0622 interno 56 pag - Biblioteca di via Senato

la Biblioteca di via Senato
mensile
Milano
anno I
n.3 – giugno 2009
Quel Darwin
navigatore così
preso da Tahiti
michele lessona
Di cosa si parla
quando si dice
evoluzionismo
marco respinti
La Scapigliatura
tra tele, pagine
e spettacoli
matteo tosi

L’EVOLUZIONE DI UN SUCCESSO
La piastra di nuova generazione:
styling piu' facile, ultrarapido e che dura piu' a lungo
Il sistema di riscaldamento esterno
e lo sliding system trasformano
la piastra in un versatile Styling Creator
Kit con elegante borsetta Bellissima
e Easy Styling Guide

la Biblioteca di via Senato - Milano
MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO I – N.3 – MILANO, GIUGNO 2009
Sommario
5
10
18
25
42
Postille a un centenario - 1
IL DARWIN NAVIGATORE
ABBAGLIATO DA TAHITI
di Michele Lessona
Postille a un centenario - 2
QUATTRO PASSI FRA DARWIN
GOETHE, LINNEO, GALILEI
di Marco Respinti
Nasce l’enciclopedismo librario
GESSNER, IL PRIMO
BIBLIOGRAFO, UOMO
DI SCIENZA E FEDE
di Edoardo Barbieri
ed Emidio Campi
inSEDICESIMO – Le rubriche
TEATRO DI VERDURA,
CATALOGHI DI BIBLIOFILIA,
ANASTATICHE, ASTE,
APPUNTAMENTI, MOSTRE,
RECENSIONI
Un palco nel cuore di Milano
VOCI, SUONI, IMMAGINI
E PAROLE AL TEATRO
DI VERDURA
di Filippo Crivelli
44
48
49
50
52
55
I libri illustrati
SCHMIED, IL DÉCO
CON IL VIZIO DEI LIBRI
di Chiara Nicolini
Capolavori in collezione
REUCHLIN E IL SOMMO
TUCIDIDE
di Annette Popel Pozzo
Un libro ritrovato
LA CONTESSA?
UNA BIGOTTONA
di Chiara Bonfatti
Acquisizioni recenti
UNA RACCOLTA SEMPRE PIÙ
RICCA, MESE DOPO MESE
di Chiara Bonfatti, Giacomo
Corvaglia, Annette Popel Pozzo
Chicche da bibliomane
BIBLIOFILIA PER POVERI
di R. Obredi
L’intervista d’autore
IL VIZIO VERO DEL
COMPAGNO OLIVIERO
di Luigi Mascheroni

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Ennio Doris, Paolo Andrea Mettel,
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a regolare eventuali diritti
per immagini o testi di cui
non sia stato possibile reperire
la fonte
Immagine in copertina:
Charles Darwin, in un disegno satirico
contro le sue idee evoluzioniste, diffuso
in Gran Bretagna all’epoca della
pubblicazione del libro “Sull’origine
della specie”, 1859. Lo scienziato è
raffigurato con il corpo da scimmia
accanto ad un suo “simile”. © Fototeca
Storica Nazionale Ando Gilardi
Questo periodico è associato alla
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Bollettino mensile della
Biblioteca di via Senato Milano
distribuito gratuitamente
E.C. Nel numero 2 – maggio 2009,
abbiamo pubblicato il saggio
di Guglielmo Cavallo, “In un mondo
di schermi, rimarrà il piacere della
carta” (tratto dal primo numero
de l’Erasmo, gennaio-febbraio 2001)
senza darne comunicazione all’autore.
Ce ne scusiamo con lui e con i lettori
Reg. Trib. di Milano n. 104 del
11/03/2009

la Biblioteca di via Senato - Milano
MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO I – N.3 – MILANO, GIUGNO 2009
Editoriale
Mese “scapigliato” questo giugno: non
tanto perché siamo sicuri che un vento
dispettoso – ce lo auguriamo come
sollievo alle prime calure… – ci possa scompigliare
i capelli, ma perché il mese presenta due prestigiosi
avvenimenti per la nostra Biblioteca.
Per primo il Teatro di Verdura verrà a
“scapigliare” le serate di molti milanesi,
rinfrescandole con un cartellone che ancora
quest’anno può davvero fare invidia a un teatro
stabile, offrendo gli spettacoli originali di attori
e compagnie di richiamo: Monica Guerritore, Paolo
Poli e Leo Gullotta, solo per citarne alcuni.
In contemporanea, la mostra “La Scapigliatura
e Angelo Sommaruga. Dalla bohème milanese alla
Roma bizantina” verrà a “scapigliare” le nostre idee
sull’arte e sulla letteratura della seconda metà
dell’Ottocento, cercherà di rendere giustizia
al movimento letterario creato da Cletto Arrighi e
da Giuseppe Rovani – che spazzò via le vecchie idee
romantiche e per certi versi anticipò nei modi
e nelle posizioni il Futurismo –, e a quel singolare
editore italiano di quegli anni che fu Angelo
Sommaruga, scapigliato per nascita, che ebbe
una parte decisiva nella definizione della nostra
letteratura moderna, cancellato ingiustamente
dalla memoria perché politicamente scomodo.

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 5
Dal Fondo Sommaruga della Biblioteca di via Senato
IL DARWIN NAVIGATORE
ABBAGLIATO DA TAHITI
E di quando le Galapagos potevano essere italiane
Il conte Camillo di Cavour stette ascoltando
con molta attenzione un progetto che gli veniva
esponendo un signore di piccola statura, di giuste
forme, del sembiante quanto mai simpatico e intelligente,
pel quale il grande ministro mostrava molto riguardo.
Questo signore era il conte Giuseppe Canevaro.
Le isole Galapagos costituiscono nell’Oceano Pacifico
un arcipelago sulla linea equatoriale, a cinquecento
o seicento miglia di distanza dalla spiaggia americana
della repubblica dell’Equatore. Presentano un singolarissimo
aspetto anche all’occhio di chi non abbia l’abito
di osservare e discernere le varie foggie e la varia natura
dci rilievi della superficie terrestre; sono di origine vulcanica
e si contano un duemila crateri
che in periodi remotissimi della
vita del nostro globo sono stati in
eruzione. Strane piante vestono
quelle isole che nelle parti più elevate
hanno una vegetazione abbastanza
rigogliosa, e le popolano i
più strani animali. L’uomo non vi
pose mai ferma dimora. Vi approdarono
di tratto in tratto fìlibustieri
e balenieri, vi si allogarono un due o
trecento banditi della repubblica
dell’Equatore.
Il conte Canevaro voleva fondare
là una colonia italiana. Centocinquanta
famiglie genovesi ne
avrebbero costituito il primo nucleo.
Egli aveva già divisato il modo
MICHELE LESSONA
Charles Robert Darwin (1809-1882)
in un’incisione d’epoca
della distribuzione di quelle famiglie e i vari compiti da
assegnarsi a caduno dei loro componenti.
Dai segni frequenti di viva approvazione che di
tratto in tratto era venuto dando il conte Cavour, che
non ne aveva mai interrotto il discorso, dal vivissimo
sguardo con cui cercava di leggergli negli occhi, dal frequente
animarsi della sua fisionomia tanto intelligente
ed espressiva, il conte Canevaro si aspettava che il ministro
avrebbe accolto con passione il suo progetto. La
sua meraviglia fu quindi estrema quando, finito il suo
parlare, si sentì rispondere: - Non ne faremo nulla.
Il ministro ammirò il progetto del Canevaro e se
ne commosse e non fu avaro di parole ad esprimere la
sua ammirazione; ma gli spiegò pure
che una colonia di quella fatta
aveva bisogno di essere sostenuta e
all’uopo protetta con tutta l’efficacia
da un governo abbastanza forte
per non indietreggiare in faccia a
nissuna evenienza, e che egli non si
sentiva di impegnarsi in una tale
impresa. Oggi con Assab ci andiamo
più alla svelta.
Dal Perù il Beagle fece vela
verso le isole dell’arcipelago Galapagos,
dove approdò il 15 settembre
e rimase fino al 20 ottobre dell’anno
1835, navigando poi per tremila
e dugento miglia per arrivare a
Tahiti di cui fu in vista il giorno 15
di novembre.

6 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Dice il Darwin di Tahiti che essa è un’isola che deve
rimaner per sempre classica pel viaggiatore del mare
meridionale; ne descrive le bellezze e le particolarità
più notevoli e dice:
«Quello che mi piacque maggiormente furono gli
abitanti. La dolcezza dell’espressione delle loro fisionomie
bandisce ad un tratto l’idea di un selvaggio; e
l’intelligenza che vi brilla mostra che progrediscono in
civiltà. I popolani quando lavorano tengono la parte superiore
del corpo del tutto nuda, ed è allora che i tahitiani
fanno più bella figura. Sono molto alti, colle spalle
larghe, atletici, e bene proporzionati.
«È stato osservato, che basta un po’ d’abitudine
per rendere all’occhio di un europeo una pelle nera più
piacevole e più naturale che non il suo proprio
colore.Un bianco che si bagna accanto ad un tahitiano.
Somiglia ad una pianta imbiancata dall’arte del giardiniere
comparata con un bell’albero verde oscuro che
cresce vigoroso e selvatico in mezzo ai campi.
«La maggior parte degli uomini sono ornati di tatuaggi,
e questi ornamenti seguono le curve del corpo
tanto graziosamente, che producono un effetto elegantissimo.
Un disegno comune, che varia solo nei particolari,
è alcunché simile al capitello di una palma. Esce
fuori dalla linea centrale del dorso, e gira con grazia intorno
ai lati. La similitudine può parere fantastica, ma
SCOOP EVOLUZIONISTICI PER SOMMARUGA
Carissimo signore
Rispondo alla sua di ieri.
Ho mandato una terza dose di
Darwin. Non manca più che un capitolo,
che guarderò di fare al più presto.
Certamente prima che sia finito il mese.
Questo capitolo, siccome l’ultimo,
intendo di farlo forte.
Il “Fanfulla della Domenica”
non ha riferito nissun capitolo di questo
lavoro. Appena morto Darwin quel
giornale mi invitò con un telegramma
a farne una commemorazione,
ciò che io feci subito, ed uscì in due
articoli. Ma quella pubblicazione non ha
nulla a che fare con questa.
Ella può adunque scegliere, per
pubblicarli preliminarmente in qualche
giornale, tutti quei capitoli che vuole.
Dacché Ella mi domanda il mio parere
intorno questa scelta, eccolo:
In sul principio del lavoro, credo
nel capitolo primo, vi ha un cenno dei
rapporti di Darwin giovinetto, studente
a Cambridge, col prof. Henslow,
che mi pare degno di essere riferito,
io pensai che il corpo di un uomo cosiffattamente adorno
fosse simile al tronco di un albero maestoso stretto
da una delicatissima rampicante.
« Molte fra le persone attempate hanno i piedi coperti
di figurine, messe per modo da sembrare uno zoccolo.
Tuttavia, questa moda è in parte scomparsa ed altre
le si sono sostituite. Qui, sebbene la moda sia tutt’altro
che immutevole, ognuno è tenuto a seguire quella
che prevaleva nella sua gioventù. In tal modo un vecchio
ha la sua età stampata sul corpo, e non può atteggiarsi
a giovanotto.
«Anche le donne hanno tatuaggi come gli uomini,
e comunissimamente li hanno sulle dita. Una moda è
ora quasi universale che non istà guari bene, cioè quella
di radersi i capelli della parte superiore del capo, circolarmente,
tanto da lasciare solo un anello esterno. I
missionari hanno cercato di persuadere la popolazione
a mutare questo costume; ma è la moda, e questa risposta
vale tanto a Tahiti quanto a Parigi.
«L’aspetto delle donne produsse in me un vero
disinganno; per ogni rispetto sono molto inferiori agli
uomini. L’uso di portare un fiore bianco o scarlatto sul
di dietro del capo, o attraverso un forellino dell’orecchio,
è molto grazioso. Portano pure una corona di foglie
di cocco intrecciate per fare ombra agli occhi. Le
donne sembrano aver maggior bisogno degli uomini di
qualche moda che vada loro bene.
tanto più che in Italia non ne ha parlato
nessuno.
Nel capitolo quinto il principio
che si riferisce a un progetto intorno
alle isole Galapagos fatto dal conte
Canevaro* al conte Cavour, mi pare
originale.
Il capitolo settimo, che tratta
delle formazioni madreporiche può
essere tutto riportato.
Il capitolo nono è lunghissimo.
Si può dividere in parecchi brani.
Si può riferire l’introduzione, poi il cenno

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 7
«Quasi tutti gli indigeni capiscono
un po’ l’inglese; cioè sanno il
nome delle cose comuni, e con questo
e con l’aiuto di qualche segno si
può fare con essi una scarsa conversazione.
Tornati a sera alla barca, ci
fermammo per osservare una scena
graziosissima. Un gran numero di
bambini si trastullavano sulla spiaggia,
ed avevano acceso fuochi che illuminavano
il placido mare e gli alberi
circostanti; altri in semicerchio
cantavano versi tahitiani. Ci sedemmo
anche noi sulla sabbia, e ci unimmo
alla brigatella. Le canzoni erano
improvvisate ed avevano rapporto,
credo, col nostro arrivo: una fanciullina
cantava un verso, che il resto
ripeteva in parte, formando così un
coro molto piacevole. Tutta la scena
ci dimostrava con evidenza che eravamo
seduti sulla spiaggia di una
isola del rinomato mare del sud».
Più sotto, dopo d’aver parlato dei pareri discordi
di Ellis e di Beechey e Kotzebue intorno alla vita e allo
stato di quelle genti e all’opera dei missionari, il Darwin
soggiunge:
assai lungo intorno a Erasmo Darwin,
nonno di Carlo, il cenno intorno
a Goethe, quello su Lamark.
Si possono prendere pure
da questo capitolo le parti che
riguardano il concetto della specie
secondo Carlo Linneo e Giorgio Cuvier,
e la teoria di quest’ultimo
delle rivoluzioni del globo, avvalorata
da Elie de Beaumont.
Non anderei più in là, e forse
è già troppo, anzi senza forse,
ciò che le ho suggerito.
MICHELE LESSONA, UN
EVOLUZIONISTA D.O.C.
Nato a Venaria Reale nel
1823, fece il medico in
vari Paesi e diresse un
ospedale al Cairo. Tornato in Italia,
si dedicò alle scienze naturali e alla
zoologia e fu rettore dell’università
torinese. Seguace di Darwin e della
sua teoria evoluzionista, la diffuse
in Italia e ne tradusse i testi chiave
Viaggio di un naturalista intorno al
mondo e L’origine dell’uomo e la
scelta in rapporto col sesso.
Sul modello dei manuali di Smiles,
scrisse anche un fortunato libro
dal titolo Volere e potere.
Senatore del Regno nel 1892, due
anni dopo morì a Torino. Alcune
specie animali portano il suo nome.
Le manderò articoli per la
“Bizantina”, e anche per la “Domenica
Letteraria”. Quanto a quest’ultima temo
che Ella abbia fatto un errore
ad incaricarsene.
Ma Ella è miglior giudice di me.
Ha mandato ai librai di Torino
esemplari della Caccia della Jena?
Non ho veduto fuori nissun
cartello di annunzio.
Non pubblica Ella nissun lavoro
tradotto? Ove fosse per pubblicarne,
io le raccomando, siccome traduttrice,
«Nel complesso mi sembra
che la moralità e la religione degli
abitanti siano molto rispettabili. Vi
sono molti che censurano, anche più
acerbamente che non Kotzebue,
tanto i missionari, quanto il loro sistema
e gli effetti da esso prodotti.
«Quei ragionatori non comparano
omai lo stato attuale dell’isola
con quello di soli vent’anni fa; né
anche con quello dell’Europa d’oggi,
ma lo comparano con quello della
più alta perfezione evangelica.
Vorrebbero che i missionari compiessero
ciò, in cui non riuscirono
neppure gli Apostoli. In qualunque
parte dove la condizione delle genti
si scosta da quell’alto punto di perfezione,
si getta il biasimo al missionario,
invece di lodarlo per quello
che ha fatto.
«Essi dimenticano, o non ricordano,
che i sacrifizi umani e la potestà dei preti idolatri
– un sistema di scelleraggine che non aveva riscontro
in nessuna altra parte del mondo – l’infanticidio,
conseguenza di quel sistema; le guerre sanguinose nelle
quali i vincitori non risparmiavano né donne, né bambini,
sono state abolite; e che la disonestà, l’intemperanza
sono molto diminuite dopo l’introduzione del
mia moglie, la quale ha fatto
per Treves molte traduzioni dall’inglese
e dal francese.
Ho anche una figliuola che traduce
dal tedesco.
Voglia tenere anche ciò a mente,
e voglia gradire i miei saluti.
Suo
Michele Lessona
[quartino, piegato; 13,6x21,2;
inchiostro nero;
scritto su quattro facciate]

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 9
Immagine satirica dall’Almanacco per il 1882 del Punch
Cristianesimo. In un viaggiatore, dimenticare queste
cose è una bassa ingratitudine; perché se egli per disgrazia
naufragasse sopra qualche ignota costa, alzerebbe
al cielo una ben divota preghiera perché le lezioni
dei missionari si fossero estese fino a quella regione.
«In quanto alla moralità è stato detto che la virtù
delle donne sia una vera eccezione. Ma prima di biasimarle
troppo severamente, bisogna tenere ben presenti
alla mente le scene descritte dal capitano Cook e dal
signor Banks, in cui le nonne e le madri della razza presente
avevano molta parte. Coloro i quali sono i più severi,
debbono considerare come la moralità delle donne
in Europa sia dovuta alla educazione data di buon’ora
dalle madri alle loro figliuole, e in ogni caso individuale
ai precetti della religione.
«Ma è inutile discutere intorno a cosiffatti ragionatori;
credo che delusi per non aver trovato un campo
di licenziosità tanto vasto quanto era prima, essi non
prestano fede ad una moralità che non desiderano praticare,
o ad una religione che non apprezzano, se pur
non disprezzano.»
GIUSEPPE CANEVARO, DA ZOAGLI ALLE ANDE
Nato a Zoagli nel 1803, Giuseppe
Canevaro si imbarca a dodici anni
sul veliero Calipso che fa rotta per
Cuba. Comandante a vent’anni, avvia a
Panama una propria attività commerciale,
quindi si trasferisce in Perù.
A Lima la sua fortuna cresce grazie
ai proventi della sua Società che detiene il
monopolio per lo sfruttamento e
l’esportazione del guano.
Console del Regno di Sardegna,
fonda il Banco Nacional del Perù. Offre
asilo politico a Garibaldi e poi lo invia al
comando di una delle sue navi di guano a
Canton, in Cina. Invia a Cavour 350.000
sterline per finanziare gli ospedali
da campo durante le guerre risorgimentali,
alla gestione dei quali partecipa
personalmente.
Tornato in Italia, compra la tenuta e
il castello Malfanti Spinola, a ponente di
Zoagli, da dove partì nel 1812 «con la
maglietta che aveva addosso e la
benedizione di sua Madre».
Muore a ottant’anni a La Spezia. Dei
suoi dodici figli, molti ricopriranno cariche
Un effetto opposto producono nel nostro viaggiatore
le isole e le genti della Nuova Zelanda per modo
che, partendone addì 30 dicembre 1835, egli esclma:
«Credo fummo tutti ben contenti di lasciare la
Nuova Zelanda. Non è un bel luogo, Fra gli indigeni
non vi è quella graziosa semplicità che si trova a Tahiti e
la maggior parte degli inglesi sono il rifiuto della società.
Neppure il paesaggio ha molte attrattive».
Due mesi dopo lasciando l’Australia così esclama:
«Addio, Australia. Sei una fanciulla che cresce, e senza
dubbio un giorno regnerai come regina del sud, ma sei
troppo ambiziosa per ispirare affetto».
Il 1º aprile 1836 il Beagle veleggiava nell’Oceano
Indiano a seicento miglia di distanza dalla costa di Sumatra
e aveva alla vista le isole Feeling, che diedero campo
a Carlo Darwin a studiare e riconoscere il modo di
originarsi delle formazioni coralligene, isole madreporiche,
atolli, banchi, scogliere. Il Beagle proseguendo la
sua via toccò l’isola Maurizio, il Capo di Buona Speranza,
S. Elena e nuovamente il Brasile per compiere la misura
cronometrica del mondo. Il giorno 2 ottobre 1836
Darwin rivide la costa dell’Inghilterra e lasciò a Falmouth
il Beagle su cui aveva navigato quasi cinque anni.
Michele Lessona, Carlo Darwin, Roma, Casa Editrice
A. Sommaruga e C., 1883. Capitolo V, pp. 61-68
politiche e amministrative in Perù; dei due
che torneranno in Italia per la loro
formazione, Felice Napoleone
si distinguerà con Garibaldi a Gaeta e poi
con Persano nella battaglia navale di Lissa;
parteciperà alla formazione della neonata
Regia Marina e quindi comanderà il blocco
navale di Creta.
L’altro figlio, Carlos Pompeo, sarà
incaricato dal Ministero della Marina,
dell’Agricoltura e del Commercio
di provare a selezionare una razza italiana
del purosangue da corsa.

10 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Quattro passi fra Darwin,
Goethe, Linneo e Galilei
Di cosa parliamo quando parliamo di evoluzionismo
Diciamocelo forte e chiaro quest’anno che il
Darwin Day, il giorno della nascita del noto naturalista
britannico (12 febbraio 1809), si è trasformato
in un bicentenario di lotta e di governo. L’evoluzionismo
esercita un fascino irresistibile. Ma non sono
la sovranità caotica del caso né la logica della sopravvivenza
del più forte ad ammaliarci. Ciò che ci seduce è il
castello di legami e di concatenazioni tra i viventi che esso
pensa di vedere nella realtà: materia calda e coinvolgente,
questa, quanto quelle sono fredde e spietate.
L’idea che i viventi possano essere radiografati per
filogenesi è infatti portentosa. Siamo soliti rappresentarci
l’idea attraverso il disegno altamente evocativo, e
facilmente intuitivo, dell’albero genealogico. Oggi, è
vero, esistono altri schemi più raffinati e cespugliosi
Da sinistra: Carl von Linné (1707-1778), Galileo Galilei
(1564-1942), Johann Wolfgang Goethe (1749-1832)
e Charles Darwin (1809-1882)
POSTILLE A UN CENTENARIO
DI MARCO RESPINTI
per suggerire la parentela evolutiva tra i viventi, ovvero
la loro storia dal principio a chissà quando, e modelli
più aggiornati; ma quell’albero a cui abbiamo teso tutti
la pargoletta mano resta, pur nella sua ingenuità, l’emblema
meglio impresso nel nostro immaginario di tutto
quanto ci propone a credere la sublime baracconata di
mere ipotesi (talune persino destituite di qualsiasi plausibilità)
di cui campa la teoria evoluzionistica.
Sarà forse perché l’albero filogenetico dei viventi
è identico a quello che ricostruisce la mappa delle nostre
ascendenze familiari, genitori, nonni, zii, cugini,
avi, antenati, tutti stretti assieme da un vincolo inscindibile.
Sarà per questo o per altri motivi, ma resta il fatto
che quella rappresentazione grafica è un vero e proprio
“ideogramma culturale”.
Il fascino sottile del darwinismo sta proprio in
questo. Qualsiasi cosa sostenga nei dettagli, qualunque
sia la sua indimostrata e indimostrabile pretesa, e per

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 11
quanto i suoi discepoli classici e neo si sforzino di glossarlo,
ciò che ci stringe a esso è la geografica che lo anima.
La mentalità evoluzionistica propone cioè una scala
degli esseri che, seppur storpiata, è quella tipica di altri
saperi in voga in altre età dell’uomo, per esempio
quelli metafisicamente fondati: là si chiamava catena
dell’essere, persino scala per il paradiso, comunque
sempre albero della vita dall’Eden alla fine dei tempi,
ma il giro mentale è analogo. Un inizio, una fine e nel
mezzo la gerarchia.
Sappiamo tutti, certo, che l’evoluzionismo pretende
invece di bypassare proprio il problema dell’alfa
e dell’omega, epperò di fatto esso istiga a pensare il contrario:
a pensare che nella struttura dei viventi vi sia una
planimetria, persino uno schema. La filogenesi, infatti,
altro non è che la testimonianza di un bisogno cocente
di ordine e di ragione nelle cose, il quale testimonia –
udite, udite – nientemeno che la sete di un progetto intelligente
per l’universo, quell’insieme di tutte le cose
che appunto giacché ordinato (benché talora insondabile)
chiamiamo cosmo.
Si tratta di una clamorosa eterogenesi dei fini, anche
se non si può escludere che in alcuni quarti del pensiero
evoluzionistico, persino in certi sottoscala volutamente
osé, si annidi della buona, dell’ottima fede; insomma,
che pur volendo certamente buttare il bimbo
fingendolo acqua sporca, anche taluni evoluzionisti finiscano
poi per ritrovarsi con un bimbo sorridente tra
le braccia.
Nessuno lo testimonia meglio di Carl von Linné
(1707-1778). Premesso che un numero enorme di
scienziati erano uomini di pensiero metafisicamente
fondato (Lazzaro Spallanzani, Georges Cuvier, Louis
Pasteur, Gregor Mendel, Max Planck, Luigi Galvani,
Alessandro Volta, André-Marie Ampère, Michael Faraday,
Galileo Ferraris, Léon Foucault), il naturalista
svedese, più noto con il nome latinizzato di Linneo, fu
grandioso nello stilare, nel 1735, quell Systema Naturae
a cui si deve, a partire dalla decima edizione del 1768, la
nomenclatura binomiale latina che designa ogni vivente
attraverso il genere e la specie, Canis canis, Canis lupus,
Homo sapiens e così via. Nome, cognome, certificato
di nascita e stato di famiglia, cioè, tutto in prorom-
Mappa delle isole Galapagos tracciata dagli ufficiali
di bordo del Beagle nel 1835
pente stile aristotelico.
Linneo (che pure imparenta la natura angelica
dell’uomo alle bestie e a i bruti) fu grande perché fu il
primo a cartografare la vita sulla Terra nel palese tentativo,
voluto o meno è un’altra questione, di vedere come
da uno vengano i molti e che vi sia all’origine di tutto.
Basta questo a battere in breccia ogni e qualsiasi
pensiero pusillanime che erige il materialismo a religione
di Stato violando la laicità della cosa pubblica e
vilipendendo la ragione.
Se ne vedano, per sincerarsene, gl’intriganti scritti
“minori” tradotti per la prima volta in italiano nel
2008 sul prezioso e pregevole periodico di germanistica
Panoptikon, diretto da Giancarlo Lacchin ed edito a
Seregno (Milano) dalle Edizioni Herrenhaus (tel.
0362/240096) di Andrea Sandri: ovvero i Fundamenta

12 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Il Beagle in riparazione su una riva de fiume Santa Cruz
(Patagonia)
Botanica e l’Instructio Peregrinationis, testi latini a fronte
e versioni di Mauro Fratta e Alexander Di Bartolo, raccolti
in un opuscolo conturbante, Aforimi e viaggi, a cura
di Alesandro Minelli.
E anche, poco distante, un altro fascicolo di Panoptikon
sempre del 2008 curato dal direttore Lacchin:
Evoluzione e forma di Johann Wolfgang Goethe (1749-
1832), che del poeta propone la traduzione (con originale
tedesco a fronte) del Tentativo di una teoria generale
della comparazione, del 1790, più una messe ricca di testi
ermeneutici.
Chi se ne importa se Linneo era rosacrociano, deista
e protodarwinista o meno, né se Goethe era massone,
cristiano illuminato o evoluzionista. Quel che di loro resta
è lo sforzo di divinare (letteralmente) dentro la realtà
uno schema ragionato e coerente, un ordine precedente,
persino segni di qualcosa di più grande e atavico. Questo
è ciò che nessun materialismo riesce a svellere: la corrispondenza
tra la ragione dell’uomo e la ragione delle cose
che il primo sente costantemente riverberare dentro di
sé e le seconde mostrano con freddezza empirica. Un bel
progetto, quello di Linneo e Goethe, intelligente.
La questione centrale di tutto il darwinismo, infatti
— come ho cercato di riassumere nel mio libro
Processo a Darwin (Piemme, Casale Monferrato, Alessandria
2007) —, è che l’ipotesi evoluzionistica circa
l’origine e lo sviluppo della vita sulla Terra afferma che
da un organismo unicellulare semplice, nato casualmente
sul nostro pianeta, sarebbe discesa l’intera catena
delle specie viventi pluricellulari e complesse, uomo
compreso. Ciò avverrebbe per effetto di un continuo
processo di speciazione dovuto a successive modificazioni
genetiche, tale per cui alcune specie, più adatte,
sopravvivono, mentre altre, deboli, si estinguono.
Nota come “evoluzionismo”, l’ipotesi è stata
avanzata per la prima volta e descritta in maniera sostanzialmente
compiuta dal naturalista, geologo e
agronomo britannico Charles Robert Darwin (1809-

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 13
1882). Il “darwinismo” è stato peraltro continuamente
rielaborato nel corso della storia, senza comunque subire
modifiche strutturali, onde essere di volta in volta
adattato alle stringenti scoperte scientifiche operate
nei vari ambiti delle scienze naturali. Esso continua
dunque a incentrarsi sempre e solo su tre cardini principali,
mancando anche uno solo dei quali crolla come un
castello di carte al vento: il caso, la “selezione naturale”
e la gradualità delle mutazioni nelle specie viventi per la
quali occorrono tempi di manifestazione e di realizzazione
lunghissimi.
Pretendendo di essere un’affermazione scientifica
sulla realtà, l’ipotesi evoluzionistica, che ovviamente
si muove esclusivamente nel campo delle scienze naturali,
deve però anzitutto e soprattutto soddisfare i canoni
oggettivi di validità richiesti dal metodo scientifico.
Essendo il campo d’indagine della scienza il piano
fisico della realtà, il metodo d’indagine delle scienza è
quello detto “induttivo”, codificato in ciò che appunto
si chiama “metodo scientifico”, o “metodo sperimentale”
o ancora – dal fisico, astonomo e matematico pisano
Galileo Galilei (1564-1642) – “metodo galileiano”.
In base a esso, i fatti precedono sempre le idee. L’induzione
si configura come un processo di astrazione che
consente di elaborare una regola generale
partendo dai dati particolari e
dalla loro verifica empirica contro
ogni ragionevole dubbio. Le regole
generali di descrizione del reale fisico
che così si possono scrivere prendono
il nome di “leggi” e queste rendono
ragione oggettiva del riprodursi dei
fenomeni, eccezioni comprese. Di
fronte a nuove conoscenze e a nuovi
aspetti di precedenti conoscenze, le
leggi fisiche possono essere poi corrette
e riformulate o persino accantonate.
Eppure non mentono mai,
nemmeno quando divengono desuete
e inservibili.
Determinate leggi fisiche oggi
Frontespizio dell’opera di Linneo
Fundamenta Botanica, 1736
magari superate sono infatti state adeguatissime in un
preciso momento storico allorché le conoscenze fisiche
a disposizione permettevano solo quelle formulazioni.
Erano quindi leggi vere in quell’ambito e a quelle
condizioni; e in quell’ambito e a quelle condizioni restano
sempre vere, anche se l’ambito e le condizioni sono
poi mutate giacché più ampie sono le nostre conoscenze
del reale fisico. Le leggi scientifiche non errano
mai proprio perché sono scientifiche, cioè basate su fatti
e non su opinioni. Può persino darsi il caso di leggi fisiche
che valgono nello spazio fisico che ora noi conosciamo,
ma che (ipoteticamente) valgono diversamente
o addirittura non valgono qualora si potesse leggere il
nostro spazio fisico diversamente o si scoprissero spazi
fisici diversi (ma comunque non meno fisici e sempre
dotati di regole conoscibili). Certe nostre leggi fisiche
continuerebbero a valere in questo spazio fisico poiché
fondate su fatti verificati, veri, in questo spazio fisico.
Il metodo scientifico codificato da Galilei – che in
gran parte è peraltro il ricupero dei criteri messi a punto
durante l’epoca ellenistica in base soprattutto ad alcune
opere del matematico, astronomo e ingegnere
magnogreco Archimede di Siracusa (287-212 a.C) – si
fonda dunque su due assunti principali: la «sensata
esperienza» e la «necessaria dimostrazione»,
per utilizzare le parole
vergate, nella Giornata Prima di quel
trattato, dall’autore del Dialogo di
Galileo Galilei sopra i due Massimo Sistemi
del Mondo Tolemaico e Copernicano,
composto tra il 1624 e il 1630, e
pubblicato, dopo avere ottenuto
l’imprimatur ecclesiastico, del 1632
(per poi essere inserito, nel 1633,
dalla Congregazione della Sacra
Romana e Universale Inquisizione,
o Sant’Uffizio, nell’Indice dei libri
proibiti allorché Galilei prese a confondere
fisica e metafisica, scienza
matematica e religione, in parte
proprio tradendo la lucidità con cui
aveva formulato i canoni del metodo
induttivo scientifico).
Ora, la prima – la «sensata
esperienza» – configura ciò che co-

14 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
munemente viene oggi chiamato “esperimento”, il
quale può essere compiuto anche solo astrattamente,
ma sempre in base a una formulazione teorica precisa
che escluda oltre ogni ragionevole dubbio la presenza
di risultati arbitrari. La seconda – la «necessaria dimostrazione»
– è l’analisi matematica rigorosa dei risultati
dell’esperienza, tale da trarre da questa ogni conseguenza
in modo necessario (cioè non casuale e non arbitrario)
e non opinabile, e che va poi ulteriormente verificata
attraverso altre esperienze.
Affinché un oggetto possa essere studiato dalla
scienza fisica è però indispensabile la sua osservabilità di
principio, cioè la registrazione mediante strumenti di
natura varia della sua esistenza da cui la possibilità di una
sua descrizione. Che l’oggetto, cioè, esista e sia, se non
altro in linea di principio, conoscibile. Il metodo sperimentale
galileiano procede dunque attraverso una serie
di proposizioni successive, il ragionamento sperimentale,
che inducono la descrizione finale di un fenomeno
attraverso la formulazione di una legge. Da qui la
definizione del metodo galileiano anche come metodo
induttivo.
Dunque, anzitutto l’osservazione di un dato fenomeno,
la formulazione di una ipotesi che lo possa
spiegare, la previsione di una o più conseguenze dipendenti
da quell’ipotesi, la verifica sperimentale delle
conseguenze e la conclusione che consiste nel confermare
oppure nel confutare l’ipotesi iniziale. Una volta
che le conseguenze confermano le ipotesi, si può parlare
di oggettività delle osservazioni e da qui si costruisce
una legge. L’insieme delle leggi configura una
teoria come teoria generale di spiegazione che consiste
nell’elaborazione di un modello interpretativo dei fenomeni
in grado di collegare organicamente le diverse
ipotesi, gli enunciati e le proposizioni in quanto verificate.
Il modello teorico si serve dunque delle conoscenze
certe ottenute attraverso le conferme sperimentali,
l’ipotesi no: resta ancora a monte della verifica
e dell’accertamento. Non dice ancora nulla di attualmente
verificato e quindi non è ancora scienza come
conoscenza certa.
Le basi di una scienza come conoscenza certificata
sono allora le osservazioni di fenomeni naturali che
possono essere ripetute, da cui deriva la preoccupazione
di una descrizione dei fenomeni e delle conclusioni in
termini selezionati, rigorosi e univoci.
In concreto, il metodo scientifico necessita prima
di fenomeni, poi della loro osservabilità diretta, quindi
della verifica sperimentale empirica degli assunti ipotetici
ricavati dal fenomeno e dalla sua osservabilità (dal
fenomeno osservato perché osservabile), dunque della
riproducibilità degli esperimenti per sintesi, cioè in laboratorio,
in modo che la costanza dei risultati possa
portare all’elaborazione di una legge generale (e magari
delle sue eccezioni).
In assenza di questi criteri non sia ha né metodo
scientifico né prova scientifica di una ipotesi, la quale
resta pertanto sempre e solo una teoria non suffragata
né comprovata.
Caso, dunque, “selezione naturale” e tempi di
speciazione lunghi milioni di anni. L’ipotesi evoluzionista,
che su questi tre assunti imprescindibili si regge,
di questi tre assunti imprescindibili deve rendere ragione
a norma di metodo scientifico onde validare la propria
pretesa di verità sul reale.
Ma i primi due – almeno i primi due – sono contradditori
l’uno rispetto all’altro. Se infatti il processo
di speciazione obbedisce alla caotica lotteria del caso,
esso non può al contempo seguire i canoni rigorosi di
una selezione. Ogni “selezione”, infatti, è una scelta. Se
la speciazione, in base all’ipotesi evoluzionistica, avviene
per selezione, sempre in base all’ipotesi evoluzionistica
essa non può allora avvenire per caso, e viceversa.
Non esiste, infatti, una “scelta casuale”, né una “selezione
cieca”, e così è la logica intrinseca all’ipotesi evoluzionistica
stessa che porta a eliminare almeno uno dei
tre pilastri su cui essa si fonda.
Inoltre, proprio il “caso” è per sua stessa definizione
sfuggente, imponderabile, non misurabile, in
breve contadditorio esattamente rispetto a quanto
chiede, per necessità interna, il metodo scientifico: vale
a dire la sperimentabilità e l’osservabilità.
Quanto al terzo postulato dell’ipotesi evoluzionistica,
i tempi enormemente lunghi che essa ritiene necessari
per il continuo processo di speciazione sfuggono
completamente al’osservabilità diretta, ancor più

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 15
Uno scienziato studia la velocità di una tartaruga gigante
delle Galapagos
alla riproducibilità empirica in laboratorio, ovvero ancora
una volta sempre ai soliti ineliminabili canoni del
metodo scientifico.
Dal canto proprio i fossili, testimonianza diretta
di esseri viventi vissuti nel passato, pochi (pochissimi),
frammentari e rari (giacché in natura le condizioni per
la loro formazione e per la loro conservazione sono assai
complesse e delicate), non verificano affatto le pretese
dell’ipotesi evoluzionistica in tema di selezione naturale
e di speciazione per tempi enormi. Quel che, a
norma di metodo scientifico, si osserva in natura grazie
alle testimonianze fossili non è infatti la lotta bruta per
la sopravvivenza che determina la scomparsa delle specie
più deboli e il progresso di quelle più adatte. Si osservano
empiricamente invece sempre e solo specie viventi
già formate, diversificate e compiute milioni di
anni fa e quindi allora uguali a oggi.
Di anelli di congiunzione fra una specie e l’altra,
quindi di resti di specie intermedie, non vi è traccia osservabile
alcuna. Soprattutto non esiste alcuna prova
empirica del passaggio dalle scimmie all’uomo, o dell’idea
di un ascendente comune a noi e ai primati. Insomma,
la ricerca, al di là dell’interpretazione intenzionale,
attesta l’esatto contrario di quanto sostiene il darwinismo,
classico o contemporaneo.
E l’annosa questione dei tempi enormi di trasformazione,
la loro postulazione logicamente necessaria
all’ipotesi darwinista ottiene solamente il risultato
di sottrarre una volta più l’oggetto di studio proprio
all’osservazione e all’analisi. Nessuno può infatti
verificare sperimentale né accadimenti lontani da noi
milioni e milioni di anni, né seguire direttamente processi
per i quali occorrono altrettanti milioni di anni.
L’ipotesi darwinista non regge insomma anzitutto
al vaglio del metodo scientifico. È proprio il fatto evoluzionistico
che manca alla vista e alla verifica scientifica:
ne mancano i riscontri, le prove, le testimonianze, gli
oggetti sui cui sperimentare empiricamente.

18 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
La nascita dell’enciclopedismo librario
Nella costantinopoli degli
inizi del iv secolo troviamo
attivo un personaggio
interessante, Eusebio vescovo di
Cesarea, che col suo Chronicon inventò
in qualche modo la storiografia
ecclesiastica. C’è un passo di quell’opera,
non pervenuto però nella sua
redazione originale greca ma in
un’antica versione armena, in cui si
parla della Biblioteca storica di Diodoro
Siculo (I sec. a.C.) e la si loda (il
giudizio era però già nella sostanza
presente in Plinio il Vecchio) affermando
che Diodoro omnes bibliothecas
in unum idemque emporium summatim
collegit, che, in italiano, suona
più o meno «[nella sua opera], come in un solo grande
magazzino di libri, raccolse, compendiandole, tutte le biblioteche
esistenti» . Il pensiero che sottostà a tale affermazione
è quello, tipico della cultura tardo-antica, dell’utilità
di opere di sintesi, che costituissero una vera summa
della produzione classica permettendo così di raccogliere
in forma breve tutto il sapere precedente.
Non credo di errare però estendendo la portata di
tale concetto. Occorre infatti richiamare alla memoria il
fatto che, nel mondo antico e poi medioevale, una cosa
era la libreria, cioè il luogo, o meglio gli armadi dove si
conservavano i libri – fossero essi, prima, rotoli ossia volumina,
o poi codices, ovverosia manoscritti nella forma libraria
a noi nota, con fogli piegati e cuciti – altra cosa era
la bibliotheca, che consisteva piuttosto in un oggetto
concettuale, cioè un luogo intellettuale: si trattava infatti
Gessner, il primo bibliografo,
uomo di scienza e di fede
DI EDOARDO BARBIERI
ED EMIDIO CAMPI
di elenchi di opere accompagnati da
una stringata esposizione del loro
contenuto o stralci di trascrizioni o
commenti .
Tale idea di biblioteca avrà tutta
una sua storia, che trova uno dei
suoi capisaldi nella Bibliotheca di Fozio,
scritta sempre nel mondo bizantino
nel IX secolo. La reale collezione
di libri di Fozio (quella che noi
chiameremmo la sua biblioteca) fu
sequestrata e distrutta nell’anno 870,
quando Fozio, patriarca di Costantinopoli,
venne condannato da un
concilio. Ciò che resta è appunto la
Bibliothecao meglio, come egli la intitolò,
L’inventario dei libri che ho letto.
Si tratta di un’opera vasta, che costituisce una redazione
organizzata delle note di lettura che Fozio e la sua cerchia
intellettuale avevano steso durante il lavoro assiduo di
quella ‘comunità di lettori’. Se la collezione di libri non
esiste più, resta quantomeno tale raccolta di estratti, di
appunti, che costituisce una delle più preziose fonti d’informazione
sulla cultura greca classica e tardoantica .
Per vedere l’esperimento di una raccolta tendenzialmente
completa di indicazioni circa tutti i testi scritti
dall’antichità in poi quantomeno nelle tre lingue sacre
(latino, greco, ebraico), occorrerà attendere alla metà del
XVI secolo una curiosa figura di scienziato come quella di
Konrad latinizzato in Conradus Gesner (o Gessner), autore
della Bibliotheca universalis (Zurigo, Froschauer,
1545), con le sue oltre 630 carte in folio, i suoi 5000 autori
e le 16.000 voci bibliografiche.

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 19
Se nel concetto stesso di biblioteca si mescolano la
dimensione verticale del preservare e quella orizzontale
dell’informazione, ciò si ritrova esattamente nell’opera
bibliografica gesneriana. Da un lato, come scrive l’autore
nella lunga e capitale lettera di dedica al consigliere imperiale
Leonhard Beck, l’urgenza di redigere un simile strumento
gli è parsa evidente dalla constatazione che tante
biblioteche un tempo famose, come quella di Alessandria,
sono sparite quasi nel nulla. Anzi, l’esperienza recente
del sacco di Budapest da parte delle truppe turche
(la sconfitta degli ungheresi a Mohacs data al 1526) con la
dispersione della celebre raccolta libraria di Mattia Corvino,
ha mostrato come anche in epoca moderna tali disastri
siano tutt’altro che impossibili. La registrazione,
quindi, della produzione letteraria permette, in qualche
modo, che ne venga preservata la memoria.
Dall’altro lato, la stessa Bibliotheca, costata tanto lavoro,
fatica e persino viaggi, si giustifica solo per l’utilità
che offre al lettore, il quale a sua volta non deve spaventarsi
per la sua mole: si tratta di un’opera di consultazione
che, grazie all’ordinamento alfabetico, consente un rapido
reperimento della notizia bibliografica desiderata.
Anzi, essa offre la più vasta gamma di informazioni possibile,
raccolte sine ullo professionis, religionis, doctrinaeve discrimine
(dall’Ad lectorem). Le fonti impiegate in tal senso
sono state parecchie, dai cataloghi editoriali a quelli di alcune
biblioteche, dalle lettere di amici alla consultazione
di opere storiche ed erudite, fino ai propri personali appunti
di una vita di studio. Per esempio, nel 1543 Gesner
fu di certo a Venezia, ospite dell’ambasciatore imperiale
Diego Hurtado de Mendoza, della cui prestigiosa raccolta
di codici greci poté ampiamente giovarsi: lì conobbe,
tra l’altro, l’opera di Fozio.
Non solo la natura dell’operazione bibliografica
permette – saldandosi nel caso di Gesner sul cristianesimo
zwingliano – di porsi da un punto di vista quasi oggettivo,
costringendo a prescindere da ogni ‘pregiudizio’
nella raccolta e nella selezione dei dati. Ma addirittura diventa
essa stessa fonte di una costruzione intellettuale
non ideologica: Gesner illustra come il suo repertorio
possa essere sia lo strumento per allestire una biblioteca
sia – qualora si segnasse al margine della voce bibliografica
interessata la segnatura di collocazione dei volumi effettivamente
posseduti – il catalogo alfabetico di una particolare
raccolta libraria. Si potrebbe aggiungere che è
proprio tale mise en abîme delle notizie bibliografiche circa
il posseduto rispetto all’universo bibliografico dell’esistente,
a permettere quell’incremento di informazioni
che spinge alla ricerca ulteriore, secondo quelle modalità
che la moderna biblioteconomia annovererebbe come tipiche
dei servizi di reference.
In realtà l’opera offerta da Gesner è assai più di una
semplice lista delle pubblicazioni, per quanto la più completa
possibile. Il suo lavoro mira piuttosto a fornire al lettore
quei materiali (indici dei capitoli, testi delle premesse,
giudizi critici, etc.) che permettano di giudicare i volumi
presentati, facendo così della Bibliotheca universalis la
prima enciclopedia letteraria mai scritta. Egli cioè non si
pone da un punto di vista irenico, così da cancellare differenze
di pensiero o di qualità, ma vuole spingere invece il
lettore a esercitare direttamente quel discernimento ritenuto
comunque necessario per orientarsi nel gran pelago
dei libri. In realtà, tale compito ‘civile’ venne lentamente
meno a causa delle pressioni editoriali che spingevano a
una riduzione della mole dell’opera man mano che essa
andava completandosi. Già nel corso del procedere dell’ordinamento
alfabetico si nota (forse anche per un progressivo
inaridimento della vena dell’autore, sfinito dall’immane
compilazione) una diminuzione dell’ampiezza
media delle schede dedicate ai singoli autori; ancor più
grave quanto però fatto dagli stessi continuatori dell’opera
di Gesner, Conradus Lycosthenes, Josias Simler e Johann
Jacob Frisius, i quali andarono aggiungendo voci,
ma riducendo la Bibliotheca a un mero elenco di libri.
Certo, un’opera monumentale come la Bibliotheca
universalis era anche un prodotto commerciale: basti infatti
vedere come al frontespizio compaiano, sotto la
marca editoriale, non solo l’indicazione del luogo e dell’editore
(Tiguri apud Christophorum Froschouerum, «A
Zurigo, presso Cristoph Froschouer»), ma una dettagliata
indicazione cronologica che precisa oltre l’anno anche
il mese (Mense septembri, anno M.D.XLV): parrebbe una
specificazione tutto sommato obsoleta se non si considerasse
che, evidentemente, l’edizione doveva essere presentata
come una novità assoluta alla Fiera commerciale
che si sarebbe tenuta in autunno a Francoforte.
E certo Gesner fu ben inserito nel mondo della produzione
tipografica del suo tempo, tanto da interrogarsi
sui mutamenti (noi diremmo massmediologici) tra mondo
del manoscritto e quello del libro a stampa: da un lato

20 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
la facilità del sistema di riproduzione favorisce
la proliferazione, oltre che di opere importanti,
anche di scritti frivoli o indegni; in
secondo luogo, alla stampa di un libro occorre
aggiungere la necessità della sua commercializzazione
internazionale, senza la
quale il libro è sì pubblicato, ma non circola;
da ultimo, il minor costo dei libri
e la loro moltiplicazione toglie loro
valore, così che vengono conservati
meno attentamente e vanno più facilmente
perduti o distrutti.
Con ciò, non si deve credere
che Gesner abbia svolto
un ruolo passivo circa il
modo nel quale l’edizione
era presentata al pubblico,
cosicché già il titolo
ne lascia intendere l’importanza:
Bibliotheca universalis,
sive catalogus omnium scriptorum locupletissimus,
in tribus linguis, Latina, Graeca, & Hebraica:
extantium & non extantium, veterum & recentiorum
in hunc usque diem, doctorum & indoctorum, publicatorum
& in bibliothecis latentium. Opus novum, & non bibliothecis
tantum publicis privatisve instituendis necessarium,
sed studiosis omnibus cuiuscunque artis aut scientiae ad studia
melius formanda utilissimum: authore Conrado Gesnero Tigurinum
doctore medico.
A ben leggere il titolo dato da Gesner alla sua opera,
però, si intende che la sua bibliotheca universalis non è la
semplice proposta di quella che oggi si chiamerebbe una
bibliografia generale. Egli infatti, proprio nel lungo titolo,
impiega altre due volte il termine bibliotheca, ed esattamente
nel significato, se non di ‘luogo di conservazione
dei libri’, certo di ‘raccolta di libri’. In questo senso pare
chiaro che la sua bibliotheca universalis si contrappone
quantomeno concettualmente alla bibliotheca particularis,
si potrebbe forse dire alla biblioteca reale, alle possibili
collezioni concrete di libri. Tale bibliotheca è invece universalis
proprio perché ideale, atta a superare i limiti di
qualunque tentativo concreto, perché capace di fornire
notizie di tutti i libri esistenti, ancora manoscritti o già a
stampa, e dei loro autori.
In questo senso si capisce perché, secondo Gesner,
sia così necessario assicurare la trasmissione dei libri e del
sapere, quantomeno in quella piccola zona di Europa che,
Nella pagina precedente: Tobias Stimmer,
Conrad Gesner, 1564, olio su tela, Sciaffusa,
Museum zu Allerheiligen
seppur sotto l’assedio islamico, ha salvato
la cultura: senza libri si interromperebbe
la tradizione della conoscenza, rendendo
gli uomini simili agli animali, ovvero agli
abitanti di quelle isole da poco scoperte.
Per realizzare la Bibliotheca, Gesner
ordina alfabeticamente i nomi degli autori e
fa seguire a essi – assieme a essenziali notizie
biografiche – una presentazione delle loro
opere, spesso facendo concreto riferimento a
una specifica edizione, della quale non solo
fornisce i dati bibliografici necessari all’identificazione
e al reperimento, ma anche
indicazioni circa la consistenza della
pubblicazione, calcolata in fogli tipografici.
Quanto alle opere anonime, esse non
vengono registrate nella Bibliotheca, ma entrano
a far parte solo della sua seconda parte, organizzata
in base all’argomento dei testi registrati.
In effetti, come pars altera della sua impresa, nel
1548 Gesner pubblicò le Pandectae, o, come chiarisce già
dal titolo, le «partizioni di tutto il sapere». Un tentativo
forse ancor più ambizioso del precedente, perché presuppone
di fornire una ripartizione di tutto il sapere secondo
una particolare classificazione delle singole discipline (loci
communes), così che fosse possibile accedere dal punto
di vista semantico – cioè secondo le differenti materie e i
soggetti trattati – alle voci bibliografiche offerte più in
esteso nella Bibliotheca, dove erano invece ordinate alfabeticamente
per autore. Dei promessi 21 libri pubblicò
subito i primi diciannove, mentre il XXI sulla teologia
uscì nel 1549 e il XX sulla medicina non vide mai la luce.
La costellazione delle lettere di dedica ai singoli libri
delle Pandectae costituisce inoltre un essenziale sistema
di riferimento per quanto concerne l’esistenza di un
ambiente di editori dotti distribuiti sostanzialmente tra
Zurigo, Basilea e Venezia (i tipografi attivi in Italia nominati
sono Paolo Manuzio, Vincenzo Valgrisi, Girolamo
Scoto). Il Gesner ideatore della Bibliotheca universalis, in

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 21
Civetta e Cicogna, in Conrad Gesner,
Historiae Animalium tomo III, Tiguri,
Apud C. Froschoverum, 1558
cui largo spazio aveva avuto l’uso dei cataloghi
editoriali, giunto al momento di rendere ragione
dell’organizzazione del sapere che sottostava
ai suoi elenchi, non si esime dal rendere
il dovuto onore a un nuovo ceto di intellettuali,
gli editori “scientifici”. Emuli in fin dei
conti di Aldo Manuzio (la dedica a Paolo suona
Paulo Manutio Aldi filio…), rappresentano una
nuova schiera nel mondo della cultura, tanto che la
sottolineatura della loro rilevanza non è forse l’ultimo
elemento di novità nell’opera gesneriana. Che poi tali dediche
non fossero solo un’indicazione formale, ma corrispondessero
con ogni probabilità a una reale rete relazionale
(e commerciale) rende testimonianza un
importante esemplare delle Pandectae ora all’Università
Cattolica di Milano: vi si legge la dedica autografa
del Gesner a Johann Herwagen, stampatore
a Strasburgo e poi a Basilea, cui è per l’appunto rivolta la
nuncupatoria del libro XIV De naturali philosophia.
Se si volesse poi passare dalla biblioteca ‘ideale’ di
Gesner alla sua reale e certo assai ricca raccolta libraria,
essa è andata purtroppo irrimediabilmente dispersa. Alla
Zentralbibliothek di Zurigo si conserva però ancora l’esemplare
della Bibliotheca universalis appartenutogli che
tramanda giunte e correzioni (forse predisposte in vista
del progetto di una nuova edizione), che riguardano soprattutto
i fondi di manoscritti greci, un settore al quale
Gesner guardava con specifico interesse, anche in ragione
dei molti inediti ancora reperibili. Con ciò, oltre a un
consistente nucleo individuato sempre a Zurigo, è possibile
rintracciare un filo che riconduce una parte dei libri
di Gesner nientemeno che al cardinal Domenico Passionei,
e, per suo tramite, alla Biblioteca Angelica di Roma.
È quindi evidente che la costruzione intellettuale
che presiede la Bibliotheca universalis testimonia «un’impostazione
umanistica, erasmiana e zwingliana in cui le
scienze umane hanno una loro validità oggettiva e sono
presentate in un sistema ascendente, che pone la teologia
alla sommità, come la scienza più importante: tutta l’informazione
e le conoscenze devono essere accessibili a
chiunque senza alcuna limitazione né manipolazione, af-
fidate soltanto alla responsabilità dell’individuo».
È perciò facile contrapporre tale enciclopedia
del sapere universale alla visione certo ristretta
degli Indices librorum prohibitorum o a quel
prontuario della cultura controriformistica che è la
Bibliotheca selecta di Antonio Possevino (1593), il più
sistematico esperimento di rilettura dell’intera
produzione letteraria e scientifica a
stampa sotto l’ottica del libro sempre
utile e raccomandabile. Tutta l’opera
di Gesner infatti, in quanto
frutto del lavoro di persona
che aveva esplicitamente
aderito alla Riforma,
era proibita fin
dall’Index veneziano del
1554, dove viene registrata sia la Bibliotheca
universalis, sia il nome dell’autore.
Non stupirà dunque che l’opera del
Gesner fosse stata impiegata come repertorio
bibliografico tanto dai compilatori degli Indices (peraltro
bibliograficamente piuttosto sprovveduti) quanto
dal Possevino stesso, né che esistano esemplari della Bibliothecagesneriana
oggetto di interventi censori (in qualche
modo espurgatori, così da renderne possibile l’uso),
visto che una dettagliata lista di passi da sopprimere viene
suggerita proprio dall’Indice espurgatorio spagnolo del
1612. Piuttosto, quasi a insinuare il sospetto che tra Gesner
e i suoi censori cattolici ci fosse più terreno comune
di quanto si sospetti, si può osservare come persino talune
voci degli Indices librorum prohibitorum derivino pesantemente
non solo le notizie bibliografiche riportate, ma la
loro condanna proprio dalla relativa scheda gesneriana.
L’autore aveva in effetti spiegato che, se aveva scelto
di registrare anche scritti da lui ritenuti inutili o dannosi,
la necessità di guidare in qualche modo il lettore meno avveduto
l’aveva spinto a inserire giudizi sui testi e sulle edizioni,
tali da fornire, per l’appunto, un approccio critico
al materiale librario indicato. Basti qui il caso di Luciano
di Samosata, di cui l’Index cosiddetto del Concilio di
Trento (1564) riprende la condanna proprio da Gesner
sulla base del fatto che l’autore fu blasphemus aut átheos, id
est, impius, nam et gentilium religionem ridiculam facit, et
Christianismum in Peregrini vita perstringit, inque ipsum
Christum blasphemus est. Edoardo Barbieri

22 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Penetrare il mondo di konrad gessner può essere
relativamente facile per il lettore italiano, perché
Gessner rientra in buona parte in quella categoria
di personaggi enciclopedici di cui è piena la storia italiana
del ’500. Tuttavia può anche essere abbastanza arduo, non
solo per la sua origine svizzero-tedesca o la molteplicità
dei suoi interessi (dalla medicina alle scienze naturali, dalla
filologia alla storiografia e alla teologia). Le sue opere
racchiudono realtà culturali e spirituali più complesse di
quel che le apparenze lascino scorgere. Per afferrarne il
segreto occorre calarsi a fondo nel suo animo, riandare ai
luoghi decisivi della sua esistenza, dalla nascita a Zurigo
agli studi in varie università, all’operoso lavoro a Zurigo.
Conrad Gesner, Bibliotheca Universalis, tomo I, Tiguri,
Apud Christophorum Frochoverum, 1545: frontespizio
Quando Gessner venne alla luce, il 16 marzo 1516,
suo padre Urs, modesto pellicciaio zurighese, fu costretto
ad affidare il fanciullo al prozio materno Johannes
Frick. Dal 1524 al 1529, anni decisivi per l’affermazione
della Riforma nella città sulla Limmat, Gessner frequentò
la scuola latina e il lectorium annessi al Grossmünster di
Zurigo, i nuovi organismi scolastici voluti dal riformatore
Huldrych Zwingli per la formazione della classe dirigente
locale: dunque scuole che miravano a formare uno
stile di vita, prima ancora che a impartire cognizioni. Qui
ebbe come maestri Oswald Myconius e Johann Jacob
Ammann, due umanisti la cui influenza fu determinante
sia per la sua identità religiosa sia per quanto riguarda i
suoi interessi filologici in generale e storiografici in particolare.
Nell’ ottobre del 1531, Gessner perse non soltanto
il padre naturale, ma anche la sua guida spirituale
Zwingli, caduto nella battaglia di Kappel, verso il quale
non celerà mai il proprio debito di gratitudine.
Nel 1532, in ossequio alla volontà del riformatore,
iniziò a Strasburgo lo studio della teologia sotto la guida
di Bucero e Capitone, ma dopo aver esitato per qualche
tempo lo interruppe per deciarsi alla medicina a Bourges
e Parigi. Su questa decisione influì non tanto una crisi spirituale,
quanto l’interesse crescente per le scienze naturali,
trasformatosi via via in impegno di tutta una vita. D’altra
parte l’ entusiasmo per questo genere di studi non arriverà
mai al punto da fare dimenticare al giovane naturalista
il suo retaggio spirituale. Quando nel 1537 la Chiesa
zurighese gli chiese di andare a Losanna come professore
di greco presso la nuova accademia di teologia riformata,
Gessner accettò la responsabilità senza tradire il sacrificio
che gli costava interrompere gli studi di medicina.
Anzi, trascorse tre anni fruttuosi sulle rive del lago Lemano,
compiendo tra l’altro numerose escursioni nelle Alpi
savoiarde per studiarne la flora e la fauna. Nonostante la
parentesi losannese, Gessner poté completare la sua formazione
accademica conseguendo a Basilea nel 1541 il
grado di dottore in medicina. Tornato definitivamente a
Zurigo, aprì uno studio medico e insegnò storia naturale
ed etica presso la Schola Tigurina che sotto l’attenta guida
di Heinrich Bullinger era divenuta nel quarto e quinto
decennio del ’500 un centro teologico di importanza europea.
Nel 1554 fu nominato medico ufficiale della città,
incarico che ricoprì fino alla morte, il 13 dicembre 1565.
Ciò che impressiona nella sterminata opera di Konrad
Gessner è non soltanto la sua immensa erudizione,
ma anche e soprattutto la natura enciclopedica della sua

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 23
mente, versata in tutte le scienze. Già nel
1537 pubblicò un dizionario della lingua
greca, a cui seguirono varie edizioni di
autori classici latini, per esempio l’editio
princeps delle Meditationes (1559)
di Marco Aurelio, e un catalogo di lingue
e dialetti, il cosiddetto Mithridates
(1555), che si può considerare la prima
grande ricerca “scientifica” nel campo
della linguistica comparativa. Ripercorse
con consapevolezza storico-critica i grandi
momenti del progresso del sapere teologico in
Occidente, come nelle Partitiones theologicae (1549), che
costituiscono l’unica enciclopedia sistematico-teologica
prodotta dal protestantesimo nel secolo XVI. L’opera
gessneriana di maggiore impegno enciclopedico è la Bibliotheca
universalis (1545/1549), un catalogo alfabetico
degli scritti di circa tremila autori greci, latini ed ebraici
dall’antichità fino ai suoi giorni ordinato secondo criteri
tematici, che gli valse l’epiteto di padre della bibliografia.
Al contributo scientifico di Gessner nel campo della
medicina e della farmacologia rimandano in primo luogo
il suo Thesaurus Euonymi Philiatride remediis secretis
(1552), divenuto un classico della medicina e tradotto in
varie lingue europee, cui si affiancano il Libellus de lacte, et
operibus lactariis (1541), uno scritto sui prodotti lattierocaseari
come alimenti, e il trattato sulle cure termali De
balneis (1553). In botanica fu il primo a fondare con la sua
Historia plantarum (pubblicata postuma nel ’700) una
classificazione secondo criteri morfologici basati sulla
esatta descrizione degli organi della fecondazione. Altrettanto
pionieristiche sono la Descriptio montis fracti
(1555), una descrizione della sua escursione sul Monte
Pilatus per studiare la flora alpina, o l’opera De raris et admirandis
herbis (1555). Anche in campo geologico Gessner
fu un precursore, pubblicando nel 1565 l’opera De
rerum fossilium… figuris et similitudinibus liber, un catalogo
di circa 200 minerali, fossili e reperti archeologici illustrato
con splendide incisioni. Il capolavoro scientifico di
Gessner resta tuttavia la celeberrima Historia animalium
(1551-1587), nella quale egli raccolse tutte le notizie accessibili
intorno a molte specie di animali, dando prova di
spirito critico e usando, per la prima volta nella storia della
zoologia, incisioni, alcune delle quali eccellenti.
Se gli scritti di Gessner ci fanno intravvedere il
grande naturalista, il filologo e lo storico, il suo epistolario,
ben degno di essere raccolto, offre notizie di una vita
ove la ricerca scientifica si alterna a occupazioni
e preoccupazioni pratiche, descrive
efficacemente i colloqui con allievi
e colleghi, documenta la feconda
collaborazione con i teologi, che caratterizza
singolarmente l’ambiente
culturale zurighese.
Dal 1541 al 1565 Gessner insegnò
storia naturale ed etica presso la
Scuola superiore di Zurigo. Il suo insegnamento
avvenne in un limite cronologico
in cui si addensavano avvenimenti epocali come
l’ apertura del concilio di Trento, l’interim e la pace di Augusta;
andavano via via scomparendo giganti del pensiero
religioso come Lutero, Vadiano, Bucero, Melantone,
Vermigli; mutavano faccia, oltre Zurigo e la Confederazione
Elvetica, anche l’Europa e il mondo. Sebbene in
questo campo specifico di attività egli non abbia lasciato
un’opera completa ma soltanto dei frammenti, nei corsi
sull’Etica nicomachea non soltanto non disdegnò, ma si
occupò intensamente di questioni teologiche, come dimostrano
le abbondanti annotazioni contenute nel suo
esemplare dell’edizione delle opere di Aristotele pubblicata
a Basilea nel 1539.
Se si guarda all’insieme dell’ opera di Gessner appare
evidente la fondamentale convinzione di una sostanziale
unità della visione scientifica e cristiana del mondo.
Tra gli ideali scientifici e la sua limpida fede riformata non
c’è alcuna di quelle sconcertanti fratture che caratterizzano
il nostro tempo. Giacché per lui la natura e la storia
umana sono lo specchio della grandezza di Dio. Lo scienziato
teso a investigare i segreti della natura, il filologo
che arriva a ripercorrere di un codice le mani per cui è passato,
o lo storico impegnato nell’osservazione e valutazione
delle gesta umane non sono su un piano diverso da
quello del teologo volto a investigare il libro della rivelazione.
L’ impegno nelle scienze naturali, nella medicina,
nella filologia e nella storiografia presentano tutti i caratteri
dell’ autentica vocazione cristiana.
Non è questa la sede per discutere la validità di questa
impostazione o la differenza che intercorre tra la sua
concezione del lavoro scientifico e la nostra. Ciò che conta
è ricordare la convinzione di fondo di Gessner: la possibilità
di trarre vigore dalla fede per ricominciare sempre
la propria fatica di uomo di scienza. Emidio Campi
Entrambi i saggi sono tratti da l’Erasmo,
numero 30 - aprile maggio giugno 2006

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 25
inSEDICESIMO
TEATRO DI VERDURA, CATALOGHI DI BIBLIOFILIA, ANASTATICHE, ASTE,
APPUNTAMENTI, SCAPIGLIATURA, MOSTRE, RECENSIONI
UN’ALTRA ESTATE DI SPETTACOLI
GRATUITI NEL CUORE DI MILANO
Il Teatro di Verdura, stagione 2009
di donatella oggioni e sonia corain
Come accade ormai da dodici anni
a questa parte, l’arrivo dell’estate
e del caldo, in quel di Milano,
si accompagna a un “fresco” cartellone
di appuntamenti incentrati sulla
trasposizione scenica della parola scritta:
una serie di pièce teatrali, letture e
concerti ispirati direttamente alle pagine
immortali dei grandi della nostra
letteratura e dedicati a tutti quei milanesi
(e non solo) che hanno voglia di sposare
una piacevole serata nel centro della loro
città con un momento di intrattenimento
culturale di alto livello.
Stiamo parlando dell’ormai celebre
Teatro di Verdura, certo, che per la propria
“stagione 2009” intende, come sempre
e con ancora maggiore forza, dare spazio
alla lettura dei testi che hanno fatto
grandi le lettere italiane e internazionali
di tutti i tempi, sotto l’ormai consueta
insegna dei Libri in scena.
Grandi interpreti, innanzitutto,
daranno voce alla letteratura siciliana,
tra anniversari e passi indimenticabili:
a cinquant’anni dal Nobel, la lirica
struggente di Salvatore Quasimodo
diventa, attraverso il lavoro di Mario Cei
e Alessandro Quasimodo, La terra
impareggiabile, un tributo all’Isola
come luogo d’incanto e fascinazione,
ma anche di alienazione.
A vent’anni dalla scomparsa
di Leonardo Sciascia, poi, Fabrizio
Catalano presenta uno degli
indimenticabili testi del nonno – Todo
Modo –, specchio della Sicilia degli anni
Settanta… e forse anche di oggi.
Minnazza, invece, l’immagine
antica della Madre Terra, è un racconto
sonoro in cui la musica e un’unica voce
narrante scandiscono un viaggio nella
letteratura italiana, attraverso le penne
siciliane, dalle origini delle liriche dell’Isola
dei Ciclopi fino ai giorni nostri: Pirandello,
Tomasi di Lampedusa, Giovanni Meli,
Luigi Capuana, Andrea Camilleri e molti
altri ancora, fatti rivivere dalla voce unica,
straordinaria, intensa e suadente
di Leo Gullotta.
Come di consueto, ampio risalto
viene offerto anche e soprattutto ai
grandi classici della prosa e della poesia:
Monica Guerritore torna in via Senato
con la Favola di Amore e Psiche di
Apuleio, fiaba popolare che racconta
la sempre attuale sete di conoscenza
dell’Anima alla ricerca del Dio Amore, nel
quale si completa e percepisce l’Immenso.
A 300 anni dalla sua nascita,
ancora, il Teatro Libero celebra il giovane
amante più appassionato e famoso di
tutti i tempi, Don Giovanni, con uno
spettacolo veloce e suggestivo,
dall’intensa fisicità e nello stile visionario
che da sempre li contraddistingue.
Parlando di classici, poi, sarebbe
impossibile tralasciare i grandi europei

26 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
dell’Ottocento, e così, Corrado d’Elia
leggerà Le notti Bianche di Dostoevskij,
storia della malinconica magia di due
anime sognatrici alla pallida luce delle
notti estive di Russia, mentre Davide
Rondoni (che sta curando la nuova
traduzione dei Fiori del male) renderà
omaggio al padre di tutti i “poeti
maledetti”, quel Baudelaire che ha
rivoluzionato la poesia proponendo la
sinestesia come espressione dello spleen.
E ancora, un concerto di voci
e musica ridona il potenziale evocativo
ed emotivo del dramma dell’arcivescovo
di Canterbury, nell’ Assassinio nella
cattedrale di T. S. Eliot, nella riduzione in
cinque atti di Pandemonium Teatro,
mentre il TeatroZeta dell’Aquila presenta
la storia di Masaniello – l’uomo, l’eroe, il
mito, simbolo della ribellione ai soprusi,
espressione della libertà del popolo, che
diventa momento per una volontà di
rinascita dopo il terribile terremoto che
ha colpito la città e l’Italia intera.
In materia di XIX secolo, poi,
in occasione della nuova mostra
Martedì 9 giugno
CANTA CANTA CANTASTORIE
Storie in rima
di Emanuele Luzzati
produzione Fondazione
Luzzati-Teatro della Tosse
(La Biblioteca per i ragazzi)
Giovedì 11 giugno
QUEL CHE MI RACCONTA LA
MUSICA con la partecipazione
dei Cameristi della Scala e la
voce recitante di Piero Baldini
Martedì 16 giugno
LA FAVOLA
DI AMORE E PSICHE
dal testo di Apuleio
organizzata dalla Biblioteca di via Senato,
La Scapigliatura e Angelo Sommaruga –
dalle bohème milanese alla Roma
bizantina (in collaborazione e
concomitanza all’omaggio di Palazzo
Reale al Movimento), il regista Filippo
Crivelli presenta La “fucina” Ghislanzoni:
una serata per conoscere meglio uno dei
giovani artisti che racchiude in sé lo
spirito di libertà e trasgressione dei
bohème milanesi di fine Ottocento.
di e con Monica Guerritore,
produzione Argot
Giovedì 18 giugno
ILIADE
dal progetto “Il canto
e la memoria”
di e con Gianluigi Tosto
(La Biblioteca per i ragazzi)
Mercoledì 24 giugno
PAOLO POLI RACCONTA
ALDO PALAZZESCHI
Giovedì 25 giugno
PAOLO POLI NELLE
VARIAZIONI POETICHE
DI SANDRO PENNA
Martedì 30 giugno
VOLEVO DIRTI
produzione M’Arte –
Movimenti d’Arte
Giovedì 2 luglio
LA TERRA IMPAREGGIABILE
Omaggio a Salvatore
Quasimodo a 50 anni
dal premio Nobel
con Mario Cei
e Alessandro Quasimodo
Venerdì 3 e sabato 4 luglio
L’IMPRESARIO
DELLE SMIRNE
di Carlo Goldoni,
a cura di Marco Plini
Ma i grandi nomi non sono solo
quelli degli autori: artista dai mille volti,
poliedrico trasformista e sagace istrione
dalla vena poetica surreale, Paolo Poli
interpreta gli scritti di due grandi autori
del Novecento italiano: l’innovativo e
poliedrico Palazzeschi tra crepuscolarismo
e futurismo, e la dolce cantabilità della
lirica essenziale di Sandro Penna.
Altro grande nome del teatro
milanese è Rosalina Neri, la Marylin dei
Navigli, che tra canzoni, aneddoti curiosi
e stralci delle sue interpretazioni più
intense, regalerà alla “sua” Milano la sua
vita da palcoscenico, tra teatro e realtà.
Il Teatro di Verdura dà, però, anche
spazio ai giovani talenti del panorama
artistico italiano: Volevo dirti, di Sabrina
Petyx, con regia di Giuseppe Cutino, è un
racconto di voci e parole di donne che si
intrecciano e si inseguono e che
si chiude con un banchetto finale in cui
ciascuno avrà ciò che si aspetta, mentre
Alessio Boni, uno dei più affermati
giovani interpreti del panorama teatrale e
cinematografico italiano, renderà, con
TEATRO DI VERDURA, XII STAGIONE, GIUGNO-SETTEMBRE 2009
Martedì 7 luglio
LA “FUCINA” GHISLANZONI
a cura di Filippo Crivelli,
con Riccardo Peroni
e Sonia Grandis
Giovedì 9 luglio
TODO MODO
Nessuna vittima
tutti colpevoli
di Leonardo Sciascia
di e con Fabrizio Catalano
Martedì 14 luglio
ASSASSINIO
NELLA CATTEDRALE
di T. S. Eliot,
produzione Pandemoniumteatro

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 27
Marcello Prayer, il suo personale omaggio
ad uno dei più controversi e indimenticati
artisti del Novecento: Pier Paolo Pasolini.
E ancora, in Mumble Mumble –
ovvero confessioni di un orfano d’arte,
Emanuele Salce rivive tra ricordi
d’infanzia, spaccati di vita interiore
e divertenti aneddoti, la sua vita di figlio
d’arte e dell’arte. Come gli allievi della
Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi,
che presentano L’impresario delle Smirne
di Goldoni, in due serate e con due cast
distinti, per dimostrare quanto i giovani
possano far rivivere il grande teatro.
I giovani, però, saranno anche
gli “spettatori di domani” e come
di consueto ecco anche quest’anno
la mini-rassegna di Teatro Ragazzi, con
produzioni ad hoc per il giovane pubblico,
che impara così a confrontarsi con la
magia del teatro e della letteratura:
Canta Canta Cantastorie -prodotto dal
Teatro della Tosse di Genova - ripropone
tre delle più famose storie in rima di
Emanuele Luzzati, mentre il poema più
antico e famoso del mondo occidentale,
Mercoledì 15 luglio
OMAGGIO A BAUDELAIRE
con Davide Rondoni,
legge Raffaella Boscolo
Venerdì 17 luglio
MUMBLE MUMBLE
Ovvero confessioni
di un orfano d’arte
di Emanuele Salce e Andrea
Pergolari, con Emanuele Salce e
Massimo Lello
Mercoledì 22 luglio
MORRICONE, ROTA,
TROVAJOLI
Tre omaggi in jazz
con Civica Jazz band
l’Iliade, viene proposto da Gianluigi Tosto
in una lettura che pone in risalto la
suggestione evocativa del verso classico
e l’attualità dei temi, in un viaggio
dell’immaginazione e della memoria.
E c’è spazio anche per l’attualità
legata al mondo degli adolescenti: Io me
ne frego! di Quelli di Grock tratta il tema
del bullismo concretamente e senza falsi
moralismi, per dire ai ragazzi che questa
piaga si può (e si deve) combattere.
Venerdì 24 luglio
DON GIOVANNI di Molière
produzione Compagnia
Teatri Possibili
Lunedì 27
e martedì 28 luglio
MINNAZZA
con Leo Gullotta
produzione Teatro in Quinta
Lunedì 3 agosto
MASANIELLO
L’uomo, l’eroe, il mito
di Manuele Morgese
regia Brando Minnelli
produzione TeatroZeta
(senza prenotazione)
Giovedì 6
e mercoledì 12 agosto
I DIARI DI MUSSOLINI
(1935 - 1939)
letura di Marcello dell’Utri
(senza prenotazione)
Giovedì 20 agosto
LA MILANO
DI ROSALINA NERI
di e con Rosalina Neri
(senza prenotazione)
Lunedì 7 settembre
REALTÀ E VERITÀ
Una serata per Pasolini
con Alessio Boni
e Marcello Prayer
Non solo attori, però, perché anche
il dottor Marcello Dell’Utri quest’anno
offre il suo contributo “diretto”, leggendo
in due distinti appuntamemnti i discussi
Diari di Mussolini con appunti del
giornalista e opinionista Ugo Finetti.
E non mancherà nemmeno
la grande musica: Quel che mi racconta la
musica è l’omaggio che i Cameristi della
Scala rivolgono a Felix Mendellsohn
Bartholdy in occasione dei duecento anni
dalla nascita di uno tra i compositori più
dotati e prolifici dell’Ottocento. Poi, anche
il grande jazz della Civica Jazz band di
Milano, con un arrangiamento originale
delle musiche di tre mostri sacri della
produzione di colonne sonore per
il cinema: Ennio Morricone, Nino Rota
e Armando Trovajoli.
Il Teatro di Verdura, infine, oltre
a offrire serate piacevoli e di svago, vuole
ricordare coloro che sono in difficoltà e
chi li aiuta quotidianamente. Per questo,
durante tutte le serate, inviterà il proprio
pubblico a donare un contributo a Opera
San Francesco per i Poveri di Milano.
Giovedì 10 settembre
LE NOTTI BIANCHE
Corrado d’Elia legge
Fëdor Dostoevskij
Compagnia Teatri Possibili
Mercoledì 16 settembre
IO ME NE FREGO!
Uno spettacolo
sul bullismo
di Valeria Cavalli
produzione Quelli di Grock
Ingresso libero con obbligo
di prenotazione ai numeri
02/76020794 — 76318893
a partire dal giorno
precedente lo spettacolo

28
IL CATALOGO
DEGLI ANTICHI
Libri da leggere
per comprare libri
di annette popel pozzo
DAI TORCHI DEGLI ELZEVIER
Studio Bibliografico Il Caffè
Catalogo n. 41: Libri antichi e rari
Trecento titoli, con una ricca scelta
di libri antichi e del Novecento. Ben nove
le edizioni uscite dai torchi dei tipografi
olandesi Elzevier, i cui libri furono
soprattutto noti per la cura scientifica
e per il carattere tipografico di chiara
leggibilità chiamato anche “carattere
elzeviro”. Particolarmente interessante
l’unica edizione elzeviriana di Vitruvius,
De Architectura libri decem, Amsterdam,
1649, in una bella legatura coeva
olandese in piena pergamena (¤2.500).
L’opera dichiarata “magnifique édition,
ornée de nombreuses figures sur bois
dans le texte” (Willems 1097) è dotata di
un buon apparato storico-filologico
e contiene oltre al Vitruvio anche
commenti e testi di Leon Battista Alberti,
Guillaume Philandrier, Claude de
Saumaise, Daniele Barbaro, Bernardino
Baldi e Henry Wotton. Da segnalare
anche le Opere di Anton Raphael Mengs,
stampate in 2 volumi nel 1780 a Parma
presso Giambattista Bodoni,
in una legatura coeva in cartoncino
e a pieni margini (¤750).
Secondo Brooks “ l’edizione si esaurì
presto” (Brooks p.29)..
Studio Bibliografico Il Caffè
Via Vanvitelli, 50 - 20129 - Milano
ilcaffe.libri@tiscali.it
CINQUE E SEICENTO IN LIBRI
Libreria Antiquaria Rovello
Catalogo 2/2009: Libri antichi e rari dal XV
al XX secolo
Non è difficile soddisfare richieste
bibliofile con un catalogo ricco di titoli di
vario argomento. Troviamo per esempio
la magnifica opera sulla storia di
Cremona di Antonio Campo, Cremona
fedelissima città, Milano, Bidelli e Ghisolfi,
1645 e 1642 (¤2.980). Oltre all’aspetto
storico, questa seconda edizione
pregevole anche per le correzioni e per le
aggiunte rispetto alla princeps del 1585,
viene considerata uno dei più bei libri
illustrati italiani grazie alle incisioni di
Agostino Carracci, il quale aveva usato
modelli presenti nella nota collezione
di Paolo Giovio.
Nel catalogo troviamo anche una
rarissima opera di demonologia con il
Traité de l’Antichrist di Lambert Daneau
(ca. 1535 - ca. 1590), stampata nel 1577
a Ginevra presso Vignon (¤2.450).
L’autore, un cattolico convertito al
calvinismo, fu uno dei più feroci
persecutori di streghe in Svizzera e
Savoia.
La presente prima edizione francese,
pubblicata soltanto un anno dopo la
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
princeps latina, non viene attualmente
censita in alcuna biblioteca italiana.
Libreria Antiquaria Rovello
Via Rovello, 1 - 20121 - Milano
edirovello@tiscali.it
UNA STORIA FATTA D’INCANTI
Jonathan A. Hill Bookseller
Catalogue 184: Science, Medicine,
Chemistry, Natural History, Bibliography
Il catalogo del libraio newyorkese
offre una rara scelta di antichi cataloghi
d’asta che rappresentano spesso un
fondamentale metodo per ricostruire
collezioni e biblioteche intere. Di
particolare interesse il catalogo d’asta di
Jean-Baptiste Colbert, Bibliotheca
Colbertina: seu Catalogus Librorum
Bibliothecae …, Parigi, Martin &
Montalant, 1728, 3 volumi che secondo
una nota classificazione dividono i titoli
in folio, quarto e ottavo ($11.500).
Da notare anche il catalogo d’asta
di Thomas Crofts (1722-1781),
Bibliotheca Croftsiana …, Londra, 1783
($950). Con 8.360 lotti, la biblioteca di
Crofts fu famosa per le edizioni italiane.
De Ricci annota “the finest library of old
Italian books yet seen in England” (p. 56).
La copia offerta in vendita da Hill elenca
accanto alle stime dei lotti anche i prezzi
realizzati in mano manoscritta. Un
affascinante catalogo d’asta è quello di
Jacques-Charles Brunet (1780-1867),
Catalogue des Livres rares et précieux …,
Parigi, Potier & Labitte, 1868, 2 volumi
($650), che comprende 2.499 lotti. Molto
interessante naturalmente la parte sulla
bibliografia del compilatore del Manuel
du libraire et de l’amateur de livres.
Jonathan A. Hill Bookseller
325 West End Avenue, apt. 10B
New York City, NY, 10023-8143
JAHillBooks@aol.com

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 29
IL CATALOGO
DEI MODERNI
Libri da leggere
per comprare libri
di matteo noja
DUE ITALIANI A PARIGI
Letteratura Tattile. Studio
Bibliografico Andrea Galli
Parigi è sempre stata una città
generosa, soprattutto con gli artisti che
volevano lasciare, oltre ai problemi, anche
patrie ingrate alle spalle. Nell’Ottocento è
stato luogo franco per tutti coloro che
venendo da delusioni professionali o
politiche volevano cercarvi rifugio per
riconquistare condizioni di vita e di lavoro
ormai perdute. Non è un caso quindi che
due protagonisti dell’Opera italiana come
Rossini e Bellini vi abbian trovato nuova
forza e ispirazione per continuare la loro
arte. Arrivati nella capitale francese per
motivi simili, il loro destino li legherà alla
città in maniera indissolubile.
La libreria propone un’interessante
raccolta di documenti originali, tra cui 12
lettere autografe rarissime di Bellini e 18
di Rossini (17 indirizzate al conte
Giuseppe Mattei che gli amministrava i
terreni a Pesaro e a Bologna) oltre ad altri
manoscritti – tra questi lettere di
Donizetti e Ricordi –, fotografie ed
edizioni originali. Il catalogo, corredato da
una amplissima documentazione con
biografie dei vari personaggi citati, si
presenta come un prezioso strumento per
conoscere la vita, gli usi e i costumi dei
due compositori italiani a Parigi.
Letteratura Tattile. Studio
Bibliografico Andrea Galli
Corso Giovanni XXIII, 31 – 47900 Rimini
info@letteraturatattile.it
I PRESIDENTI E NON SOLO
Bauman Rare Books
Catalogue Winter/Spring Miscellany 2009
Il grande catalogo di questa libreria
tra le più scrupolose nella ricerca di vaste
raccolte librarie si apre con una sezione
dedicata all’insediamento dei presidenti
statunitensi: dall’invito al ballo inaugurale
di Lincoln [4 marzo 1865; $4.600] alla
raccolta del materiale per l’insediamento
di Hanry S. Truman [9 documenti, 1949;
$12.500]. Una sezione è dedicata
all’aviazione e all’esplorazione dello
spazio; hanno risalto, di Charles
Lindbergh, The Spirit of St. Louis [New
York, Charles Scribner’s Sons, 1953; con
invio autografo di Lindberg, $6.800] e
We. The Flier’s Own Story of his Life and
his Transatlantic Flight [New York-
London, 1927; con invio autografo e
un’immagine stereoscopica di Lindbergh
davanti al suo aereo, $5.000]. Si prosegue
con una serie di libri illustrati tra cui
il Cassin, Illustrations Of the Birds Of
California, edito a Philadelphia nel 1862,
con splendide illustrazioni a colori a piena
pagina [$15.000]. Completano il catalogo
numerosi libri d’arte e letteratura tra cui
Through the Looking Glass, and What
Alice Found There con invio autografo
di Lewis Carroll a una fanciulla, Beatrice
Wallich, nell’anno della pubblicazione
[London, 1872; $17.000].
Bauman Rare Books
555 Madison Avenue – between 54th and
55th Streets – New York, NY 10022 (e)
3327 Las Vegas Blvd. – Suite 2856 – Las
Vegas, NV 89109
www.baumanrarebooks.com
VAMPIRI E ALTRI “VOLATILI”
Henry Sotheran Limited Fine and
Rare Antiquarian Books and Prints
Piccadilly Notes 55
Gli inglesi ci hanno abituato
da tempo a cataloghi con bellissime
illustrazioni a colori. Il catalogo
di Sotheran non si sottrae a questa
prerogativa. Si apre con una bellissima
sezione dedica alle opere più importanti:
alcuni libri antichi, ma soprattutto la
prima edizione di John Gould The Birds of
Australia, edito a spese dell’autore nel
1848 e nel 1869 in 8 superbi volumi
rilegati in marocchino verde. L’opera
monumentale, ben conosciuta dai
collezionisti, consta di 691 litografie
colorate a mano da Gould, da sua moglie
Elizabeth e da H.C. Richter [il prezzo non
è indicato]. Tra gli “highlights” anche i 9
volumi di Southern Tibet, di Sven Anders
Edin [edito in varie città e da diversi
editori, tra il 1916 e il 1922; con invio
autografo dell’autore, 19.500 sterline ];
ricco di mappe che illustrano territori fino
ad allora sconosciuti, l’opera documenta
la spedizione che nel 1906-08 esplorò
in maniera definitiva la regione tibetana.
Nella letteratura, oltre alla prima edizione
americana dei Seven Pillars of Wisdom di
T.E. Lawrence, il primo racconto dedicato
ai vampiri pubblicato in inglese, inserito
in una miscellanea: si tratta di The
Vampire. A Tale di John William Polidori
[London, Printed for Sherwood, Neely and
Jones, 1819; 4.995 sterline; gli altri
racconti sono di Byron]
Henry Sotheran Limited Fine and Rare
Antiquarian Books and Prints
2 Sackville Street, London W1S 3DP
books@sotherans.co.uk

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 31
ANASTATICHE E FAC-SIMILI
PER VIAGGIARE NEL PASSATO
I fatti della storia e la storia del pensiero
secondo due illustri italiani dell’Ottocento
di gianluca montinaro
IL RISORGIMENTO TOSCANO
NARRATO IN PRESA DIRETTA
Di Giuseppe Giusti (1809-1850),
curioso personaggio del nostro
Risorgimento, sono comunemente note
diverse opere satiriche. Amico di Gino
Capponi, esponente del liberalismo
toscano e direttore del Gabinetto
Vieusseux, che avrebbe influenzato non
poco il suo orientamento politico e gli
sviluppi della sua poetica, Giusti dedicò
tutta la vita alla stesura delle celebri
Poesie. Compì alcuni viaggi, a Roma,
a Napoli e soprattutto, nel 1845,
a Milano, dove conobbe Manzoni e la
sua cerchia di amici, con cui poi
intratterrà frequenti rapporti epistolari.
Nel 1847, entrato a far parte della
Guardia Civica, mostrò di apprezzare
le riforme operate dal Granduca di
Toscana, precedentemente oggetto della
sua satira. Nel 1848, durante i moti
toscani, partecipò alla vita pubblica,
e fu eletto deputato del parlamento
di Firenze appoggiando i governi
moderati di Ridolfi e Capponi. Condivise,
in sostanza, le speranze e le attese
di riforma moderata, caratteristiche
degli anni immediatamente precedenti
il 1848. Col ritorno del Granduca
Leopoldo II sostenuto dagli Austriaci
si ritirò in casa Capponi dove si dedicò
(fino alla morte) alla stesura della sua
più importante opera in prosa:
la Cronaca dei fatti di Toscana (1845-
1849). Nel testo, fondamentale per
capire la storia della Regione in quel
convulso periodo storico, Giusti descrive
in modo fedele i protagonisti di eventi
poco felici per la Toscana. Con prosa
secca e precisa, il volume offre una
testimonianza in presa diretta degli
avvenimenti che videro queste terre
al centro di una serie altalenante
di vicende: dalla morte di don Neri
Corsini (primo ministro del Granduca
Leopoldo II) fino al tracollo di Francesco
Domenico Guerrazzi.
La prima edizione della Cronaca
avvenne molti anni dopo la morte del
Giusti, addirittura nel 1890, con il titolo
Memorie inedite di Giuseppe Giusti
(Milano, Treves). L’opera venne
successivamente ristampata, in forma
molto più corretta, da Le Monnier, nel
1948. È ora l’editore Polistampa
di Firenze a riproporre in anastatica
quest’ultima edizione, sotto la curatela
di Pietro Pancrazi e con una buona
introduzione a firma di Enrico Ghidetti.
Giuseppe Giusti, Cronaca dei fatti
di Toscana (1845-1849), (ristampa
anastatica dell’edizione Le Monnier,
Firenze, 1948), Firenze, Polistampa,
2009, pp. 320, 16 euro.
GUASTELLA: IL FENOMENISMO
È L’UNICA FILOSOFIA “REALE”
Personaggio misterioso della
storia del pensiero, Cosmo Guastella
(1854 -1922) fu filosofo sui generis,
figlio di una visione classica e aulica
della cultura, legato a una tradizione
di rigore ove non si dà spazio a vanità
stilistiche né a introduzioni o prefazioni.
Rifiutò di pubblicare articoli su riviste, al
contrario di quanto facevano Croce e
Gentile, suoi contemporanei. Modestia e
ambizione gli impedirono di rendere più
accessibile un pensiero esposto su 4862
pagine di due opere pubblicate. Da qui la
difficoltà di lettura, la scarsa diffusione
del pensiero e quel destino di esclusione
dai circuiti di circolazione culturale.
Nato a Misilmeri, si laureò nel 1878 in
Giurisprudenza a Palermo e fino al 1897
non si conosce alcunché. Nel 1897 viene
pubblicato il primo Saggio sulla Teoria
della Conoscenza – Sui limiti e l’oggetto
della conoscenza a priori cui seguì nel
1905 la pubblicazione de Filosofia della
Metafisica. Vinse la cattedra di filosofia
teoretica (superando Giovanni Gentile)
e si dedicò all’insegnamento. La sua
opera più importante in tre tomi (gli
ultimi due usciti postumi) Le ragioni del
fenomenismo apparve a Palermo presso
l’editore Priulla nel ’21-’23 e rappresenta
una serrata critica al realismo. Il senso
della critica conduce al riconoscimento
di un solo punto di vista filosofico
intorno alla realtà: il fenomenismo, ossia
la concezione secondo cui la realtà
si risolve in stati di coscienza. Il Comune
di Misilmeri, omaggia il suo più illustre
concittadino, con una preziosa ristampa
anastatica di quest’opera ormai
introvabile, curata da Caterina Genna.
Cosmo Guastella, Le ragioni del
fenomenismo, (anastatica della prima
edizione Priulla, Palermo, 1921-
1923), Comune di Misilmeri, 3 voll.,
pp.1998, s.p. (500 copie numerate).

32 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
UN PANDEMONIO METROPOLITANO
La bohème milanese e la Roma bizantina
che cambiarono la cultura: la Scapigliatura
di matteo tosi
le grandi e ricche città del
mondo incivilito – scriveva Cletto
tutte
«In
Arrighi (milanese, 1828-1906,
al secolo Carlo Righetti) in quella che
stava divenendo l’Introduzione al suo
romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio
[1862] – esiste una certa quantità
di individui di ambo i sessi, fra i venti
e i trentacinque anni, non più; poveri,
pieni d’ingegno quasi sempre,
più avanzati del loro tempo, indipendenti
come l’aquila della Alpi, pronti al bene
quanto al male, irrequieti, travagliati,…
turbolenti – i quali – o per certe
contraddizioni terribili fra la loro
condizione e il loro stato – vale a dire fra
ciò che hanno in testa e ciò che hanno
in tasca – o per certe influenze sociali
da cui sono trascinati […] – meritano
di essere classificati in una nuova
e particolare suddivisione della grande
famiglia sociale, come coloro che
vi formano una casta sui generis distinta
da tutte le altre. I francesi la chiamano
già da un pezzo la bohème. Questa casta,
vero pandemonio del secolo;
personificazione della follia che sta fuori
dai manicomii; serbatoio del disordine,
della imprevidenza, dello spirito di rivolta
e di opposizione a tutti gli ordini stabili –
io l’ho chiamata la Scapigliatura».
Non era poi così nuova quella
parola, “Scapigliatura”, scelta dall’Arrighi
(già presente nel titolo di una “Canzone”
di Girolamo Leopardi del 1616), ma era
nuova come mai la sua capacità
di fotografare alla perfezione la temperie
culturale del suo tempo, così fortemente
Sotto; semper sui rotaj, strenna del el tramway, pp.8-9; in alto a destra, Camillo Cima,
Album caricature milanesi, tecnica mista, cm 29 x 33, collezione privata
caratterizzato dalla delusione di un’intera
generazione che si sentì tradita dal
fallimento degli ideali risorgimentali in
seguito alla nascita dell’Italia unita.
Una generazione che rivoluzionò
il modo e il senso di fare arte (come
sottolinea la grande mostra pittorica
appena inaugurata dal Comune di Milano
e da Palazzo Reale, “Scapigliatura.
Un pandemonio per cambiare l’arte”)
e che, con lo stesso intento, mise mano
alle patrie lettere e alla pubblicistica
letteraria nel senso più ampio e alto
insieme, sconvolgendo e scompigliando
il panorama dell’italica scrittura
con un insieme di “scuole” e correnti
spontanee, fiorite in tutta Italia e poi
“riparate” a Milano, anche allora la più
moderna e aperta delle nostre città,
per traghettare definitivamente la nostra
cultura da quello stantio romanticismo
che non trovava più sbocchi credibili
al decadentismo e alle sperimentazioni
delle avanguardie che, di lì a poco,
sbocceranno in tutta Italia.
Una “rivoluzione cittadina” finora
poco considerata dal punto di vista
artistico e quasi del tutto ignorata
da quello letterario, forse proprio
per l’eterogeneità delle sue espressioni
che si tradussero nelle opere di Giuseppe
Rovani (considerato con il già citato

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano
Arrighi il padre della Scapigliatura), Arrigo
Boito e suo fratello Camillo, Emilio Praga,
Iginio Ugo Tarchetti, Carlo Dossi
(per citarne alcuni) e in una straordinaria
vastità di riviste e pubblicazioni come
il “Gazzettino Rosa”, “La Cronaca Grigia”,
il “Figaro”, la “Rivista Minima” e
“La Farfalla”, giornali ricchi di pregiati
pezzi d’autore, critiche e recensioni
letterarie, ma anche di vignette
e caricature al vetriolo.
Opere e generi che si potranno
finalmente ammirare e studiare nel loro
complesso, grazie alla nuova mostra
allestita dalla Biblioteca di via Senato
in concomitanza e in collaborazione con
la grande esposizione di Palazzo Reale.
Oltre alle tele e alle sculture (a
firma, tra gli altri, di Tranquillo Cremona,
Paolo Troubetzkoy, Luigi Conconi), infatti,
qui trovano posto le tipiche espressioni
della satira scapigliata (con i disegni
di Cima, Teja, Grepp) e una serie di libri,
giornali e documenti originali che
completano il corpus de “La Scapigliatura
e Angelo Sommaruga. Dalla bohème
milanese alla Roma bizantina” (Milano,
Biblioteca di via Senato, dal 26 giugno
al 22 novembre 2009; info: tel. 02/
76215323), un’ideale ricostruzione del
A destra; Eugenio
Pellini, Pagine d'album,
1894, gesso, 57x52x57,
Studio Pellini;
sotto, Luigi Conconi,
Il Poeta (ritratto
di Giosué Carducci),
olio su tela,
cm 67,5 x 55x 6,
collezione privata
percorso di tutto il movimento scapigliato
intorno alla figura di quel giovane e
ardito editore che per primo colse
l’intensità e la portata di quella
“rivoluzione” e che, sempre per primo,
provò a spostare l’asse giornalisticoeditoriale,
da Milano a Roma,
collocandolo il più vicino possibile
alle stanze dei bottoni.
Proprio uno dei numerosi giornali
fondati da Angelo Sommaruga,
“La Farfalla”, è considerato uno dei
possibili termini per delimitare il periodo
in cui fiorì la Scapigliatura (l’inizio
del movimento viene invece fatto
coincidere con la fondazione del giornale
“L’Uomo di Pietra” nel 1856 o con il
manifesto sull’ “Almanacco del Pungolo”
di Arrighi nel 1857), ma è innegabile che
con la rivista sommarughiana
collaborano tutti gli scapigliati vecchi
e nuovi, e che lui stesso (di cui la
Biblioteca di via Senato conserva l’intero
archivio superstite, fatto di libri, missive
e documenti personali) seppe portare
avanti quel processo di svecchiamento
delle nostre lettere verso la letteratura
della Nuova Italia, quella letteratura che
si svilupperà nel secolo successivo e avrà
in Carducci, Pascoli e d’Annunzio
i maggiori ispiratori. A loro, infatti,
Sommaruga contribuì a trasfondere gli
33
elementi più significativi delle istanze
poetiche della Scapigliatura grazie ad
anni di collaborazioni più o meno intense,
ma sempre fruttuose.
Nato a Milano nel 1857, infatti,
Angelo Sommaruga è un giovane
con le idee ben chiare, e dopo essersi
spostato nella Capitale riesce a fare leva
sulla propria audacia e sulla propria
spregiudicatezza riesce a convincere
Giosuè Carducci a collaborare con lui
e con la sua “Cronaca Bizantina”,
un raffinato quindicinale che presto
si impone nei salotti culturali e politici.
Aprendogli le porte per accedere a tutti
gli altri “autori del momento”, da Cesario
Testa a Primo Levi. da Cletto Arrighi
a Ferdinando Fontana e da Edoardo
Scarfoglio a Matilde Serao, passando,
in particolare, dai primi testi
di un giovanissimo ma agguerrito poeta
e scrittore, Gabriele d’Annunzio.
Con lui, Sommaruga ebbe da subito
un rapporto di grande stima e affetto,
che fu poi interrotto da una serie
di incidenti come la copertina sbagliata
per Il Libro delle Vergini, e le polemiche
che l’abruzzese e altri collaboratori
ebbero con il loro editore in seguito alla
posizione di un altro giornale
sommarughiano, “Le Forche Caudine”,
diretto da Pietro Sbarbaro.

34
ANDANDO PER MOSTRE
Quando la stampa si fa d’arte
e l’arte guarda all’editoria
di matteo tosi
LA SPLENDIDA ARTE GRAFICA
DI UN INSOLITO FIAMMINGO
Il mondo che gli voltò quasi
sistematicamente le spalle mentre
era in vita, oggi lo conosce come
il “padre fondatore” della pittura belga
moderna e contemporanea, ma anche
come uno dei grandi precursori di tutte
le “rivoluzioni” e le avanguardie
artistiche che attraversarono l’Europa
tra la fine dell’Ottocento e l’inizio
del secolo scorso.
Una definizione che gli calza
a pennello, perché James Ensor,
con il proprio tratto e la propria
tavolozza, seppe davvero anticipare
le istanze poetiche sia del Surrealismo
sia dell’Espressionismo, ma anche
dell’Impressionismo, del Pointillisme,
del Fauvismo e del Cubismo, lasciando
intendere che pure l’arte astratta
e l’Informale tutto risentono non poco
delle sue intuizioni.
E tutto questo, rimanendo
«un visionario, un fiammingo della più
pura tradizione del vecchio Geronimo
Bosch e di Bruegel degli Inferi», come
scrisse di lui Arséne Alexander su
“Le Figaro” nel dicembre del 1898.
Ecco perché cambiò la strada e la storia
della pittura europea, perché come tutti
i veri rivoluzionari era un conservatore,
uno formatosi sulla lezione dei classici
senza rinnegarla, ma pronto a rimetterla
in discussione giorno dopo giorno,
infischiandosene delle mode
del momento e non ponendo limiti alla
propria fantasia creatrice, sempre così
sensibile alle istanze del domani.
JAMES ENSOR – OPERA INCISA
LEGNANO (MI), PALAZZO LEONE DA
PEREGO, FINO AL 28 GIUGNO
INFO: WWW.SPAZIARTELEGNANO.COM
CATALOGO: ALLEMANDI
la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
La sua opera, allora, è destinata
a non conoscere etichette, e in special
modo la sua copiosa e raffinatissima
produzione calcografica, arte dove
Ensor trovò da subito facilità e successo.
La potenza del suo tratto,
l’espressività delle sue forme e l’intensità
della luce che lasciava filtrare “tra” i suoi
segni, infatti, si combinavano
splendidamente a quella sua poetica
fatta di angoscia mitigata con l’ironia
e con il “fantastico”, un terreno ancora
vergine da esplorare seguendo solo
le sue intuizioni e pensando «al solido
rame, agli inchiostri inalterabili, alle
riproduzioni facili, alle tirature fedeli» e
scegliendo di “inciderer” per tramandare
ai posteri il genio della propria arte.
Ed ecco tutto quello che è
scaturito dalla sua voglia e dalla sua
consapevolezza, in una bella mostra
curata da Flavio Arensi e Xavier Tricot,
curatore del catalogo generale dell'opera
di Ensor: 188 fogli, provenienti dalla
collezione Kreditbank, tra cui 134
acqueforti e due splendide suite
litografiche: La Gamme d'Amour, ispirata
al balletto per il quale Ensor disegnò
scene e costumi, e Scènes de la vie du
Christ, uno dei suoi soggetti preferiti.

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 35
IL MANIFESTO DI MARINETTI
E I CENTO DEL FUTURISMO
Nel celebrato e discussissimo
centenario del Futurismo
ancora in pieno svolgimento,
molti e diversi sono stati gli omaggi
rivolti a Marinetti e ai suoi, compreso
quello del bel “Padiglione Italia”, fresco
di inaugurazione, che ha riportato la
nostra arte nel cuore della Biennale.
Una sola tra tutte queste, però, centra
in pieno il tema del “Manifesto” che oggi
tutti attaccano o festeggiano, e cioè
l’ultima della serie, quella appena
inaugurata ad Alessandria (Palazzo
del Monferrato e Museo del Cappello
Borsalino, fino al 26 luglio; info:
tel. 0131/40035), che già nel titolo,
“A+B+C/F=FUTURISMO”, mette in luce la
propria attenzione per la parola scritta.
74 ARTISTI RENDONO OMAGGIO A “LOTTA
POETICA”, UNA RIVISTA D’AVANGUARDIA
Nata da un’idea di
Paul de Vree e Sarenco
e pubblicata
dal giugno del 1971 al
novembre del 1987, Lotta
Poetica fu una delle riviste
maggiormente capaci
di coinvolgere artisti e
poeti di livello internazionale,
pubblicando testi
Il percorso dell’esposizione,
che raccoglie nella sezione centrale tutti
i più importanti manifesti della storia
del Movimento, si apre proprio
con il Manifesto del Futurismo di Filippo
Tommaso Marinetti pubblicato su
Le Figaro il 20 febbraio 1909, e presenta
quasi quattro decenni di produzione
teorica, facendo leva sull’importanza
che il Futurismo conferiva sia all’aspetto
grafico della singola parola sia
sull’elaborazione di interi testi pensati
soprattutto come opere “visiva”.
Accanto alla teoria dei manifesti
programmatici pubblicati sui più vari
IL GRANDE FIUME E IL “PICCOLO MONDO” DI GUARESCHI
NELLE DELICATE FOTOGRAFIE DI LUCA PIOLA
In un anno di lavoro, il
fotografo Luca Piola
ha realizzato un libro
fotografico per rendere
omaggio al “Piccolo
Mondo” della Bassa parmense
cantato da Giovannino
Guareschi più di
cinquant’anni fa. Un
viaggio fotografico che,
nel centenario dello
scrittore, diventa anche
una piccola grande mo-
stra che da un “verso” di
Guareschi ruba anche il
titolo, "A chi va per favole
nei pioppeti": un’immagine
di delicata magia che
riassume perfettamente
l'anima che vive nei luoghi
del Grande Fiume.
Boschi, anse profonde,
secche, ponti di barche e
piccoli porticcioli che
Piola ha riscoperto seguendo
le tracce narrati-
ve di ogni pagina e guardando
al presente e al
passato (Milano, Galleria
Grazia Neri, fino al 26
giugno; info: 02/62527).
teorici, recensioni, interviste,
immagini di opere e
lavori realizzati ad hoc
per le sue pagine, con
l’intento più che dichiarato
di portare avanti una
critica militante nei confronti
dei meccanismi del
mondo e del mercato dell’arte.
Oggi riceve l’o-
maggio della bresciana
Fondazione Berardelli e di
74 giovani “poeti visivi”
(fino al 30 settembre; info:
tel. 030/313888).
organi di stampa, e insieme a essi, anche
una raccolta di libri e lettere dei più
rilevanti esponenti del movimento,
provenienti in gran parte dalla Collezione
Wolfson di Genova e dalla Collezione
Nespolo, poi un’interessante sezione
dedicata al tessuto, al costume e alla
moda (a partire dal Panciotto di Depero e
dal Cappello futurista) e una interamente
pensata per rendere omaggio al cinema,
alla musica e alla fotografia di quei
tempi (un importante corpus di immagini
proviene dal Museo Alinari di Firenze)
e una sorta di “mostra nella mostra”:
una dettagliata rassegna di Futuristi
piemontesi con una sezione intitolata
The visionary man, che comprende più di
30 opere di Antonio Sant’Elia poste a
confronto con il controverso pensiero
sull’architettura di Daniel Libeskind.
Le lettere del titolo (la cui grafica,
insieme a quella della mostra tutta, è
stata curata da Ugo Nespolo), oltre alla
già citata attenzione del Movimento per
il valore iconico dei singoli caratteri
e delle loro composizioni, riassume anche
la “lettura semantica” che i curatori,
Roberto Borghi e Sabrina Raffaghello,
fanno delle istanze poetiche di Marinetti,
Boccioni e Balla, dove “A” sta per “arte
e vita”, “B” per “bellezza”, “C” per “città”
e “F” per “fotografia”. Una vera e propria
equazione artistica, insomma.

36 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
APPUNTAMENTI A TUTTO VOLUME
L’universo libro e il mondo della scrittura
tra congressi, premi, e festival letterari
di gianluca montinaro e matteo tosi
IL LXXV CONGESSO DELL’IFLA
A MILANO, URGE ISCRIVERSI
Attenzione, la fine di giugno è la
deadline fissata per le iscrizioni ai lavori,
agli eventi, alle manifestazioni culturali
e alle visite guidate organizzate
nell’ambito del 75° congresso mondiale
dell'IFLA (International Federation of
Library Associations and Institutions),
che quest’anno si svolge a Milano, dal
23 al 27 agosto, presso i padiglioni di
FieraMilanoCity. Un evento che, nelle
ultime cinque edizioni, ha visto la
partecipazione di circa 3500 bibliotecari
di numerose parti del mondo, visto che
il congresso è anche il momento
d'incontro dell'IFLA Assembly, il
comitato dei rappresentanti degli
associati, ovvero il più importante
organo governativo della Federazione.
Un'organizzazione internazionale e
indipendente che riunisce associazioni
professionali nazionali (circa 1.700),
istituzioni bibliotecarie e singoli
professionisti, fornendo agli specialisti
di tutto il mondo uno spazio dove
scambiarsi idee, promuovere la
cooperazione e lo sviluppo in tutti i
settori della biblioteconomia e della
scienza dell'informazione, al fine
di promuovere le biblioteche e difendere
i loro interessi in ambiti planetari come
il World Summit on the Information
Society e il WTO (World Trade
Organization), anche pubblicando «IFLA
journal», linee guida, rapporti e studi su
tutti i temi inerenti le biblioteche.
Info: www.ifla2009.it.
IL PRIMO FESTOSO CAPITOLO
DELLE EDIZIONI CAPITOLINE
Si intitola “Roma si libra” ed è
il primo festival dedicato all’editoria
romana, già insignito del patrocinio
dell’Unesco fin da questa sua prima
edizione. Che andrà in scena a piazza
del Popolo, nel salotto più bello della
Capitale, dal prossimo 27 giugno
al 5 luglio: nove serate (gli stand
e le varie tensostrutture aprono dalle
18,00 alle 23,00) di tavole rotonde,
reading, incontri e dibattiti
per conoscere e provare a comprendere
una realtà in forte espansione su tutto i
il territorio romano e sul suo hinterland.
Massimo Carlotto, Angelo Guglielmi,
Linda Ferri, Valerio Massimo Manfredi,
Piera Degli Esposti, Marina Ripa di
Meana, Livia Turco, Moni Ovadia,
Roberta Angelini, Yahya Pallavicini, Carla
Cucchiarelli, Isabella Rauti, Vincenzo
Mastronardi, Franco Ferrarotti e Andrea
Frediani sono solo alcuni dei “nomi”
che hanno già aderito agli eventi
in cartellone, un programma quanto
mai diversificato che completa
la propria offerta con una grande
libreria con decine di piccoli e medi
editori, con uno “Spazio Bambini” (ricco
di letture, spettacoli e giochi) e con
eventi di arte, musica e letteratura
promossi da numerose Accademie
e Istituzioni Culturali straniere.
Info: www.romasilibra.it
ISOLA D’ELBA E SARDEGNA:
DUE EVENTI A PELO D’ACQUA
Il bello del “libro”, dicono in molti,
è che, al di là delle sensazioni tattili
e olfattive che rivendicano solo i più
“libridinosi”, ogni volume è un oggetto
libero di seguirti ovunque vai, senza
bisogno di altro se non di un po’ di luce,
per riprendere ogni discorso dove
lo stesso era stato interrotto. Così pare
essere anche per gli appuntamenti
che di libri si occupano, imperturbabili
di fronte ai cambi di stagione e pronti
a offrirsi al loro pubblico per terra
e per mare, sempre e comunque.
Ecco, allora, che con l’arrivo dell’estate
e con la relativa migrazione nostra
verso i marini flutti e le assolate spiagge,
due ambiziosi eventi prendono avvio
proprio nel cuore di altrettante ambite
mete di vacanza “in mezzo al mare”. Due
appuntamenti isolani, ma non isolati,
perché il Premio letterario internazionale
“Isola d’Elba – Raffaello Brignetti”
in programma il 20 giugno è già alla
trentasettesima edizione (info:
ww.aptelba.it), mentre siamo alla sesta
quando si parla de “L’isola delle storie”,
il festival letterario della Sardegna, in
scena a Gavoi dal 3 al 5 luglio prossimi,
con la collaborazione del MAN di Nuoro
e la partecipazione di ospiti come
Alessandro Baricco, Salvatore Niffoi,
Daria Bignardi, Margherita Hack, Luca
Novelli e Mauro Evangelista.
Info: www.isoladellestorie.it

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 37
ASTE E FIERE
Un caldo giugno,
incanto per incanto
di annette popel pozzo
DAL 4 AL 6 GIUGNO,
LONDRA
Mostra mercato - 52th London
Antiquarian Book Fair, Olympia
Info: www.olympiabookfair.com
La 52ma edizione della mostra del
libro antico elenca quest’anno il record
di 150 espositori. Tra gli highlights una
copia de Il pastor fido di Giovanni
Battista Guarini, ca. 1800, appartenuta a
Percy Bysshe Shelley con il suo
autografo (presso Peter Harrington
Books, £7.500) e una prima edizione
italiana di Abel Fullon, Descrittione, et
uso dell’holometro, Venezia, 1564
(Collectable Books, £1.850).
IL 5 E 6 GIUGNO, LONDRA
Mostra mercato – PBFA 09 London
International Book Fair, International Fair 2
Novotel London West, Hammersmith, W6
Info: www.pbfalondonbookfair.co.uk
L’8 GIUGNO, LONDRA
Asta – Examples of Fine Typography from
the Library of Jan van der Marck
Info: www.bloomsburyauctions.com
Una bella collezione di private
press books della Doves Press, Golden
Cockerel Press, Gregynog Press, Cranach
Presse, Bremer Presse e Officina Bodoni.
L’8 GIUGNO, PARIGI
Asta – Livres Choisis Anciens et Modernes
Prestige Info: www.alde.fr
Da sottolineare un’edizione
illustrata dell’Orlando furioso (Venezia,
Giolito de Ferrari, 1544) in una strepitosa
legatura parigina con intrecci geometrici
dipinti (stima ¤5.000-6.000) e una copia
dell’incunabolo De Rerum natura
di Lucrezio (Venezia, 1495), appartenuta
all’autore della Chronica mundi Hartmann
Schedel (¤40.000-50.000).
IL 9 E 10 GIUGNO, MILANO
Asta – Importanti Dipinti Antichi, Dipinti
del Secolo XIX, Arredi, Maioliche e Libri
Antichi Info: www.sothebys.com
Soltanto 19 libri antichi, ma due
incunaboli della Divina Commedia
(Venezia, Ottaviano Scoto, 1484, ¤8.000-
12.000 e Venezia, Bernardino Benali e
Matteo Capcasa, 1491, ¤15.000-20.000).
IL 10 GIUGNO, LONDRA
Asta – Continental and Russian Books
and Manuscripts
Info: www.sothebys.com
Si segnalano un manoscritto
autografo di Giambattista Tiepolo, Polizza
di spese fatte da me … nel viaggio da
Venecia a Madrid, del 1762, sconosciuto
ai repertori (stima ¤34.000-45.500) e un
esemplare completo con colorazione
coeva della Cosmographia di Ptolemaeus
nella prima edizione di Ulm, 1482
(¤454.000-680.000).
IL 12 GIUGNO, NEW YORK
Asta – Splendid Ceremonies, The Paul
and Marianne Gourary Collection
of Illustrated Fête Books
Info: www.christies.com
570 lotti di opere celebrative con
ricco apparato illustrativo. Rarissima
l’edizione pubblicata in occasione della
visita di Carlo V a Bologna nel 1529
(Venezia, 1530, con soltanto 4 copie
censite al mondo; l’esemplare in asta è il
solo colorato a mano; $30.000-40.000).
IL 14 GIUGNO, MILANO
Mostra mercato – Vecchi Libri in Piazza
Info: www.maremagnum.com
IL 15 GIUGNO, VIENNA
Asta – Autographen
Info: www.dorotheum.at
Su tutto un documento autografo
di Giovanni Keplero indirizzato a Rodolfo
II, Johann Kepplern Mathematici
gehorsamistes supplicium... Periculum in
mora, probabilmente scritto a Praga nel
1604 (¤15.000).
IL 17 GIUGNO, PARIGI
Asta – Books and Manuscripts
Info: www.sothebys.com
IL 19 GIUGNO, PARIGI
Asta – Livres Anciens
Info: www.thierrydemaigret.com
DAL 19 AL 21 GIUGNO,
PARIGI
Mostra mercato – Le Livre Ancien au
Grand Palais
Info: www.salondulivreancienparis.fr
Circa 140 librai antiquari
internazionali e una mostra sul
patrimonio librario della Bibliothèque et
Archives du Québec del Canada.
IL 19 E 20 GIUGNO,
PFORZHEIM
Asta - Buch- und Kunstauktionen
Info: www.kiefer.de
IL 23 GIUGNO, LIONE
Asta - Livres Anciens et Modernes, Vieux
Papiers, Timbres, Documents Anciens
Info: www.aguttes.com
IL 23 GIUGNO, PARIGI
Asta – Manuscrits
Info: www.piasa.fr
IL 23 E 24 GIUGNO,
BERLINO
Asta – Autographen
Info: www.stargardt.de
Asta di ca. 1200 autografi compresi
anche manoscritti, fotografie, lettere e
documenti vari.

38 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
LIBRI CHE PARLANO DI LIBRI
Omaggi d’autore alle pagine scritte
e storie dove i volumi prendono vita
di matteo noja e matteo tosi
ECO E CARRIERE: IL LIBRO È
IMMORTALE, COME LA RUOTA
Simpatica conversazione tra
Umberto Eco e Jean-Claude Carrière
(sceneggiatore, anche per Buñuel, autore
teatrale, romanziere, poeta e saggista
francese), dove in barba alle nuove
tecnologie si inneggia alla immortalità
del libro a stampa; il libro è come la
ruota, il martello, il cucchiaio, le forbici:
una volta che li hai inventati non puoi
fare di meglio, ci ricorda Eco. Internet, ebook,
multimedialità sono dei tentativi
effimeri ed estremamente fallibili di
sostituire quella memoria vegetale che ci
è tanto familiare. Il libro, oggetto amato,
prediletto, viene qui spiegato in tutte le
possibili pagine. Alcuni spunti offerti
dalla conversazione: dal piacere di
possedere un libro che è già appartenuto
a un altro al fascino della stupidità, dal
destino di distruzione che aleggia
sempre intorno alla carta stampata al
fatto che alcuni libri vadano nelle mani
sapienti di chi li sta cercando, dal fatto
che ogni lettura modifica il libro e il
testo che vi è scritto al fatto che ogni
biblioteca «ricorda le stratificazioni di
una miniera di carbone, piena di fossili,
di impronte e di congiunture…» (Carrière
cita Claudel e la sua Philosophie du livre
del 1925), al fatto infine di cosa ci si
possa augurare che capiti a una
biblioteca all’indomani della morte del
possessore o del collezionista. Un
episodio viene ricordato da Carrière, più
incline all’aneddotica che, come Eco, alla
gnomica: un giorno, prendendo la
metro, alla fermata Hotel-de-Ville a
Parigi, scorge un uomo seduto su una
panchina con tre o quattro libri vicino,
intento a leggere; i treni passano e
l’uomo non si distrae, rimane interessato
solo ai suoi libri. Incuriosito gli si
avvicina e con tatto gli domanda cosa
faccia seduto lì; gli dice che ogni
mattina viene alle otto e mezza e resta
fino a mezzogiorno; un’oretta per il
pranzo e poi torna e riprende il suo
posto fino alle diciotto; l’uomo conclude
la sua spiegazione con le parole «Leggo,
non ho mai fatto altro». Fin qui il
racconto riportato nel libro, pare che alla
presentazione del volume alla Mostra del
Libro di Torino, Carrière abbia aggiunto
che, domandatogli se ricordava i vari
racconti, i vari saggi, l’uomo abbia
precisato «No, non ricordo nulla, leggo
solo per il piacere di leggere».
Jean-Claude Carrière, Umberto Eco,
Non sperate di liberarvi dei libri (a
cura di Jean-Philippe Tonnac), Milano
Bompiani 2009 pp.272 ¤18,00
GLI STATES E L’EDITORIA
NELLA FUGA DI SCHIFFRIN
Jacques Schiffrin, ebreo di origine
russa, amico di Gide e inventore della
celebre collana di classici “La Pléiade”,
fu costretto a lasciare la Francia
all’indomani della occupazione nazista.
Arrivò negli Stati Uniti nel 1941. Dopo
poco tempo, assieme a Kurt Wolff – uno
dei maggiori editori tedeschi tra le due
guerre, che pubblicò tra l’altro le opere
originali di Kafka – diede vita alla
Pantheon Books, casa editrice
intellettualmente raffinata che vedrà nel
suo catalogo anche titoli come Il Dottor
Zivago e Il Gattopardo. Il figlio André
[1935], editore anch’egli, autore di due
importanti libri sull’editoria
contemporanea Editoria senza editori
[Bollati Boringhieri, 2000] e Il controllo
della parola [Bollati Boringhieri, 2006],
racconta in questo libro l’affascinante
itinerario compiuto da lui e dalla sua
famiglia da Parigi a New York per
tornare poi a Parigi; sullo sfondo non
solo la grande storia americana, politica
e sociale, ma anche quella dell’editoria:
dall’apprendistato alla Pantheon Books
al sorgere delle grandi concentrazioni
editoriali che hanno fagocitato le
piccole case editrici, dalla riscoperta
della complessa cultura europea alla
nascita della casa editrice New Press.
Il messaggio tra le righe che ci vuole
inviare Schiffrin raccontando la sua vita
è che forse bisognerebbe cercare
di invertire la tendenza ormai
universalmente diffusa di concepire il
libro solo come best-seller, incluso nella
sfera dell’industria della informazione,
e magari tornare a fare libri che siano
frutto di una ricerca culturale capaci
di arricchire l’editore ma anche i lettori.
André Schiffrin, Libri in fuga (a cura
di Valentina Parlato), Voland, Roma
2009, pp.232, ¤15,00

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 39
SAUL BELLOW “IL NOBEL”
E LA SUA ULTIMA INTERVISTA
Prima di andarmene si intitola il
libro, ed è proprio un commiato il suo
contenuto. Un testamento spirituale e
artistico che il grande romanziere Saul
Bellow affida alle orecchie e alla
memoria di Norman Manea, in una
suggestiva intervista concessagli poco
prima di morire, nel 2005. Come lui
Manea è uno scrittore, come è ebreo e
come lui riconosce nella figura del
clown l’esatta metafora degli
l’intellettuali di fronte al potere. Ne
nasce una chiacchierata intima e
irregolare: la fuga dei genitori di Bellow
dalla Russia rivoluzionaria verso il
Canada, il rapporto con l’Olocausto e
con la lingua degli avi, la centralità del
grande Romanzo europeo...
Saul Bellow, Prima di andarmene.
Una conversazione con Norman
Manea, il Saggiatore, Milano 2009,
pp.138, ¤16,00
UN PIRANDELLO CHE VOLLE,
FORTISSIMAMENTE VOLLE
Una ricca appendice con
numerosi documenti inediti, riprodotti
nella loro forma originaria – materiale
importantissimo a conferma
dell'inesauribilità del patrimonio
documentario sull’opera e sul genio di
Pirandello –, fa da corredo a questa
ricerca che Elio Providenti conduce sulla
biografia e sulla formazione letteraria
del grande letterato, con particolare
attenzione per i suoi amici, i suoi amori
e la sua filosofia di vita. Che qui si
manifesta soprattutto come impegno,
abnegazione e costanza, attraverso un
nucleo di lettere all’amico Pietro Mastri
in cui un appena più che trentenne
Pirandello non si rassegna al distacco
con cui tutti gli editori affrontavano
i suoi primi manoscritti, tutti rifiutati.
Perché scrivere, per lui, era "un bisogno
spontaneo e un istinto nello stesso
tempo, come il respirare", e quello fece.
Sacrificando alle lettere anche l’amore
per Jenny Schulz Lander, come si evince
da una malinconica lettera di commiato
inviatagli dalla stessa ragazza. E ancora
la letteratura e gli amici, le opinioni e i
consigli (“di settore”, ma non solo) che
emergono dalle missive e dai messaggi
scambiati con Luigi Antonio Villari, con
“l’amico socialista” Antonino
Campanozzi, Felice Momigliano e
Angelo Fortunato Formíggini.
Elio Providenti, Nuove archeologie.
Pirandello e altri scritti, Polistampa,
Firenze 2009, pp.240, ¤18,00
L’AVANTI DELLA DOMENICA,
UN POZZO DI ARTE E CRITICA
Nacque sì come supplemento
culturale del quotidiano del Partito
Il piccolo Gianni
Stoppani, il monello
fiorentino nato dal
lapis e dalla fantasia di
Luigi Bertelli (in arte
Vamba) che esordì nel
1907 sulle pagine del
Giornalino della
domenica, si incontra
con un altro must dei
bambini di ogni età:
Giuliano Cenci, pioniere
dell’animazione italiana
e ideatore di “Carosello”
e poi di Calimero, Grisù,
Pimpa e Lupo Alberto.
A lui, infatti, i tipi di
Sarnus hanno chiesto di
illustrare una nuova
edizione de Il giornalino
Socialista Italiano, ma L’“Avanti della
Domenica” fu da subito molto di più,
divenendo presto una delle riviste
illustrate più importanti del primo
decennio del XX secolo, in primo luogo
per la qualità della collaborazione
artistica e critica. Eppure, nessuno
studio specifico era mai stato dedicato
a questo settimanale, quasi sicuramente
una delle fonti più citate ma meno
conosciute di quel periodo. Allora, ci
hanno pensato Paolo Bolpagni e i tipi
di Mazzotta, che qui raccolgono (con
prefazione di Luciano Caramel) gli esiti
di una ricerca sistematica su tutti i 216
numeri usciti tra il gennaio del 1903
e il marzo del 1907, prendendo in esame
specialmente i temi dell’illustrazione e
della critica d’arte, anche grazie alla
collaborazione della Fondazione Anna
Kuliscioff di Milano, che possiede una
delle più complete raccolte dell’“Avanti
della Domenica”.
Paolo Bolpagni, L’arte nell’”Avanti
della Domenica”, Mazzotta Editore,
Milano 2009, pp.240, ¤18,00
TORNARE BAMBINI: UNA NUOVA EDIZIONE DEL GIORNALINO
DI GIAN BURRASCA, ILLUSTRATA DA GIULIANO CENCI
di Gian Burrasca (Firenze
2009, cartonato, pp.256,
¤14,00), per dare
ulteriore lustro al loro
“children’s corner”.
Dopo Pinocchio e le
antiche fiabe toscane,
ecco un vero “classico”
che ha attraversato tutto
il ’900 senza perdere
freschezza e genuinità.
E che qui, anzi, si giova
dell’inconfondibile
appeal di un maestro
dell’illustrazione.

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operano nel nostro Paese per fini sociali e umanitari.

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42 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Un palcoscenico nel salotto di Milano
Voci, suoni, immagini,
parole al Teatro di Verdura
è sempre uno spettacolo leggere un bel libro
Voci, voci e voci; suoni, suoni e suoni, parole,
parole e parole: nelle notti d’estate, al centro di
Milano, tra il parco di villa Belgioioso e le vetrine
sofisticate di Monte Napoleone si trova la Biblioteca
di via Senato. E lì, superato il cortile del numero 14, si
possono ascoltare i mille suoni, le tante voci, le migliaia
di parole che si attorcigliano tra gli alberi, si annidano tra
i rami, rimbalzano tra le piccole tribune dove da dodici
anni si susseguono puntuali due o tre volte per settimana
gli spettacoli del Teatro di Verdura.
“Teatro di verdura”: leggiamo nel Dizionario Italiano
di Giacomo Devoto “teatri all’aperto situati nei
giardini delle ville del Settecento, in cui gli elementi costitutivi
del palcoscenico erano formati da vegetazione
di Filippo Crivelli
arborea”. A Palermo il grande Teatro di Verdura di villa
Castelnuovo, sede estiva del Teatro Massimo di Palermo
(e considerato il più importante tra i teatri all’aperto d’Italia),
a Milano il piccolo Teatro di Verdura, appendice
della Biblioteca e punto di ritrovo per incontri teatrali.
Sud e Nord della Penisola dove un teatro silenziosamente
inaridisce e l’altro semplicemente fiorisce.
Dodici anni di attività estiva che ha nel proprio sottotitolo
le sue precise ragioni: Libri in scena. “Libri in sce-
Spazio scenico del Teatro di Verdura

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 43
na” nell’evolversi del libro in sé, capace di trasformarsi
nelle variazioni di tematiche diverse, dove tutto rifluisce
nel sapere, nel libro che diventa parola, voce, suono.
Si potrebbe dire che la magia della selva dà forma alla
magia del libro, e nei primi anni di attività viene giustamente
privilegiato Platone attraverso i Dialoghi di Socrate,
che Carlo Rivolta nelle sue letture trasforma direttamente
in teatro di parole e lezioni di utopia. Il pubblico è curioso
e ansioso di ascoltare, come una benefica epidemia
il passaparola dilaga e gli attori, di livello sempre più alto,
si propongono per cimentarsi nella lettura di libri che offrono
una gara e un privilegio nell’interpretarli.
Si sfogliano pagine e pagine, si ascoltano opere di
grandi poeti – ricordiamo così, alla rinfusa, Dante Alighieri,
Francesco Petrarca, Giuseppe Parini, Carlo Porta,
Gabriele D’Annunzio, Eugenio Montale, Heinrich
von Kleist, Giovanni Testori, Guido Gozzano – e troviamo
nei programmi attori importanti – Renato De Carmine,
Andrea Giordana, Franco Branciaroli, Michele
Placido, Franca Nuti, Gianfranco Dettori, Giuseppe
Pambieri, Valentina Cortese, Monica Guerritore, Sandro
Lombardi, Rossella Falk – e ancora, e ancora.
Sotto gli alberi Sandro Lombardi ha interpretato i
Tre Lai di Giovanni Testori – lamenti di solitudine e ultimo
testamento poetico dell’autore – e Maddalena Crippa
ha cantato il Sud e i suoi cantori, e Rosalina Neri ha
raccontato La Gilda del Mac Mahon di Testori e cantato
Carlo Porta musicato da Roberto Negri. Rossella Falk
ha dedicato una serata a Maria Callas, mentre Valentina
Cortese ha offerto un’indimenticabile interpretazione
del Magnificat di Alda Merini.
È curioso notare che tra le voci che ancora risuonano
nelle serate, le femminili sono quelle più intense: attrici
di prestigio come Elisabetta Pozzi con Medea di
Christa Wolff, Elena di Euripide e Fedra di Ritsos. Laura
Curino con le poetiche biografie di Camillo e Adriano
Olivetti, Monica Guerritore con Giovanna d’Arco,
Franca Nuti nell’epistolario tra Eleonora Duse e Gabriele
d’Annunzio, Lucilla Giagnoni e la Divina Commedia,
Micol Pambieri come Antigone, Elena Ghiaurov negli
Atti del processo alla Monaca di Monza…
Ancora una voce si è fermata tra gli alberi che incorniciano
il piccolo tempio: è la voce di Marco Baliani,
il più poetico affabulatore del teatro italiano, che racconta
la straordinaria storia di Michele Kohlhaas scritta da
Heinrich von Kleist.
Mentre Didone nel famoso lamento di morte “Remember
Me” da Dido and Aeneasdi Henry Purcell si esalta
in uno spettacolo suggestivo creato dagli allievi del Conservatorio
di Milano, con la regia di Pasquale D’Ascola.
Serate e serate si avvicendano in questi dodici anni:
alle parole e alle voci si sono aggiunti i suoni e le musiche,
e a questi pure le immagini attraverso proiezioni e video.
Spettacoli veri e propri si alternano, in appuntamenti appassionanti
per un pubblico appassionato.
Dall’utopia di Platone e Socrate del primo anno di
attività, lo spazio teatrale è cresciuto, e da una semplice
pedana con leggìo, poche seggiole e qualche proiettore –
un apparato quindi davvero minimalista – estate dopo
estate, il Teatro di Verdura si è dotato di un impianto scenico
professionale, che ospita i migliori attori e grandi
compagnie teatrali.
Pupi e Fresedde e il Teatro di Rifredi, il Teatro Libero
di Milano, il Pandemonium Teatro, la Compagnia
dei Teatri Possibili sono alcuni tra i tanti gruppi ospitati.
E anche i concerti con una significativa cifra si alternano
nelle serate: musiche di Mozart, Rossini, Piazzolla,
Gershwin, Verdi nelle esecuzioni di solisti e complessi di
nuove estrazioni.
Al di là delle tante manifestazioni che si annunciano
estate per estate “fuori e dentro Porta” come una volta
si usava dire parlando della cerchia dei Navigli, ecco
che “dentro Porta” in quella via Senato dove un tempo il
Naviglio scorreva, a pochi passi dall’Archivio di Stato, il
Teatro di Verdura realizza e ospita per un pubblico attento
manifestazioni di diverso sapore, di infiniti colori, di
tendenze nuove e antiche.
Manifestazioni che si identificano nella ricchezza e
nella “universalità” della Biblioteca che vive accanto al
Teatro di Verdura. La Biblioteca è nata per i libri, per chi
li ama, li studia e li legge.
La formula che distingue il suo teatro si ricava dal
sottotitolo già citato “Libri in scena”: un invito al pubblico
per approfondire il proprio sapere e soprattutto sostenere
il culto della memoria.
Memoria di ieri, di oggi, di domani.

44 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
SCHMIED, IL DÉCO
CON IL VIZIO DEI LIBRI
Le più belle edizioni illustrate del grande artista svizzero
François Louis Schmied (Ginevra
1873 – Rabat 1941) è forse
il più geniale e celebrato tra i
“faiseurs du livre” (cioè i “creatori di
sontuosi libri in tirature limitatissime”)
del Déco francese. Come l’inglese
William Morris, Schmied amava
i manoscritti miniati medievali e le
pubblicazioni rinascimentali (che studiò
da ragazzo alla “Bibliothèque municipale”
di Ginevra), e concepiva il libro
quale opera d’arte unitaria. Come
Morris, anche Schmied fondò una
propria tipografia/casa editrice (nel
1925, a Parigi, al 34 bis di rue Hallé),
dove ideò e realizzò straordinari volumi
di rara bellezza, vere pietre miliari
nella storia dell’arte del libro.
Tutto ebbe inizio quando, nel 1890, il giovane
Schmied andò a bottega presso lo xilografo svizzero Alfred
Martin. Cinque anni dopo, l’artista si trasferì a Parigi,
dove trovò subito lavoro come incisore su legno e iniziò a
fare esperimenti di stampa xilografica a colori. La sua abilità
suscitò l’interesse di una delle maggiori società di bibliofili
dell’epoca, la “Le Livre Contemporain”, che gli
commissionò l’incisione e la stampa delle illustrazioni disegnate
dal pittore Paul Jouve per un’edizione di lusso del
Jungle Book di Kipling.
Il progetto per questo libro risaliva al 1905, ma lo
scoppio della Prima guerra mondiale (durante la quale
Schmied combatté nella Legione Straniera e perse un oc-
I libri illustrati
di Chiara Nicolini
chio), e la difficile composizione dell’opera,
costrinsero l’artista a rimandare
la consegna dei due volumi de Le
Livre de la Jungle fino al 1919. La “Le
Livre Contemporain” rimase tuttavia
così sorpresa dalla qualità del lavoro di
Schmied che pochi anni dopo lo incaricò
di illustrare un’edizione de Les
Climats, antologia di poesie della
Comtesse de Noailles.
Tra il 1911 e il 1922 Schmied incise
e stampò le immagini di tredici
pubblicazioni; in qualche raro caso fu
anche l’autore dei disegni, ma lo stile
di queste illustrazioni è ancora lonta-
2
no dal tipico linguaggio grafico, caratterizzato
da forme stilizzate di straordinaria portata
decorativa, che Schmied avrebbe adottato per la prima
volta in un’edizione del romanzo di Gustave Flaubert, Salammbô
(1923), e poi sviluppato durante la sua folgorante
ma breve carriera artistica.
Per Salammbô l’artista svizzero disegnò, incise su legno
e impresse sei tavole a colori, quattro delle quali ritraggono
a piena figura personaggi del romanzo posti
contro sfondi piatti che fanno risaltare magnificamente
gli ornamenti delle loro vesti (fig 1). L’immagine più nota
di questo libro è quella in cui il corpo di un grosso serpente,
ergendosi dal centro del margine inferiore della pagina,
si stende rigido su una striscia d’argento verticale affiancata
da aree di colore orizzontali (fig 2). Mauro Nasti,
grandissimo collezionista e studioso di Schmied, parago-

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 45
na l’austera struttura geometrica di questa illustrazione ai
dipinti di Mondrian, e assimila la forza che emana dal rettile
a quella di un’antica icona pagana (Nasti, p. 14).
Salammbô è una delle poche pubblicazioni di
Schmied stampate in 1.000 copie. L’élite bibliofila francese
fu sempre il maggiore acquirente dell’artista, e quindi
raramente le pubblicazioni di Schmied superarono i 175
esemplari. Essi erano tutti impressi su pregiata carta fatta
a mano e firmati dall’artista al colophon. Gli esemplari di
testa contenevano suites con vari stati di stampa delle illustrazioni
e, talvolta, uno o più disegni originali. Questi
“extra”, soprattutto se accompagnati da una legatura progettata
o addirittura realizzata da Schmied, già all’epoca
aumentavano considerevolmente il valore di una copia.
Ward Ritchie, artista americano che da giovane lavorò
come apprendista nello studio di Schmied, ricorda che il
prezzo di sottoscrizione per un suo libro variava dai 100 ai
1.000 dollari, e che la legatura poteva aggiungere altri
500/1000 dollari al suo valore (Ritchie, p.14). Nel 1927,
Schmied organizzò una grande esposizione delle sue opere
presso la galleria newyorchese di Arnold Seligmann: un
esemplare arricchito da una straordinaria legatura fu acquistato
per l’esorbitante cifra di 10.000 dollari.
Nel 1924 Schmied pubblicò Les Climats. A differenza
di Salammbô, l’antologia della Comtesse de Noailles è
un volume di formato in-4to (come del resto la maggior
parte dei libri di Schmied); il testo di ogni poesia è prece-
2
duto da un’ampia testatina illustrativa che visualizza suggestivi
paesaggi (fig 3) ed è seguito da finalini in stile tipicamente
Art Déco (fig 4). Molte delle illustrazioni disegnate
per questo libro hanno tonalità scure e aree macchiettate;
alcune ricordano dipinti Nabis (fig 5); la testatina
per “Octobre et son odeur …”, evoca magistralmente
l’atmosfera autunnale con la sua morbida armonia di oro,
arancione scuro e grigio.
A Les Climats seguono Daphné di Alfred de Vigny’s
(1924) e Le Cantique des Cantiques (1925), due capolavori
in cui il suo genio grafico si manifesta in tutta la propria
grandezza. Ritchie ha descritto Le Cantique des Cantiques
come “il più elaborato e curiosamente illustrato tra tutti i
libri di Schmied. La sua preziosità e ricchezza di colore e
design lo rendono uno dei più importanti libri Art Déco
del XX secolo. Ogni pagina ha una diversa e sorprendente
concezione grafica, e tuttavia si integra perfettamente
con il resto del libro […] l’intera edizione fu sottoscritta
prima ancora di essere completata” (Ritchie, p 25).
I Deux Contes di Oscar Wilde (1926) è meno sfarzoso,
ma ha un design molto particolare: The Happy Prince e
The Nightingale and the Rosesono illustrati ciascuno da due
tavole a colori (fig 6) e da bande lungo i margini (verticali
nel primo racconto – fig 7, orizzontali nel secondo – fig 8)
che, come fessure in un muro, lasciano intravedere scorci
di scene descritte da Wilde.
Fu solo nel 1925 che Schmied si trasferì nell’ampio
studio di rue Hallé. Qui l’attività di incisione delle xilografie
venne affidata ad artigiani diretti dal figlio Théo, e
3 5

46 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
la stampa dei libri realizzata, non più al torchio a mano,
ma con rulli, consentendo così a Schmied di aumentare la
sua produzione. In pochi anni pubblicò infatti capolavori
come L’Histoire de la Princesse Badour (1926), colorato a
mano dal maître lacquerJean Dunand e limitato a 20 esemplari,
Les Ballades Françaises (1927), l’Histoire Charmante
de l’Adolescente Sucre d’Amour (1927), Les Douze Césars di
Svetonio (1928) e lo spettacolare La Création (1928).
Come la Princesse Badour, l’Histoire Charmante, e La
Création, Le Livre de la Vérité de Parole (1929) nacque dalla
collaborazione tra Schmied e Joseph-Charles Mardrus,
che aveva tradotto in francese le Mille e Una Notte e che,
come Schmied, era affascinato dalla cultura orientale.
Sintesi del libro sacro seppellito accanto ai Faraoni, Le Livre
de la Vérité de Parole fornì a Schmied l’opportunità di
esplicare il suo grande senso decorativo nelle illustrazioni
(qui astratte interpretazioni dell’elusivo testo) e anche
nella struttura architettonica delle pagine: ognuno dei
dodici capitoli inizia con il saluto dell’anima “O formes
d’éternité, me voici” inserito in un rettangolo verticale
che si combina in modi sempre nuovi con linee rosse, e
termina con la risposta degli dei decorata in modo simile.
L’enigmatica tavola posta al termine dell’ultimo capitolo
simboleggia l’unione dell’elemento umano alla Grande
Anima Incandescente (fig 9).
6 9
13
Con Ruth et Booz (1930), tradotto anch’esso da Mardrus,
Schmied tornò a un linguaggio figurativo. Le illustrazioni,
concepite come ampi dittici su pagine a fronte,
ritraggono in modo stilizzato scene (fig 10) e paesaggi (fig
11)di questa storia biblica. Il Kimdi Kipling, L’Avènement
de Salomon e lo straordinario Le Paradis Musulman seguirono
nello stesso anno. Il frontespizio di quest’ultima
opera è definito da Ritchie “la più elaborata xilografia a
colori mai stampata da Schmied”.
Vero, perché erano state necessarie almeno 45 matrici
xilografiche e quasi due mesi per ottenere l’incantevole
e cangiante varietà cromatica che la caratterizza. Anche
le illustrazioni all’interno del libro hanno colori vibranti
(fig 12), spesso illuminati da dettagli dorati (fig
13). All’inizio e alla fine del volume compaiono due autoritratti
di Schmied in costumi orientali (fig 14).
Un’altra sontuosa realizzazione di Schmied fu
L’Odyssée (1930-1933) in quattro volumi stampati su pergamena,
commissionata da La Compagnie des Bibliophiles
de l’Automobile-Club de France. L’opera contiene un
centinaio di illustrazioni colorate a mano con la tecnica
del pochor da Jean Saudé e numerosi fregi decorativi, ma
nessun ornamento testuale.

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 47
Venne infatti stampata dal celebre tipografo Maurice
Darantière, fautore di un approccio più tradizionale alla
grafica e quindi avverso agli entusiasmi decorativi di
Schmied. Inevitabilmente, Schmied contestò a sua volta
la mancanza di creatività nell’impaginazione di Darantière,
sostenendo che testo e illustrazioni avrebbero dovuto
essere incastonati in un gioco di bande e linee orizzontali e
verticali stampate in oro – come prova la riproduzione di
un’impaginazione di Schmied pubblicata accanto alla recensione
de L’Odyssée nel supplemento del Natale 1932
della rivista L’Illustration. L’Odyssée è comunque un capolavoro;
ma cosa sarebbe stato se Darantière non avesse
posto limiti al genio di Schmied!
La risposta la troviamo forse in Peau-Brune. De St
Nazare à La Ciotat. Journal de Bord(1931). Tutte le pagine
di Peau-Brune hanno una struttura grafica che prevede
una banda verticale a cinque filetti rossi per separare il
testo in due colonne, una identica banda orizzontale per
separare queste dalla sottostante area bianca, e una spessa
linea rossa orizzontale alla base della pagina per bilanciare
la composizione. Questo gioco di linee e l’irregolare
distribuzione di illustrazioni di formati diversi conferisce
all’intero volume un’eccezionale dinamicità d’impaginazione
(figg 15-16-17). Peau-Brune era la barca a
vela che Schmied aveva acquistato con i proventi derivanti
dalla vendita newyorkese del 1927, della quale si è
fatto cenno sopra. Dopo averla restaurata e averne dipinte
le vele con colori vivaci (fig 18), intraprese con amici
una crociera di cento giorni lungo le coste del Mediterraneo,
durante la quale tenne il diario che gli sarebbe poi
servito per scrivere il libro.
In quell’occasione, fece numerosissimi schizzi, utilizzati
in seguito per illustrare sia Peau-Brune sia lo spettacolare
Paysages Mediterranéens (1933) di Paul Morand.
Per nostra sfortuna, la ricchezza e l’attività commerciale
di Schmied non durarono a lungo: nel 1932 gli
effetti della Grande Depressione americana raggiunsero
la Francia, e l’artista, costretto a chiudere il suo atelier, decise
di emigrare e di rifugiarsi in un avamposto isolato del
deserto marocchino, dove “trasformò un fortino in un palazzo
in miniatura e ne dipinse le pareti con vivaci affreschi”
(Ritchie p. 16). Là continuò a illustrare libri, stampati
dal figlio Théo, e tra questi una lussuosa edizione del
Faust di Goethe (1938). Ma Schmied non fece mai più ritorno
in Francia; morì in Marocco nel 1941.
©Illustration www.illustration-mag.com
BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA:
• RITCHIE, Ward, Art Deco:
the Books of François-Louis
Schmied Artist-Engraver-
Printer with Recollections and
Descriptive Commentaries on
the Books, San Francisco, The
Book Club of California, 1987.
• NASTI, Mauro, Schmied, Schio
(Vicenza), G. Tamoni, 1991.
• François-Louis Schmied.
Le texte en sa splendeur,
Lausanne, La Bibliothèque des
Arts, Genève, Bibliothèque
publique et universitaire,
2001.
• RAY, Gordon N., The Art Deco
Book in France. The 1985 Lyell
Lectures edited by Thomas
Tanselle, Studies in
Bibliography 22 (2002)
14 17 18

48 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Presentiamo un titolo storicamente
assai complesso conservato
nel “Fondo Antico”
della Biblioteca di via Senato. Si
tratta di una copia della rara editio
princeps in greco delle Historiae di
Thucydides (ca. 460 a.C. - 395
a.C.). Thoukydides = Thucydides,
stampata a Venezia presso Aldo
Manuzio il vecchio nel 1502, in folio
di 124 carte.
I De bello Peloponnesiaco libri
VIII in greco, che trattano del conflitto
fra Atene e Sparta e sono considerati
l’opera più importante della
storiografia greca, furono curati
dallo stesso Aldo Manuzio il vecchio,
come indicato nella dedica al
nobile veneziano Daniele Rinieri.
Aldo molto probabilmente
mise alla base della sua collazione
del testo un manoscritto di Creta
(cfr. Martin Sicherl, Griechische
Erstausgaben des Aldus Manutius,
Paderborn, Schöningh, 1997; J.
Enoch Powell, The Cretian Manuscripts
of Thucydides, in: The Classical
Quarterly 32 (1938), p. 103-
108). L’edizione contiene inoltre
due vite di Tucidide, una scritta da
un anonimo, l’altra da Marcellino,
e un certo numero di passi da Dionigi
di Alicarnasso e dalla Suida
(Renouard 33-4; Adams T-662;
UCLA 57; Marciana 60).
L’esemplare analizzato mostra
una rilegatura coeva in scrofa
tedesca su assi di legno con due fer-
BVS: CAPOLAVORI IN COLLEZIONE
Reuchlin e il sommo Tucidice
Spirito greco a uso di un umanista tedesco via torchi veneziani
di Annette Popel Pozzo
magli, impressa a secco con le tipiche
placche usate nei paesi di lingua
tedesca del Quattro e Cinquecento.
Sul foglio di guardia volante
anteriore recto si trova oltre a una
provenienza del 1864 la seguente
nota di possesso: “Anno D[o]mi[ni]
| 1533 | Benedictione dei conservantur
familiae | Dionysius Capnion
| junior Waiblingense”. Dietro
il nome di “Capnion” (anche
nelle varianti di Capnio, Kapnion,
Phorcensis) si nasconde la versione
grecizzata (dal greco kapnós, fumo)
del nome “Reuchlin” usata dal famoso
umanista tedesco Johannes
Reuchlin (1455-1522).
Insigne studioso di greco a
Parigi (insieme a Rodolfo Agricola)
e Basilea fu il primo professore a insegnare
il greco privatim e publice in
un’università europea. Inoltre, si sa
che Reuchlin fu al servizio del conte
Eberhard von Württemberg, il
fondatore dell’università di Tubinga,
e che per suo conto viaggiò più
volte in Italia (1482, 1490 e 1498),
dove si sa con sicurezza che incon-
trò, fra gli altri, Ermolao Barbaro,
Marsilio Ficino e Pico della Mirandola
(cfr. Ludwig Geiger in Allgemeine
Deutsche Biographie, vol. 28,
p. 785-799).
Sposato due volte, Johannes
non ebbe figli. Sua sorella Elisabeth
fu però la nonna dell’umanista
e teologo Filippo Melantone e suo
fratello Dionysius ebbe a sua volta
un figlio, Dionysius il giovane, nato
nel 1517 a Waiblingen, il villaggio
posto tra Pforzheim e Stoccarda
dove viveva Johannes Reuchlin e
che ha dato il nome al partito dei
ghibellini.
Queste informazioni coincidono
con le indicazioni “Waiblingense”
e “Dionysius Capnion junior”,
presenti nella nota. Si sa peraltro
che Johannes Reuchlin si occupava
molto di suo fratello (cfr. op.
cit., vol. 28, p. 786), che a sua volta
compì anch’egli un viaggio in Italia,
per poi insegnare greco all’università
di Heidelberg a partire dal
1498. Di consequenza, è lecito ipotizzare
che il figlio Dionysius abbia
ottenuto la presente copia direttamente
da suo padre o zio.
Si tratta in ogni caso di una
provenienza che costituisce un
esempio raro e bello dello scambio
culturale italo-tedesco nell’epoca
dell’umanesimo e un’ulteriore prova
dell’importanza scientifica e tipografica
di Aldo Manuzio per l’intero
Vecchio Continente.

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 49
Raccolta di 572 biglietti da visita
di personaggi dell’alta società
della metà dell’Ottocento in maggioranza
milanesi e lombardi, ma
anche romani, genovesi, napoletani,
piemontesi.
Formato album, (mm. 260 x
395); 63 carte non numerate, con 9
biglietti da visita al recto di ogni carta
e cinque biglietti aggiunti al verso
dell’ultima carta. Legatura coeva in
tela con fregi impressi in oro e a secco
ai piatti e al dorso.
Curiosa amenità per bibliofili,
si tratta di un unicum degno
di nota, una raccolta di 572
biglietti da visita di illustri personaggi
lombardi, ma anche di altre origini
e provenienze, della prima e seconda
metà dell’Ottocento, che nelle
prime 27 carte reca diverse annotazioni
manoscritte taglienti e sagaci,
molto vicine al pettegolezzo.
Si tratta di biglietti da visita in
maggioranza tipografici, di cui alcuni
sono figurati o con fregi calligrafici,
altri sono impreziositi da stemmi
araldici a secco o a stampa, un biglietto
è dominato da una bella incisione
calcografica.
Un precedente possessore dell’esemplare
pare affermare che l’album
fosse stato raccolto e annotato
dal conte Giacomo Mellerio (1777-
1847), gran cancelliere del Regno
lombardo-veneto, e poi continuato
BVS: UN LIBRO RITROVATO
La contessa? Una bigottona
Who’s Who al vetriolo nella Milano dell’Ottocento
di Chiara Bonfatti
da un figlio. E se all’interno dell’album
non è fatta menzione alcuna del
collezionista e annotatore, le sue vesti
sono tuttavia suggerite dalla nota
alla carta 9 sotto il biglietto del duca
Lodovico Melzi d’Eril: “È diventato
mio cugino... silenzio...”.
Impossibile sottrarsi dunque
alla segnalazione delle più accattivanti
postille, qui riportate in carattere
corsivo, accanto alle vittime di
questo illustre filantropo e simpatico
carnefice:
Conte Ercole Tadini-Oldofredi
mio sporco debitore; Brentano iettatore;
Marq. Clementine Cusani Una
matta gloriosa; Conte Carlo di Castelbarco
Visconti Simonetta Ciambellano
di S. M. l’Imperatore d’Austria
liberale nel 48, e ritedesco nel 49;
Le Prince Dmitri Dolgorouki poi
ministro in Persia: buon diavolo; la
Comtesse Samoyloff née Comtesse
de Pahlen Amica di tutti e per tutti;
Duca di Santo Paolo aggiunto alla
Legazione di S. M. il Re delle due Sicilie
cave; Jacques Barbò un imbecille;
Il Conte Carradori Roma Xbre 1846
un cosaccio; Marchese Clarelli Gesuita,
imbroglione, sud. to di S. S.; La
Marq. Hyppolite d’Adda Pallavicino
Fin dall’età più tenera, tu fosti mia,
lo sai… (Anna Bolena); Luigi Lombardi
B.....o F.......o; Conte Giovanni
Sardi Seccatore famigerato; Le comte
Archinto mangiò millioni; Conte
Giuseppe di Belgiojoso tedesco fino
allo schifo; Clara Maffei una intrigante
pettegola; Conte e Contessa della Somalia
ricco negozio di corni; Francesco
Annoni un asino e un porco; Conte
Alessandro Sormani una specie nuova
di minchione; Marquis Gilbert de
Porro maestro di imbrogli; Contessa
Dal Verme nata Cusani una bigottona;
Avvocato Giuseppe Francia un
furbaccio di matricola; Le Marquis du
Pac Badens Parassita famoso; Comte
Marc Greppi La contea dove l’ha pescata?;
Il Principe di Belmonte Uno
dei principi a un tanto la libbra!; Pietro
de’ Medici Dei Medici di Melegnano.
Vero pallone!; La Duchessa Melzi
d’Eril nata Co. Sardi una gesuitona;
Luigi Fossani Oh! che seccatore!; Alessandro
Sanquirico. Pittore Buffone!;
Cav. V. del Balzo Maggiordomo alla
settimana, ma minchione ogni mese;
Conte Giov. della Somaglia Amò la
carne, anche in venerdì e sabbato; Co.
Carlo Morbio Un vero cavadenti.

50 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Abrantès, Laure Junot, duchesse
d’, et al. Vite e ritratti di donne
celebri d’ogni paese. Opera della Duchessa
d’Abrantès, continuata per cura
di letterati italiani. Milano, Antonio
Fortunato Stella e Andrea Ubicini
(Tip. Bernardoni e Tip. Nervetti),
1836 – 1839, 5 volumi.
Rara raccolta di 112 tavole litografiche
che accompagnano altrettante
biografie.
Algarotti, Francesco (1712-
1764). Epistole in versi del Co. Francesco
Algarotti ciamberlano di S.M. il Re
di Prussia, e cavaliere dell’Ordine del
Merito. Venezia, Antonio Zatta,
1759.
Seconda edizione, ma prima
edizione autorizzata dall’autore.
Aristophanes. Socrates. Fabula
ex Aristophanis Nubibus ad usum Collegii
nobilium Parmae versio latina
Coriolani Martirani Cosentini episcopi.
Eiusdem Latinae versionis paraphrasis
Italica. [Socrate. Commedia tratta
dalle Nubi di Aristofane …]. Parma,
Stamperia Reale e Giambattista
Bodoni, 1781.
Libera traduzione latina e italiana
delle Nuvole di Aristofane a cura
di Coriolano Martirano.
BvS: acquisizioni recenti
Una raccolta sempre più
ricca, mese dopo mese
dalle leggi sabaude ai versi utopici di beroaldo bianchini
di Chiara Bonfatti, Giacomo
Corvaglia e Annette Popel Pozzo
Arnaldi, Enea (1716-1794).
Della vera misura dei delitti, e della
retta norma di applicare le pene. Ragionamento
del Co. N.N. umiliato al nobiliss.
signor conte Girolamo Porto Godi
Pigafetta. Vicenza, Francesco
Vendramini Mosca, 1777.
Prima edizione di quest’opera
antilluministica, che si oppone all’abolizione
della pena di morte in
contrasto con i ragionamenti esposti
da Cesare Beccaria nella sua opera
Dei delitti e delle pene.
Bartolini, Sigfrido; Ciarrocchi,
Arnoldo; Diamantini, Fiorella;
et al. Dieci incisioni di artisti italiani.
Reggio Emilia (Verona), Prandi
(Castiglioni & Corubolo), 1965.
Edizione limitata di 115 copie,
su carta Magnani di Pescia.
Beccaria, Cesare (1738-
1794). Dei delitti e delle pene. Brescia,
Niccolò Bettoni, 1807.
Opera a cura di Giulio Beccaria
con il Catalogo delle edizioni e traduzioni
del trattato Dei delitti e delle
pene in prima edizione italiana.
Beroaldo Bianchini, Natale
(1779-1854). L’armonia universale.
Poema didascalico in sesta rima. N. de
B.o B.i. Lipsia (Vienna), Weygand
(tipografia di Gerold), 1842.
Rara prima edizione di questo
poema filosofico di spirito utopico.
Bezzel, Irmgard. Erasmusdrucke
des 16. Jahrhunderts in bayerischen
Bibliotheken: ein bibliographisches
Verzeichnis. Stoccarda, Hiersemann,
1979.
Fondamentale repertorio di
tutte le edizioni di Erasmo del Cinquecento.
Cantamessa, Leandro. Astrologia,
opere a stampa (1472-1900).
Firenze, Olschki, 2007, 2 volumi.
Importante repertorio bibliografico
di astrologia che comprende
oltre 5.000 titoli pubblicati dal
Quattrocento al Novecento.
Foscolo, Ugo (1778-1827).
Ultime lettere di Jacopo Ortis. Terza
edizione. Italia [i.e. Milano], [Agnello
Nobile], 1802 [i.e. 1803].
Edizione numero III della ricostruzione
di Giovanni Gambarini
nella sua edizione critica dell’Ortis,
classificata dalla Raccolta Acchiappati
(I, 29) come terza edizione
assoluta (nonché ultima) curata
dal Foscolo stesso.

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 51
Gomez Ortega, Casimiro
(1741-1818). Corso elementare teorico
di Botanica ed introduzione alla parte
pratica per l’ammaestramento che si
fa nel R. Giardino di Madrid d’ordine
di S. M. Cattolica; opera del Dottore D.
Casimiro Gomez Ortega. Parma,
Stamperia Reale e Giambattista
Bodoni, 1788.
Raro esempio di un’opera bodoniana
di argomento botanico in
prima edizione italiana sull’originale
spagnola del 1785.
Guicciardini, Francesco
(1483-1540). Della istoria d’Italia di
M. Francesco Guicciardini gentiluomo
fiorentino libri XX. Venezia, Giovanni
Battista Pasquali, 1738 –
1739, 2 volumi.
Nota edizione figurata.
Le Roy, Antoine. Aventures divertissantes
de monsieur le Duc de Roquelaure.
Parigi, Lottin l'aîné, 1771.
Raccolta di aneddoti divertenti attribuita
al duca di Roquelaire, “grand
discoureur sur les plus petites affaires”.
Meli, Giovanni (1740-1815).
La fata galanti puema berniscu di d.
Giuvanni Meli dedicatu alli eruditi signuri
di la galanti cunvirsazioni.
Palermo, Giovanni Battista Aiccardo
e Stamperia della Divina Provvidenza,
1762.
Prima edizione di questo poemetto
bernesco in siciliano (Moncada
1414; Mira II, 67).
Paulucci di Calboli, Francesco
(1581-1661). La Giuditta. Canti
del marchese Francesco di Calboli Paulucci
fra gli Arcadi Euricrate Acrisioneo
membro ordinario dell’Accademia
italiana ecc. Parma, Giambattista
Bodoni, 1813.
Prima edizione, una delle ultime
a cui lavorò il Bodoni prima della
morte nello stesso anno 1813, poi
stampata dalla vedova nel 1814.
Plautus, Titus Maccius. Trinummus
M. Accii Plauti fabula contracta
et expurgata. I treoboli commedia
di M. Accio Plauto accorciata e corretta.
Parma, Stamperia Reale e
Giambattista Bodoni, 1780.
Prima edizione di questa traduzione
del Trinummus di Plauto
(Brooks, 173).
Pompili Olivieri, Luigi. Il senato
romano nelle sette epoche di svariato
governo da Romolo fino a noi colla
serie cronologica-ragionata dei senatori
dall’anno 1143 fino al 1870 pel cavaliere
Luigi Pompili Olivieri già segretario
generale del senato e comune di
Roma. Roma, Tipografia editrice
romana, 1886, 3 volumi.
Prima edizione aumentata, rispetto
alla princeps del 1840, della
serie cronologica-ragionata dei senatori
dall’anno 1143 fino al 1870.
Quintilianus, Marcus Fabius.
M. Fabii Quinctiliani De institutione
oratoria libri duodecim. Padova, Giuseppe
Comino (Tipografia Volpi-
Cominiana), 1736.
Prima edizione patavina a cura
di Pieter Burmann.
Regno di Sardegna. Leggi, e costituzioni
di S. M. da osservarsi nelle
materie civili, e criminali ne’ Stati della
M. S., tanto di quà, che di là da’
monti, e colli. Loix, et constitutions du
Roi. Lesquelles devront être observées
dans les Etats, tant deçà, que delà des
monts, & cols, dans les matiéres civiles,
& criminelles. Torino, Giovanni
Battista Valetta, 1723.
Rara prima edizione, aumentata
poi nel 1729 e nel 1770, che
contiene le costituzioni piemontesi.
Scalini, Francesco. Catalogue
des livres rares curieux et singuliers de
M. Scalini de Como (Lombardie) dont
la vente aura lieu a Paris Maison Silvestre.
Parigi, libraire François
(Typographie de Firmin Didot frères,
fils et C.e), 1859.
Raro catalogo di 3801 edizioni
suddivise per argomenti che
comprende teologia, giurisprudenza,
scienze e arti, belle arti, storia.
Silvestri, Feliciano. La scuola
de prencipi overo Precetti politici, e morali
a grandi. Formati e ritratti dalle
sciagure di Alessandro Magno da Feliciano
Silvestri. Genova, Nicolò Ripa,
1660.
Valperga di Caluso, Tommaso
(1737-1815). Omaggio poetico di Euforbo
Melesigenio P.A. alla serenissima
altezza di Giuseppina Teresa di Lorena
principessa di Carignano. Parma,
Giambattista Bodoni, 1792.
Prima edizione di questa raccolta
di composizioni in vario metro
(Brooks, 458; De Lama, II, 74).
Vico, Giambattista (1668-
1744). Dell’ unico principio e fine del
Diritto Universale di Giambattista
Vico. Napoli, Pierro, 1839.
Prima edizione italiana a cura
di Nicola Corcia.
Zeno, Apostolo (1668-1750).
L’incendio veneto rime di Apostolo Zeno.
Dedicate al serenissimo Marc’Antonio
Giustiniano principe di Venezia.
Venezia, Antonio Bosio ed Alvise
Pavini, 1686.
Prima edizione.

52 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
Una bibliofilia a buon mercato
La Fiera del Bibliofilo
In “La Fiera Letteraria”,
agosto 1926
Quasi tutte le filie hanno ormai
perso il loro antico significato
di amore puro e
senza mire, per assumere quello di
mania della rarità e del prezioso; e
così bibliofilia, che in origine significava
«amore del libro» e non altro,
oggi indica «amore del libro
singolare, raro e di gran prezzo».
Non si può con ciò sostenere
che l’attuale significato sia assurdo,
perché il libro diventa raro, singolare
e costoso proprio allorquando
possiede caratteristiche di bellezza
esteriore, di buona stampa, di pregevole
rilegatura ecc., facendosi
perciò degno di amorevole attenzione.
Diventa sì un oggetto, a scapito
del contenuto spirituale, ma
pur sempre oggetto bello e capace
di suscitare il più vivo desiderio del
possesso.
In questi casi l’innamorato
del libro bello si presta ai maggiori
sacrifici, pur di acquistare opere
ch’egli forse non leggerà mai, ma
che accrescono pregio e splendore
alla sua raccolta. Il bibliofilo che ha
speso ventimila lire per un incunabolo,
lo vedrà ormai come un oggetto
il cui significato è tutto este-
Chicche da bibliomane
BIBLIOFILIA PER POVERI
Un occhio ai contemporanei, cercando giovani di talento
riore, come una pietra preziosa, lo
coverà coi suoi più teneri sguardi,
ne farà scorrere tra le dita le pagine
con lo stesso ansioso tremore con
cui sfiorerebbe i capelli dell’amata;
insomma, il bibliofilo che mira alla
grande collezione diventa per forza
un sensista e talvolta addirittura un
libertino del libro; egli acquista un
poco l’orgoglio del latifondista e
del sultano fra le cinquecento mogli:
ovunque volge lo sguardo, dai
suoi vasti possedimenti emana un
sentore denso e caldo di ricchezza e
di concreta opulenza.
Ma un libro, e lo dicono specialmente
i poveri autori che, dopo
tutto, se non lo stampano né lo rile-
UNA RUBRICA AD HOC
La Fiera Letteraria, rivista
di lettere, scienze e arti,
venne fondata nel 1925
da Umberto Fracchia e continuò
le sue pubblicazioni fino al 1977.
Fra i suoi più illustri direttori,
Gian Battista Angioletti,
Curzio Malaparte, Vincenzo
Cardarelli e Manlio Cancogni.
Fra le sue rubriche fisse, questa
“Fiera del bibliofilo” che,
di numero in numero, proponeva
svariate notizie letterarie
ed editoriali sul variegato mondo
delle edizioni antiche,
illustrate, d’autore.
gano, almeno lo scrivono; un libro,
dicevamo, non possiede soltanto le
caratteristiche che innamorano i
bibliofili moderni; ci sono delle caratteristiche
che innamorano di ordine,
diciamo così, spirituale, e cioè
il contenuto, anzitutto, e, quindi,
significato rispetto alle altre opere
dello stesso autore, la prova di un
ingegno successivamente affermatosi,
l’avvio a quella celebrità che
renderà, in un futuro più o meno
remoto, ricercati dai bibliofili ricchi
le opere dello scrittore.
Parliamo in questo caso di libri
«moderni»; e vogliamo intendere
che per amare i libri sotto questo
punto di vista bisogna essere un
po’ il contrario dei bibliofili «sensisti»,
guardare cioè un pochino addentro
alle cose, partecipare alla vita
letteraria in qualità di accorto
lettore e avere ciò che in commercio
si chiama fiuto.
Se queste qualità sono difficili
a trovarsi, specie in un paese come
l’Italia, dove il pubblico è lontano
dalla letteratura contemporanea, il
bibliofilo «idealista» ha però un
vantaggio comodissimo rispetto
agli altri: quello di non dover ricorrere
a grandi capitali per soddisfare
i suoi gusti.
Mentre la bibliofilia del «raro
e singolare» richiede forti somme
disponibili, e bibliofili in tal senso

giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 53
Benvenuto Disertori, xilografia
non possono essere se non i ricchi,
la bibliofilia del «valore e della moda
letteraria» non richiede che
oculatezza e qualche centinaio di lire
all’anno da spendere.
È, insomma, la bibliofilia dei
poveri, dei disperati anche, e non è
detto che sia la più misera. Vogliamo
anzi dimostrare che può anche
accostarsi, automaticamente, ad un
valore non indifferente.
In Francia questo genere di
bibliofilia già si pratica con successo
sempre crescente; si raccolgono
cioè le edizioni originali dei migliori
autori, gli opuscoli stampati
in poche copie, le edizioni numerate
e quelle speciali. A poco a poco
tutto questo materiale, per la crescente
fama degli autori, ed anche
per la sempre maggiore richiesta,
acquista valori insospettati, e può
accadere che una plaquette uscita
solo tre anni fa e pagata due franchi,
oggi ne valga 50 e più.
Così, ed è giustissimo, si trova
ricompensato l’acume dei bibliofili
che hanno saputo individuare un
autore, magari giovanissimo e a
tutti ignoto, e indovinare una
splendida carriera, aiutandosi un
po’ con le riviste e i giornali letterari,
un po’ col proprio giudizio di lettori
di gusto.
Ora, non vediamo perché tutto
ciò non si possa fare anche in Italia.
È vero che già, da noi, si cominciano
a ricercare le eizioni originali
di Carducci, di Verga, di Pascoli,
d’Annunzio e qualche altra, ma in
questi casi, pur lodevolissimi, la
bravura del raccoglitore non è eccessiva,
ché la fortuna di quegli
scrittori è già acquisita alla storia.
Perché, invece, non si cominciano a
raccogliere le edizioni rare o poco
note dei nostri migliori scrittori
giovani? Perché si dovrebbero
spendere centinaia di lire per avere
copie numerate di Gide, di Valéry,
di Proust, e non arrischiare dieci lire
in un’opera italiana?
Noi, si capisce, non possiamo
indicare qui, pubblicamente, opere
di questi giorni, dovute a giovani in
cui siamo, per ora, in pochi amici ad
aver fiducia: qui entra in campo l’acume
personale di ogni buon bibliofilo…
della seconda maniera.
Tuttavia, per mostrare come in Italia
esistano ottime possibilità per i
raccoglitori, indicheremo alcuni libri
il cui valore è oggi da tutti riconosciuto,
e che potrebbero giovare,
per la loro crescente rarità, anche
dal punto di vista bibliografico ai
possessori.
Così, di Carlo Linati si possono
raccogliere Duccio da Bontà, Portovenere,
Barbogeria e Cristabella; di
Riccardo Bacchelli i Poemi lirici e
l’Amleto; di Antonio Baldini, Mastro
Pastoso e Michelaccio; di Vincenzo
Cardarelli i Prologhi; di G. Titta
Rosa il Plaustro istoriato; di Lorenzo
Montano, Per piffero; di Arturo
Onofri i fascicoli di Lirica; di Dino
Campana i Canti Orfici; di Giovanni
Papini le edizioni originali delle
opere fino alla Storia di Cristo esclusa;
ecc. ecc.
La lista, s’intende, è tutt’altro
che completa. Ma chi possedesse
anche solamente le opere da noi indicate,
sarebbe già possessore d’una
raccolta che, auguriamolo per il
bene delle patrie lettere, potrebbe
avere fra pochi anni un valore anche
venti volte maggiore dell’attuale.
Ma per essere bibliofili in
questa nobile e simpatica maniera
bisogna aver fede nei nostri scrittori:
cosa possibile e desiderabile in
massimo grado.
Lorenzo Alessandri, xilografia

LE COSE SUCCEDONO.
QUEL CHE CONTA
È AVERE
LE IDEE CHIARE
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giugno 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 55
IL VIZIO VERO DEL
COMPAGNO OLIVIERO
La “massa” della Bur, gli antichi tomi di Diritto e ogni libro
Forse non lo sa dire neppure
lui se è più forte la passione
politica o quella per i libri.
Sta di fatto che Oliviero Diliberto,
segretario dei Comunisti italiani e
raffinato bibliofilo (anzi
'bibliografo', come preferisce
definirsi: i libri prima li studia, poi
li colleziona), da molti anni ormai
divide la sua vita fra le sezioni di
partito e il Parlamento da una
parte, e le librerie antiquarie e le
bancarelle dell'usato dall'altra. E
non si accontenta, come tutti i
bibliofili, o bibliografi che siano,
di amare i libri. Ma, sorta di
libridine perversa, si concede un
debole per i libri... sui libri. Già
confessato pubblicamente, per
L’INTERVISTA D’AUTORE
"Nostalgia del grigio" (Bibliohaus, Macerata
2009, pp.286, ¤20,00), riproduce il
catalogo illustrato della collana Bur della
Rizzoli dal 1949, quando nacque, agli ultimi
titoli del 1972. È l’omaggio che Oliviero
Diliberto, uno tra i pochissimi a possederla
per intero (come la Biblioteca di via
Senato), dedica a questa storica collezione
“proletaria” nel sessantesimo anniversario
dell’esordio: 908 “poveri” volumetti che
non sono più così a buon mercato.
DI LUIGI MASCHERONI
altro: nel 1999 con “La biblioteca stregata” (Robin),
nel 2007 con “I Libronauti. Viaggio per librerie in
Italia e nel mondo”. E oggi ancora.
Il libro, che esce in occasione dei 60 anni della collana,
è la riproduzione del mio catalogo di 822 titoli per un totale
di circa mille volumetti, 908 per la precisione. Molti
mancano anche alla Rizzoli. Come tutti i prodotti “poveri” -
i "grigi" della Bur, a poco prezzo ma molto curati,
consentirono l'accesso alla cultura a tutti - sono più rari di
quelli apparentemente importanti, che essendo preziosi
vengono ovviamente meglio conservati.
Ho cominciato per caso recuperando
quelli a casa dei miei genitori,
acquistandoli poi sulle bancarelle, dove
ora non si trovano peraltro quasi più, e
infine ho deciso che li volevo tutti.
Dopo anni di ricerche tra mercatini,
bancarelle e librerie antiquarie, con
prezzo sempre crescenti, sono riuscito a
completare la collezione.
Cosa rappresenta la Bur
nella storia dell’editoria e della
cultura italiana?
Nel caso della Bur ci troviamo
di fronte a un’esperienza unica, che
spazia in tutte le latitudini e lingue,
con autori che neppure si sapeva
esistessero all'epoca, in Italia. La Bur

56 la Biblioteca di via Senato Milano – giugno 2009
è stata una gigantesca opera
di alfabetizzazione di massa e
sprovincializzazione della nostra
cultura. A vederli tutti insieme, quei
volumi sui quali i ragazzi degli anni
'50 e '60 si sono formati, fanno una
certa impressione. Il progetto
di Angelo Rizzoli senior aveva anche
un valore politico: la cultura come
strumento di emancipazione sociale.
La collana della Bur
costituisce però solo una parte
della sua biblioteca. Cosa c'è
sugli altri scaffali?
Confesso: sono pressoché
bulimico. Acquisto ovviamente i libri
che servono per il mio lavoro di
ricerca. Insegno Istituzioni di diritto
romano e la mia sezione specializzata
di volumi antichi e rari in materia
giuridica - lo dico sommessamente - è
ormai più importante di quella di
molte biblioteche pubbliche. Ma
raccolgo anche, in modo ossessivo, libri
sui libri: cataloghi, volumi
sull'editoria, ricerche su singoli
volumi o su storie di altri libri, ex
libris, esemplari con dedica o, magari,
postillati. Ma anche volumi sulla
Rivoluzione francese - mia grande
passione -, cimeli sulla storia del
movimento operaio italiano, e molto
altro. La bulimia, appunto, è totale.
Quando ha iniziato
a collezionare libri?
Ho avuto un imprinting
familiare: mio nonno faceva il
disegnatore delle mappe del catasto e
io, nella casa di Cagliari, sono nato e
cresciuto a contatto con colori, chine e
pergamene. Ho amato la carta e i
materiali di scrittura prima ancora
di imparare a leggere. Ricordo gli
odori dell'inchiostro e queste opere da
amanuense medievale realizzate da
mio nonno. alcuni pezzi li ho
conservati. Fin da piccolissimo il
piacere della lettura e l'oggetto libro,
per me, hanno coinciso.
Il libro a cui è più
affezionato?
Ho diversi libri che mi sono,
come dire?, più 'cari' di altri. Come
la raccolta di poesie di Pier Paolo
Pasolini 'Dov'è la mia Patria' edita
dall'Academiuta de Lenga Furlana di
Casarsa nel 1949 con i disegni di
Giuseppe Zigaina: un volume
rarissimo. Oppure una splendida
edizione de 'La scuola dei dittatori' di
Ignazio Silone, stampata in Svizzera
nel 1938, con una dedica autografa
in cui l'autore sbaglia una citazione
confondendo Petrarca con Dante. O
la prima edizione dell''Antologia di
Spoon River' tradotta da Fernando
Pivano per Einaudi. E poi qualche
pezzo della mia collezione giuridica:
libri che all'epoca, quando li
acquistai, non interessavano a
nessuno mentre oggi sono delle rarità.
Chi è il vero bibliofilo?
Quello che non apre un volume
intonso per non rovinarlo, o chi
dilapida un patrimonio per
accumulare libri?
Non amo la definizione
bibliofilo. Preferisco bibliografo. Tra i
due termini c'è la stessa differenza che
passa tra un filatelico e uno studioso
di storia postale: il primo colleziona
francobolli, il secondo li colloca dentro
un'epoca e un luogo geografico, studia
la busta, conosce il mittente e
destinatario. La stessa cosa vale per i
libri. Li colleziono per studiarli meglio.
Il libro a cui ha dato la
caccia con più ostinazione?
Un testo di storia del diritto
stampato a Valenza da un certo
Aymarus Rivallius nel 1515. Un libro
rarissimo, della cui esistenza, in questa
edizione, molti studiosi dubitavano.
L'ho cercato per anni. Era diventato
un'ossessione, che però sono riuscito
a placare: per puro caso, l'ho trovato
in una miscellanea in un catalogo
antiquario. A un prezzo irrisorio.

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