Mini Impianti Dentali - Maurizio Maggioni

Case Report 

Aldo Francesconi* 

Maurizio Maggioni** 

Pietro Cremona*** 

Marco Dossena**** 

Simone Grandini***** 

Stabilizzazione della protesi 

totale inferiore con l’uso 

di mini impianti dentali (MDI) 

PAROLE CHIAVE 

Protesi totale, mini impianti dentali, stabilità, 

overdenture, carico immediato 

Scopo del lavoro La stabilità delle protesi inferiori 

rimovibili ha sempre rappresentato un problema. Per 

tale ragione sono stati creati i mini impianti dentali 

MDI, che hanno facilitato il raggiungimento della stabilità 

della protesi totale inferiore. Lo scopo del lavoro 

è descrivere i vantaggi principali di tale metodica, 

che sono da individuare essenzialmente nella praticità 

d’uso, nell’estrema atraumaticità e nella possibilità 

d’utilizzo immediato che, unitamente alle ridotte 

dimensioni, ne consentono l’impiego in tutti i pazienti, 

anche quelli con grave atrofia mandibolare. 

Materiali e metodi La procedura è semplice, poiché 

gli impianti hanno le spire rivolte apicalmente e pertanto 

possono autofilettarsi nell’osso. È necessaria 

solo una fresa e le tre chiavi contenute nel kit chirurgici 

MDI. Il manufatto protesico può essere ancorato 

immediatamente agli impianti semplicemente posizionando 

all’interno di esso degli attacchi O-Ring. 

Caso clinico La descrizione di un caso clinico permette 

di comprendere meglio il metodo d’impiego e 

i passaggi dell’intervento. 

Risultati e conclusioni I vantaggi principali del sistema 

sono in pratica l’aumentata stabilità protesica, 

poiché l’overdenture è ancorata agli attacchi O-Ring, 

e la riabilitazione immediata: in una sola seduta vengono 

effettuate sia le procedure chirurgiche sia quelle 

protesiche, in modo che il paziente esca dallo studio 

con una riabilitazione definitiva. 

*Libero professionista in Brescia 

**Università degli Studi di Firenze, CLOPD 

Cattedra di Chirurgia Speciale Odontostomatologica 

***Università degli Studi di Siena, CLOPD 

Cattedra di Endodonzia 

****Libero professionista in Milano 

*****Università degli Studi di Siena 

Cattedra di Endodonzia Clinica, Professore supplente 

Stabilisation of a removable 

prosthesis in the lower 

mandible using Mini Dental 

Implants 

Aim The stability of removable lower prostheses has 

always been a problem. For this reason the Mini Dental 

Implants were devised, so that stability could be 

improved. The aim of this paper is to show the 

advantages of the system, namely simpleness, 

atraumacity, the possibility of an immediate use, and 

its small dimensions, which allow the use in almost 

any patient, also those having severe jaw atrophy. 

Materials and methods The procedure is quite simple, 

since the fixture has a modified reverse buttress thread, 

and so it can work its way into the bone. Only one bur 

is required and the 3 screwers, included in the MDI 

surgical kit. The prosthesis can be immediately 

connected to the fixtures by simply placing O-Ring 

attachments inside it. 

Case report A case is reported for a better 

understanding of the rationale and surgical steps of the 

system. 

Results and conclusion The real advantages of the 

system are essentially the enhanced prosthetic 

stability, since the overdenture is anchored to the O- 

Rings, and the immediate rehabilitation: in only one 

session both surgical and prosthetic procedures can be 

performed and patients leave the clinic with their final 

rehabilitation. 

KEY WORDS 

Removable prosthesis, Mini Dental Implants, 

stability, overdenture, immediate loading 

European Journal 

of Implant Prosthodontics ◗ 2005 May-Aug;2(1):43 97

Francesconi A. et al. 

INTRODUZIONE 

La protesi totale inferiore ha sempre rappresentato 

un grosso problema per il dentista generico. 

Infatti, la perdita dei denti prima e l’inevitabile riassorbimento 

osseo che ne consegue conducono a 

una progressiva atrofia della cresta, che si manifesta 

prima in senso orizzontale e poi verticale, mettendo 

successivamente in risalto la linea miloioidea, 

linea obliqua interna, e, talvolta, la spina mentale 

superiore. Il tutto si accompagna a una progressiva 

diminuzione, fino anche alla totale scomparsa, 

della gengiva cheratinizzata (Carlsson e 

Persson, 1967) (5). In tali condizioni, nonostante gli 

sforzi per ottenere delle perfette impronte funzionali, 

spesso il risultato finale è deludente e la stabilità 

della protesi rimane comunque precaria. 

Per risolvere tali problemi negli anni Settanta il 

dottor Victor I. Sendax (odontoiatra newyorkese) 

ideò i minimpianti MDI (9). Grazie al disegno delle 

spire rivolte apicalmente, l’impianto può autofilettarsi 

nell’osso e, in tal modo, l’entità della compressione 

a carico di quest’ultimo è modesta e 

non destruente. Gli studi sperimentali condotti dal 

dottor Sendax evidenziano che un’ampiezza di 

1,8 mm è da considerarsi strutturalmente valida e 

consente all’impianto di scivolare e inserirsi nell’osso 

con trauma ridotto e con minore sforzo, 

purché le procedure preparatorie siano state eseguite 

correttamente. Oltre alla parte filettata presentano 

un collo, che emerge dalla mucosa, e 

una testa sferica che, ancorandosi a cappucci (O- 

Ring) fissati all’interno del manufatto protesico, 

conferisce stabilità a quest’ultimo. 

Gli impianti MDI sono realizzati in titanio e sono 

stati approvati dalla Federal Drugs Administration 

con certificazione in qualità di applicazioni 

intraosse e a lungo termine. Ciò significa che questi 

impianti, pur essendo di dimensioni notevolmente 

ridotte rispetto ai tradizionali (hanno un diametro 

di 1,8 mm), sono a tutti gli effetti degli 

impianti osteointegrati. Il primo impianto MDI è 

stato inserito nel 1976 e ha assolto le sue funzioni 

fino al 2001, con il decesso della paziente. 

Pertanto, le soluzioni protesiche che si avvalgono 

del loro uso devono essere considerate definitive, 

nel rispetto, naturalmente, dei classici protocolli 

di igiene e controllo periodico (1, 5, 7). 

Lo scopo del presente lavoro è quello di descri- 

98 ◗ 2005 May-Aug;2(1)44 

INTRODUCTION 

Removable prostheses have always been a crucial 

point for dentists general practitioners. So far, the 

advances in modern dentistry did not lead to 

completely satisfactory outcomes in this regard. 

Moreover, perfect stability is difficult to attain because 

of not only the tooth loss itself, but also the 

subsequent bone resorption, which leads to a 

progressive crest atrophy, at first in a horizontal and 

then in a vertical sense, continuing in the mylo-hyoid 

line, the internal oblique line and, though seldom, 

even in the upper chin spine. Moreover, in long-term 

denture wearers this is associated to bone decrease, 

and may result in a complete resorption of the 

keratinised gingiva (Carlsson and Persson, 1967) (5). 

In such conditions, notwhitstanding the important 

results obtained with functional impressions, the 

final outcome may not be completely satisfactory 

and denture stability is not enhanced. In order to 

solve this problem, in the 70’s Victor I. Sendax 

(practitioner in New York) devised the MDI miniimplants 

(9). Thanks to their modified reverse 

buttress thread, they can work their way into the 

bone (auto-advancement) so that the amount of 

compression on the bone itself is modest and not 

destructive. The experimental studies carried out by 

the deviser highlighted that a l.8 mm width was 

structurally correct and permitted the implant to slide 

and slip into the bone with little trauma or force, 

provided the preliminary procedures were correctly 

performed. 

The implant neck has a ball connection that is to be 

locked to O-Rings attachments placed inside the 

prosthesis, thus enhancing denture stability. 

MDI are dental implants made of titanium, and are 

approved by the FDA both for transitional and longterm 

applications. It means that these implants, 

though being remarkably smaller than current ones, 

are to all effects and purposes osseointegrated 

implants. 

The first mini-implant was placed in 1976 and it 

functioned until 2001, when that patient died. 

Therefore, any prosthetic rehabilitation using MDI 

mini-implants can withstand all the functions over 

the years as any fixture (1, 5, 7), of course, if 

supported by continuing follow-up and prophylaxis. 

The aim of this paper is to describe the use of MDI 

mini-implants through the report of a case. 


of Implant Prosthodontics

vere l’impiego dei minimpianti MDI attraverso l’esposizione 

di un caso clinico. 

MATERIALI E METODI 

I mini-impianti MDI sono costruiti in lega di titanio 

(Ti6 Al4 Va), più resistente rispetto al titanio commercialmente 

puro (9); questo ha permesso di eliminare, 

quasi completamente, il rischio di fratture 

durante l’inserzione e sotto il successivo carico. 

Studi istologici hanno inoltre dimostrato che attorno 

a questi impianti si forma osso sano, maturo e 

ben integrato. Gli MDI del dottor Sendax hanno 

una lunghezza di 10, 13, 15, 18 mm, permettendo 

così di raggiungere la profondità desiderata in 

tutte le situazioni anatomiche. 

Gli impianti sono commercializzati in confezioni 

sterili singole insieme con il kit necessario per il 

loro impiego. 

Secondo il protocollo dell’autore, per la preparazione 

del sito implantare è sufficiente una sola 

fresa spinta per metà o due terzi della lunghezza 

implantare prescelta. Vanno inseriti a cielo chiuso 

quattro impianti nella zona anteriore della mandibola, 

in particolare tra le emergenze dei due nervi 

mentonieri, mantenendo tra loro una distanza 

minima di 6-8 mm. La qualità ossea di questa 

zona (osso tipo D1 o D2, secondo la classificazione 

di Misch) (8), fa sì che anche in casi di edentulia 

prolungata si presti a essere utilizzata per l’inserzione 

d’impianti che possono sfruttare tutta l’altezza 

ossea disponibile, ottenendo così un’ottima 

stabilità primaria. Pertanto, i mini impianti MDI 

possono essere caricati immediatamente e la fissazione 

degli O-Ring all’interno della protesi può 

essere eseguita nella stessa seduta in cui vengono 

inseriti gli impianti. 

La descrizione del caso clinico che segue permette 

di comprendere i passaggi dell’intervento, 

secondo il protocollo dell’autore, e la componentistica 

chirurgica e protesica impiegata. 

CASO CLINICO 

Il paziente, portatore di protesi totale superiore e 

inferiore da molti anni, pur essendo ormai abituato 

all’ingombro dei manufatti rimovibili, si lamen- 

Stabilisation of a removable prosthesis in the lower mandible 

MATERIALS AND METHODS 

The MDI mini-implants are made of titanium alloy 

(Ti6 A14 Va), which proved to be better than pure 

titanium for dental purposes (9) in checking the risk of 

fractures during implant insertion and its subsequent 

loading. Besides, histological studies reported that 

healthy, mature and well integrated bone could be 

detected around these fixtures. 

MDI implants are manufactured in different lengths, 

10, 13, 15 and 18 mm, in order to suit any 

anatomical situation. They are individually sealed in 

a sterilised package, and marketed together with 

their surgery kit. 

According to the deviser’s protocol, four implants 

should be placed closed flap, using only one bur, 

inserted for one-half to two-third of the fixture length, 

in the front lower jaw, between the projections of the 

chin nerves, at a minimum distance from each other 

of 6-8 mm. This is because the bone quality of this 

area (bone type D1 or D2, according to Misch) (8) 

usually makes the implant placement possible even 

in case of long-term edentulism, taking advantage of 

the whole bone height available, and thus a good 

primary stability can be achieved. 

Moreover, the MDI mini-implants can be immediately 

loaded. The O-Ring attachments may be placed 

inside the prosthesis during the same surgical 

session of implant placement for immediate 

rehabilitation. 

In order to explain doctor Sendax’ technique, the 

surgical steps and the respective instruments, a case 

is reported. 

CASE REPORT 

A male subject, who had been wearing complete 

upper and lower removable prostheses for a long 

time, complained about the latter having grown 

progressively unstable over years, causing 

phonatory and masticatory distresses. 

After having obtained his informed consent, and 

having assessed he was eligible for this type of 

rehabilitation, the following procedure was 

performed. 

The distance between the median surface of the front 

premolar teeth on the lower prosthesis the subject 

had been wearing was measured (fig. 1) and then the 


of Implant Prosthodontics 

◗ 2005 May-Aug;2(1):45 99


tava che nel corso del tempo quello inferiore 

fosse sempre meno stabile, creando perciò 

disturbi alla fonazione e alla masticazione. 

Avendo spiegato il trattamento prescelto e avendo 

ottenuto il consenso del paziente, si procedeva 

a verificare la possibilità di attuare tale tipo di 

riabilitazione. 

Dapprima si misurava, sulla protesi del paziente, 

la distanza sulle superfici mesiali dei primi premolari 

(fig. 1). Si riportava poi tale distanza sulla 

cresta edentula (fig. 2). All’interno di questi due 

punti, che corrispondono alla posizione degli 

impianti più distali, si segnavano altri due punti, 

circa equidistanti, per il posizionamento degli 

ulteriori due impianti (fig. 3). In tal modo si determinava 

con precisione la posizione di quattro 

impianti, con una distanza minima di 6-8 mm tra 

di loro per essere certi di lavorare sempre nella 

zona intraforaminale. 

Si procedeva quindi alla creazione del sito 

implantare con un’unica fresa che, con movimento 

di va e vieni, e sotto abbondante irrigazione, 

veniva spinta solo per metà o due terzi della lunghezza 

finale (fig. 4). 

L’impianto stesso, che è di tipo autofilettante, 

nelle successive manovre di avvitamento provvedeva 

a crearsi la parte più profonda del suo letto, 

assicurandosi contemporaneamente una perfetta 

stabilità primaria. 

L’impianto veniva portato in sede mediante l’utilizzo 

del tappo della confezione stessa (fig. 5) e 

avvitato successivamente con una chiave specifica 

detta “avvitatore digitale” (fig. 6). 

Fig. 1: la distanza tra le superfici mesiali dei primi 

premolari. 

Fig. 1: the distance between the front premolar 

prosthetic teeth. 

100 ◗ 2005 May-Aug;2(1):46 

corresponding sites on the edentulous crest (fig. 2) 

were marked. Between the two spots, where the 

farthest fixtures would subsequently be placed, two 

more were marked, nearly equidistantly and at a 

minimum distance between each other of 6-8 mm, 

for the two remaining implant sites (fig. 3). 

In this way the sites of the four fixtures could be 

properly identified as well as the area undergoing 

surgery. 

The implant site was prepared using only one bur, 

moved backward and forward under abundant 

irrigation with saline solution, reaching half or twothirds 

of the final fixture length (fig. 4). 

Since the fixtures are self-tapping, the subsequent 

screwing procedures for the preparation of the 

alveolus are simplified, and primary stability is 

enhanced. 

The fixture was inserted by means of the cap, 

included in the kit (fig. 5), and subsequently screwed 

up by a hand screw (fig. 6). The latter allowed for a 

quick implant insertion, up to the point when the 

strength applied was felt as no more adequate for the 

implant further advancement. Then, keeping the 

insertion axis steady, a butterfly screw was used, 

with which the implant insertion was almost 

complete (fig. 7), thanks to its shape, that granted 

increased screwing strength. 

The last implant coils were threaded by means of a 

ratchet, until only the implant neck and the ball 

connection come out from the gingiva (fig. 8). A 

careful use of this key is recommended, in order to 

avoid implant neck fracture. The attention of the 

operator in this phase should be addressed to exert 

Fig. 2: la distanza riportata sul mascellare 

inferiore. 

Fig. 2: the distance measured is assessed in situ, 

on the lower jaw. 



Quest’ultimo permetteva una rapida inserzione 

dell’impianto, fino al punto in cui l’operatore avvertiva 

manualmente che la forza applicata non era 

più sufficiente a fare avanzare l’impianto stesso. 

Si procedeva quindi con una chiave a farfalla, che 

consentiva un’inserzione quasi completa (fig. 7), 

grazie alla sua forma che permetteva di applicare 

una maggiore forza di avvitamento, senza variare 

l’asse di inserzione. 

Le ultime spire dell’impianto venivano inserite, 

con l’ausilio della chiave a cricchetto, fino a far 

sporgere dalla mucosa solo la testa sferica ed il 

collo dell’impianto (fig. 8). L’utilizzo di questa chiave 

veniva fatto con cautela, per non rischiare la 

frattura del collo dell’impianto stesso. In questa 

fase l’operatore prestava attenzione all’applicazione 

di forze verticali e assiali, non laterali. 

Infine, si è proceduto secondo le modalità comunemente 

previste per l’inserzione degli impianti, 

Fig. 3: le sedi implantari evidenziate. 

Fig. 3: each implant site is marked on the gingiva. 

Fig. 5: l’impianto nella sua sede. 

Fig. 5: first implant placement. 


vertical and axial forces, rather than lateral ones. 

Eventually, the procedure is the same as that for all 

ordinary implants, and paying particular attention 

parallelism (fig. 9, 10). 

Once the surgical phase was ended, the O-Rings 

were fixed directly, inside the prosthesis, and the 

rehabilitation was completed. 

Before placing the O-Rings, it is mandatory that 

transparent rubber rings (spacers) be placed 

between the implant head and the gingiva, so to 

avoid the formation of any resin undercut that may 

prevent removing the prosthesis (fig. 11). 

O-Rings were marked with inactive silicone (fig. 12), 

so that those areas of the prosthesis that had to be 

subsequently hollowed (corresponding to the 

implant connection), could be quickly recognised 

(fig. 13). 

Once these seats were finished, the prosthesis fit was 

checked again into the mouth (fig. 13, 14). 

Fig. 4: perforazione con un’unica fresa. 

Fig. 4: for the perforation only one bur is necessary. 

Fig. 6: l’avvitamento con la chiave digitale. 

Fig. 6: implant screwed into its site with a hand screw. 




Fig. 7: l’avvitamento con la chiave a farfalla. 

Fig. 7: the implant is screwed into its site with 

a butterfly screw. 

Fig. 9: l’inserzione degli altri impianti. 

Fig. 9: the remaining fixtures are placed. 

Fig. 11: i distanziatori e gli O-Ring posizionati. 

Fig. 11: spacers and O-Ring placed. 

controllando il parallelismo (fig. 9 e 10). 

Terminata la fase chirurgica, si passava subito 

alla fissazione degli O-Ring, all’interno della protesi, 

portando a termine così immediatamente il 

caso. 

102 ◗ 2005 May-Aug;2(1):48 

Fig. 8: l’avvitamento con il cricchetto. 

Fig. 8: the implant is screwed into its site with a ratchet. 

Fig. 10: tutti gli impianti in sede. 

Fig. 10: all implants in site. 

Fig. 12: la testa degli O-Ring segnata con il silicone. 

Fig. 12: the O-Ring heads marked with silicone. 

To match the original occlusion, enough room for the 

new structures coming up from the gingiva had to be 

made. 

Hollowed areas were then filled with self-curing resin; 

the prosthesis was replaced into the mouth, and the 



Fig. 13: i segni lasciati dal silicone all’interno della 

protesi. 

Fig. 13: silicone marks on the inside of the prosthesis. 

Fig. 15: controllo della protesi. 

Fig. 15: the prosthesis on site. 

Prima di posizionare gli O-Ring, è fondamentale 

inserire degli anelli di gomma trasparente (distanziatori) 

tra la testa dell’impianto e la mucosa, per 

impedire che la resina, una volta polimerizzata, 

portandosi in un sottosquadro, impedisca la rimozione 

della protesi (fig. 11). 

Gli O-Ring vanno segnati con del silicone non attivato 

(fig. 12), in modo da rilevare facilmente, all’interno 

della protesi, le zone da scaricare, corrispondenti 

all’emergenza degli impianti (fig. 13). 

La protesi veniva quindi scaricata, creando gli 

appositi alloggiamenti, e riprovata in bocca (figg. 

14 e 15). 

Se l’occlusione era ancora perfettamente corrispondente 

a quella originaria, avevamo creato lo 

spazio sufficiente per le nuove strutture emergenti 

dalla mucosa. 

Le zone scaricate venivano quindi riempite con 

resina a freddo e la protesi veniva riposizionata in 


Fig. 14: la protesi scaricata. 

Fig. 14: the hollows made in the prosthesis. 

Fig. 16: 16: la protesi dopo che sono stati fissati 

gli O-Ring. 

Fig. 16: the prosthesis after the O-Rings are placed. 

Fig. 17: la protesi lucidata. 

Fig. 17: the polished prosthesis. 

patient was asked to clench his teeth, until the resin 

had completely hardened. 

At this point the prosthesis was removed only to be 

finished, polished and eventually returned to the 

patient (fig. 16, 17), who was thus dismissed. 




bocca, invitando il paziente a serrare i mascellari, 

fino alla completa polimerizzazione della resina. 

La protesi, a questo punto con gli O-Ring inglobati, 

veniva rimossa, semplicemente rifinita, lucidata 

e riconsegnata al paziente (fig. 16 e 17). 

RISULTATI E CONCLUSIONI 

Alla fine di un’unica seduta alla poltrona, il paziente 

può uscire dallo studio mantenendo la stessa 

protesi di cui era già portatore, ma con la piacevole 

sensazione di non sentirla più come un 

corpo estraneo e mobile nella sua bocca, ma 

come un adeguato sostituto alla dentatura perduta. 

Pur trattandosi di un vero e proprio atto chirurgico, 

l’estrema semplicità dell’intera procedura 

permette anche a un operatore non particolarmente 

esperto di tecniche implantari di portare 

facilmente a termine l’operazione. Da sottolineare 

inoltre che, per i motivi suddetti (estrema atraumaticità, 

finalizzazione in un’unica seduta), questa 

operazione, secondo la nostra esperienza, risulta 

sempre gradita ai pazienti e gratificante per l’operatore. 

Si può dunque concludere che il sistema 

MDI Sendax rappresenta, per pazienti già portatori 

di protesi totale, una valida alternativa ai sistemi 

implantologici tradizionali, che richiedono un 

costo biologico ed economico sicuramente maggiore. 

Si ringrazia Paolo Francesconi 

104 ◗ 2005 May-Aug;2(1):50 

RESULTS AND CONCLUSIONS 

It is to be stressed that in only one session the patient 

could leave the dental clinic with the prosthesis he 

had been wearing as he entered it, which in the 

meantime had acquired improved stability and fit. 

The procedure described is an extremely simple one 

that can be easily performed even by not longexperienced 

surgeons. Besides, it must be 

emphasised that, being a non-traumatic, single 

session procedure, it is both welcome to patients and 

rewarding to the practitioner. 

Thus, it can concluded that in long-standing 

removable prosthesis patients the MDI Sendax 

system is a valid alternative to traditional implant 

systems, that have a higher biological and economic 

cost. 

Thanks to Paolo Francesconi 

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Mini Impianti Dentali - Maurizio Maggioni

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