I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006) - Allegoria
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Gianluigi<br />
Simonetti<br />
Il presente<br />
tivo incline alla meditazione filosofica o antropologica è appunto la strada<br />
intrapresa da La Capria nei suoi ultimi libri, e soprattutto in La mosca<br />
nella bottiglia (<strong>1996</strong>) e Lo stile dell’anatra (2001); nei paraggi si muove<br />
anche Antonio Pascale, non solo con La città distratta – dalle esplicite<br />
armoniche saggistiche e sociologiche – ma anche in organismi più facilmente<br />
riconoscibili come romanzi e racconti: La manutenzione degli<br />
affetti, Passa la bellezza, Si è fatta ora hanno in comune la tendenza a intrecciare<br />
il racconto delle azioni con l’analisi delle azioni stesse. Se nella<br />
<strong>narrativa</strong> cannibale, come abbiamo visto, le gesta dei protagonisti dipendono<br />
spesso dal destino, in Pascale l’azione è ridotta al minimo e il<br />
destino è esplicitamente negato:<br />
A letto mi disse: – Io ci credo all’amore, ci credo veramente, ma veramente.<br />
E sai perché? Perché credo nel destino. […] Raccontammo questa storia<br />
agli amici e tutti ci dicevano la stessa cosa: certo che eravate proprio<br />
predestinati. […] Non eravamo predestinati. Avrebbero dovuto dircelo<br />
tempo fa che non eravamo predestinati, spiegarci che quel quadro non<br />
ci riguardava affatto, che le coincidenze non fondano l’amore.<br />
(La manutenzione degli affetti, pp. 13-15)<br />
Di portata sociologica è il tema principale del Duca di Mantova (2004)<br />
di Franco Cordelli: la denuncia <strong>della</strong> fine <strong>della</strong> letteratura per mano dell’estetizzazione<br />
globale organizzata e consumata sugli schermi televisivi.<br />
Il responsabile è dunque il proprietario e l’ideologo <strong>della</strong> televisione,<br />
l’editore di irrealtà per eccellenza, Silvio Berlusconi – il Duca di Mantova,<br />
appunto:<br />
Il Duca di Mantova ha di fatto rovesciato la nostra giovanile utopia poetico-comunista.<br />
Sono tutti poeti, o quasi poeti, o disponibili alla poesia –<br />
cioè alla narrazione <strong>della</strong> propria cosiddetta esperienza, immaginazione<br />
compresa; dunque, non vi è più alcun poeta […]. Ecco ciò che io imputo<br />
al Duca. Forse, se non fosse apparso sulla faccia <strong>della</strong> terra, il processo<br />
di dissolvimento <strong>della</strong> scrittura si sarebbe lo stesso compiuto, ma sarebbe<br />
avvenuto più tardi.<br />
(pp. 107 e 179)<br />
Il discorso teorico lascia spazio all’invettiva, il saggio diventa pamphlet;<br />
l’idiosincrasia <strong>della</strong> prima persona permette di accedere allo schema del<br />
diario, <strong>della</strong> memoria privata, dell’autobiografia: ogni struttura è buona,<br />
al di fuori di quella tradizionalmente romanzesca. Il problema <strong>della</strong> forma<br />
da assegnare all’opera – come esprimere letterariamente l’esperienza<br />
del depotenziamento <strong>della</strong> letteratura stessa? «In che modo scrivere<br />
dell’Italia, di Berlusconi, o del Duca di Mantova […]?» (p. 211) – è risolto<br />
da Cordelli attraverso il ricorso a una soluzione fluida, che permette<br />
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