Leggi - I Cistercensi

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10.06.2013 Views

iali non potendo fare con ornamenti spirituali. Ma noi che siamo usciti di mezzo al popolo, che per Cristo abbiamo abbandonato le cose belle e preziose del mondo, che abbiamo riputato fango tutto ciò che risplende alla vista, che diletta l'udito, che profuma soavemente, che è dolce al palato, che è piacevole al tatto, e tutti i diletti corporali per guadagnare Cristo, di chi intendiamo eccitar la devozione con queste cose? che frutto ne andiamo ricercando? L'ammirazione degli stolti o le elemosine dei semplici? O pel fatto che siamo commisti fra i gentili abbiamo imparato le loro opere, e serviamo ancora ai loro idoli? 109. Per parlar chiaro, forse tutto questo, è portato all'avarizia, che è servitù degli idoli, e non si cerca il frutto, ma l'elemosina? Se mi domandi: «In qual modo? » - « In modo meraviglioso » ti rispondo. Si sparge il bronzo con tale arte che si moltiplica. Si spende per aumentarlo, e la profusione produce l'abbondanza. Alla vista di quelle dispendiose, ma meravigliose vanità, gli uomini sono più portati a dare che a pregare. Cosi le ricchezze si attingono dalle ricchezze, cosi il denaro attira denaro, perché - non si sa per qual motivo - dove si vedon più ricchezze, si dà più volentieri. Gli occhi godono 110 nel vedere le Reliquie coperte di oro, e le borse si aprono. Si mostra una bellissima statua di qualche santo o santa e si crede tanto più santa quanto meglio è colorata. I fedeli corrono a baciare e sono invitati a dare; si ammirano più quelle cose perché son belle, che non si venerino perché son sacre. Si mettono in chiesa, non delle corone, ma delle ruote gemmate, piene di lampade, ma che non risplendono meno per le pietre che vi sono incastonate. Vediamo, al posto dei candelabri, quasi degli alberi, fabbricati con molto bronzo e con arte meravigliosa, che non sfavillano meno per le gemme che per le candelle che portano. Cosa credi che si cerchi in tutte queste cose? La compunzione dei penitenti, o l'ammirazione di chi guarda? 109 Il Mabillon nota: ciò che S. Bernardo dice dei Cluniacensi era tutto vero ma non era tutto vizio, specialmente ciò che riguarda la grandezza e l'ornamento delle chiese. Bernardo stesso, e più tardi i suoi religiosi, ne costruiranno di bellissime. La prima di Chiaravalle era piccola e disadorna e, diventata ben presto insufficiente per i settecento monaci dell'Abbate e per le altre persone che vi accorrevano, ne incomincò un'altra molto ampia, maestosa nella sua linea, per quanto senza ornamenti d'oro, di sculture, di marmo, di intarsi sulle pareti e sul pavimento. Uno dei pochi ornamenti permessi etano delle Croci di legno dipinto, ma erano escluse tutte le superfluità che - secondo il Santo - deformavano la purezza primitiva dell'Ordine, mancavano alla povertà ed erano causa di curiosità e di distrazione. 110 Letteralmente: Gli occhi ingressano... - 280

o vanità delle vanità, non più vana che cattiva! La chiesa risplende nelle pareti, ed è miserabile nei poveri. Riveste d'oro le sue pietre, e lascia nudi i suoi figli. Con i denari dei poveri si serve agli occhi dei ricchi. I curiosi trovano di che dilettarsi, ed i poveri non trovano di che sfamarsi. Perché almeno non abbiamo riverenza per le immagini dei Santi, di cui è ricoperto il pavimento che i piedi calpestano? Spesso capita di sputare in faccia ad un angelo, oppure i calci di passanti colpiscono la faccia di qualche santo. E se non si ha pietà delle immagini sacre, perché non si avrà almeno pietà di quei bei colori? Perché stai a decorare ciò che subito si dovrà sporcare? Perché dipingi ciò che è necessario calpestare? Cosa valgono quelle belle figure, se dovranno essere imbrattate continuamente di polvere? Che servono queste cose a dei monaci, a dei poveri, a degli uomini spirituali? Qualcuno potrebbe rispondere al verso del poeta che ho ricordato, con quelle parole del Profeta: «Signore, ho amato lo splendore della tua casa e il luogo dove abita la tua gloria » 111. Sono d 'accordo: lasciamo che questo si faccia in chiesa, perché se anche son cose nocive per gli uomini vani ed avari, non lo sono per i semplici ed i devoti 112. Ma nei chiostri, dinanzi ai fratelli che leggono, che fa quella ridicola mostruosità, quella mirabile bellezza deforme e bella deformità? Che ci stanno a fare le immonde scimmie? Che cosa i feroci leoni? Che cosa i centauri mostruosi? Che cosa i mezzi uomini? Che cosa le tigri dalla pelle variegata? Che cosa i soldati che combattono? Che cosa i cacciatori che suonano il corno? Potresti vedere sotto una sola testa molti corpi, e poi in un sol corpo molte teste; si vede qui un quadrupede con una coda di serpente, là un pesce con una testa di quadrupede. Qui una bestia raffigura un cavallo ma la metà posteriore è una capra; là un animale cornuto ha un dorso di cavallo. 111 Salmo, 25, 8. 112 Riportiamo a questo riguardo il giudizio del Goyan (Vita di S. Bernardo, cap. III), al quale possiamo tutti sottoscrivere pienamente: « Allorché si vide Sugero, nella decorazione di S. Dionigi, risuscitare dopo tre secoli e mezzo di oblio, il vecchio simbolismo mistico, che svolgeva sotto lo sguardo dei fedeli la concordanza dei due Testamenti, non poso siamo fare a meno di pensare che S. Bernardo dovette sentire qualche indulgenza per queste preoccupazioni pedagogiche dell'arte, e che vi fossero certe convergenze tra la sua concezione della decorazione delle chiese Vescovili, e il bel verso in cui Sugero, tentando di definir l'arte, ci mostra «il nostro debole spirito che si eleva fino al vero attraverso le realtà sensibili ». In fondo tutti e due si accordavano nell'ammettere che la bellezza doveva essere traduttrice di verità ... ». 281 -

o vanità delle vanità, non più vana che cattiva!<br />

La chiesa risplende nelle pareti, ed è miserabile nei poveri.<br />

Riveste d'oro le sue pietre, e lascia nudi i suoi figli. Con i denari dei<br />

poveri si serve agli occhi dei ricchi. I curiosi trovano di che dilettarsi,<br />

ed i poveri non trovano di che sfamarsi.<br />

Perché almeno non abbiamo riverenza per le immagini dei Santi,<br />

di cui è ricoperto il pavimento che i piedi calpestano? Spesso capita<br />

di sputare in faccia ad un angelo, oppure i calci di passanti colpiscono<br />

la faccia di qualche santo.<br />

E se non si ha pietà delle immagini sacre, perché non si avrà<br />

almeno pietà di quei bei colori? Perché stai a decorare ciò che subito<br />

si dovrà sporcare? Perché dipingi ciò che è necessario calpestare?<br />

Cosa valgono quelle belle figure, se dovranno essere imbrattate continuamente<br />

di polvere? Che servono queste cose a dei monaci, a dei poveri,<br />

a degli uomini spirituali?<br />

Qualcuno potrebbe rispondere al verso del poeta che ho ricordato,<br />

con quelle parole del Profeta: «Signore, ho amato lo splendore della<br />

tua casa e il luogo dove abita la tua gloria » 111. Sono d 'accordo: lasciamo<br />

che questo si faccia in chiesa, perché se anche son cose nocive per gli<br />

uomini vani ed avari, non lo sono per i semplici ed i devoti 112.<br />

Ma nei chiostri, dinanzi ai fratelli che leggono, che fa quella<br />

ridicola mostruosità, quella mirabile bellezza deforme e bella deformità?<br />

Che ci stanno a fare le immonde scimmie? Che cosa i feroci leoni?<br />

Che cosa i centauri mostruosi? Che cosa i mezzi uomini? Che cosa<br />

le tigri dalla pelle variegata? Che cosa i soldati che combattono? Che<br />

cosa i cacciatori che suonano il corno?<br />

Potresti vedere sotto una sola testa molti corpi, e poi in un sol<br />

corpo molte teste; si vede qui un quadrupede con una coda di serpente,<br />

là un pesce con una testa di quadrupede. Qui una bestia raffigura un<br />

cavallo ma la metà posteriore è una capra; là un animale cornuto ha un<br />

dorso di cavallo.<br />

111 Salmo, 25, 8.<br />

112 Riportiamo a questo riguardo il giudizio del Goyan (Vita di S. Bernardo, cap. III),<br />

al quale possiamo tutti sottoscrivere pienamente: « Allorché si vide Sugero, nella decorazione<br />

di S. Dionigi, risuscitare dopo tre secoli e mezzo di oblio, il vecchio simbolismo mistico,<br />

che svolgeva sotto lo sguardo dei fedeli la concordanza dei due Testamenti, non poso<br />

siamo fare a meno di pensare che S. Bernardo dovette sentire qualche indulgenza per queste<br />

preoccupazioni pedagogiche dell'arte, e che vi fossero certe convergenze tra la sua concezione<br />

della decorazione delle chiese Vescovili, e il bel verso in cui Sugero, tentando<br />

di definir l'arte, ci mostra «il nostro debole spirito che si eleva fino al vero attraverso<br />

le realtà sensibili ». In fondo tutti e due si accordavano nell'ammettere che la bellezza<br />

doveva essere traduttrice di verità ... ».<br />

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