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struttura nelle fibre di lana - ezio martuscelli

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PROGRAMMA NAZIONALE DI RICERCA<br />

BENI CULTURALI (MIUR):<br />

LA CONSERVAZIONE DEI TESSUTI ANTICHI<br />

EZIO MARTUSCELLI<br />

RELAZIONI PROPRIETA’<br />

STRUTTURA NELLE FIBRE DI LANA<br />

COLLANA DI TRASFERIMENTO E DIFFUSIONE<br />

VOLUME PRIMO


L’autore ringrazia GENNARO GENTILE, SALVATORE GRANATA, FRANCESCA MANSI<br />

FORLANI, che con la loro collaborazione hanno contribuito alla realizzazione del presente<br />

volume.


INDICE<br />

PAG.<br />

Obiettivi della Col<strong>lana</strong> <strong>di</strong> Trasferimento e<strong>di</strong>ta dal CAMPEC<br />

relativa al progetto: “Nuovi Materiali Polimerici e Tecnologie<br />

Eco-sostenibili per Preservare, Conservare e Restaurare<br />

Tessili e Pietra” (PNR-Beni Culturali-MIUR) .......................................... I<br />

Introduzione al Primo Volume ......................................................... XVII<br />

CAPITOLO PRIMO<br />

LA STRUTTURA MULTICELLULARE E COMPOSI-<br />

TA DELLE FIBRE DI LANA ............................................................ 1<br />

a) I principali elementi istologici e cellulari delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>lana</strong> ................................................................................................... 1<br />

b) La <strong>struttura</strong> primaria delle proteine fibrose appartenenti<br />

alla famiglia delle cheratine ........................................................... 11<br />

c) Struttura secondaria delle -cheratine ............................................25<br />

c 1) Struttura molecolare e geometria del gruppo pepti<strong>di</strong>co ............. 25<br />

c 2) Angoli <strong>di</strong> rotazione interna intorno ai legami semplici<br />

e conformazioni dei polipepti<strong>di</strong> delle -cheratine ............... 27<br />

c 3) La <strong>struttura</strong> -elicoidale dei polipepti<strong>di</strong> .................................. 32<br />

c 4) La <strong>struttura</strong> a foglietto ripiegato .......................................... 37


d) La <strong>struttura</strong> fine delle -cheratine con particolare riguardo<br />

al caso delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>. Livelli <strong>struttura</strong>li (gerarchie)<br />

e architettura globale delle <strong>fibre</strong> ........................................... 41<br />

d 1) Diffrazione dei raggi X all’alto angolo ................................... 41<br />

d 2) Diffrazione dei raggi X al basso angolo ................................. 44<br />

d 3) Microscopia elettronica ed ottica ............................................ 49<br />

e) Il polimorfismo conformazionale delle -cheratine: la<br />

transizione delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> ............................................... 58<br />

Riferimenti ........................................................................................... 63<br />

CAPITOLO SECONDO<br />

RELAZIONI PROPRIETA’-STRUTTURA NELLE<br />

FIBRE DI LANA ................................................................................ 67<br />

a) Proprietà acido-base <strong>di</strong> una proteina in funzione del pH ............... 67<br />

b) Interazioni tra le <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> e l’acqua ..........................................74<br />

c) Proprietà meccaniche....................................................................... 87<br />

d) Proprietà termiche .........................................................................108<br />

d 1) Relazioni tra proprietà termiche e <strong>struttura</strong> delle<br />

<strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> .............................................................................117<br />

d 2) Determinazione della temperatura <strong>di</strong> transizione vetrosa<br />

<strong>nelle</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> me<strong>di</strong>ante DSC ....................................119<br />

Riferimenti .......................................................................................... 127


CAPITOLO TERZO<br />

RELAZIONE TRA STRUTTURA MOLECOLARE,<br />

ORGANIZZAZIONE SOPRAMOLECOLARE E PRO-<br />

PRIETA’ TINTORIALI DELLE FIBRE DI LANA ......................131<br />

a) Valutazione del grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione e penetrazione <strong>di</strong> un<br />

colorante all’interno delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> ........................................ 162<br />

Riferimenti ...........................................................................................167


OBIETTIVI DELLA COLLANA DI TRASFERIMENTO RELATIVA AL PROGETTO<br />

NUOVI MATERIALI POLIMERICI E TECNOLOGIE<br />

ECO-SOSTENIBILI PER PRESERVARE, CONSERVARE<br />

E RESTAURARE TESSILI E PIETRA<br />

Piano Nazionale “Beni Culturali” del MIUR<br />

[D.M. 457/Ric., 05.03 (1998)]<br />

L’uomo, fin dalla preistoria, attraverso proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> cardatura, filatura,<br />

torsione, ecc., è stato capace <strong>di</strong> ricavare dalle <strong>fibre</strong> naturali [<strong>di</strong> origine<br />

animale (<strong>lana</strong>, seta, bisso marino, peli <strong>di</strong> cammello e <strong>di</strong> capra, ecc.)<br />

e <strong>di</strong> origine vegetale (cotone, lino, canapa, kenaf, kapok, ecc.)] lunghi fili<br />

continui (filati) (FIGURA – A e B). Quin<strong>di</strong>, inventando e utilizzando speciali<br />

macchine (telai), ha trasformato questi filati (mono<strong>di</strong>mensionali) in<br />

tessuti piani (bi<strong>di</strong>mensionali) attraverso un processo, detto <strong>di</strong> tessitura<br />

(FIGURA – C e D). Quest’ultimo consiste, fondamentalmente, nel fare<br />

passare attraverso una serie <strong>di</strong> fili tesi e paralleli, che costituiscono l’or<strong>di</strong>to,<br />

un filo continuo, la trama, che va da una parte all’altra del tessuto.<br />

Me<strong>di</strong>ante i licci, una parte dei fili d’or<strong>di</strong>to, a seconda del tipo <strong>di</strong> intreccio<br />

o armatura che si vuole realizzare, viene alzata o abbassata in modo<br />

tale da lasciare spazio alla navetta portante il filo <strong>di</strong> trama.<br />

Il movimento si ripete ritmicamente verso l’alto o verso il basso.<br />

Variando le modalità con cui i fili d’or<strong>di</strong>to si alzano o si abbassano è possibile<br />

realizzare tipologie <strong>di</strong>verse <strong>di</strong> tessuti. I fili <strong>di</strong> trama vengono compattati<br />

tra loro utilizzando un attrezzo chiamato pettine.<br />

Contemporaneamente alla filatura e tessitura, l’uomo ha sviluppato<br />

complicate ed efficaci procedure <strong>di</strong> tintura dei filati e dei tessuti, scoprendo<br />

e applicando metodologie <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> principi coloranti dal mondo<br />

vegetale e animale. Con la tintura l’uomo conferisce al manufatto tessile<br />

un maggiore valore aggiunto sia <strong>di</strong> tipo economico che artistico.<br />

Con il passare dei secoli i processi <strong>di</strong> filatura, tessitura, finitura e <strong>di</strong> tintura<br />

si sono sempre più perf<strong>ezio</strong>nati. A seconda della natura delle <strong>fibre</strong>,<br />

del tipo <strong>di</strong> filato, della tecnologia <strong>di</strong> tessitura, del colore e dell’armatura,<br />

è stato possibile realizzare una vasta gamma <strong>di</strong> tessuti [damasco (dall’omonima<br />

città irachena), crespo, batik, cretonne, cammellotto, calicò,<br />

cammellino, Fig. A: La filatura broccato, del cotone presso albagio, gli in<strong>di</strong>geni aleppina dell’Amazzonia (dalla città (Brasile) <strong>di</strong> [Rif. Aleppo, 1]. Siria),<br />

I


II<br />

Fig. B: Niccolò Cannicci, La Filatrice, 1870, (olio su tela 96x76 cm.) [Rif. 2].


Fig. C: Donna dell’Amazzonia mentre tesse un tipico manufatto detto “Cushma”, utilizzando un<br />

telaio orizzontale. Il colorante viene estratto dalla pianta denominata “Achiote” (Urucumm o Bixa<br />

orel<strong>lana</strong>) [Rif. 1].<br />

cadì, lucchesino (dalla città <strong>di</strong> Lucca, Toscana), castorino, fustagno,<br />

gabar<strong>di</strong>ne, sciantung, bambagino, lampasso, baracano, sciamito, satin,<br />

jersey (dal nome dell’isola britannica nel canale della Manica), ermesino<br />

(così detto dalla città <strong>di</strong> Ormuz, anticamente chiamata Armuza – Persia),<br />

velluto, jacquard, ecc.] e <strong>di</strong> manufatti per arredamento e per tappezzeria<br />

(tappeti e arazzi, tendaggi, drappeggi, ecc.).<br />

Tessitori e maestri tintori svilupparono, nei secoli, tecniche e metodologie<br />

me<strong>di</strong>ante le quali fu possibile produrre manufatti caratterizzati da<br />

una straor<strong>di</strong>naria eleganza dei <strong>di</strong>segni e delle raffigurazioni e bellezza e<br />

soli<strong>di</strong>tà delle tinte. Questi capolavori dell’arte tessile solo verso la fine<br />

del <strong>di</strong>ciannovesimo secolo furono considerati oggetto <strong>di</strong> interesse storico,<br />

archeologico e artistico in quanto “testimonianza materiale avente<br />

valore <strong>di</strong> civiltà” e quin<strong>di</strong> accettati nella famiglia dei “Beni Culturali”<br />

(FIGURE - E - N)<br />

I tessili artistici, in quanto parte del patrimonio culturale dell’umanità,<br />

vanno tutelati e conservati affinché la loro fruizione possa essere garantita<br />

sia alla presente che alle future generazioni.<br />

Il concetto <strong>di</strong> conservazione è stato così formulato da Sir Bernard<br />

Feilden:<br />

III


IV<br />

Fig. D: Donne intente alla tessitura <strong>di</strong> un tappeto utilizzando un telaio verticale e filati tinti con<br />

coloranti naturali.


«Conservation may be defined as the dynamic management of change in<br />

order to reduce the rate of decay. The cultural, scientific and natural heritage<br />

must be conserved as authentic documents. Intervention should be limited<br />

to actions strictly necessary to insure the techniques and materials used<br />

should not impede future treatment or examinations. Conservation requires<br />

comprehensive socio-economic, legal and cultural planning, integrated at all<br />

levels.» [J. Rosvall, Lecture presented at the Euro-Me<strong>di</strong>terranean School on:<br />

New Materials and Technologies for the Conservation and Restoration of<br />

Cultural Heritage Consisting of Natural Fibrous Polymers, Naples-Venice,<br />

October 3-17 (1999)].<br />

La conservazione <strong>di</strong> un bene culturale «not only demands input from<br />

humanities and from science and technology but also from the fine arts,<br />

crafts, and from social sciences. This implies an integrated, well defined<br />

cross-<strong>di</strong>sciplinary competence.» [G. D’Ossat (1972)].<br />

I criteri alla base <strong>di</strong> un moderno intervento conservativo sono qui <strong>di</strong><br />

seguito elencati:<br />

a) ridurre al minimo possibile il numero degli interventi;<br />

b) usare materiali originali;<br />

c) sostituire un materiale con uno che sia simile a quello originale;<br />

d) introdurre nuovi materiali, con qualità note, che non siano<br />

causa <strong>di</strong> ulteriori danni;<br />

e) adottare interventi che siano “reversibili” e “documentabili”.<br />

Inoltre, il processo <strong>di</strong> conservazione deve tendere a garantire al bene<br />

culturale “a long period of service life”, [J. Rosvall (1999)], insieme alla<br />

salvaguar<strong>di</strong>a delle sue funzioni.<br />

Uno degli aspetti più rilevanti della conservazione riguarda la classificazione<br />

del meccanismo <strong>di</strong> deterioramento in atto e del suo controllo. In<br />

questo contesto il processo conservativo deve focalizzarsi non solo alla<br />

soluzione dei sintomi, ma soprattutto alla identificazione e alla eliminazione<br />

dei problemi e degli agenti causa del degrado.<br />

E’ in relazione allo scenario <strong>di</strong> cui sopra che, intorno ai primi anni<br />

novanta, lo scrivente, all’epoca Direttore dell’Istituto <strong>di</strong> Ricerca e<br />

Tecnologia delle Materie Plastiche del CNR (Pozzuoli – Napoli), costituì<br />

un gruppo <strong>di</strong> ricerca il quale, sfruttando le competenze acquisite nel<br />

campo delle relazioni tra proprietà e <strong>struttura</strong> dei polimeri sintetici e naturali,<br />

con particolare riguardo allo stato fibroso, sviluppò una serie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

finalizzata alla messa a punto <strong>di</strong> metodologie per il riconoscimento delle<br />

<strong>fibre</strong> costituenti reperti archeologici <strong>di</strong> natura tessile e <strong>di</strong> nuove formula-<br />

V


VI<br />

zioni polimeriche ecosostenibili che fossero idonee per applicazioni nel<br />

campo del consolidamento e della conservazione <strong>di</strong> tessuti antichi deteriorati.<br />

In collaborazione con il Museo Archeologico <strong>di</strong> Napoli, con la<br />

Sovrintendenza Archeologica agli Scavi <strong>di</strong> Pompei, Ercolano e Scafati,<br />

con il Museo Archeologico del Cairo e con la Missione Archeologica<br />

delle Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna e <strong>di</strong> Lecce a Bakchias (Regione<br />

del Fayyum – Egitto), furono condotte ricerche che portarono alla identificazione<br />

dei materiali costituenti importanti reperti tessili e alla determinazione<br />

dei processi <strong>di</strong> filatura, <strong>di</strong> tessitura e <strong>di</strong> tintura usati nella loro<br />

Fig. E: Fronte e retro <strong>di</strong> un tessuto “jacquard”<br />

[Rif. 3].<br />

Fig. F: Tessuto “batik” blu ottenuto per<br />

annodatura [Rif. 3].


Fig. G: a) Antico “broccato” francese; b) “broccato” con inserzioni d’oro [Rif. 3].<br />

VII


VIII<br />

Fig. H: Antico “damasco” per paramenti ecclesiastici [Rif. 3].<br />

fabbricazione. Inoltre furono ideate ed applicate nuove procedure <strong>di</strong> consolidamento<br />

particolarmente necessarie nel caso <strong>di</strong> frammenti fortemente<br />

degradati e quin<strong>di</strong> estremamente fragili e <strong>di</strong>fficili da manipolare.<br />

L’insieme degli stu<strong>di</strong> sopra citati ha messo chiaramente in risalto che la<br />

conservazione <strong>di</strong> tessili <strong>di</strong> interesse storico, artistico, culturale e archeologico,<br />

in quanto costituiti essenzialmente da sistemi macromolecolari<br />

naturali-fibrosi [<strong>di</strong> natura cellulosica (cotone, lino, canapa, ecc.) o proteica<br />

(seta, <strong>lana</strong>, ecc.)], rappresenta un interessante settore applicativo<br />

dei polimeri <strong>di</strong> sintesi.<br />

I risultati raggiunti hanno trovato importanti riconoscimenti sia a livello<br />

nazionale che internazionale. Infatti, nell’ambito del Quinto<br />

Programma Quadro dell’Unione Europea [Azione Inco-Med<br />

(International Cooperation with Me<strong>di</strong>terranean Countries)], è stato finanziato<br />

un importante progetto <strong>di</strong> durata triennale (presentato dall’IRTEMP<br />

– CNR) , basato su <strong>di</strong> un network trans-nazionale, dal titolo “New<br />

Materials and Eco-Sustainable Technologies for the Conservation and<br />

Restoration of Textiles”.<br />

In campo nazionale, in data 14 marzo 2000 (D.M. 14 marzo 2000 n.<br />

167 / Ric. pubbl. in GURI n. 73 del 28.03.2000), il progetto presentato<br />

dal Consorzio CAMPEC dal titolo “Nuovi Materiali Polimerici e<br />

Tecnologie Eco-Sostenibili per preservare, conservare e restaurare


Fig. I: Antico “lampasso” italiano [Rif. 3].<br />

Fig. L: Firenze, velluto tagliato operato; seta, cm 30x25. Prato, Museo del Tessuto, n. 82.01.1<br />

(seconda metà del XV secolo) [Rif. 4].<br />

IX


X<br />

Fig. M: a) Firenze, lampasso; seta, cm 24x25. Prato, Museo del Tessuto, n. 75.01.418<br />

(ultimo quarto del XV secolo) [Rif. 4].<br />

Tessili e Pietra”, fu ammesso a finanziamento nell’ambito del Tema n.2:<br />

“Nuovi Sistemi <strong>di</strong> Intervento” del Piano Nazionale <strong>di</strong> Ricerca e<br />

Formazione per il settore dei Beni Culturali ed Ambientali (D.M. 457 /<br />

Ric. del 05.03.1998).<br />

In particolare, il progetto <strong>di</strong> cui sopra, della durata complessiva <strong>di</strong> 36<br />

mesi, si poneva i seguenti obiettivi:<br />

a) mettere a punto sistemi polimerici idonei alla realizzazione <strong>di</strong><br />

interventi conservativi <strong>di</strong> tessili <strong>di</strong> interesse storico, artistico<br />

e culturale;


Fig. M: b) Firenze, broccato; seta, argento e lino, cm 18x27. Prato, Museo del Tessuto, n.<br />

75.01.520 (inizi del XVI secolo) [Rif. 4].<br />

b) sviluppare processi <strong>di</strong> intervento eco-sostenibili basati su formulazioni<br />

polimeriche solubili in acqua;<br />

c) applicare metodologie innovative atte alla identificazione<br />

delle <strong>fibre</strong> naturali costituenti il manufatto tessile e le materie<br />

coloranti naturali utilizzate per la loro tintura.<br />

Tra le varie azioni previste dal Capitolato Tecnico del progetto, particolare<br />

enfasi veniva riservata alla <strong>di</strong>ffusione dei risultati ottenuti.<br />

E’ relativamente a quest’ultimo obiettivo realizzativo che la presente<br />

XI


XII<br />

Fig. N: Italia, velluto tagliato operato; seta e filo metallico, cm 49x69,5. Prato, Museo del<br />

Tessuto, n. 81.01.7 (seconda metà del XV secolo) [Rif. 4].<br />

col<strong>lana</strong> <strong>di</strong> volumi viene e<strong>di</strong>ta dal Consorzio CAMPEC, Ente Proponente<br />

ed Attuatore del progetto <strong>di</strong> cui sopra.<br />

I principali destinatari e fruitori <strong>di</strong> questa col<strong>lana</strong> <strong>di</strong> trasferimento e <strong>di</strong>ffusione<br />

sono i restauratori e conservatori <strong>di</strong> manufatti tessili <strong>di</strong> interesse<br />

artistico e storico, i docenti <strong>di</strong> corsi universitari e master sui beni culturali,<br />

curatori <strong>di</strong> musei e responsabili <strong>di</strong> società che svolgono la loro opera<br />

nel campo della conservazione e restauro <strong>di</strong> opere d’arte che contengono<br />

a vario titolo materiali tessili a base <strong>di</strong> polimeri naturali fibrosi e, infine,<br />

i ricercatori scientifici e tecnici che svolgono attività <strong>di</strong> ricerca <strong>nelle</strong> varie


anche conoscitive e conservative applicate ai beni culturali.<br />

Inoltre, i volumi, pubblicati dal CAMPEC nell’ambito della col<strong>lana</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ffusione e trasferimento, intendono essere un utile punto <strong>di</strong> riferimento<br />

sia agli studenti delle scuole tecniche, <strong>di</strong> corsi universitari, <strong>di</strong> scuole <strong>di</strong><br />

specializzazione e <strong>di</strong> master formativi, sia ai neo assunti in aziende chimiche<br />

che producono prodotti per il settore tessile.<br />

Potranno trovare utile i volumi <strong>di</strong> questa col<strong>lana</strong> tutti quei giovani che<br />

si apprestano ad entrare nell’affascinante mondo tessile del design, dell’abbigliamento<br />

e dell’arredo.<br />

EZIO MARTUSCELLI<br />

(PRESIDENTE CAMPEC)<br />

XIII


RIFERIMENTI<br />

1) The Amazon, E<strong>di</strong>coes Siciliano (1989);<br />

2) G.L. Marini, Documenti Pittorici del Secondo Ottocento e del Primo<br />

Novecento, by Galleria d’Arte Casa E<strong>di</strong>trice il Prisma, 12100 Cuneo, Via<br />

XX Settembre 41 (1995);<br />

3) La Stampa Tessile, Tecnologia e Macchine, Quaderni Ascontex<br />

E<strong>di</strong>toriale, Col<strong>lana</strong> <strong>di</strong>retta da A. Mazzuca, Ed. italiana (2001);<br />

4) A. Fiorentini Capitani, S. Ricci, Il Costume al Tempo <strong>di</strong> Lorenzo il Magnifico<br />

– Prato e il suo Territorio, E<strong>di</strong>zioni Charta s.r.l., Milano, Firenze (1992);<br />

5) E. Martuscelli, Le Fibre <strong>di</strong> Polimeri Naturali nell’Evoluzione della<br />

Civiltà – Le Fibre <strong>di</strong> Seta, Monografie Scientifiche, Serie Scienze<br />

Chimiche, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma (1999);<br />

6) E. Martuscelli, New Materials and Technologies for the Conservation<br />

and Restoration of Cultural Heritage Consisting of Natural Fibrous<br />

Polymers, Book of Lectures of «Euro Me<strong>di</strong>terranean Post Graduate<br />

Advanced School», October 3-17 1999 – Naples – Venice, E<strong>di</strong>ted by E.<br />

Martuscelli, L. D’Orazio, IRTEMP-CNR, Naples (2002);<br />

7) E. Martuscelli, La fibra naturale che ha segnato la storia <strong>di</strong> popoli e<br />

nazioni, Monografie Scientifiche, Serie Scienze Chimiche, Consiglio<br />

Nazionale delle Ricerche, Roma, giugno (2003).<br />

XV


INTRODUZIONE AL PRIMO VOLUME DELLA<br />

COLLANA DI TRASFERIMENTO DAL TITOLO:<br />

“RELAZIONI PROPRIETÀ-STRUTTURA NELLE FIBRE DI LANA”<br />

(AUTORE: EZIO MARTUSCELLI)<br />

Questo volume, il primo <strong>di</strong> una serie, è parte integrante della col<strong>lana</strong><br />

e<strong>di</strong>ta dal Consorzio CAMPEC, finalizzata al trasferimento e alla <strong>di</strong>ffusione<br />

dei risultati conseguiti nel corso del progetto “Nuovi Materiali<br />

Polimerici e Tecnologie Ecosostenibili per preservare, conservare e<br />

restaurare Pietra e Tessili”, finanziato dal MIUR nell’ambito del Piano<br />

Nazionale <strong>di</strong> Ricerca e Formazione per il settore dei Beni Culturali ed<br />

Ambientali, Tema n. 2: “Nuovi Sistemi <strong>di</strong> Intervento”.<br />

In esso, sono descritte e analizzate le relazioni tra proprietà e <strong>struttura</strong><br />

delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> che, come è ben noto, sono state ampiamente utilizzate<br />

fin dalla preistoria nella produzione <strong>di</strong> tessili artistici (tappeti, arazzi,<br />

tendaggi, drappeggi, paramenti ecclesiastici, costumi, ecc.).<br />

Nella presente opera sono riportate le più moderne e recenti metodologie,<br />

teoriche e sperimentali, attraverso le quali è stato possibile fornire<br />

nuove evidenze circa le correlazioni esistenti tra la <strong>di</strong>stribuzione e la<br />

natura delle fasi che vanno a costituire, secondo un or<strong>di</strong>ne gerarchico, la<br />

<strong>struttura</strong> composita delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> e le loro proprietà.<br />

In particolare vengono prese in considerazione quelle proprietà della<br />

<strong>lana</strong> che hanno maggiore rilevanza per quanto attiene alle applicazioni<br />

nel settore tessile e tintoriale.<br />

XVII


CAPITOLO PRIMO<br />

LA STRUTTURA MULTICELLULARE E<br />

COMPOSITA DELLE FIBRE DI LANA.<br />

a) I principali elementi istologici e cellulari delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

Le <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> si sviluppano da una cavità tubolare, presente sull’epidermide,<br />

chiamata follicolo pilifero.<br />

I principali elementi <strong>struttura</strong>li che caratterizzano il follicolo pilifero<br />

sono: il muscolo erettore; la ghiandola sebacea; la ghiandola sudorifera;<br />

il bulbo pilifero (parte rigonfia situata nella regione più profonda del follicolo)<br />

e la papilla che si configura come una <strong>struttura</strong> a forma <strong>di</strong> cupola<br />

che si origina da una protuberanza della base del bulbo (figura 1) [1, 2].<br />

La <strong>di</strong>stribuzione percentuale dei principali componenti le <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

è mostrata nella tabella 1 [2]. Dai dati in essa riportati si conclude che, da<br />

un punto <strong>di</strong> vista chimico, la <strong>lana</strong>, nel suo insieme, è una fibra sostanzialmente<br />

proteica le cui proteine principali appartengono alla famiglia<br />

delle cheratine.<br />

Tabella 1<br />

Composizione me<strong>di</strong>a delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> (%)<br />

Proteine <strong>di</strong> natura cheratinica > 80<br />

Altre sostanze proteiche ~ 17<br />

Sostanze lipi<strong>di</strong>che ~ 1<br />

Sali minerali ~ 0,5<br />

Il processo <strong>di</strong> crescita <strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong> è regolato da un ben preciso<br />

programma genetico che, attraverso una sequenza <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> evolutivi,<br />

porta alla formazione dei vari componenti istologici che la compongono<br />

(figura 2) [31-a].<br />

Alla fine del loro sviluppo le <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> presentano una caratteristica<br />

morfologia che, come traspare dalla micrografia elettronica a scansione<br />

1


2<br />

Fig. 1: La crescita delle<br />

<strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>: s<strong>ezio</strong>ne longitu<strong>di</strong>nale<br />

<strong>di</strong> un follicolo<br />

pilifero “primario”.<br />

Gli elementi <strong>struttura</strong>li e<br />

accessori in<strong>di</strong>cati in figura<br />

sono i seguenti:<br />

a) epidermide e strato<br />

basale (epidermis e basal<br />

layer);<br />

b) ghiandola sebacea<br />

(sebaceous gland);<br />

c) ghiandola sudorifera<br />

(sweat gland);<br />

d) papilla [Rif. 1, 2].<br />

della figura 3, le rende facilmente riconoscibili.<br />

In particolare le <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> fini ed extrafini (<strong>di</strong>ametro inferiore a 30<br />

μm (1 micron = 10,000 angstrom (Å) = 0,0001 cm = 0,000001 m) sono<br />

costituite essenzialmente da due tipi <strong>di</strong> cellule: cuticolari e corticali (figura<br />

2). Le cellule cuticolari vanno a formare la parete esterna delle <strong>fibre</strong> e,<br />

come evidenziato <strong>nelle</strong> figure 2 e 3, esse danno luogo ad una <strong>struttura</strong><br />

scagliosa e squamiforme dove le varie scaglie (ogni scaglia corrisponde<br />

ad una singola cellula), orientate con i bor<strong>di</strong> nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne della parte<br />

terminale della fibra, si sovrappongono le une alle altre in maniera analoga<br />

a come si <strong>di</strong>spongono le tegole <strong>di</strong> un tetto. Questa particolare configurazione<br />

impe<strong>di</strong>sce alle particelle <strong>di</strong> impurezze e <strong>di</strong> sporco <strong>di</strong> raggiungere<br />

la pelle degli ovini, e nello stesso tempo favorisce la migrazione e<br />

quin<strong>di</strong> la eliminazione <strong>di</strong> particelle estranee dal vello degli animali [4].<br />

La cuticola, andando dall’esterno delle <strong>fibre</strong> verso l’interno, è costituita<br />

dall’esocuticola (stabile all’azione degli enzimi) e dall’endocuticola (facilmente<br />

<strong>di</strong>geribile dagli enzimi); entrambi questi componenti sono ricoperti<br />

da una sottile membrana idrofoba semipermeabile (figura 4) [1, 4].<br />

La <strong>struttura</strong> delle scaglie è messa in evidenza nella micrografia elettronica<br />

della figura 5 dalla quale si ricava che le <strong>di</strong>mensioni delle celle cuticolari,<br />

relative a <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino, sono 20x30x0,5 m [5].<br />

L’esocuticola è separata dalle celle corticali da una sottile membrana cellulare<br />

complessa (spessa all’incirca 25 nm), la stessa che separa tra loro le


Fig. 2: I principali<br />

componenti istologici<br />

delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

merino così come si<br />

ricavano dall’indagine<br />

al microscopio<br />

ottico ed elettronico<br />

[Rif. 3].<br />

Fig. 3: Micrografia elettronica a scansione <strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino. Sulla superficie sono<br />

visibili la scaglie [Rif. 3-b].<br />

3


4<br />

singole cellule corticali assicurandone la coesione (cemento intercellulare).<br />

Le cellule corticali, nel loro insieme, vanno a costituire il cortex o cortice<br />

che è <strong>di</strong>viso in due parti, il paracortex e l’ortocortex, i quali si <strong>di</strong>fferenziano<br />

tra loro per la composizione chimica e per la conformazione<br />

delle macromolecole nella matrice e <strong>nelle</strong> zone amorfe.<br />

Le cellule corticali, come evidenziato nello schema della figura 2, sono<br />

fusiformi, caratterizzate da una lunghezza compresa tra 80 e 110 m e nel<br />

punto <strong>di</strong> massima ampiezza da una larghezza variabile tra 2 e 5 m e da<br />

uno spessore <strong>di</strong> 1,22,6 m. Esse a loro volta sono costituite da un insieme<br />

<strong>di</strong> macrofibrille le quali sono più densamente impacchettate nella<br />

regione denominata ortocortex rispetto alla zona paracorticale. Le macrofibrille<br />

sono la risultante dell’aggregazione <strong>di</strong> microfibrille ciascuna delle<br />

quali, come sarà descritto in dettaglio <strong>nelle</strong> prossime pagine, è composta<br />

da protofibrille tenute insieme da una matrice meno densa e meno or<strong>di</strong>nata.<br />

Fig. 4: Rappresentazione<br />

<strong>di</strong>agrammatica<br />

dei componenti <strong>struttura</strong>li<br />

della cuticola squamosa<br />

delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

[Rif. 1].<br />

Fig. 5: Micrografia<br />

elettronica a scansione<br />

ad elevato ingran<strong>di</strong>mento<br />

dove viene messa in<br />

risalto la <strong>struttura</strong> delle<br />

scaglie nel caso <strong>di</strong> una<br />

fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong> [Rif. 5].


Fig. 6: Micrografie elettroniche<br />

in scansione <strong>di</strong><br />

<strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>, fratturate a<br />

bassa temperatura, dalle<br />

quali è possibile evidenziare<br />

le singole cellule<br />

corticali [Rif. 6-a].<br />

5


6<br />

La presenza <strong>di</strong> cellule corticali emerge chiaramente esaminando,<br />

me<strong>di</strong>ante microscopia elettronica a scansione, frammenti <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

fratturate dopo averle portate a bassa temperatura per infragilirle (figura<br />

6) [6-a].<br />

Dalle micrografie elettroniche della figura 6 è possibile notare la presenza<br />

<strong>di</strong> materiale che sembra connettere più cellule. E’ probabile che<br />

questo materiale appartenga alla matrice amorfa, che circondando le cellule<br />

corticali, contribuisce ad aumentare la coesione della <strong>struttura</strong> globale<br />

che rappresenta il cuore delle <strong>fibre</strong> [6-a].<br />

Nelle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> più spesse, con un <strong>di</strong>ametro maggiore <strong>di</strong> 35 μm, è<br />

presente nella parte interna centrale, un terzo aggregato cellulare il midollo<br />

o cavità porosa costituito da cellule poligonali (che formano il materiale<br />

parietale), da residui nucleici e pigmenti [2].<br />

Le caratteristiche morfologiche e <strong>struttura</strong>li delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> (<strong>struttura</strong><br />

e forma delle scaglie superficiali, lunghezza e spessore, presenza o<br />

meno del midollo centrale), documentabili me<strong>di</strong>ante microscopia elettronica<br />

a scansione (SEM) (figura 7), <strong>di</strong>pendono fortemente dalla razza<br />

Fig. 7: Un esemplare <strong>di</strong> un moderno microscopio elettronico a scansione utile allo stu<strong>di</strong>o della<br />

<strong>struttura</strong> e morfologia delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> [Rif. 6-b].


a 1 )<br />

a 2 )<br />

a 3 )<br />

a 4 )<br />

Fig. 8: Morfologia e <strong>struttura</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> <strong>di</strong> velli <strong>di</strong> varie razze<br />

italiane <strong>di</strong> ovini [Rif. 6-b]:<br />

a) Razza sarda<br />

a 1 ) S<strong>ezio</strong>ne trasversale <strong>di</strong> un insieme<br />

<strong>di</strong> <strong>fibre</strong> (micrografia ottica);<br />

a 2 ), a 3 ), a 4 ) Micrografie elettroniche<br />

(SEM) <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso <strong>di</strong>ametro<br />

viste longitu<strong>di</strong>nalmente.<br />

7


8<br />

b 1 )<br />

b 2 )<br />

b 3 )<br />

b 4 )<br />

Fig. 8: Morfologia e <strong>struttura</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> <strong>di</strong> velli <strong>di</strong> varie razze<br />

italiane <strong>di</strong> ovini [Rif. 6-b]:<br />

b) Razza comisana<br />

b 1 ) S<strong>ezio</strong>ne trasversale <strong>di</strong> un insieme<br />

<strong>di</strong> <strong>fibre</strong> (micrografia ottica);<br />

b 2 ), b 3 ), b 4 ) Micrografie elettroniche<br />

al SEM (visione longitu<strong>di</strong>nale)<br />

<strong>di</strong> <strong>fibre</strong> aventi <strong>di</strong>verso spessore.


c 1 )<br />

c 2 )<br />

c 3 )<br />

c 4 )<br />

Fig. 8: Morfologia e <strong>struttura</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> <strong>di</strong> velli <strong>di</strong> varie razze<br />

italiane <strong>di</strong> ovini [Rif. 6-b]:<br />

c) Razza delle langhe<br />

c 1 ) S<strong>ezio</strong>ne trasversale <strong>di</strong> un insieme<br />

<strong>di</strong> <strong>fibre</strong> (micrografia ottica);<br />

c 2 ), c 3 ), c 4 ) Micrografie elettroniche<br />

al SEM (visione longitu<strong>di</strong>nale)<br />

<strong>di</strong> <strong>fibre</strong> con <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong>verso.<br />

9


10<br />

degli ovini e, nell’ambito della stessa razza, dall’età della pecora, dal tipo<br />

<strong>di</strong> allevamento, dalla natura dei pascoli e, quin<strong>di</strong>, dalla specificità dei<br />

nutrienti. Inoltre, anche nel caso <strong>di</strong> una stessa pecora, è possibile riscontrare<br />

notevoli variazioni a seconda della parte del corpo da cui la fibra<br />

trae origine.<br />

Quanto sopra trova riscontro nella serie <strong>di</strong> micrografie ottiche ed elettroniche<br />

riportate nella figura 8, le quali si riferiscono a <strong>fibre</strong> derivanti da<br />

velli <strong>di</strong> varie razze italiane <strong>di</strong> ovini.<br />

In particolare, ogni <strong>lana</strong> viene rappresentata me<strong>di</strong>ante una micrografia<br />

ottica della s<strong>ezio</strong>ne trasversale e tre micrografie al SEM (visioni longitu<strong>di</strong>nali)<br />

che descrivono la morfologia e <strong>struttura</strong> <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> aventi spessori<br />

<strong>di</strong>versi (una <strong>di</strong> finezza me<strong>di</strong>a, una <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro superiore alla me<strong>di</strong>a e una<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro inferiore alla me<strong>di</strong>a) [6-b].


) La <strong>struttura</strong> primaria delle proteine fibrose appartenenti alla<br />

famiglia delle cheratine<br />

Le proteine che si trovano negli organismi viventi sono dei polipepti<strong>di</strong>,<br />

le cui macromolecole sono costituite dai residui <strong>di</strong> 20 -amminoaci<strong>di</strong>, a<br />

formula generale:<br />

HO<br />

C<br />

O R<br />

H<br />

()<br />

C NH2<br />

i quali si <strong>di</strong>fferenziano tra loro per la <strong>struttura</strong> chimica del gruppo R.<br />

Sulla base della polarità del gruppo R è possibile classificare gli aamminoaci<strong>di</strong><br />

<strong>nelle</strong> seguenti classi: (I) dove i gruppi R sono non polari o<br />

idrofobici; (II) con gruppi R polari ma privi <strong>di</strong> carica (neutri); (III) con<br />

caratteristiche acide e con gruppi R polari con carica positiva (a pH tra<br />

6,0 e 7,0) e (IV) basici con gruppi R carichi positivamente (a pH tra 6,0<br />

e 7,0).<br />

La formula <strong>di</strong> <strong>struttura</strong>, il nome, il simbolo ed il peso molecolare degli<br />

amminoaci<strong>di</strong>, afferenti ai 4 gruppi sopra menzionati, sono riportati nella<br />

figura 9. Gli amminoaci<strong>di</strong> sono rappresentati nella forma ionizzata che<br />

prevale per valori del pH compresi tra 6,0 e 7,0 (zona <strong>di</strong> pH intracellulare).<br />

In queste con<strong>di</strong>zioni l’-ammino gruppo è protonato ( NH 3 + ) mentre<br />

il carbossile è de-protonato ( COO – ) [7, 8].<br />

Tutti gli -amminoaci<strong>di</strong> presenti <strong>nelle</strong> proteine, e che si ottengono dalle<br />

stesse per idrolisi, mostrano un’attività ottica, cioè sono in grado, in<br />

soluzione, <strong>di</strong> ruotare il piano della luce polarizzata.<br />

Questa caratteristica (chiralità o stereoisomeria) deriva dal fatto che, ad<br />

esclusione della glicina, l’atomo <strong>di</strong> carbonio in è asimmetrico essendo<br />

legato a 4 gruppi atomici <strong>di</strong>versi tra loro. A causa della natura tetrae<strong>di</strong>ca<br />

degli orbitali sp 3 dell’atomo <strong>di</strong> carbonio i quattro sostituenti possono<br />

<strong>di</strong>sporsi nello spazio secondo due <strong>di</strong>fferenti configurazioni a cui corrispondono<br />

due stereoisomeri o enantiomeri (isomeria configurazionale). Le<br />

configurazioni assolute <strong>di</strong> questi due enantiomeri, convenzionalmente in<strong>di</strong>cati<br />

come isomero (L) e isomero (D), sono rappresentate nella figura 10.<br />

Tutti gli -amminoaci<strong>di</strong>, i cui residui sono presenti <strong>nelle</strong> proteine biologiche,<br />

hanno una configurazione o chiralità assoluta <strong>di</strong> tipo L [7, 8].<br />

Le cheratine appartengono alla classe <strong>di</strong> proteine naturali dette fibrose<br />

11


12<br />

a)<br />

Fig. 9: Formula <strong>di</strong> <strong>struttura</strong> e peso<br />

molecolare dei 20 più comuni amminoaci<strong>di</strong><br />

presenti <strong>nelle</strong> proteine<br />

naturali.<br />

Gli -amminoaci<strong>di</strong> sono sud<strong>di</strong>visi in<br />

base alla polarità del gruppo R:<br />

a) amminoaci<strong>di</strong> con gruppi R non<br />

polari e idrofobici;


Fig. 9: Formula <strong>di</strong> <strong>struttura</strong> e peso<br />

molecolare dei 20 più comuni amminoaci<strong>di</strong><br />

presenti <strong>nelle</strong> proteine<br />

naturali.<br />

Gli -amminoaci<strong>di</strong> sono sud<strong>di</strong>visi<br />

in base alla polarità del gruppo R:<br />

b) amminoaci<strong>di</strong> con gruppi R polari<br />

privi <strong>di</strong> carica;<br />

b)<br />

13


14<br />

c)<br />

Fig. 9: Formula <strong>di</strong> <strong>struttura</strong> e peso molecolare dei 20 più comuni -amminoaci<strong>di</strong> presenti <strong>nelle</strong><br />

proteine naturali.<br />

Gli -amminoaci<strong>di</strong> sono sud<strong>di</strong>visi in base alla polarità del gruppo R:<br />

c) amminoaci<strong>di</strong> con caratteristiche acide, con gruppi R polari carichi negativamente;<br />

poiché le loro macromolecole hanno la capacità <strong>di</strong> aggregarsi tra loro,<br />

attraverso forti legami intercatena, dando luogo ad una <strong>struttura</strong>zione tri<strong>di</strong>mensionale<br />

fortemente allungata nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne assiale, caratterizzata<br />

da elevate proprietà meccaniche, insolubilità in acqua o in soluzioni saline<br />

<strong>di</strong>luite.<br />

La <strong>struttura</strong> primaria <strong>di</strong> una proteina è determinata dai seguenti elementi:<br />

i) la natura chimica e la proporzione degli amminoaci<strong>di</strong> che la<br />

costituiscono;<br />

ii) la sequenza e l’or<strong>di</strong>ne secondo cui i residui degli amminoaci<strong>di</strong><br />

si succedono lungo la catena macromolecolare;<br />

iii) la presenza <strong>di</strong> particolari legami covalenti <strong>di</strong> tipo cross link<br />

(intramolecolari e intermolecolari) (figura 11) [9];<br />

iv) la natura chimica dei gruppi terminali (in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalla loro costituzione, le macromolecole delle proteine termi


nano la loro catena con un gruppo acido COOH ad una delle<br />

estremità e con un gruppo amminico (NH 2) ad un'altra).<br />

La <strong>struttura</strong> primaria determina gli altri livelli <strong>di</strong> organizzazione <strong>struttura</strong>le<br />

<strong>di</strong> una proteina; essa è <strong>di</strong> particolare rilevanza nel caso delle proteine<br />

fibrose quali le cheratine della <strong>lana</strong>.<br />

d)<br />

Fig. 9: Formula <strong>di</strong> <strong>struttura</strong> e peso molecolare dei 20 più comuni -amminoaci<strong>di</strong> presenti <strong>nelle</strong><br />

proteine naturali.<br />

Gli -amminoaci<strong>di</strong> sono sud<strong>di</strong>visi in base alla polarità del gruppo R:<br />

d) amminoaci<strong>di</strong> basici, carichi positivamente.<br />

Gli -amminoaci<strong>di</strong> sono rappresentati nella forma ionizzata che predomina a pH tra 6,0 e 7,0<br />

[Rif. 7].<br />

15


16<br />

Una esemplificazione del concetto <strong>di</strong> <strong>struttura</strong> primaria si ricava riferendosi<br />

al caso <strong>di</strong> un polipeptide semplice a catena corta derivante dalla<br />

condensazione <strong>di</strong> 5-amminoaci<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi (serina, glicina, tirosina, alanina<br />

e leucina) (figura 12). Il pentapeptide si caratterizza per una sequenza <strong>di</strong><br />

amminoaci<strong>di</strong> che, a partire dalla estremità NH +<br />

3 terminata, può essere<br />

così descritta:<br />

+<br />

NH3 Ser Gly Tyr Ala Leu COO<br />

Di conseguenza il pentapeptide prende il nome <strong>di</strong> serilgliciltirosinilalanilleucina<br />

[7].<br />

L’idrolisi totale della cheratina delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> permette <strong>di</strong> ottenere e<br />

riconoscere i singoli amminoaci<strong>di</strong> i cui residui ne costituiscono la catena<br />

molecolare.<br />

L’analisi dell’idrolizzato è un metodo che permette <strong>di</strong> determinare la<br />

composizione me<strong>di</strong>a espressa in termini <strong>di</strong> moli per grammo <strong>di</strong> idrolizzato<br />

dei singoli -amminoaci<strong>di</strong> recuperati.<br />

Il risultato è illustrato nella tabella 2 nella quale sono riportati i dati<br />

complessivi relativi a tre <strong>di</strong>versi campioni <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino. Dalla tabella 2<br />

emerge che la composizione delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> varia da campione a campione.<br />

In generale è stato trovato che la composizione delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong>pen-<br />

Fig. 10: Rappresentazione delle configurazioni assolute dei<br />

due stereoisomeri L e D degli -amminoaci<strong>di</strong>. Nelle proteine<br />

biologiche sono presenti solo le forme L.


de in maniera sostanziale dalla specie <strong>di</strong> ovino considerata [1].<br />

Inoltre, come si ricava dalla tabella 3, i vari elementi delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

(cuticola, para e orto-cortice) hanno una <strong>di</strong>fferente composizione amminoaci<strong>di</strong>ca<br />

e quin<strong>di</strong> caratteristiche chimiche, chimico-fisiche e fisiche<br />

notevolmente <strong>di</strong>verse [9].<br />

Tabella 2<br />

Composizione amminoaci<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino<br />

Composizione mol/g (a)<br />

Ammino acido Campione N° 1 N° 2 N° 3<br />

Lisina 193 277 269<br />

Isti<strong>di</strong>na 58 76 82<br />

Arginina 602 613 600<br />

Triptofano (b) (b) (b)<br />

Acido aspartico 503 602 560<br />

Treonina 547 564 572<br />

Serina 860 892 902<br />

Acido glutammico 1020 1046 1049<br />

Prolina 633 561 522<br />

Glicina 688 815 757<br />

Alanina 417 512 469<br />

1/2 Cistina 943 1120 922<br />

Valina 423 546 486<br />

Metionina 37 47 44<br />

Isoleucina 234 318 275<br />

Leucina 583 721 676<br />

Tiroxina 353 380 349<br />

Fenilanina 208 268 257<br />

NH3 887 855<br />

(a) Sono riportati i risultati <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>fferenti test.<br />

(b) Il Triptofano viene <strong>di</strong>strutto <strong>nelle</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> idrolisi usate per le analisi riportate;<br />

da tecniche alternative si ricavano valori che cadono nell'intervallo <strong>di</strong> 35-44<br />

mol/g [Rif. 1].<br />

17


18<br />

Tabella 3<br />

La composizione amminoaci<strong>di</strong>ca relativa ai vari elementi<br />

delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> (para-cortex, orto-cortex e cuticola)<br />

messa a confronto con quella globale.<br />

I dati sono in percentuale (peso/peso).<br />

Ammino acido Totale Para Orto Cuticola<br />

-cheratina Cortex Cortex (scaglie)<br />

(%) (%) (%) (%)<br />

Glicina 4.34 3.65 4.62 4.68<br />

Alanina 3.48 3.64 3.59 4.32<br />

Valina 5.30 5.61 5.91 6.54<br />

Leucina 7.72 8.46 8.93 6.87<br />

Isoleucina 3.46 3.97 3.85 2.89<br />

Fenilanina 3.52 3.46 3.86 2.54<br />

Prolina 5.94 5.74 5.35 9.23<br />

Serina 9.03 8.89 8.79 12.50<br />

Treonina 5.67 6.16 5.73 4.45<br />

Tirosina 5.58 1.43 3.62 2.27<br />

Acido aspartico 6.44 7.14 7.43 4.21<br />

Acido glutammico 14.14 16.41 15.13 11.79<br />

Lisina 3.33 3.48 3.47 3.81<br />

Arginina 9.60 10.44 11.01 7.28<br />

Isti<strong>di</strong>na 1.10 0.98 0.95 1.30<br />

Metionina 0.58 0.50 0.55 0.46<br />

Cistina 10.56 10.50 7.83 14.34<br />

Cisteina 0.12 0.10 0.20 0.35<br />

Lantionina 0.06 - - 0.17


a)<br />

b) c)<br />

Fig. 11: Esempi <strong>di</strong> legami covalenti tipo cross link che possono riscontrarsi <strong>nelle</strong> proteine:<br />

a) legame S S cistinico intracatena;<br />

b) legame S S cistinico intercatena;<br />

c) cross-link pepti<strong>di</strong>co intercatena [Rif. 9].<br />

Le cheratine biologiche, presenti in natura, a seconda della loro composizione,<br />

possono essere sud<strong>di</strong>vise in due classi:<br />

- -cheratine: ad alto contenuto <strong>di</strong> residui <strong>di</strong> cistina e quin<strong>di</strong> con un elevato<br />

numero <strong>di</strong> legami <strong>di</strong>sulfi<strong>di</strong>ci ( S S ) (quelle<br />

con un contenuto <strong>di</strong> cistina molto alto, fino al 22%, sono<br />

caratterizzate da durezza, rigi<strong>di</strong>tà e friabilità, sono presenti<br />

<strong>nelle</strong> corna e <strong>nelle</strong> unghie dei mammiferi, mentre<br />

quelle più flessibili (10-14% <strong>di</strong> cistina) sono contenute<br />

nella pelle, nei capelli e <strong>nelle</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>).<br />

19


20<br />

- -cheratine: ad elevato contenuto <strong>di</strong> residui <strong>di</strong> -amminoaci<strong>di</strong> con<br />

catene laterali a basso ingombro (glicina, alanina e serina)<br />

( sono contenute <strong>nelle</strong> squame, negli artigli e nei becchi<br />

dei rettili e degli uccelli) [7].<br />

Dalle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>, così come dai capelli, dalle corna, dalle unghie e<br />

dagli aculei dei mammiferi sono stati isolati tre <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> -cheratina:<br />

i) una frazione a basso contenuto <strong>di</strong> zolfo con peso molecolare<br />

pari a circa 40.000;<br />

ii) una frazione ad alto contenuto <strong>di</strong> zolfo avente un peso molecolare<br />

compreso tra 10.000 e 30.000;<br />

iii) una frazione ad elevato contenuto <strong>di</strong> tirosina caratterizzato<br />

da un peso molecolare inferiore a 10.000 [10].<br />

Come già precedentemente scritto, la <strong>struttura</strong> primaria <strong>di</strong> una proteina<br />

è definita oltre che dalla sua composizione e costituzione anche dalla<br />

sequenza in base alla quale i residui <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> si succedono lungo<br />

la catena macromolecolare.<br />

Le proteine, a basso contenuto <strong>di</strong> zolfo, che si ottengono dagli estratti<br />

della frazione microfibrillare delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>, sono composte da due<br />

famiglie (tipo I e tipo II).<br />

Le sequenze amminoaci<strong>di</strong>che delle cheratine <strong>di</strong> origine microfibrillare,<br />

appartenenti al tipo I [peso molecolare: 46674 Da (unità <strong>di</strong> massa atomica<br />

pari a 1,66 x 10 -27 Kg) e costituite da 412 residui], delle cheratine <strong>di</strong> tipo II<br />

[peso molecolare: 53681 Da; lunghezza <strong>di</strong> 491 residui] e delle cheratine<br />

ricavate dalla matrice amorfa e rigida, ad alto contenuto <strong>di</strong> zolfo [peso<br />

molecolare: 17603 Da e una lunghezza <strong>di</strong> 171residui] sono riportate,<br />

rispettivamente, <strong>nelle</strong> tabelle 4, 5 e 6 [11, 12, 13].<br />

Il confronto dei dati delle tabelle 4, 5 e 6 porta alla conclusione che frazioni<br />

<strong>di</strong> cheratine isolate dai vari elementi costitutivi presentano strutture<br />

primarie notevolmente <strong>di</strong>verse tra loro.<br />

La conoscenza della <strong>struttura</strong> primaria <strong>di</strong> una proteina è essenziale ai fini:<br />

i) della comprensione delle basi molecolari della sua attività<br />

biologica;<br />

ii) della deduzione delle regole che essendo alla base del processo<br />

<strong>di</strong> rotazione intorno ai legami dello scheletro molecolare<br />

determinano la sua geometria o conformazione spaziale<br />

e cioè quella che viene definita come <strong>struttura</strong> secondaria<br />

delle proteine.


Fig. 12: Esemplificazione del<br />

concetto <strong>di</strong> <strong>struttura</strong> primaria<br />

<strong>di</strong> una proteina nel caso <strong>di</strong> un<br />

pentapeptide. La sequenza<br />

pepti<strong>di</strong>ca, per consuetu<strong>di</strong>ne,<br />

parte sempre dal residuo N-terminale.<br />

I legami pepti<strong>di</strong>ci sono<br />

ombreggiati in colore [Rif. 8].<br />

21


22<br />

Tabella 4<br />

Sequenza amminoaci<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> cheratine afferenti al tipo I<br />

a basso contenuto <strong>di</strong> zolfo derivate dalla frazione<br />

microfibrillare degli estratti <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

(peso molecolare: 46674 Da*; lunghezza: 412 residui)**.<br />

10 20 30 40 50 60<br />

I I I I I I<br />

SFNFCLPNLS FRSSCSSRPC VPSSCCGTTL PGACNIPANV GSCNWFCEGS FDGNEKETMQ<br />

70 80 90 100 110 120<br />

I I I I I I<br />

FLNDRLASYL EKVRQLEREN AELESRILER SQQQEPLVCP NYQSYFRTIE ELQQKILCAK<br />

130 140 150 160 170 180<br />

I I I I I I<br />

SENARLVVQI DNAKLAADDF RTKYETELGL RQLVESDING LRRILDELTL CKSDLEAQVE<br />

190 200 210 220 230 240<br />

I I I I I I<br />

SLKEELICLK SNHEEEVNTL RSQLGDRLNV EVDAAPTVDL NRVLNETRAQ YEALVETNRR<br />

250 260 270 280 290 300<br />

I I I I I I<br />

DVEEWYIRQT EELNKQVVSS SEQLQSCQTE IIELRRTVNA LEVELQAQHN LRDSLENTLT<br />

310 320 330 340 350 360<br />

I I I I I I<br />

ETEARYSCQL NQVQSLISNV ESQLAEIRGD LERQNQEYQV LLDVRARLEC EINTYRGLLD<br />

370 380 390 400 410<br />

I I I I I<br />

SEDCKLPCNP CATTNACGKT ITPCISSPCA PAAPCTPCVP RSRCGPCNSY VR<br />

* Da= Dalton: unità <strong>di</strong> massa atomica (1 Da=1,66 x 10-27 Kg)<br />

** I residui <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> sono in<strong>di</strong>cati in maniera abbreviata con una lettera in conformità a quanto in<strong>di</strong>cato<br />

nella figura 9


Tabella 5<br />

Sequenza amminoaci<strong>di</strong>ca nel caso <strong>di</strong> cheratine afferenti al tipo<br />

II a basso contenuto <strong>di</strong> zolfo ottenute dalla frazione microfibrillare<br />

degli estratti <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> (peso molecolare: 53681 Da;<br />

lunghezza: 491 residui) (*), (**).<br />

10 20 30 40 50 60<br />

I I I I I I<br />

CGFSTVGSGF GSRAFSCVSA CGPRPGRCCI TAAPYRGISC YRGLTGGFGS RSVCGGFRAG<br />

70 80 90 100 110 120<br />

I I I I I I<br />

SCGRSFGYRS GGVCGPSPPC ITTVSVNESL LTPLNLEIDP NAQCVKQEEK EQIKCLNNRF<br />

130 140 150 160 170 180<br />

I I I I I I<br />

AAFIDKVRFL EQQNKLLETK LQFFQNRQCC ESNLEPLFEG YIETLRREAE CVEADSGRLS<br />

190 200 210 220 230 240<br />

I I I I I I<br />

SELNHVQEVL EGYKKKYEQE VALRATAENE FVALKKDVDC AYVRKSDLEA NSEALIQEID<br />

250 260 270 280 290 300<br />

I I I I I I<br />

FLRRLYQEEI RVLQANISDT SVIVKMDNSR DLNMDCIVAE IKAQYDDIAS RSRAEAESWY<br />

310 320 330 340 350 360<br />

I I I I I I<br />

RSKCEEIKAT VIRHGETLRR TKEEINELNR VIQRLTAEVE NAKCQNSKLE AAVTQAEQQG<br />

370 380 390 400 410 420<br />

I I I I I I<br />

EVALNDARCK LAGLEEALQK AKQDMACLLK EYQEVMNSKL GLDIEIATYR RLLEGEEQRL<br />

430 440 450 460 470 480<br />

I I I I I I<br />

CEGVGAVNVC VSSSRGGVVC GDLCVSGSRP VTGSVCSAPC SGNLAVSTGL CAPCGQLNTT<br />

490<br />

I<br />

CGGGSCSLGR C<br />

* Da= Dalton: unità <strong>di</strong> massa atomica (1 Da=1,66 x 10-27 Kg)<br />

** I residui <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> sono in<strong>di</strong>cati in maniera abbreviata con una lettera in conformità a quanto<br />

in<strong>di</strong>cato nella figura 9<br />

23


24<br />

Tabella 6<br />

Sequenza amminoaci<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> cheratine ad elevato<br />

contenuto in zolfo derivate dalla matrice rigida nella quale<br />

sono immerse le microfibrille (peso molecolare: 17603 Da;<br />

lunghezza: 171 residui) (*), (**).<br />

10 20 30 40 50 60<br />

I I I I I I<br />

ACCSTSFCGF PICSTGGTCG SSPCQPTCCQ TSCCQPTSIQ TSCCQPISIQ TSCCQPTSIQ<br />

70 80 90 100 110 120<br />

I I I I I I<br />

TSCCQPTCLQ TSGCETGCGI GGSIGYGQVG SSGAVSSRTR WCRPDCRVEG TSLPPCCVVS<br />

130 140 150 160 170<br />

I I I I I<br />

CTPPSCCQLY YAQASCCRPS YCGQSCCRPA CCCQPTCIEP ICEPSCCEPTC<br />

* Da= Dalton: unità <strong>di</strong> massa atomica (1 Da=1,66 x 10-27 Kg)<br />

** I residui <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> sono in<strong>di</strong>cati in maniera abbreviata con una lettera in conformità a quanto<br />

in<strong>di</strong>cato nella figura 9


c) Struttura secondaria delle -cheratine<br />

Una proteina è in grado <strong>di</strong> svolgere la sua funzione biologica solo se i<br />

gruppi atomici che si susseguono lungo lo scheletro delle catene polipepti<strong>di</strong>che<br />

si <strong>di</strong>spongono, dal punto <strong>di</strong> vista geometrico, secondo una<br />

conformazione regolare che permette alle macromolecole <strong>di</strong> aggregarsi<br />

in modo tale da potere realizzare una <strong>struttura</strong>zione tri<strong>di</strong>mensionale ben<br />

definita.<br />

Secondo T.E. Creighton, per <strong>struttura</strong> secondaria <strong>di</strong> una proteina deve<br />

intendersi:<br />

«any regular local structure of a linear segment of a polypeptide chain, such<br />

as an helix or an extended strand» [14].<br />

La <strong>struttura</strong> secondaria <strong>di</strong> una proteina, determinata dalla forma geometrica<br />

che la macromolecola assume nello spazio o nel mezzo nell’ambito<br />

del quale essa esplica la sua attività, è strettamente connessa alla sua<br />

<strong>struttura</strong> primaria ed ad una serie <strong>di</strong> altri fattori quali:<br />

- la lunghezza e gli angoli dei legami che si succedono lungo la catena<br />

macromolecolare;<br />

- le restrizioni imposte da interazioni steriche alle possibili conformazioni<br />

che limitano quin<strong>di</strong> le successioni dei valori degli angoli <strong>di</strong><br />

rotazione interna, intorno ai legami covalenti dello scheletro molecolare;<br />

- i legami secondari <strong>di</strong> tipo intramolecolare (legami ad idrogeno, <strong>di</strong>polo-<strong>di</strong>polo,<br />

salini, ecc.).<br />

c 1) Struttura molecolare e geometria del gruppo pepti<strong>di</strong>co<br />

Linus Pauling e Robert Corey, tra gli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso,<br />

determinarono, utilizzando la tecnica della <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X ad alto<br />

angolo, la <strong>struttura</strong> cristallina e molecolare <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> -amminoaci<strong>di</strong><br />

e <strong>di</strong> pepti<strong>di</strong> semplici.<br />

Il loro obiettivo era quello <strong>di</strong> trovare principi <strong>di</strong> carattere generale che<br />

potessero essere utilizzati anche per pre<strong>di</strong>re la <strong>struttura</strong> delle proteine allo<br />

stato solido cristallino.<br />

In particolare gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Pauling e Corey permisero <strong>di</strong>:<br />

i) determinare i valori degli angoli tra i legami e la lunghezza<br />

dei legami relativi al gruppo pepti<strong>di</strong>co;<br />

ii) stabilire per il gruppo pepti<strong>di</strong>co una conformazione rigida e<br />

25


26<br />

p<strong>lana</strong>re, conseguenza del fatto che il legame C N (legame<br />

pepti<strong>di</strong>co) possiede circa il 40% del carattere <strong>di</strong> doppio<br />

legame potendo risuonare tra le due possibili strutture:<br />

O<br />

C<br />

N<br />

iii) definire una <strong>di</strong>sposizione trans degli atomi <strong>di</strong> carbonio <br />

rispetto al legame C N (analoga <strong>di</strong>sposizione si verifica per<br />

l’idrogeno legato all’azoto e per l’ossigeno del carbonile)<br />

(figura 13).<br />

Nella figura 13 sono riportate, per il gruppo pepti<strong>di</strong>co in configurazione<br />

trans, le <strong>di</strong>mensioni standard delle lunghezze <strong>di</strong> legame (in angstrom,<br />

Å) e degli angoli <strong>di</strong> legame (in gra<strong>di</strong>) ottenute come me<strong>di</strong>a dei risultati <strong>di</strong><br />

determinazioni della <strong>struttura</strong> cristallina e molecolare ai raggi X <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong><br />

e <strong>di</strong> pepti<strong>di</strong> [15, 16].<br />

O<br />

C<br />

+<br />

N<br />

H H<br />

Fig. 13: Parametri <strong>struttura</strong>li (in angstrom, Å, e in gra<strong>di</strong>) del gruppo pepti<strong>di</strong>co (derivati dalla<br />

me<strong>di</strong>a dei risultati <strong>di</strong> determinazioni della <strong>struttura</strong> cristallina e molecolare <strong>di</strong> cristalli <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong><br />

e pepti<strong>di</strong> me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X) [Rif. 15].


c 2) Angoli <strong>di</strong> rotazione interna intorno ai legami semplici e conformazione<br />

dei polipepti<strong>di</strong> delle -cheratine<br />

Nel caso <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> quattro atomi ABCD uniti tra loro in sequenza<br />

come mostrato nella figura 14, l’angolo <strong>di</strong> rotazione interna () intorno<br />

al legame BC è determinato dall’angolo formato tra i piani specificati<br />

dai legami AB e BC e dai legami BC e CD. L’angolo <strong>di</strong><br />

torsione può essere negativo o positivo sulla base <strong>di</strong> una convenzione i<br />

cui criteri, facendo riferimento ai <strong>di</strong>agrammi <strong>di</strong> Newman e alle relative<br />

visioni prospettiche riprodotte nella figura 15, sono qui <strong>di</strong> seguito delineati,<br />

[4, 8].<br />

All’angolo viene attribuito un valore positivo se guardando lungo il<br />

legame BC, per portare l’atomo in posizione frontale (A o D a seconda<br />

che si guar<strong>di</strong> rispettivamente nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne B C oppure C B)<br />

ad eclissarsi rispetto all’atomo posteriore (D o A) è necessario effettuare<br />

una rotazione in senso orario (vedasi figura 15-a). Al contrario se per<br />

posizionare l’atomo frontale in posizione eclissata con quello posteriore<br />

bisogna ruotare in senso antiorario allora a viene attribuito un valore<br />

negativo (vedasi figura 15-b).<br />

Per convenzione all’angolo <strong>di</strong> torsione intorno al legame B C si<br />

assegna un valore <strong>di</strong> 0° quando i legami A B e C D si <strong>di</strong>spongono<br />

in una conformazione cis mentre in corrispondenza <strong>di</strong> una conformazione<br />

trans a viene attribuito un valore <strong>di</strong> ±180°.<br />

Lo scheletro <strong>di</strong> una macromolecola proteica può essere raffigurato<br />

me<strong>di</strong>ante una sequenza <strong>di</strong> gruppi pepti<strong>di</strong>ci p<strong>lana</strong>ri e rigi<strong>di</strong> legati tra loro<br />

Fig. 14: Schema per la definizione <strong>di</strong> angolo <strong>di</strong> rotazione interna () intorno al legame BC<br />

(vedasi testo).<br />

27


28<br />

15a<br />

15b<br />

Fig. 15: Definizione e segno dall’angolo <strong>di</strong> torsione intorno al legame BC relativo ad un sistema<br />

<strong>di</strong> quattro atomi ABCD.<br />

a) Diagrammi <strong>di</strong> Newman e relative visioni prospettiche relativi a valori positivi <strong>di</strong> .<br />

b) Diagrammi <strong>di</strong> Newman e relative visioni prospettiche per valori negativi <strong>di</strong> [Rif. 16].<br />

me<strong>di</strong>ante forti legami covalenti e la cui conformazione viene ad essere<br />

determinata dai valori degli angoli <strong>di</strong> rotazione interna e rispettivamente<br />

intorno ai legami CN e CC <strong>di</strong> ognuno dei suoi residui<br />

amminoaci<strong>di</strong>ci (figura 16) [15].<br />

In linea <strong>di</strong> principio sia che possono assumere ogni valore compreso<br />

tra –180° e +180° anche se considerazioni steriche ed energetiche<br />

portano alla conclusione che, per una catena polipepti<strong>di</strong>ca, solo poche<br />

conformazioni sono possibili.<br />

Attraverso l’analisi conformazionale (una meto<strong>di</strong>ca sviluppata negli anni<br />

‘60 da P.J. Flory e successivamente raffinata da G. C. Ramachandran e da<br />

molti altri [16, 17]), che correla le forme spaziali che una molecola può<br />

assumere nello spazio, senza mo<strong>di</strong>ficare la sua configurazione, con i<br />

rispettivi valori dell’energia potenziale, è stato possibile pre<strong>di</strong>re a tavolino<br />

le conformazioni più probabili dei residui <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> che si succedono<br />

lungo una macromolecola polipepti<strong>di</strong>ca. Il principio fondamentale su<br />

cui si basa l’analisi conformazionale è quello <strong>di</strong> derivare una funzione per<br />

l’energia potenziale rotazionale E (, ) e dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcolo appropriati<br />

attraverso cui sia possibile determinare il valore <strong>di</strong> E (, ) per ogni coppia<br />

<strong>di</strong> angoli <strong>di</strong> rotazione interna e e quin<strong>di</strong> costruire la mappa conformazionale<br />

o <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Ramachadran (Energy Contour Diagram).


L’energia potenziale totale <strong>di</strong> rotazione, per l’iesimo residuo <strong>di</strong> amminoacido<br />

in catena, viene descritta, dal punto <strong>di</strong> vista analitico, attraverso<br />

una funzione del tipo:<br />

E (i, i) = [Ekl (i, i) + Ed (i, i) + ETOR (i, i)] (1)<br />

kl<br />

Dove la sommatoria si estende a tutte le coppie <strong>di</strong> atomi k e l, non legati<br />

tra loro, la cui <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> separazione <strong>di</strong>pende dai valori <strong>di</strong> i, e i [8].<br />

Nella equazione (1), E d ( i, i) rappresenta il contributo energetico connesso<br />

al potenziale intrinseco del legame singolo intorno al quale avviene<br />

la rotazione. Quest’ultimo termine è da mettere in relazione al fatto<br />

che in<strong>di</strong>pendentemente dalle interazioni tra coppie <strong>di</strong> atomi non legati e<br />

a quelle elettrostatiche il legame stesso presenta una barriera <strong>di</strong> potenziale<br />

alla torsione [8].<br />

La funzione E kl [ i, i], descrive l’energia <strong>di</strong> interazione tra gli atomi k<br />

e l non legati. In generale l’andamento <strong>di</strong> E kl, come mostrato nella figura<br />

17, presenta, per un particolare valore della <strong>di</strong>stanza r kl, un minimo negativo<br />

in corrispondenza del quale tra i due atomi viene ad esercitarsi la<br />

massima energia <strong>di</strong> attrazione. Per <strong>di</strong>stanze inferiori si verificano forti<br />

Fig. 16: Raffigurazione <strong>di</strong> una parte <strong>di</strong><br />

catena polipepti<strong>di</strong>ca attraverso cui viene<br />

evidenziato il grado <strong>di</strong> libertà torsionale <strong>di</strong><br />

ogni unità pepti<strong>di</strong>ca. Gli unici movimenti<br />

possibili sono rotazioni intorno al legame<br />

CN () e intorno al legame CC<br />

(). Entrambi gli angoli <strong>di</strong> torsione sono<br />

uguali a 180° nella conformazione trans<br />

p<strong>lana</strong>re mostrata in figura [Rif. 15].<br />

29


30<br />

kl<br />

repulsioni e pertanto l’energia, al ridursi <strong>di</strong> r kl, passa rapidamente da valori<br />

negativi a positivi.<br />

Per larghe <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> separazione praticamente non si verificano interazioni<br />

(E kl0).<br />

I valori <strong>di</strong> r kl relativi al minimo della curva della figura 17 si ricavano<br />

dalle strutture molecolari e cristalline, risolte me<strong>di</strong>ante l’ausilio della <strong>di</strong>ffrattometria<br />

dei raggi X. Pertanto per ogni coppia <strong>di</strong> atomi l’espressione<br />

analitica <strong>di</strong> E kl [ i, i] viene tarata affinché essa presenti un minimo proprio<br />

in corrispondenza dei valori sperimentalmente trovati <strong>di</strong> r kl.<br />

Le <strong>di</strong>stanze minime <strong>di</strong> contatto, relative a coppie <strong>di</strong> atomi presenti in<br />

una catena polipepti<strong>di</strong>ca sono riportate nella tabella 7 [15, 19].<br />

La probabilità (p) affinché un residuo <strong>di</strong> amminoacido abbia energia E,<br />

secondo la legge <strong>di</strong> Boltzman, è data dalla seguente equazione:<br />

1<br />

E<br />

p = E X P [ ] (2)<br />

Z<br />

RT<br />

dove Z è la funzione <strong>di</strong> ripartizione:<br />

Ei Z = E X P [ ] (3)<br />

RT<br />

Fig. 17: Andamento dell’energia<br />

<strong>di</strong> interazione tra due atomi non<br />

legati (E kl ) (in particolare la curva<br />

si riferisce alla coppia H H) in<br />

funzione della <strong>di</strong>stanza r kl [Rif.<br />

8, 18].


Tabella 7<br />

Distanze <strong>di</strong> contatto limite per le più importanti coppie <strong>di</strong> atomi<br />

presenti lungo una catena polipepti<strong>di</strong>ca<br />

Tipo <strong>di</strong> contatto Permesso (Å) Fuori limite (Å)<br />

H H 2 1,9<br />

H O 2,4 2,2<br />

H N 2,4 2,2<br />

H C 2,4 2,2<br />

O O 2,7 2,6<br />

O N 2,7 2,6<br />

O C 2,8 2,7<br />

N N 2,7 2,6<br />

N C 2,9 2,8<br />

C C 3 2,9<br />

C CH2 3,2 3<br />

CH2 CH2 3,2 3<br />

Nella (3) la sommatoria è estesa a tutti i possibili valori o livelli <strong>di</strong> energia<br />

che il residuo <strong>di</strong> amminoacido può assumere in relazione agli angoli<br />

<strong>di</strong> torsione e . Dall’equazione (2) si conclude che le conformazioni più<br />

probabili sono quelle alle quali corrispondono valori <strong>di</strong> E più bassi [20].<br />

Esempi <strong>di</strong> energy contour <strong>di</strong>agram, calcolati utilizzando l’equazione<br />

(1), sono mostrati <strong>nelle</strong> figure 18 e 19 [8, 17]. In particolare la mappa<br />

conformazionale della figura 18 si riferisce al residuo della glicina, mentre<br />

quella della figura 19 al residuo della L-alanina. Dall’esame delle<br />

curve <strong>di</strong> livello della figura 18 si evince la presenza <strong>di</strong> due minimi simmetrici<br />

per = –80°, = +90° e per = +80°, = –90°.<br />

Nel caso della L-alanina (figura 19) è possibile osservare la presenza <strong>di</strong><br />

tre <strong>di</strong>stinte zone a bassa energia, esse sono etichettate con i numeri romani<br />

I, II e III.<br />

I punti a più bassa energia relativi alle zone I e II corrispondono a valori<br />

<strong>di</strong> i, i compatibili con una conformazione <strong>di</strong> tipo elicoidale.<br />

Mappe energetiche calcolate anche per altri residui <strong>di</strong> -amminoaci<strong>di</strong>,<br />

presentano una <strong>di</strong>stribuzione delle conformazioni possibili simili a quella<br />

mostrata dal residuo della L-alanina.<br />

31


32<br />

Fig. 18: Energy contour <strong>di</strong>agram relativo al residuo della glicina in una macromolecola pepti<strong>di</strong>ca.<br />

Le X in<strong>di</strong>cano due conformazioni a cui corrispondono valori minimi dell’energia potenziale<br />

[Rif. 8, 17].<br />

L’analisi conformazionale e la determinazione della energia potenziale<br />

in funzione degli angoli <strong>di</strong> torsione e , insieme alla determinazione<br />

della <strong>struttura</strong> cristallina e molecolare <strong>di</strong> alcuni polipepti<strong>di</strong> me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>ffrazione<br />

dei raggi X all’alto angolo confermarono l’ipotesi, avanzata da<br />

Pauling e Corey, secondo la quale le proteine possono assumere due possibili<br />

conformazioni, una <strong>di</strong> tipo elicoidale (chiamata -elica) e l’altra a<br />

foglietto ripiegato (denominata <strong>struttura</strong> ).<br />

c 3) La <strong>struttura</strong> -elicoidale dei polipepti<strong>di</strong><br />

In generale gli elementi che caratterizzano una <strong>struttura</strong> polipepti<strong>di</strong>ca<br />

elicoidale e regolare, facendo riferimento alla figura 20, sono:


- il passo (p) che rappresenta la <strong>di</strong>stanza che percorre un giro completo<br />

lungo il proprio asse;<br />

- il numero <strong>di</strong> unità pepti<strong>di</strong>che per giro (n);<br />

- l’incremento dell’elica per ogni unità ripetitiva (d=p/n).<br />

L’elica è caratterizzata da una chiralità, infatti essa può essere destrorsa<br />

oppure sinistrorsa; in particolare<br />

«una elica destrorsa gira nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne che le <strong>di</strong>ta della mano destra seguono<br />

quando la mano si chiude sull’asse dell’elica e il suo pollice è posto sull’asse<br />

dell’elica nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne in cui essa sta crescendo» [15].<br />

Nel 1950 L. Pauling e R. Corey sulla base <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> modellistica molecolare<br />

scoprirono quella che essi chiamarono l’-elica. Questa scoperta<br />

può essere considerata una delle pietre miliari della biochimica <strong>struttura</strong>le.<br />

L’-elica è una particolare organizzazione tri<strong>di</strong>mensionale delle catene<br />

Fig. 19: Energy contour <strong>di</strong>agram relativo al residuo della L-alanina presente in una catena polipepti<strong>di</strong>ca.<br />

La X in<strong>di</strong>ca un minimo nella funzione dell’energia potenziale [Rif. 8, 17].<br />

33


34<br />

Fig. 20: Elementi che caratterizzano una <strong>struttura</strong> elicoidale: il passo, p, il numero <strong>di</strong> unità ripetitive<br />

per giro, n, e l’incremento dell’elica per ogni unità ripetitiva, d=p/n. Le eliche destrorse o<br />

sinistrorse sono in<strong>di</strong>cate dal segno positivo o negativo davanti al valore <strong>di</strong> n. Per n=2, l’elica<br />

degenera in un nastro non chiralico. Per p=0, l’elica degenera in un anello chiuso [Rif.15].<br />

polipepti<strong>di</strong>che definita da una conformazione alla quale corrisponde un<br />

minimo <strong>di</strong> energia e quin<strong>di</strong> da una sequenza <strong>di</strong> angoli <strong>di</strong> torsione i i stericamente<br />

permessi. Inoltre questa conformazione viene stabilizzata da<br />

una favorevole <strong>di</strong>sposizione intracatena <strong>di</strong> legami a idrogeno.<br />

Se una catena polipepti<strong>di</strong>ca contiene solo residui <strong>di</strong> L--amminoaci<strong>di</strong>,<br />

l’-elica non può che essere <strong>di</strong> tipo destrorsa; mentre per una catena polipepti<strong>di</strong>ca<br />

fatta <strong>di</strong> soli D--amminoaci<strong>di</strong>, l’-elica è sinistrorsa.<br />

I parametri fondamentali che definiscono una -elica polipepti<strong>di</strong>ca<br />

destrorsa sono i seguenti:<br />

i) angoli <strong>di</strong> torsione e rispettivamente pari a –57° e – 47°;<br />

ii) numero <strong>di</strong> residui per giro (n) pari a 3,6;<br />

iii) un passo (p) uguale a 5,4 Å;<br />

iv) una traslazione lungo l’asse per residuo pari a 1,5 Å;<br />

v) un <strong>di</strong>ametro, tralasciando i gruppi laterali R, <strong>di</strong> circa 6 Å.<br />

Nel caso <strong>di</strong> un’-elica sinistrorsa, l’immagine speculare <strong>di</strong> quella<br />

destrorsa, i e i sono pari rispettivamente a +57° e +47° mentre n e p<br />

conservano lo stesso valore <strong>di</strong> quella destrorsa [15].<br />

In un’-elica destrogira il carbonile del gruppo pepti<strong>di</strong>co agisce da accettore<br />

<strong>di</strong> legami a idrogeno nei confronti del gruppo donatore pepti<strong>di</strong>co NH lontano<br />

in catena quattro residui. Questa particolare <strong>di</strong>sposizione porta a forti legami<br />

a idrogeno con una <strong>di</strong>stanza ottimale <strong>di</strong> 2,8 Å tra gli atomi <strong>di</strong> ossigeno e azoto.


Fig. 21: Raffigurazione <strong>di</strong> una -elica destrorsa<br />

relativa ad un polipeptide contenente solo residui<br />

<strong>di</strong> L--amminoaci<strong>di</strong>.<br />

Nella figura sono riportati solo gli atomi dello<br />

scheletro polipepti<strong>di</strong>co. I parallelogrammi in<strong>di</strong>cano<br />

il piano <strong>di</strong> ogni gruppo pepti<strong>di</strong>co [Rif. 8].<br />

Fig. 22: Proi<strong>ezio</strong>ne lungo l’asse <strong>di</strong><br />

un’-elica destrorsa polipepti<strong>di</strong>ca i cui<br />

residui sono tutti L--amminoaci<strong>di</strong>.<br />

Le catene laterali (i cerchi in verde in<br />

figura) sono tutti orientati verso l’esterno<br />

[Rif. 22].<br />

35


36<br />

Nel caso <strong>di</strong> una -elica destrorsa, orientata in maniera tale da presentarsi<br />

con l’N–terminale in alto e con il C–terminale alla base, i gruppi<br />

NH puntano verso il basso (figura 21), mentre quelli laterali puntano<br />

verso l’esterno (figura 22).<br />

La conformazione -elicoidale è una <strong>struttura</strong> molto compatta con<br />

<strong>di</strong>stanze tra atomi non <strong>di</strong>rettamente legati tra loro che sono molto vicine<br />

alle zone <strong>di</strong> massima energia <strong>di</strong> attrazione che corrispondono praticamente<br />

al minimo <strong>nelle</strong> curve <strong>di</strong> energia potenziale <strong>di</strong> cui un esempio è<br />

stato illustrato nella figura 17.<br />

L’-elica prevista da L. Pauling e R. Corey sulla base <strong>di</strong> considerazioni<br />

energetiche e steriche e sull’assunzione <strong>di</strong> parametri molecolari e<br />

conformazionali dedotti da stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> cristallografia molecolare su pepti<strong>di</strong><br />

modelli, trovò la sua conferma sperimentale con la risoluzione della strut-<br />

Fig. 23: La <strong>struttura</strong> secondaria e terziaria della Mioglobina consiste <strong>di</strong> tratti aventi una conformazione<br />

<strong>di</strong> -elica destrorsa (etichettati A, B … H in figura) legati tra loro me<strong>di</strong>ante tratti <strong>di</strong> catena<br />

ripiegate su loro stesse. L’insieme della <strong>struttura</strong> mostrata rappresenta un classico esempio <strong>di</strong><br />

<strong>struttura</strong> terziaria globulare <strong>di</strong> una proteina naturale [Rif. 8].


tura cristallina e molecolare della mioglobina, che permise <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare<br />

che ben 121 dei suoi 153 residui sono <strong>di</strong>sposti in sequenze secondo una<br />

conformazione <strong>di</strong> -elica destrorsa. La lunghezza <strong>di</strong> ognuna <strong>di</strong> queste<br />

sequenze varia da 7 a 26 residui <strong>di</strong> -amminoaci<strong>di</strong>. Le sequenze elicoidali,<br />

come evidenziato nella figura 23, attraverso ripiegamenti, formano<br />

nell’insieme una <strong>struttura</strong> terziaria <strong>di</strong> tipo globulare [8].<br />

c 4) La <strong>struttura</strong> a foglietto ripiegato<br />

L. Pauling e R. Corey, partendo dalle stesse considerazioni <strong>di</strong> base che<br />

portarono alla scoperta dell’-elica, nel 1951, ipotizzarono per i polipepti<strong>di</strong><br />

un’altra possibile <strong>struttura</strong> secondaria alla quale <strong>di</strong>edero il nome <strong>di</strong><br />

Struttura o Struttura a foglietto ripiegato (-pleated sheets).<br />

La <strong>struttura</strong> si caratterizza per il fatto che le macromolecole polipepti<strong>di</strong>che<br />

si <strong>di</strong>spongono le une rispetto alle altre, unite da forti legami a<br />

idrogeno <strong>di</strong> natura intermolecolare, formando strati aventi una configurazione<br />

a foglietto ripiegato. Tutti i legami pepti<strong>di</strong>ci sono impegnati nella<br />

formazione dei legami a idrogeno pertanto la <strong>struttura</strong> ne risulta fortemente<br />

stabilizzata. I gruppi R giacciono, come si evince dalla figura 24,<br />

sopra o sotto i piani secondo cui i foglietti sono ripiegati.<br />

L’impacchettamento delle catene polipepti<strong>di</strong>che in un foglietto ripiegato<br />

può essere <strong>di</strong> due tipi: antiparallelo e parallelo.<br />

Nel caso <strong>di</strong> una <strong>struttura</strong> antiparallela i legami a idrogeno si formano<br />

tra macromolecole vicine orientate in senso opposto. Questo tipo <strong>di</strong><br />

impacchettamento è illustrato nella figura 25-a dove l’orientamento<br />

rispetto ai gruppi terminali della macromolecola superiore è <strong>di</strong> tipo<br />

CN, mentre quella inferiore è <strong>di</strong> tipo NC.<br />

In un orientamento -parallelo i legami a idrogeno si esplicano tra due<br />

macromolecole a<strong>di</strong>acenti aventi la stessa orientazione CN e CN (figura<br />

25-b) [15].<br />

Nelle strutture le singole catene polipepti<strong>di</strong>che assumono una conformazione<br />

che è vicina a quella <strong>di</strong> una catena estesa con valori stimati degli<br />

angoli <strong>di</strong> torsione e rispettivamente pari a –119° e +113° [8].<br />

La <strong>di</strong>stanza assiale tra due residui <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> in sequenza è <strong>di</strong> 3,47<br />

Å contro gli 1,5 Å dell’-elica [22, 23].<br />

In molte proteine naturali, tra cui la fibroina prodotta dal baco della<br />

seta, è stato trovato che nel cristallo strutture , parallele e antiparallele,<br />

coesistono [22].<br />

Dal <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> Ramachandran, riportato nella figura 26, si ricava<br />

37


38<br />

Fig. 24: Struttura polipepti<strong>di</strong>ca a foglietto ripiegato (viene mostrato un foglietto ripiegato a due<br />

catene); sono messe in risalto sia la <strong>di</strong>sposizione dei piani pepti<strong>di</strong>ci che la tipologia <strong>di</strong> legami a<br />

idrogeno intermolecolare (linee tratteggiate) [Rif. 15].


Fig. 25: Le due possibili strutture polipepti<strong>di</strong>che a foglietto ripiegato:<br />

a) foglietto ripiegato antiparallelo;<br />

b) foglietto ripiegato parallelo [Rif. 15].<br />

39


40<br />

che sia le strutture [parallele ( p) e antiparallele ( a)], che quelle -elicoidali<br />

[destrogire ( r) e levogire ( l)] corrispondono a coppie <strong>di</strong> valori<br />

degli angoli <strong>di</strong> torsione e che cadono in zone energicamente e stericamente<br />

permesse a <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> come attraverso calcoli conformazionali<br />

sia stato possibile confermare quello che era stato solo previsto da<br />

Pauling a da Corey e che successivamente fu trovato sperimentalmente<br />

risolvendo la <strong>struttura</strong> cristallina e molecolare <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> proteine e<br />

<strong>di</strong> polipepti<strong>di</strong> sintetici.<br />

Fig. 26: Grafico <strong>di</strong> Ramachandran relativo al residuo della l-alanina.<br />

Sia le strutture antiparallele ( a ) e parallele ( p )], che quelle elicoidali [destrogire ( r ) e levogire<br />

( v )] corrispondono a coppie <strong>di</strong> valori degli angoli <strong>di</strong> rotazione interna e che cadono in<br />

zone permesse a più bassa energia (bianche nella figura). Le aree marroni in<strong>di</strong>cano conformazioni<br />

<strong>di</strong> minore stabilità. Le altre regioni identificano conformazioni proibite [Rif. 7].


d) La <strong>struttura</strong> fine delle -cheratine con particolare riguardo al<br />

caso delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>. Livelli <strong>struttura</strong>li (gerarchie) e architettura<br />

globale delle <strong>fibre</strong>.<br />

Nelle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> livelli <strong>struttura</strong>li e morfologici sono organizzati<br />

secondo un’articolata gerarchia. Questa architettura, che parte dalla <strong>struttura</strong><br />

primaria e secondaria delle singole macromolecole (<strong>di</strong>mensione<br />

molecolare), si realizza attraverso aggregazioni successive <strong>di</strong> elementi<br />

aventi <strong>di</strong>mensioni man mano crescenti (-eliche, protofibrille, microfibrille,<br />

macrofibrille e cellule).<br />

Le tecniche che hanno permesso negli anni <strong>di</strong> comprendere la <strong>struttura</strong><br />

fine delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>, sono fondamentalmente quelle basate sulla <strong>di</strong>ffrazione<br />

dei raggi X all’alto e basso angolo, la microscopia e la <strong>di</strong>ffrazione<br />

elettronica.<br />

Qui <strong>di</strong> seguito vengono evidenziate per ognuna delle metodologie<br />

sopraelencate, i risultati più importanti in base ai quali è stato possibile<br />

delucidare la natura degli elementi <strong>struttura</strong>li e morfologici delle cheratine<br />

fibrose.<br />

d 1) Diffrazione dei raggi X all’alto angolo<br />

Le cheratine possono essere classificate sulla base della tipologia dello<br />

spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X ad alto angolo. Le cheratine dei mammiferi<br />

(<strong>lana</strong>, capelli aculei <strong>di</strong> riccio, ecc.) presentano uno spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione<br />

dei raggi X comunemente denominato (figura 27-a).<br />

Le cheratine fibrose degli uccelli e dei rettili si caratterizzano per uno<br />

spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione, detto Feather pattern, che è sostanzialmente <strong>di</strong>verso<br />

da quello (figura 27-c). Le cheratine <strong>di</strong> tipo soft danno luogo ad uno<br />

spettro poco definito con due aloni molto slargati corrispondenti a perio<strong>di</strong>cità<br />

<strong>di</strong> circa 4,5 e 9,5 Å (figura 27-d).<br />

Un quarto tipo <strong>di</strong> spettro, detto (figura 27-b), mai osservato <strong>nelle</strong> cheratine<br />

native, si ottiene sottoponendo a <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X <strong>fibre</strong> <strong>di</strong><br />

cheratine meccanicamente stirate nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne dell’asse <strong>di</strong> fibra [24].<br />

Pertanto, sulla base del corrispondente pattern <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi<br />

all’alto angolo, le cheratine vengono classificate in: -cheratine, cheratine;<br />

feather cheratine e cheratine amorfe [24].<br />

Nello spettro delle -cheratine (<strong>lana</strong>, capelli, ecc.) (figura 27-a) si<br />

osservano due riflessi meri<strong>di</strong>onali (a 5,15 Å (0,51 m) e a 1,5 Å (0,15<br />

m)) e un riflesso equatoriale a circa 9,8 Å (0,98 m) [25, 26].<br />

41


42<br />

Fig. 27: Classificazione delle cheratine sulla base del loro spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X<br />

all’alto angolo:<br />

a) spettro-, ottenuto dagli aculei <strong>di</strong> riccio;<br />

b) spettro-, ottenuto da aculei <strong>di</strong> riccio meccanicamente stirati nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne assiale;<br />

c) spettro Feather, ottenuto dalle rachi<strong>di</strong> <strong>di</strong> penne <strong>di</strong> gabbiano;<br />

d) spettro amorfo, mostrato dalle cheratine prive <strong>di</strong> una <strong>struttura</strong> secondaria regolare [Rif. 24].<br />

Questi riflessi sono relativi a <strong>di</strong>stanze interp<strong>lana</strong>ri (perio<strong>di</strong>cità) del reticolo<br />

cristallino che non corrispondono a quelle trovate sperimentalmente<br />

in alcuni polipepti<strong>di</strong> sintetici [poli (L-alanina) e poli (-metile-L-glutammato)]<br />

i quali presentano una <strong>struttura</strong>, caratterizzata da un impacchettamento,<br />

nei cristalli, <strong>di</strong> singole -eliche <strong>di</strong>sposte parallelamente le une<br />

rispetto alle altre, che dà luogo a due forti riflessi, spostati rispetto alla<br />

linea meri<strong>di</strong>onale dello spettro, a cui corrisponde una perio<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> strato<br />

<strong>di</strong> 5,4 Å (0.54 m) che si identifica con il valore del passo, tipico dell’-elica<br />

destrorsa prevista da Pauling e Corey.<br />

Per interpretare il pattern degli spettri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X all’al-


Fig. 28: Rappresentazione <strong>di</strong>agrammatica<br />

della <strong>di</strong>stribuzione dei residui <strong>di</strong> -amminoaci<strong>di</strong><br />

in:<br />

a) una -elica singola;<br />

b) una -elica che si spiralizza;<br />

c) un superavvolgimento a corda spiralizzata<br />

fatto <strong>di</strong> due -eliche [Rif. 24].<br />

Fig. 29: Modello coiled-coil per le -cheratine.<br />

In figura viene mostrata l’elica minore e<br />

cioè l’-elica insieme con l’elica maggiore<br />

ottenuta dalla spiralizzazione dell’asse dell’elica<br />

minore. Il passo P (Pitch) dell’elica maggiore<br />

è più lungo del passo p dell’elica minore<br />

[Rif. 25].<br />

to angolo delle -cheratine e spiegare la presenza del riflesso meri<strong>di</strong>onale<br />

a 5,15 Å, Crick e Pauling e Corey, nel 1953, in<strong>di</strong>pendentemente gli uni<br />

dall’altro, avanzarono l’ipotesi <strong>di</strong> un modello basato sul concetto <strong>di</strong> superavvolgimento<br />

<strong>di</strong> -eliche (modello coiled coil) [24] in base al quale l’asse<br />

<strong>di</strong> ogni -elica (l’elica minore) descrive a sua volta un cammino spiraliforme<br />

(elica maggiore) (figura 28 e 29) [3, 24, 25].<br />

Nel modello coiled-coil il senso <strong>di</strong> rotazione dell’elica maggiore è levogiro<br />

se quello dell’-elica originale è destrogiro [28].<br />

Crick (1953), Long (1956), Ramachandran (1960), Fraser et al. (1964),<br />

Parry e Suzuki (1969) e molti altri autori hanno sviluppato una serie <strong>di</strong><br />

importanti stu<strong>di</strong> che partendo dal modello coiled coil si ponevano l’obiettivo<br />

<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re il pattern <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X all’alto angolo<br />

delle -cheratine e la <strong>di</strong>stribuzione delle intensità delle riflessioni [29]. I<br />

risultati <strong>di</strong> questi stu<strong>di</strong> hanno portato alle seguenti conclusioni:<br />

i) <strong>nelle</strong> -cheratine allo stato cristallino due o tre -eliche si<br />

impacchettano tra loro non in maniera parallela, ma dando<br />

43


44<br />

luogo ad una <strong>struttura</strong> a corda dove i singoli elementi (le eliche)<br />

spiralizzano tra loro (figure 28 e 29);<br />

ii) l’impacchettamento che viene a realizzarsi (figura 28-c) è tale<br />

da riempire in maniera ottimale lo spazio poiché i gruppi laterali<br />

<strong>di</strong> una -elica vanno a <strong>di</strong>sporsi nello spazio libero che si<br />

trova tra due gruppi laterali dell’altra elica, oppure delle altre<br />

due eliche in un sistema a tre eliche (knob-hole packing);<br />

iii) sia il modello coiled coil a due -eliche che quello a tre eliche<br />

porta a pre<strong>di</strong>re una serie <strong>di</strong> riflessi meri<strong>di</strong>onali che<br />

sono or<strong>di</strong>ni superiori <strong>di</strong> 1,03 m con una perio<strong>di</strong>cità prodotta<br />

dalla proi<strong>ezio</strong>ne assiale <strong>di</strong> una unità asimmetrica <strong>di</strong> sette<br />

residui <strong>di</strong> -amminoaci<strong>di</strong>. Le riflessioni osservate sperimentalmente<br />

a 0,51 m e 0,15 m rappresentano rispettivamente<br />

il secondo e settimo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> questo periodo <strong>di</strong> ripetizione.<br />

In particolare il secondo or<strong>di</strong>ne corrisponde ad una<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> crescita lungo l’asse pari a 3,5 residui, valore<br />

quest’ultimo che è molto vicino a 3,6 che rappresenta il<br />

numero <strong>di</strong> residui in un giro dell’-elica destrorsa. Il settimo<br />

or<strong>di</strong>ne corrisponde, invece, esattamente con lo spostamento<br />

lungo l’asse <strong>di</strong> un residuo <strong>di</strong> amminoacido. Un esempio<br />

schematico <strong>di</strong> modello <strong>di</strong> superavvolgimento <strong>di</strong> -eliche<br />

a formare corde spiralizzate è mostrato nella figura 30 [7].<br />

d 2) Diffrazione dei raggi X al basso angolo<br />

La <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X al basso angolo permette <strong>di</strong> avere informazioni<br />

relative alla presenza <strong>di</strong> motivi <strong>struttura</strong>li che si ripetono con regolarità<br />

a <strong>di</strong>stanze molto più gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelle relative alle <strong>di</strong>mensioni atomiche<br />

e molecolari.<br />

Nello spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione al basso angolo delle -cheratine fibrose si<br />

osservano due riflessi equatoriali a 86,45 e 28 Å. Queste perio<strong>di</strong>cità forniscono<br />

importanti informazioni circa il modo <strong>di</strong> impacchettarsi delle<br />

macromolecole tra loro (figura 31) [24].<br />

Wood e Tyson [30] nel 1966 elaborarono un modello, detto a cavo elettrico,<br />

che teneva in considerazione anche le osservazioni effettuate da<br />

altri autori me<strong>di</strong>ante microscopia elettronica in trasmissione su s<strong>ezio</strong>ni<br />

trasversali all’asse <strong>di</strong> fibra (vedasi prossimo paragrafo) e che facendo


Fig. 30: Rappresentazione schematica <strong>di</strong> superavvolgimenti<br />

<strong>di</strong> più -eliche a formare corde<br />

spiralizzate [Rif. 7].<br />

riferimento alla figura 32, prevedeva:<br />

i) un primo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> aggregazione dove due o tre -eliche,<br />

avvitate tra loro in senso sinistrorso, secondo una configurazione<br />

a spirale superavvolta a fune, formano una protofibrilla<br />

(<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa 20 Å);<br />

ii) un secondo sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> aggregazione dove un<strong>di</strong>ci protofibrille<br />

(9 <strong>di</strong>sposte lungo la circonferenza <strong>di</strong> un cerchio regolare e<br />

due al centro) si impacchettano dando luogo alla costituzione<br />

<strong>di</strong> una microfibrilla (<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa 80 Å).<br />

Questo modello spiegherebbe i riflessi equatoriali osservati nello spettro<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X al basso angolo. Infatti il riflesso a 27 Å<br />

misurerebbe la <strong>di</strong>stanza tra i centri <strong>di</strong> due protofibrille mentre quello a 86<br />

Å deriverebbe dalla perio<strong>di</strong>cità connessa alla <strong>di</strong>stanza tra due microfibrille<br />

a<strong>di</strong>acenti tenendo conto del fatto che sia le protofibrille che le<br />

microfibrille sono cementate tra loro da una matrice amorfa ad elevato<br />

contenuto <strong>di</strong> zolfo.<br />

Lo spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X al basso angolo delle -cheratine<br />

(figura 31) presenta una serie <strong>di</strong> riflessi meri<strong>di</strong>onali. Alcuni autori hanno<br />

interpretato questi riflessi come vari or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una perio<strong>di</strong>cità, normale<br />

all’asse <strong>di</strong> fibra, pari a 198 Å che coinciderebbe con il passo dell’elica<br />

45


46<br />

Fig. 31: Lo spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X al basso<br />

angolo <strong>di</strong> -cheratine fibrose presenta riflessi meri<strong>di</strong>onali<br />

ed equatoriali corrispondenti rispettivamente a<br />

perio<strong>di</strong>cità lungo l’asse <strong>di</strong> fibra e in <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne trasversale<br />

[Rif. 24].<br />

Fig. 32: Il processo <strong>di</strong> aggregazione<br />

delle -eliche secondo il modello a cavo<br />

<strong>di</strong> Wood e Tyson prevede i seguenti<br />

sta<strong>di</strong>:<br />

a) Due o tre -eliche spiralizzando tra<br />

loro vanno a formare una protofibrilla<br />

(<strong>di</strong>ametro ~20 Å);<br />

b) Un<strong>di</strong>ci protofibrille associandosi (9<br />

lungo la circonferenza esterna e 2 al<br />

centro) danno luogo ad una microfibrilla<br />

(<strong>di</strong>ametro ~ 80 Å) [Rif.25].


maggiore derivante dalla spiralizzazione <strong>di</strong> due -eliche (coiled coil o<br />

rope model).<br />

Nel 1972 G.A. Wilson [28] ha proposto un modello per le -cheratine<br />

congruente con il pattern dello spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X al basso<br />

angolo. Questo modello, schematicamente riportato nella figura 33, si<br />

caratterizza per i seguenti elementi:<br />

- la matrice amorfa, che circonda le protofibrille, consiste essenzialmente<br />

<strong>di</strong> macromolecole cheratiniche contenenti segmenti <strong>di</strong> catena<br />

costituiti da tratti (lunghi 25 Å) aventi una conformazione -elicoidale<br />

or<strong>di</strong>nata e da tratti <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nati;<br />

- il residuo cistinico (mezzoresiduo è rappresentato nella parte (a) della<br />

figura 33 dal simbolo “o”) è localizzato nei segmenti con <strong>struttura</strong><br />

irregolare; i legami <strong>di</strong>sulfi<strong>di</strong>ci contribuiscono a rendere rigida la <strong>struttura</strong><br />

della matrice;<br />

- nella matrice le varie unità elementari sono orientate a caso eccetto<br />

nella regione nella quale vanno a formare la superficie delle singole<br />

microfibrille dove tendono ad orientarsi lungo l’asse <strong>di</strong> fibra;<br />

- una protofibrilla, situata alla periferia della microfibrilla consiste in un<br />

superavvolgimento a fune <strong>di</strong> tre -eliche inter<strong>di</strong>sperso, a intervalli<br />

regolari, da s<strong>ezio</strong>ni non elicoidali (irregolari);<br />

- l’unità <strong>di</strong> base, costituita dal tratto elicoidale più il tratto a <strong>struttura</strong><br />

irregolare, è lunga 66 Å;<br />

- il modello presenta due perio<strong>di</strong>cità; la prima pari a 66 Å è relativa alla<br />

<strong>di</strong>stanza tra gruppi cistinici, tutti contenuti <strong>nelle</strong> regioni <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate<br />

(mezzo residuo è rappresentato dal simbolo “o” nella parte b della<br />

figura 33), mentre la seconda pari a 39,5 Å, misura la <strong>di</strong>stanza tra<br />

gruppi cistinici <strong>di</strong>stribuiti in maniera irregolare lungo l’asse <strong>di</strong> fibra,<br />

infatti essi possono essere localizzati sia nei tratti amorfi che in quelli<br />

cristallini e regolari (mezza unità <strong>di</strong> questi residui cistinici è rappresentata<br />

dal simbolo “X” nella parte b della figura 33);<br />

- forti legami <strong>di</strong>sulfi<strong>di</strong>ci tra macromolecole <strong>di</strong>verse appartenenti alla<br />

matrice e alla superficie delle protofibrille contribuiscono a rendere la<br />

<strong>struttura</strong> molto rigida [28, 25].<br />

47


48<br />

Fig. 33: Il modello <strong>di</strong><br />

microfibrilla proposto da<br />

Wilson per interpretare il<br />

pattern <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei<br />

raggi X al basso angolo<br />

delle -cheratine e in particolare<br />

delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

(per spiegazioni vedasi<br />

testo) [Rif. 27, 25].<br />

Dalle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> è possibile estrarre frazioni <strong>di</strong> cheratine aventi una<br />

<strong>di</strong>versa <strong>struttura</strong> molecolare. In particolare quando si sottopone la cheratina<br />

fibrosa prima a reazione <strong>di</strong> riduzione e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> alchilazione si isolano<br />

tre <strong>di</strong>stinte frazioni:<br />

- Frazione A: a basso contenuto <strong>di</strong> zolfo (s-carbossimetil-cheratina-<br />

SCMKA).<br />

- Frazione B: ad alto contenuto <strong>di</strong> zolfo (s-carbossimetil-cheratina-<br />

SCMKB).<br />

- Frazione C: ad alto contenuto <strong>di</strong> glicina e tirosina.


Le proteine SCMKA hanno un contenuto in -elica pari a circa il 50%<br />

e un peso molecolare compreso tra 4,5 e 6x10 3 . Le frazioni B e C non<br />

contengono -eliche e le macromolecole costituenti hanno un peso<br />

molecolare rispettivamente <strong>di</strong> 11-28x10 3 e 11-13x10 3 . Da quanto sopra<br />

scaturisce l’ipotesi che la matrice, nella quale sono immerse le protofibrille<br />

e le fibrille, sia principalmente costituita da proteine SCMKB e da<br />

proteine ad alto contenuto <strong>di</strong> glicina e tirosina mentre le eliche superavvolte<br />

delle protofibrille abbiano come componente principale le proteine<br />

SCMKA.<br />

Il fatto che i riflessi meri<strong>di</strong>onali al basso angolo, al contrario <strong>di</strong> quanto<br />

osservato sull’equatore, siano molto netti, in<strong>di</strong>ca che nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne<br />

dell’asse <strong>di</strong> fibra vi debba essere un elevato grado <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne che si protrae<br />

per <strong>di</strong>stanze relativamente lunghe. Pertanto è lecito ipotizzare che le<br />

microfibrille siano caratterizzate da un alto valore della cristallinità e<br />

questo spiegherebbe l’elevata stabilità meccanica delle <strong>fibre</strong> sottoposte a<br />

deformazioni assiali [3].<br />

Queste ultime considerazioni sono in accordo con le osservazioni <strong>di</strong><br />

alcuni autori in base alle quali la perio<strong>di</strong>cità, lungo l’asse, dedotta dagli<br />

spacing delle riflessioni al basso angolo non sarebbe 19,8 m (198 Å)<br />

bensì molto più elevata e cioè uguale a 47,0 m (470 Å) (Fraser e<br />

MacRae-1971) [31] e ad<strong>di</strong>rittura pari a 121,3 m (1213 Å) secondo<br />

Crewther (1973) [32].<br />

d 3)Microscopia elettronica ed ottica<br />

Tecniche <strong>di</strong> microscopia, accoppiate a sofisticate metodologie <strong>di</strong> preparazione<br />

dei campioni, hanno permesso <strong>di</strong> delucidare alcuni aspetti<br />

concernenti la <strong>struttura</strong> fine delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> ed in generale delle -cheratine<br />

fibrose.<br />

Informazioni <strong>di</strong> grande rilevanza sono state ottenute esaminando s<strong>ezio</strong>ni<br />

sottili trasversali della parte centrale <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> e quelle longitu<strong>di</strong>nali<br />

me<strong>di</strong>ante microscopia elettronica in trasmissione ad alta risoluzione.<br />

Per aumentare il contrasto le s<strong>ezio</strong>ni sono state sottoposte a proce<strong>di</strong>menti<br />

<strong>di</strong> staining basati sull’utilizzo <strong>di</strong> tetra-ossido <strong>di</strong> osmio, <strong>di</strong> idrossido<br />

<strong>di</strong> piombo e <strong>di</strong> acido fosforo-tungstenico [10, 25].<br />

Esempi significativi <strong>di</strong> micrografie elettroniche relative a s<strong>ezio</strong>ni trasversali<br />

<strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino, ottenute ad ingran<strong>di</strong>menti crescenti, sono<br />

mostrati <strong>nelle</strong> figure 34, 35, 36, 37 e 38, mentre nella figura 39 è riprodotta<br />

una micrografia elettronica che si riferisce ad una s<strong>ezio</strong>ne sottile<br />

49


50<br />

Fig. 34: Micrografia elettronica della s<strong>ezio</strong>ne trasversale <strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino trattata con<br />

acido fosforo tungstenico per aumentare il contrasto (8.400 x) [Rif. 10].<br />

longitu<strong>di</strong>nale [10, 24, 25].<br />

Le osservazioni condotte ad ingran<strong>di</strong>menti relativamente bassi (~8000<br />

x) permettono <strong>di</strong> avere una visione <strong>di</strong> insieme <strong>di</strong> tutta la s<strong>ezio</strong>ne trasversale<br />

relativa alla parte centrale (corticale) delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>. In particolare,<br />

come si ricava dalla micrografia della figura 34, a questi ingran<strong>di</strong>menti<br />

vengono evidenziate le varie cellule corticali, già descritte precedentemente<br />

nel presente capitolo, che compongono il cortice che rappresenta<br />

circa il 90% della massa totale della fibra nel caso delle lane fini,<br />

come le merine, che non presentano midollo centrale.<br />

Un esame approfon<strong>di</strong>to condotto me<strong>di</strong>ante l’ausilio della microscopia<br />

elettronica ad alta definizione rivela la presenza dei due tipi <strong>di</strong> cellule


Fig. 35: S<strong>ezio</strong>ne trasversale <strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong> trattata con un colorante (il janus green) al fine<br />

<strong>di</strong> mostrare il comportamento asimmetrico nei confronti dell’accessibilità al colorante. La parte<br />

accessibile è quella in<strong>di</strong>cata come “DA” (Dye-Accesible) in figura, quella non accessibile al<br />

colorante è etichettata in figura come “NON DA” [Da M. Horio e T. Kondo in Rif. 33].<br />

corticali: cellule corticali “orto” (orto-cortex) e “para” (para-cortex) le<br />

quali si <strong>di</strong>fferenziano tra loro non solo per come appaiono al microscopio<br />

elettronico ma anche per la loro reattività chimica e per lo spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione<br />

elettronico. E’ stato <strong>di</strong>mostrato che le cellule orto sono più reattive<br />

(si tingono più facilmente) e si rigonfiano in misura maggiore in un<br />

ambiente basico (figura 35) [2, 25, 33].<br />

Le cellule orto-cortex e para-cortex, a seconda dell’origine delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>lana</strong> possono essere presenti nel cortex in percentuali <strong>di</strong>verse e con una<br />

<strong>di</strong>versa <strong>di</strong>stribuzione. Nelle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino, dove il contenuto <strong>di</strong> cellule<br />

orto e para è praticamente uguale, esse si <strong>di</strong>spongono in modo tale da<br />

51


52<br />

costituire due semicilindri affiancati, avvolti ad elica (figura 40) dando<br />

luogo ad una <strong>struttura</strong> bilaterale del cortice che determina il classico fenomeno<br />

dell’arricciatura delle fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong> (vedasi capitolo successivo).<br />

Le cellule corticali <strong>di</strong> tipo orto, rispetto alle para, contengono un più<br />

elevato numero <strong>di</strong> protofobrille e una minore percentuale <strong>di</strong> matrice<br />

amorfa. A loro volta le cellule para si caratterizzano per un più elevato<br />

numero <strong>di</strong> cross-link <strong>di</strong>sulfi<strong>di</strong>ci.<br />

Le proprietà delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> <strong>di</strong>pendono fortemente dalla <strong>struttura</strong> del<br />

cortice, il quale è costituito da milioni <strong>di</strong> cellule corticali [2, 9].<br />

Ingran<strong>di</strong>menti più alti (figura 36 e 37) mettono in risalto la presenza <strong>di</strong><br />

microfibrille, inter<strong>di</strong>sperse in una matrice amorfa, le quali si raggruppano<br />

in macrofibrille, i cui contorni sono bene evidenziati in figura 36. Il<br />

<strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> queste macrofibrille si aggira me<strong>di</strong>amente intorno ai<br />

200 nm. Le microfibrille sono separate tra loro attraverso una matrice ad<br />

elevato contenuto <strong>di</strong> cistina e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> zolfo. Ogni macrofibrilla nel suo<br />

insieme si comporta come un’unica unità dal punto <strong>di</strong> vista meccanico.<br />

Le micro fibrille, come risulta chiaramente dalla micrografia elettronica<br />

riprodotta nella figura 37 si <strong>di</strong>spongono secondo un impacchettamen-<br />

Fig. 36: Micrografia elettronica della s<strong>ezio</strong>ne trasversale <strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong> capello. Le microfibrille,<br />

immerse in una matrice, sono raggruppate tra loro in unità più larghe (macrofibrille) aventi un<br />

<strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 200 nm [Rif. 3].


to pseudo esagonale. Il loro <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o risulta essere pari a circa 7,0<br />

m (70 Å) mentre la <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a tra i centri <strong>di</strong> due microfibrille è <strong>di</strong><br />

circa 8,3 m (83 Å).<br />

L’osservazione delle s<strong>ezio</strong>ni sottili trasversali ad ingran<strong>di</strong>menti molto<br />

elevati (>500.000x) evidenzia la <strong>struttura</strong> fine delle singole microfibrille<br />

(fig. 38) la quale risulta essere congruente con il modello a cavo, precedentemente<br />

illustrato, in base al quale ogni microfibrilla è costituita da 11<br />

protofibrille elementari, 9 delle quali <strong>di</strong>sposte lungo la circonferenza<br />

esterna e 2 al centro (organizzazione 9+2) (vedasi figura 32).<br />

L’analisi delle s<strong>ezio</strong>ni tagliate longitu<strong>di</strong>nalmente e cioè parallelamente<br />

all’asse della fibra evidenziano la presenza <strong>di</strong> strutture che confermano la<br />

<strong>struttura</strong> microfibrillare e macrofibrillare della <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> (fig. 39).<br />

Fig. 37: Micrografia elettronica<br />

relativa alla s<strong>ezio</strong>ne<br />

trasversale della parte<br />

centrale <strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong><br />

<strong>lana</strong> ad ingran<strong>di</strong>mento<br />

molto più elevato <strong>di</strong> quello<br />

della figura 35 (275.000<br />

x). Viene evidenziata la<br />

presenza <strong>di</strong> microfibrille<br />

che aggregandosi vanno a<br />

costituire le macrofibrille<br />

[Rif. 10].<br />

53


54<br />

Fig. 38: a) Micrografia<br />

elettronica <strong>di</strong> una s<strong>ezio</strong>ne<br />

trasversale del paracortex<br />

<strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino<br />

(stained con tetraossido <strong>di</strong><br />

osmio e idrossido <strong>di</strong> piombo).<br />

E’ visibile la <strong>struttura</strong><br />

ring-core delle microfibrille.<br />

b) Microfibrille isolate<br />

dalla ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un capello<br />

dopo trattamento con chemotripsina<br />

– stained con<br />

acetato <strong>di</strong> uranile [Rif. 24].<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong>verse (microscopia ottica ed elettronica, <strong>di</strong>ffrazione<br />

elettronica, <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X all’alto e al basso angolo, ecc.)<br />

ha permesso <strong>di</strong> delucidare la <strong>struttura</strong> fine delle -cheratine fibrose ed in<br />

particolare delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>. E’ stato possibile definire i vari livelli <strong>struttura</strong>li<br />

attraverso cui dalla singola macromolecola (<strong>struttura</strong> primaria e<br />

secondaria) me<strong>di</strong>ante successive aggregazioni (protofibrille, micro fibrille,<br />

macrofibrille, cellule corticali) si viene a costituire la fibra così come<br />

si presenta nei velli delle pecore.<br />

Una chiara ed esemplificativa rappresentazione che mette in risalto i<br />

processi evolutivi delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> è mostrata nella figura 41 [31].<br />

Il processo <strong>di</strong> crescita delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> segue un preciso “programma<br />

genetico” che facendo riferimento alla figura 42 prevede la sequenza dei<br />

seguenti sta<strong>di</strong>:<br />

i) formazione, nella parte centrale del bulbo pilifero, <strong>di</strong> macromolecole<br />

proteiche elicoidali (con un relativamente basso contenuto <strong>di</strong> cistina)


le quali aggregandosi tra loro vanno a costituire le protofibrille;<br />

ii) sintesi, nella parte superiore del bulbo pilifero, delle proteine<br />

della matrice amorfa che va a circondare e a cementare tra loro<br />

le varie protofibrille.<br />

Il rigoroso programma genetico impone alle macromolecole non solo<br />

una conformazione -elicoidale-destrorsa ma anche una particolare<br />

<strong>di</strong>sposizione <strong>nelle</strong> protofibrille in base alla quale i gruppi laterali “R” più<br />

ingombranti <strong>di</strong> una macromolecola vengono accomodati <strong>nelle</strong> rientranze<br />

delle macromolecole a<strong>di</strong>acenti che partecipano alla formazione delle<br />

super-eliche (modello knob-hole) facilitando altresì l’attivazione <strong>di</strong> forti<br />

legami intermolecolari.<br />

Fig. 39: Micrografia elettronica<br />

<strong>di</strong> una s<strong>ezio</strong>ne longitu<strong>di</strong>nale<br />

della parte<br />

interna <strong>di</strong> una fibra <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

(450.000 x) [Rif. 6].<br />

55


56<br />

Fig. 40: Visione longitu<strong>di</strong>nale che mostra due cellule corticali <strong>di</strong> tipo orto e para che crescendo<br />

si avviluppano tra <strong>di</strong> loro in una <strong>struttura</strong> a spirale che a livello macroscopico si evidenzia attraverso<br />

l’arricciatura delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> [Rif. 9].<br />

Fig. 41: La <strong>struttura</strong> fine delle<br />

<strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong> merino. Sono<br />

riportati i vari livelli <strong>struttura</strong>li<br />

e gerarchie a partire da quello<br />

molecolare [Rif. 9].


Fig. 42: Gli sta<strong>di</strong> evolutivi relativi alla crescita delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>: dall’-elica alle cellule corticali<br />

e alla cuticola [Rif. 34, 35].<br />

57


58<br />

e) Il polimorfismo conformazionale delle -cheratine: la transizione<br />

delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

Le <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>, in ambiente umido, possono essere deformate, me<strong>di</strong>ante<br />

stiro uniassiale, fino a raggiungere una lunghezza che è quasi doppia<br />

<strong>di</strong> quella iniziale.<br />

Questo processo (che è irreversibile) a livello molecolare comporta la<br />

rottura dei legami <strong>di</strong>sulfi<strong>di</strong>ci nella matrice amorfa, e lo sgomitolo delle eliche<br />

destrogire con fusione dei cristalli. Le macromolecole si <strong>di</strong>stendono<br />

assumendo una conformazione <strong>di</strong> tipo e quin<strong>di</strong> si riaggregano tra<br />

loro (ricristallizzazione) dando luogo ad una <strong>struttura</strong>zione a foglietto<br />

ripiegato (-pleated sheet-structure), analoga a quella che si osserva nel<br />

caso della fibroina della seta, con conseguente riarrangiamento dei legami<br />

ad idrogeno che passano da una <strong>struttura</strong>zione <strong>di</strong> tipo intramolecolare<br />

a quella intermolecolare [36].<br />

Questa transizione delle <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong>, dalla <strong>struttura</strong> “” a quella “”,<br />

schematicamente rappresentata nella figura 43, può essere documentata<br />

confrontando lo spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X all’alto angolo relativo<br />

alla fibra tal quale (figura 44-a) e alla fibra stirata del 100% in presenza<br />

<strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà (figura 44-b) [37].<br />

Come si ricava dalla figura 44-b nello spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X<br />

delle cheratine nella forma si osserva un riflesso meri<strong>di</strong>onale a 0,33 μm<br />

e due riflessi equatoriali a 0,46 μm e a 0,94 μm [1].<br />

Fig. 43: Raffigurazione schematica della transizione che si verifica quando le <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> <strong>lana</strong><br />

vengono stirate in ambiente umido.<br />

In figura la forza viene applicata nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne assiale (vedasi freccia) [Rif. 36].


Nel 1931 W.T. Astbury propose per le -cheratine una cella elementare<br />

ortorombica con i seguenti parametri [38]:<br />

a= 0,93 μm (9,3 Å);<br />

b= 0,66 μm (6,6 Å) (asse <strong>di</strong> fibra);<br />

c= 0,98 μm (9,8 Å) (<strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne delle catene laterali);<br />

===90°<br />

Nel 1962 R.D.B. Fraser e T.P. MacRae [39], ipotizzarono per le cheratine,<br />

una cella monoclina, avente gli stessi valori <strong>di</strong> a, b, c, e <strong>di</strong> ,<br />

e , contenente due residui <strong>di</strong> amminoaci<strong>di</strong> nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne dell’asse<br />

b. Il riflesso principale meri<strong>di</strong>onale a 0,33 μm venne identificato con il<br />

periodo <strong>di</strong> ripetizione <strong>di</strong> un singolo residuo nella <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne dell’asse <strong>di</strong><br />

fibra.<br />

Il riflesso equatoriale a 0,46 μm misurerebbe la <strong>di</strong>stanza tra due scheletri<br />

macromolecolari ad in<strong>di</strong>care che nella cella sono contenute due catene<br />

polipepti<strong>di</strong>che.<br />

L’applicazione delle metodologie della cristallografia chimica ha permesso<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cizzare i riflessi e <strong>di</strong> elaborare una <strong>struttura</strong> cristallina e<br />

molecolare congruente con la <strong>di</strong>stribuzione delle intensità delle riflessioni<br />

osservate.<br />

L’insieme <strong>di</strong> questi stu<strong>di</strong> hanno portato alla conclusione che allo stato<br />

cristallino le -cheratine si aggregano a livello molecolare secondo una<br />

<strong>struttura</strong>zione a foglietto ripiegato, dove coesistono impacchettamenti<br />

a) b)<br />

Fig. 44: Spettro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione dei raggi X all’alto angolo <strong>di</strong> <strong>fibre</strong> <strong>di</strong> cheratina fibrosa:<br />

a) fibra <strong>di</strong> -cheratina non deformata;<br />

b) fibra deformata irreversibilmente fino al 100% in ambiente umido [Rif. 37].<br />

59


60<br />

a)<br />

b)<br />

Fig. 45: Architettura tri<strong>di</strong>mensionale della fibroina della seta.<br />

(a) Le catene laterali <strong>di</strong> residui <strong>di</strong> Gly e <strong>di</strong> Ala (o Ser) si estendono alternativamente ai lati opposti<br />

della catena <strong>di</strong> un dato foglietto , così che le catene laterali <strong>di</strong> Ala si vanno a porre tra quelle<br />

della catena vicina; le catene laterali <strong>di</strong> Gly si <strong>di</strong>spongono ovviamente nello stesso modo.<br />

(b) Le catene laterali dei residui <strong>di</strong> Gly sono in contatto con altri residui <strong>di</strong> Gly <strong>di</strong> una catena vicina.<br />

Gli spazi tra le varie catene sono <strong>di</strong> 3,5 Å in un caso e <strong>di</strong> 5,7 Å nell’altro [Rif. 15, 22]


<strong>di</strong> tipo antiparallelo e parallelo, secondo una organizzazione tri<strong>di</strong>mensionale<br />

che è molto simile, come già scritto, a quella della fibroina da seta<br />

(figura 45) [Rif. 15, 22].<br />

Nel 1997 «a model for the pleated sheet in -keratin was refined on the basic<br />

of energy calculations, infrared <strong>di</strong>chroism and X-ray intensities and used to<br />

phase the reflections. A fourier synthesis using the calculated phases and<br />

observed intensities» è mostrata nella figura 46 [40].<br />

Fig. 46: Mappa della densità elettronica (fourier synthesis) dalla quale si evince l’impacchettamento<br />

nel cristallo <strong>di</strong> macromolecole aventi una conformazione “pleated sheet” nel caso <strong>di</strong> cheratine<br />

(proi<strong>ezio</strong>ne in una <strong>di</strong>r<strong>ezio</strong>ne normale all’asse <strong>di</strong> fibra) [Rif. 40].<br />

61


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