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Bollettino completo - Dental Trey

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<strong>Bollettino</strong><br />

DELLA FONDAZIONE PROF. LUIGI CASTAGNOLA<br />

Iscrizione online<br />

L C<br />

F<br />

1 9 8 5<br />

FONDAZIONE PROF LUIGI CASTAGNOLA <br />

corsi<br />

Direttore scientifico<br />

Dr. Nicola Perrini<br />

Anno 13 Numero 2<br />

Giugno 2003<br />

Editore Coinè srl - Forlì<br />

Pubblicazione semestrale<br />

Spedizione in abb. postale<br />

Art.2 comma 20/b<br />

legge 662/96<br />

Dir. P.T. Forlì - Tassa pagata<br />

Contiene I.R.


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a meno. <strong>Dental</strong>trey.it, il grande portale per<br />

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consulenze, per essere sempre più<br />

vicini al mondo odontoiatrico con competenza,<br />

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trovate informazioni aggiornate su<br />

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Il meglio dell’odontoiatria in un clic<br />

tempo reale su promozioni e offerte, la verifica<br />

e il riordino della sezione storico ordini,<br />

il controllo delle spedizioni e delle riparazioni,<br />

e, per alcune tipologie di articoli, la possibilità<br />

di consultare schede tecniche dei prodotti.<br />

E non è tutto. Dalla collaborazione con<br />

un’équipe di qualificati professionisti del settore<br />

è nato il sito dentaldiagnosisonline.it,<br />

presente all’interno del portale, che fornisce<br />

aggiornamenti e consulenze odontoiatriche<br />

on line. <strong>Dental</strong>diagnosisonline.it permette di<br />

confrontare in tempi brevi la propria diagnosi<br />

con quella di un altro professionista, o<br />

chiedere suggerimenti clinici per i piani di<br />

trattamento. Dispone di un elenco di casi clinici,<br />

di una sezione esplicativa per la corretta<br />

compilazione delle richieste di consulenza,<br />

della sezione corsi sempre aggiornata con<br />

una selezione di corsi dei consulenti presenti<br />

divisa per specialità. La sezione letteratura<br />

presenta articoli tradotti dalle riviste internazionali<br />

più autorevoli. <strong>Dental</strong>trey.it: usufruire<br />

al meglio dei vantaggi di internet, con facilità<br />

e rapidità. Progettato da chi è al vostro<br />

fianco per offrire risposte tempestive alle esigenze<br />

di un settore che guarda avanti.<br />

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Direttore Scientifico:<br />

Dott. Nicola Perrini<br />

Direttore Responsabile:<br />

Dott. Gian Luca Taliani<br />

Segreteria di Redazione:<br />

Elisabetta Borghesi, Elisabetta Francini<br />

Redazione:<br />

Fondazione Prof. L. Castagnola,<br />

Via Signorelli 9<br />

51100 Pistoia<br />

Tel. 0573/29068 - 29069<br />

Fax 0573/25725<br />

SOMMARIO<br />

<strong>Bollettino</strong><br />

DELLA FONDAZIONE PROF. LUIGI CASTAGNOLA<br />

Proprietà, Amministrazione<br />

e Coordinamento Generale:<br />

DENTAL TREY srl<br />

47010 Fiumana Predappio (FC)<br />

Via Partisani, 3<br />

Tel. 0543/929111 Fax 0543/940659<br />

Hanno collaborato a questo numero:<br />

Nicola Perrini, Elena Benedetti, Marco<br />

Capecchi, Elisabetta Francini, Elisabetta<br />

Borghesi, Roberto Calvisi<br />

Grafica: SPA! - Bologna<br />

spadesign@libero.it<br />

■ Resoconto del 36° Congresso<br />

della “Fondazione Prof. L. Castagnola”<br />

Endodonzia 2003 5<br />

■ 12° Memorial Biaggi per Assistenti<br />

ed Igienisti <strong>Dental</strong>i 14<br />

■ Le otturazioni provvisorie in endodonzia.<br />

Revisione della letteratura 17<br />

■ Capacità solvente e azione battericida<br />

di soluzioni tamponate e non tamponate<br />

di ipoclorito di sodio 21<br />

■ Lesioni di ipersensibilità da contatto<br />

con amalgama e lichen planus orale 22<br />

Impaginazione: Francesco Galli<br />

Stampa:<br />

Tipolitografia Valbonesi - Forlì<br />

Editore:<br />

Coinè srl - Forlì<br />

Registrazione del Tribunale<br />

di Forlì n. 25/95<br />

del 30/12/1995<br />

Spedizione in abbonamento postale 45%<br />

Contiene I. R.<br />

Copia fuori commercio<br />

■ Risoluzione dell’infiammazione:<br />

un nuovo paradigma per la patogenesi<br />

delle malattie parodontali 24<br />

■ L’impiego di antidepressivi in psichiatria<br />

e medicina e loro impatto nel trattamento<br />

odontoiatrico 27<br />

■ Effetto desensibilizzante del laser Er:<br />

YAG sulla dentina ipersensibile.<br />

Studio clinico prospettico, controllato 30<br />

■ Informazioni merceologiche<br />

<strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> 32<br />

Immagine di copertina: Apice radicolare tratto dalla collezione istologica del Dr. Perrini<br />

3


4<br />

L C<br />

F<br />

1 9 8 5<br />

FONDAZIONE PROF LUIGI CASTAGNOLA <br />

Relatori:<br />

Relatori:<br />

DENTAL TREY<br />

Fondazione Prof. Luigi Castagnola<br />

Presidente Dr. Nicola Perrini<br />

37° Corso gratuito<br />

L’odontoiatria conservativa<br />

del nuovo millennio<br />

Dr. Adamo Monari - Dr. Stefano Patroni - Dr. Roberto Spreafico<br />

13° Memorial Biaggi<br />

per assistenti e igienisti dentali<br />

D.ssa Viviana Cortesi Ardizzone - D.ssa Valentina Giuliani<br />

Prof. Carlo Guastamacchia - D.ssa Ina Guastamacchia - Sig.ra Sabrina Guerra<br />

Dr. Leonardo Pini Prato - Dr. Davide Raddi - Prof. Fabio Tosolin<br />

Dr. Mario Vaccarone - Dr. Fabrizio Volpe<br />

Palacongressi di Rimini 17 - 18 ottobre 2003<br />

Segreteria organizzativa:<br />

DENTAL TREY Srl - Via Partisani, 3 - 47010 Fiumana - Predappio (FC)<br />

Ufficio corsi:<br />

0543/929129 (ore 8/14) Fax 0543/940659<br />

http://www.dentaltrey.it e-mail: corsi@dentaltrey.it


RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />

Endodonzia 2003<br />

di Elena Benedetti<br />

Roberto Calvisi<br />

Marco Capecchi<br />

Il 7 e 8 marzo 2003 si è svolto presso il Palacongressi di Rimini il 36° corso gratuito della Fondazione prof.<br />

L. Castagnola. Nella sala riservata ai dentisti è stato fatto il punto sulle attuali tendenze in endodonzia. I relatori,<br />

come sempre, erano di ottimo livello. Ha aperto i lavori il Dr. Pietro Ausiello che ha descritto in modo approfondito<br />

le caratteristiche fisiche e meccaniche delle leghe utilizzate in endodonzia, dando delle utili indicazioni sulle<br />

tecniche consigliate nell’utilizzo di alcuni nuovi strumenti endodontici. Successivamente ha preso la parola il<br />

Prof. Elio Berutti, che ha trattato con grande chiarezza didattica i problemi relativi alle moderne tecniche di sagomatura<br />

del canale, soffermandosi in modo particolare sull’impiego dei Protaper. È stata poi la volta della<br />

Prof.ssa Elisabetta Cotti con una relazione accurata ed esaustiva, sull’impiego clinico di un nuovo materiale endodontico,<br />

il MTA. Al Dr. Francesco Mangani è invece toccato il compito di chiarire le problematiche del sigillo<br />

coronale nell’ottica del successo in endodonzia. Molto apprezzati sono stati i numerosi e, inutile dirlo, splendidi<br />

casi clinici presentati dal relatore. Il sabato mattina ha aperto i lavori il Dr. Nicola Perrini, che ha trattato con<br />

grande chiarezza e competenza i principi fondamentali su cui poggia l’endonzia o, per meglio dire<br />

“L’Endodontologia” degli insuccessi endodontici, con particolare riferimento alle problematiche microbiologiche.<br />

Infine la manifestazione si è chiusa con l’intervento del Dr. Gianfranco Vignoletti con un’analisi critica, ma anche<br />

molto personale e ironica, sull’evoluzione del concetto di eccellenza in endodonzia negli ultimi 25 anni.<br />

Contemporaneamente, nella sala riservata agli assistenti e igienisti dentali si è svolto il 12° Memorial Biaggi che<br />

forse in questa occasione, ha battuto tutti i record di presenze, grazie all’assoluta ecellenza dei relatori invitati e<br />

di cui tratteremo di seguito.<br />

Ringraziamenti<br />

Il presidente della Fondazione, parlando a nome del Prof. L. Castagnola, vuole ringraziare i relatori che hanno dato<br />

vita a queste due importanti giornate d’aggiornamento. Un ringraziamento va alle numerose ditte espositrici e<br />

in particolare ai Sigg.ri Mariolina e Augusto Coli della <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> che, con la loro presenza e competenza, rendono<br />

possibile questa manifestazione, che appare sempre più insostituibile nell’ottica di un aggiornamento professionale<br />

continuo e soprattutto qualificato. Infine vogliamo ringraziare tutti i partecipanti, i colleghi e tutto il personale<br />

ausiliario, che con il loro entusiasmo e la loro sempre maggiore partecipazione, ci sostengono e ci stimolano<br />

ad andare avanti su questa strada, basando il nostro cammino su quei principi di amicizia, solidarietà e<br />

aggiornamento che da sempre hanno animato il prof. L. Castagnola e a cui siamo profondamente grati.<br />

Di seguito riportiamo i resoconti delle relazioni congressuali.<br />

5


Dr. Pietro Ausiello<br />

NUOVI STRUMENTI ENDODONTICI<br />

IN NICHEL-TITANIO E IN ACCIAIO<br />

Le leghe al nichel-titanio (Ni-Ti), dotate di memoria di<br />

forma e di superelasticità, vennero introdotte negli<br />

anni ‘70 dall’industria aerospaziale, e solo successivamente,<br />

verso i primi anni ‘90 sono state utilizzate<br />

in odontoiatria per la realizzazione di strumenti.<br />

Queste leghe sono formate per il 50% da nichel e<br />

per il 45% in titanio e come è noto, possono presentarsi<br />

in fase martensitica e in fase austenitica.<br />

Durante il lavoro, quando lo strumento agisce sulle<br />

pareti del canale, la lega passa da una fase a un’altra<br />

tramite una fase intermedia R detta di trasformazione.<br />

La superelasticità è la capacità di recuperare la<br />

forma originale dopo una deformazione. Questa proprietà<br />

fondamentale si manifesta quando la lega si<br />

trova nella fase di trasformazione. Questa caratteristica<br />

non è invece presente nell’acciaio, in quanto questo,<br />

una volta andato incontro a una deformazione<br />

elastica di una certa entità, non è più in grado di riprendere<br />

la forma originaria, e rimane permanentemente<br />

deformato. Lo dimostra il fatto che il modulo<br />

di elasticità delle leghe Ni-Ti, che è un indice della rigidità<br />

di un materiale, è molto più basso rispetto all’acciaio.<br />

Gli strumenti al Ni-Ti devono lavorare sotto<br />

un carico torsionale costante, cioè devono lavorare in<br />

rotazione continua e costante. Questi strumenti hanno<br />

una flessibilità tale che consente loro di superare<br />

percorsi molto tortuosi rimanendo centrati nel canale,<br />

con il vantaggio di assicurare un maggior rispetto<br />

dell’anatomia canalare. Gli strumenti in acciaio non<br />

possiedono la capacità di autocentrarsi nel canale, e<br />

pertanto possono determinare, se non vengono utilizzati<br />

in modo opportuno, un trasporto del canale<br />

con una certa facilità.<br />

Il rispetto dell’anatomia canalare ottenibile con gli<br />

strumenti Ni-Ti può essere agevolmente dimostrato ricorrendo<br />

alla diafanizzazione del dente una volta che<br />

questo è stato preparato, oppure operando su appositi<br />

simulatori endodontici in plastica trasparente.<br />

L’altra caratteristica importante del Ni-Ti è la memoria<br />

di forma e la resistenza alla torsione. Tuttavia va<br />

sottolineato che le leghe Ni-Ti non tollerano carichi<br />

meccanici d’intensità non costanti come quelli di tipo<br />

ondulatorio o vibratorio. L’inizio della deformazione<br />

plastica, che prelude alla rottura, è un punto di cedimento<br />

che si caratterizza da uno svitamento delle<br />

porzioni allungate. La capacità di taglio è un’altra ca-<br />

6<br />

RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />

ratteristica nelle leghe Ni-Ti, che dipende da numerosi<br />

parametri. Inoltre i nuovi strumenti al Ni-Ti hanno<br />

adesso una buona longevità, e anche una certa biocompatibilità.<br />

I vantaggi degli strumenti rotanti al Ni-<br />

Ti sono molteplici. Il primo è il rispetto dell’anatomia<br />

iniziale del canale, l’assenza di modificazione della<br />

traiettoria, e il fatto che lasciano inalterata l’anatomia<br />

e la localizzazione dell’apice radicolare. Con questi<br />

strumenti l’obiettivo è quello di conferire al canale<br />

una forma adeguata alla sua otturazione. Questo è facilitato<br />

anche dalla loro particolare conicità che consentr<br />

tra l’altro l’eliminazione precoce delle interferenze<br />

coronali. La tecnica di preparazione ideale per<br />

gli strumenti al Ni-Ti è la crown-down, cioè la preparazione<br />

del canale in senso corono-apicale. Altri strumenti<br />

nati per la tecnica crown-down sono gli shaping<br />

files. Si tratta di strumenti in acciaio ideati da Dr.<br />

Francesco Riitano, uno dei padri storici delle moderne<br />

tecniche di preparazione canalare.<br />

Le sezioni trasversali degli strumenti Ni-Ti possono<br />

variare da un tipo di strumento all’altro, ma in ogni<br />

caso tutti questi strumenti vengono prodotti attaverso<br />

una procedura di micromolaggio e non con una<br />

torsione a freddo, come avviene per gli strumenti tradizionali<br />

in acciaio, grazie al loro elevato modulo di<br />

Young. L’angolo di taglio degli strumenti Ni-Ti può<br />

essere negativo (azione di raschiamento), nullo oppure<br />

debolmente positivo. Anche il disegno della<br />

punta può essere diverso (lavorante o non lavorante).<br />

La conicità di questi strumenti si traduce in grandi<br />

vantaggi da un punto di vista clinico come la capacità<br />

di eliminare rapidamente le interferenze coronali<br />

e di ottenere un allargamento coronale precoce<br />

che migliora il raggiungimento da parte dell’ipoclorito<br />

delle zone più apicali del canale. In ogni caso tutti<br />

questi strumenti necessitano di lavorare a una velocita<br />

e a un torque adeguati, sotto adeguata irrigazione<br />

e lubrificazione. Una bassa velocità serve a ridurre<br />

gli stress torsionali all’interno del canale, riducendo<br />

in questo modo il richio di frattura. Per tenere<br />

sotto controllo tutti questi delicati parametri è di fondamentale<br />

importanza avere a disposizione un motore<br />

endodontico di nuova generazione. L’irrigazione e<br />

la lubrificazione del canale è sempre necessaria anche<br />

durante l’utilizzo degli strumenti Ni-Ti, soprattutto<br />

per evitare di intasare le spire dello strumento con<br />

detriti che porterebbe a una riduzione della capacità<br />

di taglio. In ogni caso questi strumenti devono essere<br />

usati per un numero limitato di volte, e in canali<br />

particolarmente stretti e tortuosi dovrebbero essere


La sala riservata ai medici durante il corso<br />

considerati monouso. Il rivestimento superficiale degli<br />

strumenti con titanio secondo modalità particolari<br />

rende gli strumenti stessi altamente resistenti nei<br />

confronti dell’ipoclorito di sodio e dei cicli di sterilizzazione.<br />

Anche le normali procedure standard di sterilizzazione<br />

a freddo non alterano in modo significativo<br />

le proprietà meccaniche degli strumenti stessi.<br />

Dr. Elio Berutti<br />

METODICHE DI SAGOMATURA<br />

E DI OTTURAZIONE DEI CANALI RADICOLARI<br />

Gli elementi fondamentali della tecnica endodontica<br />

sono la sagomatura, la detersione e l’otturazione tridimensionale.<br />

Da non sottovalutare inoltre l’importanza<br />

di un adeguato sigillo coronale per il mantenimento<br />

del successo nel tempo. Negli ultimi 15-10<br />

anni, l’introduzione del microscopio operatorio associato<br />

agli ultrasuoni ha consentito notevoli progressi<br />

soprattutto in ambito di ritrattamenti ortogradi e di<br />

endodonzia chirurgica. Tutta l’endodonzia ortograda<br />

al microscopio viene condotta in visione indiretta,<br />

mentre la chirurgia endodontica viene eseguita in visione<br />

diretta. Soprattutto in endodonzia chirurgica il<br />

microscopio è uno strumento prezioso e consente di<br />

portare a termine l’intervento con minimo stress per<br />

l’operatore. Allo scopo di migliorare ulteriormente la<br />

visibilità del campo operatorio, oltre a una adeguata<br />

illuminazione e un adeguato ingrandimento, è importante<br />

curare minuziosamente l’anestesia. In particolare<br />

è consigliabile di iniziare l’anestesia usando articaina<br />

con adrenalina 1:100.000. Questo consente di<br />

ottenere una prima anestesia. Successivamente, è<br />

opportuno utilizzare la idocaina con adrenalina<br />

1:50.000, che grazie all’elevata concentrazione di<br />

vasocostruttore riduce fortemente il sanguinamento<br />

intraoperatorio. Per ottenere una buona visibilità del<br />

campo, e per migliorare nella fase terminale dell’intervento<br />

l’adattamento del lembo, è importante<br />

aspettare almeno 10-15 minuti prima di iniziare l’intervento.<br />

Durante questo lasso di tempo l’anestetico<br />

e il vasocostrittore diffonderanno completamente nei<br />

tessuti.<br />

L’introduzione degli strumenti al Ni-Ti ha rappresentato<br />

un notevole passo avanti in endodonzia facilitando<br />

e migliorando notevolmente la preparazione canalare.<br />

I ProFile sono degli U-file nati in conicità 04<br />

per favorire l’otturazione del canale con i Thermafill.<br />

Successivamente sono nati i ProFile a conicità 06 e<br />

successivamente gli orifice shaper allo scopo di eliminare<br />

la necessità di ricorrere alla frese di Gates, migliorando<br />

la preparazione della parte più coronale del<br />

canale. Dopo i ProFile sono stati introdotti sul mercato<br />

i Gt Rotary Files che presentano uno stelo fisso di<br />

diametro di 1 mm, una punta fissa pari a 20 e quattro<br />

diverse conicità della parte tagliente. Il limite più<br />

7


importante di questi strumenti è rappresentato dal<br />

fatto che non tutti i canali hanno un apice con diametro<br />

20. Ecco allora che recentemente sono state<br />

introdotte delle nuove versioni che hanno sopperito a<br />

questo problema. Tutti questi strumenti devono essere<br />

usati in senso corono-apicale perché è fondamentale<br />

che la superficie di strumento a contatto con<br />

le pareti del canale sia la più piccola possibile.<br />

Questo porta a una riduzione del carico torsionale e<br />

degli stress a tutto vantaggio della sicurezza.<br />

I Protaper rappresentano un’ulteriore evoluzione e<br />

sono caratterizzati dal fatto di avere una conicità multipla<br />

nell’ambito dello stesso strumento. Il primo strumento<br />

è il Sx che è uno strumento accessorio il cui<br />

scopo è quello di eliminare le interferenze coronali.<br />

Associati a questo, sono disponibili altri 5 strumenti,<br />

i due Shaping per la preparazione del terzo medio e<br />

coronale, e i tre Finishing che vengono impiegati nella<br />

preparazione del terzo apicale. La conicità multipla<br />

è l’aspetto rivoluzionario perché con uno o due strumenti<br />

si può praticamente terminare la preparazione<br />

canalare. Questo inoltre consente di ridurre l’area di<br />

contatto strumento-canale a tutto vantaggio della longevità<br />

dello strumento stesso. Gli shaping hanno una<br />

conicità molto grande alla base, e molto piccola in<br />

punta (dove hanno una punta di 20) e servono alla<br />

preparazione del corpo del canale. I finishing al contrario<br />

servono per la preparazione del terzo apicale e<br />

hanno punta del 20, del 25 o del 30.<br />

A parità di carico i Protaper sono sollecitati molto meno<br />

rispetto ai ProFile e pertanto sono molto più resistenti<br />

alla frattura. Il Protaper ha inoltre al suo interno,<br />

durante il lavoro, un asse neutro che rimane costante<br />

e uniforme nel tempo. Anche la capacità di taglio<br />

del Protaper è diversa nelle varie sezioni, essendo<br />

massima vicino alla base e riducendosi in punta<br />

che non è tagliente.<br />

La fatica di uno strumento è data dallo stress di flessione<br />

e dallo stress da torsione. Il primo è legato al<br />

tipo di andamento spaziale del canale, mentre il secondo<br />

si verifica quando la punta dello strumento si<br />

impegna tra le pareti del canale. È bene che soprattutto<br />

in presenza di una curva, lo strumento venga tenuto<br />

in movimento il più possibile, in modo che le zone<br />

di stress non si focalizzino in un punto solo portando<br />

alla rottura.<br />

Uno studio condotto dal relatore ha cercato di valutare<br />

la vita media degli strumenti Protaper in diverse<br />

condizioni operative usando dei simulatori in plastica.<br />

Nel caso in cui la punta si blocchi sulle pareti del ca-<br />

8<br />

RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />

nale uno strumento è in grado di preparare al massimo<br />

10 simulatori. Quando invece la punta dello strumento<br />

rimane libera, il numero massimo di simulatori<br />

che lo strumento può preparare prima di rompersi<br />

aumenta fino a 59. È stata inoltre valutata l’influenza<br />

della velocità e della coppia. Due gruppi di strumenti<br />

sono stati fatti lavorare a 300 giri/minuto, un gruppo<br />

lavorando a coppia bassa (20), e l’altro lavorando<br />

a coppia alta (80). La durata dello strumento è<br />

stata significativamente superiore quando questo veniva<br />

utilizzato a coppia elevata. Questo perché a coppia<br />

bassa, il motore inserisce l’autoreverse, che alla<br />

lunga indebolisce lo strumento rendondo più facile la<br />

sua frattura. Quindi le condizioni di lavoro ideali per i<br />

Protaper è quello di lavorare a coppie alte e senza<br />

autoreverse a velocità costante di 300 giri/minuto.<br />

Gli strumenti Shaper hanno in generale una vita molto<br />

più lunga rispetto ai Finishing, ma la durata media<br />

degli strumenti della stessa serie è molto uniforme.<br />

Tecnicamente, il canale deve essere presagomato<br />

manualmente fino al numero 20 portato alla lunghezza<br />

di lavoro. Successivamente si passa ai<br />

Protaper S1 e poi S2 portati entrambi alla lunghezza<br />

di lavoro. Dopo questo passaggio la lunghezza di lavoro<br />

viene ricontrollata e viene stabilito il diametro<br />

apicale per poi passare a F1 che viene portato alla<br />

lunghezza di lavoro, quindi lo strumento F2 e se necessario<br />

lo strumento F3.<br />

Dr. Francesco Mangani<br />

RICOSTRUZIONI POST-ENDODONTICHE<br />

Per una buona prognosi di un corretto trattamento endodontico<br />

è necessario un buon restauro coronale. In<br />

passato si considerava che detersione e sagomatura<br />

rappresentassero la terapia, e l’otturazione tridimensionale<br />

del canale desse la buona prognosi, ma per<br />

avere successo è necessario il sigillo coronale.<br />

Ricucci e Bergenholtz (2000) in un loro studio hanno<br />

concluso che l’infiltrazione coronale può non essere<br />

così importante da un punto di vista clinico<br />

quando, in vivo, la terapia endodontica è stata realizzata<br />

correttamente. Numerosi studi al contrario dimostrano<br />

l’importanza del sigillo coronale. Southard<br />

ha sottolineato l’assoluta importanza della ricostruzione<br />

immediata post-endodontica per il mantenimento<br />

del sigillo.<br />

Ray e Trope, in uno studio su 1010 elementi, hanno<br />

valutato la presenza o meno di flogosi periapicale: il<br />

61% dei denti era esente da lesione periapicale,


mentre il 39% presentava flogosi periapicale; all’interno<br />

di questo gruppo la qualità dell’endodonzia e la<br />

qualità del restauro partecipavano con una percentuale<br />

simile (75-80%) dove c’era il successo. Nei<br />

denti con lesione, la scarsa qualità del restauro pesava<br />

più della scarsa qualità dell’endodonzia. Quindi<br />

una corretta terapia endodontica e un corretto restauro<br />

danno il successo clinico. Ma quale tipo di restauro<br />

va utilizzato? Gher et al. hanno riportato che il<br />

71% dei denti fratturati sono devitalizzati. Vari studi<br />

avevano comunque già dimostrato la ridotta resistenza<br />

alla frattura dei denti con certi tipi e certe quantità<br />

di lesione coronale. Reeh et al. hanno dimostrato la<br />

perdita di resistenza in denti lesionati: una lesione<br />

della superficie occlusale provoca una minima riduzione<br />

di resistenza del dente, quando viene lesionata<br />

una cresta marginale il valore crolla del 50%, e<br />

quando la lesione interessa entrambe le creste marginali<br />

il valore si abbassa drammaticamente. Una<br />

semplice terapia canalare non indebolisce il dente,<br />

ma se viene associata ad una cavità MOD il dente diventa<br />

estremamente fragile. Partendo da una preesistente<br />

cavità MOD, l’esecuzione di una terapia canalare<br />

non abbassa la resistenza del dente.<br />

I denti anteriori si fratturano molto raramente: sono<br />

possibili varie soluzioni conservative, tra cui le ricostruzioni<br />

supportate o meno da perni in silice, veneers,<br />

corone adesive, ecc. Solo l’impossibilità a<br />

montare la diga è una controindicazione alle tecniche<br />

adesive.<br />

Nei settori posteriori, in passato si facevano perni fusi.<br />

Oggi le tecniche adesive consentono build-up<br />

adesivi supportati o meno da perni in fibra.<br />

In passato nei settori posteriori si usavano amalgama<br />

e oro, ma oggi le esigenze estetiche sono cambiate.<br />

Si sfruttavano ritenzioni naturali, quali lo spazio en-<br />

dodontico e preparazioni onlay. I restauri in oro, a<br />

fronte di una estetica scarsa, presentano però biocompatibilità,<br />

predicibilità, integrazione e resistenza.<br />

Una tecnica di ricostruzione è quella proposta da R.V.<br />

Tucker: la cavità residua viene pre-ricostruita, in modo<br />

da non condizionare il disegno. L’operatore decide<br />

poi il tipo di ricostruzione (inlay – onlay), eseguendo<br />

una cavità standardizzabile, ripetibile, più<br />

semplice, più conservativa, di profondità costante,<br />

correggibile. Di conseguenza la ceratura e la fusione<br />

saranno semplificate e precise.<br />

La pre-ricostruzione avviene in composito autopolimerizzante,<br />

in quanto offre maggiore consistenza,<br />

migliore rifinibilità, e minor sensibilità intra e postoperatoria.<br />

La ricostruzione dovrà garantire angoli vivi, spessori<br />

costanti, senza devastare lo smalto.<br />

La cementazione avviene con materiali tradizionali<br />

come l’ossifosfato di zinco, sotto diga. Per una perfetta<br />

integrazione dell’inlay lo smalto e l’oro devono<br />

trovarsi sullo stesso piano, con margini non rilevabili.<br />

La finitura dovrà essere programmata, dal sistema più<br />

aggressivo a quello meno aggressivo.<br />

Nei denti devitalizzati gli inlay metallici sono assolutamente<br />

sconsigliati: l’unica possibilità sono i restauri<br />

a copertura completa.<br />

Tucker propone solo due preparazioni per gli onlay:<br />

una di tipo tradizionale o “invisibile” per i premolari<br />

superiori, e una molto conservativa per gli elementi<br />

inferiori. Si usano una sola fresa cilindrica, inclinandola<br />

per dare una svasatura di 3°, una fresa per i<br />

controbiselli, e una fresa per il bisello cervicale. Si<br />

parte da una cavità MOD, si riduce il versante interno<br />

della cuspide di centrica, e si controbisella il versante<br />

esterno. Nell’onlay estetico si crea poi un piano<br />

inclinato che va dall’apice della cuspide vestibola-<br />

Dr. Francesco Mangai Dr. Elio Berutti Dr. Riccardo Maria del Polo<br />

9


e al fondo dell’istmo su un’unica parete. Nella variante<br />

tradizionale si riducono i versanti interni di entrambe<br />

le cuspidi, mantenendo la parete dell’istmo,<br />

controbiselliamo la cuspide funzionale e facciamo un<br />

piccolo bisello sulla cuspide vestibolare.<br />

Per i molari inferiori si ricostruisce il dente, si disegna<br />

la cavità MOD, si esegue la riduzione interna ed<br />

esterna: all’interno del composito si eseguono due<br />

pin con una fresa a football, e un abbraccio antirotazionale<br />

nel solco di sviluppo vestibolare.<br />

Il futuro sono però i restauri estetici adesivi, al momento<br />

eseguiti solo in composito o ceramica. Studi di<br />

Fuzzi riportano una percentuale di successo del 95%<br />

di inlay in ceramica, ma molti altri studi dimostrano<br />

che la presenza di una struttura elettrodeposta al di<br />

sotto di una ceramica dà risultati migliori.<br />

Mangani et al. hanno eseguito studi su elementi finiti,<br />

paragonando le varie preparazioni: la migliore risulta<br />

essere un chamfer corto, che nel caso di preparazioni<br />

parziali può essere supportata con un istmo<br />

centrale stabilizzante e protettivo.<br />

Il problema è che questi restauri sono molto costosi<br />

e quindi non sempre proponibili. Per questo motivo<br />

l’attenzione si è rivolta ai compositi: da studi pubblicati<br />

il successo di restauri semidiretti intraorali è molto<br />

alto, e questi si abradono molto poco (30-35 micron/anno).<br />

Studi comparativi quali quello di Dietschi<br />

dimostrano che l’adattamento marginale di restauri in<br />

composito e in ceramica è sovrapponibile. Altri studi<br />

riportano risultati simili per restauri in composito diretti<br />

e indiretti. Le tecniche indirette sono le più indicate<br />

per i denti devitalizzati, dove le cavità sono più<br />

ampie.<br />

I nuovi materiali permettono di essere estremamente<br />

conservativi, inoltre i compositi risultano essere economici,<br />

semplici, correggibili e riparabili. La preparazione<br />

dovrà essere rotonda e morbida, ben rifinita,<br />

con spessori costanti. La cavità dovrà essere pre-ricostruita,<br />

e poi preparata.<br />

La cementazione adesiva permetterà un’interfaccia<br />

marginale senza soluzione di continuo; questa deve<br />

avvenire con lo stesso materiale usato per il manufatto.<br />

I punti chiave sono la mordenzatura e l’adesione.<br />

Per ottenere buoni risultati l’intarsio deve essere<br />

prima sabbiato e poi silanizzato, attivando il silano<br />

con il calore.<br />

Nei denti devitalizzati sono indicati gli inlay solo<br />

quando la struttura residua coronale è ben conservata,<br />

con almeno due pareti e una cresta marginale: in<br />

caso contrario si deve ricorrere ad overlay. Un build-<br />

10<br />

RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />

up adesivo supportato da un perno in fibra è fortemente<br />

consigliato, anche se esso non sembra modificare<br />

e influenzare la resistenza. Il suo utilizzo è comunque<br />

consigliato in quanto può rivelarsi strategicamente<br />

molto utile in caso di fallimenti dovuti a frattura<br />

del manufatto o di parte delle strutture dentarie<br />

residue.<br />

Dr. Elisabetta Cotti<br />

INDICAZIONI E USO DELL’AGGREGATO<br />

DI TRIOSSIDI MINERALI<br />

NELL’ENDODONZIA CLINICA (MTA)<br />

I primi studi di questo materiale risalgono agli anni ’90<br />

ma si trova sul mercato ufficiale da circa sette anni.<br />

È un cemento per uso endodontico tra i cui elementi<br />

ritroviamo il silicato tricalcico, l’alluminato tricalcico,<br />

l’ossido tricalcico e l’ossido di silicato. Si presenta sotto<br />

forma di polvere da miscelare con soluzione fisiologica,<br />

o più semplicemente acqua corrente. È nato<br />

per affiancare o sostituire l’IRM, il superEBA e l’amalgama,<br />

materiali comunemente usati per chiudere comunicazioni<br />

endo-parodontali. Ha un tempo di presa<br />

di circa tre ore, un ph di 10 che sale a 12 nelle tre<br />

ore successive. Rispetto ai materiali citati la citotossicità<br />

e la resistenza alla compressione sono inferiori,<br />

l’istocompatibilità è maggiore e inferiore risulta essere<br />

il potere antibatterico nonostante l’alcalinità intrinseca.<br />

MTA ha una certa compatibilità con un ambiente umido<br />

ma, naturalmente, non può essere lasciato in un<br />

ambiente esposto ad un flusso ematico abbondante in<br />

virtù del fatto che solidifica dopo tre ore e il sangue lo<br />

rimuove dalla cavità in cui è stato posto.<br />

Indicazioni:<br />

1. otturazioni retrograde (la qualità del sigillo<br />

dell’MTA è maggiore dell’IRM e dell’amalgama, non significativo<br />

statisticamente la differenza con il<br />

superEBA ma abbastanza paragonabile);<br />

2. riparazioni delle comunicazioni endo-parodontali;<br />

3. trattamento dell’apice aperto (apecificazione);<br />

4. trattamento della polpa vitale.<br />

1. La qualità del sigillo dell’MTA è maggiore dell’IRM<br />

e dell’amalgama; non significativo statisticamente è,<br />

invece, la differenza con il superEBA, ma abbastanza<br />

paragonabile. Viste le caratteristiche del materiale si<br />

deve eseguire un’otturazione piuttosto profonda.<br />

2. I fattori che influenzano la prognosi del trattamento<br />

delle perforazioni sono:<br />

• tempo: se si lascia passare molto tempo si instaura


una patologia cronica di difficile soluzione;<br />

• livello della perforazione: più apicale è migliore è la<br />

prognosi anche se in realtà adesso, con il materiale<br />

adeguato, nella posizione più alta la visibilità ci aiuta;<br />

• dimensione;<br />

• possibilità di completare la terapia canalare;<br />

• abilità dell’operatore.<br />

Le fasi cliniche prevedono due appuntamenti: nel primo,<br />

dopo l’anestesia e l’isolamento del campo, si procede<br />

con la localizzazione della perforazione e il controllo<br />

dell’emorragia, si prepara il MTA e eventualmente<br />

s’inserisce una matrice per evitare l’estrusione<br />

del materiale. S’inserisce poi il MTA nel dente appoggiandolo<br />

in camera pulpare, spingendolo con plugger,<br />

coni di carta, palette da perforazione, si compatta per<br />

2-4 mm e si chiude provvisoriamente inserendo un<br />

pellet di cotone umido.<br />

Nel secondo appuntamento, 24 ore dopo o meglio<br />

una settimana dopo, si reinterviene, verificando la durezza<br />

dell’MTA. Se c’è stata un’eccessiva contaminazione<br />

ed è ancora morbido bisogna preparare di nuovo<br />

il materiale e aspettare che indurisca, altrimenti si<br />

esegue un controllo radiografico, poi si completa la terapia<br />

endodontica e si continua con i controlli a distanza.<br />

3. L’apecificazione è il metodo che si utilizza per indurre<br />

la chiusura apicale con la formazione di una barriera<br />

di tessuto duro in un dente che non ha completato<br />

il suo sviluppo ed in cui la polpa non è più vitale.<br />

È una tecnica estremamente prevedibile, cioè la barriera<br />

apicale completa si ottiene nell’85% dei casi, i rischi<br />

maggiori sono dati dagli insuccessi a distanza per<br />

frattura radicolare. Per rimediare, dunque alla fragilità<br />

si deve limitare il lavoro sul dente e scegliere un’adeguata<br />

tecnica di restauro, cioè il composito e l’adesivo<br />

devono essere portati 3 mm sotto la giunzione<br />

amelo-cementizia vestibolare.<br />

Il metodo tradizionale prevede una leggerissima sagomatura<br />

del canale, l’uso di irriganti e idrossido di<br />

calcio in polvere che può essere sostituito ogni 3-6<br />

mesi.<br />

L’MTA ha dimostrato di essere un ottimo materiale per<br />

due motivi: permette di chiudere l’apice aperto rapidamente,<br />

allo stesso tempo, contro la barriera artificiale<br />

si forma la normale cicatrizzazione.<br />

Utilizzando l’MTA si rende concreta l’opportunità di sigillare<br />

l’apice, il canale e l’accesso in tre appuntamenti,<br />

meno lavoro sul dente e quindi meno stress con rischio<br />

di fratture, il rischio di dispersione dei pazienti<br />

e si utilizza una matrice estremamente biocompatibi-<br />

le all’apice. Ecco perché si parla di tecnica a tre passaggi.<br />

Nel primo appuntamento, dopo i preliminari (anestesia,<br />

diga, accesso) si misura la lunghezza di lavoro e<br />

si eseguono detersione e sagomatura (non è una vera<br />

e propria sagomatura poiché le pareti sono troppo<br />

sottili: si raschiano solo per asportare residui necrotici).<br />

Poi si medica con idrossido di calcio poiché l’MTA<br />

non ha poteri antibatterici e si chiude l’accesso. Al secondo<br />

appuntamento si rimuove l’idrossido di calcio,<br />

si esegue un lavaggio e si procede alla condensazione<br />

dell’MTA con plugger endodontici fino a raggiungere<br />

uno strato di 3-4 mm; si chiude provvisoriamente.<br />

Si può usare idrossido di calcio in polvere come<br />

matrice per mezzo millimetro all’apice. Nell’ultimo<br />

appuntamento si verifica l’indurimento dell’MTA, poi si<br />

ottura il canale con guttaperca termoplasticizzata e<br />

anche la cavità di accesso definitivamente.<br />

È, comunque, un materiale giovane di cui mancano gli<br />

studi a lungo termine ed è necessaria, dunque, ancora<br />

molta ricerca clinica.<br />

Dr. Nicola Perrini<br />

LA PROBLEMATICA DEI RITRATTAMENTI<br />

TRA ENDODONZIA ED ENDODONTOLOGIA<br />

Comunemente lo scopo dell’Endodonzia viene indicato<br />

come quello di detergere, sagomare ed otturare<br />

tridimensionalmente il sistema canalare, ma questa è<br />

una definizione scorretta e deficitaria. Il vero obiettivo<br />

della terapia endodontica dei denti con radiotrasparenza<br />

apicale è quello di eliminare l’infezione dal<br />

sistema dei canali radicolari (Endodontologia).<br />

“L’attuale tendenza in endodonzia è quella di considerare<br />

gli aspetti puramente tecnici della strumentazione<br />

del canale come chiave del successo. Sebbene<br />

il corretto trattamento dei canali radicolari sia importante,<br />

più importante è la Valutazione Critica dei fattori<br />

coinvolti nell’insuccesso endodontico, se vogliamo<br />

trovare nuove e più razionali soluzioni al problema.<br />

Ne consegue, pertanto, che il trattamento endodontico<br />

altro non è che la gestione clinica di un problema<br />

microbiologico” (D. Figdor, 2002).<br />

La patologia periapicale è tutta una patologia batterica.<br />

Il secolo scorso lascia in eredità alcuni concetti<br />

fondamentali: condizioni particolari dei canali radicolari<br />

favoriscono lo sviluppo di un ristretto numero di<br />

batteri, il 90% dei quali è rappresentato dagli anaerobi<br />

obbligati; gli anaerobi Black pigmented sono associati<br />

a segni e sintomi (dolore, gonfiore, essuda-<br />

11


zione). Il problema di base è rappresentato dall’infezione<br />

dentinale: i batteri possono penetrare dal canale<br />

radicolare verso il lume dei tubuli dentinali fino<br />

a 300-400 micron ed oltre. La loro penetrazione avviene<br />

principalmente per via ortograda, cioè dalla carie<br />

raggiungono il canale determinando prima una<br />

pulpite parziale, poi una necrosi parziale, fino alla necrosi<br />

totale della polpa. In alcune rare circostanze, i<br />

batteri presenti nel canale possono fuoriuscire dal lume<br />

apicale aggredendo anche la superficie radicolare<br />

e formando su di essa un biofilm, cioè una struttura<br />

talmente articolata che non è aggredibile neppure<br />

dagli antibiotici, ma asportabile solo con la sua rimozione<br />

fisica. Un’altra via di penetrazione è la via<br />

parodontale per cui i batteri necrotizzano il cemento,<br />

formano il biofilm sulla radice e attraverso i tubuli<br />

raggiungono l’endodonto; altrimenti si spostano per<br />

contiguità, in particolare l’actinomyces.<br />

Il dente vitale in pulpite è caratterizzato da un’infiammazione,<br />

il dente necrotico da un’infezione che determina<br />

tutta una serie di alterazioni morfologiche a<br />

livello apicale: ecco, dunque, che essi necessitano di<br />

due terapie completamente diverse. Appena si forma<br />

la lesione apicale, che altro non è che una reazione<br />

granulomatosa caratterizzata dall’accumulo di cellule<br />

macrofagiche, si ha la perdita dell’attacco, cioè di<br />

strutture parodontali apicali e non endodontiche, con<br />

il cemento da un lato e l’osso dall’altro.<br />

In passato si è sempre detto che in presenza di una<br />

lesione granulomatosa, essendo questa una lesione<br />

cronica (cioè una lesione in cui i fenomeni riparativi<br />

e quelli distruttivi si bilanciano), quando diminuisce la<br />

risposta organica dell’organismo oppure quando aumenta<br />

il numero o la virulenza dei batteri, si rompe<br />

l’equilibrio ed e avviene il fenomeno della riacutizzazione<br />

e della comparsa dei sintomi: compare, cioè,<br />

l’ascesso. Questo, in realtà, è vero fino ad un certo<br />

punto perché, affinché la lesione si riacutizzi sono<br />

stati identificati batteri specifici in assenza dei quali il<br />

paziente non svilupperà mai un ascesso. Questi sono:<br />

Black pigmented, Porphyromonas gingivalis,<br />

Porphyromonas endodontalis, Prevotella intermedia,<br />

o loro associazioni. Con la detersione e la sagomatura<br />

del sistema canalare si ottiene la riduzione dei due<br />

terzi della carica batterica, di circa cioè il 70%; esse<br />

sono, dunque, dei mezzi necessari ma non sufficienti.<br />

Si pone la questione, quindi, dell’utilità delle medicazioni<br />

intermedie: sono indispensabili o si può chiudere<br />

un dente necrotico in una sola seduta?<br />

Sundquist nel 1991 e poi a seguire tutti gli altri mi-<br />

12<br />

RESOCONTO DEL 36° CORSO DELLA “FONDAZIONE PROF. L.CASTAGNOLA”<br />

crobiologi, affermò che non è possibile eliminare la<br />

carica batterica in una seduta, ma si rende necessario<br />

il supporto di una medicazione intermedia.<br />

Il farmaco d’elezione è e rimane l’idrossido di calcio.<br />

Diverso è il discorso se si affronta un ritrattamento. A<br />

ph 12.5 l’idrossido mostra un eccellente effetto antibatterico.<br />

L’Enterococco faecalis, maggiore responsabile<br />

dei fallimenti endodontici, resiste fino a ph 11.5,<br />

mentre viene rapidamente ucciso a ph 12.5. Nel dente,<br />

per l’effetto tampone della dentina verso tutti i disinfettanti<br />

(clorexidina, ipoclorito, idrossido) si abbassa<br />

il ph e all’apice si ottiene solo un ph di 10.8. Ecco<br />

perché questo farmaco non è efficace contro questo<br />

batterio e non ha un ph adeguato per neutralizzarlo.<br />

Il killer elettivo del E. faecalis è il paramonoclorofenolo<br />

ed ecco perché il farmaco d’elezione è la pasta iodoformica<br />

che lo contiene. Non ha significato scientifico<br />

lasciare i canali vuoti dopo averli strumentati alla<br />

prima seduta poiché alla seduta successiva, se si esegue<br />

un prelievo, si osserva che la popolazione batterica<br />

è decisamente proliferata ed è come se su quel<br />

dente non si fosse mai intervenuti prima.<br />

L’insuccesso endodontico è un problema batterico<br />

legato essenzialmente ad una monoinfezione e associato<br />

in genere ad Enterococco faecalis e<br />

Actinomyces. Recenti studi dimostrano che l’otturazione<br />

dei canali infetti porta a guarigione i tessuti periapicali<br />

in una certa percentuale dei casi, ma la percentuale<br />

ottimale dei casi si raggiunge quando il canale<br />

è stato liberato dai batteri prima dell’otturazione.<br />

Nei ritrattamenti la percentuale dei successi, rispetto<br />

al necrotico vergine è molto più bassa ed è legata all’insufficiente<br />

decontaminazione batterica, e si aggira<br />

intorno al 30-40 %.<br />

Esistono quattro evenienze diverse:<br />

1. dente necrotico con radiotrasparenza<br />

2. dente necrotico chiuso<br />

3. insuccesso endodontico con radiotrasparenza<br />

4. dente necrotico aperto<br />

Il primo ed il secondo caso sono equiparabili, così come<br />

il terzo e il quarto, e prevedono terapie diverse.<br />

Nel dente necrotico chiuso si riscontra un certo tipo di<br />

flora, completamente diversa da quella che ritroviamo<br />

nel dente aperto (enterococchi, candida, stafilococco<br />

epidermidis,..). Nei necrotici non trattati si ritrova un<br />

pool batterico di cui il 90% è rappresentato da anaerobi<br />

obbligati. L’insuccesso endodontico è legato invece<br />

nel 79% dei casi ad una monoinfezione in cui<br />

L’Enterococco faecalis è il responsabile principale<br />

(47%). Questo microrganismo è un patogeno emer-


gente responsabile della maggior parte delle infezioni<br />

nosocomiali. Cresce tra dieci e quarantacinque gradi<br />

di temperatura, in presenza di cloruro di sodio, composto<br />

che causa la morte dei comuni batteri, ed è il<br />

più resistente agli antibiotici. Non si ritrova nei necrotici<br />

primitivi. È un importante indicatore ambientale e<br />

si ricerca laddove si voglia saggiare la vivibilità.<br />

Dr. Gianfranco Vignoletti<br />

EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI ECCELLENZA<br />

NEGLI ULTIMI 25 ANNI<br />

L’eccellenza è la continua ricerca del superamento dei<br />

propri limiti. Il suo cammino non è possibile senza il progresso<br />

di tutta la scienza. In questo lungo percorso ci<br />

sono tappe fondamentali quali l’invenzione della diga di<br />

gomma (Barnum, 1860), della guttaperca (Bowman,<br />

1867), la scoperta dei raggi X (Roentgen, 1895), degli<br />

anestetici (dal 1900), della pasta jodoformica (Walkhoff,<br />

1891-1906), dell’idrossido di calcio (Hermann, 1920),<br />

la codifica delle varie tecniche di preparazione (Balters,<br />

Riitano, ecc.).<br />

Fino agli anni ’70 il successo endodontico dipendeva<br />

dalla tecnica di chiusura: il trattamento endodontico poggiava<br />

quasi esclusivamente sulle medicazioni, il materiale<br />

usato per la chiusura dava il nome alla tecnica, e la<br />

preparazione del canale era considerata meno importante.<br />

In quegli anni era in voga utilizzare l’ossido di calcio.<br />

C’era una continua ricerca del metodo migliore per la<br />

chiusura del canale, e ciò era dovuto all’incapacità di<br />

comprendere che se un canale è ben preparato, qualun-<br />

Dr. Nicola Perrini e Dr. Gianfranco Vignoletti<br />

que metodo di chiusura è efficace.<br />

Adesso è noto il fatto che le medicazioni sono utili, ma<br />

che da sole non risolvono il problema Negli anni ’80 si<br />

iniziò a prendere in considerazione la preparazione del<br />

canale, per cui furono immessi sul mercato molti manipoli<br />

da utilizzare con gli strumenti in acciaio. In quegli<br />

anni fu proposto anche l’uso degli ultrasuoni per la preparazione<br />

canalare. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati<br />

dall’uscita sul mercato degli strumenti in nichel titanio a<br />

conicità aumentata, e dalla massiccia diffusione dei sistemi<br />

di ingrandimento. Gli ultrasuoni hanno rivoluzionato<br />

l’endodonzia insieme al microscopio, e hanno reso più<br />

facili i casi maggiormente impegnativi, specialmente<br />

quelli chirurgici. Sono stati proposti nuovi metodi per il<br />

riempimento canalare, che hanno reso la chiusura facile<br />

e veloce. A causa di tutti questi progressi, l’endodonzia<br />

è diventata la branca dell’odontoiatria più ricca di tecnologia,<br />

e si è trasformata da arte a scienza. Le nuove tecnologie<br />

non hanno portato sicuramente ad un incremento<br />

della qualità, ma a standard più elevati.<br />

Ma l’eccellenza è forma o contenuto? È forma nell’arte,<br />

e contenuto nella scienza. In endodonzia si è assistito ad<br />

una prevaricazione della forma, visibile, sul contenuto,<br />

che invece non si può vedere: gli strumenti hanno prevaricato<br />

la mano, e specialmente la mente che li guida.<br />

Esiste solo una forma di eccellenza, quasi dimenticata, e<br />

cioè l’eccellenza nella diagnosi. Come accaduto nella catena<br />

evolutiva delle varie specie animali, l’esistenza dell’endodonzia<br />

verrà forse in futuro messa in pericolo da<br />

una nuova specie, più evoluta ed aggressiva: la prevenzione<br />

e diagnosi precoce.<br />

13


I l<br />

14<br />

12° MEMORIAL BIAGGI<br />

12° Memorial Biaggi<br />

per Assistenti ed Igienisti <strong>Dental</strong>i<br />

Palacongressi di Rimini<br />

7-8 marzo 2003<br />

Memorial Biaggi di marzo 2003, 12° in ordine di<br />

svolgimento, ha fatto registrare un’affluenza di circa<br />

800 Assistenti ed Igienisti <strong>Dental</strong>i e questo numero<br />

ha dato la misura di quanto queste figure professionali<br />

siano profondamente interessate al miglioramento<br />

delle proprie cognizioni per rendere ancora<br />

più efficiente il team odontoiatrico.<br />

Un ringraziamento sentito va a tutti i relatori che nel<br />

corso degli anni hanno saputo sviluppare ed accrescere,<br />

nell’ambito di queste due categorie, la volontà<br />

Il Prof. Carlo Guastamacchia, il vero Grande leader<br />

del Memorial Biaggi<br />

di Elisabetta Borghesi<br />

di definirsi professionalmente a livelli di conoscenza<br />

sempre più alti.<br />

Il primo relatore che ha saputo catalizzare in modo<br />

totale l’attenzione dell’auditorio è stato il Prof. Carlo<br />

Guastamacchia che, insieme al suo team, ha presentato,<br />

con acume e simpatia, una finestra sul modo di<br />

relazionare, accogliere, preparare e dimettere il paziente<br />

dallo studio. Il Prof Carlo Guastamacchia, padre<br />

riconosciuto dalla ergonomia italiana, ha trasferito<br />

il suo studio sul palco dando dimostrazioni reali di<br />

quelle procedure che si eseguono abitualmente.<br />

Siamo grati alla <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> per aver montato, in condizioni<br />

di operatività, sia un riunito con impianto idrico<br />

ed aspirazione che una vera e propria segreteria.<br />

La relazione è iniziata sviluppando un argomento abbastanza<br />

delicato quale il colloquio telefonico con il<br />

paziente. Il telefono è una barriera fisica annullabile<br />

solamente riuscendo a modulare la voce sul sorriso,<br />

il paziente deve percepire gentilezza, calma, interesse<br />

verso la sua persona, professionalità dello studio.<br />

Il Professore, insieme al suo team, con una dimostrazione<br />

pratica ha mostrato come condurre il colloquio<br />

telefonico in maniera non oppressiva per il paziente.<br />

L’accoglienza nello studio odontoiatrico va improntata<br />

a cortesia ed educazione in modo particolare con<br />

gli anziani ed i bambini. Alcune regole fondamentali<br />

sono state dettate anche sulla preparazione dello studio<br />

operativo, dell’odontoiatra e delle assistenti. In<br />

questo ambito è stata mostrata l’applicazione delle<br />

barriere protettive sui vari dispositivi, quali poltrona,<br />

faretra, tubi dell’aspirazione, cordoni dei manipoli e<br />

manipoli stessi; la preparazione del paziente alla terapia<br />

odontoiatrica, ed infine le posizioni di lavoro più<br />

corrette per evitare disordini posturali agli operatori.


La sala igieniste<br />

Una corretta posizione intorno alla poltrona inoltre<br />

fornisce abbondantemente lo spazio operativo necessario<br />

a tutti coloro che collaborano alla terapia sul<br />

paziente. Allo scopo il Professor Guastamacchia ha<br />

prima illustrato, e poi dimostrato praticamente, la<br />

tecnica del “passaferri” che consente di lavorare rapidamente<br />

e con piccoli movimenti attorno al paziente;<br />

questa tecnica è applicabile anche nel passare un<br />

manipolo o la cannula di aspirazione. Per quanto riguarda<br />

quest’ultimo dispositivo, è stata data dimostrazione<br />

delle varie metodiche di impugnatura dei<br />

diversi tipi di aspiratori. Un’altra sezione è stata dedicata<br />

al riordino, alla disinfezione ed alla sterilizzazione<br />

dei dispositivi e degli strumenti al termine della<br />

prestazione. Come ultimo, e non meno importante<br />

argomento, è stata trattata la dimissione del paziente<br />

dallo studio e il passaggio dalla segreteria per il successivo<br />

appuntamenti, la presentazione del preventivo<br />

e l’espletamento delle formalità economiche.<br />

Successivamente la Dr.ssa Vivi Ardizzone ha invece<br />

affrontato un problema sociale di difficile gestione<br />

nell’ambito dello studio odontoiatrico: la preparazione,<br />

la terapia ed il riordino in presenza di pazienti<br />

tossicodipendenti. Questi sono pazienti di difficile approccio<br />

perché raramente si presentano in studio<br />

spontaneamente, ma solo per saltuarie prestazioni di<br />

urgenza quali dolori, traumi, ascessi.. Sono portatori<br />

di gravi lesioni a carico dei denti e delle mucose ora-<br />

li e periorali, come funghi, e cheiliti a causa dell’assunzione<br />

del Metadone e dell’assoluta mancanza<br />

igienica nel cavo orale. Oltre a questo, possono essere<br />

portatori di patologie importanti come HBV,<br />

HCV, HIV e anche TBC. I protocolli operativi necessari<br />

in questi casi sono rigorosissimi ed improntati<br />

soprattutto all’utilizzo di dispositivi monouso, barriere<br />

protettive multiple e posizionamento a distanza di<br />

sicurezza. Dopo aver ampiamente discusso sui protocolli<br />

di disinfezione, ha illustrato dettagliatamente la<br />

profilassi post-esposizione da effettuarsi in caso di<br />

puntura accidentale. Il messaggio che si coglie è: rispettando<br />

rigorosamente i protocolli operativi e di disinfezione<br />

il paziente tossicodipendente non è più un<br />

paziente da discriminare nello studio odontoiatrico.<br />

La sezione pomeridiana ha visto protagonisti un<br />

gruppo di relatori dell’Università di Bologna. Il<br />

Dr.Gettato ha fatto una panoramica sugli aspetti anatomici<br />

del parodonto e sulle patologie che possono<br />

interessarlo, come gengiviti, parodontiti, recessioni.<br />

Ha completato il tema il Dr. Cesare illustrando le varie<br />

morfologie gengivali e ossee e le patologie che<br />

più caratteristicamente le colpiscono.<br />

La Dr.ssa Baroni e la Sigra. Montanari hanno invece fatto<br />

un excursus sui prodotti da banco prescritti dall’igienista<br />

e una revisione di quello che il mercato offre.<br />

La mattina del sabato, come sempre, è trascorsa sotto<br />

la guida di un gruppo di relatori dell’Università di<br />

Firenze, presieduta dalla Dr.ssa Roberta D’Avenia.<br />

Il prof. Paolo Tonelli, con la collaborazione della<br />

Sig.ra Tamara Ricci, ha svolto una panoramica sullo<br />

strumentario in chirurgia estrattiva. Ha iniziato con<br />

una presentazione storica, molto interessante ed apprezzata,<br />

che ha messo in rilievo come anche nei<br />

tempi più lontani ci fosse la necessità di allontanare,<br />

estraendola, una fonte di dolore, e come si sono evoluti<br />

strumenti e tecniche estrattive. Successivamente<br />

ha mostrato tutti gli strumenti necessari all’estrazione<br />

correlando la forma alla posizione e morfologia di<br />

ogni dente per ogni arcata, sia in caso di estrazioni<br />

semplici, sia in caso di interventi estrattivi più complessi.<br />

La Sig.ra Tamara Ricci ha completato la presentazione<br />

illustrando i protocolli di disinfezione e<br />

mantenimento dello strumentario per la chirurgia<br />

estrattiva.<br />

Il Dr. Roberto Rotundo ha presentato una nuova metodica,<br />

basata sulla informatizzazione, per la raccolta<br />

e la presentazione dei dati clinici parodontali.<br />

L’utilizzo del computer permette di evidenziare grafi-<br />

15


16<br />

12° MEMORIAL BIAGGI<br />

Il Prof. Guastamacchia e la sua équipe in una dimostrazione pratica di un intervento alla poltrona<br />

camente la situazione parodontale del paziente all’inizio,<br />

durante e al termine della terapia. Il quadro grafico<br />

permette di correlare i vari fattori di rischio alla<br />

situazione clinica iniziale e illustrare al paziente, con<br />

la grafica, come una riduzione dei fattori di rischio<br />

può migliorare la sua condizione. Se il paziente collabora<br />

attivamente, i dati successivi mostrati graficamente,<br />

possono indurlo a continuare ad abbassare i<br />

suoi fattori di rischio e riconquistare la salute parodontale.<br />

L’informatizzazione dei dati parodontali offre<br />

quindi più spunti per monitorare uno stato parodontale<br />

sia all’igienista che al parodontologo senza peraltro<br />

aggravare o complicare la compilazione della<br />

cartella parodontale.<br />

La Dr.ssa D’Avenia e Dr.ssa Freschi hanno improntato<br />

la loro relazione su un tema ancora poco conosciuto,<br />

ma che in Italia miete molte vittime proprio fra<br />

i soggetti più piccoli: la carie da biberon. La carie da<br />

biberon è una condizione patologica dell’età pediatri-<br />

ca caratterizzata da carie a decorso rapidamente progressivo<br />

e destruente dovuta all’uso prolungato di biberon<br />

contenenti bevande dolci, o all’uso di succhiotti<br />

zuccherati.<br />

Questa patologia interessa tutti i denti decidui, a partire<br />

dagli incisivi per finire ai molaretti, e nella maggior<br />

parte dei casi porta alla totale distruzione di tutti<br />

gli elementi dentali nei primi tre anni di vita del<br />

bambino.<br />

Le terapie in soggetti così piccoli sono poche e comunque<br />

praticamente impossibili da eseguire, anche<br />

perché questi bambini giungono all’osservazione con<br />

i denti già in stato di avanzato degrado.<br />

L’unico modo per limitare questa patologia si raggiunge<br />

con l’informazione capillare da parte di tutti i<br />

componenti dello staff odontoiatrico alle madri, alle<br />

gestanti ed a tutte quelle persone che sono, o saranno,<br />

i riferimenti principali nella prima fase formativa<br />

del bambino.


INT END J 2002;35:964-978.<br />

Le otturazioni provvisorie<br />

in endodonzia.<br />

Revisione della letteratura.<br />

I l<br />

mantenimento di un adeguato sigillo coronale nel periodo<br />

che intercorre tra due sedute endodontiche, è un<br />

elemento chiave per il successo del trattamento. Questa<br />

esigenza è particolarmente sentita nei confronti dei denti<br />

con radiotrasparenza periapicale in cui, prima di procedere<br />

all’otturazione definitiva dei canali è opportuno il ricorso<br />

a una medicazione intermedia. Lo scopo principale del<br />

materiale da otturazione intermedia è quello di assicurare<br />

un adeguato sigillo coronale nei riguardi dell’infiltrazione<br />

batterica, e di assicurare la permanenza della medicazione<br />

fino alla seduta successiva.<br />

I primi studi ben documentati sulla capacità di sigillo dei<br />

materiali da otturazione provvisoria si devono a Faser nel<br />

1929 e a Grossman nel 1939. Questi due autori codificarono<br />

per primi dei metodi per la valutazione della capacità<br />

sigillante di questi materiali utilizzando sia dei metodi<br />

microbiologici sia metodi basati sull’impiego di una sostanza<br />

colorante come il blu di metilene.<br />

Guttaperca<br />

La guttaperca per molto tempo è stata utilizzata come materiale<br />

da otturazione provvisoria. Parris e collaboratori nel<br />

1964 valutarono in vitro la capacità sigillante della guttaperca<br />

come materiale da chiusura provvisoria, utilizzando<br />

un test di percolazione batterica e un altro di penetrazione<br />

con il colorante.<br />

Questi autori osservarono che quando le cavità chiuse con<br />

guttaperca venivano esposte ad variazioni estreme di temperatura<br />

(4-60°C), si aveva una perdita cospicua della capacità<br />

sigillante. Successivamente Krakow e collaboratori<br />

nel 1977, in un test microbiologico in vivo giunsero alle<br />

stesse conclusioni. Altri studi successivamente concordarono<br />

nel fatto che le otturazioni provvisorie con guttaperca<br />

non erano in grado di garantire un adeguato sigillo coronale<br />

soprattutto se confrontate con cementi a base di<br />

Temporization<br />

in endodontics.<br />

A review.<br />

Nauom HJ,<br />

Chandler NP.<br />

Adattamento<br />

di Marco Capecchi<br />

ossido di zionco ed eugenolo (ZOE). Sulla base di questi<br />

dati aggi giorno si ritiene che la guttaperca non abbia indicazione<br />

come materiale da otturazione provvisoria.<br />

Cemento al fosfato di zinco<br />

Sebbene i risultati degli studi comparsi in letteratura siano<br />

contrastanti, si ritiene che questi cementi presentino in generale<br />

una capacità di sigillo inferiore rispetto all’amalgama,<br />

al Cavit e ai cementi ZOE e pertanto non dovrebbero<br />

essere impiegati come maeriali da otturazione provvisoria<br />

in endodonzia.<br />

Cementi al policarbossilato<br />

Marosky e collaboratori nel 1977 in uno studio condotto<br />

in vitro, evidenziarono che il sigillo coronale di questo materiale<br />

sensibilmente minore rispetto a quello assicurato<br />

da altri materiali come il Temp-Seal, il Cavit, IRM, ZOE e il<br />

fosfato di zinco. Attualmente l’impiego di cementi al policarbossilato<br />

non viene consigliato in endodonzia, soprattutto<br />

perché mancano dati sufficienti a suffragare il loro<br />

impiego.<br />

Preparati a base di ossido di zinco e solfato di calcio<br />

Il prototipo di questa tipologia di materiali è il Cavit. Si tratta<br />

di un materiale premiscelato contenente ossido di zinco,<br />

solfato di calcio, solfato di zionco, glicole acetato, resina<br />

polivinilacetata, trietanolamina e pigmenti. A causa<br />

delle sue caratteristiche igroscopiche, il Cavit tende ad assorbire<br />

acqua e questo spiega perché il suo coefficiente di<br />

espansione lineare è circa il doppio di quello dell’IRM.<br />

L’espansione a cui va incontro questo materiale per assorbimento<br />

d’acqua rende ragione della sue notevole capacità<br />

di chiusura marginale. Un limite importante di questo<br />

materiale è quello di assorbire nel suo interno i pigmenti<br />

e pertanto di andare incontro a una certa discolora-<br />

17


18<br />

INT END J 2002;35:964-978.<br />

zione. Non è comunque escluso che tale assorbimento riduca<br />

la capacità sigillante di questo materiale. Inoltre, rispetto<br />

all’IRM, il Cavit mostra un resistenza alla compressione<br />

minore del circa il 50%. Per compensare la ridotta<br />

resistenza alla compressione, assicurando così il mantenimento<br />

nel tempo del sigillo, è opportuno impiegarlo solo<br />

in spessori sufficienti. La capacità sigillante del Cavit non<br />

è influenzata in modo significativo dalla variazione di temperatura,<br />

e la sua durezza non è modificata da farmaci da<br />

medicazione intermedia come il clorofenolo e il formocresolo.<br />

La capacità sigillante del Cavit è stata studiata estesamente<br />

sia in studi in vitro che in vivo, e generalmente è<br />

risultata soddisfacente. Lo spessore minimo richiesto per<br />

avere un’adeguato sigillo marginale è 3.5 mm. A conferma<br />

di questo dato, una ricerca in vivo condotta su scimmie<br />

(per 2,7 e 42 giorni) ha dimostrato che uno spessore<br />

di 2mm di Cavit non è in grado di impedire l’infiltrazione<br />

batterica. Al contrario, quando lo spessore è di 4mm, il<br />

Cavit assicura un sigillo superiore a quello ottenuto con il<br />

TERM e con l’IRM.<br />

In uno studio in vitro in cui è stata valutata la penetrazione<br />

di un colorante in cavità di prima classe, il Cavit ha mostrato<br />

una migliore capacità di sigillo rispetto al TERM (dato<br />

però non statisticamente significatico) e all’IRM. In uno<br />

studio in vivo su denti anteriori 27 campioni su un totale<br />

di 32 otturati con Cavit hanno mostrato una infiltrazione<br />

marginale ridotta o assente.<br />

Oltre al Cavit sono disponibili in commercio il Cavit-G e il<br />

Cavit-W che differiscono dalla formulazione tradizionale,<br />

per un diverso contenuto in resina che modifica le proprietà<br />

meccaniche di questi materiali. La durezza e la stabilità<br />

dimensionale si riducono progressivamene passando<br />

dal Cavit al Cavit-W e quindi al Cavit-G. Un altro prodotto<br />

appartenente al questo gruppo di materiali è il Cavidentin<br />

in cui è presente anche alluminio come catalizzatore e timolo<br />

come antisettico. Uno spessore di Cavidentin di<br />

5mm presenta una capicità di sigillo superiore rispetto a<br />

quella dell’IRM, del Kalzinol e dello stesso Cavit. Sempre<br />

nel gruppo dei cementi a base di ossido di zinco e solfato<br />

di calcio è il Coltosol. A contatto con i fluidi orali, la superficie<br />

del Coltosol inizia a indurire dopo 20-30 minuti.<br />

Viene consigliato di non sottoporre il restauro temporaneo<br />

alle forze masticatorie per almeno 2-3 ore dal suo posizionamento<br />

e comunque di procedere al restauro definitivo<br />

entro le due settimane. Non ci sono ancora studi definitivi<br />

per suggerire l’impiego del Coltosol in endodonzia.<br />

Riassumendo, il Cavit e gli altri prodotti di questo gruppo<br />

sono generalmente considerati dei buoni materiali da otturazione<br />

temporanea. Il Cavit mostra un buon sigillo marginale,<br />

è facile da manipolare ed è facilmente rimovibile<br />

dalla cavità. Il limite più importante è rappresentato dalla<br />

sua scarsa resistenza alla compressione che alla lunga<br />

può inficiare la bontà del sigillo coronale. Nei casi in cui si<br />

preveda di mantenere l’otturazione temporanea per un<br />

certo periodo di tempo, viene consigliato di associare al<br />

Cavit una chiusura esterna in IRM.<br />

Preparati a base di ossido di zinco ed eugenolo (ZOE)<br />

I cementi Zoe senza rinforzante vengono generalmente<br />

impiegati miscelando la polvere e il liquido in un rapporto<br />

4:1. In base alle ricerche di Pashley (1988), in queste<br />

condizioni il sigillo marginale è inizialmente scarso, ma<br />

tende a migliorare dopo una settimana. Al contrario, utilizzando<br />

un rapporto polvere-liquido pari a 2:1, la qualità di<br />

sigillo iniziale migliorano sensibilmente, a scapito tuttavia<br />

della resistenza alle sollecitazioni meccaniche. Utilizzando<br />

la diffusione di isotopi radioattivi, la capacità sigillante dei<br />

cementi ZOE è risultata inferiore rispetto a quella del Cavit<br />

e del Temp-seal, ma superiore a quella dell’IRM, del cemento<br />

al fosfato di zinco e policarbossilato.<br />

Il Kalzinol è un cemento ZOE rinforzato con il 2% in peso<br />

di polimero polistirene. L’aggiunta di questo rinforzante<br />

consente di raddoppiare la resistenza alla compressione di<br />

questo materiale. Utilizzando una tecnica elettrolitica per<br />

la valutazione della capacità sigillante, il Kalzinol si è dimostrato<br />

superiore al Cavit-W.<br />

L’IRM è un cemento ZOE rinforzato con polimetilmetacrilato<br />

allo scopo di aumentare la resistenza alla compressione,<br />

all’abrasione e la durezza superficiale. Utilizzando<br />

un rapporto di miscelazione polvere-liquido di 6:1 questo<br />

materiale può avere una durata di circa 1 anno, anche se<br />

la capacità sigillante non è molto elevata. Al contrario abbassando<br />

il rapporto polvere-liquido, la capacità sigillante<br />

aumenta considerevolmente, a scapito tuttavia della resistenza<br />

meccanica a lungo termine. Un ridotto rapporto<br />

polvere-liquido inoltre aumenterebbe la liberazione nel<br />

tempo di eugenolo, amplificando in questo modo le capacità<br />

antibatteriche di questo materiale, e in ultima analisi,<br />

limitando l’effetto di eventuali infiltrazioni. La capacità sigillante<br />

dell’IRM è stata valutata in numerosi studi in vivo<br />

e in vitro, con risultati contrastanti. Secondo alcuni studi<br />

l’IRM assicura una capacità sigillante uguale o superiore rispetto<br />

al Cavit, mentre secondo altri il Cavit offrirebbe un<br />

sigillo superiore. Questo è particolarmente vero in studi in<br />

cui la capacità sigillante è stata valutata mediante test di<br />

diffusione di sostanze coloranti o radioisotopi. Se invece<br />

prendiamo in considerazione gli studi basati sulla percolazione<br />

batterica, l’IRM ha mostrato una capacità sigillante<br />

superiore a quella del Cavit nella quasi totalità dei casi.<br />

In conclusione i cementi ZOE e i cementi ZOE rinforzati


vengono ancora oggi considerati dei materiali idonei a garantire<br />

il sigillo coronale in endodonzia, soprattutto quando<br />

utilizzati con un basso rapporto polvere-liquido.<br />

Cementi vetro-ionomeri<br />

Questi cementi hanno dimostrato nella maggior parte degli<br />

studi, di possedere delle capacità sigillanti adeguate,<br />

soprattutto a lungo termine. Possono essere impiegati da<br />

soli, o in associazione all’IRM. I cementi vetro-ionomeri<br />

possiedono inoltre una certa attività antibatterica dovuta al<br />

basso pH, alla liberazione di fluoro e al rilascio di alcuni<br />

ioni come lo stronzio. I limiti più importanti di questi cementi<br />

come materiali da otturazione provvisoria sono la<br />

rappresentati dal costo elevato, dalla non facile manipolazione,<br />

e dal fatto che per il loro colore i restauri non sono<br />

facilmente distinguibili dalle strutture dentali circostanti.<br />

Sono comunque disponibili in commercio anche dei cementi<br />

vetro-ionomeri pigmentati allo scopo di favorire la<br />

loro individuazione e quindi la loro rimozione dalla cavità.<br />

Resine composite<br />

In tempi relativamente recenti è stato introdotto il TERM,<br />

una resina composita monocomponente fotopolimerizzan-<br />

te. Al pari di altri compositi anche il TERM subisce una<br />

contrazione da polimerizzazione di entità intorno al 2.5%.<br />

Questa contrazione comunque sarebbe in parte compensata<br />

dalla successiva espansione a cui il materiale andrebbe<br />

incontro per assorbimento d’acqua. In ogni caso le<br />

caratteristihe di resistenza meccanica di questo materiale<br />

sono superiori rispetto a quelle del Cavit.<br />

In vitro è stato osservato una capacità sigillante del TERM<br />

pari al 33.3% contro una capacità del 91.7% del Cavit. In<br />

vivo, uno spessore di 4 mm di TERM posizionato in cavità<br />

di prima classe, ha dato risultati peggiori, in termini di sigillo<br />

marginale, rispetto all’IRM e al Cavit. A differenza di<br />

altri materiali, il TERM non possiede attività antibatterica<br />

apprezzabile nelle comuni tecniche di incubazione su piastra.<br />

In conlusione, il TERM viene considerato un materiale<br />

di possibile impiego in endodonzia, sebbene siano necessari<br />

ulteriori studi a conferma della sua bontà.<br />

I materiali da otturazione provvisoria usati<br />

nella chiusura di cavità eseguite in restauri<br />

Tutti gli studi precedentemente menzionati sono stati condotti<br />

su denti naturali, in cui il materiale da otturazione veniva<br />

messo in contatto direttamente con pareti di smalto e<br />

dentina. Questa situazione clinica tuttavia non è molto frequente,<br />

poiché generalmente il trattamento endodontico<br />

viene eseguito su denti che presentano ampi restauri in<br />

amalgama, in composito o in altri materiali. In queste circostanze<br />

questa regola generale; se il restauro preesistente<br />

è di buona qualità, è possibile eseguire la cavità<br />

d’accesso direttamente attraverso il restauro, e chiudere<br />

suvccessivamente tale cavità con un materiale temporaneo.<br />

Qualora invece sono presenti delle infiltrazioni nel restauro<br />

permanente, questo deve esere completamente rimosso<br />

prima di procedere al trattamento endodontico, e<br />

sostituito con il materiale da otturazione temporanea.<br />

Quali sono le caratteristiche del sigillo tra materiale provvisorio<br />

e restauro definitivo? In merito si ritrovano in letteratura<br />

solo pochi studi, e tutti condotti in vitro. Con le dovute<br />

cautele, possiamo comunque affermare che generalmente<br />

l’interfaccia materiale provvisorio-restauro definitivo<br />

(in amalgama o composito) è sufficientemente precisa da<br />

garantire un buon sigillo marginale, compatibilmente alla<br />

bontà del materiale stesso.<br />

Raccomandazioni cliniche<br />

Per ottenere un buon sigillo marginale, è importante che<br />

l’otturazione della cavità venga effettuata con cura, possibilmente<br />

sotto diga e dopo aver asciugato il fondo cavitario.<br />

Controversa è l’opportunità di posizionare un pellet di<br />

cotone sul fondo cavitario prima di procedere all’ottura-<br />

19


DENT TRAUMATOL 2002;18:47-56.<br />

zione provvisoria. In generale, i pochi studi pubblicati in<br />

letteratura, sembrano indicare che l’uso di un piccolo pellet<br />

di cotone non pregiudica la tenuta del restauro provvisorio.<br />

L’impiego del cotone come materiale da separazione<br />

tra il fondo cavitario e l’otturazione provvisoria presenta<br />

molti vantaggi pratici.<br />

In primo luogo si evita che frammenti di materiale da otturazione<br />

penetrino innavertitamente nell’imbocco dei canali,<br />

rendendone difficile la rimozione. Inoltre si riduce fortemente<br />

il rischio di determinare delle perforazioni o comunque,<br />

di asportare innavvertitamente una certa quantità<br />

di tessuto dentale nel tentativo di rimuovere il materiale<br />

provvisorio.<br />

È importante tuttavia utilizzare un pellet di cotone che sia<br />

il più piccolo possibile. In caso contrario possono sopravvenire<br />

vari problemi. Per esempio può non esserci spazio<br />

per un adeguato spessore di materiale, e inoltre, il cotone<br />

può compromettere la stabilità dimensionale del restauro<br />

provvisorio (e quindi del sigillo) soprattutto per azione<br />

delle forze masticatorie. In linea generale comunque si<br />

raccomanda di effettuare il restauro definitivo entro breve<br />

tempo dal termine del trattamento endodontico.<br />

Corone provisorie e sigillo coronale<br />

Spesso il dente trattato endodonticamente deve essere pro-<br />

20<br />

tetto da una corona provvisoria. Pochi sono gli studi relativi<br />

alla capacità delle corone provvisorie di garantire un adeguato<br />

sigillo. In generale le corone eseguite con tecnica indiretta<br />

sembrano offrire una maggiore protezione dell’endodonto<br />

dall’infiltrazione marginale rispetto a quelle indirette.<br />

Il punto debole di questi restauri provvisori è rappreentato<br />

dal cemento. Tutti i cementi temporanei si solubilizzano con<br />

il tempo inficiando le caratteristiche di tenuta del restauro.<br />

Per questo motivo le corone provvisorie dovrebbero essere<br />

mantenute per il più breve periodo di tempo possibile. Le<br />

stesse regole generali valgono a maggior ragione nei casi in<br />

cui si renda necessario utilizzare delle viti o dei perni provvisori<br />

allo scopo di ricostruire temporaneamente un moncone<br />

trattato endodonticamente.<br />

Materiali da otturazione provvisoria e sbiancamento<br />

Prima di procedere allo sbiancamento di un dente devitalizzato,<br />

è necessario otturare l’imbocco del canale con un adeguato<br />

spessore di materiale provvisorio. A tale scopo può<br />

essere impiegato il Cavit, l’IRM, il fosfato di zionco o i vetroionomeri,<br />

avendo cura di posizionare uno spessore di almeno<br />

2 mm di materiale. Nel caso in cui si adotti la tecnica<br />

del “walking bleach”, è opportuno sottolineare che l’ossigeno<br />

liberato dall’agente sbiancante può inficiare la qualità del<br />

sigillo coronale.


ORAL SURG ORAL MED ORAL PATHOL ORAL RADIOL ENDOD 2002;94:756:62.<br />

Capacità solvente e azione<br />

battericida di soluzioni tamponate<br />

e non tamponate di ipoclorito<br />

di sodio.<br />

L<br />

’ ipoclorito di sodio venne introdotto nella moderna<br />

medicina nel corso della prima Guerra mondiale, per<br />

la disinfezione delle ferite aperte. La soluzione inizialmente<br />

introdotta da Dakin, è costituita da ipoclorito di sodio allo<br />

0.5% tamponata con sodio bicarbonato per un pH finale<br />

pari a 9. Generalmente in endodonzia vengono impiegate<br />

delle soluzioni di ipoclorito di sodio al 5.25% così<br />

come si trovano in commercio per impieghi domestici, oppure<br />

delle diluizioni in acqua. Queste soluzioni presentano<br />

un pH decisamente alcalino, che nel caso dell’ipoclorito<br />

al 5.25% è pari 12. Valori di pH così elevati possono<br />

amplificare la tossicità dell’ipoclorito di sodio qualora esso<br />

venga accidentalmente estruso nei tessuti periapicali.<br />

Alcuni studi sperimentali dimostrano che la soluzione di<br />

Dakin, pur avendo una ridotta percentuale di ipoclorito,<br />

conserva un’elevata attività antibatterica, con il vantaggio<br />

di avere una minore tossicità nei riguardi dei tessuti periapicali.<br />

Lo scopo di questa ricerca è quello di comparare<br />

l’attività solvente nei riguardi nei tessuti e l’azione antibatterica<br />

di soluzioni tamponate e non tamponate di ipoclorito<br />

di sodio aventi la stessa percentuale di cloro attivo.<br />

Per quanto riguarda la capicità di solubilizzare i tessuti<br />

molli, la prova è stata fatta utilizzando dei frammenti di<br />

mucosa palatina di maiale. I frammenti di tessuto (alcuni<br />

freschi e altri necrotici), sono stati immersi in 30 mL di soluzioni<br />

test (ipoclorito non tamponato al 2.5% a pH 12,<br />

ipoclorito allo 0.5% non tamponato a pH 12 e infine ipoclorito<br />

tamponato allo 0.5% pH 9) e a intervalli regolari di<br />

tempo sono stati estratti dalla soluzione e pesati. La capacità<br />

solvente di ciascuna soluzione è stata espressa in<br />

termini di peso % perso durante il bagno in ipoclorito. I risultati<br />

di queste prove hanno dimostrato che la soluzione<br />

al 2.5% non tamponata presente una capacità solvente<br />

superiore a quella allo 0.5%, indipendentemente dal fatto<br />

che questa fosse tamponata o meno. Tuttavia, mentre la<br />

Tissue-dissolving<br />

capacity and<br />

antibacterial effect<br />

of buffered and<br />

unbuffered<br />

hypochlorite solutions.<br />

Zehnder M, Kosicki<br />

D, Luder H, Sener B,<br />

Waltimo T.<br />

Adattamento<br />

di Marco Capecchi<br />

soluzione allo 0.5% non tamponata aveva una maggior attività<br />

solvente nei riguardi del tessuto necrotico, la soluzione<br />

di Dakin dissolveva allo stesso modo il tessuto vitale<br />

e quello necrotico.<br />

Per quanto riguarda invece l’attività antibatterica, questa è<br />

stata misurata sia untilizzando dei cilindri di dentina infetti,<br />

sia impiegando dei dischi di carta infettati secondo modalità<br />

standard. In entrambi i casi i campioni sono stati infettati<br />

con E. faecalis. Le prove microbiologiche hanno dimostrato<br />

che non esistono differenze statisticamente significative<br />

tra le soluzioni tamponate e non tamponate di<br />

ipoclorito di sodio.<br />

21


ORAL SURG ORAL MED ORAL PATHOL ORAL RADIOL ENDOD 2003;95:291-9.<br />

Lesioni di ipersensibilità<br />

da contatto con amalgama<br />

e lichen planus orale.<br />

L<br />

’ amalgama fino a pochi anni fa, è stato il materiale<br />

da otturazione più frequentemente utilizzato in tutto<br />

il mondo. Sebbene negli ultimi anni nella pratica clinica si<br />

siano affermati i materiali compostiti, ancora oggi la maggior<br />

parte dei pazienti presenta nella propria bocca almeno<br />

un restauro in amalgama. La continua eliminazione di<br />

piccole quantità di mercurio dalle otturazioni in amalgama,<br />

è stata considerata da alcuni clinici come un fenomeno potenzialmente<br />

pericoloso per la salute del paziente. Queste<br />

opinioni, per altro non suffragate da dati scientifici evidenti,<br />

hanno comunque fatto breccia nell’opinione pubblica,<br />

portando in alcuni casi a veri e propri atteggiamenti fobici<br />

nei riguardi di questo materiale dalla lunga e collaudata<br />

pratica clinica. Esistono tuttavia delle osservazioni cliniche<br />

che sembrano indicare una possibile corelazione tra restauri<br />

di amalgama e comparsa, nelle mucose in intimo<br />

contatto a tali restauri, di lesioni lichenoidi. Lo scopo di<br />

questo lavoro è quello di chiarire chiarire il rapporto tra lesioni<br />

lichenoidi associate a restauri in amalgama, ipersensibilità<br />

al mercurio e lichen planus orale.<br />

A questo scopo, sono stati esaminati 81 pazienti con almeno<br />

un restauro in amalgama, che erano stati inviati con<br />

la diagnosi clinica di lichen planus orale oppure di reazione<br />

lichenoide associata all’amalgama. In tutti i casi oltre all’esame<br />

clinico, è stato eseguito anche quello istologico<br />

che ha confermato la presenza di un infiltrato infiammatorio<br />

a banda nel connettivo con alterazioni degenerative a<br />

carico dei cheratinociti dello strato basale. Tutti i pazienti<br />

inoltre sono stati suddivisi in quattro gruppi sulla base della<br />

associazione tra i restauri in amalgama e la presenza di<br />

lesioni della mucosa (Tabella I).<br />

Tutti i pazienti dello studio sono stati sottoposti a patch test<br />

allo scopo di evidenziare un’eventuale condizione di<br />

22<br />

Amalgam-contact<br />

hypersensitivity lesions<br />

and oral lichen planus.<br />

Thornhill MH et al.<br />

Adattamento<br />

di Marco Capecchi<br />

ipersensibilità al mercurio, all’amalgama, o ad alcuni dei<br />

suoi componenti. I pazienti sono stati considerati positivi<br />

al patch test se dopo 72 ore, nella zona cutanea di contatto<br />

con l’allergene, comparivano reazioni cutanee debolmente<br />

positive (reazioni eritematose), positive (reazioni<br />

eritematose o vescicolari), o fortemente positive (reazioni<br />

bollose e ulcerative). I pazienti che presentavano delle lesioni<br />

orali associate o fortemente associate con restauri in<br />

amalgama, sono stati invitati a rimuovere le loro otturazioni<br />

in amalgama e a sostituirle con restauri in materiale<br />

composito, vetroionomero, oppure con intarsi in oro o in<br />

ceramica. La risposta delle lesioni orali alla sostituzione<br />

dei restauri in amalgama èstata schematicamente suddivisa<br />

in quattro gruppi (Tabella II).<br />

Il 70% (cioè 21 casi) dei pazienti in cui era presente una<br />

associazione forte o molto forte delle lesioni orali con otturazioni<br />

in amalgama, aveva una risposta positiva ai patch<br />

test per il mercurio o per gli altri componenti dell’amalgama.<br />

Di questi, tredici pazienti avevano un’ipersensibiltà nei riguardi<br />

del solo mercurio, un paziente mostrava un’ipersensibilità<br />

solamente ai componenti dell’amalgama, mentre<br />

sette pazienti avevano un patch test positivo a entrambi<br />

i componenti (amalgama e mercurio).<br />

Al contrario, solamente due pazienti dei 51 che avevano<br />

una lieve o nessuna associazione tra lesioni mucose e restauri<br />

in amalgama, presentavano reazioni di ipersensibilità<br />

al patch test.<br />

Dei 30 pazienti con lesioni associate ad amalgama, 28<br />

hanno effettivamente sostituito le loro otturazioni. Di questi<br />

28 pazienti, 20 (il 71.4%) hanno avuto una completa<br />

remissione delle lesioni orali, 6 (il 21.4%) hanno avuto un<br />

miglioramento sostanziale e solo in due pazienti non vi è<br />

stato un miglioramento, o il miglioramento è stato lieve.<br />

I risultati di questo studio sembrano indicare che in un ri-


stretto numero di casi, le lesioni lichenoidi delle mucosa<br />

orale sono da attribuirsi a una probabile condizione di<br />

ipersensibilità nei confronti del mercurio o dell’amalgama.<br />

Solo le lesioni appartenenti a questo specifico gruppo rispondono<br />

positivamente alla sostituzione delle otturazioni<br />

TABELLA 1<br />

Associazione tra restauri in amalgama e lesioni della mucosa<br />

1. No associazione<br />

2. Debole associazione<br />

3. Forte associazione<br />

4. Associazione molto forte<br />

TABELLA 2<br />

1. Nessun miglioramento<br />

2. Lieve miglioramento<br />

3. Miglioramento sostanziale<br />

4. Guarigione completa<br />

in amalgama. La presenza di lesioni lichenoidi asociate a<br />

restauri in amalgama, e l’ipersensibilità cutanea nei confronti<br />

del mercurio o dell’amalgama rappresentano due importanti<br />

fattori predittivi nel miglioramento delle lesioni dopo<br />

sostinuzione dei restauri in amalgama.<br />

Nessuna lesione in contatto con restauri in amalgama. Lesioni orali tipicamente bilaterali.<br />

Alcuni restauri in amalgama in contatto con la lesioni lesioni orali. In ogni caso, meno del<br />

25% delle mucosa con alterazioni patologiche era in contatto con restauri in amalgama.<br />

Erano inoltre presenti zone di mucosa normali pur essendo in intimo contatto con alcune<br />

otturazioni in amalgama.<br />

Oltre il 75% delle lesioni mucose erano in diretto contatto con otturazioni in amalgama.<br />

Nessun restauro in amalgama era invece in contatto con aree normali di mucosa orale.<br />

Tutte le lesioni orali erano in intimo contatto con restauri in amalgama.<br />

Risposta delle lesioni mucose alla rimozione delle otturazioni in amalgama<br />

Riduzione inferiore al 50% dell’estensione della lesione mucosa.<br />

Riduzione delle lesioni superiore al 50%.<br />

23


J DENT RES 2003;82(2):82-90.<br />

Risoluzione dell’infiammazione:<br />

Un nuovo paradigma<br />

per la potogenesi<br />

delle malattie parodontale.<br />

Le malattie parodontali sono un gruppo di patologie<br />

infiammatorie a eziologia batterica, che portano alla<br />

distruzione del tessuto di supporto del dente. Gli agenti<br />

eziologici della parodontite cronica sono i batteri gram negativi<br />

anaerobi obbligati come il P. gingivalis e il B. forsythus,<br />

mentre nella comparsa della parodontite localizzata<br />

aggressiva (conosciuta anche come parodontite giova-<br />

FIGURA 1 Ruolo dei mediatori lipidici nell’infiammazione<br />

24<br />

Resolution<br />

of inflammation:<br />

A new paradigm<br />

for the pathogenesis<br />

of periodontal<br />

diseases.<br />

Concise review.<br />

Van Dyke TE,<br />

Serhan CN.<br />

Adattamento<br />

di Marco Capecchi<br />

nile localizzata) gioca un ruolo chiave il A. actinomycetemcomitans.<br />

Mentre l’eziologia di queste patologie è<br />

senza dubbio batterica, negli ultimi anni è apparso chiaro<br />

che le risposte immunitarie all’infezione batterica svolgono<br />

un ruolo fondamentale nella patogenesi di queste malattie.<br />

In particolare sembra plausibile che un deficit funzionale<br />

dei granulociti neutrofili sia alla base di gran parte<br />

Proinfiammatori Antiinfiammatori<br />

Fosfolipidi di membrana<br />

COX1&2<br />

FANS<br />

5-Lipossigenasi<br />

Acido arachidonico<br />

Interazioni<br />

Cellula-cellula<br />

Prostaglandine Leucotrieni Lipoxine<br />

Le prostaglandine e i leucotrieni, prodotti dalle ciclossigenasi (COX) e dalle lipossigenasi amplificano l’infiammazione. Le lipoxine,<br />

prodotte a partire dall’acido arachidonico, agiscono da segnali endogeni di stop dell’infiammazione. (Fans: Farmaci Antiinfiammatori<br />

Non Steroidei).


delle manifestazioni cliniche delle forme aggressive localizzate.<br />

La ricerca si sta sempre più orientando verso lo<br />

studio di queste patologie su base molecolare, anche perché,<br />

come avviene in tutte le patologie su base infiammatoria,<br />

anche in questo caso i mediatori chimici dell’infiammazione<br />

svolgono un ruolo preminente. Come è noto, i<br />

mediatori chimici dell’infiammazione sono numerosi. Tra<br />

questi ricordiamo le prostagandine, i leucotrieni, le citochine,<br />

le sostanze gassose (come l’ossido nitrico, il monossido<br />

di carbonio e i composti reattivi dell’ossigeno), e<br />

i nucleotidi come l’adenosina e l’inosina. Tutte queste sostanze,<br />

quando vengono rilasciate dai tessuti o dai leucociti,<br />

esplicano un’azione pro-infiammatoria e attualmente<br />

una grande percentuale di risorse economiche delle industrie<br />

farmaceutiche è proprio mirata alla ricerca di nuovi<br />

farmaci capaci di bloccare o comunque di modulare l’attività<br />

pro-infiammatoria di questi mediatori. Una delle scoperte<br />

più importanti in questo specifico settore di ricerca,<br />

è quella dell’esistenza di mediatori di origine lipidica che,<br />

al contrario dei precedenti, esplicano un’attività anti-infiammatoria.<br />

La lipoxina, in particolare, è stato il primo mediatore<br />

ad azione anti-infiammatoria ad essere stato identificato.<br />

È interessante notare che l’azione anti-infiammatoria<br />

dell’aspirina, è dovuta non solo all’inibizione della sintesi<br />

delle prostaglandine, ma anche al fatto che questo farmaco<br />

stimola anche la produzione di mediatori anti-infiammatori<br />

come le lipoxine. Il quadro aggiornato dei mediatori<br />

dell’infiammazione è riassunto nella figura 1.<br />

L’attività dei mediatori chimici dell’infiammazione si esercita<br />

su numerose cellule bersaglio e tra queste, le più importanti<br />

sono i granulociti neutrofili. Nella Tabella I vengono<br />

riportate le più importanti patologie il cui danno tissutale<br />

è causato dall’attivazione dei granulociti neutrofili.<br />

TABELLA 1<br />

Patologie in cui il danno tissutale è mediato<br />

dai neutrofili<br />

Malattia parodontale<br />

Artrite reumatoide<br />

Malattia infiammatoria dell’intestino<br />

Enfisema<br />

Vasculiti<br />

Acute respiratory distress syndrome<br />

Danno da riperfusione<br />

Deficienza di CR3<br />

Deficienza di granuli specifici<br />

Asma<br />

Tra queste, di particolare interesse è il cosiddetto danno da<br />

riperfusione, che può essere considerato come un modello<br />

di danno tissutale indotto dai granulociti neutrofili. Questo<br />

fenomeno rende ragione del danno tissutale che può aggravare<br />

gli effetti di un infarto miocardico allorchè vengono<br />

messe in atto manovre terapeutiche, quali l’angioplastica<br />

d’urgenza o la terapia trombolitica, allo scopo di riperfondere<br />

il più rapidamente possibile un distretto miocardico in<br />

sofferenza ischemica. In queste circostanze i vantaggi derivanti<br />

dalla precoce riperfusione miocardica sono in parte limitati<br />

dal danno da riperfusione, causato dai neutrofili che<br />

giunti nella sede del danno ischemico, liberano i composti<br />

dell’ossigeno (anione superossido, acido ipocloroso, radicali<br />

ossidrilici) amplificando il danno dei tessuti. È stato dimostrato<br />

che un meccanismo analogo, mediato dai radicali<br />

dell’ossigeno liberati dai neutrofili, è responsabile anche di<br />

parte del danno tissutale che si verifica in corso di parodontite.<br />

La produzione di lipoxine a partire dall’acido arachidonico,<br />

mediante la formazione dell’intermedio 15S-HE-<br />

TE, è stata chiaramente dimostrata negli eosinofili, nei monociti<br />

e nelle cellule epiteliali, dopo la loro esposizione ad<br />

alcuni mediatori come l’interleuchina 4 e 13. La prodzione<br />

di 15S-HETE a partire dall’acido arachidonico (e quindi la<br />

produzione di lipoxine ad effetto anti-infiammatoio), si verifica<br />

anche a seguito dell’acetilazione della ciclossigenasi-2<br />

a opera dell’aspirina. In altre parole, l’azione anti-infiammatoia<br />

dell’aspirina si esplica non solo per il blocco nella produzione<br />

di di prostaglandine, ma anche per la sintesi di lipoxine<br />

anti-infiammatorie. In ogni caso, le lipoxine una volta<br />

prodotte, esercitano una serie di attività anti-infiammatorie<br />

che vengono riasunte nella tabella II.<br />

TABELLA 2<br />

Patologie in cui il danno tissutale è mediato<br />

dai neutrofili<br />

* Legame a specifici recettori dei leucociti, cellule<br />

endoteliali ed epiteliali, fibroblasti e regolazione<br />

della loro funzione<br />

* Inibizione dell’infiammazione mediata dai neutrofili<br />

a livello polmonare, renale e della cute<br />

* Protezione dal danno tissutale da riperfusione<br />

polmonare mediato dai neutrofili<br />

* Stimolazione della fagocitosi dei linfociti in apoptosi<br />

a opera dei macrofagi<br />

* Regolazione nella produzione di citochine<br />

e chemiochine e dell’espressione di alcuni geni<br />

* Bloccano l’attività del TNF alfa<br />

* Inibizione della proliferazione cellulare<br />

* Favoriscono la risoluzione dell’edema polmonare<br />

* Inibizione dell’angiogenesi<br />

25


J DENT RES 2003;82(2):82-90.<br />

L’attività anti-infiammatoria delle lipoxine è stata confermata<br />

anche in alcuni studi sperimentali condotti su modelli<br />

animali, in cui è stata dimostrata la potente attività anti-infiammatoria<br />

delle lipoxine e dei loro analoghi sintetizzati in<br />

laboratorio.<br />

Molto promettente è l’impiego delle lipoxine nella prevenzione<br />

o nella terapia della parodontite. Lo studio dell’attività<br />

terapeutica delle lipoxine nei confronti della parodontite<br />

è appena all’inizio. Tuttavia recentemente è stato sviluppato<br />

un particolare modello sperimentale sul coniglio,<br />

che sembra essere particolarmente interessante.<br />

È stato osservato che nel coniglio, la legatura dei denti associata<br />

all’inoculo di P.gingivalis, determina a distanza di<br />

tempo la comparsa di gravi difetti parodontali del tutto sovrapponibili<br />

a quelli che si osservano nella parodontite. Se<br />

il trattamento viene prolungato per 6 settimane, si osserva<br />

la perdita di circa il 50% dell’osso alveolare.<br />

26<br />

A conferma che tale patologia è su base infettiva, la perdita<br />

ossea non si verifica se i conigli vengono contemporaneamente<br />

trattati con metronidazolo. I conigli sono stati<br />

suddivisi in due gruppi. Quelli del primo gruppo sono stati<br />

sottoposti solamente a legatura e sono stati infettati con<br />

P. gingivalis.<br />

Quelli del secondo gruppo sono stati sottoposti alla stessa<br />

procedura, ma tre volte alla settimana sono stati trattati<br />

con lipoxina applicata localmente. Al termine delle 6 settimane,<br />

i conigli di entrambi i gruppi sono stati sacrificati<br />

e valutati radiograficamente e istologicamente. In questo<br />

modo è stato possibile dimostrare che l’applicazione locale<br />

di lipoxina riduce di oltre il 90% la perdita ossea indotta<br />

dalle legature infettate con P. gingivalis. Questi studi<br />

sembrano aprire nuove e importanti prospettive terapeutiche<br />

della parodontite, basate sulla risoluzione dell’infiammazione<br />

a opera delle lipoxine.


JADA 2003;134:61-69.<br />

L’impiego di antidepressivi<br />

in psichiatria e medicina<br />

e loro impatto nel trattamento<br />

odontoiatrico.<br />

L a<br />

prescrizione di antidepressivi ha conosciuto negli<br />

ultimi anni un notevole aumento, tanto che all’anamnesi,<br />

risulta evidente che una percentuale rilevante di pazienti<br />

odontoiatrici sono in trattamento con questi farmaci.<br />

Gli antidepressivi vengono oggi giorno prescritti per la terapia<br />

di un’ampia varietà di patologie. Tra queste ricordiamo<br />

le patologie psichiatriche, il trattamento del dolore, l’insonnia,<br />

la cessazione del fumo, l’abuso di sostanze e i disordini<br />

dell’alimentazione. Gli effetti collaterali degli antidepressivi<br />

sono molteplici, ma quelli di più comune riscontro<br />

sono la xerostomia, l’ipotensione ortostatica e la<br />

cardiotossicità. La xerostomia indotta dagli antidepressivi<br />

può accompagnarsi a un’aumentata incidenza di carie coronali<br />

e radicolari. Poiché gli antidepressivi sono impiegati<br />

in tutte le fasce d’età, una maggiore incidenza di carie<br />

coronali è stata osservata in un gruppo di bambini sottoposti<br />

a trattamento con antidepressivi. D’altra parte, in un<br />

gruppo di pazienti ultrasessantenni, è stata osservato un<br />

aumento dell’indice di carie radicolare in conseguenza alla<br />

xerostomia indotta da questi farmaci. Anche l’ipotensione<br />

ortostatica indotta dagli antidepressivi può avere una<br />

sua rilevanza in odontoiatria, soprattutto qualora si renda<br />

necessario somministrare un anestetico locale con vasocostrittore.<br />

Vengono riportate di seguito le più importanti<br />

classi di antidepressivi utilizzate nella pratica clinica.<br />

Inibitori delle monoamine ossidasi<br />

Questa classe di antidepressivi è stato introdotto nella pratica<br />

clinica a partire dagli anni 50. Questi farmaci inibiscono<br />

la monoamina ossidasi, enzima responsabile della degradazione<br />

di alcuni neurotrasmettitori fra cui la serotonina<br />

e la norepinefrina. In conseguenza della loro somministrazione,<br />

si osserva un incremento dei livelli di serotonina<br />

e noradrenalina nelle giunzioni presinaptiche, a cui si<br />

deve l’effetto terapeutico.<br />

Antidepressant use<br />

in psychiatry and<br />

medicine. Importance<br />

fordental practice.<br />

Keene JJ, Galasko<br />

GT, Land MF.<br />

Adattamento<br />

di Marco Capecchi<br />

Antidepressivi triciclici<br />

La prima generazione di questa classe di farmaci è stata introdotta<br />

alla fine degli anni ‘50 e conobbe un’ampia difusione<br />

in alternativa agli inibitori delle monoamino ossidasi<br />

soprattutto nel trattamento della depressione. Si ritiene che<br />

l’effetto terapeutico sia dovuto anche in questi caso all’aumento<br />

dei livelli di serotonina e noradrenalina a livello sinaptico.<br />

Tra gli effetti colaterali più importanti ricordiamo l’ipotensione<br />

ortostatica e la xerostomia.<br />

Inibitori selettivi del reuptake della serotonina<br />

Questi antidepressivi vennero introdotti allo scopo di sopperire<br />

agli effetti collaterali degli altri due gruppi di farmaci.<br />

Il primo farmaco di questa classe è stata la fluoxetina,<br />

introdotta negli anni ‘70. La fluoxetina blocca il reuptake<br />

della serotonina nel cervello, rendendo così il neurotrasmettitore<br />

disponibile per i recettori delle sinapsi. Gli inibitori<br />

selettivi hanno meno effetti collaterali rispetto ai precedenti<br />

farmaci soprattutto riguardo all’apparato cardiovacolare<br />

e all’aumento del peso corporeo.<br />

Antidepressivi atipici<br />

Sono gli antidepressivi della terza generazione introdotti a<br />

partire dal 1980. Tra questi ricordiamo il nefazodone che<br />

oltre a inibire il reuptake della serotonina, inibisce il recettore<br />

5-idrossitriptamina 2A . Un altro farmaco di questa<br />

classe è il buproprione la cui azione si esplica sul reuptake<br />

della norepinefrina e della dopamina, mentre non ha azione<br />

nei rigurdi della serotonina. Nell’ultima decade sono stati<br />

introdotti nuovi antidepressivi atipici come la venlafaxina<br />

e la mirtazapina. Nella tabella I vengono riportati i più importanti<br />

antidepressivi in uso con i relativi effetti collaterali.<br />

In questo studio sono stati analizzati i dati anamnestici di<br />

1800 pazienti odontoiatrici ponendo particolare attenzio-<br />

27


JADA 2003;134:61-69.<br />

ne alla prevalenza del trattamento con antidepressivi e alla<br />

comparsa di effetti collaterali rilevanti da un punto di vista<br />

odontoiatrico. Complessivamente, i pazienti in trattamento<br />

con antidepressivi erano 381 (21%), 265 femmi-<br />

28<br />

ne e 116 maschi (rapporto 2.3:1), con un range d’età<br />

compreso tra i 12 e i 90 anni. Il 92% dei pazienti erano<br />

trattati con un unico tipo di antidepressivo, mentre 29 pazienti<br />

(8%) assumevano due o più antidepressivi diversi.<br />

La classe di antidepressivi più rappresentati erano gli inibitori<br />

selettivi del reuptake della serotonina (56%), seguiti<br />

dagli antidepressivi triciclici (22%) e dagli antidepressivi<br />

atipici (22%). Il 58 % dei pazienti assumevano uno o<br />

più antidepressivi che potenzialmente erano in grado di<br />

indurre xerostomia, mentre nel 68% venivano somministrati<br />

farmaci in grado di indurre un’ipotensione ortostatica.<br />

Di fronte a un paziente in terapia con antidepressivi, è<br />

necessario considerare alcune importanti repercussioni in<br />

ambito odontoiatrico. Il primo e importante aspetto è quello<br />

legato alla xerostomia e all’aumentata incidenza di carie<br />

coronali e radicolari. Il paziente deve essere sottoposto<br />

a un attento programma di prevenzione orale, basato su<br />

un’accurata igiene orale domiciliare e ambulatoriale, sulla<br />

prescrizione di fluoro e collutori antibatterici. Può essere<br />

utile nei casi più gravi ricorrere a dei sostituti della saliva.<br />

Molto importante è inoltre evitare crisi ipotensive nel corso<br />

del trattamento odontoiatrio. È preferibile ridurre per<br />

quanto possibile la durata dell’intervento, ed evitare bruschi<br />

cambiamenti posturali. Di particolare importanza è la<br />

valutazione della possibilità o meno di somministrare questi<br />

pazienti degli anestetici locali associati al vasocostrittore.<br />

Per esempio gli antidepressivi triciclici bloccano i recettori<br />

alfa1-adrenergici. La somministrazione di adenalina<br />

in questi pazienti può causare delle serie crisi ipotensive<br />

poiché l’adrenalina, trovando i recettori alfa bloccati dal<br />

farmaco, si lega in modo massivo ai beta2-recettori causando<br />

vasodilatazione e ipotensione grave.


TABELLA 1<br />

Effetti collaterali degli antidepressivi<br />

Farmaco Anticolinergico Sedazione Xerostomia Cuore Ipotensione<br />

ortostatica<br />

MAOI<br />

Fenelzina<br />

0 + + ++ +<br />

Tranilcipromine 0 + + ++ 0<br />

TCA ++++ ++++ ++++ +++ ++<br />

Amitriptilina<br />

Clomipramina +++ +++ +++ +++ ++<br />

Desipramina + + + ++ ++<br />

Doxepina ++ +++ +++ +++ ++<br />

Imipramina ++ ++ ++ +++ +++<br />

Nortriptilina + ++ + ++ +<br />

Protriptilina +++ + +++ +++ +<br />

Trimipramina ++ +++ ++ +++ ++<br />

Amoxapina +++ ++ +++ ++ +<br />

Maprotilina ++ ++ ++ ++ +<br />

SSRI 0/+ 0/+ + 0 0/+<br />

Citalopram<br />

Fluoxetina 0/+ 0/+ + 0 0/+<br />

Fluvoxamina 0/+ 0/+ + 0 ++<br />

Paroxetina 0/+ 0/+ + 0 0/+<br />

Sertralina 0 0/+ + 0 0<br />

Atipici 0 ++ + 0 +<br />

Buproprione<br />

Mirtazapina 0 +++ ++++ 0 ++<br />

Nefazodone 0 ++ + 0/+ +<br />

Trazodone 0/+ +++ + 0/+ ++<br />

Venlafaxina 0 0 + 0/+ 0<br />

MAOI: Monoamino ossidasi inibitori. TCA: Antiepressivi triciclici. SSRI: Inibitori selettivi del reuptake della serotonina.<br />

0:No +: lieve ++: moderato +++: alto ++++: molto alto 0/+: da nessuno a lieve.<br />

29


J CLIN PERIODONTAL 2002; 29:211-215.<br />

Effetto desensibilizzante<br />

del laser Er:YAG sulla dentina<br />

ipersensibile. Studio clinico<br />

prospettico, controllato.<br />

L<br />

’ ipersensibilità dentinale è uno dei più comuni<br />

sintomi lamentati dai pazienti; esso è diffuso fra<br />

i soggetti adulti occidentali con una prevalenza variabile<br />

fra 8.9 e 15%. Si conosce ancora poco riguardo<br />

alla eziologia dell’ipersensibilità e alla natura della lesione;<br />

secondo la “teoria idrodinamica” di<br />

Brannstrom il movimento dei fluidi nei tubuli dentinali<br />

esposti è responsabile della stimolazione dei recettori<br />

pulpari. Le più frequenti cause di esposizione<br />

della dentina sono l’usura provocata da anomalie occlusali<br />

e la recessione gengivale, in seguito a malattia<br />

parodontale (o alla sua terapia) o a trauma da<br />

spazzolamento.<br />

Molte sostanze sono state impiegate per la terapia<br />

della ipersensibilità dentinale, con vari gradi di successo.<br />

Uno degli agenti più comunemente utilizzati è<br />

il cloruro di stronzio; molti studi clinici hanno inoltre dimostrato<br />

che sono molto efficaci le soluzioni concentrate<br />

di fluoro, in particolare il fluoruro di sodio.<br />

Risultati positivi sono stati ottenuti anche con la ionoforesi,<br />

abbinata o meno a paste o soluzioni fluorate.<br />

Negli ultimi tempi, come è noto, vari dispositivi laser<br />

sono stati proposti in odontoiatria. Il laser Nd:YAG e<br />

il laser CO2 hanno impiego limitato a causa dei loro<br />

effetti collaterali di tipo termico; il laser Er:YAG invece<br />

sembra avere buone possibilità di applicazione in<br />

medicina in virtù del suo meccanismo di ablazione<br />

termo-meccanica e dell’alto assorbimento della sua<br />

lunghezza d’onda da parte dell’acqua. Applicato sul<br />

tessuto dentinale il laser Er:YAG porterebbe ad una<br />

evaporazione del fluido dentinale con conseguente<br />

diminuzione del movimento di questo nei tubuli e<br />

quindi con miglioramento dellíipersensibilità.<br />

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare<br />

l’efficacia del laser Er:YAG come desensibilizzante in<br />

30<br />

Desensitizing effects<br />

of an Er:YAG laser on<br />

hypersensitive dentine.<br />

A controlled,<br />

prospective clinical<br />

study.<br />

Schwarz F., Arweiler<br />

N., Georg T.,<br />

Reich E.<br />

Adattamento<br />

di Elisabetta Francini<br />

confronto ad un prodotto commerciale, avente questa<br />

specifica indicazione, il Dentin Protector e in confronto<br />

con denti ipersensibili non trattati.<br />

A tale scopo sono stati osservati 30 pazienti con un<br />

totale di 104 coppie di denti ipersensibili e privi di<br />

carie; in ciascun paziente una coppia di elementi costituiva<br />

il controllo, mentre gli altri venivano trattati o<br />

con il laser o con il Dentin Protector. Il grado di sen-


sibilità veniva individuato secondo<br />

una scala arbitraria da 1 a 4<br />

come risposta nei confronti di un<br />

getto di aria fredda della durata<br />

di 3 secondi alla distanza di 2<br />

mm. I dati sono stati registrati<br />

prima del trattamento, immediatamente<br />

dopo, dopo una settimana,<br />

dopo due e dopo sei mesi.<br />

I risultati hanno mostrato che entrambi<br />

i trattamenti determinano<br />

un significativo miglioramento<br />

della sintomatologia immediatamente<br />

dopo e dopo una settimana<br />

dall’applicazione. Dopo due<br />

mesi, i denti trattati con Dentin<br />

Protector mostrano un aumento<br />

del discomfort superiore al 65%<br />

del valore iniziale e superiore al<br />

90% dopo sei mesi, mentre i risultati<br />

ottenuti col laser si mantengono<br />

costanti. Le differenze<br />

riscontrate fra i due gruppi, immediatamente<br />

dopo l’applicazione,<br />

dopo una settimana e dopo<br />

due e sei mesi, sono risultate statisticamente significative.<br />

Rispetto ai denti controllo, entrambi i trattamenti<br />

hanno assicurato una significativa riduzione del<br />

disturbo.<br />

Studi precedentemente condotti hanno dimostrato<br />

che anche il laser Nd:YAG e quello CO2 sono efficaci<br />

nel ridurre l’ipersensibilità dentinale nei confronti di<br />

stimoli freddi; sembra che l’applicazione di questi laser<br />

porti ad una “fusione” della dentina e quindi ad<br />

una occlusione o restringimento<br />

dei tubuli, che si traduce in una<br />

diminuzione del movimento dei<br />

fluidi; è stato fra l’altro dimostrato<br />

che i denti ipersensibili presentano<br />

diametri tubulari significativamente<br />

più ampi (circa il<br />

doppio) rispetto ai denti non<br />

sensibili. Il laser Er:YAG probabilmente<br />

provoca una evaporazione<br />

del fluido dentinale e dello<br />

smear layer con conseguente<br />

deposizione di sali insolubili nei<br />

tubuli che risultano così obliterati.<br />

Inoltre il laser Er:YAG mostra<br />

un alto potenziale battericida e<br />

questo può contribuire alla desensibilizzazione,<br />

dal momento<br />

che la soglia del dolore delle fibre<br />

nervose sembra essere più<br />

bassa in presenza di mediatori<br />

della flogosi.<br />

Il Dentin Protector è una soluzione<br />

acquosa composta per il<br />

22.5% di poliuretano-isocianato<br />

e per il 77.5% di metilencloruro; esso probabilmente<br />

agisce attraverso la creazione di una barriera<br />

periferica nel lume dei tubuli, barriera che viene<br />

poi verosimilmente rimossa con lo spazzolamento.<br />

Si può ipotizzare che l’uso combinato del laser<br />

Er:YAG e di un prodotto resinoso possa sortire buoni<br />

risultati, in quanto la rimozione dello smear layer<br />

prodotta dal laser faciliterebbe la penetrazione dell’adesivo<br />

nei tubuli.<br />

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32<br />

INFORMAZIONI MERCEOLOGICHE DENTAL TREY<br />

Tutto quello che avreste voluto sapere sui Corsi... e anche di più<br />

La sezione “Corsi” del portale dentaltrey.it<br />

CORSI<br />

Centro Congressi<br />

Corsi Fondazione<br />

Calendario<br />

È ormai interamente completata l’ampia sezione che il portale dentaltrey.it dedica ai Corsi di aggiornamento<br />

scientifico. Come sapete, la costante collaborazione con il mondo della ricerca si concretizza in <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong><br />

attraverso diversi strumenti: corsi privati di alcuni professionisti, il sostegno come Major Sponsor per le manifestazioni<br />

esterne delle varie Società scientifiche del settore, la partnership con la Fondazione del Prof. Luigi<br />

Castagnola, e la realizzazione del Centro Congressi <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong>,<br />

che ospita corsi organizzati da alcune tra le principali<br />

Associazioni e Società scientifiche del settore.<br />

Grande rilevanza è stata naturalmente attribuita ai Corsi della<br />

Fondazione, per i quali già dalla prossima edizione di ottobre<br />

2003 sarà possibile iscriversi direttamente online, semplificando<br />

notevolmente le procedure di registrazione, iscrizione, ritiro della<br />

scheda di valutazione e del credito formativo.<br />

Centro Congressi <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong><br />

Calendario Corsi<br />

I nostri relatori<br />

Prossima edizione<br />

Precedenti edizioni<br />

<strong>Bollettino</strong> della Fondazione<br />

Eventi<br />

Percorsi formativi<br />

La sezione è stata strutturata in tre grandi filoni: le attività organizzate<br />

presso il Centro Congressi Ca’ di Mezzo <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> (sottosezione<br />

“Centro Congressi”), i Corsi della Fondazione (sottosezione<br />

“Corsi Fondazione”), e una panoramica generale sui principali<br />

Corsi su tutto il territorio nazionale (sottosezione<br />

“Calendario”).


Con il pass identificativo dotato di codice a barre, che riceverà presso lo studio o l’abitazione, il professionista<br />

potrà comodamente effettuare tutte le operazioni, risparmiando tempo e lunghe code.<br />

Nella sottosezione dedicata alla Fondazione è inoltre possibile<br />

scaricare in formato pdf i Bollettini pubblicati dal 2000 ad oggi,<br />

con gli articoli suddivisi per argomento, scaricabili e stampabili<br />

singolarmente.<br />

Sono presenti anche i resoconti e le immagini di alcune della<br />

precedenti edizioni oltre naturalmente al programma dettagliato<br />

dell’edizione successiva.<br />

Nella sottosezione “Calendario” una tabella presenta i Corsi<br />

suddivisi per Eventi e Percorsi formativi, con tutte le caratteristiche<br />

(data, titolo, Segreteria Scientifica, Sede, Area specialistica, Accreditamenti) facilmente consultabili<br />

e la possibilità di scaricare il programma <strong>completo</strong> in formato pdf; un evoluto motore di ricerca permette<br />

inoltre di trovare rapidamente il corso di vostro interesse, a seconda della Specialità, del Relatore, della<br />

Segreteria Scientifica, della Sede del Corso.<br />

La sottosezione “Centro Congressi” presenta, oltre ad un’ampia<br />

descrizione del Centro e delle sue caratteristiche, il calendario<br />

dei Corsi in programma, con un motore di ricerca suddiviso in<br />

Relatori, Specialità, Segreteria Scientifica, e la possibilità anche<br />

qui di scaricare e stampare il programma dettagliato in forma to<br />

pdf; le pagine dedicate ai relatori presentano i curriculum dei<br />

professionisti.<br />

Il progetto <strong>Dental</strong>diagnosisonline: a che punto siamo?<br />

Sono già 16 i consulenti che hanno aderito al progetto<br />

<strong>Dental</strong>diagnosisonline, il sito per il dentista che si vuole tenere<br />

aggiornato e desidera ricevere consulenze odontoiatriche<br />

da parte dei migliori professionisti in Italia ed all’estero.È<br />

sufficiente registrarsi per entrare a far parte della<br />

comunità scientifica, consultare gratuitamente casi clinici e<br />

articoli internazionali di grande interesse tradotti dalla redazione<br />

del sito, e, con una spesa ragionevole, confrontare<br />

la propria diagnosi con quella dei più autorevoli professionisti<br />

del settore.<br />

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INFORMAZIONI MERCEOLOGICHE DENTAL TREY<br />

Emdogain ® : un prodotto rivoluzionario distribuito da <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong><br />

Combattere la parodontite stimolando naturalmente la ricrescita delle cellule<br />

In molti casi la parodontite può essere curata con buoni risultati. Una delle terapie più innovative è sicuramente<br />

quella che utilizza le risposte naturali dell’organismo. Emdogain ® è un prodotto della Casa svedese Biora, distribuito<br />

in esclusiva per l’Italia da <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong>, concepito per far crescere di nuovo in maniera biologica l’osso della<br />

mascella e il tessuto di sostegno perduti. La componente più importante è la Amelogenina, una proteina prodotta<br />

dall’organismo durante il periodo della crescita che ha una funzione importante nello sviluppo dei denti.<br />

Emdogain ® crea di nuovo il tessuto di sostegno intaccato dalla parodontite stimolando l’organismo naturalmente.<br />

Dopo un trattamento con Emdogain ® la ferita guarisce molto rapidamente. Il tessuto di sostegno comincia subito<br />

a crescere e continua per molto tempo, a volte per più di un anno. Durante questo periodo è fondamentale<br />

per il paziente effettuare controlli regolari e attenersi scrupolosamente alle indicazioni del medico curante.<br />

Corona del dente<br />

Osso della mascella<br />

Tessuti di sostegno del dente<br />

1 Dente con tessuti circostanti sani e tessuti di sostegno intatti<br />

(cemento della radice, fibre di sostegno, osso della mascella)<br />

Rimozione del<br />

tartaro<br />

3 Difetto parodontale residuo dopo la rimozione<br />

della placca batterica e del tartaro.<br />

Nuovo tessuto<br />

di sostegno<br />

del dente<br />

Nuovo osso<br />

5 Recupero dei tessuti di sostegno successivi<br />

al trattamento con Emdogain ® .<br />

Tasca parodontale<br />

Accumulo di batteri<br />

Tartaro<br />

Livello di perdita dei tessuti di stegno<br />

del dente e punto più profondo della tasca<br />

parodontale<br />

2 Parodontopatia avanzata con perdita di tessuto di sostegno<br />

e conseguente formazione di una tasca parodontale profonda<br />

4 Applicazione di Emdogain ® sulla radice<br />

e sui tessuti circostanti, esposti con un piccolo<br />

intervento chirurgico.<br />

Biomimetica: il modo naturale per una vera rigenerazione<br />

di attacco funzionale


3M ESPE<br />

Via S. Bovio 3 - Loc. S. Felice<br />

20090 Segrate (Mi)<br />

Tel. 02/70351<br />

Fax 02/70352520<br />

e-mail: 3mespeitaly@mmm.com<br />

www.3mespe.com<br />

ISASAN srl<br />

Via Bellini 17<br />

22070 Rovello Porro (Co)<br />

Tel. 02/96754179<br />

Fax 02/96754190<br />

e-mail: info@isasan.com<br />

www.isasan.com<br />

SDM srl - DÜRR DENTAL<br />

Via G. Di Vittorio 307/2<br />

20099 Sesto S. Giovanni (Mi)<br />

Tel. 02/2401653<br />

Fax 02/2428637<br />

e-mail: sdm@planet.it<br />

www.durr.it<br />

37° Corso gratuito g<br />

FONDAZIONE PROF. LUIGI CASTAGNOLA<br />

Si ringraziano gli Sponsor presenti al 37° Corso Gratuito<br />

della Fondazione Prof. Luigi Castagnola che hanno voluto<br />

aderire all’iniziativa proposta da <strong>Dental</strong> <strong>Trey</strong> contribuendo alle<br />

spese di distribuzione del <strong>Bollettino</strong>:<br />

BIEN AIR ITALIA srl<br />

Via Vaina 3<br />

20122 Milano<br />

Tel. 02/58321251<br />

Fax 02/58321253<br />

e-mail: ba-i@bienair.com<br />

www.bienair.com<br />

IVOCLAR VIVADENT srl<br />

Via Dell'Industria 16<br />

39025 Naturno (Bz)<br />

Tel. 0473/670111<br />

Fax 0473/670210<br />

e-mail: clinical@ivoclarvivadent.it<br />

www.ivoclarvivadent.it<br />

W.& H. Italia srl<br />

Via R. Sanzio 5<br />

20090 Cesano Boscone (Mi)<br />

Tel. 02/45864479<br />

Fax 02/45888158<br />

e-mail: deltwh@tin.it<br />

www.wnhdent.com<br />

BIOMAX srl<br />

Via Zamenhof 615<br />

36100 Vicenza<br />

Tel. 0444/913410<br />

Fax 0444/913695<br />

e-mail: info@biomax.it<br />

www.biomax.it<br />

MERIGHI UMBERTO<br />

STRUM. “CHIMO”<br />

Viale Carducci 58<br />

40053 Bazzano (Bo)<br />

Tel. 051/831916<br />

Fax 051/831916<br />

e-mail: merighiumberto@libero.it<br />

NOVAXA spa<br />

Via Aquileja 49<br />

20092 Cinisello Balsamo (Mi)<br />

Tel. 02/618651<br />

Fax 02/66012921<br />

e-mail: vendite@novaxa.it<br />

www.novaxa.it<br />

¨<br />

DENTSPLY ITALIA srl<br />

Via A. Cavaglieri 26<br />

00173 Roma<br />

Tel. 06/72640393<br />

Fax 06/72640394<br />

e-mail: marketing@dentsply-it.com<br />

www.dentsply.com<br />

RAVELLI spa<br />

Via Valparaiso 3<br />

20144 Milano<br />

Tel. 02/4984771<br />

Fax 02/48193359<br />

e-mail: ravelli@ravellispa.it<br />

www.ravellispa.it<br />

EMS srl<br />

Via Favarelli 5<br />

20149 Milano<br />

Tel. 02/34538111<br />

Fax 02/34532778<br />

e-mail: dental@ems-italia.it<br />

www.emsdental.com

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