09.06.2013 Views

I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006) - Allegoria

I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006) - Allegoria

I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006) - Allegoria

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Gianluigi<br />

Simonetti<br />

Il presente<br />

Naturalmente il ricorso alla fotografia, e più in generale all’integrazione<br />

figurale (disegni, schemi, spazi bianchi o neri, materiali di varia natura),<br />

non rappresenta un’innovazione in senso assoluto: dal surrealismo<br />

al postmoderno americano “classico” (Barthelme, per esempio), per non<br />

parlare <strong>della</strong> pubblicità, spesso gli artisti hanno fatto uso di stratagemmi<br />

grafici o extraletterari per introdurre plasticamente alcuni elementi di<br />

discontinuità, e di realtà bruta, nella compiutezza senza pecche <strong>della</strong> forma<br />

scritta. Il fatto è che il taglio breve delle sezioni narrative, il montaggio<br />

concitato, insomma la ricerca di velocità che abbiamo rinvenuto nel<br />

corredo genetico del romanzo italiano contemporaneo si alleano spontaneamente<br />

a quest’altra costante formale che possiamo identificare: la<br />

tendenza a disarticolare il racconto, a forarne la compattezza <strong>narrativa</strong> e<br />

la spazialità tradizionale per costringerlo a spendersi in un confronto con<br />

ciò che è esterno al testo. Alla rapidità cui siamo abituati si somma volentieri<br />

la discontinuità semiotica: forze estetiche che promuovono entrambe,<br />

in modo quasi naturale, lo spezzettamento del discorso, il suo dinamismo<br />

interno, la sua vocazione pluralistica. Tra un segmento e l’altro<br />

del testo è facile trovare posto per brani riportati, materiali eterogenei e<br />

spesso già pronti, citazioni, oppure microracconti e storie in miniatura.<br />

Talvolta esse coincidono con divagazioni sul tema principale, tratti narrativi<br />

autonomi che regalano ossigeno alla vicenda principale, e, nei casi<br />

più interessanti, riescono a sovradeterminarla implicitamente: ad esempio<br />

la “storia del tassista” in Troppi paradisi di Walter Siti; le recensioni di<br />

musica dance nel Piccolo isolazionista di Labranca. Più spesso si cede la parola<br />

a materiali nudi, dati, puntelli documentari del testo: si vedano le<br />

numerose e brevi schede, in corpo minore e in tono ironico-referenziale,<br />

che punteggiano il discorso saggistico <strong>della</strong> Città distratta (2001) di<br />

Antonio Pascale (oppure, nello stesso volume, il notevolissimo Intermezzo<br />

floreale):<br />

I <strong>nuovi</strong> dirigenti dirigono il settore nonostante il ricorso, e quegli impiegati<br />

restano allo stesso posto di sempre. Diventano tristi e alcuni smettono<br />

di lavorare, non sopportando che un ignorante diriga il settore non<br />

riuscendo, poi, nemmeno a tollerare che con i soldi del nuovo incarico,<br />

I dirigenti <strong>della</strong> regione Campania ricevono uno stipendio che in alcuni<br />

casi, extra compresi, arriva a sfiorare gli otto milioni al mese.<br />

si costruisca una casa fuori città, con i pavimenti di marmo, i cancelli di<br />

ferro, il garage grande quanto un salone.<br />

(La città distratta, p. 87)<br />

La fortuna di marche formali di discontinuità <strong>narrativa</strong> nei testi degli<br />

ultimi anni è insomma fuori discussione; non resta che contestualizzarne<br />

l’impiego, e abbozzare una specie di evoluzione storica. All’inizio e<br />

114

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!