Leggi - I Cistercensi
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con ciò, di contribuirvi. Perché più si prega e più si partecipa alla salvezza, si è cioè più salvati e nel contempo, in una maniera misteriosamente efficace, più si salva» 58. Una vita delicata completamente all'orazione non fa del contemplativo un «inattivo» nella Chiesa: egli, infatti, «lotta continuamente per i fratelli nelle sue preghiere, affinché questi si mantengano perfetti e decisi a perseverare nel pieno adempimnto di voleri d'Iddio» (Col 4, 12.) L'orante non evade dall'impegno apostolico della Chiesa ma è missionario con essa « perché Dio, quando è pregato, invia operai nelle sue messe (cfr. Mt 9, 38), apre lo spirito dei non cristiani perché ascoltino il Vangelo (cfr. At 16, 14), e rende feconda nei loro cuori la parola della salvezza (cfr. ICor 3, 7)>> 59. c) Vita di santità « Tutte le opere, le preghiere e le iniziative apostoliche ... il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo (dr. IPt 2, 5)>> 60. Noi, battezzati, non ci apparteniamo più, siamo di Cristo, è Lui che vive in noi (cfr. Gal 2, 20) implicando tutto il nostro agire, anzi la stessa nostra vita nella sua interezza. Con i voti, il religioso riconosce su di sé questa sovranità del Signore e la accetta, coscientemente, fino alle sue estreme conseguenze, offrendosi totalmente a Dio. L'ascesi monastica - che si compendia poi nella continua e amorosa obbedienza, mediante la quale il monaco rinnega se stesso, prende ogni giorno la sua croce e segue il Cristo (Le 9, 23), completando nella sua carne ciò che manca ai patimenti di Lui, a pro' del suo corpo che é la Chiesa (Col I, 24) - fa della vita del consacrato, un continuo olocausto di lode e di propiziazione. Egli diventa così, a nuovo titolo, imitatore del Cristo, il quale « ci ha amati e per noi ha sacrificato se stesso, quale oblazione e sacrificio di soave odore a Dio» (Ef 5, 1-2). 58 J. LECLERCQ, Vie religeuse et vie contemplative, op. cit., p. 134. 59 Ad Gentes, n. 40. 60 Lumen Gentium, n. 34. - 228-
3. Monaco-Re Cristo ha fatto dei suoi fedeli « un regno» (Ap 1, 6) comunicando loro « la sua potestà perché anch'essi nella libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato (cfr. Rom 6, 12), anzi, servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare» 61. Tutti nella Chiesa partecipano della regalità del Cristo, non soltanto perché nel Battesimo ricevono la potenza di sconfiggere in sé l'uomo vecchio, ma perché, ognuno a suo modo, riceve dallo Spirito quel carisma che « lo rende adatto e pronto ad assumere varie opere e Uffici, utili al rinnovamento e alla maggior espansione della Chiesa» 62. Anche la vita monastica, come sviluppo di quella battesimale, sarà perciò esercizio della regalità del Signore: nel dominio di sé, nel servizio ai fratelli, e nella vita nuova che già partecipa della pienezza del Regno. a) Dominio di sé « Quando colui che è nato da Dio s'è dato al Cristo, che abita in lui mediante la filiazione, egli resta fuori della portata del peccato» 63, acquista cioè quel dono dell'impeccabilità di cui parla la Scrittura quando dice: «Chi è nato da Dio non può peccare» (IGv 3, 6-9), perché « chi si lascia guidare dallo Spirito non segue più i desideri della carne» (Gal 5, 6). Si tratta, però di una impeccabilità non passiva: anche dopo il Battesimo siamo obbligati a una continua lotta al male che tenta di entrare in noi (cfr. Rom 7, 19-23). Finché è sulla terra, ogni cristiano vive in sé il mistero della Chiesa che è « insieme santa e sempre bisognosa di purificazione, e che mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento »64. Fatti oggetto di continue tentazioni, ogni giorno sperimentiamo che Cristo « non è venuto a portare la pace ma la spada» (Mt lO, 34) e che « il regno dei cieli si acquista con la forza, e sono i violenti che se ne impadroniscono» (Mt 11, 12). Il monaco si inoltra nel deserto, accetta la clausura del monastero, non per una semplice ricerca della tranquillità ma per essere maggior- 61 Lumen Gentium, n. 36. 62 Lumen Gentium, n. 12. 63 ECUMENIO, PG 119, 684. 64 Lumen Gentium, n. 8. - 229-
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3. Monaco-Re<br />
Cristo ha fatto dei suoi fedeli « un regno» (Ap 1, 6) comunicando<br />
loro « la sua potestà perché anch'essi nella libertà regale e con l'abnegazione<br />
di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato<br />
(cfr. Rom 6, 12), anzi, servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà<br />
e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare» 61.<br />
Tutti nella Chiesa partecipano della regalità del Cristo, non soltanto<br />
perché nel Battesimo ricevono la potenza di sconfiggere in sé<br />
l'uomo vecchio, ma perché, ognuno a suo modo, riceve dallo Spirito<br />
quel carisma che « lo rende adatto e pronto ad assumere varie opere e<br />
Uffici, utili al rinnovamento e alla maggior espansione della Chiesa» 62.<br />
Anche la vita monastica, come sviluppo di quella battesimale, sarà<br />
perciò esercizio della regalità del Signore: nel dominio di sé, nel servizio<br />
ai fratelli, e nella vita nuova che già partecipa della pienezza del Regno.<br />
a) Dominio di sé<br />
« Quando colui che è nato da Dio s'è dato al Cristo, che abita in<br />
lui mediante la filiazione, egli resta fuori della portata del peccato» 63,<br />
acquista cioè quel dono dell'impeccabilità di cui parla la Scrittura quando<br />
dice: «Chi è nato da Dio non può peccare» (IGv 3, 6-9), perché<br />
« chi si lascia guidare dallo Spirito non segue più i desideri della carne»<br />
(Gal 5, 6).<br />
Si tratta, però di una impeccabilità non passiva: anche dopo il<br />
Battesimo siamo obbligati a una continua lotta al male che tenta di<br />
entrare in noi (cfr. Rom 7, 19-23). Finché è sulla terra, ogni cristiano<br />
vive in sé il mistero della Chiesa che è « insieme santa e sempre bisognosa<br />
di purificazione, e che mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento<br />
»64. Fatti oggetto di continue tentazioni, ogni giorno sperimentiamo<br />
che Cristo « non è venuto a portare la pace ma la spada» (Mt<br />
lO, 34) e che « il regno dei cieli si acquista con la forza, e sono i violenti<br />
che se ne impadroniscono» (Mt 11, 12).<br />
Il monaco si inoltra nel deserto, accetta la clausura del monastero,<br />
non per una semplice ricerca della tranquillità ma per essere maggior-<br />
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64 Lumen Gentium, n. 8.<br />
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