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I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006) - Allegoria

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Gianluigi<br />

Simonetti<br />

Il presente<br />

sofferenza e marginalità (marginalità sociale, culturale, sessuale), insomma<br />

il protagonista servile e autolesionista di Scuola di nudo, diventa il Walter<br />

Siti di Troppi paradisi; un “campione di mediocrità”, un despota, forse<br />

un padre, certamente un padrone, «come tutti», appunto.<br />

Ora che Dio mi ama, non ho più bisogno di esibirmi. Sto meglio man mano<br />

che il mondo peggiora, pazienza. Le mie idiosincrasie si scontreranno<br />

con quelle degli altri in campo aperto; se avrò qualcosa da raccontare,<br />

non sarà su di me.<br />

(p. 425)<br />

È interessante notare che il finale di Troppi paradisi, se da un lato chiude<br />

la parabola <strong>della</strong> trilogia, dall’altro apre uno spazio promettente per<br />

la costruzione di diverse future ipotesi realistiche, stavolta non in prima,<br />

ma in terza persona. La dominante saggistica, la formula dei personaggi<br />

sperimentali, le suggestioni del reality messe a punto in Troppi paradisi potrebbero<br />

dar luogo, una volta applicate a un ambiente esterno, a una forma<br />

aggiornata di naturalismo. Un racconto da poco pubblicato in rivista,<br />

incunabolo di un nuovo romanzo, lascia intendere che la nuova strada<br />

intrapresa da Siti è effettivamente quella di una partitura corale, senza<br />

io e senza centro, fatta di studi d’ambiente e di tranches de vie scagliate<br />

ad alta velocità le une contro le altre. Un positivismo alla cocaina, febbrile<br />

e partecipe, senza pedagogia e senza impersonalità. 58<br />

12. Per conformismo o scelta commerciale, per spirito critico o per complesso<br />

d’inferiorità, molta <strong>della</strong> <strong>narrativa</strong> che si scrive oggi in Italia ruota<br />

attorno al nucleo confuso di ciò che possiamo ancora definire “reale”, allo<br />

scopo di fondersi, o scontrarsi, con esso. Più la realtà si plastifica e si mostra<br />

virtuale, più avanzano le armate di un nuovo realismo letterario – sia<br />

pure di un realismo a volte sui generis. Ma è poi così unitario il fronte di<br />

questo nuovo romanzo contemporaneo – che possiamo continuare a chiamare<br />

postmoderno, visto che si affranca da alcuni vecchi vizi del romanzo<br />

anni Ottanta (l’autoreferenzialità, l’ironia, la tendenza a sciogliere la realtà<br />

nella finzione), ma senza smantellarne davvero le strutture profonde,<br />

gli interessi, le ossessioni (la dominante ontologica, la critica dell’autenticità,<br />

la sfiducia nella storia, la coazione al consumo, la passione per le superfici)?<br />

È così compatto, coerente, determinato ad allenarsi alla velocità,<br />

a mostrarsi eticamente responsabile, a giocare al finto-vero? Ovviamente<br />

sono molti gli autori in tutto o in parte irriducibili allo schema – Antonio<br />

Moresco, ad esempio – e moltissimi i racconti che puntano su valori diversi,<br />

esterni al perimetro che abbiamo delineato: talmente tanti che è inuti-<br />

58 W. Siti, Un pusher, uno dei tanti, in «Nuovi argomenti», 38, aprile-giugno 2007, pp. 161-174.<br />

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