'abitudine, il fumo di tabacco continua ad avere un potere di richiamo nei confronti 

degli adolescenti e una parte di essi diventa fumatore abituale. La rassegna didattica “Le 

vie del fumo”, nasce dall’esigenza di affrontare la tematica fumo con gli studenti 

attraverso una modalità emotivamente coinvolgente e partecipata e di fornire a docenti e 

operatori sanitari strumenti metodologici nuovi. 

Materiale e Metodo 

La mostra ha un carattere prettamente didattico cioè si prefigge di educare e di 

trasmettere contenuti offrendo spazi interattivi che coinvolgono i ragazzi in modo 

originale e completo alla scoperta dei vari aspetti che caratterizzano la simbologia e 

l’immaginario legati alla sigaretta. La valutazione delle conoscenze é affidata ad un pretest 

che i ragazzi compilano all'inizio del percorso e ad un post test compilato alla fine 

dell'esperienza. 

Risultati 

I dati seguenti si riferiscono all'allestimento della mostra nella città di Rimini: hanno 

compilato il pre-test 1870 e il post test 1816 ragazzi (44% maschi e 56% femmine) 

frequentanti il 53% la prima classe ed il rimanente la seconda classe di scuole medie 

superiori. 

Conoscenze sui componenti del fumo - Il 66% degli studenti nel pre ed il 81% nel post 

hanno riconosciuto che la nicotina provoca dipendenza; nel fumo di sigaretta è nota la 

presenza di catrame al 84% vs. 93%, di ossido di carbonio 45% vs. 72%, di cacao 8% 

vs. 59%, di ammoniaca 11% vs. 53%, di acetone 3% vs. 16% rispettivamente nel pre vs. 

post test. Non sono emerse differenze statisticamente significative legate al genere o al 

tipo di scuola frequentata; mentre si registrano conoscenze più appropriate tra gli 

studenti della seconda classe rispetto a quelli della prima. Atteggiamenti, opinioni – La 

consapevolezza che colui che inizia a fumare diventa dipendente è manifestata dal 38% 

vs.48%, l’esempio degli amici fumatori influenza l’inizio di tale abitudine nel 57% vs 

66% rispettivamente. La sigaretta inoltre fa sentire più forti e sicuri il 35% dei soggetti 

di sesso maschile ed il 44% delle ragazze. 

Conclusioni 

Dal confronto delle risposte fornite nel pre e post test, si nota una maggiore conoscenza 

sulla dipendenza e sui principali costituenti della sigaretta dopo avere effettuato il 

percorso. 

491


Considerando che uno degli obiettivi del percorso era quello di aumentare la 

consapevolezza sul meccanismo d'azione dei componenti del tabacco, si può dire che 

questo è stato raggiunto. Ci si riserva di indagare con ulteriori indagini sugli effetti 

dell'esperienza a lungo termine, in riferimento all'andamento dell'abitudine al fumo ed 

alla motivazione alla cessazione. 

492


STILI DI VITA, ATTIVITÁ FISICA E STATO DI SALUTE IN UNA 

POPOLAZIONE ANZIANA 

Mezzetti Francesca 1 , Cavrini Giulia 2 Andrea Mattivi 2 Collina Natalina 1 , Pacelli Barbara 1 , 

Pandolfi Paolo 1 , Marco Zoli 3 

1 Azienda USL di Bologna; 2 Dipartimento di Scienze Statistiche – Alma Mater Studiorum - 

Università di Bologna ; 3 Dipartimento di Medicina Interna, Cardio - angiologia ed Epatologia - 

Università di Bologna 

Introduzione 

Numerosi studi hanno dimostrato come la qualità della vita degli anziani risulta 

influenzata dalla conduzione di uno stile di vita sano, nell’ambito del quale l’abitudine a 

praticare attività fisica gioca un ruolo importante. Il rischio di andare incontro a 

patologie di tipo cardiovascolare, ictus ischemico, diabete tipo II, cancro del colon, 

osteoporosi, depressione e ansia, traumi da caduta è notevolmente ridotto nelle persone 

fisicamente attive. La promozione dell’attività fisica è dunque considerata una delle 

azioni di sanità pubblica di provata efficacia. Sebbene quindi esista evidenza scientifica 

che una regolare attività fisica produca effetti positivi nel benessere sia fisico che 

mentale, il 41% della popolazione italiana con età maggiore di 65 anni è sedentaria. Il 

presente studio si pone l’obiettivo di valutare l’effetto dell’incremento dell’attività fisica 

sulla qualità di vita percepita nella popolazione over 65 residente in tre comuni della 

Provincia di Bologna. 


La salute percepita viene stimata attraverso la misura fornita dal questionario EQ-5D, la 

quantificazione dell’attività fisica è misurata attraverso i questionari PASE, mentre 

l’autonomia nelle attività abituali viene misurata con i questionari ADL e IADL. 

L’EQ-5D, sviluppato dal gruppo Euroqol, definisce la salute in funzione di cinque 

dimensioni: mobilità, cura della persona, attività abituali, dolore, fastidio o malessere, 

ansia o depressione. Attraverso un algoritmo applicato al vettore riga delle risposte ai 5 

item si costruisce un indice che sintetizza lo stato di salute personale. Inoltre nel 

questionario è presente una scala graduata (scala VAS) con valori da 1 a 100, sulla 

quale il rispondente deve indicare il valore che meglio descrive il proprio stato di salute 

in quel momento. 

Il PASE (Phisical Activity Scale for the Elderly) è un questionario che misura l’attività 

fisica negli anziani ed è costituito da 11 item che riguardano alcune attività del tempo 

libero (passeggiare, ballo, bicicletta all’aperto, etc). 

Il questionario ADL (activities of daily living) che indaga sulla possibilità di svolgere le 

attività della vita quotidiana primarie (muoversi da una stanza all’altra, lavarsi, farsi il 

bagno o la doccia, vestirsi, mangiare, andare al bagno da solo), mentre il questionario 

IADL (instrumental activities of daily living) indaga sulle attività strumentali 

(prepararsi da mangiare, rassettare la casa, portare buste della spesa ecc.). 

Questo studio è iniziato a Gennaio 2004 e prevede una durata di 5 anni. La prima parte 

dello studio ha avuto come obiettivi quello di effettuare una valutazione di base della 

popolazione over 65 e quello di promuovere un incremento dell’attività fisica in questi 

soggetti. La seconda parte sarà un follow-up a 3 e a 5 anni e consisterà in uno studio 

caso-controllo su sottogruppi di popolazione. 

493


La popolazione campionata ha dovuto rispondere, oltre ai questionari sopra descritti, a 

domande riguardanti informazioni demografiche, antropometriche, uso di alcool e 

fumo, condizioni croniche (auto riferite) e assunzione di farmaci. 

Risultati 

La popolazione in studio (5255 soggetti) ha età media di 74.5 anni (SD=7.1- range 65- 

102 anni). Il punteggio medio della scala VAS nell’intero campione è pari a 63.9 

(SD=20.4). 

Applicando il modello di regressione binaria e multinomiale per verificare la presenza 

di una relazione tra stato di salute e le altre variabili indagate, risulta che chi pratica 

attività fisica ha una maggiore probabilità di mantenere un buon stato di salute. 

Conclusioni 

I risultati dello studio sottolineano l’importanza e la necessità di sviluppare specifici 

interventi finalizzati a promuovere l’adozione di stili di vita sani. 

494


IL SUPERAMENTO DELLA COMUNITA’ TERAPEUTICA 

Elisa Ruggeri 1 , Anna Bergamaschi 2 

1 2 



Obiettivi 

Presso la Comunità “Sentiero” di Pellegrino Parmense (PR), nata nell’ottobre del 1997 e 

ospitante 21 ex-lungodegenti dell’ospedale psichiatrico di Colorno, si è intrapreso un 

percorso volto ad organizzare e facilitare il “superamento della Comunità Terapeutica”, 

stimolando gli ospiti a costruirsi una chiara identità psicosociale in un contesto fisico e 

relazionale concreto cui riferirsi e dove traslocare. 


L’équipe della Comunità Terapeutica “Sentiero” ha progettato la riabilitazione dei 

propri utenti verso l’autonomia abitativa, lavorativa e sociale secondo una prospettiva 

ecosistemica, agendo su più livelli e rivolgendo la propria attenzione non solo alla 

persona, ma anche al suo rapporto con la famiglia d’origine e con il contesto sociale 

d’appartenenza sia interno che esterno alla Comunità. 

A tal fine sono stati elaborati progetti riabilitativi collettivi e individuali. 

I progetti riabilitativi rivolti a tutti gli ospiti sono: la scuola, l’orientamento al lavoro, i 

gruppi di social skills training volti a migliorare le competenze cognitive e pratiche dei 

soggetti; il laboratorio teatrale e la psicomotricità proiettati sulla ri-acquisizione delle 

capacità espressive e comunicative al fine di ridurre il divario tra mente e corpo tipico 

dei pazienti psicotici. 

Contemporaneamente ciascun ospite ha seguito anche un proprio piano riabilitativo 

individualizzato redatto dai referenti individuali con la collaborazione del paziente 

stesso per accoglierne i punti di vista e le richieste o negoziandole quando risulta 

necessario. Ogni progetto riabilitativo si è realizzato attraverso tre fasi strettamente 

collegate tra di loro: 

-assessment 

-definizione degli obiettivi 

-valutazione dei risultati. 

Per semplificare il lavoro che la redazione di tali progetti individuali richiede, i membri 

dell’équipe hanno introdotto come strumento utile alla pianificazione e alla valutazione 

degli obiettivi, il VADO (Valutazione – Abilità – Definizione – Obiettivi) ideato dal 

Prof. Massimo Casacchia. 

Oltre ai progetti riabilitativi comuni e individualizzati, nel 1999 è stato avviato il 

progetto “Insieme, a Pellegrino” con l’intento di rinnovare il Comune di Pellegrino 

attraverso alcune attività che garantiscano la realizzazione di uno “spazio” a metà strada 

che rappresenti il punto d’incontro tra gli ospiti della Comunità e i cittadini di 

Pellegrino così da fornire ai primi materiale di crescita e recupero sia sul piano 

intrapsichico sia sul piano della risocializzazione. 


Nel 2004 è stato inaugurato un condominio con appartamenti assistiti in cui ciascuna 

persona può finalmente vivere “a casa propria” continuando ad usufruire dell’assistenza 

sanitaria e riabilitativa. 

495


E’ ancora in fase di realizzazione il progetto sull’asse formazione/lavoro che consiste 

nell’apertura di un laboratorio artigianale con annesso emporio commerciale e 

l’incremento di un turismo rurale diffuso. Non a caso, entrambi i progetti, sono stati 

pensati con una precisa impronta socializzante poiché anche la ristrutturazione delle 

relazioni interpersonali rappresenta un obiettivo indispensabile per favorire il 

superamento della Comunità “Sentiero”. 

496


APPLICAZIONE DELLA TECNOLOGIA GIS AI DATI EPIDEMIOLOGICI DI 

UN CAMPIONE DI POPOLAZIONE GENERALE RESIDENTE A PISA 

S. Maio 1,2 , S. Baldacci 1 , R. Della Maggiore 2 , D. Nuvolone 2 , F. Martini 1 , M. Borbotti 1 , A. 

Angino 1 , G. Viegi 11 Unità di Epidemiologia Ambientale Polmonare Istituto di Fisiologia 

Clinica CNR; 2 Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione “Alessandro Faedo” CNR, 

Pisa 

Background 

Tra il 1985 ed il 1993, nell’ambito del Progetto Finalizzato del CNR “Medicina 

Preventiva-Sottoprogetto Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva” (1978-89) e della 

“Convenzione CNR-ENEL “Interazioni dei sistemi energetici con la salute umana e 

l’ambiente” (1990-94), l’Unità di Epidemiologia Ambientale Polmonare dell’Istituto di 

Fisiologia Clinica del CNR ha valutato con uno studio longitudinale la salute 

respiratoria di un campione di popolazione generale residente nell’area urbana e 

suburbana di Pisa. I risultati hanno messo in evidenza un incremento dei più importanti 

sintomi/malattie respiratori nella seconda fase dello studio (91-93) soprattutto per 

quanto riguarda i sintomi di asma (Viegi et al.,1999). 

Obiettivo 

Sulla base di tali risultati è nata l’idea di approfondire la relazione fra sintomi/malattie 

respiratori e l’inquinamento da traffico autoveicolare nel sotto-campione residente nel 

Comune di Pisa e partecipante alla seconda indagine trasversale. 


Con la tecnologia GIS (Geographical Information System) abbiamo valutato la 

posizione delle abitazioni rispetto alle vie maggiormente trafficate ed individuato le 

zone di diversa esposizione all’inquinamento atmosferico. Il territorio è stato suddiviso 

in zone omogenee per esposizione al traffico utilizzando due diversi criteri: 1. distanza 

di 50m per le strade urbane e 150m per quelle extraurbane; 2. suddivisione originaria 

del campione in base all’avere la residenza lungo la strada Tosco-Romagnola (altamente 

trafficata) e nella zona di Porta a Mare (area industriale).1320 soggetti hanno 

partecipato all’indagine epidemiologica campionaria compilando un questionario 

standardizzato del CNR sui sintomi/malattie respiratori e fattori di rischio e svolgendo 

test di funzione polmonare, test di broncostimolazione aspecifica alla metacolina, test 

allergometrici ed esami ematochimici. I dati sono stati analizzati con il Pacchetto 

Statistico per le Scienze Sociali (SPSS). 

Risultati 

Le analisi logistiche multivariate evidenziano, per il primo criterio di classificazione del 

territorio, una relazione significativa fra vivere vicino a strade trafficate ed espettorato 

nelle femmine; per quanto riguarda il secondo criterio vi sono risultati statisticamente 

significativi sia nei maschi sia nelle femmine per la broncopneumopatia cronica 

ostruttiva e l’ostruzione bronchiale (FEV1/FVC%


Conclusioni 

Questi risultati suggeriscono che vivere in zone di elevata esposizione all’inquinamento 

atmosferico dovuto al traffico veicolare è associato alla presenza di malattie/sintomi 

respiratori di tipo ostruttivo; evidenziano, inoltre, l’importanza di considerare tutte le 

possibili sorgenti di inquinamento atmosferico, comprese quelle di tipo industriale, nella 

progettazione di studi condotti nell’area urbana. L’utilizzo di proxy di esposizione 

all’inquinamento atmosferico unitamente alla tecnologia GIS sembra essere un valido 

approccio per stimarne gli effetti sulla salute. 

Sviluppi futuri 

Sarebbe quindi necessario approfondire ed integrare la conoscenza delle differenti 

sorgenti di inquinamento atmosferico presenti sul territorio (traffico, insediamenti 

produttivi, centrale elettrica, inceneritore, discarica ecc.) al fine di comprendere al 

meglio la relazione fra l’esposizione alle diverse sorgenti di inquinamento e la salute 

respiratoria nella popolazione. 

498


VALUTAZIONE DI ESITO DEGLI INTERVENTI DI PROTESI D’ANCA NEL 

LAZIO 

Sperati A., Agabiti N.*, Picconi O., Tancioni V., Cardo S., Guasticchi G. 

Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio, *Dip. Epidemiologia ASL RME. 

Introduzione 

Gli interventi di protesi d’anca (IPA) sono molto diffusi tra pazienti con osteoartrite 

cronica o con altri processi degenerativi dell’anca. Negli ultimi anni, è cresciuto 

l’interesse per la valutazione della qualità dell’attività ospedaliera in area chirurgica 

attraverso l’uso dei sistemi informativi ospedalieri (SIO). Obiettivo del presente studio è 

stimare gli esiti sulla salute nella popolazione sottoposta ad IPA e valutare l’effetto delle 

caratteristiche del paziente e della struttura sanitaria. 


Sono state selezionate dal SIO del Lazio le dimissioni per intervento di sostituzione 

totale dell’anca (artroprotesi) (ICD-IX CM=81.51) e di sostituzione parziale dell’anca 

(endoprotesi) (ICD-IX CM=81.52) verificatesi nel biennio 1998-1999 tra i residenti nel 

Lazio di età≥18 anni. Sono stati presi in considerazione solo i casi incidenti, per i quali è 

stata ricostruita la storia di ospedalizzazione per revisione (ICD-IX CM=81.53) 

successiva al ricovero indice. Per valutare i determinanti della mortalità a 30 giorni è 

stata condotta un’analisi di regressione logistica univariata e multivariata. Il rischio di 

essere sottoposto ad intervento di revisione a 3-5 anni è stato analizzato utilizzando la 

regressione di Cox. Le variabili considerate nel modello sono state: sesso, età, titolo di 

studio, diagnosi, indice di Charlson-Deyo, tipologia amministrativa, volume e degenza 

pre-operatoria. 

Risultati 

Nel periodo 1998-1999 sono state selezionate 8159 dimissioni per interventi primari di 

protesi d'anca (69.5% artroprotesi). La proporzione di interventi era maggiore nelle 

donne ed il 44% aveva più di 74 anni. L’artroprotesi è stata effettuata più 

frequentemente in soggetti di classi di età più giovani al contrario dell’endoprotesi, più 

diffusa in pazienti ultraottantenni. L’intervento di sostituzione parziale è stato effettuato 

nel 85.7% in pazienti con una diagnosi di frattura, essendo l’intervento di elezione per 

le fratture. Le patologie concomitanti (indice di Charlson) erano presenti nel 7.4% e nel 

20.1% delle artroprotesi e delle endoprotesi rispettivamente. A 30 giorni sono stati 

osservati in totale 272 decessi (3.3%) con un forte differenziale per tipologia 

d’intervento (endoprotesi 8.0% vs artroprotesi 1.3%). L'aumento dell'età, il sesso 

maschile, la presenza di comorbosità, l'aver avuto come diagnosi principale la frattura o 

il politrauma (solo per artroprotesi) e un’attesa preoperatoria più lunga (solo per 

endoprotesi) erano associate ad un aumento significativo del rischio di mortalità. Né la 

tipologia amministrativa dell’ospedale né il titolo di studio hanno mostrato un chiaro 

effetto sulla mortalità per i due interventi. Per i pazienti residenti nel Lazio operati fuori 

Regione si è osservata una riduzione del rischio di morire a 30 giorni dall’intervento di 

artroprotesi (OR=0.32, IC95%=0.12-0.89). Le persone sottoposte ad intervento in 

strutture sanitarie con un più alto numero di interventi l’anno, avevano con un maggior 

rischio di morte, sebbene non significativo (artroprotesi: 20-49 OR=1.07, 50-99 

OR=1.23, ≥100 OR=1.10; endoprotesi: 10-24 OR=1.95, 25-49 OR=1.78, ≥50 

OR=1.78). 

499


Per le endoprotesi un’attesa preoperatoria superiore a 2 giorni comportava un maggiore 

rischio di morire (3-6 giorni OR=1.80, IC95%=0.99-3.25; ≥7 giorni OR=2.83, 

IC95%=1.53-5.22). Per 169 pazienti su 5668 (3%) operati per artroprotesi è stato 

necessario un reintervento, mentre solo l’1.4% dei soggetti con intervento di 

endoprotesi è stato sottoposto a revisione. Per le artroprotesi solo il politrauma si 

associava significativamente ad un maggiore rischio di revisione, mentre per le 

endoprotesi, solo l’età all’intervento risultava associata con il tempo alla revisione, con 

un HR che diminuiva all’aumentare dell’età. Tale associazione è verosimilmente dovuta 

ad un effetto del rischio competitivo di morte. 

Conclusioni 

Utilizzando le informazioni presenti nel SIO è stato possibile analizzare l’effetto delle 

caratteristiche socio-demografiche del paziente e della struttura sanitaria sugli esiti. Il 

numero di interventi per IPA era molto maggiore nelle donne, ma negli uomini si è 

osservato un peggiore decorso post-operatorio in termini di mortalità. Essendo 

l’intervento di revisione di sostituzione dell’anca un indicatore di efficacia 

dell’intervento, i meccanismi alla base delle differenze osservate tra i due interventi 

andrebbero ulteriormente indagati. E’ stato possibile, inoltre, documentare una 

variabilità nella qualità dei servizi offerti dalle ortopedie del Lazio e di ipotizzare un 

possibile ruolo di tali aspetti sugli esiti. 

500

Documenti 

A.I.E.

Le pagine seguenti contengono la sintesi del Manifesto per l’Equità. Gli approfondimenti e la 

documentazione bibliografica sono accessibili in forma di ipertesto sul CD degli Atti del 

Convegno AIE 2005 e sul sito dell’Associazione Italiana di Epidemiologia: 

www.epidemiologia.it. 

Tutti sono invitati ad aderire al Manifesto inviando un messaggio alla segreteria scientifica 

dell’AIE: segreteriascientifica.aie@arsanita.toscana.it. Il Manifesto verrà poi diffuso con i 

nomi degli aderenti. 

E’ noto che negli ultimi decenni la salute dei cittadini all’interno dei Paesi sviluppati è andata 

progressivamente migliorando, grazie alle modificazioni positive delle condizioni di vita e ai 

progressi dei sistemi sanitari. Nonostante i problemi aperti e le critiche mosse al nostro Servizio 

sanitario, questo dato vale anche per l’Italia dove viene documentato, tra l’altro, dallo 

straordinario incremento dell’attesa di vita. Meno noto, invece, è il fatto che benessere e malattia 

siano distribuiti in modo disomogeneo nella popolazione. 

Tutti gli studi epidemiologici rilevano l’ampiezza e l’intensità delle disuguaglianze di salute e di 

quelle relative alle possibilità di accesso alle prestazioni erogate dai servizi sanitari. In Italia 

l’indagine ISTAT-Ministero-Regioni del 1999-2000 fornisce su questi temi dati di carattere 

generale molto eloquenti; altre informazioni, altrettanto significative, vengono da studi effettuati 

in ambito locale o su aspetti specifici del problema salute [vedi approfondimento 

nell’ipertesto] 

Sullo sfondo di questi elementi di conoscenza, alcuni epidemiologi si sono fatti promotori di un 

Manifesto per l’Equità. L’iniziativa muove da una duplice convinzione: 

1 - Che la riduzione delle disuguaglianze sia un traguardo irrinunciabile per qualsiasi 

politica sanitaria. In effetti sia il Piano Nazionale Sanitario del 1998 (Ministero Bindi) sia quello 

del 2003-2005 (Ministero Sirchia), benché con diverse angolature, rivendicano l’impegno per un 

sistema che garantisca a tutta la popolazione il mantenimento e il recupero della salute. In sanità, 

del resto, l’equità non può essere considerata un obiettivo di parte bensì come uno dei valori 

fondanti di qualsiasi intervento di piano. 

2 – Che, nonostante l’impegno profuso sulle tematiche dell’equità, la Sanità pubblica 

italiana non abbia ancora potuto fornire l’apporto che le è richiesto. In particolare, le 

valutazioni delle disuguaglianze sono soltanto episodiche e non permettono di conoscerne 

dimensioni e cause, di seguirne le variazioni nel tempo e di suggerire ai gestori del sistemasalute 

interventi correttivi efficaci. 

Il Manifesto per l’equità è stato costruito attraverso successive tappe di lavoro: la riflessione sui 

dati disponibili, il confronto delle opinioni emerse e infine l’elaborazione di un documento 

conclusivo. L’obiettivo ultimo è di proporre il problema a chi ha responsabilità di governo, 

fornendo adeguati strumenti di conoscenza. Gli “autori” del Manifesto dovranno perciò 

considerarsi tutti coloro che vorranno sottoscriverlo. 

503

1. Le disuguaglianze di salute sul territorio 

I dati epidemiologici più recenti confermano che alle soglie del 2000 lo stato di salute della 

popolazione italiana è contrassegnato da ampie e costanti differenze geografiche. Le regioni più 

svantaggiate sono tuttora quelle meridionali e insulari. Il quadro odierno ripete sostanzialmente 

quelli del passato: anche per questo motivo, le politiche di piano sia nazionali che regionali non 

possono evitare di confrontarsi nel ricercare risultati più incisivi, per quanto riguarda l’obiettivo 

dell’equità territoriale, di quelli ottenuti finora. 

Le disuguaglianze osservabili sul territorio attraversano tutti i settori del problema salute: dalla 

salute percepita a quella fisica, dalla salute mentale alle patologie croniche, dalla disabilità ai dati 

di mortalità. Ma sono particolarmente evidenti per la salute soggettiva e la disabilità: seguono, 

con differenze meno importanti, le patologie croniche. [vedi approfondimento 


Nel gradiente nord-sud meritano attenzione anche i pochi elementi dissonanti. Si tratta in 

particolare della mortalità maschile e dell’incidenza dei tumori, due dati tradizionalmente 

sfavorevoli nelle regioni settentrionali della penisola: anche se negli ultimi anni il distacco tra 

nord e sud è per entrambi in diminuzione. 

2. L’influenza delle condizioni sociali 

L’indagine ISTAT-Ministero-Regioni del 1999-2000 permette di osservare come gran parte 

dello svantaggio territoriale in termini di salute sia dovuto a condizioni sociali sfavorevoli 

(effetto composizionale): in altre parole, a una forte concentrazione in alcune zone di persone con 

poca istruzione, poco abbienti o decisamente povere e prive di reti familiari o sociali di sostegno. 

E’ stato anche documentato come nel meridione gli effetti sfavorevoli sulla salute causati dalla 

sovrapposizione di condizioni sociali sfavorevoli siano più marcati che altrove (effetto di 

contesto). [vedi approfondimento nell’ipertesto] 

Il ruolo dello svantaggio sociale nel determinare differenze di salute è stato studiato e da tempo 

riconosciuto anche in altri Paesi europei. Gli esperti di epidemiologia, in particolare, concordano 

sull’affermazione che nessun fattore di rischio biologico, considerato singolarmente, ha sulla 

salute una influenza paragonabile a quella dello svantaggio economico-culturale. Si ritiene anche 

che questa influenza, con poche eccezioni, sia verificabile in tutte le patologie più comuni. [vedi 

approfondimento nell’ipertesto] 

Tuttavia, le conoscenze accumulate finora sul rapporto tra posizione sociale e dati di salute 

necessitano di essere ampliate e approfondite. [vedi approfondimento nell’ipertesto] Indagini 

mirate sono necessarie per capire il ruolo dei singoli elementi (carenze culturali, disagio 

economico, disoccupazione, emarginazione eccetera) che concorrono a formare lo svantaggio 

sociale e i meccanismi di azione attraverso i quali le condizioni di disagio sociale determinano 

l’insorgenza dei problemi di salute o la loro mancata soluzione. [vedi approfondimento 

nell’ipertesto] Lo scopo finale, ambizioso ma non rinunciabile, di queste indagini è di 

identificare punti critici sui quali investire per andare oltre il fatto, oggi diffuso, che troppi 

obiettivi di salute siano alla portata esclusivamente di gruppi privilegiati di cittadini. 

Per quanto riguarda il metodo di studio da adottare, in linea di principio rimane vero che 

complessivamente altri determinanti della salute si aggiungono a quelli dello svantaggio sociale: 

nell’affrontare il problema del rapporto tra i due elementi è dunque necessario guardarsi da 

504

possibili fraintendimenti. Però la correlazione appare, anche nel nostro Paese, così stretta che 

sembra più utile studiarli congiuntamente. 

3. Sottogruppi a rischio e stile di vita 

I meccanismi attraverso i quali agisce la disuguaglianza sociale e territoriale variano con l’età e 

minacciano di aggravarsi in avvenire. [vedi approfondimento nell’ipertesto] 

Nei minori la fragilità della salute è legata prevalentemente alle condizioni culturali e al reddito 

del contesto familiare. Negli anziani le conseguenze della condizione sociale sulla salute 

emergono sopratutto nella disabilità, sia come predisposizione ereditata dagli anni precedenti sia 

come rapidità del processo che porta alla perdita di autonomia. Nella popolazione in età 

lavorativa i fattori sociali che influiscono maggiormente sullo stato di salute sono la precarietà 

del lavoro, le professioni usuranti, il declino precoce delle capacità produttive. 

A questi fattori si sommano gli effetti dello stile di vita. Da diversi anni i dati epidemiologici 

rilevano come costumi alimentari scorretti, la dipendenza dall’alcol anche tra le donne, la 

sedentarietà, l’abitudine al fumo tra gli uomini e limitatamente alle classi di età più giovani – 

benché diffusi in tutta la popolazione italiana – siano prevalenti nelle classi sociali inferiori e 

nelle regioni meridionali del Paese. E’ nota peraltro la difficoltà a modificare i comportamenti 

individuali con interventi di tipo informativo od educativo. 

[vedi approfondimento nell’ipertesto] 

4. Disuguaglianze nell’accesso ai servizi 

Il profilo complessivo dell’utilizzazione dei servizi sanitari è più equilibrato. Su tutto il territorio 

nazionale numero e tipo delle prestazioni erogate appaiono infatti correlate al bisogno di salute e 

ai suoi principali indicatori (distribuzione della morbosità, salute percepita, età eccetera). [vedi 

approfondimento nell’ipertesto] Il finanziamento del sistema non rivela attualmente gravi 

sperequazioni di natura geografica. L’universalità dell’accesso, del resto, è la caratteristica che 

più di altre ha meritato al sistema sanitario italiano ripetuti riconoscimenti internazionali. Si può 

affermare dunque che, in relazione all’uso dei servizi sanitari, l’obiettivo complessivo è quello di 

conservare l’attuale livello di equità piuttosto che migliorarlo. [vedi approfondimento 


Esistono tuttavia precise responsabilità nel consentire diverse situazioni di disuguaglianza 

all’interno del Paese. In alcune aree geografiche i servizi disponibili sembrano insufficienti e le 

prestazioni erogate di efficacia e qualità peggiore che altrove. [vedi approfondimento 

nell’ipertesto] Le fasce più deboli della popolazione non sono sempre in grado di ottenere i 

trattamenti migliori: nello stesso tempo appaiono maggiormente esposte a consumi sanitari 

inutili e inappropriati. [vedi approfondimento nell’ipertesto] Per verificare le diverse 

ipotesi, è necessario approfondire l’analisi e la valutazione di diverse situazioni di 

disuguaglianza, almeno in parte già documentate: 

1. I dati relativi a specifici percorsi assistenziali - come il percorso-nascita, la diagnosi 

precoce dei tumori femminili, le malattie ischemiche di cuore, la salute mentale - in cui 

emergono da tempo profonde differenze territoriali. 

2. I dati relativi alla mobilità interregionale, alla distribuzione territoriale delle strutture di 

eccellenza (come i centri trapianti e la radioterapia), ai tempi di attesa per alcune 

prestazioni diagnostiche (TAC cerebrale, ecocardiografia). 

505

506 

3. Particolarmente significativi i dati che rivelano modelli di consumo sanitario 

differenziati secondo l’area geografica o il gruppo sociale considerati. Recenti studi, per 

esempio, hanno identificato approcci diversi alla soluzione dei problemi di salute nelle 

varie ripartizioni geografiche itraliane. Questo tipo di analisi può far capire meglio anche 

composizione e motivazioni della crescente spesa sanitaria privata. 

5. Le previsioni per il futuro. 

Nel breve-medio periodo le disuguaglianze di salute tendono ad approfondirsi. A questa 

previsione porta la lettura delle dinamiche internazionali in atto all’interno del sistema produttivo 

e di quello commerciale che rappresentano le principali cause della mancanza di equità nello 

stato di salute. Difficoltà di sviluppo, crisi occupazionale, indebolimento del welfare e, d’altro 

lato, un mercato dei consumi che tende a esasperare la segmentazione della clientela: l’effetto di 

questi trend temporali sarà di ampliare e approfondire, anche nel nostro Paese, le disuguaglianze. 

[vedi approfondimento nell’ipertesto] Anche i flussi migratori provenienti dai Paesi poveri 

rappresentano per i sistemi sanitari europei, Italia compresa, una nuova sfida sul terreno 

dell’equità [vedi approfondimento nell’ipertesto] L’epidemiologia d’altra parte non può 

pretendere di cambiare i fattori economici in gioco: l’analisi, la valutazione, il monitoraggio e la 

comunicazione dei dati relativi all’equità sono le sole iniziative alla sua portata. L’utilità, sia da 

un punto di vista culturale che operativo, di una descrizione rigorosa è proporzionale alla 

capacità di identificare i ‘punti sensibili’ della disuguaglianza. 

Particolarmente significativo può essere il contributo conoscitivo delle ricerca per impostare 

politiche integrate, poco praticate in Italia, in grado di ottenere vantaggi di salute attraverso 

interventi non direttamente sanitari ma di tipo educativo, ambientale o assunti nell’ambito delle 

politiche di welfare. Difficilmente infatti si può pensare di poter avere un buon sistema sanitario 

in una società che rimanga fortemente squilibrata. 

Altrettanto importante è la capacità di contrastare il trasferimento acritico ai sistemi sanitari delle 

caratteristiche attualmente prevalenti in ambito politico-economico, fondate sul mercato, 

sull’efficienza e su una forte competitività. Potrebbe accadere infatti che forme di assistenza 

sanitaria solo apparentemente secondarie (per esempio nell’ambito dell’assistenza territoriale e/o 

rivolta agli anziani) siano declassate a interventi di beneficenza o delegate in toto alle famiglie: 

procedure di questo tipo possono rivelarsi palesemente inique. [vedi approfondimento 


6. La devolution 

Tra le trasformazioni in atto, in Italia c’è anche il federalismo. Questo processo, in stato di 

avanzata realizzazione, non costituisce in sè stesso una minaccia per l’equità sanitaria: anzi, 

regioni molto responsabili potrebbero trovare soluzioni alla disuguaglianza migliori di quelle 

attuali. [vedi approfondimento nell’ipertesto] Tuttavia, nella definizione finale della 

devolution sanitaria e nella sua applicazione, occorre salvaguardare valori e caratteristiche 

operative irrinunciabili. 

1. Il diritto dei cittadini alla salute va garantito e coniugato in modo omogeneo nelle diverse 

regioni: altrimenti, considerato il valore etico e sociale dei diritti sanitari, si rischia di 

rompere il patto di cittadinanza, con conseguenze politiche anche gravi. 

2. Le risorse disponibili all’interno del Paese vanno distribuite in modo tale da non 

obbligare alcune regioni a ridurre la portata attuale della spesa sanitaria.

L’impostazione e l’organizzazione che caratterizzano i singoli sistemi regionali debbono 

evitare di produrre divergenze nella qualità dell’assistenza. E’ necessario nell'offerta di 

servizi, in particolare per la componente privata, mettere a punto meccanismi di controllo 

dell'appropriatezza delle prestazioni [vedi approfondimento nell’ipertesto] ed inoltre, 

soprattutto per la componente di offerta e gestione pubbliche, è necessario attivare 

meccanismi di sviluppo del sistema sia sul piano del finanziamento sia su quello 

dell'efficienza. 

Conclusioni [vedi approfondimento nell’ipertesto] 

Per risultare efficaci, le iniziative, anche nel campo della ricerca scientifica, che si propongono 

l’indagine e il superamento delle disuguaglianze debbono inserirsi all’interno di politiche 

coerenti con l’obiettivo dell’equità. Valgono a questo proposito le seguenti osservazioni: 

- Nel suo insieme, l’attività sanitaria è destinata all’intera società. Ma i singoli interventi 

vanno selezionati e integrati in base a 3 diversi obiettivi: 

o In primo luogo, alzare i valori degli indicatori di salute nelle aree e nei gruppi 

sociali più svantaggiati. 

o In secondo luogo, diminuire la velocità con cui le disuguaglianze di salute 

tendono ad approfondirsi. 

o Da ultimo, occorre agire in profondità per rendere il più possibile omogenee le 

condizioni di salute nelle diverse componenti della società. 

- Tutti gli interventi proposti devono richiamarsi a soluzioni di provata efficacia o, almeno, 

a solide teorie eziopatogenetiche. E’ necessaria una valutazione preliminare degli effetti 

attesi dai singoli provvedimenti sulla salute anche per quanto attiene all’equità della loro 

distribuzione sociale e territoriale. 

- Gli interventi in corso di attuazione devono essere valutati con strumenti e indicatori non 

solo appropriati ma anche verificabili. 

- E’ necessario infine che qualsiasi intervento sanitario conceda uno spazio adeguato 

all’informazione, alla consultazione e alla programmazione concertata con i gruppi 

marginali che sono le vittime principali delle disuguaglianze. 

Il presupposto culturale per una politica di questo tipo è che l’obiettivo dell’equità sia 

considerato prioritario in qualsiasi azione promossa in campo sanitario. Questo principio 

dovrebbe essere tenuto presente, in particolare, nella formulazione delle linee-guida. E’ 

altrettanto importante che i Servizi sanitari si dotino di sistemi informativi in grado di misurare 

sistematicamente i principali parametri di equità. 

Il Manifesto è stato discusso durante un Seminario svoltosi presso l’Agenzia Regionale di 

Sanità Toscana il 1° Dicembre 2004, cui tra gli altri avevano aderito: Ancona, Aurora, Barro, 

Bellini, Biocca, Bisanti, Caiazzo, Candela, Carnevale, Cau, Fantini, Farchi, Federico, Fossati, 

Galanti, Giampaoli, Luppi, Maciocco, Marinaci, Martuzzi, Paci, Palumbo, Panti, Perucci, 

Piperno, Pizzuti, Ranci Ortigosa, Romeri, Russo, Saitto, Saracci, Satolli, Testi, Vittori, 

Voller, Zocchetti, Zuccatelli. Si invitano in ogni caso tutti, e anche coloro che hanno 

partecipato al Seminario, ad inviare la loro adesione al Manifesto nella versione definitiva 

pubblicata sul sito AIE ed anche inserita nel CD degli atti del convegno AIE 2005. 

507

Durante l’inverno appena concluso in molte città italiane sono stati superati i nuovi 

limiti dei valori degli indicatori dell’inquinamento atmosferico prescritti dalla 

Direttiva Europea del 1999, ed entrati in vigore quest’anno. In particolare, per le 

polveri sospese, (il PM10, le cosiddette polveri sottili), la legislazione Europea 

prevede un limite annuale di 40 ug/m3 e che i valori giornalieri non superino i 50 

ug/m3 per più di 35 giorni all’anno. Sull’importanza dell’inquinamento atmosferico 

e sui possibili effetti sulla salute umana, all’opinione pubblica sono stati riportati 

giudizi contrastanti. 

In occasione della sua riunione primaverile a Taranto, il cui tema è “L’epidemiologia 

ambientale nelle aree ad alto rischio”, l’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) 

ritiene suo compito portare all’attenzione delle autorità sanitarie, dell’opinione 

pubblica e dei media una sintetica ma ponderata valutazione delle conoscenze 

epidemiologiche sui rischi a breve e a lungo termine che l’inquinamento atmosferico 

crea per la salute umana. Anidride solforosa (SO2), biossido d’azoto (NO2), ossido di 

carbonio (CO), particelle di diametro inferiore ai 10 micron (PM10) e ozono sono i 

materiali comunemente misurati nel monitoraggio dell’inquinamento atmosferico. 

Particolare attenzione, come indicatore di inquinamento, viene data alle polveri 

sospese. 

Caratteristiche e proprietà delle polveri 

sospese 

L’inquinamento da polveri sospese comprende una 

miscela di particelle allo stato solido o liquido che 

variano in dimensione, origine e composizione. 

La distribuzione dimensionale delle polveri al di 

sotto dei 10 micron (PM10) comprende la frazione 

più grossolana (“coarse”), e le polveri fini (“fine”). 

Le particelle della frazione “coarse” (diametro 

aereodinamico compreso tra i 2.5 e i 10micron) sono 

spesso di origine naturale (suolo, polveri 

desertiche). Le polveri fini (al di sotto dei 2.5 

micron, PM2.5) hanno origine dai processi di 

combustione (veicoli, industrie, produzione energia 

elettrica) e possono essere emesse direttamente, 

ovvero possono formarsi per trasformazione chimica 

dalle emissioni primarie di ossidi di zolfo e di 

azoto(solfati e nitrati). 

Nelle grandi città la fonte più importante delle 

particelle sospese è il traffico veicolare con un 

contributo pari al 70-80% Le particelle più fini sono 

emesse in maggior misura dai veicoli diesel, specie a 

bassa velocità. Anche il riscaldamento domestico 

rappresenta una fonte di particelle sospese quando 

sono impiegati carbone ed olii combustibili. 

Le polveri di origine naturale (polveri del deserto e 

aerosol marino) possono dare un contributo 

importante alla concentrazione di PM10 delle città, 

ma solo in condizioni meteorologiche definite, non 

molto frequenti nelle città italiane . 

La dimensione delle polveri influenza in modo 

diretto il tempo della loro permanenza in 

atmosfera. Mentre le polveri più grandi si 

depositano al suolo molto presto, le polveri più 

sottili rimangono disperse in aria per diversi giorni 

e possono essere trasportate a grande distanza 

(centinaia di chilometri in poche ore). 

La composizione chimica delle polveri è 

estremamente variabile: si tratta di una miscela di 

particelle solide e liquide costituite da pece, 

materiale inorganico, organico e biologico e alle 

quali aderiscono diversi idrocarburi policlici 

aromatici, molti dei quali sono cancerogeni. La 

presenza di numerosi metalli (nickel, cromo, rame, 

piombo, ferro, vanadio) conferisce proprietà 

tossiche e cancerogene variabili. Allo stato attuale 

delle conoscenze non sono noti in modo specifico i 

fattori legati alla composizione chimica che sono 

responsabili degli effetti sanitari delle particelle 

sospese. 

 

Effetti sulla salute dell’inquinamento atmosferico 

Gli effetti sulla salute degli inquinanti 

atmosferici,sono innanzitutto acuti (di breve 

termine: aggravamento di sintomi respiratori e 

cardiaci in soggetti malati, infezioni respiratorie 

acute, crisi di asma bronchiale, disturbi circolatori 

ed ischemici, morte). Essi si manifestano nella 

popolazione in risposta alle variazioni di breve 

periodo (oraria o giornaliera) nella concentrazione 

degli inquinanti. Gli effetti sono anche di tipo 

cronico causati da una esposizione di lungo periodo 

(a lungo termine: sintomi respiratori cronici quale 

tosse e catarro, diminuzione della capacità 

polmonare, bronchite cronica, tumore polmonare). 

Gli uni e gli altri possono comportare una 

diminuzione della speranza di vita ed un aumento 

della mortalità generale. 

 

Effetti a breve termine 

Studi multicentrici condotti in America 

Settentrionale, in Europa e anche in Italia (studio 

MISA giunto alla 2° versione) hanno mostrato una 

associazione tra alcuni indicatori di inquinamento 

atmosferico (in particolare il PM10, l’NO2 e O3) e 

509

mortalità e/o di ricoveri ospedalieri per malattie 

respiratorie e/o cardiocircolatorie. 

Per lo più, tali studi si basano sulle “serie 

temporali” di statistiche correnti: viene studiato il 

rapporto tra le concentrazioni degli inquinanti e i 

dati meteorologici giornalieri da una parte, e 

dall’altra gli eventi sanitari che si verificano nella 

stessa giornata e nei giorni immediatamente 

successivi. L’effetto, quando esiste, viene 

identificato attraverso il confronto – per la stessa 

popolazione - tra numero di eventi sanitari nei 

giorni di maggiore inquinamento e corrispondente 

numero nei giorni di minore inquinamento. 

Un eccesso statisticamente significativo di morti per 

cause naturali, associato ad eccessi degli indicatori 

di inquinamento, emerge coerentemente dagli 

studi effettuati in diversi paesi e in aree diverse 

all’interno dello stesso studio. Simili associazioni, 

seppure in modo meno coerente, emergono tra gli 

indicatori di inquinamento e i ricoveri ospedalieri 

per malattie cardiache e respiratorie. 

La Organizzazione Mondiale della Sanità ha 

recentemente completato una revisione sistematica 

di tutti gli studi condotti nelle varie aree del mondo 

(33 studi) concludendo che per ogni incremento del 

PM10 di 10 ug/m3 si osserva un incremento della 

mortalità pari al 0.6% (95%CI=0.4-0.8%). Le stime 

sono più elevate per la mortalità cardiovascolare e 

respiratoria. 

Per il PM10, gli studi ad oggi condotti non sono 

riusciti a mettere in evidenza un effetto soglia 

(ovvero una concentrazione di inquinante al di sotto 

della quale non si rilevano effetti sanitari). 

La riproducibilità delle osservazioni tra studi 

effettuati indipendentemente l’uno dall’altro (nota 

come “coerenza esterna”) depone fortemente per la 

natura causale dell’associazione. Depongono nello 

stesso senso la temporalità del rapporto fra 

presunta causa e presunto effetto, nonché le nozioni 

tossicologiche sugli effetti dei singoli inquinanti, 

che conferiscono una spiegazione biologica 

all’associazione. Diversi studi di carattere clinico ed 

epidemiologico hanno suggerito i possibili 

meccanismi biologici con i quali si manifestano gli 

effetti degli inquinanti. 

Per il PM10, lo studio MISA ha mostrato risultati 

del tutto compatibili con le stime internazionali. 

Per il PM10 (in misura maggiore che per NO2), 

tuttavia, si sono osservate variazioni quantitative 

tra città e città dell’effetto dell’incremento unitario 

di inquinante. Parte di queste variazioni esprimono 

fluttuazioni e/o diversità nella precisione delle 

misure ambientali. Parte probabilmente sono 

invece espressione di diversità di interazione con le 

variabili meteorologiche e con lo stile di vita (si 

pensi ad esempio al diverso tempo passato all’aria 

aperta tra i residenti in Italia settentrionale e 

meridionale). 

Se i motivi delle differenze tra città e città poste in 

evidenza da MISA sono da investigare, un loro 

possibile ruolo non detrae nulla dalla drammatica 

dimensione degli effetti dell’inquinamento 

atmosferico in Italia. 

 

510 

Effetti a lungo termine 

A partire dal 1990, 3 studi di coorte negli Stati Uniti, 

hanno coerentemente dimostrato un aumentato 

rischio di morte per cause cardiovascolari e 

respiratorie e per cancro polmonare parallelo 

all’esposizione nel corso della vita alla componente 

particolata dell’inquinamento atmosferico. Nello 

studio più recente è stata stimata l’esposizione 

individuale a PM2.5 di 500.000 adulti, 

successivamente seguiti per 16 anni. E’ emerso un 

aumento del 6%, statisticamente significativo, del 

rischio di morte per un incremento di 10 mcg/metro 

cubo di PM2.5. Il corrispondente aumento per il 

rischio di morte per malattie cardiovascolari era del 

12%. Queste stime tengono conto di una serie di 

fattori di confondimento, compresa massa corporea, 

esposizioni professionali e consumo di tabacco. 

In Europa, è stato condotto uno studio di coorte in 

Olanda e uno in Norvegia Ambedue hanno prodotto 

risultati statisticamente significativi. Il primo ha 

dimostrato un raddoppio della mortalità per 

malattie cardiopolmonari non neoplastiche nei 

residenti in vicinanza di strade ad elevato traffico. Il 

secondo ha dimostrato un eccesso del 36% di 

incidenza del cancro polmonare per un incremento 

di 30 mcg/metro cubo di concentrazione di NO2. 

La coerenza di questi risultati con quelli di studi 

condotti su gruppi professionalmente esposti a gas 

di scarico della nafta ( come guidatori di autobus e 

di camion, poliziotti ecc. ) consente di affermare che 

con ogni probabilità l’esposizione all’inquinamento 

atmosferico urbano è cancerogena per la specie 

umana. 

La popolazione infantile è particolarmente 

suscettibile agli effetti degli inquinanti. Studi 

multicentrici internazionali hanno posto in 

evidenza un eccesso di sintomi respiratori cronici 

nei bambini esposti ad inquinanti ambientali. Si è 

registrato inoltre un danno della funzione 

respiratoria e un ritardo dello sviluppo polmonare. 

Anche in Italia, come dimostrato dallo studio 

collaborativo SIDRIA, nelle aree metropolitane è 

stato stimato un aumento – tra 50 e 100%- del 

rischio di bronchite, catarro e sibili bronchiali nei 

bambini residenti in aree con elevato traffico, specie 

di camion. 

Le stime di impatto dell’inquinamento atmosferico 

sulla popolazione italiana 

Non stupisce che stime di impatto effettuate su 

diverse basi di dati e con metodi diversi diano 

risultati tra di loro diversi. Tutte le stime, 

comunque, hanno lo stesso segno e indicano nelle 

migliaia – o nelle decine di migliaia - l’ordine di 

grandezza del numero annuo di vittime 

dell’inquinamento atmosferico in Italia. 

Una prima stima è stata effettuata dall’OMS nel 

1998 relativamente a otto grandi città italiane. Tale 

studio ha concluso che riducendo il PM10 ad una 

media di 30µg/m3 si potrebbero prevenire circa 3.500 

morti all’anno nelle 8 città considerate. Da questa 

stima non si discostano di molto quelle emergenti 

dallo studio MISA-2 

Il programma “Clean Air for Europe” (CAFE) ha di 

recente stimato che in Italia alle emissioni di PM2.5 

del 2000 possa essere attribuibile una perdita media

di 8.6 mesi di attesa di vita (range nell’Europa dei 15 

compresi tra 3.1 in Finlandia e 13.6 in Belgio). A tale 

stima, corrisponde un numero di decessi attribuibile 

all’inquinamento atmosferico dell’ordine di decine 

di migliaia di casi. 

In Italia, i casi di cancro polmonare attribuibili 

all’esposizione a inquinamento atmosferico sono 

stati stimati intorno alle diverse centinaia per anno. 

Migliaia di ricoveri per cause respiratorie e 

cardiovascolari e decine di migliaia di casi di 

bronchite acuta e asma fra i bambini al di sotto dei 

quindici anni che potrebbero essere evitati 

riducendo le concentrazioni medie di PM10. 

Conclusioni 

Sulla base degli studi epidemiologici elencati, 

condotti in ambito internazionale ed italiano, si può 

concludere che all’inquinamento atmosferico è 

attribuibile oggi una quota rilevante di morbosità 

acuta e cronica. 

La speranza di vita dei cittadini che vivono in aree 

con livelli di inquinamento elevato è diminuita. 

 

Gli effetti si verificano ai livelli attuali di 

inquinamento ambientale e non sembra esserci una 

soglia al di sotto della quale non si osservano danni. 

I gruppi di popolazione più colpiti 

dall’inquinamento ambientale sono soprattutto gli 

anziani e le persone in condizione di salute più 

compromessa come i malati di patologie cardiache e 

respiratorie. Per queste persone, l’esposizione ad 

inquinamento ambientale peggiora la prognosi e 

aumenta la probabilità di morte. 

I bambini sono particolarmente vulnerabili agli 

effetti dell’inquinamento e tendono ad ammalarsi 

per cause respiratorie, in particolare bronchite ed 

asma. L’esposizione ad inquinanti peggiora lo stato 

di malattia in bambini affetti da compromissione 

cronica delle vie aeree. 

Sulla base delle stime di impatto, l’inquinamento 

ambientale costituisce un problema di sanità 

pubblica molto rilevante. 

La necessità di misure immediate di salute pubblica 

è evidente. 

Taranto, 28 aprile 2005 

A.I.E. 

Associazione 

Italiana di 


511

Nota relativa ai due documenti che seguono nelle pagine successive: 

• documento della Commissione intersocietaria per la formazione 

dell’epidemiologo e del biostatistico 

• proposta di costituzione di Network Epidemiologici Regionali 

Su iniziativa della SISMEC (Società Italiana di Statistica Medica ed 

Epidemiologia Clinica) si sono costituite due Commissioni Interassociative 

che hanno affrontato i temi dell’assetto didattico dell’Epidemiologia e del 

Coordinamento della ricerca a livello regionale. 

A queste commissioni hanno partecipato dei rappresentanti dell’AIE che 

portando la propria visione e la propria sensibilità hanno influito talvolta 

anche considerevolmente sui testi finali. Sono chiaramente dei documenti 

di “accordo” tra parti differenti talvolta anche portatrici di esigenze 

professionali non del tutto coincidenti. 

La segreteria giudica questi documenti come una base valida del dialogo tra 

le associazioni che sono interessate ai problemi della didattica e della 

ricerca epidemiologica. Peraltro, sono state espresse alcune perplessità 

all’interno dell’AIE e per questo si è ritenuto corretto sviluppare la 

discussione al riguardo anche in Assemblea a Pisa. Tutti i soci potranno 

così esprimere la propria opinione sull’opportunità che questi documenti 

portino o meno anche la firma dell’AIE accanto a quella delle altre 

associazioni che li hanno già approvati. 

513

PROFILI PROFESSIONALI e PERCORSI FORMATIVI 

DELL’EPIDEMIOLOGO E DEL BIOSTATISTICO 

QUALIFICATI 

Commissione intersocietaria per la formazione dell’epidemiologo e del biostatistico 

Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) 

rappresentata da Cesare Cislaghi e Nereo Segnan 

Biometristi delle Aziende Farmaceutiche Associati (BIAS) 

rappresentati da Carola Dragonetti e Paolo Morelli 

Società Italiana di Biometria (SIB) 

rappresentata da Annibale Biggeri e Giuseppe Rossi 

Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica 

(SItI) 

rappresentata da Gabriella Aggazzotti e Francesco Donato 

Società Italiana di Statistica (SIS) 

rappresentata da Marco Marchi e Angela Montanari 

Società Italiana di Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica 

(SISMEC) 

rappresentata da Giovanni Corrao e Adriano Decarli 

con il contributo di: 

• Giuseppe Costa (SItI e AIE) per l’inquadramento dell’epidemiologo 

• Alessandra Marinoni (SISMEC) per le scuole di specializzazione in sanità pubblica e 

l’inquadramento del biostatistico 

• Walter Ricciardi (SItI) per i master di secondo livello 

515

1. PREMESSA 

INDICE 

2. LA FIGURA DELL’EPIDEMIOLOGO 

2.1. Definizione di epidemiologia 

2.2. La figura professionale dell’epidemiologo 

2.3. Funzioni, competenze e requisiti dell’epidemiologo 

3. LA FIGURA DEL BIOSTATISTICO 

3.1. Definizione di biostatistica 

3.2. La figura professionale del biostatistico 

3.3. Funzioni, competenze e requisiti del biostatistico 

4. LA FIGURA DELL’ASSISTENTE DI EPIDEMIOLOGIA 

5. COMPETENZE E REQUISITI 

6. PROPOSTE DI PERCORSI FORMATIVI 

7. PUNTI CRITICI PER LO SVILUPPO DELLE PROPOSTE 

7.1. Pianificazione e coordinamento dei percorsi formativi 

7.2. Aspetti che necessitano di interventi normativi 

Allegato 1: Contenuti e grado di competenze richiesti alle figure professionali 

di epidemiologo, biostatistico e assistente di epidemiologia 

Allegato 2: Percorsi formativi per la formazione dell’epidemiologo, del 

biostatistico e dell’assistente di epidemiologia 

Allegato 3: Percorsi per la formazione dell’epidemiologo che opera nel 

servizio sanitario nazionale 

517

518 

1. PREMESSA 

Il presente documento, elaborato da un gruppo di lavoro che raccoglie le esperienze e le 

competenze delle associazioni scientifiche e professionali competenti negli ambiti 

dell’epidemiologia e della biostatistica, ha lo scopo di promuovere il ruolo delle due 

discipline attraverso idonee formule di certificazione dei professionisti in questi settori 

e di accreditamento dei percorsi formativi che garantiscano l’accesso agli specifici 

ruoli. 

La situazione di sviluppo delle due discipline suggerisce che vi siano più livelli di 

esercizio delle corrispondenti competenze. In particolare, competenze di questo tipo 

sono richieste: (a) nell’ambito delle professioni sanitarie per comprendere e valutare 

frequenza, cause e soluzioni dei problemi di salute e per interpretare la letteratura; (b) ai 

professionisti della prevenzione e della direzione sanitaria (aziendale, di presidio, 

territoriale) per analizzare i problemi e i rischi nella comunità e per identificare e 

applicare le soluzioni appropriate; (c) ai professionisti della clinica per trattare i 

problemi di governo clinico del campo nosologico o strumentale di competenza. 

Naturalmente tutte queste funzioni non configurano una o più figure professionali 

specifiche ma solo un requisito minimo di competenza di ogni professionista della 

sanità (professioni sanitarie, preventive, direttive e cliniche) necessario anche per saper 

riconoscere quando è opportuno ricorrere a competenze metodologiche specialistiche. 

Il presente documento rivolge piuttosto la propria attenzione alle funzioni inquadrabili 

nelle figure professionali dell’epidemiologo e del biostatistico qualificati le cui funzioni 

e competenze riguardano sia la progettazione e la conduzione in piena autonomia di 

ogni attività epidemiologica e biostatistica necessaria in medicina e in sanità, sia la 

valorizzazione dei risultati ai fini dei processi decisionali. Il documento è strutturato in 

modo da inquadrare le due discipline definendone i ruoli, le competenze e le funzioni 

richieste ai professionisti di questi ambiti disciplinari , proseguire con alcune ipotesi di 

percorsi formativi e concludere con alcuni punti critici per lo sviluppo delle proposte 

del documento e ipotesi di lavoro futuro.

2. IL PROFILO DELL’EPIDEMIOLOGO 

A seguito dell’approvazione della disciplina di epidemiologia per i profili professionali 

del ruolo sanitario, le associazioni scientifiche e professionali competenti hanno tra i 

loro obiettivi statutari quello di promuovere il ruolo dell’epidemiologia attraverso 

idonee formule di certificazione del professionista e di accreditamento dei percorsi 

formativi che ne garantiscono l’accesso. L’epidemiologia italiana risulta esercitata da 

professionisti di disparata formazione, inseriti ed organizzati presso i più diversi servizi 

del sistema sanitario ai vari livelli, oltre che presso l’Università. 

Il presente paragrafo si propone di: 

a) definire la disciplina dell’epidemiologia e le figure professionali con competenze 

epidemiologiche; 

b) inquadrare e analizzare il contesto organizzativo in cui si svolge la funzione di 

epidemiologia nel sistema sanitario italiano; 

c) identificare i profili professionali che concorrono all’esercizio della funzione, e tra 

questi chi sono gli epidemiologi qualificati. 

2.1. DEFINIZIONE DI EPIDEMIOLOGIA 

L’epidemiologia è il metodo che disciplina l’osservazione e la sperimentazione 

scientifica circa l’insorgenza, le cause, la prevenzione ed il trattamento delle malattie e 

dei fenomeni correlati, rilevanti per la salute della popolazione. Gli obiettivi 

dell’osservazione e della sperimentazione scientifica possono essere funzionali sia 

all’assistenza ai processi decisionali, sia alla produzione di nuove conoscenze (d’ora in 

poi nel documento le due funzioni sono designate con i termini rispettivamente di 

assistenza alla decisione e di ricerca) nell’ambito clinico proprio della medicina e 

nell’ambito programmatorio e gestionale proprio dei sistemi sanitari. Per l’esercizio di 

questa disciplina occorrono competenze sul metodo epidemiologico e sulle tecniche ad 

esso strumentali (statistica e trattamento dati), oltre che sullo specifico dominio 

scientifico e tecnico (della medicina e dei sistemi sanitari) a cui l’osservazione si 

applica. 

2.2. LA FIGURA PROFESSIONALE DELL’EPIDEMIOLOGO 

In Italia l’epidemiologia è nata con il concorso di molte culture e comunità 

professionali già affermati, sia quelle più tradizionalmente interessate agli interventi di 

comunità come l’igiene, la statistica sanitaria e la medicina del lavoro, sia singoli settori 

della clinica, quali quelli oncologico, psichiatrico, cardiovascolare e neurologico. 

L’epidemiologia si è poi sviluppata in servizi “professionistici” di epidemiologia nel 

sistema sanitario, a livello nazionale, regionale e locale, ma con formule diverse, 

essendo interpretata da figure professionali di varia natura e provenienza (più spesso 

laureati in medicina e chirurgia e specializzati nelle discipline dell’igiene e medicina 

preventiva o della statistica sanitaria, ma con il contributo di profili professionali non 

medici, quali biologi, statistici, fisici, matematici, farmacisti e sociologi, ecc…). 

Le attività epidemiologiche si sono strutturate con soluzioni organizzative non 

regolamentate e con un investimento di risorse molto variabile nelle diverse regioni. Gli 

obiettivi di conoscenza (assistenza alla decisione e ricerca), inizialmente più sbilanciati 

verso la ricerca, si sono progressivamente equilibrati verso una maggiore attenzione 

alle necessità di assistenza ai processi decisionali sia clinici che di sistema sanitario. La 

519

collocazione organizzativa di questi servizi è stata e rimane molto variabile, a volte in 

sede aziendale, nei dipartimenti di prevenzione o nelle direzioni sanitarie aziendali e di 

presidio, a volte in agenzie e istituti regionali e nazionali. Accanto a questo sviluppo, 

più di tipo professionistico, è cresciuta anche una competenza professionale più diffusa 

nei dipartimenti di prevenzione, nelle direzioni sanitarie e nel mondo della clinica. 

Sotto il profilo legislativo, la disciplina di epidemiologia è inquadrata nel Servizio 

Sanitario Nazionale nell’area della Sanità Pubblica, sia come tale (“Epidemiologia”) 

che come strettamente connessa all’igiene e sanità pubblica (“Igiene, epidemiologia e 

sanità pubblica”) (Conferenza Stato-Regioni 21/03/2002). 

Rispetto alla situazione di sviluppo dell’epidemiologia italiana si possono identificare 

più livelli di esercizio delle competenze epidemiologiche: oltre alle conoscenze di base 

necessarie alle diverse figure professionali sanitarie per organizzare la raccolta di 

osservazioni e le analisi dei dati nello specifico dominio di competenza, vi sono due 

figure professionali identificabili nell’area di sanità pubblica. 

1) La prima figura si riferisce alla disciplina “Epidemiologia” e si identifica nel 

professionista che progetta e conduce ogni attività epidemiologica necessaria in 

medicina e in sanità per applicare i risultati delle ricerche scientifiche ai fini dei 

processi decisionali; tale figura possiede competenze piene sul metodo (disegno, analisi 

e conduzione degli studi), appropriate al ruolo sui domini di applicazione (scienze 

biomediche per la clinica, scienze dell’ambiente e della sicurezza per la prevenzione, 

scienze sociali ed economiche per i sistemi sanitari e l’organizzazione dell’assistenza) e 

competenze per la conduzione di attività di gruppo e interdisciplinari; 

2) La seconda figura si riferisce alla disciplina “Igiene, epidemiologia e sanità 

pubblica” e corrisponde ad un professionista che riveste il compito di analizzare i 

problemi e i rischi nella comunità, nel territorio, ad identificare, organizzare e applicare 

le soluzioni appropriate, possedendo competenze nel metodo epidemiologico. Tali 

competenze sono necessarie per svolgere le attività di osservazione di fenomeni locali 

sullo specifico dominio di sanità pubblica e per saper riconoscere quando è necessario 

ricorrere alla collaborazione di competenze metodologiche di tipo specialistico (ad 

esempio per impostare e condurre indagini più complesse ed ambiziose quanto ad 

obiettivi conoscitivi, più sofisticate nei metodi e nelle tecniche, più onerose negli 

investimenti richiesti) finalizzate alla prevenzione. 

Da questo retroterra si ricava che esiste una domanda di lavoro epidemiologico 

articolabile in: 

posizioni professionali finalizzate alla ricerca che operano nell’Università e in 

Centri di ricerca, con funzioni di realizzazione di indagini epidemiologiche e 

studi metodologici, sia in ambito di sanità pubblica che in ambito clinico. 

Resta difficile determinare il fabbisogno di questa domanda di lavoro, che, del 

resto, è quella che presenta minori problemi di accreditamento; 

posizioni professionali finalizzate all’assistenza alle decisioni e alla ricerca 

che operano più spesso all’interno di servizi espressamente dedicati alla 

funzione epidemiologica nei diversi livelli del sistema sanitario, o che 

possono operare anche all’interno di servizi non dedicati all’epidemiologia, 

ma con una destinazione della gran parte del tempo di lavoro alla funzione, in 

particolare per quanto concerne l’epidemiologia applicata alla sanità pubblica 

nell’ambito delle strutture della prevenzione e della direzione sanitaria 

(aziendale, di presidio, territoriale). Questa è la posizione che presenta 

maggiori esigenze di certificazione ed accreditamento e che riguarda volumi 

di personale che non sono stati disciplinati da nessun standard normativo 

520

nazionale, ma al più indicazioni di fabbisogno in qualche atto di piano 

regionale. 

L’importanza relativa degli obiettivi di ricerca rispetto a quelli di assistenza ai processi 

decisionali varia in funzione della natura e del livello istituzionale ed organizzativo che 

esprime la domanda: più sbilanciata verso la ricerca nelle agenzie ed istituti nazionali; 

più orientata all’assistenza ai processi decisionali man mano che si passa al livello 

regionale o sub-regionale o aziendale. 

2.3. FUNZIONI, COMPETENZE E REQUISITI DELL’EPIDEMIOLOGO 

All’epidemiologo sono richieste competenze: 

piene sul metodo (disegno, conduzione e analisi degli studi); 

sui domini di applicazione (scienze biomediche per la clinica, scienze 

dell’ambiente e della sicurezza per la prevenzione, scienze sociali ed 

economiche per i sistemi sanitari e l’organizzazione dell’assistenza); 

avanzate per la conduzione di attività di gruppo e interdisciplinari. 

Per un esercizio autonomo di questa funzione è preferibile essere inseriti direttamente o 

indirettamente in una struttura la cui dotazione di competenze professionali, di fonti 

informative, di tecnologia e di investitura istituzionale e di mercato superi uno standard 

minimo. All’interno di questa funzione e di questa struttura l’epidemiologo qualificato 

dovrà essere attrezzato allo svolgimento di due tipi di funzioni: 

un tipo più attento agli scopi epidemiologici di assistenza e valutazione dei 

processi decisionali: esso necessita delle competenze specialistiche che servono 

per identificare le necessità conoscitive dei propri interlocutori, delle 

competenze di metodo per definire ipotesi pertinenti ai bisogni prima 

identificati e per disegnare studi validi, per partecipare alla loro realizzazione e, 

soprattutto, per valorizzarne i risultati ai fini dei processi decisionali che 

l’epidemiologo è chiamato ad accompagnare; 

un tipo più attento agli scopi epidemiologici di produzione di conoscenza 

scientifica originale: esso necessita di tutte le competenze di merito sul dominio 

di applicazione dello studio, onde definire ipotesi di studio rilevanti ed originali, 

disegnare studi validi, realizzarli in modo efficiente, interpretarli e valorizzarli 

con significative innovazioni per le conoscenze scientifiche sul tema; inoltre il 

suo livello di competenze metodologiche deve essere tale da potersi proporre 

anche obiettivi evolutivi ed innovativi dal punto di vista metodologico. 

521

3. IL PROFILO DEL BIOSTATISTICO 

La figura del biostatistico, sebbene ampiamente richiesta in numerosi contesti, è poco 

definita sia sul piano formale, che su quello sostanziale. Formalmente, i percorsi 

formativi in questo settore sono scarsi e con contenuti eterogenei. Dal punto di vista 

sostanziale, la biostatistica dovrebbe occuparsi dello sviluppo e dell’applicazione di 

metodi quantitativi nel contesto dei fenomeni biologici. Sulla base di tale definizione, 

un esperto in biostatistica dovrebbe essere in grado di muoversi in campi tra loro molto 

distanti che vanno, ad esempio, dal campionamento di popolazioni vegetali, agli aspetti 

etici della ricerca clinica. 

Il presente documento è stato realizzato con un’ottica che pragmaticamente prescinde 

dal tentativo di esplorare l’intero spettro delle competenze statistiche in campo 

biologico, ma piuttosto focalizza l’attenzione ai soli contesti occupazionali (settori 

produttivi, aziende di servizio, associazioni ed organismi) nei quali competenze 

biostatistiche siano richieste in misura tale da giustificare l’istituzione di specifici 

percorsi formativi. Sul piano dei contesti occupazionali, la figura del biostatistico opera 

ed è richiesta nelle aziende del settore farmaceutico, nelle aziende ospedaliere e negli 

istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nelle aziende sanitarie locali, nelle 

agenzie regionali sanitarie e ambientali, negli istituti di ricerca biologica e 

farmacologica, nei comitati etici. Sul piano delle attività di ricerca e di servizio, le 

competenze biostatistiche sono richieste nella ricerca biologica e farmacologica, nella 

sperimentazione e nella ricerca clinica, nelle indagini osservazionali e nelle attività di 

gestione e governo della sanità. 

Da un punto di vista generale il biostatistico dovrebbe essere qualificato in base al titolo 

di studio e all'educazione accademica ricevuta, al programma formativo specifico e 

all'esperienza acquisita. Nel contesto europeo esistono situazioni abbastanza 

disomogenee rispetto al percorso formativo del biostatistico, ma in generale tutti i paesi 

convergono sull'importanza di considerare i titoli di studio insieme all'esperienza 

acquisita, e di costruire la formazione in collaborazione con il contesto occupazionale al 

quale il biostatistico si offre. 

Il presente paragrafo è la base introduttiva di un percorso la cui finalità è quella di 

individuare i requisiti minimi per l’accreditamento dei titoli di studio accademici che 

riconoscono come esplicito obiettivo quello di preparare adeguatamente alla 

professione di biostatistico qualificato. 

3.1. DEFINIZIONE DI BIOSTATISTICA 

La biostatistica ha come principale scopo lo sviluppo e l’applicazione dei metodi e dei 

modelli più adeguati nel campo della progettazione, dell’analisi e dell’interpretazione 

statistica di dati generati dallo studio di problemi biologici, clinici ed epidemiologici. 

La disciplina trova principale applicazione nelle aree della ricerca e degli interventi che 

riguardano la salute degli esseri viventi, la sua interazione con l’ambiente e il 

patrimonio genetico e la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli stati morbosi. 

3.2. LA FIGURA PROFESSIONALE DEL BIOSTATISTICO 

Il biostatistico è un professionista che, in possesso di un adeguato titolo di studio, è 

qualificato per lo svolgimento di funzioni di progettazione, gestione, analisi e 

interpretazione statistica e valutazione di studi sperimentali, indagini osservazionali e 

sistemi di monitoraggio e sorveglianza nei campi della biologia, della veterinaria, delle 

523

iotecnologie, delle scienze ambientali e della medicina preventiva, clinica e 

riabilitativa. 

3.3. FUNZIONI, COMPETENZE E REQUISITI DEL BIOSTATISTICO 

Il biostatistico deve essere in grado di: 

a) partecipare alla stesura dei protocolli di ricerca fornendo le proprie competenze per 

la definizione e la scelta del disegno dello studio e dei criteri di selezione delle unità 

statistiche da includere nello studio, della messa a punto degli strumenti di raccolta 

e di misura, dei metodi statistici da impiegare, del numero di unità statistiche da 

includere nello studio tenendo conto del livello di significatività e della potenza 

dello studio rispetto al contesto in cui sta operando, delle procedure per la gestione 

dei dati mancanti, inutilizzati o spuri, per la segnalazione di qualunque deviazione 

dal piano statistico originale, e per il controllo e l’assicurazione della qualità dei 

dati; con tali funzioni il biostatistico è coinvolto in fase di pianificazione degli studi, 

siano essi sperimentali od osservazionali, quale membro stabile di un team dedicato 

di esperti; 

b) intervenire nelle procedure di gestione del dato dalla sua raccolta su supporto 

cartaceo o elettronico, al controllo della sua qualità, alla chiusura del database 

collaborando con la figura del data manager; 

c) effettuare l’analisi statistica dei dati attraverso la costruzione di modelli atti a 

spiegare i fenomeni oggetto di studio anche con l’impiego di strumenti di calcolo 

automatico avanzati e di algoritmi sofisticati; 

d) partecipare alla stesura dei rapporti di ricerca fornendo le proprie competenze 

nel: 

• la descrizione del disegno dello studio e dei metodi statistici utilizzati, 

• la presentazione e interpretazione statistica dei risultati mettendo criticamente in 

luce l’evidenza scientifica generata dallo studio, 

• la collaborazione al successivo processo decisionale; 

e) aggiornarsi attraverso: 

• la letteratura scientifica più qualificata relativa ai metodi statistici, alle tecniche 

di indagine e al contesto applicativo nel quale opera, 

• la conoscenza delle normativa nazionale ed internazionale, 

• la partecipazione a corsi, congressi/seminari e workshop. 

Per svolgere tali funzioni un biostatistico deve possedere: 

• solide basi matematiche, statistiche e biologiche; 

• buona padronanza degli strumenti informatici e di calcolo automatico; 

• approfondita conoscenza delle tecniche e degli strumenti della ricerca 

sperimentale e osservazionale e delle tecniche statistiche che trovano particolare 

applicazione nel contesto della biostatistica; 

• particolare sensibilità al linguaggio ed un livello adeguato di conoscenza del 

contesto biologico, medico e ambientale al quale la biostatistica è applicata che lo metta 

in grado di collaborare con esperti in discipline biologiche, mediche ed ambientali; 

• buona conoscenza della metodologia della ricerca scientifica, dei princìpi etici e 

degli aspetti normativi relativi all'ambito in cui si opera; 

• spiccata predisposizione al lavoro di gruppo e capacità di gestione dei progetti; 

• ottima conoscenza e padronanza della lingua inglese. 

524

4. LA FIGURA DELL’ASSISTENTE DI EPIDEMIOLOGIA 

Le strutture di epidemiologia e biostatistica professionistiche richiedono la presenza di 

figure professionali intermedie, che si potrebbero definire assistenti di epidemiologia, 

che necessitano di competenze di metodologia epidemiologica e statistica, e soprattutto 

di competenze di tecnica di trattamento dati e di organizzazione dei processi di uno 

studio.Le prime competenze sono indispensabili per collaborare con le altre figure 

professionali della struttura, le seconde sono quelle precipue per gestire in autonomia le 

procedure operative dello studio. Analogamente ad altre figure professionali (ad 

esempio, tecnico della prevenzione, assistente sanitario, infermiere di ricerca, data 

manager, farmacista di ricerca, ecc…), queste figure professionali intermedie ricoprono 

al momento un ruolo specifico ma in posizioni professionali diverse e soffrono di 

sostanziale assenza di curriculum formativo. 

5. COMPETENZE E REQUISITI 

L’identificazione delle competenze professionali (e dei relativi livelli o requisiti di 

competenza) di tutte queste figure professionali fornisce gli ingredienti di base per 

definire da un lato i criteri e standard di valutazione in un ambito certificativo, e 

dall’altro gli obiettivi educativi e gli standard di apprendimento dei relativi percorsi 

formativi. 

In Allegato 1 sono elencati i contenuti delle competenze identificati dalla 

Commissione. Nelle colonne di destra i contenuti delle competenze professionali sono 

articolati per grado di competenza con cui debbono essere posseduti dalle diverse figure 

professionali che concorrono all’esercizio delle funzioni epidemiologica e biostatistica. 

Le celle indicano il livello dei relativi standard di competenza di ogni figura 

professionale: “base” equivalente ad uno standard di base di metodo e di capacità di 

collaborazione col livello più professionistico, “avanzato” equivalente a capacità di 

esercizio professionistico in piena autonomia, “sviluppo” equivalente a capacità di 

sviluppo di metodi e strumenti. 

525

6. PROPOSTE DI PERCORSI FORMATIVI 

Risulta chiaro dalle premesse che le figure professionali che concorrono all’esercizio 

delle funzioni epidemiologica e biostatistica, necessitano di percorsi formativi 

differenziati, che però, come risulta dalla precedente tabella, possono attingere in parte 

alla medesima offerta formativa, soprattutto nella misura in cui essa viene organizzata 

in crediti formativi universitari. 

Rispetto all’attuale assetto dell’istruzione universitaria italiana, si intravede la generale 

possibilità di attivare percorsi per la formazione dell’epidemiologo, del biostatistico e 

dell’assistente di epidemiologia inquadrabili nelle lauree magistrali, nei Master 

universitari di primo e secondo livello e nelle scuole di specializzazione. 

Per l’epidemiologo occorre definire un percorso formativo sotto forma di 

indirizzo epidemiologico di quelle scuole di specializzazione dell’area Sanità 

pubblica, organizzate in un tronco comune iniziale, il cui titolo di studio è 

riconosciuto valido per l’accesso alla carriera (Igiene e Medicina preventiva e 

Statistica sanitaria). 23 

Bisogna richiamare l’attenzione sul fatto che attualmente la nuova disciplina 

delle scuole di specializzazione permette l’accesso ai soli medici e in 

prospettiva agli altri professionisti del ruolo sanitario (biologi, psicologi, 

farmacisti e veterinari) per le scuole in Statistica sanitaria (cfr. par. 7). 

Va considerata anche l’opportunità di perfezionamento tramite un Master di 

secondo livello. 

Per il biostatistico occorre definire un percorso formativo che partendo da 

una laurea almeno triennale in discipline scientifiche, prosegua con una laurea 

magistrale 24 con indirizzo in biostatistica e possibilmente si perfezioni con un 

master universitario di secondo livello che completi le capacità professionali 

indirizzandole ad uno specifico settore (o con un dottorato di ricerca che 

approfondisca le conoscenze e le competenze indirizzandole alla ricerca 

teorica e/o applicativa nel campo della biostatistica). 

Per l’assistente di epidemiologia si può ricorrere ad un arricchimento dei 

contenuti delle lauree triennali di partenza (sia in statistica, sia in quelle 

afferenti alle classi delle lauree delle professioni sanitarie, ad esempio per 

assistente sanitario) mediante un Master universitario di primo livello per 

l’epidemiologia o la biostatistica. 

23 Il percorso suggerito si riferisce alla disciplina “Epidemiologia” alla cui formazione concorrono le due 

Scuole di specializzazione. Il percorso relativo alla disciplina “Igiene, epidemiologia e sanità pubblica” è 

di esclusiva competenza delle Scuole di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva. 

24 Allo stato attuale, tra le lauree di secondo livello, quella più adeguata per un percorso di questo tipo 

sembra quella della classe delle lauree specialistiche 92/S (Statistica per la ricerca sperimentale). Il DM 

270/04 contenente le modifiche al decreto 509/99, sancisce che la formazione di livello avanzato per 

l’esercizio di attività di elevata qualificazione sia devoluta alle lauree magistrali (non più specialistiche) 

le cui classi saranno determinate da un decreto di prossima pubblicazione. La commissione si riserva di 

individuare la classe di laurea magistrale nella quale è attivabile un percorso di indirizzo biostatistico 

dopo la pubblicazione dello specifico decreto. 

527

Il quadro ora delineato non esaurisce le esigenze formative in questo settore per almeno 

due motivi: 

1. il mercato del lavoro necessita di maggiore flessibilità rispetto agli standard 

formativi sopra delineati; questo è scontato nel settore privato dove tradizionalmente le 

competenze e le capacità professionali hanno un maggior peso rispetto al titolo di 

studio; tuttavia, nello stesso Servizio Sanitario Nazionale, l’autonomia delle Regioni 

suggerisce la necessità di attivare percorsi formativi meno rigidi che si adattino alle 

specifiche esigenze delineate dai Piani Sanitari Regionali; ad esempio, nello schema 

sopra proposto la formazione avanzata in epidemiologia risulterebbe dedicata ai soli 

laureati in medicina e chirurgia e, in prospettiva, ad altri laureati dei ruoli sanitari, 

mentre funzioni epidemiologiche, anche avanzate, sono attualmente ricoperte anche da 

laureati in altre discipline; 

2. i bisogni formativi non riguardano solo la formazione avanzata in epidemiologia e 

biostatistica che ne accreditino figure professionali specifiche in grado di operare in 

piena autonomia; piuttosto, come accennato nel par. 2.3. a proposito delle funzioni 

epidemiologiche (ma le stesse considerazioni valgono anche per quelle biostatistiche), 

competenze in questi settori sono richieste in numerosi ambiti della sanità (professioni 

sanitarie, preventive, direttive e cliniche) per saper riconoscere quando è necessario 

ricorrere alla collaborazione con competenze metodologiche di tipo professionistico. 

Sulla base di tali considerazioni, i Master universitari di secondo livello possono 

svolgere una funzione di indubbia utilità in quanto caratterizzati da maggiore flessibilità 

rispetto ai percorsi formativi sopra delineati. Occorre sottolineare che in base alla 

normativa vigente i Master possono contribuire alla formazione di professionisti non 

necessariamente appartenenti al ruolo sanitario. 

In Allegato 2 sono sintetizzate alcune ipotesi di percorsi che, partendo da diversificate 

formazioni di base (lauree in medicina e chirurgia, altre lauree accreditate e non nei 

ruoli sanitari, lauree brevi in discipline scientifiche e tecnologiche) conducono alla 

formazione dell’epidemiologo, del biostatistico e dell’assistente di epidemiologia. 

In Allegato 3 vengono sintetizzate proposte di percorsi formativi, sia quelli già previsti 

dalla normativa vigente che quelli auspicati, ma attualmente non percorribili, per 

l’epidemiologo che opera nel Servizio Sanitario Nazionale. A tal fine, si ravvisa 

l’opportunità che le Scuole di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva e in 

Statistica Sanitaria prevedano percorsi mirati alla formazione in Epidemiologia, 

nell’ambito dell’autonomia delle Scuole e delle diverse Facoltà mediche. 

E’ inoltre auspicabile che divenga possibile per gli specializzandi accedere, durante il 

periodo di frequenza alla Scuola di Specializzazione, a moduli di insegnamento o a 

tirocini organizzati nell’ambito di Master di secondo livello attinenti l’epidemiologia e 

la biostatistica, previo accordo tra le Scuole di specializzazione e i Master in oggetto. 

528

7. PUNTI CRITICI PER LO SVILUPPO DELLE PROPOSTE DEL 

DOCUMENTO 

Sono qui di seguito discussi i principali punti critici che andranno affrontati per la 

realizzazione delle proposte formulate. Tali punti riguardano sia le questioni relative al 

coordinamento dei percorsi formativi, sia quelle che necessitano di interventi normativi. 

7.1. COORDINAMENTO DEI PERCORSI FORMATIVI 

La Commissione sottolinea la necessità di: 

armonizzare l’offerta formativa delle scuole di specializzazione in Igiene e 

medicina preventiva e in Statistica sanitaria garantendone l’adeguatezza rispetto 

ai requisiti elencati nell’allegato 1 del documento e con una distribuzione 

territoriale dell’offerta che si preoccupi di colmare le principali lacune; a tal fine 

è auspicabile che vengano stipulati accordi interuniversitari tra le scuole di 

specializzazione e tra queste e altri Corsi di studio del settore, quali Master, 

eventualmente organizzati in rete (cfr. punto successivo), e Corsi di laurea 

magistrali in modo da realizzare economie di scala e aumentare le disponibilità 

territoriali dell’offerta ottimizzando la rispondenza ai requisiti; 

realizzare una rete di Master in Epidemiologia e Biostatistica mediante: 

• la realizzazione di eventi formativi comuni e condivisi (seminari, sessioni 

dei convegni nazionali ed internazionali organizzati dalle Società aderenti alla 

Commissione dedicate agli studenti dei Master, Scuola estiva, ecc…); 

• la promozione di attività di ricerca in comune da far svolgere agli Studenti 

dei Master, che possano portare alla realizzazione di progetti multicentrici e 

richieste di finanziamenti ad enti nazionali ed internazionali; 

• la promozione di attività editoriali quali la possibilità di offrire ai lavori di 

tesi di Master più meritevoli, per ogni anno accademico, di essere pubblicati 

sulle riviste di riferimento delle Società; 

• la costituzione di un’Associazione che preveda l’iscrizione degli Studenti 

e dei Docenti (Alumni Association) che potrebbe avere le seguenti finalità: 

- creazione ed aggiornamento di un albo informatico degli epidemiologi e 

dei biostatistici; 

- invio tramite posta elettronica di una newsletter con informazioni 

riguardanti eventi (convegni, corsi); 

- invio periodico tramite posta elettronica delle tables of contents delle 

principali riviste di Epidemiologia e Biostatistica; 

• la condivisione di acquisti relativi a libri di testo e licenze di pacchetti 

statistici ad uso degli studenti. 

promuovere l’attivazione di Corsi di studio del settore che completino lo 

schema formativo descritto nell’allegato 2. In particolare è auspicabile 

l’attivazione di: 

• Corsi di laurea magistrali con indirizzo biostatistico 

• Master di primo livello per assistenti di epidemiologia 

529

530 

allo stato attuale insufficienti per colmare i bisogni di professionisti nel settore, 

garantendone l’adeguatezza rispetto ai requisiti elencati nell’allegato 1. 

Infine, in riferimento ai requisiti formativi elencati nell’allegato 1 la Commissione 

rileva la necessità di attribuire le responsabilità ai Settori Scientifico Disciplinari 

competenti per ogni requisito. 

7.2. ASPETTI CHE NECESSITANO DI INTERVENTI NORMATIVI 

Ai laureati sanitari non medici (biologi, psicologi, farmacisti e veterinari) non è 

attualmente consentito l’accesso alle scuole di specializzazione della classe della Sanità 

pubblica. Le Società scientifiche auspicano che in prospettiva i laureati sanitari possano 

accedere almeno alle Scuole di specializzazione in Statistica sanitaria. Ciò 

consentirebbe ai laureati che appartengono al ruolo sanitario l’accesso alla carriera di 

epidemiologo e alla dirigenza di primo e secondo livello nella disciplina. 

Allo stato attuale le posizioni professionali del biostatistico e dell’assistente di 

epidemiologia non sono disciplinate nel Servizio Sanitario Nazionale. Rimane 

controversa e da approfondire la questione dell’opportunità o meno di disciplinare le 

posizioni di chi svolge tali ruoli nel Servizio Sanitario Nazionale. 

Allegato 1 

CONTENUTI E LIVELLI DI COMPETENZE RICHIESTI ALLE 

FIGURE PROFESSIONALI DI EPIDEMIOLOGO, 

BIOSTATISTICO E ASSISTENTE DI EPIDEMIOLOGIA 

Per ogni tipologia di contenuto e ogni figura professionale, la tabella seguente riporta i 

livelli di competenza richiesti classificati in livello di base (equivalente ad uno standard 

di base di metodo e di capacità di collaborazione col livello più avanzato), livello 

avanzato (equivalente a capacità di esercizio professionistico in piena autonomia) e 

livello di sviluppo (equivalente a capacità di fornire sviluppo di metodi e strumenti).

Disciplina / ruolo 

Igiene, 


epidemiologia 

e sanità 

Biostatistica 

Conoscenze, abilità e attitudini 

PRE-REQUISITI 

pubblica 

conoscenze di base nelle scienze biomediche e della 

salute 

base base base 

conoscenze di base nelle scienze sociali ed 

economiche per le loro applicazioni in sanità 


conoscenze di base nelle scienze ambientali base base base 

nozioni di base di statistica e metodologia 

epidemiologica 


Assistente di 

epidemiologia 

METODOLOGIA EPIDEMIOLOGICA 

misure di frequenza, di associazione e di impatto sviluppo avanzato avanzato base 

sviluppo avanzato avanzato base 

disegno conduzione, analisi e interpretazione di studi 

epidemiologici 

precisione e validità delle stime sviluppo avanzato avanzato base 

rassegne sistematiche e meta-analisi in ambito di sanità pubblica sviluppo avanzato avanzato base 

METODOLOGIA EPIDEMIOLOGICA CLINICA 

logica del ragionamento clinico dalla formulazione 

della diagnosi alla scelta terapeutica 

avanzato avanzato base 

misure cliniche, fonti di variabilità, criteri di 

normalità 

sviluppo avanzato avanzato base 

valutazione degli strumenti diagnostici sviluppo avanzato avanzato base 

valutazione della prognosi e misure prognostiche sviluppo avanzato avanzato base 

analisi delle decisioni cliniche sviluppo avanzato sviluppo base 

disegno conduzione, analisi e interpretazione di sperimentazioni 

cliniche controllate, studi osservazionali e meta-analisi in ambito 

clinico 

princìpi di bioetica applicati agli studi sull’uomo e 

struttura e competenze dei comitati etici 

BIOSTATISTICA 

pianificazione di indagini campionarie, studi 

osservazionali ed esperimenti 

sviluppo avanzato sviluppo base 

sviluppo avanzato avanzato 

avanzato base sviluppo base 

metodi di analisi statistica dei dati di studi 

epidemiologici osservazionali, sperimentazioni cliniche e 

meta-analisi 

avanzato base sviluppo base 

modelli statistici per l’analisi dei dati genetici avanzato base sviluppo base 

interpretazione dei risultati dell’analisi statistica avanzato base sviluppo 

STRUMENTI DI CALCOLO 

progettazione di sistemi per la gestione dei dati 

database sanitari e gestione dei sistemi informativi 

sanitari 

procedure di un pacchetto per l’analisi statistica e la 

rappresentazione grafica dei dati 

utilizzazione dei linguaggi di programmazione per 

le analisi statistiche avanzate 

base base base avanzato 

avanzato base avanzato avanzato 

base base sviluppo avanzato 

531

Disciplina / ruolo 

Igiene, 


epidemiologia 

e sanità 

Biostatistica 

Assistente di 

epidemiologia 

Conoscenze, abilità e attitudini 

pubblica 

METODOLOGIA EPIDEMIOLOGICA E BIOSTATISTICA RELATIVA A SPECIFICI 

DOMINI 

insorgenza delle principali malattie e dei principali 

determinanti della salute 

avanzato sviluppo base base 

struttura e dinamica della popolazione avanzato avanzato sviluppo base 

uso dei registri per scopi epidemiologici e attività di 

sorveglianza sanitaria 

sviluppo sviluppo base base 

metodologia epidemiologica per i servizi sanitari avanzato avanzato base 

epidemiologia per la gestione delle aziende 

sanitarie 

avanzato avanzato base 

metodologia per la programmazione sanitaria avanzato sviluppo avanzato 

EPIDEMIOLOGIA E BIOSTATISTICA NELLA PRATICA 

esperienza con i principali elementi del metodo 

(ricerca di letteratura e lettura critica di un articolo, 

formulazione di ipotesi, disegno dello studio, stesura del 

protocollo dello studio, gestione dati, analisi dei dati, 

stesura di un articolo e di un rapporto) 

avanzato avanzato avanzato 

TRE SETTORI DI COMPETENZA SUPPLEMENTARI A SCELTA TRA: 

quelli orientati ai determinanti avanzato avanzato avanzato 

quelli orientati alla malattia avanzato avanzato base 

quelli orientati al metodo base base avanzato 

532 

Allegato 2 

PERCORSI PER LA FORMAZIONE DELL’EPIDEMIOLOGO, DEL 

BIOSTATISTICO E DELL’ASSISTENTE DI EPIDEMIOLOGIA 

Si riporta un possibile schema dei percorsi formativi dell'epidemiologo, del biostatistico e 

dell’assistente di epidemiologia. Nello schema i percorsi indicati con linea continua sono sin 

d’ora attivabili in base all’attuale normativa, mentre quelli indicati con linea tratteggiata sono 

auspicati dalla Commissione ma al momento non ancora attivabili. Tra questi ultimi, si rileva 

l’opportunità di consentire l'accesso alle Scuole di specializzazione in Igiene e Medicina 

preventiva e Statistica Sanitaria sia ai possessori di laurea magistrale nelle categorie 

professionali riconosciute dal SSN che ai laureati in Biostatistica (laurea magistrale), oltre 

che ai laureati in Medicina e chirurgia

Laurea triennale 

nelle professioni 

sanitarie 

Laurea 

triennale *** 

Altra laurea 

magistrale non 

accreditata nei ruoli 

sanitari ** 

Altra laurea 

magistrale 

accreditata nei ruoli 

sanitari * 

Laurea in Medicina 

e chirurgia 

Master di 

primo livello 

per assistenti di 

epidemiologia 

Laurea magistrale 

con indirizzo 

biostatistico 

Master di secondo 

livello in 

biostatistica 

Master di secondo 

livello in 

epidemiologia 

Specializzazione in 

Statistica 

Sanitaria 

Specializzazione in 

Igiene e Medicina 

Preventiva 

Legenda: 

Titoli di studio per l’accesso ai Corsi formativi del settore Corsi dedicati alla formazione di professionisti del settore 

Percorsi consentiti Percorsi auspicati ma attualmente non percorribili 

* Laurea in biologia, psicologia, farmacia o veterinaria acquisita con la vigente normativa (laurea triennale + laurea specialistica, in prospettiva magistrale, o corrispondente titolo 

di laurea a ciclo unico), o con la previgente normativa (laurea quadriennale o quinquennale) 

** Altra laurea acquisita con la normativa vigente (laurea triennale + laurea specialistica, in prospettiva magistrale) o previgente (laurea quadriennale o quinquennale) 

*** Laurea triennale in una classe compatibile con l’acquisizione del titolo di laurea magistrale con indirizzo biostatistico mediante attività formative corrispondenti a 120 crediti 

formativi universitari senza debiti formativi, normalmente lauree di primo livello di tipo scientifico e tecnologico

534 

Allegato 3 

PERCORSI PER LA FORMAZIONE DELL’EPIDEMIOLOGO CHE 

OPERA NEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 

Si riporta un possibile schema dei percorsi formativi dell'epidemiologo che opera nel 

Servizio Sanitario Nazionale. Nello schema i percorsi indicati con linea continua sono 

sin d’ora attivabili in base all’attuale normativa, mentre quelli indicati con linea 

tratteggiata sono auspicati dalla Commissione ma al momento non ancora attivabili o 

non previsti. 

Il percorso formativo delle Scuole di specializzazione in Igiene e medicina preventiva e 

in Statistica sanitaria verrà organizzato nell’ambito del tronco comune a tutte le Scuole 

dell'area di sanità pubblica, secondo quanto previsto dalla nuova normativa e, dopo il 

tronco comune, dovrebbe prevedere per entrambe le Scuole un percorso mirato 

all'epidemiologia. 

Al momento l’accesso alle Scuole di specializzazione mediche è riservato ai soli 

laureati in Medicina e Chirurgia; si rileva l’opportunità di consentire l'accesso alle 

Scuole di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva e Statistica Sanitaria anche 

ai laureati nei ruoli sanitari con laurea magistrale e a quelli in Biostatistica (laurea 

magistrale).

Medicina e 

chirurgia 

Laureemagistrali(3+2o6anni) 

Igiene e 

medicina 

preventiva 

** 

Biostatistica Altre * 

Tronco comune 

Scuole di specializzazione 

Area Sanità Pubblica 

EPIDEMIOLOGO 

Statistica 

sanitaria 

** 

Master 2° 

livello in 

epidemiologia 

(consigliato) 

* Laurea magistrale accreditata nei ruoli sanitari (biologia, psicologia, farmacia e 

veterinaria) 

** Con percorso specificamente orientato verso la formazione in epidemiologia 

Percorsi consentiti Percorsi auspicati ma attualmente non 

percorribili 

535

Si sono riunite a Torino il 28 gennaio 2005 le presidenze dell’Aie, della Siti e della 

Sismec ed hanno steso questo testo provvisorio per proporre la costituzione di Network 

Epidemiologici Regionali interassociativi; i soci sono invitati a esprimere il loro parere 

al proposito: 

I rappresentanti dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, della Società 

Italiana di Igiene, e della Società Italiana di Statistica Medica ed Epidemiologia Clinica, 

prendono atto che nonostante l’indubbia crescita scientifica e metodologica della 

Epidemiologia e Statistica Sanitaria negli ultima decenni, la situazione italiana di tale 

area disciplinare continua ad essere caratterizzata da una generale mancanza di 

collegamento tra ricercatori dell’università e quelli del territorio, tra ricerca sullo stato 

di salute delle popolazioni e ricerca per la programmazione sanitaria, tra produttori e 

utilizzatori di dati… Ciò in parte spiega il ruolo marginale che l’epidemiologia e la 

statistica sanitaria giocano nel processo decisionale in Sanità pubblica con la 

conseguenza che molte decisioni non sono basate sulle migliori evidenze scientifiche 

disponibili. La mancata integrazione tra le differenti istituzioni che operano in ambito 

epidemiologico e i differenti flussi informativi fa si che l’attuale sistema informativo 

non sia in grado di cogliere tempestivamente le emergenze sanitarie (come nel caso 

dell’epidemia di morte da calore), abbia scarsa capacità di valutare gli effetti sulla salute 

dei rischi ambientali (inquinamento) o di rapide modifiche intervenute nell’ambiente, e 

non sia in grado di fornire una valutazione adeguata degli effetti che le decisioni o 

interventi su un problema sanitario hanno sulle più rilevanti dimensioni dello stesso. 

La complessità odierna dei problemi sanitari, la loro reciproca interconnessione 

e la rilevanza sociale delle decisioni in Sanità pubblica richiedono l’avvio di un 

innovativo percorso di ricerca che, partendo dalle esigenze del territorio, sia basato 

sull’integrazione di differenti flussi informativi e differenti professionalità, affinché le 

decisioni sanitarie relative alla promozione della salute dei cittadini, la prevenzione 

delle malattie e la valutazione degli interventi sanitari siano fondate su consistenti 

evidenze scientifiche. 

Lo strumento più idoneo per il raggiungimento del precedente obiettivo viene 

individuato in Network Epidemiologici Regionali che riuniscano le più rappresentative 

professionalità dell’ambito disciplinare, provenienti da università, enti di ricerca, 

agenzie e istituzioni sanitarie che insistono sullo stesso territorio. Tali network, per la 

loro trasversalità di interessi e competenze e per la loro terzietà rispetto ai decisori 

politici e amministrativi possono garantire l’indipendenza della ricerca epidemiologica e 

la sua finalizzazione a dare risposte scientificamente rigorose alle esigenze sanitarie che 

emergono dal territorio. In particolare, il valore aggiunto conseguente alla integrazione 

dei saperi e delle informazioni garantito dai network, dovrebbe permettere una 

maggiore efficacia, tempestività e incisività nella: 

- valutazione dell’impatto sulla salute dei grandi rischi collettivi (fumo, 

inquinamento, obesità..) e nella conseguente definizione degli obiettivi prioritari 

dei piani sanitari regionali; 

- nella valutazione a livello regionale del contenuto dei livelli essenziali di 

assistenza sanitaria (LEA,) del raggiungimento degli standard di esito e di 

processo e della loro adeguatezza alle reali necessità della popolazione utente 

regionale. 

Laddove possibile, le sopraccitate società scientifiche si impegnano a promuovere e 

supportare il percorso di formazione dei Network Epidemiologici Regionali nella 

convinzione che la valorizzazione delle sinergie tra competenze e professionalità 

differenti sia la tappa necessaria affinchè gli epidemiologi e gli statistici sanitari 

possano divenire referente autorevoli per il decisore politico, l’amministratore e il 

medico nell’interesse della salute della popolazione. 

537

STATUTO - Associazione Italiana di Epidemiologia 

(aggiornato all’Assemblea di Torino del 16 settembre 2004) 

Art. 1 Obiettivi 

L'Associazione Italiana di Epidemiologia (A.I.E.) ha per obiettivi: 

a) facilitare la comunicazione ed il collegamento tra quanti sono impegnati nella ricerca 

epidemiologica, 

b) contribuire allo sviluppo delle conoscenze ed alla loro applicazione nel settore della 

prevenzione e della valutazione degli interventi, 

c) stabilire e mantenere rapporti con istituzioni italiane e straniere interessate ai problemi 

epidemiologici, 

d) promuovere lo sviluppo dell'epidemiologia nell'ambito dei servizi del Sistema Sanitario 

Nazionale (*). 

Art. 2 Strumenti 

- L'A.I.E. tiene riunioni scientifiche di lavoro, seminari di informazione, di ricerca e didattici; 

promuove la circolazione di riviste e fogli di informazione; istituisce gruppi di lavoro su temi 

specifici (*). 

Art. 3 Soci 

Sono ammessi a far parte dell'associazione in qualità di soci quanti ne condividano gli obiettivi 

e ne facciano richiesta in occasione di un convegno ordinario cui presenzino. 

La qualifica di socio si perde per decadenza, dimissioni od espulsione. Si decade per il 

mancato pagamento di due quote successive non regolarizzate entro tre mesi dal sollecito 

inviato dalla segreteria. 

Le dimissioni possono essere accettate se il socio è in regola con il pagamento delle quote. 

L'espulsione può essere decisa solo dall'assemblea per gravi motivi inerenti gli obiettivi 

associativi. 

Possono far parte dell’AIE anche soci istituzionali, senza elettorato, attivo e passivo; la loro 

domanda di adesione deve essere approvata dalla Segreteria che ne determina anche la quota 

sociale. 

Art. 4 Elettorato attivo e passivo 

Un socio ha diritto di voto durante una assemblea ordinaria o straordinaria se è stato presente 

in qualità di socio ad almeno una delle assemblee ordinarie dei due precedenti anni sociali. 

Possono essere eletti alle cariche sociali solo i soci con diritto di voto (*). 

Art. 5 Riunioni ed assemblee 

L'Associazione tiene almeno una riunione scientifica di lavoro annuale durante la quale ha 

luogo anche l'assemblea ordinaria annuale al termine della quale vengono indicati la data, il 

luogo ed i temi della successiva. 

L'assemblea è l'organo decisionale dell'Associazione che ne definisce tutte le linee di attività 

scientifiche e gestionali. 

Approva i bilanci preventivi e consuntivi, l'operato della Segreteria, l'istituzione e l'attività di 

gruppi di lavoro stabilendone competenze e modalità di funzionamento ed ogni altra decisione 

compatibile con gli scopi associativi. 

Le assemblee straordinarie possono essere indette dalla segreteria con preavviso di almeno 

due mesi su iniziativa della segreteria stessa o da almeno un quinto dei soci con diritto di voto. 

Le altre riunioni scientifiche non possono avere capacità decisionale 

Art. 6 Segreteria 

Organo esecutivo dell'assemblea con compiti di coordinamento, amministrazione e 

rappresentanza dell'Associazione è la Segreteria, composta da non più di 9 membri. 

Un membro della Segreteria ha la carica di Presidente, a cui sono attribuite funzioni di 

amministratore; un altro membro ha la carica di Vicepresidente con funzioni di tesoriere. 

539

La Segreteria può designare alcuni soci a compiti specifici ed in particolare può attribuire ad 

essi funzioni di collegamento e rappresentanza nei confronti di altre associazioni, organismi e 

istituzioni. 

Le modalità di elezione, la durata in carica e il numero di membri sono definiti dal regolamento 

Art. 7 Sezioni Regionali 

Sono istituite le sezioni regionali la cui attività ed i criteri di funzionamento sono stabiliti dal 

regolamento 

Art. 8 Votazioni 

Le delibere dell'assemblea e della Segreteria sono normalmente approvate con il voto 

favorevole della maggioranza dei presenti aventi diritto di voto. Non sono ammesse deleghe. 

Le modifiche al presente statuto richiedono l'approvazione dei due terzi dei presenti con diritto 

di voto. 

Le proposte di variazioni di statuto possono essere formulate dalla segreteria o da almeno dieci 

soci e deve esserne data notizia a tutti i soci da parte della Segreteria almeno un mese prima 

della data dell'assemblea. 

Gli eventuali emendamenti proposti durante l'assemblea stessa devono riguardare 

esclusivamente le variazioni di statuto proposte 

Art. 9 Patrimonio 

Il patrimonio dell'Associazione è costituito dalle quote annualmente versate dai soci nella 

misura fissata dal regolamento e dalle eventuali quote devolute da non soci previa accettazione 

della Segreteria 

Art. 10 Sede legale e sede scientifica 

La sede legale dell’associazione è a Milano, in via Frangipani 4, c/o Inferenze scarl. La sede 

scientifica corrisponde alla sede lavorativa del presidente. 

Art. 11 Norme suppletive 

Per tutto ciò che non è previsto dal presente statuto valgono le norme e le consuetudini vigenti 

540

REGOLAMENTO - Associazione Italiana di Epidemiologia 

Con le modifiche approvate dall’assemblea ordinaria annuale del 16 settembre 2004 

1) Elezioni della Segreteria, del Presidente e del Vice-presidente 

La Segreteria è composta da un Presidente, da un Vicepresidente e da sette membri; viene 

rinnovata ogni due anni.Allo scadere del biennio il Vicepresidente uscente diventa 

automaticamente Presidente della nuova Segreteria.Il nuovo Vicepresidente e gli altri membri 

vengono eletti durante l'assemblea ordinaria; i membri uscenti non possono essere 

immediatamente rieletti. 

Ciascun socio indica sulla scheda sino a quattro preferenze; per l'elezione a Vicepresidente si 

considera solo la prima preferenza espressa mentre per l'elezione a membro di segreteria si 

cumulano tutte le preferenze espresse sulla scheda.Se si verificano situazioni di parità di voti 

per la carica di Vicepresidente si procede al ballottaggio, mentre per la carica di membro di 

segreteria si procede per sorteggio. 

Il Presidente e il Vicepresidente che si dimettano dalla loro carica rimangono membri della 

Segreteria. 

Se viene a mancare per dimissioni od altro il Presidente, allora il Vicepresidente gli subentra 

anticipatamente rispetto alla scadenza del biennio. Se viene a mancare invece il Vicepresidente 

gli subentra il membro di Segreteria eletto con maggior numero di preferenze globali fino alla 

scadenza del biennio, quando verranno eletti in tal caso tutti i membri della nuova Segreteria: 

per la votazione del Presidente si procederà con una preferenza a parte che non sarà 

conteggiata per l'elezione degli altri membri.Se infine viene a mancare alla Segreteria uno degli 

altri membri, vi subentra il primo dei non eletti e in mancanza di questi il posto rimane vacante. 

Se durante un biennio viene a mancare la maggioranza dei membri di Segreteria il biennio si 

deve considerare automaticamente concluso e si devono indire nuove elezioni da parte della 

Segreteria uscente anche se dimissionaria. 

Nell’Assemblea precedente a quella delle elezioni viene nominata una commissione per le 

candidature, composta da 3 soci scelti dall’Assemblea stessa. La commissione deve esprimere 

entro 30 giorni dalle elezioni almeno 2 candidature a Vicepresidente e almeno 10 candidature a 

Consigliere. Le proposte della commissione vengono diffuse tra i soci nei giorni precedenti 

l’Assemblea.Alle proposte della commissione si aggiungono le candidature a Vicepresidente ed 

a Consigliere avanzate da parte di qualsiasi socio durante l’Assemblea. 

2) Sezioni regionali 

Scopo delle sezioni regionali, è la promozione dell'epidemiologia a livello locale, in base agli 

obiettivi stabiliti dall'art. 1 dello Statuto. Le sezioni devono garantire un livello sufficiente 

d’attività locali, mentre eventuali iniziative di carattere nazionale possono essere organizzate 

solo in accordo con la segreteria nazionale. 

Le sezioni, che possono essere regionali o interregionali, vengono istituite facendo seguito a 

proposta scritta alla Segreteria AIE di almeno 10 soci dell'AIE operanti nella regione ove 

s’intende avviare la stessa. I soci promotori della sezione regionale sono tenuti a comunicare a 

tutti i soci AIE della regione (i cui nominativi sono trasmessi dalla Segreteria) tutte le scadenze 

ed attività che saranno programmate. 

Su proposta scritta della sezione regionale, non più di 2 rappresentanti di ogni sezione 

regionale sono nominati dalla segreteria AIE con un mandato biennale coincidente con quello 

della segreteria stessa. Per favorire la partecipazione locale, i rappresentanti regionali non 

possono essere immediatamente rinominati. Essere rappresentante regionale è incompatibile 

con essere componente della segreteria. 

Le sezioni regionali devono favorire l’adesione di nuovi soci all’associazione. Pertanto, solo i 

soci AIE possono partecipare alle attività delle sezioni regionali, con l’ovvia eccezione delle 

iniziative allargate di tipo seminariale. 

541

I costi delle attività delle sezioni regionali non incidono sulle risorse dell’AIE. Le sezioni non 

dispongono di autonomia di bilancio. Le sezioni regionali lavorano nell’AIE e per l’AIE. Gli eventi 

regionali sono programmati in modo da non interferire con la programmazione nazionale. I 

rappresentanti delle sezioni regionali operano in stretto contatto con la segreteria AIE alle cui 

riunioni possono partecipare, su invito. 

1. Qualora le attività di una sezione regionale si pongano in conflitto con gli obiettivi statutari o 

in conflitto o competizione con le indicazioni della segreteria, la segreteria può rimuovere il 

rappresentante o, in casi estremi, sciogliere la sezione. 

3) Gruppi di lavoro 

Per armonizzare lo sviluppo dell'Associazione e per favorire la collaborazione tra i soci si 

auspica la formazione di gruppi di lavoro.La costituzione di nuovi gruppi di lavoro è demandata 

all'assemblea. I gruppi di lavoro sono coordinati dalla segreteria che deve designare un 

responsabile. 

Qualsiasi attività esterna ai gruppi che in qualsiasi modo coinvolga il nome dell’associazione 

deve essere preventivamente autorizzata dalla Segreteria. Il mandato dei gruppi di lavoro è 

rinnovato annualmente dalla Segreteria ed il termine dell'attività di un gruppo di lavoro è 

ratificato dall'Assemblea . 

4) Quote sociali 

La riscossione delle quote sociali dei soci avviene al momento dell'iscrizione all'assemblea 

annuale; i soci assenti sono tenuti ad inviare al tesoriere la quota associativa entro lo scadere 

dell'anno sociale. 

La quota è determinata per l'anno 2004 in Euro 150,00 ed in Euro 90,00 per gli studenti e per il 

personale non strutturato e deve essere confermata durante l'assemblea in cui hanno luogo le 

elezioni, la quota sociale non è trasmissibileINCLUDEPICTURE 

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La Segreteria può, ai sensi dell'art. 2 dello Statuto, stipulare accordi per la diffusione a prezzi 

agevolati della Rivista Epidemiologia & Prevenzione. 

Tali accordi possono prevedere l'aumento della quota di iscrizione annuale con inclusione del 

prezzo dell'abbonamento alla rivista Epidemiologia & Prevenzione. 

La Segreteria può altresì stabilire quote di iscrizione ridotte per alcune categorie di soci. 

La quota di partecipazione alla riunione scientifica annuale da diritto all'iscrizione 

all'Associazione Italiana di Epidemiologia per l'anno in corso a coloro che ne hanno titolo in 

base agli articoli 3 e 4 dello Statuto. 

5) Obblighi fiscali 

E' fatto obbligo alla Segreteria, nella persona del Tesoriere, di redigere un rendiconto 

economico e fiscale annuale, anche nella forma di bilancio, entro la fine dell'anno fiscale, che 

verrà sottoposto all'approvazione dell'Assemblea. 

542

Indice degli abstract 

comunicazioni libere 

7 settembre 

sessione A1 

Analisi dei determinanti della variabilità spaziale in Sanità……………………………………….. 11 

I costi degli ultimi mesi di vita in Italia……………………………………………………………. 5 

Indagini e gestione dei cluaster: uno strumento europeo accessibile in Internet…………………... 9 

Integrazione dei dati di uno studio ad alta risoluzione con le schede di dimissione ospedaliera per 

la sopravvivenza nel tumore della mammella……………………………………………………… 

7 

Sistemi di allarme per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute: aspetti metodologici 1 

Un approccio diretto al problema della stima degli spostamenti a breve termine della popolazione 

nelle studi di serie temporali………………………………………………………………………. 13 

Validità dei dati correnti per l'identificazione di casi incidenti di tumore…………………………. 

sessione B1 

3 

Effetti della temperatura sulla salute e area di nascita nei residenti in Torino, 1972-2002……….. 

Fattori di vulnerabilità individuale come modificatori di effetto della relazione tra elevate 

25 

temperature e mortalità. Studio case-crossover in quattro città italiane, 1997-2003……………… 

Gli studi di epidemiologia ambientale nelle aree oggetto di bonifica: contributo ai processi 

19 

decisionali………………………………………………………………………………………….. 17 

Metodi di classificazione per l'individuazione di macro-aree a livelli omogenei di esposizione a 

inquinanti atmosferici………………………………………………………………………………. 

Scuscettibilità all'inquinamento atmosferico: nuovi ricoveri ospedalieri in una coorte di pazienti 

23 

sopravvissuti ad un primo infarto…………………………………………………………………. 

Sistema nazionale di allarme per la prevenzione e l sorveglianza degli effetti del caldo sulla 

18 

salute……………………………………………………………………………………………….. 21 

Valutazione con approccio GIS degli effetti del traffico sulla salute respiratoria…………………. 

sessione C1 

15 

Accessi al dipartimento di emergenza in provincia di Trento, 2000-2002………………………… 

Andamenti temporali e differenze geografica nella incidenza dell’infarto miocardico acuto in 

27 

Toscana tra il 1997 ed il 2002: i dati del Registro Regionale Toscano dell’Infarto Miocardico 

Acuto………………………………………………………………………………………………. 

Differenze nell'uso di assistenza specialistica ambulatoriale in Piemonte: un'analisi ecologica 

31 

condotta con modelli gerarchici……………………………………………………………………. 37 

L’attività di radioterapia in Piemonte: utilizzo e validazione dell’archivio delle prestazioni 

ambulatoriali ………………………………………………………………………………………. 

29 

Mortalità di una coorte di anziani traumatizzati: il ruolo delle patologie croniche………………... 39 

Validazione del modello di Gail attraverso gli screening mammografici: risultati preliminari 

dello studio FRiCaM………………………………………………………………………………. 

35 

Valutazione dell'appropriatezza dell'uso della ICF-Checklist all'interno del Sistema Informativo 

per l'Assistenza Riabilitativa (SIAR) della Regione Lazio, anno 2004…………………………… 33 

8 settembre 

sessione A2 

Analisi della mortalita’ in base alla durata di residenza nella citta’ di Pisa,1990-1999…………… 273 

Analisi geografica della mortalità nell'area circostante il Comune di Porto Tolle - anni 1995- 

1999……………………………………………………………………………………………… 261 

Distribuzione geografica del rischio di mortalità per tumore maligno della pleura in Piemonte 

(1980-2000): un approccio bayesiano per l'analisi di dati correnti………………………………… 265 

La mortalità evitabile in Campania negli anni 1982-2001………………………………………… 267 

La mortalità in Sicilia dal 1985 al 2000…………………………………………………………… 271 

Malformazioni congenite in Toscana: analisi descrittiva e distribuzione spaziale del rischio……. 269 

Rappresentazione geografica della mortalità in Emilia-Romagna dal 1998 al 2003……………… 263 

543

sessione B2 

Epidemiologia degli incidenti stradali in Toscana…………………………………………………. 286 

Epidemiologia delle patologie muscolo-scheletriche di natura professionale in Puglia…………… 279 

Il rischio infortunistico nei lavoratori stranieri: unostudio condotto nei cantieri dell'alta velocità 

Torino-Novara……………………………………………………………………………………… 281 

Incidenza e determinanti delle cadute in un gruppo di anziani assistiti da MMG nella provincia di 

Latina……………………………………………………………………………………………….. 275 

Infortuni dei bambini in Italia: piano per azione…………………………………………………… 283 

Modellizzazione del costo efficacia dello screening per l’individuazione della mobilizzazione 

asettica a seguito di intervento di artroprotesi d’anca (THR)……………………………………… 285 

Mortalità per traumatismi e avvelenamenti in Toscana……………………………………………. 

sessione C2 

277 

Attività fisica e densità mammografica: uno studio prospettico…………………………………… 287 

Definizione dell'esposizione lavorativa a campi magnetici dei genitori dei bambini dello studio 

caso-controllo SETIL……………………………………………………………………………… 289 

Eterogeneità prognostica in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule pN1: 

implicazioni cliniche………………………………………………………………………………. 295 

Giorno e ora dipresa in carico influenzano la qualità dell'assistenza ai pazienti con infarto 

miocardico acuto? Uno studio pilota presso il Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna………. 291 

L’incidente da corpo estraneo nelle vie aero-digestive superiori nei bambini: risultati dell’ESFBI 299 

Study………………………………………………………………………………………………. 

Le diagnosi di fibrosi cistica in età adulta: forme lievi della malattia o ritardi diagnostici?........... 297 

Mortalità infantile in provincia di Reggio Emilia in relazione alla provenienza geografica dei 

genitori…………………………………………………………………………………………….. 

sessione A3 

293 

Fattori socio-economici e occorenza di difetti congeniti………………………………………….. 300 

Mortalità infantile in Italia: SIDS e altre cause inattese…………………………………………… 301 

Ospedalizzazione potenzialmente evitabile nella città di Bologna, 1997-2000: andamento 

temporale e differenze per livello di reddito………………………………………………………. 307 

Posizione socioeconomica e parto cesareo………………………………………………………… 305 

Stato socioeconomico e interventi di protesi d'anca: uno studio retrospettivo a Roma…………… 309 

Valutazione dell'esposizione a fumo passivo in luoghi pubblici e considerazioni sull'efficacia 

della nuova legislazione in materia………………………………………………………………… 

sessione B3 

303 

Cirrosi e rischio di tumore dell’apparato digerente………………………………………………… 321 

Consumo di alcol e rischio di cancro gastrico nella coorte europea EPIC: risultati preliminari…... 313 

Epidemiologia del carcinoma duttale in situ della mammella…………………………………….. 317 

Mortalità per mesotelioma in Italia nei prossimi trenta anni: previsioni sulla base di un modella 

età/coorte e dei consumi di amianto………………………………………………………………. 311 

Patologia tumorale negli addetti alla produzione di rotabili ferroviari……………………………. 315 

Specializzazione e adesione alle linee guida cliniche sul carcinoma della mammella: studio di 

popolazione in Piemonte…………………………………………………………………………… 

sessione C3 

319 

Confronto tra diverse strategie di screening per il cancro colorettale: i determinanti della 

partecipazione……………………………………………………………………………………… 325 

Epidemiologia dell'infezione da virus dell'epatite C in persone in emodialisi …………………… 323 

Fattori di rischio di infezioni del sito chirurgico in interventi di riparazione di ernia inguinale….. 

Lo stadio 0 delle linee guida internazionali Global Initiative for Chronic Obstructive Lung 

Disease (GOLD) è un buon predittore dell'incidenza della broncopneumopatia cronica ostruttiva 

329 

(BPCO)? Risultati preliminari dell'indagine European Community Respiratory Health Survey 

(ECRHS) II………………………………………………………………………………………… 

331 

Predittori a lungo termine della riduzione della funzionalità respiratoria negli asmtici: risultati 

dello studio ECRHS II…………………………………………………………………………….. 

327 

Valutazione degli esiti precoci dello screening mammografico: osservazioni dalla pratica corrente 322 

544

I gruppi che fanno epidemiologia 

Centro Studi del Gruppo Italiano Studi Epidemiologici in Dermatologia (GISED)………………. 225 

Geni e Ambiente: approcci classici e metodi innovativi in epidemiologia genetica………………. 247 

Il Centro di Ricerca Educazione e Promozione della Salute (CREPS) del Dipartimento di 

Fisiopatologia, Medicina Sperimentale e Sanità Pubblica dell’Università di Siena………………. 173 

Il Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica (CPO) in Piemonte…. 165 

Il Centro Operativo Regionale (COR) della Liguria del Registro Nazionale dei Mesoteliomi…… 163 

Il Centro Studi di Epidemiologia Applicata occupazionale ed extra-occupazionale dell’Istituto 

Tumori di Genova…………………………………………………………………………………. 231 

Il Coordinamento dei Servizi di Epidemiologia e Comunicazione dell’Area Vasta Romagna……. 145 

Il Dipartimento di Epidemiologia della ASL Roma/E…………………………………………….. 201 

Il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna 181 

Il gruppo del Progetto OCCAM (Occupational Cancer Monitoring)……………………………… 239 

Il gruppo di Epidemiologia Ambientale dell’ARPA dell’Emilia Romagna……………………….. 207 

Il gruppo di studio sulla salute degli immigrati dell’Agenzia Regionale della Sanità del Lazio….. 255 

Il Laboratorio di Epidemiologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri…………. 177 

Il Laboratorio di Epidemiologia dell’U.O. Medicina del Lavoro dell’Università di Bologna…….. 232 

Il Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica del 

Sacro Cuore di Roma……………………………………………………………………………… 185 

Il Registro Italiano per il Diabete Mellito Tipo I (RIDI)………………………………………….. 215 

Il Servizio di Epidemiologia aziendale della U.S.L. 4 Alto Vicentino………………………………… 205 

Il Settore Ricerca Scientifica dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale…………………………… 233 

L’area di programma Governo Clinico dell’Agenzia Sanitaria Regionale dell’Emilia Romagna… 171 

L’Associazione Italiana dei Registri dei Tumori………………………………………………….. 131 

L’attività e la ricerca epidemiologica nella Neurologia italiana…………………………………… 132 

L’Epidemiologia Pediatrica presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma…………………………. 217 

L’esperienza italiana con EPI INFO……………………………………………………………….. 243 

L’Istituto di Igiene ed Epidemiologia dell’Università degli Studi di Udine………………………. 193 

L’Osservatorio di Epidemiologia dell’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana………………. 125 

L’Osservatorio Epidemiologico Regionale della Campania………………………………………. 195 

L’Osservatorio Epidemiologico Regionale in Sicilia……………………………………………… 137 

L’Unità di Epidemiologia e Biostatistica del Centro di Riferimento Oncologica di Aviano (PN).. 153 

L’Unità di Epidemiologia e Biostatistica della sezione di Lecce dell’Istituto di Fisiologia Clinica 

del CNR……………………………………………………………………………………………. 167 

La Fibrosi cistica in Italia………………………………………………………………………….. 249 

La Fondazione Attilia Pofferi di Pistoia…………………………………………………………… 159 

La rete dei Servizi di Epidemiologia della Regione Piemonte……………………………………. 139 

La Rete Epidemiologica delle Marche…………………………………………………………….. 147 

La Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari dell’Istituto di Fisiologia Clinica del 

CNR……………………………………………………………………………………………….. 133 

La Sezione di Epidemiologia e Statistica Medica dell’Università di Verona……………………… 189 

Unità di Ricerca di Epidemiologia Ambientale Polmonare dell’Istituto di Fisiologia Clinica del 

CNR di Pisa………………………………………………………………………………………… 219 

poster 

7 settembre 

Accesso alle cure ostretiche e neonatali per i parti e neonati altamente pretermine………………. 69 

Agreement between NO2 passive samplers and urban monitoring stations……………………….. 101 

Analisi della mortalità (anni 1995-2000) e dei ricoveri ospedalieri (anni 2001-2003) nell'area di 

Salemi, Sicilia……………………………………………………………………………………… 79 

545

Campi elettromagnetici (CEM) a 50HZ generati da elettrodotti: l'attività di prevenzione tra 

principio di precauzione e nuove disposizioni normative…………………………………………. 111 

Completezza e concordanza delle schede di morte codificate in Frilu-Venezia Giulia Vs quelle 

prodotte dall'ISTAT, 1999-2001…………………………………………………………………… 95 

Consumo di antimicrobici sistemici tra i bambini delle scuole materne e dell’obbligo 

nell’Azienda ULSS di Treviso…………………………………………………………………….. 106 

Determinanti dell’adesione e motivi di non adesione allo screening del cancro del colonretto…… 113 

Diffusione e spettroscopia come misure surrogate della Sclerosi Laterale Amiotrofica………….. 97 

Effetti a lungo termine dell’obesita’ in eta’ infantile e adolescenziale…………………………….. 45 

Effetti dell’aerosol marino sulla salute umana: indagine epidemiologica su un campione 

georeferenziato della popolazione adulta di Livorno………………………………………………. 99 

Eterogeneità e clustering nell'ospedalizzazione in Piemonte: alcune evidenze dall'atlante sanitario 

regionale……………………………………………………………………………………………. 47 

Fattori di rischio nella trasmissione intrafamiliare del virus dell'epatite C nel centro Italia………. 108 

I costi dello screening per il cancro della mammella………………………………………………. 63 

I ricoveri ospedalieri a Pisa: ricerca di associazioni spazio-temporali tramite l'utilizzo di 

tecnologie per il Knowledge Discovery in Data Base (KDD)……………………………………... 43 

Il modello di Gail nelle donne mediterranee: analisi della storia familiare estesa a più gradi di 

parentela……………………………………………………………………………………………. 115 

Il profilo di salute degli immigrati nella provincia di Reggio Emilia: la comunità cinese………… 77 

Il tempo di latenza tra il primo uso di eroina e la prima richiesta di trattamento: analisi dei 

possibili determinanti………………………………………………………………………………. 49 

Indicenza dell'infezione tubercolare latente negli operatori sanitari in un'area a bassa prevalenza 

di malattia tubercolare……………………………………………………………………………… 87 

Interventi di rete e promozione della salute……………………………………………………….. 117 

La costruzione di una matrice mansione/esposizione ad amianto presso una ditta di produzione di 

rotabili ferroviari…………………………………………………………………………………… 53 

La qualità della vita in pazienti con psoriasi: confronto con altre patologie croniche…………….. 

84 

La sopravvivenza dei tumori del colon-retto a Reggio Emilia in epoca pre-screening. Analisi per 

stadio e dati preliminari di correlazione con le condizioni socio-economiche…………………….. 75 

L'evoluzione dell'attività di ricovero nei reparti di riabilitazione del Lazio: 1996-2003………….. 121 

Linee guida per i tumori rari: applicabilità di sistemi di grading delle raccomandazioni…………. 57 

Migliorare la qualità del prelievo del Pap test richiede un intervento personalizzato sugli 

operatori……………………………………………………………………………………………. 67 

Mortalità e ricoveri a Biancavilla (CT), sito di interesse nazionale………………………………... 59 

Morti e ricoveri per gli eccessi di PM10 a Perugia nel 2004: tra scandalo e oblio………………… 85 

Nuovo Codice della Strada e Pronto Soccorso: percorso per una Consensus……………………… 65 

Percorso di miglioramento della sorveglianza e della gestione degli eventi avversi delle 

vaccinazioni nell'infanzia nella provincia di Modena……………………………………………… 71 

Prevenzione del sovrappeso e dell’obesità: quali valori soglia di bmi si devono adottare 

nell’infanzia e nell’adolescenza?....................................................................................................... 55 

Progetto OSI: sperimentazione di un flusso di dati sanitari per gli immigrati irregolari in Italia…. 81 

Qualità della vita delle persone con patologie dermatogoliche a DRG……………………………. 107 

Salute e decisione politiche………………………………………………………………………… 105 

Sorveglianza integrata degli incidenti stradali: risultati preliminari………………………………. 51 

Spline models per la stima di effetti dose-risposta negli studi caso-controllo…………………….. 41 

Stima dell'abitudine al fumo di tabacco nella provincia di Verona, ricavata da studi trasversali di 

popolazione……………………………………………………………………………………….. 89 

Studio osservazionale retrospettivo sulle complicanze in seguito ad intervento cardiochirurgico 

valvolare nei centri specializzati della provincia di Bergamo…………………………………….. 119 

Una corretta informazione come strumento della politica della sicurezza stradale……………….. 103 

Uso delle SDO per valutare gli effetti delle ondate di calore……………………………………… 61 

Uso personale di tinture per capelli e rischi di tumori maligni del sistema emolinfopoietico……... 

83 

546

Valutazione della variazione di peso nell'arco di 10 anni in una serie di oltre 8.000 adulti toscani: 

lo studio EPIC-Firenze DiOGenes…………………………………………………………………. 93 

Valutazione dell'appropriatezza nell'uso dei farmaci per il trattamento delle pollinosi e dell'asma 

allergico……………………………………………………………………………………………. 73 

Valutazione dell'effetto dei corsi di formazione di triage di accettazione di Pronto Soccorso in due 

ospedali della regione Friuli Venezia Giulia………………………………………………….. 

8 settembre 

109 

Analisi costo efficacia degli interventi di artroprotesi d’anca. Risultati preliminari………………. 387 

Analisi della rispondenza in uno studio di popolazione sulla valutazione della qualità di vita e 

dello stato di salute delle persone adulte guarite dopo un tumore maligno in età pediatrica………. 371 

Analisi delle prescrizioni di farmaci antitrombotici per la prevenzione secondaria dell'ictus…….. 335 

Analisi valutativa della condizione lavorativa nello studio epidemiologico ESTEV……………… 405 

Ca125 come marker tumorale nell’uomo………………………………………………………….. 389 

Concentrazioni ematiche di PCB in operai in passato addetti a reparti di produzione: andmento 

temporale e associazione con l'omeostasi endocrina………………………………………………. 

Dalla caratterizzazione socio-sanitaria della popolazione anziana alla predisposizione di Piani 

383 

Integrati di Salute: un esempio di analisi integrata della domanda per la programmazione di 

interventi…………………………………………………………………………………………… 373 

Elevate temprature e mortalità; analisi mediante il disegno case-only della modificazione d'effetto 

prodotta dalle condizioni morbose croniche concomitanti……………………………….. 334 

Esperienza di Record Linkage tra i dati dell’archivio anagrafico del comune di Pisa ed i dati di 

mortalità e di ricovero dell’ASL 5 pisana…………………………………………………………. 345 

Farmaci e allattamento al seno: le conoscenze delle donne………………………………………... 351 

Genetica e ambiente: studio prospettico sull'infanzia in Italia (GASPII)………………………….. 397 

Il cesareo su richiesta: confronto delle attitudini dei medici ostetrici in otto paesi europei……….. 333 

Il coinvolgimento dei pazienti nelle scelte terapeutiche…………………………………………… 

381 

Il monitoraggio degli eventi avversi tra gli ospiti delle RSA del lazio nell'estate 2004…………… 357 

Il parto cesareo in emilia-Romagna: validità e riproducibilità delle informazioni ottenute 

attraverso SDO e CedAP…………………………………………………………………………… 361 

Impatto degli incidenti stradali nel comune di Firenze: valutazione dei danni alla salute e dei costi 

sanitari mediante l’uso integrato di archivi sanitari e della polizia municipale……………… 339 

Incidenza di mesotelioma maligno della pleura in una coorte di lavoratori dell'amianto…………. 407 

Inquinamento urbano e malattie dell’apparato respiratorio: due modelli per la stima dei rischi a 

confronto…………………………………………………………………………………………… 359 

L’epidemiologia strumento per la gestione del rischio clinico esperienza dell’a.o. “Carlo Poma” 

di Mantova…………………………………………………………………………………………. 403 

L’esposizione ambientale a fibre di tremolite nel territorio della regione Basilicata: i dati del 

Renam Cor Basilicata……………………………………………………………………………… 349 

L’evoluzione di alcune risposte ai bisogni sanitari tra il 2000 ed il 2003: ricoveri ospedalieri, 

esami e visite specialistiche, farmaci………………………………………………………………. 408 

L’integrazione dei dati ambientali e sanitari al servizio delle amministrazioni e dei cittadini: 

l’esempio degli inceneritori di Coriano……………………………………………………………. 347 

L’utilizzo di archivi elettronici nell’indagine eziologia sul ruolo di malattie croniche sul maligne 

nel rischio di tumore……………………………………………………………………………….. 353 

La comorbidità psichiatrica nella broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). 

La vulnerabilità individuale come modificatore di effetto nella relazione tra ondate di calore e 

369 

mortalità: studio case-crossover nelle città di Torino e Milano, un approfondimento sugli attributi 

socio-economici 

363 

Lavoratori outdoor ed esposizione a radiazione solare ultravioletta 379 

Le stime di impatto basate sull'evidenza epidemiologica a supporto delle strategie d'intervento per 

la riduzione dell'inquinamento atmosferico 391 

Mortalita’ e disagio bioclimatico estivo nell’area urbana di bologna: analisi della serie storica 

1989-2003 348 

Porre limiti alle cure intensive neonatali: in quali situazioni? Risultati tratti dallo studio 

EURONIC 

341 

Presentazione di un registro internazionale delle fratture da fragilità ossea 337 

547

Prevalenza dell'infezione da epatite B e C negli utenti della divisione di medicina trasfusionale 

dell'Istituto Tumori di Napoli……………………………………………………………………… 393 

Prevalenza di casi diagnosticati di diabete mellito nei 37 Comuni dell’ULSS di Treviso………… 411 

Prevalenza di utilizzatori di oppiacei nella Regione Liguria: applicazione del metodo catturaricattura 

con covariate……………………………………………………………………………… 367 

Profilo sociale, economico e sanitario dei pazienti oncologici dell'aria Jonico-Salentina (Progetto 

PROSES)…………………………………………………………………………………………… 385 

Progetto di prevenzione del fumo di tabacco negli studenti di scuola media superiore…………… 409 

Qualità della vita percepita correlata allo stato di salute: risultati di un'indagine condotta su 50 

comuni della provincia di Bologna………………………………………………………………… 395 

Ricerca su soggetti umani e precauzioni etiche all'Istituto Superiore di Sanitò (ISS)…………….. 399 

Ricorso al ricovero in reparti non psichiatrici in una coorte di soggetti con diagnosi di 

schizofrenia………………………………………………………………………………………… 402 

Ricorso all'ospedalizzazione e salute orale. Risultati di un programma odontoiatrico nella Regione 

Lazio……………………………………………………………………………………… 413 

Stime di sopravvivenza per i registri tumore con stata……………………………………………. 340 

Studio di coorte di lavoratori di fonderia di ghisa di seconda fusione……………………………... 401 

Time trends in smoking habits among young Italian adults………………………………………. 377 

Un modello per la previsione dell’esposizione domestica al biossido di azoto …………………… 355 

Un'indagine sui fattori che influenzano l'avvio e la durata dell'allattamento al seno……………… 375 

Valutazione e monitoraggio dei programmi organizzati di screening della cervice uterina in 

Regione Campania nel 2004………………………………………………………………………. 365 

9 settembre 

Accessibilità ai dati di un Registro Nazionale di Patologia……………………………………….. 425 

Analisi degli infortuni domestici in provincia di Modena (2003)…………………………………. 447 

Analisi della mortalità e dei ricoveri ospedalieri nell’area industriale di Civitavecchia: anni 1996- 

2003………………………………………………………………………………………………… 467 

Analisi della mortalità per aree sub-comunali nella città di Pisa,1990-1999……………………. 457 

Applicazione della tecnologia GIS ai dati epidemiologici di un campione di popolazione generale 

residente a Pisa…………………………………………………………………………… 497 

Caratterizzazione epidemiologica della sclerosi laterale amiotrofica nella Regione Lazio………... 423 

Casi di mesotelioma con esposizione ad amianto ignota: indagini per comparto produttivo 

contribuiscono all’emersione di altre condizioni di esposizione…………………………………... 439 

Concentrazioni di policlorobifenili (PCB) nel siero di soggetti con epatocarcinoma ed in soggetti 

di controllo in provincia di Brescia………………………………………………………………… 431 

Conoscere la popolazione immigrata:le loro domande e le nostre risposte……………………….. 489 

Epidemiologia dei suicidi in Toscana: studio geografico………………………………………….. 419 

Epidemiologia della malattia di Alzheimer in provincia di Bergamo……………………………… 481 

Exposition to hidrocarbonate clorated pesticides and the risk of non-hodgkin linfoma…………… 471 

Fertilità nei fratelli di pazienti con tumore del testicolo…………………………………………… 468 

Fonti informative correnti il monitoraggio delle patologie croniche: l’esempio del diabete………. 427 

Gestione di un sistema di raccolta dati attraverso internet: il progetto EPICLIN…………………. 465 

Gli incidenti domestici mortali in Toscana 2001-2002……………………………………………. 435 

Gli utilizzatori di oppiacei: dal monitoraggio della prevalenza ai possibili interventi…………….. 469 

Il superamento della comunità terapeutica…………………………………………………………. 495 

Impatto dei trattamenti sulla mortalità dei tossicodipendenti……………………………………… 441 

Incidenza di tumori nelle donne assistenti di volo: una revisione sistematica…………………….. 

487 

Indagine sulla prevalenza della carie dentaria e della malocclusione tra i bambini delle classi 

terze elementari della Zona Territoriale n.7 di Ancona……………………………………………. 477 

Infortuni sul lavoro nei lavoratori immigrati nel comparto Lavorazione metallo in Emilia- 

Romagna…………………………………………………………………………………………… 417 

La mortalità estiva degli anziani in provincia di Cremona: impatto delle dotazioni strutturali delle 

RSA………………………………………………………………………………………………… 429 

548

La mortalità neonatale per causa in Campania negli anni 1981-2001…………………………….. 443 

L'uso integrato delle informazioni sugli infortuni in ambiente di lavoro: risultati di una strategia di 

linkage…………………………………………………………………………………………… 455 

Mortalità per broncopneumopatia cronico ostruttiva (bpco) nel Lazio: indicatori di impatto, 

accesso ai servizi ed esito delle cure………………………………………………………………. 451 

Obesità e qualità dell'assistenza nei pazienti diabetici siciliani…………………………………… 464 

Prevalenza d’invalidità civile nei 37 Comuni dell’ULSS di Treviso……………………………… 483 

Prevalenza di BPCO ed esposizione a traffico in un campione di genitori di bambini e adolescenti 

in Italia………………………………………………………………………………… 453 

Progetto di valutazione sistematica degli interventi di stimolazione cognitiva rivolti alla 

popolazione anziana con l'uso di Epi Info…………………………………………………………. 473 

Qualità della vita delle persone con patologie dermatologiche e DRG……………………………. 479 

Riduzione dei flussi migratori inter-regionali per la diagnosi e il trattamento della fibrosi cistica.. 421 

Risk factors for traffic accidents in college students in two spanish regions……………………… 475 

Sistema di registrazione degli accessi ai Pronto Soccorso: stato di avanzamento…………………. 461 

Sperimentazione di interventi di prevenzione di danni alla salute da eccessi di temperatura 

ambientale sulla popolazione anziana residente a Torino…………………………………………. 445 

Stili di vita, attività fisica e stato di salute in una popolazione anziana……………………………. 493 

Stima della prevalenza del “disagio” in una popolazione di un’area con problematiche di tipo 

ambientale………………………………………………………………………………………….. 433 

Storicizzazione dell’indice di Charlson …………………………………………………………… 437 

Studio caso-controllo sui fattori di rischio degli incidenti domestici in una popolazione anziana: 

risultati preliminari………………………………………………………………………………… 463 

Studio microgeografico di mortalità-morbosità in una zona dell'area metropolitana fiorentina….. 459 

Tumori della cute eccetto il melanoma nel personale di volo: una nuova malattia professionale?.. 

485 

Una matrice sugli effetti immunotossici di sostanze chimiche utilizzate in ambiente di lavoro….. 449 

Utilizzo di varie fonti informative nello studio della prevalenza di ASMA e BPCO nella città di 

Torino………………………………………………………………………………………………. 480 

Valutazione di esito degli interventi di protesi d'anca nel Lazio…………………………………... 499 

Valutazione di impatto di uno strumento nuovo nella prevenzione dell'abitudine al fumo negli 

adolescenti…………………………………………………………………………………………. 491 

549

A 

Abeni D................................................ 84; 107; 479 

Accetta G..........................................................1; 21 

Accordini S.........................................................331 

Agabiti N............................................ 307; 309; 499 

Agostini D. ........................................... 19; 334; 343 

Aguinaga Ontoso I. ..................................... 471; 475 

Akre O................................................................468 

Alba N..................................................................61 

Alberghini S. ......................................................315 

Albertini M.........................................................303 

Alessi D..............................................................371 

Altavista P. .........................................................423 

Altieri A. ............................................................321 

Amato R. ..............................................................51 

Ambrogetti D......................................................287 

Amore A.............................................................115 

Andreani M. .......................................................405 

Andreoni B. ........................................................325 

Andreuccetti D....................................................289 

Angino A.............................................. 15; 369; 497 

Aparo U.L. ........................................... 84; 107; 479 

Apostoli P...........................................................431 

Appiano S.............................................................29 

Arcà M. .............................................. 291; 361; 451 

Armaroli P..........................................................325 

Arrieta Arroyo A.................................................471 

Assedi M. .............................................................93 

Assennato G. .............................................. 279; 289 

B 

Bacchi R.............................................................347 

Badiali A.M................................................ 435; 439 

Baglio G.......................................................81; 255 

Bagnardi V. ....................................................27; 41 

Baldacci S........................................15; 99; 369; 497 

Baldi I. ................................................. 3; 7; 29; 319 

Baldissera S........................................................335 

Balsamo A............................................................55 

Balzi D. ................................................ 31; 339; 427 

Balzola F. .............................................................45 

Bandiera M.C. ....................................................464 

Barbini N............................................................405 

Barbone F.................................................. 193; 283 

Barca A. .............................................................322 

Barchielli A. ......................................... 31; 339; 427 

Bargagli A.M................................................49; 441 

Barocelli A.P. .......................................................87 

Barone Adesi F. ..................................................407 

Bartolacci S. .......................................................459 

Bartolozzi F........................................................113 

Bassi S................................................................111 

Battistella G.................................106; 408; 411; 483 

Battisti A. ...........................................................300 

Battistoni R.........................................................477 

Baussano I. ...................................................87; 480 

Beati P................................................................429 

Belbruno F..........................................................464 

Belletti M. ..........................................................291 

Indice degli autori 

Belli S. ...............................................................423 

Belloli A.............................................................429 

Bellomo E.............................................................33 

Bena A. ..............................................................281 

Bendinelli B..........................................................93 

Benetollo P. ........................................................437 

Benocci S. ............................................................11 

Benvenuti A..................................................83; 379 

Bergamaschi A. ...........................117; 409; 491; 495 

Bergonzi R..........................................................431 

Berloco F............................................................108 

Bertelloni G........................................................345 

Bertetto O.............................................................29 

Berti A.................................................. 65; 286; 461 

Berti G..........................................................25; 391 

Bertolotti M........................................................407 

Betti M. ..............................................................435 

Bianchi C............................................................301 

Bianchi F......................9; 43; 97; 269; 273; 457; 459 

Bianchi M.L........................................................337 

Bianchini E.........................................................453 

Bidini G..............................................................435 

Bidoli E. ...............................................................95 

Bigaran A.M.......................................................329 

Biggeri A......................... 19; 23; 194; 334; 341; 453 

Binazzi A............................................................423 

Bisanti L.......................... 19; 35; 289; 325; 334; 363 

Biscaglia L..........................................................402 

Bisceglia L..........................................................279 

Bleker O.............................................................333 

Blengio G. ....................................................89; 261 

Bolejack V..........................................................449 

Bona C. ................................................................29 

Boncompagni G..................................................435 

Bonfanti M. ........................................................345 

Bongermino L.....................................................279 

Bongioanni P. .......................................................97 

Bono R. ...................................................... 101; 355 

Borbotti M............................................ 15; 369; 497 

Bordini B............................................................387 

Bordon R........................................................3; 319 

Borghi A.............................................................417 

Borgia P. ....................39; 51; 63; 113; 322; 455; 463 

Borsatti G. ..........................................................403 

Bossi A................................ 249; 297; 337; 421; 425 

Brescianini S.......................................................247 

Brocco S...............................................................61 

Bruzzone S. ..........................................................95 

Bugiani M......................................87; 377; 453; 480 

Bugli S. ..............................................................117 

Buiatti E. ....................... 31; 125; 277; 286; 419; 459 

Buja A................................................ 389; 485; 487 

Burato E. ............................................................403 

Burgio A.............................................................300 

Burney P.............................................................331 

Busby A. ............................................................... 9 

Busetti M............................................................329 

Buttarello M. ......................................................389 

Buzzo A. ............................................................411 

C 

Cacciani L. ...........................................................81 

551

552 

C 

Cacciani L. ...........................................................81 

Cacciari P. ..........................................................361 

Cacciarini V........................................................435 

Cadum E.................................. 19; 25; 334; 363; 391 

Caffari B.............................................................301 

Caldarella A........................................................295 

Calducci S. .........................................................473 

Camerin E. .........................................................437 

Camilloni L. .........................................................39 

Camporese A. .....................................................329 

Candela S. .......................................75; 77; 293; 417 

Candura R. .........................................................464 

Cannizzaro S.......................................................289 

Canova C.................................................... 353; 487 

Cantarelli M........................................................347 

Capacci F............................................................289 

Capasso I. ...........................................................115 

Capon A. .............................................275; 357; 413 

Cappi S.................................................................89 

Caranci N. .....................................19; 307; 334; 363 

Cardo S. .............................................................499 

Carle F. ..............................................................215 

Carli P. ...............................................................379 

Carlini A.............................................................408 

Carlini R.............................................................435 

Carnevale F. .......................................................379 

Caroli S. ...............................................................75 

Carosso A...........................................................480 

Carrozzi G. ................................................. 263; 447 

Carrozzi L. ........................................... 15; 369; 377 

Cartei G..............................................................389 

Caruso S.......................................................59; 464 

Casazza G...........................................................421 

Cascio V...............................................................87 

Casini M.............................................................373 

Casotto V............................................................341 

Cassinadri M.......................................................293 

Castellani E. .................................................89; 261 

Castiglione G......................................................325 

Castronuovo E. ...................................................413 

Cauzillo G. .........................................................349 

Cavalieri d’Oro L................................................119 

Cavallo F............................................................359 

Cavone D............................................................349 

Cavrini G.................................................... 395; 493 

Cavuto S.............................................................417 

Ceccarelli M. ................................................57; 465 

Celentano E. .......................................................289 

Centonze S. ........................................................109 

Ceresi M.F..........................................................329 

Cernigliaro A. ..................................59; 79; 271; 464 

Cerveri I. .................................................... 331; 377 

Cesaroni G.................................................. 305; 309 

Chellini E. ..........................................................435 

Chianca A...........................................................365 

Chiaradia G. .......................................................108 

Chiarugi A..........................................................379 

Chini F. ................................... 39; 51; 322; 455; 463 

Chiurco A. ..........................................................351 

Chiusolo M............................................. 45; 73; 433 

Ciampi G. ...........................................................435 

Ciapini C. .....................................................53; 315 

Ciccone G................................3; 7; 29; 57; 319; 465 

Cioccale R. .........................................................469 

Cipriani F. ............................. 65; 277; 286; 419; 461 

Cislaghi C.........................................................5; 11 

Clagnan E.....................................................67; 109 

Coccioli S...........................................................435 

Cocco P..............................................................289 

Colais P. .............................................................291 

Collina N.................................................... 395; 493 

Collini G. ................................................... 293; 417 

Convertini L. ......................................................349 

Corbo G. ............................................................453 

Corradetti R........................................................299 

Corrao G. .............................................................27 

Corsico A. ..........................................................331 

Cortinovis I. .......................................................425 

Costa G. ..........................................37; 47; 139; 445 

Costantini F. ...........................................................5 

Coviello E. .........................................................340 

Covolo L. ...........................................................431 

Crispo A..................................................... 115; 393 

Crocetti E. ..........................................................295 

Crosignani P. ......................................................239 

Cuccaro F. ..........................................................279 

Cuccia M............................................................464 

Curzio O.............................................................367 

Cuttini M............................. 217; 289; 333; 341; 351 

D 

D’Affronto C. .....................................................119 

D’Amico M.R.....................................................267 

D’Argenzio A. ....................................................365 

D’Ippoliti D................................................ 1; 18; 21 

D’Ovidio M........................................................271 

Da Frè M............................................................333 

Da Prà M............................................................389 

Dal Maso L...........................................................41 

Dallolio L. ..........................................................361 

Dalmasso M. ......................................................281 

Dama E. .............................................................371 

D'Angelo F. ........................................................399 

Dardanoni G. .............................................. 271; 464 

Davanzo R..........................................................351 

Davoli M. ............................................. 49; 307; 441 

De Donato F. ...............................1; 19; 21; 334; 363 

De Dottori M. .....................................................353 

De Girolamo G. ..................................................263 

De Giuli R. ................................................... 33; 121 

De Lisio S. .........................................................334 

De Marco M.R....................................................115 

De Marco R..................101; 189; 327; 331; 355; 377 

De Maria M.......................................... 19; 334; 363 

De Nichilo G. .....................................................279 

De Nicola I. ..........................................................89 

De Ponti L. .........................................................481 

De Salvo G. ........................................................289 

De Sario M. ..........................................................21 

De Vincentis L....................................................279 

Debernardi M.L. .................................................281 

Del Bufalo E.......................................................300 

Del Forno A........................................................435 

Della Maggiore R. ................................ 99; 345; 497 

Delmastro G. ..........................................................7 

Demaria M. ............................................ 25; 47; 433 

Di Cuonzo D............................................. 3; 29; 319 

Di Giorgio M.............................................. 455; 463 

Di Lallo D. 33; 69; 121; 275; 323; 357; 397; 402; 413 

Di Marco M.........................................117; 409; 491 

Di Napoli A. ............................................... 323; 467 

Di Pede F............................................................369 

Di Pietro C. ........................................................381 

Di Simplicio F. ...................................................379 

Di Tanna G.L.............................................. 285; 387 

Dipietro G. .........................................................329 

Distante A. .........................................................385

Dolk H................................................................... 9 

Donato F..................................................... 383; 431 

E 

Erba P.................................................................463 

Ercolanelli M......................................................401 

Ermini I. .......................................................93; 287 

Errico S.V...........................................................111 

Erspamer L. ........................................................347 

F 

Fabbri S. .............................................................159 

Fadda E. .............................................................485 

Faella M. ............................................................453 

Faggiano F..........................................................441 

Fagiolo L. ...........................................................301 

Falasca P. ................................................... 243; 473 

Falcone S............................................................261 

Fano V.................................................... 59; 79; 467 

Fantaci G. ............................................. 59; 271; 464 

Fantini M.P......................................... 181; 291; 361 

Farchi S. ..................................39; 51; 113; 322; 463 

Farina G. ............................................................389 

Fateh Moghadam P. ..............................................27 

Fattore D. ...........................................................435 

Faustini A. ..........................................................451 

Fazzo L.................................................................17 

Fedeli U................................................................61 

Federici A............................................. 63; 113; 322 

Fernicola C. ........................................................383 

Ferracin E...........................................................445 

Ferrante D...........................................................407 

Ferrera G. ...........................................................464 

Ferrigno L...........................................................399 

Ferro S................................................................387 

Filippetti F. .........................................................147 

Fiorini M. ...........................................................387 

Fiumalbi C..........................................................379 

Fondelli M.C............................................... 303; 315 

Forastiere F.18; 19; 59; 289; 305; 309; 334; 363; 397; 

453; 467 

Forcella E. ............................................................81 

Forgione A..........................................................108 

Frammartino B....................................................361 

Franceschi S. .......................................... 41; 95; 321 

Franchini M................................................ 373; 489 

Franco F. ............................................................402 

Franzo A...............................................................67 

Frasca G. ..............................................................23 

French S. ..............................................................95 

Fresco R. ............................................................345 

Frigo A.C.................................................... 485; 487 

Frijia F..................................................................97 

Frova L...............................................................301 

Fusco D. ..................................................... 291; 361 

Fusco Moffa I. ......................................................85 

G 

Gabriele P.............................................................29 

Gabriele S.............................................................. 5 

Gabrieli M.L. ......................................................108 

Gaddini A. ..........................................................402 

Galanti C. .............................................................11 

Galassi C. .....................................................23; 453 

Galletti G..............................................................23 

Galletti N............................................................435 

Gallo A...............................................................108 

Gallone G. ............................................................73 

Gallus S. .............................................................321 

Gamma V. ..........................................................483 

Ganghini S..........................................................435 

Garaffoni G. .......................................................263 

Gargano R. .........................................................375 

Gasparrini G. ......................................................303 

Gasperoni S. .......................................................325 

Gatti M.G. ....................................................71; 447 

Gelatti U.............................................................431 

Gelormino E. ........................................................57 

Gemelli M. .........................................................375 

Gengotti F...........................................................117 

Gennaro V. ................................................. 163; 231 

Genta G. .............................................................325 

Gentilini F. .........................................................491 

Geraci S................................................................81 

Ghiselli G. ..........................................................435 

Ghisleni S...........................................................119 

Giacchi M........................................... 173; 277; 419 

Giamo M.D...........................................................85 

Gianfagna F. .......................................................108 

Gianicolo E.A.L. ......................................... 167; 385 

Giannotti F............................................................43 

Giarrizzo M.L. ..............................................33; 121 

Giavazzi L. .........................................................119 

Giorgi D. .................................................... 287; 435 

Giorgi Rossi P..................................39; 51; 113; 322 

Giovacchini V.......................................................93 

Giovannetti L......................................................435 

Giovannola D......................................................455 

Girling A. ...........................................................285 

Girolomini S. ......................................................409 

Gisondi P............................................................381 

Giudice A. ..........................................................393 

Giuliani C...........................................................329 

Giuliani O...........................................................325 

Giurini E.............................................................329 

Gnavi R. ...............................................................47 

Goldoni C.A. ........................................ 71; 263; 447 

Gonzalez C.A. ....................................................313 

Gorini G. .....................................303; 311; 315; 439 

Graci M. ...............................................................77 

Gramolini G........................................................347 

Grandjean H. ......................................................333 

Grandori L. ...........................................................71 

Gratia P. .............................................................333 

Grazzini G. .........................................................325 

Greco F...............................................................263 

Greco M. ..............................................................51 

Greco V................................................................51 

Gregori D. .................................................. 299; 359 

Grieco A.............................................................108 

Grifoni D. ...........................................................379 

Grigoletto F. ............................................... 485; 487 

Grilli R. ...................................................... 171; 387 

Grimaldi M................................................. 115; 393 

Guaiana R................................................... 119; 481 

Guarneri S. .........................................................329 

Guaschino S........................................................333 

Guasticchi G. . 33; 39; 63; 69; 81; 113; 121; 275; 322; 

323; 357; 413; 455; 463; 499 

Guillen Grima C..................................................475 

Guillen Grima F. .................................................471 

H 

Habiba M............................................................333 

Haupt R. .............................................................289 

553

Heyl W...............................................................333 

554 

I 

Iacono F. ............................................................464 

Iacuzio L. ...........................................................429 

Iaia C..................................................................385 

Iannone A. ..........................................................463 

Indelicato A. .......................................................383 

Innocenti A.........................................................315 

Innocenti F. ......................................................5; 11 

Intrieri T.............................................................295 

Ivaldi C. ............................................... 73; 391; 433 

J 

Janson C..................................................... 327; 331 

Jarvis D. ..................................................... 327; 331 

K 

Kaminski M........................................................333 

Kelly A...................................................................9 

Kirchmayer U. ..................................................1; 21 

L 

La Torre G..........................................................108 

La Vecchia C. ................................41; 177; 265; 321 

Lagorio S............................................................289 

Lauriola P......................................13; 207; 343; 347 

Lavia B...............................................................109 

Legittimo P................................................. 289; 379 

Leo C.G..............................................................385 

Leone V..............................................................345 

Lepore V. ...............................................................5 

Levi F...................................................................41 

Little D...............................................................283 

Lo Brutto R. .......................................................464 

Lo Izzo A. ..........................................................279 

Lombardo F....................................................49; 97 

Lorini C...............................................286; 435; 461 

Luberto F............................................................293 

M 

Mackay M. .........................................................283 

Maggiore A. .......................................................329 

Magnani C...........................................289; 371; 407 

Magoni M...........................................................383 

Maio S.................................................. 15; 345; 497 

Mairano D. ...........................................................87 

Malfitana G. .......................................................325 

Mancini E.............................................................35 

Mancini R...........................................................379 

Manganaro R. .....................................................375 

Mangione R........................................................464 

Mangone L. ..........................................................75 

Mannino S. .........................................................429 

Mannocci A. .......................................................108 

Mano M.P...........................................................319 

Mantero S...........................................................435 

Marai L. .............................................................325 

Marchini L..........................................................345 

Marcolina D........................................................303 

Marcon A. ..........................................................327 

Mariani F.............................................133; 367; 469 

Marin Gomez M. ................................................333 

Marinacci C........................................................445 

Marinaccio A......................................................311 

Marinari G..........................................................435 

Marino C. ................................................. 1; 21; 451 

Marino M. ..........................................................445 

Marinoni A. ........................................................377 

Marsal K. ...........................................................333 

Marseglia L. .......................................................375 

Martiello M.A............................................. 277; 419 

Martina L. .................................................. 267; 443 

Martinez M................................................... 93; 287 

Martini F. ........................................15; 99; 369; 497 

Marutti A............................................................325 

Marzano A..........................................................393 

Masala G. ..................................................... 93; 313 

Massaro T...........................................................349 

Mastrangelo G. ........................................... 485; 487 

Mastrantonio M. ......................................... 311; 423 

Mastromattei A. .......................................... 275; 357 

Mattioli S. .................................................. 232; 289 

Mattivi A............................................................493 

Maule M.............................................................265 

Mauro L. ............................................................329 

Mazzoni G.................................................. 111; 435 

Melotti R. ................................................... 355; 377 

Mennini F.S..........................................................63 

Merletti F. ....................... 3; 7; 29; 45; 165; 265; 465 

Merlo F. .............................................................289 

Mezzetti F. ................................................. 395; 493 

Miceli P..............................................................464 

Michelis M. ........................................................465 

Michelozzi P.................1; 19; 21; 271; 289; 334; 459 

Miele L...............................................................108 

Migliaretti G.......................................................359 

Miglio R..........................................19; 23; 334; 343 

Migliore E. ........................................... 87; 453; 480 

Milan G................................................................61 

Milani S. ..............................................................55 

Miligi L. .........................83; 111; 289; 379; 439; 449 

Minelli L. ...........................................................289 

Minichilli F. ..................................97; 269; 457; 459 

Mirabelli D.......................................... 45; 265; 407 

Molino N.................................................... 455; 463 

Mollica Nardo G.................................................464 

Mondello M........................................................375 

Montagano G......................................................349 

Montanaro D. .......................................................97 

Montanaro F. ......................................................311 

Montella M................................................. 115; 393 

Monti C..............................................................491 

Montico M..........................................................351 

Montomoli C. ............................................. 301; 469 

Morbidoni M. .....................................................477 

Morra B..............................................................299 

Moscariello F......................................................109 

Mosso M.L. ........................................................371 

Muggeo V.M.R.....................................................25 

Mugnaini E.........................................................373 

Mura E. ..............................................................319 

Musicco M. ........................................................132 

Musti M. ............................................................349 

N 

Naldi L. ..............................................................225 

Nanni R..............................................................473 

Nano M. .............................................................271 

Nebot M.............................................................303 

Negri E...............................................................321 

Negro A. ............................................................387 

Nemer L. ............................................................283

Nonnato M..........................................................407 

Nuvolone D. ........................................... 15; 99; 497 

P 

Pacelli B. .................................................... 395; 493 

Paci E. ................................................................295 

Padoan R. ................................................... 297; 425 

Pagano E. ...................................................3; 29; 57 

Palange S..............................................................21 

Palazzi M............................................................145 

Palazzo F. .............................................................63 

Palli D. ................................................. 93; 287; 313 

Pandolfi P.............................. 19; 334; 343; 395; 493 

Panico S. ............................................................313 

Panizza C............................................................401 

Pannelli F. ..........................................................289 

Papini P. ..................................................... 121; 467 

Pappagallo M................................................95; 301 

Parise G. .............................................................485 

Pasetto R. .............................................................17 

Pasqua A. .............................................................31 

Pasqualini O. ......................................................281 

Pasquini J. ....................................................65; 461 

Pasquini P................................................... 107; 479 

Passali D.............................................................299 

Pastore G. ...........................................................371 

Pattaro C..................................................... 101; 355 

Pellizzari M. .......................................................437 

Peretti I.................................................................99 

Pergolizzi S. .........................................................77 

Perissinotto E.............................................. 389; 487 

Perucci C.A. .... 1; 18; 19; 21; 59; 201; 271; 291; 305; 

307; 309; 334; 361; 397; 451; 467 

Peters A. ...............................................................18 

Petrella M.............................................................85 

Petrelli A. .......................................................37; 47 

Petrini N. ............................................................379 

Petroni M.L. .........................................................45 

Petronio M.G. .....................................................111 

Pezzarossi A. ........................................................75 

Pezzotti P......................................................33; 121 

Picardi A. ................................................... 107; 479 

Picariello R. ..........................................................37 

Piccinini P. .........................................................297 

Piccioni P. ....................................................87; 480 

Picciotto S. ......................................18; 19; 309; 334 

Picconi O............................................................499 

Piegaia B. ...........................................................369 

Pierini A. ............................................................269 

Piffer S. ................................................................27 

Pignocco M. .........................................................81 

Pineschi G. .........................................................111 

Pirani M. ............................................................307 

Pirini G...............................................................387 

Pirola C. .............................................................119 

Pisa F. ................................................ 109; 329; 335 

Pistelli R.............................................................453 

Pitarella S. .................................................. 317; 319 

Pitarresi A...........................................................464 

Pizzo A.M. .........................................................315 

Pizzuti R......................................195; 267; 365; 443 

Poggi A. .............................................................289 

Polese J.................................................................41 

Pollina Addario S.............................59; 79; 271; 464 

Poltronieri E. ......................................................399 

Polverini F. .........................................................477 

Ponti A. .........................................3; 7; 35; 317; 319 

Ponz De Leon M.................................................131 

Porcelli V. ..........................................................337 

Porta D. ..............................................................397 

Portaluri M. ........................................................385 

Prandi R. ............................................................329 

Protti M.A. ....................................43; 273; 345; 457 

Pugliese A. .........................................................443 

Q 

Quarta D.............................................................281 

R 

Rabagliati C........................................................119 

Raciti M. ............................................ 273; 345; 457 

Raffaelli C. .........................................................435 

Randi G. .............................................................321 

Ranzi A. .............................................................347 

Rausa G.............................................. 389; 485; 487 

Rava M....................................................... 101; 355 

Renzi C...............................................................381 

Rial M. .................................................................. 9 

Riboli E. .............................................................313 

Ricardi U. .............................................................29 

Ricci R. ..............................................................347 

Ricciardi A. ..........................................................63 

Ricciardi W. ............................................... 108; 185 

Richiardi L..........................................................468 

Rigo A................................................................403 

Rinaldo M...........................................................115 

Risica S. .............................................................289 

Rizzoli E.............................................................281 

Rocchi S. .................................................... 119; 481 

Rognoni M............................................ 19; 334; 363 

Romanelli A.M. .............................43; 273; 345; 457 

Romano C...........................................................293 

Rondelli R. .........................................................289 

Ronga D. ............................................................393 

Rosano A............................................................300 

Rosato R.............................................................3; 7 

Rosmini F...........................................................399 

Rosselli Del Turco M. ...................................35; 287 

Rossi C. ................................................................49 

Rossi G...............................................................367 

Rota A. ...............................................................119 

Rotta P..................................................................29 

Ruggeri E. ..........................................................495 

Rusciani R. ...........................................................47 

Russo A...........................................19; 35; 334; 363 

S 

Sacchettini C.......................................................295 

Saccona F. ..........................................................465 

Sacerdote C. ...................................................3; 319 

Saitto C..........................................67; 109; 329; 335 

Salvadori S. ........................................................469 

Salvan A.............................................................289 

Salvini S. ..............................................................93 

Sampietro G................................................ 119; 481 

Sampogna F.......................................... 84; 107; 479 

Sandrin L............................................................329 

Santoni S. .............................................................69 

Santoro M................................................... 267; 443 

Saracci R. ...........................................................341 

Sartorelli P..........................................................379 

Sartori S. .................................................... 101; 355 

Saugo M..................................................... 205; 437 

Savoia E. .................................................... 181; 291 

Savonitto C. ........................................................103 

555

Scali L................................................................435 

Scarcella C. ........................................................383 

Scarnato C. ...................................................19; 334 

Schiava F............................................................103 

Schievano E..........................................................61 

Schifano P. ...................................................49; 307 

Scognamiglio A. .................................................369 

Scondotto S. ........................................... 59; 79; 137 

Scotto F. .......................................................13; 343 

Segnan N. ............................ 7; 29; 35; 317; 319; 325 

Sellan A..............................................................329 

Seniori Costantini A................. 53; 83; 315; 439; 449 

Senore C.............................................................325 

Sera F...........................................................93; 405 

Serinelli M..........................................................385 

Silipo F...............................................................387 

Silva A. ..............................................................489 

Silva S........................................................ 119; 481 

Silvani M............................................................325 

Silvestri S. ............................................ 53; 315; 439 

Simeoni S. .................................................. 275; 357 

Simonato L. ........................................................353 

Snidero S............................................................299 

Soldati S............................................... 73; 391; 433 

Sottini D.............................................................383 

Spada E. ...............................................................55 

Spagnolo A.........................................................233 

Sperati A. ...........................................................499 

Spinelli A. ............................................................81 

Spolaore P. ...........................................................61 

Squadroni R........................................................405 

Stafoggia M.....................................18; 19; 334; 363 

Stanga F. ............................................................433 

Stanghellini E. ....................................................379 

Stea S. ................................................................387 

Stefanini A. ........................................................105 

Stivanello E. .......................................................361 

Storchi C. .............................................................75 

Stortini A..............................................................99 

Stralla S..............................................................465 

556 

T 

Tabolli S........................................84; 107; 381; 479 

Taddei S. ............................................................325 

Taglioni M..........................................................291 

Tagna M...............................................................87 

Talamini R............................................ 41; 153; 321 

Tamang E. ..........................................................303 

Tancioni V.................................................. 467; 499 

Tanzini D......................................................93; 287 

Tavormina E. ........................................................79 

Taylor D. ............................................................333 

Tediosi F. ...............................................................5 

Tessari R. ...........................................................353 

Tiron C...............................................................403 

Todesco A. .........................................................407 

Tofani L. ............................................................111 

Tomatis M. .........................................................319 

Toni A................................................................387 

Torregrossa S.V. .................................................289 

Trapani V. ..........................................................464 

Traversa G..........................................................301 

Tridente V. .........................................................393 

Trivelloni C. .......................................................323 

Tumino R. ..........................................................313 

U 

Uccelli R. ...........................................................423 

Uva A...................................................................43 

V 

Valent F. ............................................................283 

Valerio M...............................................................5 

Van Loveren H. ..................................................449 

Vanacore N.........................................................423 

Vecchia P. ..........................................................289 

Vemir D. ............................................................329 

Veraldi A...................................................... 83; 449 

Verdini E............................................................263 

Verlato G.............................................331; 355; 377 

Vero V. ..............................................................108 

Vian E................................................................329 

Vicari P. .............................................................3; 7 

Vicario G..............................................................95 

Viegi G.............................15; 99; 219; 369; 453; 497 

Vigna Suria A.....................................................319 

Vigna Taglianti F................................................441 

Vigotti M.A. ............................ 25; 43; 273; 345; 457 

Villa M...............................................................429 

Vimercati L. .......................................................279 

Vincenten J.........................................................283 

Vineis P.........................................83; 313; 319; 449 

Virgone E...........................................................435 

Visentin C. ...........................................................61 

Visintin S. ..........................................................335 

Viviani L. .................................... 297; 337; 421; 425 

Voller F. ................................ 65; 277; 286; 419; 461 

Von Klot S. ..........................................................18 

Z 

Zacchi S. ..............................................................93 

Zambon P...........................................................289 

Zambonelli V......................................................417 

Zanetti F.............................................................491 

Zanetti R. ................................................... 3; 7; 317 

Zani C. ...............................................................431 

Zanier L..........................................................67; 95 

Zanna I. ................................................................93 

Zappa M...............................................................35 

Zarattini A. .........................................................106 

Zauli Sajani S. .................................13; 23; 210; 343 

Zipoli G..............................................................379 

Zirilli A. .............................................................375 

Zocchetti C. ............................................................5 

Zoli M................................................................493 

Zovato S.............................................................389 

Zucchetto A. .........................................................41 

Zucchi A. ...........................................................481 

Zuccolo L. ..........................................................371 

Zuccotti D. ...........................................................27 

Zustovich F. .......................................................389

Auditorium - Associazione Italiana di Epidemiologia

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