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I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006) - Allegoria

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Gianluigi<br />

Simonetti<br />

Il presente<br />

ne si affida alle interviste: ad esempio quella allo scrittore Ferruccio Parazzoli,<br />

verso la fine del libro; alle schede di lettura, autentiche, relative<br />

ai due romanzi di Virgili, recuperate dall’archivio storico Mondadori;<br />

al carteggio Paolini-Sereni sulla Distruzione; soprattutto – ciò che caratterizza<br />

Cronache <strong>della</strong> fine – ad ampi stralci dai romanzi di Virgili, fuse<br />

nel testo di Franchini secondo una strategia che esalta non la complementarità<br />

ma il contrasto tra gli ingredienti formali utilizzati: acceso<br />

e visionario lo stile di Virgili, freddo, ironico e distanziante quello di<br />

Franchini. Continue citazioni, sullo sfondo di un affresco dettagliato<br />

del mondo <strong>della</strong> grande editoria; ma nessun gioco culturale, nessuna<br />

iperletterarietà; in Cronache, come nell’Abusivo, e nonostante le profonde<br />

differenze di ambientazione, è macroscopica l’intimazione di realtà,<br />

da un lato per lo sforzo documentario, dall’altro per lo schema dell’autofiction:<br />

tutti elementi che creano raccordi puntuali con generi veridici<br />

come la cronaca e l’autobiografia.<br />

E tuttavia, sebbene si sforzi di allontanare i suoi lettori dal riparo del<br />

fittizio, Franchini non rinuncia alla libertà, alle simmetrie, alle isotopie<br />

del romanzo. Nell’Abusivo il compito è svolto soprattutto dagli effetti<br />

irradiati dalla trama secondaria, tanto statica e priva di eventi quanto<br />

la principale è febbrile e scottante: il contrappunto all’inchiesta su Siani<br />

è infatti rappresentato da alcune scene di vita familiare nella casa<br />

materna del narratore, dominate linguisticamente dal ricorso al napoletano<br />

e tematicamente dalla figura <strong>della</strong> nonna, ultranovantenne vorace,<br />

affamata di vita, di cibo e di parole («Ma quand’è poi che io compissi<br />

cent’anni? Quanti anni ci mancassero ancora? Oggi non si muore<br />

più!», p. 248). La scomparsa scandalosa del giovane Siani viene implicitamente<br />

accostata a questa sopravvivenza tenace, con passaggi improvvisi<br />

dal comico al tragico. 36 «Si è scordato il padreterno di te? E quando<br />

muori?» (p. 60): la frase sarcastica che la figlia rivolge alla nonna è<br />

l’evento che innesca la rivelazione del narratore, brutale come una protesta<br />

(«Dissi “hanno ammazzato un mio amico”», p. 61). Il narratore<br />

stesso riprenderà le parole delle donne («“Che nce vole a muri’, ce vo’<br />

tanto e nun ce vo’ niente” è una frase che dicono tutte due. Sono madre<br />

e figlia e si somigliano», p. 62) per applicarle all’immagine dell’assassinio<br />

dell’amico:<br />

Che ci vuole a morire. Ci vuole tanto e non ci vuole niente.<br />

Sotto casa l’avevano aspettato a lungo, fumando sigarette dalle cui cicche<br />

si poté risalire alla marca, Merit, i filtri con la riga d’oro, e pisciando quando<br />

ne avevano avuto voglia, davanti a testimoni.<br />

(L’abusivo, p. 65)<br />

36 Casadei, Stile e tradizione nel romanzo italiano contemporaneo, cit., p. 130.<br />

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