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vialattea magazine 2007-2008

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a Cartagine, mentre in tempi più recenti si passò<br />

all’uso del metallo. il più antico ferro<br />

da ostie italiano a cui si possa attribuire<br />

una datazione certa risale al<br />

1132 ed è conservato al Museo<br />

del Vino di Torgiano (Pe). Le<br />

ostie non consacrate venivano<br />

offerte durante i pellegrinaggi o<br />

nei giubilei; distribuite alle porte<br />

delle chiese, permettevano ai fedeli<br />

di sostentarsi fino all’ora dei pasti. Non<br />

considerate un alimento, potevano dare<br />

senso di sazietà senza nutrire, quindi il loro consumo<br />

non violava i precetti della Chiesa ed erano<br />

un risparmio per il pellegrino che le riceveva gratuitamente.<br />

A partire dal quindicesimo secolo la produzione<br />

passò anche in mano ai laici e con il tempo i decori<br />

ricavati sui ferri assunsero la funzione profana<br />

di contraddistinguere un casato o una proprietà.<br />

il Rinascimento fu il periodo della personalizzazione<br />

della cialda per cui i ferri portavano incisi,<br />

unitamente agli stemmi araldici, i nomi dei proprietari<br />

e talvolta quelli dell’incisore. A partire da<br />

questo momento iniziò la produzione di ferri di<br />

grande pregio artistico, usati per la produzione di<br />

dolci da consumarsi in occasioni speciali: in Umbria<br />

i nobili ed i vescovi fecero decorare i loro ferri<br />

da orafi e zecchieri, in Spagna i ferri entrarono nei<br />

beni inventariati delle diocesi mentre in francia<br />

non mancarono nelle liste di nozze delle famiglie<br />

borghesi facoltose.<br />

A partire da fine settecento la tecnica produttiva<br />

dei ferri cambiò notevolmente: la materia prima<br />

per il confezionamento passò dal ferro dolce alla<br />

ghisa, lo spessore diminuì e la tecnica di realizzazione<br />

del decoro passò dal bulino allo stampo;<br />

diventarono sempre più rari i simboli ed i motivi<br />

geometrici e man mano si arrivò alla semplice<br />

quadrettatura. Su questa base comune, negli ultimi<br />

secoli si ebbe un’evoluzione diversa a seconda<br />

della zona geografica: gli ingredienti base, la forma,<br />

la dimensione e la denominazione del prodotto<br />

si differenziarono notevolmente, ma ogni<br />

variante è comunque giunta fino ai giorni nostri<br />

e la tradizione rimane viva in molte regioni d’Europa.<br />

Approfondendo l’aspetto locale, si può supporre<br />

che i ferri per gofri delle nostre valli, simili ai<br />

ferri prodotti da metà ottocento in poi nelle<br />

fonderie francesi e belghe, siano giunti<br />

attraverso i contatti che gli abitanti delle<br />

vallate ebbero con le genti d’oltralpe,<br />

per flussi migratori o religiosi. dapprima<br />

importati dalla vicina francia o dalla<br />

Svizzera, furono poi realizzati in loco<br />

da alcuni fabbri della zona per alternarli al<br />

pane, mentre nei periodi di maggiori ristrettezze<br />

economiche sostituivano non solo il pane,<br />

ma anche la pietanza. Per recuperare informazioni<br />

certe in merito alla ricetta, non vi poteva essere<br />

sede migliore del “mondiale” di Roure.<br />

da una rapida inchiesta compiuta tra i partecipanti,<br />

si può dire che gli ingredienti base della pastella<br />

I GOFRI<br />

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