Bollettino completo - Dental Trey
Bollettino completo - Dental Trey
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<strong>Bollettino</strong><br />
DELLA FONDAZIONE PROF. LUIGI CASTAGNOLA<br />
Iscrizione online<br />
L C<br />
F<br />
1 9 8 5<br />
FONDAZIONE PROF LUIGI CASTAGNOLA <br />
corsi<br />
Direttore scientifico<br />
Dr. Nicola Perrini<br />
Anno 13 Numero 2<br />
Giugno 2003<br />
Editore Coinè srl - Forlì<br />
Pubblicazione semestrale<br />
Spedizione in abb. postale<br />
Art.2 comma 20/b<br />
legge 662/96<br />
Dir. P.T. Forlì - Tassa pagata<br />
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chiedere suggerimenti clinici per i piani di<br />
trattamento. Dispone di un elenco di casi clinici,<br />
di una sezione esplicativa per la corretta<br />
compilazione delle richieste di consulenza,<br />
della sezione corsi sempre aggiornata con<br />
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Direttore Scientifico:<br />
Dott. Nicola Perrini<br />
Direttore Responsabile:<br />
Dott. Gian Luca Taliani<br />
Segreteria di Redazione:<br />
Elisabetta Borghesi, Elisabetta Francini<br />
Redazione:<br />
Fondazione Prof. L. Castagnola,<br />
Via Signorelli 9<br />
51100 Pistoia<br />
Tel. 0573/29068 - 29069<br />
Fax 0573/25725<br />
SOMMARIO<br />
<strong>Bollettino</strong><br />
DELLA FONDAZIONE PROF. LUIGI CASTAGNOLA<br />
Proprietà, Amministrazione<br />
e Coordinamento Generale:<br />
DENTAL TREY srl<br />
47010 Fiumana Predappio (FC)<br />
Via Partisani, 3<br />
Tel. 0543/929111 Fax 0543/940659<br />
Hanno collaborato a questo numero:<br />
Nicola Perrini, Elena Benedetti, Marco<br />
Capecchi, Elisabetta Francini, Elisabetta<br />
Borghesi, Roberto Calvisi<br />
Grafica: SPA! - Bologna<br />
spadesign@libero.it<br />
■ Resoconto del 36° Congresso<br />
della “Fondazione Prof. L. Castagnola”<br />
Endodonzia 2003 5<br />
■ 12° Memorial Biaggi per Assistenti<br />
ed Igienisti <strong>Dental</strong>i 14<br />
■ Le otturazioni provvisorie in endodonzia.<br />
Revisione della letteratura 17<br />
■ Capacità solvente e azione battericida<br />
di soluzioni tamponate e non tamponate<br />
di ipoclorito di sodio 21<br />
■ Lesioni di ipersensibilità da contatto<br />
con amalgama e lichen planus orale 22<br />
Impaginazione: Francesco Galli<br />
Stampa:<br />
Tipolitografia Valbonesi - Forlì<br />
Editore:<br />
Coinè srl - Forlì<br />
Registrazione del Tribunale<br />
di Forlì n. 25/95<br />
del 30/12/1995<br />
Spedizione in abbonamento postale 45%<br />
Contiene I. R.<br />
Copia fuori commercio<br />
■ Risoluzione dell’infiammazione:<br />
un nuovo paradigma per la patogenesi<br />
delle malattie parodontali 24<br />
■ L’impiego di antidepressivi in psichiatria<br />
e medicina e loro impatto nel trattamento<br />
odontoiatrico 27<br />
■ Effetto desensibilizzante del laser Er:<br />
YAG sulla dentina ipersensibile.<br />
Studio clinico prospettico, controllato 30<br />
■ Informazioni merceologiche<br />
<strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> 32<br />
Immagine di copertina: Apice radicolare tratto dalla collezione istologica del Dr. Perrini<br />
3
4<br />
L C<br />
F<br />
1 9 8 5<br />
FONDAZIONE PROF LUIGI CASTAGNOLA <br />
Relatori:<br />
Relatori:<br />
DENTAL TREY<br />
Fondazione Prof. Luigi Castagnola<br />
Presidente Dr. Nicola Perrini<br />
37° Corso gratuito<br />
L’odontoiatria conservativa<br />
del nuovo millennio<br />
Dr. Adamo Monari - Dr. Stefano Patroni - Dr. Roberto Spreafico<br />
13° Memorial Biaggi<br />
per assistenti e igienisti dentali<br />
D.ssa Viviana Cortesi Ardizzone - D.ssa Valentina Giuliani<br />
Prof. Carlo Guastamacchia - D.ssa Ina Guastamacchia - Sig.ra Sabrina Guerra<br />
Dr. Leonardo Pini Prato - Dr. Davide Raddi - Prof. Fabio Tosolin<br />
Dr. Mario Vaccarone - Dr. Fabrizio Volpe<br />
Palacongressi di Rimini 17 - 18 ottobre 2003<br />
Segreteria organizzativa:<br />
DENTAL TREY Srl - Via Partisani, 3 - 47010 Fiumana - Predappio (FC)<br />
Ufficio corsi:<br />
0543/929129 (ore 8/14) Fax 0543/940659<br />
http://www.dentaltrey.it e-mail: corsi@dentaltrey.it
RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />
Endodonzia 2003<br />
di Elena Benedetti<br />
Roberto Calvisi<br />
Marco Capecchi<br />
Il 7 e 8 marzo 2003 si è svolto presso il Palacongressi di Rimini il 36° corso gratuito della Fondazione prof.<br />
L. Castagnola. Nella sala riservata ai dentisti è stato fatto il punto sulle attuali tendenze in endodonzia. I relatori,<br />
come sempre, erano di ottimo livello. Ha aperto i lavori il Dr. Pietro Ausiello che ha descritto in modo approfondito<br />
le caratteristiche fisiche e meccaniche delle leghe utilizzate in endodonzia, dando delle utili indicazioni sulle<br />
tecniche consigliate nell’utilizzo di alcuni nuovi strumenti endodontici. Successivamente ha preso la parola il<br />
Prof. Elio Berutti, che ha trattato con grande chiarezza didattica i problemi relativi alle moderne tecniche di sagomatura<br />
del canale, soffermandosi in modo particolare sull’impiego dei Protaper. È stata poi la volta della<br />
Prof.ssa Elisabetta Cotti con una relazione accurata ed esaustiva, sull’impiego clinico di un nuovo materiale endodontico,<br />
il MTA. Al Dr. Francesco Mangani è invece toccato il compito di chiarire le problematiche del sigillo<br />
coronale nell’ottica del successo in endodonzia. Molto apprezzati sono stati i numerosi e, inutile dirlo, splendidi<br />
casi clinici presentati dal relatore. Il sabato mattina ha aperto i lavori il Dr. Nicola Perrini, che ha trattato con<br />
grande chiarezza e competenza i principi fondamentali su cui poggia l’endonzia o, per meglio dire<br />
“L’Endodontologia” degli insuccessi endodontici, con particolare riferimento alle problematiche microbiologiche.<br />
Infine la manifestazione si è chiusa con l’intervento del Dr. Gianfranco Vignoletti con un’analisi critica, ma anche<br />
molto personale e ironica, sull’evoluzione del concetto di eccellenza in endodonzia negli ultimi 25 anni.<br />
Contemporaneamente, nella sala riservata agli assistenti e igienisti dentali si è svolto il 12° Memorial Biaggi che<br />
forse in questa occasione, ha battuto tutti i record di presenze, grazie all’assoluta ecellenza dei relatori invitati e<br />
di cui tratteremo di seguito.<br />
Ringraziamenti<br />
Il presidente della Fondazione, parlando a nome del Prof. L. Castagnola, vuole ringraziare i relatori che hanno dato<br />
vita a queste due importanti giornate d’aggiornamento. Un ringraziamento va alle numerose ditte espositrici e<br />
in particolare ai Sigg.ri Mariolina e Augusto Coli della <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> che, con la loro presenza e competenza, rendono<br />
possibile questa manifestazione, che appare sempre più insostituibile nell’ottica di un aggiornamento professionale<br />
continuo e soprattutto qualificato. Infine vogliamo ringraziare tutti i partecipanti, i colleghi e tutto il personale<br />
ausiliario, che con il loro entusiasmo e la loro sempre maggiore partecipazione, ci sostengono e ci stimolano<br />
ad andare avanti su questa strada, basando il nostro cammino su quei principi di amicizia, solidarietà e<br />
aggiornamento che da sempre hanno animato il prof. L. Castagnola e a cui siamo profondamente grati.<br />
Di seguito riportiamo i resoconti delle relazioni congressuali.<br />
5
Dr. Pietro Ausiello<br />
NUOVI STRUMENTI ENDODONTICI<br />
IN NICHEL-TITANIO E IN ACCIAIO<br />
Le leghe al nichel-titanio (Ni-Ti), dotate di memoria di<br />
forma e di superelasticità, vennero introdotte negli<br />
anni ‘70 dall’industria aerospaziale, e solo successivamente,<br />
verso i primi anni ‘90 sono state utilizzate<br />
in odontoiatria per la realizzazione di strumenti.<br />
Queste leghe sono formate per il 50% da nichel e<br />
per il 45% in titanio e come è noto, possono presentarsi<br />
in fase martensitica e in fase austenitica.<br />
Durante il lavoro, quando lo strumento agisce sulle<br />
pareti del canale, la lega passa da una fase a un’altra<br />
tramite una fase intermedia R detta di trasformazione.<br />
La superelasticità è la capacità di recuperare la<br />
forma originale dopo una deformazione. Questa proprietà<br />
fondamentale si manifesta quando la lega si<br />
trova nella fase di trasformazione. Questa caratteristica<br />
non è invece presente nell’acciaio, in quanto questo,<br />
una volta andato incontro a una deformazione<br />
elastica di una certa entità, non è più in grado di riprendere<br />
la forma originaria, e rimane permanentemente<br />
deformato. Lo dimostra il fatto che il modulo<br />
di elasticità delle leghe Ni-Ti, che è un indice della rigidità<br />
di un materiale, è molto più basso rispetto all’acciaio.<br />
Gli strumenti al Ni-Ti devono lavorare sotto<br />
un carico torsionale costante, cioè devono lavorare in<br />
rotazione continua e costante. Questi strumenti hanno<br />
una flessibilità tale che consente loro di superare<br />
percorsi molto tortuosi rimanendo centrati nel canale,<br />
con il vantaggio di assicurare un maggior rispetto<br />
dell’anatomia canalare. Gli strumenti in acciaio non<br />
possiedono la capacità di autocentrarsi nel canale, e<br />
pertanto possono determinare, se non vengono utilizzati<br />
in modo opportuno, un trasporto del canale<br />
con una certa facilità.<br />
Il rispetto dell’anatomia canalare ottenibile con gli<br />
strumenti Ni-Ti può essere agevolmente dimostrato ricorrendo<br />
alla diafanizzazione del dente una volta che<br />
questo è stato preparato, oppure operando su appositi<br />
simulatori endodontici in plastica trasparente.<br />
L’altra caratteristica importante del Ni-Ti è la memoria<br />
di forma e la resistenza alla torsione. Tuttavia va<br />
sottolineato che le leghe Ni-Ti non tollerano carichi<br />
meccanici d’intensità non costanti come quelli di tipo<br />
ondulatorio o vibratorio. L’inizio della deformazione<br />
plastica, che prelude alla rottura, è un punto di cedimento<br />
che si caratterizza da uno svitamento delle<br />
porzioni allungate. La capacità di taglio è un’altra ca-<br />
6<br />
RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />
ratteristica nelle leghe Ni-Ti, che dipende da numerosi<br />
parametri. Inoltre i nuovi strumenti al Ni-Ti hanno<br />
adesso una buona longevità, e anche una certa biocompatibilità.<br />
I vantaggi degli strumenti rotanti al Ni-<br />
Ti sono molteplici. Il primo è il rispetto dell’anatomia<br />
iniziale del canale, l’assenza di modificazione della<br />
traiettoria, e il fatto che lasciano inalterata l’anatomia<br />
e la localizzazione dell’apice radicolare. Con questi<br />
strumenti l’obiettivo è quello di conferire al canale<br />
una forma adeguata alla sua otturazione. Questo è facilitato<br />
anche dalla loro particolare conicità che consentr<br />
tra l’altro l’eliminazione precoce delle interferenze<br />
coronali. La tecnica di preparazione ideale per<br />
gli strumenti al Ni-Ti è la crown-down, cioè la preparazione<br />
del canale in senso corono-apicale. Altri strumenti<br />
nati per la tecnica crown-down sono gli shaping<br />
files. Si tratta di strumenti in acciaio ideati da Dr.<br />
Francesco Riitano, uno dei padri storici delle moderne<br />
tecniche di preparazione canalare.<br />
Le sezioni trasversali degli strumenti Ni-Ti possono<br />
variare da un tipo di strumento all’altro, ma in ogni<br />
caso tutti questi strumenti vengono prodotti attaverso<br />
una procedura di micromolaggio e non con una<br />
torsione a freddo, come avviene per gli strumenti tradizionali<br />
in acciaio, grazie al loro elevato modulo di<br />
Young. L’angolo di taglio degli strumenti Ni-Ti può<br />
essere negativo (azione di raschiamento), nullo oppure<br />
debolmente positivo. Anche il disegno della<br />
punta può essere diverso (lavorante o non lavorante).<br />
La conicità di questi strumenti si traduce in grandi<br />
vantaggi da un punto di vista clinico come la capacità<br />
di eliminare rapidamente le interferenze coronali<br />
e di ottenere un allargamento coronale precoce<br />
che migliora il raggiungimento da parte dell’ipoclorito<br />
delle zone più apicali del canale. In ogni caso tutti<br />
questi strumenti necessitano di lavorare a una velocita<br />
e a un torque adeguati, sotto adeguata irrigazione<br />
e lubrificazione. Una bassa velocità serve a ridurre<br />
gli stress torsionali all’interno del canale, riducendo<br />
in questo modo il richio di frattura. Per tenere<br />
sotto controllo tutti questi delicati parametri è di fondamentale<br />
importanza avere a disposizione un motore<br />
endodontico di nuova generazione. L’irrigazione e<br />
la lubrificazione del canale è sempre necessaria anche<br />
durante l’utilizzo degli strumenti Ni-Ti, soprattutto<br />
per evitare di intasare le spire dello strumento con<br />
detriti che porterebbe a una riduzione della capacità<br />
di taglio. In ogni caso questi strumenti devono essere<br />
usati per un numero limitato di volte, e in canali<br />
particolarmente stretti e tortuosi dovrebbero essere
La sala riservata ai medici durante il corso<br />
considerati monouso. Il rivestimento superficiale degli<br />
strumenti con titanio secondo modalità particolari<br />
rende gli strumenti stessi altamente resistenti nei<br />
confronti dell’ipoclorito di sodio e dei cicli di sterilizzazione.<br />
Anche le normali procedure standard di sterilizzazione<br />
a freddo non alterano in modo significativo<br />
le proprietà meccaniche degli strumenti stessi.<br />
Dr. Elio Berutti<br />
METODICHE DI SAGOMATURA<br />
E DI OTTURAZIONE DEI CANALI RADICOLARI<br />
Gli elementi fondamentali della tecnica endodontica<br />
sono la sagomatura, la detersione e l’otturazione tridimensionale.<br />
Da non sottovalutare inoltre l’importanza<br />
di un adeguato sigillo coronale per il mantenimento<br />
del successo nel tempo. Negli ultimi 15-10<br />
anni, l’introduzione del microscopio operatorio associato<br />
agli ultrasuoni ha consentito notevoli progressi<br />
soprattutto in ambito di ritrattamenti ortogradi e di<br />
endodonzia chirurgica. Tutta l’endodonzia ortograda<br />
al microscopio viene condotta in visione indiretta,<br />
mentre la chirurgia endodontica viene eseguita in visione<br />
diretta. Soprattutto in endodonzia chirurgica il<br />
microscopio è uno strumento prezioso e consente di<br />
portare a termine l’intervento con minimo stress per<br />
l’operatore. Allo scopo di migliorare ulteriormente la<br />
visibilità del campo operatorio, oltre a una adeguata<br />
illuminazione e un adeguato ingrandimento, è importante<br />
curare minuziosamente l’anestesia. In particolare<br />
è consigliabile di iniziare l’anestesia usando articaina<br />
con adrenalina 1:100.000. Questo consente di<br />
ottenere una prima anestesia. Successivamente, è<br />
opportuno utilizzare la idocaina con adrenalina<br />
1:50.000, che grazie all’elevata concentrazione di<br />
vasocostruttore riduce fortemente il sanguinamento<br />
intraoperatorio. Per ottenere una buona visibilità del<br />
campo, e per migliorare nella fase terminale dell’intervento<br />
l’adattamento del lembo, è importante<br />
aspettare almeno 10-15 minuti prima di iniziare l’intervento.<br />
Durante questo lasso di tempo l’anestetico<br />
e il vasocostrittore diffonderanno completamente nei<br />
tessuti.<br />
L’introduzione degli strumenti al Ni-Ti ha rappresentato<br />
un notevole passo avanti in endodonzia facilitando<br />
e migliorando notevolmente la preparazione canalare.<br />
I ProFile sono degli U-file nati in conicità 04<br />
per favorire l’otturazione del canale con i Thermafill.<br />
Successivamente sono nati i ProFile a conicità 06 e<br />
successivamente gli orifice shaper allo scopo di eliminare<br />
la necessità di ricorrere alla frese di Gates, migliorando<br />
la preparazione della parte più coronale del<br />
canale. Dopo i ProFile sono stati introdotti sul mercato<br />
i Gt Rotary Files che presentano uno stelo fisso di<br />
diametro di 1 mm, una punta fissa pari a 20 e quattro<br />
diverse conicità della parte tagliente. Il limite più<br />
7
importante di questi strumenti è rappresentato dal<br />
fatto che non tutti i canali hanno un apice con diametro<br />
20. Ecco allora che recentemente sono state<br />
introdotte delle nuove versioni che hanno sopperito a<br />
questo problema. Tutti questi strumenti devono essere<br />
usati in senso corono-apicale perché è fondamentale<br />
che la superficie di strumento a contatto con<br />
le pareti del canale sia la più piccola possibile.<br />
Questo porta a una riduzione del carico torsionale e<br />
degli stress a tutto vantaggio della sicurezza.<br />
I Protaper rappresentano un’ulteriore evoluzione e<br />
sono caratterizzati dal fatto di avere una conicità multipla<br />
nell’ambito dello stesso strumento. Il primo strumento<br />
è il Sx che è uno strumento accessorio il cui<br />
scopo è quello di eliminare le interferenze coronali.<br />
Associati a questo, sono disponibili altri 5 strumenti,<br />
i due Shaping per la preparazione del terzo medio e<br />
coronale, e i tre Finishing che vengono impiegati nella<br />
preparazione del terzo apicale. La conicità multipla<br />
è l’aspetto rivoluzionario perché con uno o due strumenti<br />
si può praticamente terminare la preparazione<br />
canalare. Questo inoltre consente di ridurre l’area di<br />
contatto strumento-canale a tutto vantaggio della longevità<br />
dello strumento stesso. Gli shaping hanno una<br />
conicità molto grande alla base, e molto piccola in<br />
punta (dove hanno una punta di 20) e servono alla<br />
preparazione del corpo del canale. I finishing al contrario<br />
servono per la preparazione del terzo apicale e<br />
hanno punta del 20, del 25 o del 30.<br />
A parità di carico i Protaper sono sollecitati molto meno<br />
rispetto ai ProFile e pertanto sono molto più resistenti<br />
alla frattura. Il Protaper ha inoltre al suo interno,<br />
durante il lavoro, un asse neutro che rimane costante<br />
e uniforme nel tempo. Anche la capacità di taglio<br />
del Protaper è diversa nelle varie sezioni, essendo<br />
massima vicino alla base e riducendosi in punta<br />
che non è tagliente.<br />
La fatica di uno strumento è data dallo stress di flessione<br />
e dallo stress da torsione. Il primo è legato al<br />
tipo di andamento spaziale del canale, mentre il secondo<br />
si verifica quando la punta dello strumento si<br />
impegna tra le pareti del canale. È bene che soprattutto<br />
in presenza di una curva, lo strumento venga tenuto<br />
in movimento il più possibile, in modo che le zone<br />
di stress non si focalizzino in un punto solo portando<br />
alla rottura.<br />
Uno studio condotto dal relatore ha cercato di valutare<br />
la vita media degli strumenti Protaper in diverse<br />
condizioni operative usando dei simulatori in plastica.<br />
Nel caso in cui la punta si blocchi sulle pareti del ca-<br />
8<br />
RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />
nale uno strumento è in grado di preparare al massimo<br />
10 simulatori. Quando invece la punta dello strumento<br />
rimane libera, il numero massimo di simulatori<br />
che lo strumento può preparare prima di rompersi<br />
aumenta fino a 59. È stata inoltre valutata l’influenza<br />
della velocità e della coppia. Due gruppi di strumenti<br />
sono stati fatti lavorare a 300 giri/minuto, un gruppo<br />
lavorando a coppia bassa (20), e l’altro lavorando<br />
a coppia alta (80). La durata dello strumento è<br />
stata significativamente superiore quando questo veniva<br />
utilizzato a coppia elevata. Questo perché a coppia<br />
bassa, il motore inserisce l’autoreverse, che alla<br />
lunga indebolisce lo strumento rendondo più facile la<br />
sua frattura. Quindi le condizioni di lavoro ideali per i<br />
Protaper è quello di lavorare a coppie alte e senza<br />
autoreverse a velocità costante di 300 giri/minuto.<br />
Gli strumenti Shaper hanno in generale una vita molto<br />
più lunga rispetto ai Finishing, ma la durata media<br />
degli strumenti della stessa serie è molto uniforme.<br />
Tecnicamente, il canale deve essere presagomato<br />
manualmente fino al numero 20 portato alla lunghezza<br />
di lavoro. Successivamente si passa ai<br />
Protaper S1 e poi S2 portati entrambi alla lunghezza<br />
di lavoro. Dopo questo passaggio la lunghezza di lavoro<br />
viene ricontrollata e viene stabilito il diametro<br />
apicale per poi passare a F1 che viene portato alla<br />
lunghezza di lavoro, quindi lo strumento F2 e se necessario<br />
lo strumento F3.<br />
Dr. Francesco Mangani<br />
RICOSTRUZIONI POST-ENDODONTICHE<br />
Per una buona prognosi di un corretto trattamento endodontico<br />
è necessario un buon restauro coronale. In<br />
passato si considerava che detersione e sagomatura<br />
rappresentassero la terapia, e l’otturazione tridimensionale<br />
del canale desse la buona prognosi, ma per<br />
avere successo è necessario il sigillo coronale.<br />
Ricucci e Bergenholtz (2000) in un loro studio hanno<br />
concluso che l’infiltrazione coronale può non essere<br />
così importante da un punto di vista clinico<br />
quando, in vivo, la terapia endodontica è stata realizzata<br />
correttamente. Numerosi studi al contrario dimostrano<br />
l’importanza del sigillo coronale. Southard<br />
ha sottolineato l’assoluta importanza della ricostruzione<br />
immediata post-endodontica per il mantenimento<br />
del sigillo.<br />
Ray e Trope, in uno studio su 1010 elementi, hanno<br />
valutato la presenza o meno di flogosi periapicale: il<br />
61% dei denti era esente da lesione periapicale,
mentre il 39% presentava flogosi periapicale; all’interno<br />
di questo gruppo la qualità dell’endodonzia e la<br />
qualità del restauro partecipavano con una percentuale<br />
simile (75-80%) dove c’era il successo. Nei<br />
denti con lesione, la scarsa qualità del restauro pesava<br />
più della scarsa qualità dell’endodonzia. Quindi<br />
una corretta terapia endodontica e un corretto restauro<br />
danno il successo clinico. Ma quale tipo di restauro<br />
va utilizzato? Gher et al. hanno riportato che il<br />
71% dei denti fratturati sono devitalizzati. Vari studi<br />
avevano comunque già dimostrato la ridotta resistenza<br />
alla frattura dei denti con certi tipi e certe quantità<br />
di lesione coronale. Reeh et al. hanno dimostrato la<br />
perdita di resistenza in denti lesionati: una lesione<br />
della superficie occlusale provoca una minima riduzione<br />
di resistenza del dente, quando viene lesionata<br />
una cresta marginale il valore crolla del 50%, e<br />
quando la lesione interessa entrambe le creste marginali<br />
il valore si abbassa drammaticamente. Una<br />
semplice terapia canalare non indebolisce il dente,<br />
ma se viene associata ad una cavità MOD il dente diventa<br />
estremamente fragile. Partendo da una preesistente<br />
cavità MOD, l’esecuzione di una terapia canalare<br />
non abbassa la resistenza del dente.<br />
I denti anteriori si fratturano molto raramente: sono<br />
possibili varie soluzioni conservative, tra cui le ricostruzioni<br />
supportate o meno da perni in silice, veneers,<br />
corone adesive, ecc. Solo l’impossibilità a<br />
montare la diga è una controindicazione alle tecniche<br />
adesive.<br />
Nei settori posteriori, in passato si facevano perni fusi.<br />
Oggi le tecniche adesive consentono build-up<br />
adesivi supportati o meno da perni in fibra.<br />
In passato nei settori posteriori si usavano amalgama<br />
e oro, ma oggi le esigenze estetiche sono cambiate.<br />
Si sfruttavano ritenzioni naturali, quali lo spazio en-<br />
dodontico e preparazioni onlay. I restauri in oro, a<br />
fronte di una estetica scarsa, presentano però biocompatibilità,<br />
predicibilità, integrazione e resistenza.<br />
Una tecnica di ricostruzione è quella proposta da R.V.<br />
Tucker: la cavità residua viene pre-ricostruita, in modo<br />
da non condizionare il disegno. L’operatore decide<br />
poi il tipo di ricostruzione (inlay – onlay), eseguendo<br />
una cavità standardizzabile, ripetibile, più<br />
semplice, più conservativa, di profondità costante,<br />
correggibile. Di conseguenza la ceratura e la fusione<br />
saranno semplificate e precise.<br />
La pre-ricostruzione avviene in composito autopolimerizzante,<br />
in quanto offre maggiore consistenza,<br />
migliore rifinibilità, e minor sensibilità intra e postoperatoria.<br />
La ricostruzione dovrà garantire angoli vivi, spessori<br />
costanti, senza devastare lo smalto.<br />
La cementazione avviene con materiali tradizionali<br />
come l’ossifosfato di zinco, sotto diga. Per una perfetta<br />
integrazione dell’inlay lo smalto e l’oro devono<br />
trovarsi sullo stesso piano, con margini non rilevabili.<br />
La finitura dovrà essere programmata, dal sistema più<br />
aggressivo a quello meno aggressivo.<br />
Nei denti devitalizzati gli inlay metallici sono assolutamente<br />
sconsigliati: l’unica possibilità sono i restauri<br />
a copertura completa.<br />
Tucker propone solo due preparazioni per gli onlay:<br />
una di tipo tradizionale o “invisibile” per i premolari<br />
superiori, e una molto conservativa per gli elementi<br />
inferiori. Si usano una sola fresa cilindrica, inclinandola<br />
per dare una svasatura di 3°, una fresa per i<br />
controbiselli, e una fresa per il bisello cervicale. Si<br />
parte da una cavità MOD, si riduce il versante interno<br />
della cuspide di centrica, e si controbisella il versante<br />
esterno. Nell’onlay estetico si crea poi un piano<br />
inclinato che va dall’apice della cuspide vestibola-<br />
Dr. Francesco Mangai Dr. Elio Berutti Dr. Riccardo Maria del Polo<br />
9
e al fondo dell’istmo su un’unica parete. Nella variante<br />
tradizionale si riducono i versanti interni di entrambe<br />
le cuspidi, mantenendo la parete dell’istmo,<br />
controbiselliamo la cuspide funzionale e facciamo un<br />
piccolo bisello sulla cuspide vestibolare.<br />
Per i molari inferiori si ricostruisce il dente, si disegna<br />
la cavità MOD, si esegue la riduzione interna ed<br />
esterna: all’interno del composito si eseguono due<br />
pin con una fresa a football, e un abbraccio antirotazionale<br />
nel solco di sviluppo vestibolare.<br />
Il futuro sono però i restauri estetici adesivi, al momento<br />
eseguiti solo in composito o ceramica. Studi di<br />
Fuzzi riportano una percentuale di successo del 95%<br />
di inlay in ceramica, ma molti altri studi dimostrano<br />
che la presenza di una struttura elettrodeposta al di<br />
sotto di una ceramica dà risultati migliori.<br />
Mangani et al. hanno eseguito studi su elementi finiti,<br />
paragonando le varie preparazioni: la migliore risulta<br />
essere un chamfer corto, che nel caso di preparazioni<br />
parziali può essere supportata con un istmo<br />
centrale stabilizzante e protettivo.<br />
Il problema è che questi restauri sono molto costosi<br />
e quindi non sempre proponibili. Per questo motivo<br />
l’attenzione si è rivolta ai compositi: da studi pubblicati<br />
il successo di restauri semidiretti intraorali è molto<br />
alto, e questi si abradono molto poco (30-35 micron/anno).<br />
Studi comparativi quali quello di Dietschi<br />
dimostrano che l’adattamento marginale di restauri in<br />
composito e in ceramica è sovrapponibile. Altri studi<br />
riportano risultati simili per restauri in composito diretti<br />
e indiretti. Le tecniche indirette sono le più indicate<br />
per i denti devitalizzati, dove le cavità sono più<br />
ampie.<br />
I nuovi materiali permettono di essere estremamente<br />
conservativi, inoltre i compositi risultano essere economici,<br />
semplici, correggibili e riparabili. La preparazione<br />
dovrà essere rotonda e morbida, ben rifinita,<br />
con spessori costanti. La cavità dovrà essere pre-ricostruita,<br />
e poi preparata.<br />
La cementazione adesiva permetterà un’interfaccia<br />
marginale senza soluzione di continuo; questa deve<br />
avvenire con lo stesso materiale usato per il manufatto.<br />
I punti chiave sono la mordenzatura e l’adesione.<br />
Per ottenere buoni risultati l’intarsio deve essere<br />
prima sabbiato e poi silanizzato, attivando il silano<br />
con il calore.<br />
Nei denti devitalizzati sono indicati gli inlay solo<br />
quando la struttura residua coronale è ben conservata,<br />
con almeno due pareti e una cresta marginale: in<br />
caso contrario si deve ricorrere ad overlay. Un build-<br />
10<br />
RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />
up adesivo supportato da un perno in fibra è fortemente<br />
consigliato, anche se esso non sembra modificare<br />
e influenzare la resistenza. Il suo utilizzo è comunque<br />
consigliato in quanto può rivelarsi strategicamente<br />
molto utile in caso di fallimenti dovuti a frattura<br />
del manufatto o di parte delle strutture dentarie<br />
residue.<br />
Dr. Elisabetta Cotti<br />
INDICAZIONI E USO DELL’AGGREGATO<br />
DI TRIOSSIDI MINERALI<br />
NELL’ENDODONZIA CLINICA (MTA)<br />
I primi studi di questo materiale risalgono agli anni ’90<br />
ma si trova sul mercato ufficiale da circa sette anni.<br />
È un cemento per uso endodontico tra i cui elementi<br />
ritroviamo il silicato tricalcico, l’alluminato tricalcico,<br />
l’ossido tricalcico e l’ossido di silicato. Si presenta sotto<br />
forma di polvere da miscelare con soluzione fisiologica,<br />
o più semplicemente acqua corrente. È nato<br />
per affiancare o sostituire l’IRM, il superEBA e l’amalgama,<br />
materiali comunemente usati per chiudere comunicazioni<br />
endo-parodontali. Ha un tempo di presa<br />
di circa tre ore, un ph di 10 che sale a 12 nelle tre<br />
ore successive. Rispetto ai materiali citati la citotossicità<br />
e la resistenza alla compressione sono inferiori,<br />
l’istocompatibilità è maggiore e inferiore risulta essere<br />
il potere antibatterico nonostante l’alcalinità intrinseca.<br />
MTA ha una certa compatibilità con un ambiente umido<br />
ma, naturalmente, non può essere lasciato in un<br />
ambiente esposto ad un flusso ematico abbondante in<br />
virtù del fatto che solidifica dopo tre ore e il sangue lo<br />
rimuove dalla cavità in cui è stato posto.<br />
Indicazioni:<br />
1. otturazioni retrograde (la qualità del sigillo<br />
dell’MTA è maggiore dell’IRM e dell’amalgama, non significativo<br />
statisticamente la differenza con il<br />
superEBA ma abbastanza paragonabile);<br />
2. riparazioni delle comunicazioni endo-parodontali;<br />
3. trattamento dell’apice aperto (apecificazione);<br />
4. trattamento della polpa vitale.<br />
1. La qualità del sigillo dell’MTA è maggiore dell’IRM<br />
e dell’amalgama; non significativo statisticamente è,<br />
invece, la differenza con il superEBA, ma abbastanza<br />
paragonabile. Viste le caratteristiche del materiale si<br />
deve eseguire un’otturazione piuttosto profonda.<br />
2. I fattori che influenzano la prognosi del trattamento<br />
delle perforazioni sono:<br />
• tempo: se si lascia passare molto tempo si instaura
una patologia cronica di difficile soluzione;<br />
• livello della perforazione: più apicale è migliore è la<br />
prognosi anche se in realtà adesso, con il materiale<br />
adeguato, nella posizione più alta la visibilità ci aiuta;<br />
• dimensione;<br />
• possibilità di completare la terapia canalare;<br />
• abilità dell’operatore.<br />
Le fasi cliniche prevedono due appuntamenti: nel primo,<br />
dopo l’anestesia e l’isolamento del campo, si procede<br />
con la localizzazione della perforazione e il controllo<br />
dell’emorragia, si prepara il MTA e eventualmente<br />
s’inserisce una matrice per evitare l’estrusione<br />
del materiale. S’inserisce poi il MTA nel dente appoggiandolo<br />
in camera pulpare, spingendolo con plugger,<br />
coni di carta, palette da perforazione, si compatta per<br />
2-4 mm e si chiude provvisoriamente inserendo un<br />
pellet di cotone umido.<br />
Nel secondo appuntamento, 24 ore dopo o meglio<br />
una settimana dopo, si reinterviene, verificando la durezza<br />
dell’MTA. Se c’è stata un’eccessiva contaminazione<br />
ed è ancora morbido bisogna preparare di nuovo<br />
il materiale e aspettare che indurisca, altrimenti si<br />
esegue un controllo radiografico, poi si completa la terapia<br />
endodontica e si continua con i controlli a distanza.<br />
3. L’apecificazione è il metodo che si utilizza per indurre<br />
la chiusura apicale con la formazione di una barriera<br />
di tessuto duro in un dente che non ha completato<br />
il suo sviluppo ed in cui la polpa non è più vitale.<br />
È una tecnica estremamente prevedibile, cioè la barriera<br />
apicale completa si ottiene nell’85% dei casi, i rischi<br />
maggiori sono dati dagli insuccessi a distanza per<br />
frattura radicolare. Per rimediare, dunque alla fragilità<br />
si deve limitare il lavoro sul dente e scegliere un’adeguata<br />
tecnica di restauro, cioè il composito e l’adesivo<br />
devono essere portati 3 mm sotto la giunzione<br />
amelo-cementizia vestibolare.<br />
Il metodo tradizionale prevede una leggerissima sagomatura<br />
del canale, l’uso di irriganti e idrossido di<br />
calcio in polvere che può essere sostituito ogni 3-6<br />
mesi.<br />
L’MTA ha dimostrato di essere un ottimo materiale per<br />
due motivi: permette di chiudere l’apice aperto rapidamente,<br />
allo stesso tempo, contro la barriera artificiale<br />
si forma la normale cicatrizzazione.<br />
Utilizzando l’MTA si rende concreta l’opportunità di sigillare<br />
l’apice, il canale e l’accesso in tre appuntamenti,<br />
meno lavoro sul dente e quindi meno stress con rischio<br />
di fratture, il rischio di dispersione dei pazienti<br />
e si utilizza una matrice estremamente biocompatibi-<br />
le all’apice. Ecco perché si parla di tecnica a tre passaggi.<br />
Nel primo appuntamento, dopo i preliminari (anestesia,<br />
diga, accesso) si misura la lunghezza di lavoro e<br />
si eseguono detersione e sagomatura (non è una vera<br />
e propria sagomatura poiché le pareti sono troppo<br />
sottili: si raschiano solo per asportare residui necrotici).<br />
Poi si medica con idrossido di calcio poiché l’MTA<br />
non ha poteri antibatterici e si chiude l’accesso. Al secondo<br />
appuntamento si rimuove l’idrossido di calcio,<br />
si esegue un lavaggio e si procede alla condensazione<br />
dell’MTA con plugger endodontici fino a raggiungere<br />
uno strato di 3-4 mm; si chiude provvisoriamente.<br />
Si può usare idrossido di calcio in polvere come<br />
matrice per mezzo millimetro all’apice. Nell’ultimo<br />
appuntamento si verifica l’indurimento dell’MTA, poi si<br />
ottura il canale con guttaperca termoplasticizzata e<br />
anche la cavità di accesso definitivamente.<br />
È, comunque, un materiale giovane di cui mancano gli<br />
studi a lungo termine ed è necessaria, dunque, ancora<br />
molta ricerca clinica.<br />
Dr. Nicola Perrini<br />
LA PROBLEMATICA DEI RITRATTAMENTI<br />
TRA ENDODONZIA ED ENDODONTOLOGIA<br />
Comunemente lo scopo dell’Endodonzia viene indicato<br />
come quello di detergere, sagomare ed otturare<br />
tridimensionalmente il sistema canalare, ma questa è<br />
una definizione scorretta e deficitaria. Il vero obiettivo<br />
della terapia endodontica dei denti con radiotrasparenza<br />
apicale è quello di eliminare l’infezione dal<br />
sistema dei canali radicolari (Endodontologia).<br />
“L’attuale tendenza in endodonzia è quella di considerare<br />
gli aspetti puramente tecnici della strumentazione<br />
del canale come chiave del successo. Sebbene<br />
il corretto trattamento dei canali radicolari sia importante,<br />
più importante è la Valutazione Critica dei fattori<br />
coinvolti nell’insuccesso endodontico, se vogliamo<br />
trovare nuove e più razionali soluzioni al problema.<br />
Ne consegue, pertanto, che il trattamento endodontico<br />
altro non è che la gestione clinica di un problema<br />
microbiologico” (D. Figdor, 2002).<br />
La patologia periapicale è tutta una patologia batterica.<br />
Il secolo scorso lascia in eredità alcuni concetti<br />
fondamentali: condizioni particolari dei canali radicolari<br />
favoriscono lo sviluppo di un ristretto numero di<br />
batteri, il 90% dei quali è rappresentato dagli anaerobi<br />
obbligati; gli anaerobi Black pigmented sono associati<br />
a segni e sintomi (dolore, gonfiore, essuda-<br />
11
zione). Il problema di base è rappresentato dall’infezione<br />
dentinale: i batteri possono penetrare dal canale<br />
radicolare verso il lume dei tubuli dentinali fino<br />
a 300-400 micron ed oltre. La loro penetrazione avviene<br />
principalmente per via ortograda, cioè dalla carie<br />
raggiungono il canale determinando prima una<br />
pulpite parziale, poi una necrosi parziale, fino alla necrosi<br />
totale della polpa. In alcune rare circostanze, i<br />
batteri presenti nel canale possono fuoriuscire dal lume<br />
apicale aggredendo anche la superficie radicolare<br />
e formando su di essa un biofilm, cioè una struttura<br />
talmente articolata che non è aggredibile neppure<br />
dagli antibiotici, ma asportabile solo con la sua rimozione<br />
fisica. Un’altra via di penetrazione è la via<br />
parodontale per cui i batteri necrotizzano il cemento,<br />
formano il biofilm sulla radice e attraverso i tubuli<br />
raggiungono l’endodonto; altrimenti si spostano per<br />
contiguità, in particolare l’actinomyces.<br />
Il dente vitale in pulpite è caratterizzato da un’infiammazione,<br />
il dente necrotico da un’infezione che determina<br />
tutta una serie di alterazioni morfologiche a<br />
livello apicale: ecco, dunque, che essi necessitano di<br />
due terapie completamente diverse. Appena si forma<br />
la lesione apicale, che altro non è che una reazione<br />
granulomatosa caratterizzata dall’accumulo di cellule<br />
macrofagiche, si ha la perdita dell’attacco, cioè di<br />
strutture parodontali apicali e non endodontiche, con<br />
il cemento da un lato e l’osso dall’altro.<br />
In passato si è sempre detto che in presenza di una<br />
lesione granulomatosa, essendo questa una lesione<br />
cronica (cioè una lesione in cui i fenomeni riparativi<br />
e quelli distruttivi si bilanciano), quando diminuisce la<br />
risposta organica dell’organismo oppure quando aumenta<br />
il numero o la virulenza dei batteri, si rompe<br />
l’equilibrio ed e avviene il fenomeno della riacutizzazione<br />
e della comparsa dei sintomi: compare, cioè,<br />
l’ascesso. Questo, in realtà, è vero fino ad un certo<br />
punto perché, affinché la lesione si riacutizzi sono<br />
stati identificati batteri specifici in assenza dei quali il<br />
paziente non svilupperà mai un ascesso. Questi sono:<br />
Black pigmented, Porphyromonas gingivalis,<br />
Porphyromonas endodontalis, Prevotella intermedia,<br />
o loro associazioni. Con la detersione e la sagomatura<br />
del sistema canalare si ottiene la riduzione dei due<br />
terzi della carica batterica, di circa cioè il 70%; esse<br />
sono, dunque, dei mezzi necessari ma non sufficienti.<br />
Si pone la questione, quindi, dell’utilità delle medicazioni<br />
intermedie: sono indispensabili o si può chiudere<br />
un dente necrotico in una sola seduta?<br />
Sundquist nel 1991 e poi a seguire tutti gli altri mi-<br />
12<br />
RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />
crobiologi, affermò che non è possibile eliminare la<br />
carica batterica in una seduta, ma si rende necessario<br />
il supporto di una medicazione intermedia.<br />
Il farmaco d’elezione è e rimane l’idrossido di calcio.<br />
Diverso è il discorso se si affronta un ritrattamento. A<br />
ph 12.5 l’idrossido mostra un eccellente effetto antibatterico.<br />
L’Enterococco faecalis, maggiore responsabile<br />
dei fallimenti endodontici, resiste fino a ph 11.5,<br />
mentre viene rapidamente ucciso a ph 12.5. Nel dente,<br />
per l’effetto tampone della dentina verso tutti i disinfettanti<br />
(clorexidina, ipoclorito, idrossido) si abbassa<br />
il ph e all’apice si ottiene solo un ph di 10.8. Ecco<br />
perché questo farmaco non è efficace contro questo<br />
batterio e non ha un ph adeguato per neutralizzarlo.<br />
Il killer elettivo del E. faecalis è il paramonoclorofenolo<br />
ed ecco perché il farmaco d’elezione è la pasta iodoformica<br />
che lo contiene. Non ha significato scientifico<br />
lasciare i canali vuoti dopo averli strumentati alla<br />
prima seduta poiché alla seduta successiva, se si esegue<br />
un prelievo, si osserva che la popolazione batterica<br />
è decisamente proliferata ed è come se su quel<br />
dente non si fosse mai intervenuti prima.<br />
L’insuccesso endodontico è un problema batterico<br />
legato essenzialmente ad una monoinfezione e associato<br />
in genere ad Enterococco faecalis e<br />
Actinomyces. Recenti studi dimostrano che l’otturazione<br />
dei canali infetti porta a guarigione i tessuti periapicali<br />
in una certa percentuale dei casi, ma la percentuale<br />
ottimale dei casi si raggiunge quando il canale<br />
è stato liberato dai batteri prima dell’otturazione.<br />
Nei ritrattamenti la percentuale dei successi, rispetto<br />
al necrotico vergine è molto più bassa ed è legata all’insufficiente<br />
decontaminazione batterica, e si aggira<br />
intorno al 30-40 %.<br />
Esistono quattro evenienze diverse:<br />
1. dente necrotico con radiotrasparenza<br />
2. dente necrotico chiuso<br />
3. insuccesso endodontico con radiotrasparenza<br />
4. dente necrotico aperto<br />
Il primo ed il secondo caso sono equiparabili, così come<br />
il terzo e il quarto, e prevedono terapie diverse.<br />
Nel dente necrotico chiuso si riscontra un certo tipo di<br />
flora, completamente diversa da quella che ritroviamo<br />
nel dente aperto (enterococchi, candida, stafilococco<br />
epidermidis,..). Nei necrotici non trattati si ritrova un<br />
pool batterico di cui il 90% è rappresentato da anaerobi<br />
obbligati. L’insuccesso endodontico è legato invece<br />
nel 79% dei casi ad una monoinfezione in cui<br />
L’Enterococco faecalis è il responsabile principale<br />
(47%). Questo microrganismo è un patogeno emer-
gente responsabile della maggior parte delle infezioni<br />
nosocomiali. Cresce tra dieci e quarantacinque gradi<br />
di temperatura, in presenza di cloruro di sodio, composto<br />
che causa la morte dei comuni batteri, ed è il<br />
più resistente agli antibiotici. Non si ritrova nei necrotici<br />
primitivi. È un importante indicatore ambientale e<br />
si ricerca laddove si voglia saggiare la vivibilità.<br />
Dr. Gianfranco Vignoletti<br />
EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI ECCELLENZA<br />
NEGLI ULTIMI 25 ANNI<br />
L’eccellenza è la continua ricerca del superamento dei<br />
propri limiti. Il suo cammino non è possibile senza il progresso<br />
di tutta la scienza. In questo lungo percorso ci<br />
sono tappe fondamentali quali l’invenzione della diga di<br />
gomma (Barnum, 1860), della guttaperca (Bowman,<br />
1867), la scoperta dei raggi X (Roentgen, 1895), degli<br />
anestetici (dal 1900), della pasta jodoformica (Walkhoff,<br />
1891-1906), dell’idrossido di calcio (Hermann, 1920),<br />
la codifica delle varie tecniche di preparazione (Balters,<br />
Riitano, ecc.).<br />
Fino agli anni ’70 il successo endodontico dipendeva<br />
dalla tecnica di chiusura: il trattamento endodontico poggiava<br />
quasi esclusivamente sulle medicazioni, il materiale<br />
usato per la chiusura dava il nome alla tecnica, e la<br />
preparazione del canale era considerata meno importante.<br />
In quegli anni era in voga utilizzare l’ossido di calcio.<br />
C’era una continua ricerca del metodo migliore per la<br />
chiusura del canale, e ciò era dovuto all’incapacità di<br />
comprendere che se un canale è ben preparato, qualun-<br />
Dr. Nicola Perrini e Dr. Gianfranco Vignoletti<br />
que metodo di chiusura è efficace.<br />
Adesso è noto il fatto che le medicazioni sono utili, ma<br />
che da sole non risolvono il problema Negli anni ’80 si<br />
iniziò a prendere in considerazione la preparazione del<br />
canale, per cui furono immessi sul mercato molti manipoli<br />
da utilizzare con gli strumenti in acciaio. In quegli<br />
anni fu proposto anche l’uso degli ultrasuoni per la preparazione<br />
canalare. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati<br />
dall’uscita sul mercato degli strumenti in nichel titanio a<br />
conicità aumentata, e dalla massiccia diffusione dei sistemi<br />
di ingrandimento. Gli ultrasuoni hanno rivoluzionato<br />
l’endodonzia insieme al microscopio, e hanno reso più<br />
facili i casi maggiormente impegnativi, specialmente<br />
quelli chirurgici. Sono stati proposti nuovi metodi per il<br />
riempimento canalare, che hanno reso la chiusura facile<br />
e veloce. A causa di tutti questi progressi, l’endodonzia<br />
è diventata la branca dell’odontoiatria più ricca di tecnologia,<br />
e si è trasformata da arte a scienza. Le nuove tecnologie<br />
non hanno portato sicuramente ad un incremento<br />
della qualità, ma a standard più elevati.<br />
Ma l’eccellenza è forma o contenuto? È forma nell’arte,<br />
e contenuto nella scienza. In endodonzia si è assistito ad<br />
una prevaricazione della forma, visibile, sul contenuto,<br />
che invece non si può vedere: gli strumenti hanno prevaricato<br />
la mano, e specialmente la mente che li guida.<br />
Esiste solo una forma di eccellenza, quasi dimenticata, e<br />
cioè l’eccellenza nella diagnosi. Come accaduto nella catena<br />
evolutiva delle varie specie animali, l’esistenza dell’endodonzia<br />
verrà forse in futuro messa in pericolo da<br />
una nuova specie, più evoluta ed aggressiva: la prevenzione<br />
e diagnosi precoce.<br />
13
I l<br />
14<br />
12° MEMORIAL BIAGGI<br />
12° Memorial Biaggi<br />
per Assistenti ed Igienisti <strong>Dental</strong>i<br />
Palacongressi di Rimini<br />
7-8 marzo 2003<br />
Memorial Biaggi di marzo 2003, 12° in ordine di<br />
svolgimento, ha fatto registrare un’affluenza di circa<br />
800 Assistenti ed Igienisti <strong>Dental</strong>i e questo numero<br />
ha dato la misura di quanto queste figure professionali<br />
siano profondamente interessate al miglioramento<br />
delle proprie cognizioni per rendere ancora<br />
più efficiente il team odontoiatrico.<br />
Un ringraziamento sentito va a tutti i relatori che nel<br />
corso degli anni hanno saputo sviluppare ed accrescere,<br />
nell’ambito di queste due categorie, la volontà<br />
Il Prof. Carlo Guastamacchia, il vero Grande leader<br />
del Memorial Biaggi<br />
di Elisabetta Borghesi<br />
di definirsi professionalmente a livelli di conoscenza<br />
sempre più alti.<br />
Il primo relatore che ha saputo catalizzare in modo<br />
totale l’attenzione dell’auditorio è stato il Prof. Carlo<br />
Guastamacchia che, insieme al suo team, ha presentato,<br />
con acume e simpatia, una finestra sul modo di<br />
relazionare, accogliere, preparare e dimettere il paziente<br />
dallo studio. Il Prof Carlo Guastamacchia, padre<br />
riconosciuto dalla ergonomia italiana, ha trasferito<br />
il suo studio sul palco dando dimostrazioni reali di<br />
quelle procedure che si eseguono abitualmente.<br />
Siamo grati alla <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> per aver montato, in condizioni<br />
di operatività, sia un riunito con impianto idrico<br />
ed aspirazione che una vera e propria segreteria.<br />
La relazione è iniziata sviluppando un argomento abbastanza<br />
delicato quale il colloquio telefonico con il<br />
paziente. Il telefono è una barriera fisica annullabile<br />
solamente riuscendo a modulare la voce sul sorriso,<br />
il paziente deve percepire gentilezza, calma, interesse<br />
verso la sua persona, professionalità dello studio.<br />
Il Professore, insieme al suo team, con una dimostrazione<br />
pratica ha mostrato come condurre il colloquio<br />
telefonico in maniera non oppressiva per il paziente.<br />
L’accoglienza nello studio odontoiatrico va improntata<br />
a cortesia ed educazione in modo particolare con<br />
gli anziani ed i bambini. Alcune regole fondamentali<br />
sono state dettate anche sulla preparazione dello studio<br />
operativo, dell’odontoiatra e delle assistenti. In<br />
questo ambito è stata mostrata l’applicazione delle<br />
barriere protettive sui vari dispositivi, quali poltrona,<br />
faretra, tubi dell’aspirazione, cordoni dei manipoli e<br />
manipoli stessi; la preparazione del paziente alla terapia<br />
odontoiatrica, ed infine le posizioni di lavoro più<br />
corrette per evitare disordini posturali agli operatori.
La sala igieniste<br />
Una corretta posizione intorno alla poltrona inoltre<br />
fornisce abbondantemente lo spazio operativo necessario<br />
a tutti coloro che collaborano alla terapia sul<br />
paziente. Allo scopo il Professor Guastamacchia ha<br />
prima illustrato, e poi dimostrato praticamente, la<br />
tecnica del “passaferri” che consente di lavorare rapidamente<br />
e con piccoli movimenti attorno al paziente;<br />
questa tecnica è applicabile anche nel passare un<br />
manipolo o la cannula di aspirazione. Per quanto riguarda<br />
quest’ultimo dispositivo, è stata data dimostrazione<br />
delle varie metodiche di impugnatura dei<br />
diversi tipi di aspiratori. Un’altra sezione è stata dedicata<br />
al riordino, alla disinfezione ed alla sterilizzazione<br />
dei dispositivi e degli strumenti al termine della<br />
prestazione. Come ultimo, e non meno importante<br />
argomento, è stata trattata la dimissione del paziente<br />
dallo studio e il passaggio dalla segreteria per il successivo<br />
appuntamenti, la presentazione del preventivo<br />
e l’espletamento delle formalità economiche.<br />
Successivamente la Dr.ssa Vivi Ardizzone ha invece<br />
affrontato un problema sociale di difficile gestione<br />
nell’ambito dello studio odontoiatrico: la preparazione,<br />
la terapia ed il riordino in presenza di pazienti<br />
tossicodipendenti. Questi sono pazienti di difficile approccio<br />
perché raramente si presentano in studio<br />
spontaneamente, ma solo per saltuarie prestazioni di<br />
urgenza quali dolori, traumi, ascessi.. Sono portatori<br />
di gravi lesioni a carico dei denti e delle mucose ora-<br />
li e periorali, come funghi, e cheiliti a causa dell’assunzione<br />
del Metadone e dell’assoluta mancanza<br />
igienica nel cavo orale. Oltre a questo, possono essere<br />
portatori di patologie importanti come HBV,<br />
HCV, HIV e anche TBC. I protocolli operativi necessari<br />
in questi casi sono rigorosissimi ed improntati<br />
soprattutto all’utilizzo di dispositivi monouso, barriere<br />
protettive multiple e posizionamento a distanza di<br />
sicurezza. Dopo aver ampiamente discusso sui protocolli<br />
di disinfezione, ha illustrato dettagliatamente la<br />
profilassi post-esposizione da effettuarsi in caso di<br />
puntura accidentale. Il messaggio che si coglie è: rispettando<br />
rigorosamente i protocolli operativi e di disinfezione<br />
il paziente tossicodipendente non è più un<br />
paziente da discriminare nello studio odontoiatrico.<br />
La sezione pomeridiana ha visto protagonisti un<br />
gruppo di relatori dell’Università di Bologna. Il<br />
Dr.Gettato ha fatto una panoramica sugli aspetti anatomici<br />
del parodonto e sulle patologie che possono<br />
interessarlo, come gengiviti, parodontiti, recessioni.<br />
Ha completato il tema il Dr. Cesare illustrando le varie<br />
morfologie gengivali e ossee e le patologie che<br />
più caratteristicamente le colpiscono.<br />
La Dr.ssa Baroni e la Sigra. Montanari hanno invece fatto<br />
un excursus sui prodotti da banco prescritti dall’igienista<br />
e una revisione di quello che il mercato offre.<br />
La mattina del sabato, come sempre, è trascorsa sotto<br />
la guida di un gruppo di relatori dell’Università di<br />
Firenze, presieduta dalla Dr.ssa Roberta D’Avenia.<br />
Il prof. Paolo Tonelli, con la collaborazione della<br />
Sig.ra Tamara Ricci, ha svolto una panoramica sullo<br />
strumentario in chirurgia estrattiva. Ha iniziato con<br />
una presentazione storica, molto interessante ed apprezzata,<br />
che ha messo in rilievo come anche nei<br />
tempi più lontani ci fosse la necessità di allontanare,<br />
estraendola, una fonte di dolore, e come si sono evoluti<br />
strumenti e tecniche estrattive. Successivamente<br />
ha mostrato tutti gli strumenti necessari all’estrazione<br />
correlando la forma alla posizione e morfologia di<br />
ogni dente per ogni arcata, sia in caso di estrazioni<br />
semplici, sia in caso di interventi estrattivi più complessi.<br />
La Sig.ra Tamara Ricci ha completato la presentazione<br />
illustrando i protocolli di disinfezione e<br />
mantenimento dello strumentario per la chirurgia<br />
estrattiva.<br />
Il Dr. Roberto Rotundo ha presentato una nuova metodica,<br />
basata sulla informatizzazione, per la raccolta<br />
e la presentazione dei dati clinici parodontali.<br />
L’utilizzo del computer permette di evidenziare grafi-<br />
15
16<br />
12° MEMORIAL BIAGGI<br />
Il Prof. Guastamacchia e la sua équipe in una dimostrazione pratica di un intervento alla poltrona<br />
camente la situazione parodontale del paziente all’inizio,<br />
durante e al termine della terapia. Il quadro grafico<br />
permette di correlare i vari fattori di rischio alla<br />
situazione clinica iniziale e illustrare al paziente, con<br />
la grafica, come una riduzione dei fattori di rischio<br />
può migliorare la sua condizione. Se il paziente collabora<br />
attivamente, i dati successivi mostrati graficamente,<br />
possono indurlo a continuare ad abbassare i<br />
suoi fattori di rischio e riconquistare la salute parodontale.<br />
L’informatizzazione dei dati parodontali offre<br />
quindi più spunti per monitorare uno stato parodontale<br />
sia all’igienista che al parodontologo senza peraltro<br />
aggravare o complicare la compilazione della<br />
cartella parodontale.<br />
La Dr.ssa D’Avenia e Dr.ssa Freschi hanno improntato<br />
la loro relazione su un tema ancora poco conosciuto,<br />
ma che in Italia miete molte vittime proprio fra<br />
i soggetti più piccoli: la carie da biberon. La carie da<br />
biberon è una condizione patologica dell’età pediatri-<br />
ca caratterizzata da carie a decorso rapidamente progressivo<br />
e destruente dovuta all’uso prolungato di biberon<br />
contenenti bevande dolci, o all’uso di succhiotti<br />
zuccherati.<br />
Questa patologia interessa tutti i denti decidui, a partire<br />
dagli incisivi per finire ai molaretti, e nella maggior<br />
parte dei casi porta alla totale distruzione di tutti<br />
gli elementi dentali nei primi tre anni di vita del<br />
bambino.<br />
Le terapie in soggetti così piccoli sono poche e comunque<br />
praticamente impossibili da eseguire, anche<br />
perché questi bambini giungono all’osservazione con<br />
i denti già in stato di avanzato degrado.<br />
L’unico modo per limitare questa patologia si raggiunge<br />
con l’informazione capillare da parte di tutti i<br />
componenti dello staff odontoiatrico alle madri, alle<br />
gestanti ed a tutte quelle persone che sono, o saranno,<br />
i riferimenti principali nella prima fase formativa<br />
del bambino.
INT END J 2002;35:964-978.<br />
Le otturazioni provvisorie<br />
in endodonzia.<br />
Revisione della letteratura.<br />
I l<br />
mantenimento di un adeguato sigillo coronale nel periodo<br />
che intercorre tra due sedute endodontiche, è un<br />
elemento chiave per il successo del trattamento. Questa<br />
esigenza è particolarmente sentita nei confronti dei denti<br />
con radiotrasparenza periapicale in cui, prima di procedere<br />
all’otturazione definitiva dei canali è opportuno il ricorso<br />
a una medicazione intermedia. Lo scopo principale del<br />
materiale da otturazione intermedia è quello di assicurare<br />
un adeguato sigillo coronale nei riguardi dell’infiltrazione<br />
batterica, e di assicurare la permanenza della medicazione<br />
fino alla seduta successiva.<br />
I primi studi ben documentati sulla capacità di sigillo dei<br />
materiali da otturazione provvisoria si devono a Faser nel<br />
1929 e a Grossman nel 1939. Questi due autori codificarono<br />
per primi dei metodi per la valutazione della capacità<br />
sigillante di questi materiali utilizzando sia dei metodi<br />
microbiologici sia metodi basati sull’impiego di una sostanza<br />
colorante come il blu di metilene.<br />
Guttaperca<br />
La guttaperca per molto tempo è stata utilizzata come materiale<br />
da otturazione provvisoria. Parris e collaboratori nel<br />
1964 valutarono in vitro la capacità sigillante della guttaperca<br />
come materiale da chiusura provvisoria, utilizzando<br />
un test di percolazione batterica e un altro di penetrazione<br />
con il colorante.<br />
Questi autori osservarono che quando le cavità chiuse con<br />
guttaperca venivano esposte ad variazioni estreme di temperatura<br />
(4-60°C), si aveva una perdita cospicua della capacità<br />
sigillante. Successivamente Krakow e collaboratori<br />
nel 1977, in un test microbiologico in vivo giunsero alle<br />
stesse conclusioni. Altri studi successivamente concordarono<br />
nel fatto che le otturazioni provvisorie con guttaperca<br />
non erano in grado di garantire un adeguato sigillo coronale<br />
soprattutto se confrontate con cementi a base di<br />
Temporization<br />
in endodontics.<br />
A review.<br />
Nauom HJ,<br />
Chandler NP.<br />
Adattamento<br />
di Marco Capecchi<br />
ossido di zionco ed eugenolo (ZOE). Sulla base di questi<br />
dati aggi giorno si ritiene che la guttaperca non abbia indicazione<br />
come materiale da otturazione provvisoria.<br />
Cemento al fosfato di zinco<br />
Sebbene i risultati degli studi comparsi in letteratura siano<br />
contrastanti, si ritiene che questi cementi presentino in generale<br />
una capacità di sigillo inferiore rispetto all’amalgama,<br />
al Cavit e ai cementi ZOE e pertanto non dovrebbero<br />
essere impiegati come maeriali da otturazione provvisoria<br />
in endodonzia.<br />
Cementi al policarbossilato<br />
Marosky e collaboratori nel 1977 in uno studio condotto<br />
in vitro, evidenziarono che il sigillo coronale di questo materiale<br />
sensibilmente minore rispetto a quello assicurato<br />
da altri materiali come il Temp-Seal, il Cavit, IRM, ZOE e il<br />
fosfato di zinco. Attualmente l’impiego di cementi al policarbossilato<br />
non viene consigliato in endodonzia, soprattutto<br />
perché mancano dati sufficienti a suffragare il loro<br />
impiego.<br />
Preparati a base di ossido di zinco e solfato di calcio<br />
Il prototipo di questa tipologia di materiali è il Cavit. Si tratta<br />
di un materiale premiscelato contenente ossido di zinco,<br />
solfato di calcio, solfato di zionco, glicole acetato, resina<br />
polivinilacetata, trietanolamina e pigmenti. A causa<br />
delle sue caratteristiche igroscopiche, il Cavit tende ad assorbire<br />
acqua e questo spiega perché il suo coefficiente di<br />
espansione lineare è circa il doppio di quello dell’IRM.<br />
L’espansione a cui va incontro questo materiale per assorbimento<br />
d’acqua rende ragione della sue notevole capacità<br />
di chiusura marginale. Un limite importante di questo<br />
materiale è quello di assorbire nel suo interno i pigmenti<br />
e pertanto di andare incontro a una certa discolora-<br />
17
18<br />
INT END J 2002;35:964-978.<br />
zione. Non è comunque escluso che tale assorbimento riduca<br />
la capacità sigillante di questo materiale. Inoltre, rispetto<br />
all’IRM, il Cavit mostra un resistenza alla compressione<br />
minore del circa il 50%. Per compensare la ridotta<br />
resistenza alla compressione, assicurando così il mantenimento<br />
nel tempo del sigillo, è opportuno impiegarlo solo<br />
in spessori sufficienti. La capacità sigillante del Cavit non<br />
è influenzata in modo significativo dalla variazione di temperatura,<br />
e la sua durezza non è modificata da farmaci da<br />
medicazione intermedia come il clorofenolo e il formocresolo.<br />
La capacità sigillante del Cavit è stata studiata estesamente<br />
sia in studi in vitro che in vivo, e generalmente è<br />
risultata soddisfacente. Lo spessore minimo richiesto per<br />
avere un’adeguato sigillo marginale è 3.5 mm. A conferma<br />
di questo dato, una ricerca in vivo condotta su scimmie<br />
(per 2,7 e 42 giorni) ha dimostrato che uno spessore<br />
di 2mm di Cavit non è in grado di impedire l’infiltrazione<br />
batterica. Al contrario, quando lo spessore è di 4mm, il<br />
Cavit assicura un sigillo superiore a quello ottenuto con il<br />
TERM e con l’IRM.<br />
In uno studio in vitro in cui è stata valutata la penetrazione<br />
di un colorante in cavità di prima classe, il Cavit ha mostrato<br />
una migliore capacità di sigillo rispetto al TERM (dato<br />
però non statisticamente significatico) e all’IRM. In uno<br />
studio in vivo su denti anteriori 27 campioni su un totale<br />
di 32 otturati con Cavit hanno mostrato una infiltrazione<br />
marginale ridotta o assente.<br />
Oltre al Cavit sono disponibili in commercio il Cavit-G e il<br />
Cavit-W che differiscono dalla formulazione tradizionale,<br />
per un diverso contenuto in resina che modifica le proprietà<br />
meccaniche di questi materiali. La durezza e la stabilità<br />
dimensionale si riducono progressivamene passando<br />
dal Cavit al Cavit-W e quindi al Cavit-G. Un altro prodotto<br />
appartenente al questo gruppo di materiali è il Cavidentin<br />
in cui è presente anche alluminio come catalizzatore e timolo<br />
come antisettico. Uno spessore di Cavidentin di<br />
5mm presenta una capicità di sigillo superiore rispetto a<br />
quella dell’IRM, del Kalzinol e dello stesso Cavit. Sempre<br />
nel gruppo dei cementi a base di ossido di zinco e solfato<br />
di calcio è il Coltosol. A contatto con i fluidi orali, la superficie<br />
del Coltosol inizia a indurire dopo 20-30 minuti.<br />
Viene consigliato di non sottoporre il restauro temporaneo<br />
alle forze masticatorie per almeno 2-3 ore dal suo posizionamento<br />
e comunque di procedere al restauro definitivo<br />
entro le due settimane. Non ci sono ancora studi definitivi<br />
per suggerire l’impiego del Coltosol in endodonzia.<br />
Riassumendo, il Cavit e gli altri prodotti di questo gruppo<br />
sono generalmente considerati dei buoni materiali da otturazione<br />
temporanea. Il Cavit mostra un buon sigillo marginale,<br />
è facile da manipolare ed è facilmente rimovibile<br />
dalla cavità. Il limite più importante è rappresentato dalla<br />
sua scarsa resistenza alla compressione che alla lunga<br />
può inficiare la bontà del sigillo coronale. Nei casi in cui si<br />
preveda di mantenere l’otturazione temporanea per un<br />
certo periodo di tempo, viene consigliato di associare al<br />
Cavit una chiusura esterna in IRM.<br />
Preparati a base di ossido di zinco ed eugenolo (ZOE)<br />
I cementi Zoe senza rinforzante vengono generalmente<br />
impiegati miscelando la polvere e il liquido in un rapporto<br />
4:1. In base alle ricerche di Pashley (1988), in queste<br />
condizioni il sigillo marginale è inizialmente scarso, ma<br />
tende a migliorare dopo una settimana. Al contrario, utilizzando<br />
un rapporto polvere-liquido pari a 2:1, la qualità di<br />
sigillo iniziale migliorano sensibilmente, a scapito tuttavia<br />
della resistenza alle sollecitazioni meccaniche. Utilizzando<br />
la diffusione di isotopi radioattivi, la capacità sigillante dei<br />
cementi ZOE è risultata inferiore rispetto a quella del Cavit<br />
e del Temp-seal, ma superiore a quella dell’IRM, del cemento<br />
al fosfato di zinco e policarbossilato.<br />
Il Kalzinol è un cemento ZOE rinforzato con il 2% in peso<br />
di polimero polistirene. L’aggiunta di questo rinforzante<br />
consente di raddoppiare la resistenza alla compressione di<br />
questo materiale. Utilizzando una tecnica elettrolitica per<br />
la valutazione della capacità sigillante, il Kalzinol si è dimostrato<br />
superiore al Cavit-W.<br />
L’IRM è un cemento ZOE rinforzato con polimetilmetacrilato<br />
allo scopo di aumentare la resistenza alla compressione,<br />
all’abrasione e la durezza superficiale. Utilizzando<br />
un rapporto di miscelazione polvere-liquido di 6:1 questo<br />
materiale può avere una durata di circa 1 anno, anche se<br />
la capacità sigillante non è molto elevata. Al contrario abbassando<br />
il rapporto polvere-liquido, la capacità sigillante<br />
aumenta considerevolmente, a scapito tuttavia della resistenza<br />
meccanica a lungo termine. Un ridotto rapporto<br />
polvere-liquido inoltre aumenterebbe la liberazione nel<br />
tempo di eugenolo, amplificando in questo modo le capacità<br />
antibatteriche di questo materiale, e in ultima analisi,<br />
limitando l’effetto di eventuali infiltrazioni. La capacità sigillante<br />
dell’IRM è stata valutata in numerosi studi in vivo<br />
e in vitro, con risultati contrastanti. Secondo alcuni studi<br />
l’IRM assicura una capacità sigillante uguale o superiore rispetto<br />
al Cavit, mentre secondo altri il Cavit offrirebbe un<br />
sigillo superiore. Questo è particolarmente vero in studi in<br />
cui la capacità sigillante è stata valutata mediante test di<br />
diffusione di sostanze coloranti o radioisotopi. Se invece<br />
prendiamo in considerazione gli studi basati sulla percolazione<br />
batterica, l’IRM ha mostrato una capacità sigillante<br />
superiore a quella del Cavit nella quasi totalità dei casi.<br />
In conclusione i cementi ZOE e i cementi ZOE rinforzati
vengono ancora oggi considerati dei materiali idonei a garantire<br />
il sigillo coronale in endodonzia, soprattutto quando<br />
utilizzati con un basso rapporto polvere-liquido.<br />
Cementi vetro-ionomeri<br />
Questi cementi hanno dimostrato nella maggior parte degli<br />
studi, di possedere delle capacità sigillanti adeguate,<br />
soprattutto a lungo termine. Possono essere impiegati da<br />
soli, o in associazione all’IRM. I cementi vetro-ionomeri<br />
possiedono inoltre una certa attività antibatterica dovuta al<br />
basso pH, alla liberazione di fluoro e al rilascio di alcuni<br />
ioni come lo stronzio. I limiti più importanti di questi cementi<br />
come materiali da otturazione provvisoria sono la<br />
rappresentati dal costo elevato, dalla non facile manipolazione,<br />
e dal fatto che per il loro colore i restauri non sono<br />
facilmente distinguibili dalle strutture dentali circostanti.<br />
Sono comunque disponibili in commercio anche dei cementi<br />
vetro-ionomeri pigmentati allo scopo di favorire la<br />
loro individuazione e quindi la loro rimozione dalla cavità.<br />
Resine composite<br />
In tempi relativamente recenti è stato introdotto il TERM,<br />
una resina composita monocomponente fotopolimerizzan-<br />
te. Al pari di altri compositi anche il TERM subisce una<br />
contrazione da polimerizzazione di entità intorno al 2.5%.<br />
Questa contrazione comunque sarebbe in parte compensata<br />
dalla successiva espansione a cui il materiale andrebbe<br />
incontro per assorbimento d’acqua. In ogni caso le<br />
caratteristihe di resistenza meccanica di questo materiale<br />
sono superiori rispetto a quelle del Cavit.<br />
In vitro è stato osservato una capacità sigillante del TERM<br />
pari al 33.3% contro una capacità del 91.7% del Cavit. In<br />
vivo, uno spessore di 4 mm di TERM posizionato in cavità<br />
di prima classe, ha dato risultati peggiori, in termini di sigillo<br />
marginale, rispetto all’IRM e al Cavit. A differenza di<br />
altri materiali, il TERM non possiede attività antibatterica<br />
apprezzabile nelle comuni tecniche di incubazione su piastra.<br />
In conlusione, il TERM viene considerato un materiale<br />
di possibile impiego in endodonzia, sebbene siano necessari<br />
ulteriori studi a conferma della sua bontà.<br />
I materiali da otturazione provvisoria usati<br />
nella chiusura di cavità eseguite in restauri<br />
Tutti gli studi precedentemente menzionati sono stati condotti<br />
su denti naturali, in cui il materiale da otturazione veniva<br />
messo in contatto direttamente con pareti di smalto e<br />
dentina. Questa situazione clinica tuttavia non è molto frequente,<br />
poiché generalmente il trattamento endodontico<br />
viene eseguito su denti che presentano ampi restauri in<br />
amalgama, in composito o in altri materiali. In queste circostanze<br />
questa regola generale; se il restauro preesistente<br />
è di buona qualità, è possibile eseguire la cavità<br />
d’accesso direttamente attraverso il restauro, e chiudere<br />
suvccessivamente tale cavità con un materiale temporaneo.<br />
Qualora invece sono presenti delle infiltrazioni nel restauro<br />
permanente, questo deve esere completamente rimosso<br />
prima di procedere al trattamento endodontico, e<br />
sostituito con il materiale da otturazione temporanea.<br />
Quali sono le caratteristiche del sigillo tra materiale provvisorio<br />
e restauro definitivo? In merito si ritrovano in letteratura<br />
solo pochi studi, e tutti condotti in vitro. Con le dovute<br />
cautele, possiamo comunque affermare che generalmente<br />
l’interfaccia materiale provvisorio-restauro definitivo<br />
(in amalgama o composito) è sufficientemente precisa da<br />
garantire un buon sigillo marginale, compatibilmente alla<br />
bontà del materiale stesso.<br />
Raccomandazioni cliniche<br />
Per ottenere un buon sigillo marginale, è importante che<br />
l’otturazione della cavità venga effettuata con cura, possibilmente<br />
sotto diga e dopo aver asciugato il fondo cavitario.<br />
Controversa è l’opportunità di posizionare un pellet di<br />
cotone sul fondo cavitario prima di procedere all’ottura-<br />
19
DENT TRAUMATOL 2002;18:47-56.<br />
zione provvisoria. In generale, i pochi studi pubblicati in<br />
letteratura, sembrano indicare che l’uso di un piccolo pellet<br />
di cotone non pregiudica la tenuta del restauro provvisorio.<br />
L’impiego del cotone come materiale da separazione<br />
tra il fondo cavitario e l’otturazione provvisoria presenta<br />
molti vantaggi pratici.<br />
In primo luogo si evita che frammenti di materiale da otturazione<br />
penetrino innavertitamente nell’imbocco dei canali,<br />
rendendone difficile la rimozione. Inoltre si riduce fortemente<br />
il rischio di determinare delle perforazioni o comunque,<br />
di asportare innavvertitamente una certa quantità<br />
di tessuto dentale nel tentativo di rimuovere il materiale<br />
provvisorio.<br />
È importante tuttavia utilizzare un pellet di cotone che sia<br />
il più piccolo possibile. In caso contrario possono sopravvenire<br />
vari problemi. Per esempio può non esserci spazio<br />
per un adeguato spessore di materiale, e inoltre, il cotone<br />
può compromettere la stabilità dimensionale del restauro<br />
provvisorio (e quindi del sigillo) soprattutto per azione<br />
delle forze masticatorie. In linea generale comunque si<br />
raccomanda di effettuare il restauro definitivo entro breve<br />
tempo dal termine del trattamento endodontico.<br />
Corone provisorie e sigillo coronale<br />
Spesso il dente trattato endodonticamente deve essere pro-<br />
20<br />
tetto da una corona provvisoria. Pochi sono gli studi relativi<br />
alla capacità delle corone provvisorie di garantire un adeguato<br />
sigillo. In generale le corone eseguite con tecnica indiretta<br />
sembrano offrire una maggiore protezione dell’endodonto<br />
dall’infiltrazione marginale rispetto a quelle indirette.<br />
Il punto debole di questi restauri provvisori è rappreentato<br />
dal cemento. Tutti i cementi temporanei si solubilizzano con<br />
il tempo inficiando le caratteristiche di tenuta del restauro.<br />
Per questo motivo le corone provvisorie dovrebbero essere<br />
mantenute per il più breve periodo di tempo possibile. Le<br />
stesse regole generali valgono a maggior ragione nei casi in<br />
cui si renda necessario utilizzare delle viti o dei perni provvisori<br />
allo scopo di ricostruire temporaneamente un moncone<br />
trattato endodonticamente.<br />
Materiali da otturazione provvisoria e sbiancamento<br />
Prima di procedere allo sbiancamento di un dente devitalizzato,<br />
è necessario otturare l’imbocco del canale con un adeguato<br />
spessore di materiale provvisorio. A tale scopo può<br />
essere impiegato il Cavit, l’IRM, il fosfato di zionco o i vetroionomeri,<br />
avendo cura di posizionare uno spessore di almeno<br />
2 mm di materiale. Nel caso in cui si adotti la tecnica<br />
del “walking bleach”, è opportuno sottolineare che l’ossigeno<br />
liberato dall’agente sbiancante può inficiare la qualità del<br />
sigillo coronale.
ORAL SURG ORAL MED ORAL PATHOL ORAL RADIOL ENDOD 2002;94:756:62.<br />
Capacità solvente e azione<br />
battericida di soluzioni tamponate<br />
e non tamponate di ipoclorito<br />
di sodio.<br />
L<br />
’ ipoclorito di sodio venne introdotto nella moderna<br />
medicina nel corso della prima Guerra mondiale, per<br />
la disinfezione delle ferite aperte. La soluzione inizialmente<br />
introdotta da Dakin, è costituita da ipoclorito di sodio allo<br />
0.5% tamponata con sodio bicarbonato per un pH finale<br />
pari a 9. Generalmente in endodonzia vengono impiegate<br />
delle soluzioni di ipoclorito di sodio al 5.25% così<br />
come si trovano in commercio per impieghi domestici, oppure<br />
delle diluizioni in acqua. Queste soluzioni presentano<br />
un pH decisamente alcalino, che nel caso dell’ipoclorito<br />
al 5.25% è pari 12. Valori di pH così elevati possono<br />
amplificare la tossicità dell’ipoclorito di sodio qualora esso<br />
venga accidentalmente estruso nei tessuti periapicali.<br />
Alcuni studi sperimentali dimostrano che la soluzione di<br />
Dakin, pur avendo una ridotta percentuale di ipoclorito,<br />
conserva un’elevata attività antibatterica, con il vantaggio<br />
di avere una minore tossicità nei riguardi dei tessuti periapicali.<br />
Lo scopo di questa ricerca è quello di comparare<br />
l’attività solvente nei riguardi nei tessuti e l’azione antibatterica<br />
di soluzioni tamponate e non tamponate di ipoclorito<br />
di sodio aventi la stessa percentuale di cloro attivo.<br />
Per quanto riguarda la capicità di solubilizzare i tessuti<br />
molli, la prova è stata fatta utilizzando dei frammenti di<br />
mucosa palatina di maiale. I frammenti di tessuto (alcuni<br />
freschi e altri necrotici), sono stati immersi in 30 mL di soluzioni<br />
test (ipoclorito non tamponato al 2.5% a pH 12,<br />
ipoclorito allo 0.5% non tamponato a pH 12 e infine ipoclorito<br />
tamponato allo 0.5% pH 9) e a intervalli regolari di<br />
tempo sono stati estratti dalla soluzione e pesati. La capacità<br />
solvente di ciascuna soluzione è stata espressa in<br />
termini di peso % perso durante il bagno in ipoclorito. I risultati<br />
di queste prove hanno dimostrato che la soluzione<br />
al 2.5% non tamponata presente una capacità solvente<br />
superiore a quella allo 0.5%, indipendentemente dal fatto<br />
che questa fosse tamponata o meno. Tuttavia, mentre la<br />
Tissue-dissolving<br />
capacity and<br />
antibacterial effect<br />
of buffered and<br />
unbuffered<br />
hypochlorite solutions.<br />
Zehnder M, Kosicki<br />
D, Luder H, Sener B,<br />
Waltimo T.<br />
Adattamento<br />
di Marco Capecchi<br />
soluzione allo 0.5% non tamponata aveva una maggior attività<br />
solvente nei riguardi del tessuto necrotico, la soluzione<br />
di Dakin dissolveva allo stesso modo il tessuto vitale<br />
e quello necrotico.<br />
Per quanto riguarda invece l’attività antibatterica, questa è<br />
stata misurata sia untilizzando dei cilindri di dentina infetti,<br />
sia impiegando dei dischi di carta infettati secondo modalità<br />
standard. In entrambi i casi i campioni sono stati infettati<br />
con E. faecalis. Le prove microbiologiche hanno dimostrato<br />
che non esistono differenze statisticamente significative<br />
tra le soluzioni tamponate e non tamponate di<br />
ipoclorito di sodio.<br />
21
ORAL SURG ORAL MED ORAL PATHOL ORAL RADIOL ENDOD 2003;95:291-9.<br />
Lesioni di ipersensibilità<br />
da contatto con amalgama<br />
e lichen planus orale.<br />
L<br />
’ amalgama fino a pochi anni fa, è stato il materiale<br />
da otturazione più frequentemente utilizzato in tutto<br />
il mondo. Sebbene negli ultimi anni nella pratica clinica si<br />
siano affermati i materiali compostiti, ancora oggi la maggior<br />
parte dei pazienti presenta nella propria bocca almeno<br />
un restauro in amalgama. La continua eliminazione di<br />
piccole quantità di mercurio dalle otturazioni in amalgama,<br />
è stata considerata da alcuni clinici come un fenomeno potenzialmente<br />
pericoloso per la salute del paziente. Queste<br />
opinioni, per altro non suffragate da dati scientifici evidenti,<br />
hanno comunque fatto breccia nell’opinione pubblica,<br />
portando in alcuni casi a veri e propri atteggiamenti fobici<br />
nei riguardi di questo materiale dalla lunga e collaudata<br />
pratica clinica. Esistono tuttavia delle osservazioni cliniche<br />
che sembrano indicare una possibile corelazione tra restauri<br />
di amalgama e comparsa, nelle mucose in intimo<br />
contatto a tali restauri, di lesioni lichenoidi. Lo scopo di<br />
questo lavoro è quello di chiarire chiarire il rapporto tra lesioni<br />
lichenoidi associate a restauri in amalgama, ipersensibilità<br />
al mercurio e lichen planus orale.<br />
A questo scopo, sono stati esaminati 81 pazienti con almeno<br />
un restauro in amalgama, che erano stati inviati con<br />
la diagnosi clinica di lichen planus orale oppure di reazione<br />
lichenoide associata all’amalgama. In tutti i casi oltre all’esame<br />
clinico, è stato eseguito anche quello istologico<br />
che ha confermato la presenza di un infiltrato infiammatorio<br />
a banda nel connettivo con alterazioni degenerative a<br />
carico dei cheratinociti dello strato basale. Tutti i pazienti<br />
inoltre sono stati suddivisi in quattro gruppi sulla base della<br />
associazione tra i restauri in amalgama e la presenza di<br />
lesioni della mucosa (Tabella I).<br />
Tutti i pazienti dello studio sono stati sottoposti a patch test<br />
allo scopo di evidenziare un’eventuale condizione di<br />
22<br />
Amalgam-contact<br />
hypersensitivity lesions<br />
and oral lichen planus.<br />
Thornhill MH et al.<br />
Adattamento<br />
di Marco Capecchi<br />
ipersensibilità al mercurio, all’amalgama, o ad alcuni dei<br />
suoi componenti. I pazienti sono stati considerati positivi<br />
al patch test se dopo 72 ore, nella zona cutanea di contatto<br />
con l’allergene, comparivano reazioni cutanee debolmente<br />
positive (reazioni eritematose), positive (reazioni<br />
eritematose o vescicolari), o fortemente positive (reazioni<br />
bollose e ulcerative). I pazienti che presentavano delle lesioni<br />
orali associate o fortemente associate con restauri in<br />
amalgama, sono stati invitati a rimuovere le loro otturazioni<br />
in amalgama e a sostituirle con restauri in materiale<br />
composito, vetroionomero, oppure con intarsi in oro o in<br />
ceramica. La risposta delle lesioni orali alla sostituzione<br />
dei restauri in amalgama èstata schematicamente suddivisa<br />
in quattro gruppi (Tabella II).<br />
Il 70% (cioè 21 casi) dei pazienti in cui era presente una<br />
associazione forte o molto forte delle lesioni orali con otturazioni<br />
in amalgama, aveva una risposta positiva ai patch<br />
test per il mercurio o per gli altri componenti dell’amalgama.<br />
Di questi, tredici pazienti avevano un’ipersensibiltà nei riguardi<br />
del solo mercurio, un paziente mostrava un’ipersensibilità<br />
solamente ai componenti dell’amalgama, mentre<br />
sette pazienti avevano un patch test positivo a entrambi<br />
i componenti (amalgama e mercurio).<br />
Al contrario, solamente due pazienti dei 51 che avevano<br />
una lieve o nessuna associazione tra lesioni mucose e restauri<br />
in amalgama, presentavano reazioni di ipersensibilità<br />
al patch test.<br />
Dei 30 pazienti con lesioni associate ad amalgama, 28<br />
hanno effettivamente sostituito le loro otturazioni. Di questi<br />
28 pazienti, 20 (il 71.4%) hanno avuto una completa<br />
remissione delle lesioni orali, 6 (il 21.4%) hanno avuto un<br />
miglioramento sostanziale e solo in due pazienti non vi è<br />
stato un miglioramento, o il miglioramento è stato lieve.<br />
I risultati di questo studio sembrano indicare che in un ri-
stretto numero di casi, le lesioni lichenoidi delle mucosa<br />
orale sono da attribuirsi a una probabile condizione di<br />
ipersensibilità nei confronti del mercurio o dell’amalgama.<br />
Solo le lesioni appartenenti a questo specifico gruppo rispondono<br />
positivamente alla sostituzione delle otturazioni<br />
TABELLA 1<br />
Associazione tra restauri in amalgama e lesioni della mucosa<br />
1. No associazione<br />
2. Debole associazione<br />
3. Forte associazione<br />
4. Associazione molto forte<br />
TABELLA 2<br />
1. Nessun miglioramento<br />
2. Lieve miglioramento<br />
3. Miglioramento sostanziale<br />
4. Guarigione completa<br />
in amalgama. La presenza di lesioni lichenoidi asociate a<br />
restauri in amalgama, e l’ipersensibilità cutanea nei confronti<br />
del mercurio o dell’amalgama rappresentano due importanti<br />
fattori predittivi nel miglioramento delle lesioni dopo<br />
sostinuzione dei restauri in amalgama.<br />
Nessuna lesione in contatto con restauri in amalgama. Lesioni orali tipicamente bilaterali.<br />
Alcuni restauri in amalgama in contatto con la lesioni lesioni orali. In ogni caso, meno del<br />
25% delle mucosa con alterazioni patologiche era in contatto con restauri in amalgama.<br />
Erano inoltre presenti zone di mucosa normali pur essendo in intimo contatto con alcune<br />
otturazioni in amalgama.<br />
Oltre il 75% delle lesioni mucose erano in diretto contatto con otturazioni in amalgama.<br />
Nessun restauro in amalgama era invece in contatto con aree normali di mucosa orale.<br />
Tutte le lesioni orali erano in intimo contatto con restauri in amalgama.<br />
Risposta delle lesioni mucose alla rimozione delle otturazioni in amalgama<br />
Riduzione inferiore al 50% dell’estensione della lesione mucosa.<br />
Riduzione delle lesioni superiore al 50%.<br />
23
J DENT RES 2003;82(2):82-90.<br />
Risoluzione dell’infiammazione:<br />
Un nuovo paradigma<br />
per la potogenesi<br />
delle malattie parodontale.<br />
Le malattie parodontali sono un gruppo di patologie<br />
infiammatorie a eziologia batterica, che portano alla<br />
distruzione del tessuto di supporto del dente. Gli agenti<br />
eziologici della parodontite cronica sono i batteri gram negativi<br />
anaerobi obbligati come il P. gingivalis e il B. forsythus,<br />
mentre nella comparsa della parodontite localizzata<br />
aggressiva (conosciuta anche come parodontite giova-<br />
FIGURA 1 Ruolo dei mediatori lipidici nell’infiammazione<br />
24<br />
Resolution<br />
of inflammation:<br />
A new paradigm<br />
for the pathogenesis<br />
of periodontal<br />
diseases.<br />
Concise review.<br />
Van Dyke TE,<br />
Serhan CN.<br />
Adattamento<br />
di Marco Capecchi<br />
nile localizzata) gioca un ruolo chiave il A. actinomycetemcomitans.<br />
Mentre l’eziologia di queste patologie è<br />
senza dubbio batterica, negli ultimi anni è apparso chiaro<br />
che le risposte immunitarie all’infezione batterica svolgono<br />
un ruolo fondamentale nella patogenesi di queste malattie.<br />
In particolare sembra plausibile che un deficit funzionale<br />
dei granulociti neutrofili sia alla base di gran parte<br />
Proinfiammatori Antiinfiammatori<br />
Fosfolipidi di membrana<br />
COX1&2<br />
FANS<br />
5-Lipossigenasi<br />
Acido arachidonico<br />
Interazioni<br />
Cellula-cellula<br />
Prostaglandine Leucotrieni Lipoxine<br />
Le prostaglandine e i leucotrieni, prodotti dalle ciclossigenasi (COX) e dalle lipossigenasi amplificano l’infiammazione. Le lipoxine,<br />
prodotte a partire dall’acido arachidonico, agiscono da segnali endogeni di stop dell’infiammazione. (Fans: Farmaci Antiinfiammatori<br />
Non Steroidei).
delle manifestazioni cliniche delle forme aggressive localizzate.<br />
La ricerca si sta sempre più orientando verso lo<br />
studio di queste patologie su base molecolare, anche perché,<br />
come avviene in tutte le patologie su base infiammatoria,<br />
anche in questo caso i mediatori chimici dell’infiammazione<br />
svolgono un ruolo preminente. Come è noto, i<br />
mediatori chimici dell’infiammazione sono numerosi. Tra<br />
questi ricordiamo le prostagandine, i leucotrieni, le citochine,<br />
le sostanze gassose (come l’ossido nitrico, il monossido<br />
di carbonio e i composti reattivi dell’ossigeno), e<br />
i nucleotidi come l’adenosina e l’inosina. Tutte queste sostanze,<br />
quando vengono rilasciate dai tessuti o dai leucociti,<br />
esplicano un’azione pro-infiammatoria e attualmente<br />
una grande percentuale di risorse economiche delle industrie<br />
farmaceutiche è proprio mirata alla ricerca di nuovi<br />
farmaci capaci di bloccare o comunque di modulare l’attività<br />
pro-infiammatoria di questi mediatori. Una delle scoperte<br />
più importanti in questo specifico settore di ricerca,<br />
è quella dell’esistenza di mediatori di origine lipidica che,<br />
al contrario dei precedenti, esplicano un’attività anti-infiammatoria.<br />
La lipoxina, in particolare, è stato il primo mediatore<br />
ad azione anti-infiammatoria ad essere stato identificato.<br />
È interessante notare che l’azione anti-infiammatoria<br />
dell’aspirina, è dovuta non solo all’inibizione della sintesi<br />
delle prostaglandine, ma anche al fatto che questo farmaco<br />
stimola anche la produzione di mediatori anti-infiammatori<br />
come le lipoxine. Il quadro aggiornato dei mediatori<br />
dell’infiammazione è riassunto nella figura 1.<br />
L’attività dei mediatori chimici dell’infiammazione si esercita<br />
su numerose cellule bersaglio e tra queste, le più importanti<br />
sono i granulociti neutrofili. Nella Tabella I vengono<br />
riportate le più importanti patologie il cui danno tissutale<br />
è causato dall’attivazione dei granulociti neutrofili.<br />
TABELLA 1<br />
Patologie in cui il danno tissutale è mediato<br />
dai neutrofili<br />
Malattia parodontale<br />
Artrite reumatoide<br />
Malattia infiammatoria dell’intestino<br />
Enfisema<br />
Vasculiti<br />
Acute respiratory distress syndrome<br />
Danno da riperfusione<br />
Deficienza di CR3<br />
Deficienza di granuli specifici<br />
Asma<br />
Tra queste, di particolare interesse è il cosiddetto danno da<br />
riperfusione, che può essere considerato come un modello<br />
di danno tissutale indotto dai granulociti neutrofili. Questo<br />
fenomeno rende ragione del danno tissutale che può aggravare<br />
gli effetti di un infarto miocardico allorchè vengono<br />
messe in atto manovre terapeutiche, quali l’angioplastica<br />
d’urgenza o la terapia trombolitica, allo scopo di riperfondere<br />
il più rapidamente possibile un distretto miocardico in<br />
sofferenza ischemica. In queste circostanze i vantaggi derivanti<br />
dalla precoce riperfusione miocardica sono in parte limitati<br />
dal danno da riperfusione, causato dai neutrofili che<br />
giunti nella sede del danno ischemico, liberano i composti<br />
dell’ossigeno (anione superossido, acido ipocloroso, radicali<br />
ossidrilici) amplificando il danno dei tessuti. È stato dimostrato<br />
che un meccanismo analogo, mediato dai radicali<br />
dell’ossigeno liberati dai neutrofili, è responsabile anche di<br />
parte del danno tissutale che si verifica in corso di parodontite.<br />
La produzione di lipoxine a partire dall’acido arachidonico,<br />
mediante la formazione dell’intermedio 15S-HE-<br />
TE, è stata chiaramente dimostrata negli eosinofili, nei monociti<br />
e nelle cellule epiteliali, dopo la loro esposizione ad<br />
alcuni mediatori come l’interleuchina 4 e 13. La prodzione<br />
di 15S-HETE a partire dall’acido arachidonico (e quindi la<br />
produzione di lipoxine ad effetto anti-infiammatoio), si verifica<br />
anche a seguito dell’acetilazione della ciclossigenasi-2<br />
a opera dell’aspirina. In altre parole, l’azione anti-infiammatoia<br />
dell’aspirina si esplica non solo per il blocco nella produzione<br />
di di prostaglandine, ma anche per la sintesi di lipoxine<br />
anti-infiammatorie. In ogni caso, le lipoxine una volta<br />
prodotte, esercitano una serie di attività anti-infiammatorie<br />
che vengono riasunte nella tabella II.<br />
TABELLA 2<br />
Patologie in cui il danno tissutale è mediato<br />
dai neutrofili<br />
* Legame a specifici recettori dei leucociti, cellule<br />
endoteliali ed epiteliali, fibroblasti e regolazione<br />
della loro funzione<br />
* Inibizione dell’infiammazione mediata dai neutrofili<br />
a livello polmonare, renale e della cute<br />
* Protezione dal danno tissutale da riperfusione<br />
polmonare mediato dai neutrofili<br />
* Stimolazione della fagocitosi dei linfociti in apoptosi<br />
a opera dei macrofagi<br />
* Regolazione nella produzione di citochine<br />
e chemiochine e dell’espressione di alcuni geni<br />
* Bloccano l’attività del TNF alfa<br />
* Inibizione della proliferazione cellulare<br />
* Favoriscono la risoluzione dell’edema polmonare<br />
* Inibizione dell’angiogenesi<br />
25
J DENT RES 2003;82(2):82-90.<br />
L’attività anti-infiammatoria delle lipoxine è stata confermata<br />
anche in alcuni studi sperimentali condotti su modelli<br />
animali, in cui è stata dimostrata la potente attività anti-infiammatoria<br />
delle lipoxine e dei loro analoghi sintetizzati in<br />
laboratorio.<br />
Molto promettente è l’impiego delle lipoxine nella prevenzione<br />
o nella terapia della parodontite. Lo studio dell’attività<br />
terapeutica delle lipoxine nei confronti della parodontite<br />
è appena all’inizio. Tuttavia recentemente è stato sviluppato<br />
un particolare modello sperimentale sul coniglio,<br />
che sembra essere particolarmente interessante.<br />
È stato osservato che nel coniglio, la legatura dei denti associata<br />
all’inoculo di P.gingivalis, determina a distanza di<br />
tempo la comparsa di gravi difetti parodontali del tutto sovrapponibili<br />
a quelli che si osservano nella parodontite. Se<br />
il trattamento viene prolungato per 6 settimane, si osserva<br />
la perdita di circa il 50% dell’osso alveolare.<br />
26<br />
A conferma che tale patologia è su base infettiva, la perdita<br />
ossea non si verifica se i conigli vengono contemporaneamente<br />
trattati con metronidazolo. I conigli sono stati<br />
suddivisi in due gruppi. Quelli del primo gruppo sono stati<br />
sottoposti solamente a legatura e sono stati infettati con<br />
P. gingivalis.<br />
Quelli del secondo gruppo sono stati sottoposti alla stessa<br />
procedura, ma tre volte alla settimana sono stati trattati<br />
con lipoxina applicata localmente. Al termine delle 6 settimane,<br />
i conigli di entrambi i gruppi sono stati sacrificati<br />
e valutati radiograficamente e istologicamente. In questo<br />
modo è stato possibile dimostrare che l’applicazione locale<br />
di lipoxina riduce di oltre il 90% la perdita ossea indotta<br />
dalle legature infettate con P. gingivalis. Questi studi<br />
sembrano aprire nuove e importanti prospettive terapeutiche<br />
della parodontite, basate sulla risoluzione dell’infiammazione<br />
a opera delle lipoxine.
JADA 2003;134:61-69.<br />
L’impiego di antidepressivi<br />
in psichiatria e medicina<br />
e loro impatto nel trattamento<br />
odontoiatrico.<br />
L a<br />
prescrizione di antidepressivi ha conosciuto negli<br />
ultimi anni un notevole aumento, tanto che all’anamnesi,<br />
risulta evidente che una percentuale rilevante di pazienti<br />
odontoiatrici sono in trattamento con questi farmaci.<br />
Gli antidepressivi vengono oggi giorno prescritti per la terapia<br />
di un’ampia varietà di patologie. Tra queste ricordiamo<br />
le patologie psichiatriche, il trattamento del dolore, l’insonnia,<br />
la cessazione del fumo, l’abuso di sostanze e i disordini<br />
dell’alimentazione. Gli effetti collaterali degli antidepressivi<br />
sono molteplici, ma quelli di più comune riscontro<br />
sono la xerostomia, l’ipotensione ortostatica e la<br />
cardiotossicità. La xerostomia indotta dagli antidepressivi<br />
può accompagnarsi a un’aumentata incidenza di carie coronali<br />
e radicolari. Poiché gli antidepressivi sono impiegati<br />
in tutte le fasce d’età, una maggiore incidenza di carie<br />
coronali è stata osservata in un gruppo di bambini sottoposti<br />
a trattamento con antidepressivi. D’altra parte, in un<br />
gruppo di pazienti ultrasessantenni, è stata osservato un<br />
aumento dell’indice di carie radicolare in conseguenza alla<br />
xerostomia indotta da questi farmaci. Anche l’ipotensione<br />
ortostatica indotta dagli antidepressivi può avere una<br />
sua rilevanza in odontoiatria, soprattutto qualora si renda<br />
necessario somministrare un anestetico locale con vasocostrittore.<br />
Vengono riportate di seguito le più importanti<br />
classi di antidepressivi utilizzate nella pratica clinica.<br />
Inibitori delle monoamine ossidasi<br />
Questa classe di antidepressivi è stato introdotto nella pratica<br />
clinica a partire dagli anni 50. Questi farmaci inibiscono<br />
la monoamina ossidasi, enzima responsabile della degradazione<br />
di alcuni neurotrasmettitori fra cui la serotonina<br />
e la norepinefrina. In conseguenza della loro somministrazione,<br />
si osserva un incremento dei livelli di serotonina<br />
e noradrenalina nelle giunzioni presinaptiche, a cui si<br />
deve l’effetto terapeutico.<br />
Antidepressant use<br />
in psychiatry and<br />
medicine. Importance<br />
fordental practice.<br />
Keene JJ, Galasko<br />
GT, Land MF.<br />
Adattamento<br />
di Marco Capecchi<br />
Antidepressivi triciclici<br />
La prima generazione di questa classe di farmaci è stata introdotta<br />
alla fine degli anni ‘50 e conobbe un’ampia difusione<br />
in alternativa agli inibitori delle monoamino ossidasi<br />
soprattutto nel trattamento della depressione. Si ritiene che<br />
l’effetto terapeutico sia dovuto anche in questi caso all’aumento<br />
dei livelli di serotonina e noradrenalina a livello sinaptico.<br />
Tra gli effetti colaterali più importanti ricordiamo l’ipotensione<br />
ortostatica e la xerostomia.<br />
Inibitori selettivi del reuptake della serotonina<br />
Questi antidepressivi vennero introdotti allo scopo di sopperire<br />
agli effetti collaterali degli altri due gruppi di farmaci.<br />
Il primo farmaco di questa classe è stata la fluoxetina,<br />
introdotta negli anni ‘70. La fluoxetina blocca il reuptake<br />
della serotonina nel cervello, rendendo così il neurotrasmettitore<br />
disponibile per i recettori delle sinapsi. Gli inibitori<br />
selettivi hanno meno effetti collaterali rispetto ai precedenti<br />
farmaci soprattutto riguardo all’apparato cardiovacolare<br />
e all’aumento del peso corporeo.<br />
Antidepressivi atipici<br />
Sono gli antidepressivi della terza generazione introdotti a<br />
partire dal 1980. Tra questi ricordiamo il nefazodone che<br />
oltre a inibire il reuptake della serotonina, inibisce il recettore<br />
5-idrossitriptamina 2A . Un altro farmaco di questa<br />
classe è il buproprione la cui azione si esplica sul reuptake<br />
della norepinefrina e della dopamina, mentre non ha azione<br />
nei rigurdi della serotonina. Nell’ultima decade sono stati<br />
introdotti nuovi antidepressivi atipici come la venlafaxina<br />
e la mirtazapina. Nella tabella I vengono riportati i più importanti<br />
antidepressivi in uso con i relativi effetti collaterali.<br />
In questo studio sono stati analizzati i dati anamnestici di<br />
1800 pazienti odontoiatrici ponendo particolare attenzio-<br />
27
JADA 2003;134:61-69.<br />
ne alla prevalenza del trattamento con antidepressivi e alla<br />
comparsa di effetti collaterali rilevanti da un punto di vista<br />
odontoiatrico. Complessivamente, i pazienti in trattamento<br />
con antidepressivi erano 381 (21%), 265 femmi-<br />
28<br />
ne e 116 maschi (rapporto 2.3:1), con un range d’età<br />
compreso tra i 12 e i 90 anni. Il 92% dei pazienti erano<br />
trattati con un unico tipo di antidepressivo, mentre 29 pazienti<br />
(8%) assumevano due o più antidepressivi diversi.<br />
La classe di antidepressivi più rappresentati erano gli inibitori<br />
selettivi del reuptake della serotonina (56%), seguiti<br />
dagli antidepressivi triciclici (22%) e dagli antidepressivi<br />
atipici (22%). Il 58 % dei pazienti assumevano uno o<br />
più antidepressivi che potenzialmente erano in grado di<br />
indurre xerostomia, mentre nel 68% venivano somministrati<br />
farmaci in grado di indurre un’ipotensione ortostatica.<br />
Di fronte a un paziente in terapia con antidepressivi, è<br />
necessario considerare alcune importanti repercussioni in<br />
ambito odontoiatrico. Il primo e importante aspetto è quello<br />
legato alla xerostomia e all’aumentata incidenza di carie<br />
coronali e radicolari. Il paziente deve essere sottoposto<br />
a un attento programma di prevenzione orale, basato su<br />
un’accurata igiene orale domiciliare e ambulatoriale, sulla<br />
prescrizione di fluoro e collutori antibatterici. Può essere<br />
utile nei casi più gravi ricorrere a dei sostituti della saliva.<br />
Molto importante è inoltre evitare crisi ipotensive nel corso<br />
del trattamento odontoiatrio. È preferibile ridurre per<br />
quanto possibile la durata dell’intervento, ed evitare bruschi<br />
cambiamenti posturali. Di particolare importanza è la<br />
valutazione della possibilità o meno di somministrare questi<br />
pazienti degli anestetici locali associati al vasocostrittore.<br />
Per esempio gli antidepressivi triciclici bloccano i recettori<br />
alfa1-adrenergici. La somministrazione di adenalina<br />
in questi pazienti può causare delle serie crisi ipotensive<br />
poiché l’adrenalina, trovando i recettori alfa bloccati dal<br />
farmaco, si lega in modo massivo ai beta2-recettori causando<br />
vasodilatazione e ipotensione grave.
TABELLA 1<br />
Effetti collaterali degli antidepressivi<br />
Farmaco Anticolinergico Sedazione Xerostomia Cuore Ipotensione<br />
ortostatica<br />
MAOI<br />
Fenelzina<br />
0 + + ++ +<br />
Tranilcipromine 0 + + ++ 0<br />
TCA ++++ ++++ ++++ +++ ++<br />
Amitriptilina<br />
Clomipramina +++ +++ +++ +++ ++<br />
Desipramina + + + ++ ++<br />
Doxepina ++ +++ +++ +++ ++<br />
Imipramina ++ ++ ++ +++ +++<br />
Nortriptilina + ++ + ++ +<br />
Protriptilina +++ + +++ +++ +<br />
Trimipramina ++ +++ ++ +++ ++<br />
Amoxapina +++ ++ +++ ++ +<br />
Maprotilina ++ ++ ++ ++ +<br />
SSRI 0/+ 0/+ + 0 0/+<br />
Citalopram<br />
Fluoxetina 0/+ 0/+ + 0 0/+<br />
Fluvoxamina 0/+ 0/+ + 0 ++<br />
Paroxetina 0/+ 0/+ + 0 0/+<br />
Sertralina 0 0/+ + 0 0<br />
Atipici 0 ++ + 0 +<br />
Buproprione<br />
Mirtazapina 0 +++ ++++ 0 ++<br />
Nefazodone 0 ++ + 0/+ +<br />
Trazodone 0/+ +++ + 0/+ ++<br />
Venlafaxina 0 0 + 0/+ 0<br />
MAOI: Monoamino ossidasi inibitori. TCA: Antiepressivi triciclici. SSRI: Inibitori selettivi del reuptake della serotonina.<br />
0:No +: lieve ++: moderato +++: alto ++++: molto alto 0/+: da nessuno a lieve.<br />
29
J CLIN PERIODONTAL 2002; 29:211-215.<br />
Effetto desensibilizzante<br />
del laser Er:YAG sulla dentina<br />
ipersensibile. Studio clinico<br />
prospettico, controllato.<br />
L<br />
’ ipersensibilità dentinale è uno dei più comuni<br />
sintomi lamentati dai pazienti; esso è diffuso fra<br />
i soggetti adulti occidentali con una prevalenza variabile<br />
fra 8.9 e 15%. Si conosce ancora poco riguardo<br />
alla eziologia dell’ipersensibilità e alla natura della lesione;<br />
secondo la “teoria idrodinamica” di<br />
Brannstrom il movimento dei fluidi nei tubuli dentinali<br />
esposti è responsabile della stimolazione dei recettori<br />
pulpari. Le più frequenti cause di esposizione<br />
della dentina sono l’usura provocata da anomalie occlusali<br />
e la recessione gengivale, in seguito a malattia<br />
parodontale (o alla sua terapia) o a trauma da<br />
spazzolamento.<br />
Molte sostanze sono state impiegate per la terapia<br />
della ipersensibilità dentinale, con vari gradi di successo.<br />
Uno degli agenti più comunemente utilizzati è<br />
il cloruro di stronzio; molti studi clinici hanno inoltre dimostrato<br />
che sono molto efficaci le soluzioni concentrate<br />
di fluoro, in particolare il fluoruro di sodio.<br />
Risultati positivi sono stati ottenuti anche con la ionoforesi,<br />
abbinata o meno a paste o soluzioni fluorate.<br />
Negli ultimi tempi, come è noto, vari dispositivi laser<br />
sono stati proposti in odontoiatria. Il laser Nd:YAG e<br />
il laser CO2 hanno impiego limitato a causa dei loro<br />
effetti collaterali di tipo termico; il laser Er:YAG invece<br />
sembra avere buone possibilità di applicazione in<br />
medicina in virtù del suo meccanismo di ablazione<br />
termo-meccanica e dell’alto assorbimento della sua<br />
lunghezza d’onda da parte dell’acqua. Applicato sul<br />
tessuto dentinale il laser Er:YAG porterebbe ad una<br />
evaporazione del fluido dentinale con conseguente<br />
diminuzione del movimento di questo nei tubuli e<br />
quindi con miglioramento dellíipersensibilità.<br />
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare<br />
l’efficacia del laser Er:YAG come desensibilizzante in<br />
30<br />
Desensitizing effects<br />
of an Er:YAG laser on<br />
hypersensitive dentine.<br />
A controlled,<br />
prospective clinical<br />
study.<br />
Schwarz F., Arweiler<br />
N., Georg T.,<br />
Reich E.<br />
Adattamento<br />
di Elisabetta Francini<br />
confronto ad un prodotto commerciale, avente questa<br />
specifica indicazione, il Dentin Protector e in confronto<br />
con denti ipersensibili non trattati.<br />
A tale scopo sono stati osservati 30 pazienti con un<br />
totale di 104 coppie di denti ipersensibili e privi di<br />
carie; in ciascun paziente una coppia di elementi costituiva<br />
il controllo, mentre gli altri venivano trattati o<br />
con il laser o con il Dentin Protector. Il grado di sen-
sibilità veniva individuato secondo<br />
una scala arbitraria da 1 a 4<br />
come risposta nei confronti di un<br />
getto di aria fredda della durata<br />
di 3 secondi alla distanza di 2<br />
mm. I dati sono stati registrati<br />
prima del trattamento, immediatamente<br />
dopo, dopo una settimana,<br />
dopo due e dopo sei mesi.<br />
I risultati hanno mostrato che entrambi<br />
i trattamenti determinano<br />
un significativo miglioramento<br />
della sintomatologia immediatamente<br />
dopo e dopo una settimana<br />
dall’applicazione. Dopo due<br />
mesi, i denti trattati con Dentin<br />
Protector mostrano un aumento<br />
del discomfort superiore al 65%<br />
del valore iniziale e superiore al<br />
90% dopo sei mesi, mentre i risultati<br />
ottenuti col laser si mantengono<br />
costanti. Le differenze<br />
riscontrate fra i due gruppi, immediatamente<br />
dopo l’applicazione,<br />
dopo una settimana e dopo<br />
due e sei mesi, sono risultate statisticamente significative.<br />
Rispetto ai denti controllo, entrambi i trattamenti<br />
hanno assicurato una significativa riduzione del<br />
disturbo.<br />
Studi precedentemente condotti hanno dimostrato<br />
che anche il laser Nd:YAG e quello CO2 sono efficaci<br />
nel ridurre l’ipersensibilità dentinale nei confronti di<br />
stimoli freddi; sembra che l’applicazione di questi laser<br />
porti ad una “fusione” della dentina e quindi ad<br />
una occlusione o restringimento<br />
dei tubuli, che si traduce in una<br />
diminuzione del movimento dei<br />
fluidi; è stato fra l’altro dimostrato<br />
che i denti ipersensibili presentano<br />
diametri tubulari significativamente<br />
più ampi (circa il<br />
doppio) rispetto ai denti non<br />
sensibili. Il laser Er:YAG probabilmente<br />
provoca una evaporazione<br />
del fluido dentinale e dello<br />
smear layer con conseguente<br />
deposizione di sali insolubili nei<br />
tubuli che risultano così obliterati.<br />
Inoltre il laser Er:YAG mostra<br />
un alto potenziale battericida e<br />
questo può contribuire alla desensibilizzazione,<br />
dal momento<br />
che la soglia del dolore delle fibre<br />
nervose sembra essere più<br />
bassa in presenza di mediatori<br />
della flogosi.<br />
Il Dentin Protector è una soluzione<br />
acquosa composta per il<br />
22.5% di poliuretano-isocianato<br />
e per il 77.5% di metilencloruro; esso probabilmente<br />
agisce attraverso la creazione di una barriera<br />
periferica nel lume dei tubuli, barriera che viene<br />
poi verosimilmente rimossa con lo spazzolamento.<br />
Si può ipotizzare che l’uso combinato del laser<br />
Er:YAG e di un prodotto resinoso possa sortire buoni<br />
risultati, in quanto la rimozione dello smear layer<br />
prodotta dal laser faciliterebbe la penetrazione dell’adesivo<br />
nei tubuli.<br />
31
32<br />
INFORMAZIONI MERCEOLOGICHE DENTAL TREY<br />
Tutto quello che avreste voluto sapere sui Corsi... e anche di più<br />
La sezione “Corsi” del portale dentaltrey.it<br />
CORSI<br />
Centro Congressi<br />
Corsi Fondazione<br />
Calendario<br />
È ormai interamente completata l’ampia sezione che il portale dentaltrey.it dedica ai Corsi di aggiornamento<br />
scientifico. Come sapete, la costante collaborazione con il mondo della ricerca si concretizza in <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong><br />
attraverso diversi strumenti: corsi privati di alcuni professionisti, il sostegno come Major Sponsor per le manifestazioni<br />
esterne delle varie Società scientifiche del settore, la partnership con la Fondazione del Prof. Luigi<br />
Castagnola, e la realizzazione del Centro Congressi <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong>,<br />
che ospita corsi organizzati da alcune tra le principali<br />
Associazioni e Società scientifiche del settore.<br />
Grande rilevanza è stata naturalmente attribuita ai Corsi della<br />
Fondazione, per i quali già dalla prossima edizione di ottobre<br />
2003 sarà possibile iscriversi direttamente online, semplificando<br />
notevolmente le procedure di registrazione, iscrizione, ritiro della<br />
scheda di valutazione e del credito formativo.<br />
Centro Congressi <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong><br />
Calendario Corsi<br />
I nostri relatori<br />
Prossima edizione<br />
Precedenti edizioni<br />
<strong>Bollettino</strong> della Fondazione<br />
Eventi<br />
Percorsi formativi<br />
La sezione è stata strutturata in tre grandi filoni: le attività organizzate<br />
presso il Centro Congressi Ca’ di Mezzo <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> (sottosezione<br />
“Centro Congressi”), i Corsi della Fondazione (sottosezione<br />
“Corsi Fondazione”), e una panoramica generale sui principali<br />
Corsi su tutto il territorio nazionale (sottosezione<br />
“Calendario”).
Con il pass identificativo dotato di codice a barre, che riceverà presso lo studio o l’abitazione, il professionista<br />
potrà comodamente effettuare tutte le operazioni, risparmiando tempo e lunghe code.<br />
Nella sottosezione dedicata alla Fondazione è inoltre possibile<br />
scaricare in formato pdf i Bollettini pubblicati dal 2000 ad oggi,<br />
con gli articoli suddivisi per argomento, scaricabili e stampabili<br />
singolarmente.<br />
Sono presenti anche i resoconti e le immagini di alcune della<br />
precedenti edizioni oltre naturalmente al programma dettagliato<br />
dell’edizione successiva.<br />
Nella sottosezione “Calendario” una tabella presenta i Corsi<br />
suddivisi per Eventi e Percorsi formativi, con tutte le caratteristiche<br />
(data, titolo, Segreteria Scientifica, Sede, Area specialistica, Accreditamenti) facilmente consultabili<br />
e la possibilità di scaricare il programma <strong>completo</strong> in formato pdf; un evoluto motore di ricerca permette<br />
inoltre di trovare rapidamente il corso di vostro interesse, a seconda della Specialità, del Relatore, della<br />
Segreteria Scientifica, della Sede del Corso.<br />
La sottosezione “Centro Congressi” presenta, oltre ad un’ampia<br />
descrizione del Centro e delle sue caratteristiche, il calendario<br />
dei Corsi in programma, con un motore di ricerca suddiviso in<br />
Relatori, Specialità, Segreteria Scientifica, e la possibilità anche<br />
qui di scaricare e stampare il programma dettagliato in forma to<br />
pdf; le pagine dedicate ai relatori presentano i curriculum dei<br />
professionisti.<br />
Il progetto <strong>Dental</strong>diagnosisonline: a che punto siamo?<br />
Sono già 16 i consulenti che hanno aderito al progetto<br />
<strong>Dental</strong>diagnosisonline, il sito per il dentista che si vuole tenere<br />
aggiornato e desidera ricevere consulenze odontoiatriche<br />
da parte dei migliori professionisti in Italia ed all’estero.È<br />
sufficiente registrarsi per entrare a far parte della<br />
comunità scientifica, consultare gratuitamente casi clinici e<br />
articoli internazionali di grande interesse tradotti dalla redazione<br />
del sito, e, con una spesa ragionevole, confrontare<br />
la propria diagnosi con quella dei più autorevoli professionisti<br />
del settore.<br />
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INFORMAZIONI MERCEOLOGICHE DENTAL TREY<br />
Emdogain ® : un prodotto rivoluzionario distribuito da <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong><br />
Combattere la parodontite stimolando naturalmente la ricrescita delle cellule<br />
In molti casi la parodontite può essere curata con buoni risultati. Una delle terapie più innovative è sicuramente<br />
quella che utilizza le risposte naturali dell’organismo. Emdogain ® è un prodotto della Casa svedese Biora, distribuito<br />
in esclusiva per l’Italia da <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong>, concepito per far crescere di nuovo in maniera biologica l’osso della<br />
mascella e il tessuto di sostegno perduti. La componente più importante è la Amelogenina, una proteina prodotta<br />
dall’organismo durante il periodo della crescita che ha una funzione importante nello sviluppo dei denti.<br />
Emdogain ® crea di nuovo il tessuto di sostegno intaccato dalla parodontite stimolando l’organismo naturalmente.<br />
Dopo un trattamento con Emdogain ® la ferita guarisce molto rapidamente. Il tessuto di sostegno comincia subito<br />
a crescere e continua per molto tempo, a volte per più di un anno. Durante questo periodo è fondamentale<br />
per il paziente effettuare controlli regolari e attenersi scrupolosamente alle indicazioni del medico curante.<br />
Corona del dente<br />
Osso della mascella<br />
Tessuti di sostegno del dente<br />
1 Dente con tessuti circostanti sani e tessuti di sostegno intatti<br />
(cemento della radice, fibre di sostegno, osso della mascella)<br />
Rimozione del<br />
tartaro<br />
3 Difetto parodontale residuo dopo la rimozione<br />
della placca batterica e del tartaro.<br />
Nuovo tessuto<br />
di sostegno<br />
del dente<br />
Nuovo osso<br />
5 Recupero dei tessuti di sostegno successivi<br />
al trattamento con Emdogain ® .<br />
Tasca parodontale<br />
Accumulo di batteri<br />
Tartaro<br />
Livello di perdita dei tessuti di stegno<br />
del dente e punto più profondo della tasca<br />
parodontale<br />
2 Parodontopatia avanzata con perdita di tessuto di sostegno<br />
e conseguente formazione di una tasca parodontale profonda<br />
4 Applicazione di Emdogain ® sulla radice<br />
e sui tessuti circostanti, esposti con un piccolo<br />
intervento chirurgico.<br />
Biomimetica: il modo naturale per una vera rigenerazione<br />
di attacco funzionale
3M ESPE<br />
Via S. Bovio 3 - Loc. S. Felice<br />
20090 Segrate (Mi)<br />
Tel. 02/70351<br />
Fax 02/70352520<br />
e-mail: 3mespeitaly@mmm.com<br />
www.3mespe.com<br />
ISASAN srl<br />
Via Bellini 17<br />
22070 Rovello Porro (Co)<br />
Tel. 02/96754179<br />
Fax 02/96754190<br />
e-mail: info@isasan.com<br />
www.isasan.com<br />
SDM srl - DÜRR DENTAL<br />
Via G. Di Vittorio 307/2<br />
20099 Sesto S. Giovanni (Mi)<br />
Tel. 02/2401653<br />
Fax 02/2428637<br />
e-mail: sdm@planet.it<br />
www.durr.it<br />
37° Corso gratuito g<br />
FONDAZIONE PROF. LUIGI CASTAGNOLA<br />
Si ringraziano gli Sponsor presenti al 37° Corso Gratuito<br />
della Fondazione Prof. Luigi Castagnola che hanno voluto<br />
aderire all’iniziativa proposta da <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> contribuendo alle<br />
spese di distribuzione del <strong>Bollettino</strong>:<br />
BIEN AIR ITALIA srl<br />
Via Vaina 3<br />
20122 Milano<br />
Tel. 02/58321251<br />
Fax 02/58321253<br />
e-mail: ba-i@bienair.com<br />
www.bienair.com<br />
IVOCLAR VIVADENT srl<br />
Via Dell'Industria 16<br />
39025 Naturno (Bz)<br />
Tel. 0473/670111<br />
Fax 0473/670210<br />
e-mail: clinical@ivoclarvivadent.it<br />
www.ivoclarvivadent.it<br />
W.& H. Italia srl<br />
Via R. Sanzio 5<br />
20090 Cesano Boscone (Mi)<br />
Tel. 02/45864479<br />
Fax 02/45888158<br />
e-mail: deltwh@tin.it<br />
www.wnhdent.com<br />
BIOMAX srl<br />
Via Zamenhof 615<br />
36100 Vicenza<br />
Tel. 0444/913410<br />
Fax 0444/913695<br />
e-mail: info@biomax.it<br />
www.biomax.it<br />
MERIGHI UMBERTO<br />
STRUM. “CHIMO”<br />
Viale Carducci 58<br />
40053 Bazzano (Bo)<br />
Tel. 051/831916<br />
Fax 051/831916<br />
e-mail: merighiumberto@libero.it<br />
NOVAXA spa<br />
Via Aquileja 49<br />
20092 Cinisello Balsamo (Mi)<br />
Tel. 02/618651<br />
Fax 02/66012921<br />
e-mail: vendite@novaxa.it<br />
www.novaxa.it<br />
¨<br />
DENTSPLY ITALIA srl<br />
Via A. Cavaglieri 26<br />
00173 Roma<br />
Tel. 06/72640393<br />
Fax 06/72640394<br />
e-mail: marketing@dentsply-it.com<br />
www.dentsply.com<br />
RAVELLI spa<br />
Via Valparaiso 3<br />
20144 Milano<br />
Tel. 02/4984771<br />
Fax 02/48193359<br />
e-mail: ravelli@ravellispa.it<br />
www.ravellispa.it<br />
EMS srl<br />
Via Favarelli 5<br />
20149 Milano<br />
Tel. 02/34538111<br />
Fax 02/34532778<br />
e-mail: dental@ems-italia.it<br />
www.emsdental.com