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a Cartagine, mentre in tempi più recenti si passò<br />
all’uso del metallo. il più antico ferro<br />
da ostie italiano a cui si possa attribuire<br />
una datazione certa risale al<br />
1132 ed è conservato al Museo<br />
del Vino di Torgiano (Pe). Le<br />
ostie non consacrate venivano<br />
offerte durante i pellegrinaggi o<br />
nei giubilei; distribuite alle porte<br />
delle chiese, permettevano ai fedeli<br />
di sostentarsi fino all’ora dei pasti. Non<br />
considerate un alimento, potevano dare<br />
senso di sazietà senza nutrire, quindi il loro consumo<br />
non violava i precetti della Chiesa ed erano<br />
un risparmio per il pellegrino che le riceveva gratuitamente.<br />
A partire dal quindicesimo secolo la produzione<br />
passò anche in mano ai laici e con il tempo i decori<br />
ricavati sui ferri assunsero la funzione profana<br />
di contraddistinguere un casato o una proprietà.<br />
il Rinascimento fu il periodo della personalizzazione<br />
della cialda per cui i ferri portavano incisi,<br />
unitamente agli stemmi araldici, i nomi dei proprietari<br />
e talvolta quelli dell’incisore. A partire da<br />
questo momento iniziò la produzione di ferri di<br />
grande pregio artistico, usati per la produzione di<br />
dolci da consumarsi in occasioni speciali: in Umbria<br />
i nobili ed i vescovi fecero decorare i loro ferri<br />
da orafi e zecchieri, in Spagna i ferri entrarono nei<br />
beni inventariati delle diocesi mentre in francia<br />
non mancarono nelle liste di nozze delle famiglie<br />
borghesi facoltose.<br />
A partire da fine settecento la tecnica produttiva<br />
dei ferri cambiò notevolmente: la materia prima<br />
per il confezionamento passò dal ferro dolce alla<br />
ghisa, lo spessore diminuì e la tecnica di realizzazione<br />
del decoro passò dal bulino allo stampo;<br />
diventarono sempre più rari i simboli ed i motivi<br />
geometrici e man mano si arrivò alla semplice<br />
quadrettatura. Su questa base comune, negli ultimi<br />
secoli si ebbe un’evoluzione diversa a seconda<br />
della zona geografica: gli ingredienti base, la forma,<br />
la dimensione e la denominazione del prodotto<br />
si differenziarono notevolmente, ma ogni<br />
variante è comunque giunta fino ai giorni nostri<br />
e la tradizione rimane viva in molte regioni d’Europa.<br />
Approfondendo l’aspetto locale, si può supporre<br />
che i ferri per gofri delle nostre valli, simili ai<br />
ferri prodotti da metà ottocento in poi nelle<br />
fonderie francesi e belghe, siano giunti<br />
attraverso i contatti che gli abitanti delle<br />
vallate ebbero con le genti d’oltralpe,<br />
per flussi migratori o religiosi. dapprima<br />
importati dalla vicina francia o dalla<br />
Svizzera, furono poi realizzati in loco<br />
da alcuni fabbri della zona per alternarli al<br />
pane, mentre nei periodi di maggiori ristrettezze<br />
economiche sostituivano non solo il pane,<br />
ma anche la pietanza. Per recuperare informazioni<br />
certe in merito alla ricetta, non vi poteva essere<br />
sede migliore del “mondiale” di Roure.<br />
da una rapida inchiesta compiuta tra i partecipanti,<br />
si può dire che gli ingredienti base della pastella<br />
I GOFRI<br />
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