Leggi - I Cistercensi

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10.06.2013 Views

zione della Chiesa - alla separazione formale dal mondo, una separazione materiale: concretizzando e significando la prima per mezzo della seconda » 5. Una « aggiunta» che riguarda però i mezzi atti a conseguire quella perfezione a cui tutti sono chiamati, e non la perfezione stessa. « È un errore mostruoso credere che il monaco debba menare una vita più perfetta di quella che altri possano sopportare ... la gente del mondo e i monaci hanno il dovere di tendere al medesimo vertice della perfezione » 6. I monaci, specialmente agli inizi, avevano chiara coscienza di non essere altro che cristiani che cercavano di vivere la « nuova vita» fino alle sue estreme conseguenze. «Essi volevano continuare la vita apostolica, la quale consiste nel seguire il Cristo, in una donazione senza riserve 7, in «un desiderio di vita evangelica integrale che è perciò rinuncia totale a tutto ciò che non è presentato dal Vangelo quaÌe ideale vissuto dal Cristo» 8. . In definitiva: « Quid est enim allud monachum fieri quam converti »? 9, si domanda S. Pier Damiano. I testi infatti che affermano essere il monaco null'altro che un cristiano che cerca la salvezza, sono altrettanto numerosi - negli scritti dei Padri - quanto quelli che esaltano la singolarità della sua vocazione. San Benedetto, per esempio, così conclude la sua Regola: «Noi abbiamo steso questa regola perché con la sua osservanza diamo prova di una certa probità di costumi o di essere almeno agli inizi della vita religiosa (initium conversationis) » lO, Null'altro propone perciò al monaco che « ritornare per il lavoro di obbedienza a Colui dal quale ci si era allontanati per l'accidia della disobbedienza» 11. Siquidem una est professio quam faciunt et christianus suscepturus baptisum et monachus suscepturus cucullam. Promittit se christianus obrenuntiare Satanae et omnibus pompis eius et omnibus operibus eius. Promittit monachus conversionem morum suorum et stabilitatem ad oboediendum Deo Non enim altius profitetur monachus quam promiserat christianus » 12. 5 J. LECLERQ, Vie religeuse et vie contemplative, Paris 1969, p. 68. 6 s. G. CRISOSTOMO, Adv. opposit. vito monast., 3, 14; PG 47, 372. 7 V. WARNACH citato da H. V. BALTHASAR,Sponsa Verbi, Brescia 1969, p. 129. 8 J. LEROY in AA. VV., Théologie de la vie monastique, Ligugé 1961, p. 427. 9 S. PIER DAMIANO, op. 16, 3676. IO Regula Monachorum, cap. LXXIII. 11 Id., Prologo. 12 ODONE DI CANTERBURY, Sermone su San Benedetto, testo in « Studia Anselmiana », n. 31, p. 130. - 218-

C'è si tra i monaci e il mondo una separazione molto netta, perché « in un mondo che non li tratta più da nemici essi si sentono obbligati a vivere come nemici del mondo. Essi avvertono troppo bene che, in mancanza di questo, finirebbero presto per diventarne gli schiavi» !3. La separazione dal mondo non è però separazione dalla comunità ecclesiale ma piuttosto visibilizzazione della estraneità della Chiesa al mondo peccatore. Perciò « non è tanto la vita monastica alla fine del III secolo e all'inizio del IV, ad essere una novità, ma la vita adeguata a questo mondo della massa dei cristiani, nel momento in cui cessano le persecuzioni. I Monaci dal canto loro, non fanno altro che conservare, in mezzo a circostanze mutate, l'ideale intatto della vita cristiana dei primi giorni » 14, Essi sono nella Chiesa « coloro che realizzano in comune la forma della vita apostolica», dichiara Gregorio di Nissa nelle' sue Hypotypose, riassumendo cosi la primitiva e ininterrotta tradizione. « La vita monastica è semplicemente il luogo ove la Chiesa è maggiormente se stessa, perché tutto vi è organizzato affinché l'opera della salvezza affidatale porti tutti i suoi frutti. La sua ragion d'essere è quella di essere una scuola del servizio di Dio, una scuola di santità» 15, In questo contesto appare meno assurda l'affermazione attribuita a San Bernardo che « Extra claustrum nulla salus », perché - come dice un altro grande cistercense - nella professione monastica si realizza di nuovo « veritate » ciò che si è già compiuto « specie» nel Battesimo 16. II. Carattere battesimale vissuto dal monaco Il religioso « già col battesimo è morto al peccato e consacrato a Dio; ma per poter raccogliere più copiosi i frutti della grazia battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella Chiesa, intende liberarsi dagli impedimenti che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino'» 17, Egli è chiamato ad essere uno scelto operatore del Regno e un segno della sua attuazione; per mezzo suo, infatti, la Chiesa ogni giorno presenta « Cristo ai fedeli e agli infedeli, o mentre egli contempla sul monte, o annuncia il Regno di Dio alla turbe, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori, o 13 L. BOUYER, Spiritualità dei Padri, Bologna 1968, p. 219. 14 L. BoUYER, Spiritualità ..., op. cit., p. 216. 15 P. DESEILLE in AA. VV., Tbeol. monast., op. cit., p. 522. 16 GUERRICO D'IGNY, Serm. Epiph., 4, 7. - 219-

zione della Chiesa - alla separazione formale dal mondo, una separazione<br />

materiale: concretizzando e significando la prima per mezzo della<br />

seconda » 5.<br />

Una « aggiunta» che riguarda però i mezzi atti a conseguire quella<br />

perfezione a cui tutti sono chiamati, e non la perfezione stessa. « È un<br />

errore mostruoso credere che il monaco debba menare una vita più<br />

perfetta di quella che altri possano sopportare ... la gente del mondo<br />

e i monaci hanno il dovere di tendere al medesimo vertice della perfezione<br />

» 6.<br />

I monaci, specialmente agli inizi, avevano chiara coscienza di non<br />

essere altro che cristiani che cercavano di vivere la « nuova vita» fino<br />

alle sue estreme conseguenze. «Essi volevano continuare la vita apostolica,<br />

la quale consiste nel seguire il Cristo, in una donazione senza<br />

riserve 7, in «un desiderio di vita evangelica integrale che è perciò<br />

rinuncia totale a tutto ciò che non è presentato dal Vangelo quaÌe ideale<br />

vissuto dal Cristo» 8. .<br />

In definitiva: « Quid est enim allud monachum fieri quam converti<br />

»? 9, si domanda S. Pier Damiano. I testi infatti che affermano<br />

essere il monaco null'altro che un cristiano che cerca la salvezza, sono<br />

altrettanto numerosi - negli scritti dei Padri - quanto quelli che<br />

esaltano la singolarità della sua vocazione.<br />

San Benedetto, per esempio, così conclude la sua Regola: «Noi<br />

abbiamo steso questa regola perché con la sua osservanza diamo prova di<br />

una certa probità di costumi o di essere almeno agli inizi della vita<br />

religiosa (initium conversationis) » lO, Null'altro propone perciò al monaco<br />

che « ritornare per il lavoro di obbedienza a Colui dal quale ci si<br />

era allontanati per l'accidia della disobbedienza» 11.<br />

Siquidem una est professio quam faciunt et christianus suscepturus<br />

baptisum et monachus suscepturus cucullam. Promittit se christianus<br />

obrenuntiare Satanae et omnibus pompis eius et omnibus operibus eius.<br />

Promittit monachus conversionem morum suorum et stabilitatem ad<br />

oboediendum Deo Non enim altius profitetur monachus quam promiserat<br />

christianus » 12.<br />

5 J. LECLERQ, Vie religeuse et vie contemplative, Paris 1969, p. 68.<br />

6 s. G. CRISOSTOMO, Adv. opposit. vito monast., 3, 14; PG 47, 372.<br />

7 V. WARNACH citato da H. V. BALTHASAR,Sponsa Verbi, Brescia 1969, p. 129.<br />

8 J. LEROY in AA. VV., Théologie de la vie monastique, Ligugé 1961, p. 427.<br />

9 S. PIER DAMIANO, op. 16, 3676.<br />

IO Regula Monachorum, cap. LXXIII.<br />

11 Id., Prologo.<br />

12 ODONE DI CANTERBURY, Sermone su San Benedetto, testo in « Studia Anselmiana<br />

», n. 31, p. 130.<br />

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