AAAspetti teorici - ZyXEL NSA210
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Isomeria<br />
PL - Versione 8.4.2009<br />
Per esercizi e animazioni, consultare il sito:<br />
http://wetche.cmbi.ru.nl/organic/subjmenu.html<br />
http://www.saintmarys.edu/~pbays/Stereochemistry.html<br />
Composti che hanno stessa formula molecolare, ma diversa formula di<br />
struttura vengono detti isomeri.<br />
1 L’atomo di Carbonio<br />
Il carbonio è tetravalente. Può formare legami singoli, doppi o tripli. Solo<br />
attorno a legami singoli vi è una “libera” rotazione.<br />
Figura 1: Geometria dei legami dell’atomo di Carbonio. a) Geometria tetraedrica<br />
b) Attorno a legami singoli tra atomi di Carbonio vi è libera<br />
rotazione c) Doppi legami sono più corti e non permettono una libera<br />
rotazione.<br />
1
2 Isomeri di struttura<br />
Sono isomeri di struttura composti che presentano con la medesima formula<br />
molecolare ma una differente connettività tra gli atomi. Isomeri di struttura<br />
sono sostanze differenti e presentano proprietà fisiche e chimiche differenti.<br />
2.1 Isomeri di catena<br />
Questi isomeri di struttura differiscono nella disposizione degli atomi di<br />
carbonio e presentano generalmente proprietà chimiche e fisiche differenti<br />
ma simili.<br />
C<br />
H 3<br />
butane<br />
CH 3<br />
2.2 Isomeri di gruppo funzionale<br />
C<br />
H 3<br />
CH 3<br />
CH 3<br />
2-methylpropane<br />
Questi isomeri di struttura (pur avendo per definizione la stessa formula<br />
molecolare) presentano gruppi funzionali differenti e hanno generalmente<br />
proprietà chimiche e fisiche abbastanza differenti.<br />
C<br />
H 3<br />
ethanol<br />
OH<br />
2.3 Isomeri di posizione<br />
C<br />
H 3<br />
O<br />
CH 3<br />
dimethyl ether<br />
Questi isomeri di struttura differiscono nella posizione dei gruppi funzionali<br />
nella catena degli atomi di carbonio e presentano generalmente proprietà<br />
chimiche e fisiche abbastanza differenti.<br />
COOH<br />
COOH<br />
COOH<br />
COOH<br />
COOH<br />
COOH<br />
acido ftalico acido isoftalico acido tereftalico<br />
3
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3 Stereoisomeri<br />
Stereoisomeri sono molecole i cui atomi presentano la stessa connettività<br />
(costituzione) ma una differente disposizione spaziale. Vi sono due tipi<br />
principali di stereoisomeria.<br />
3.1 Isomeria conformazionale<br />
Si consideri ad esempio la molecola dell’etano: in conseguenza della rotazione<br />
di un atomo di carbonio (e degli idrogeni ad esso legati) rispetto all’altro<br />
atomo di carbonio, è possibile un numero infinito di strutture che vengono<br />
dette conformazioni (a volte si usano anche i termini: isomeri rotazionali,<br />
rotameri, isomeri conformazionali).<br />
Etano: http://wetche.cmbi.ru.nl/organic/nalkanesconf/ethane/jmindex.html<br />
Butano: http://wetche.cmbi.ru.nl/organic/nalkanesconf/butane/jmindex.html<br />
Isomeri conformazionali possono quindi essere convertiti gli uni negli<br />
altri attraverso semplici rotazioni attorno a legami singoli. In condizioni<br />
normali questa interconversione è talmente rapida che non possono essere<br />
isolati (raccolti separatamente in due bicchieri).<br />
Un altro caso molto importante di isomeria conformazionale riguarda<br />
la molecola di cicloesano (C 6 H 12 ) ed i suoi derivati:<br />
http://wetche.cmbi.ru.nl/organic/cyclohexane/jm/chxjmol.html.<br />
Nella conformazione a sedia gli atomi di idrogeno del cicloesano sono<br />
di due tipi: assiali ed equatoriali. Le figure seguenti mettono in evidenza<br />
questi due tipi di posizione. Una conformazione a sedia può trasformarsi<br />
4
in un’altra conformazione a sedia, nella quale tutti gli atomi di idrogeno<br />
assiali della prima conformazione diventano equatoriali e tutti gli idrogeni<br />
equatoriali diventano assiali. A temperatura ambiente questa interconversione<br />
è rapidissima. In posizione equatoriale i sostituenti hanno più<br />
spazio a disposizione.<br />
http://www.saintmarys.edu/~pbays/Stereochemistry/Cyclohexanes.htm<br />
http://wetche.cmbi.ru.nl/organic/cyclohexane/jm/mecyc.html<br />
3.2 Isomeria configurazionale<br />
Un altro tipo di stereoisomeria prende il nome di isomeria configurazionale.<br />
La configurazione di una molecola descrive la direzione della disposizione<br />
spaziale degli atomi di cui è composta. Consideriamo ora alcuni esempi di<br />
isomeri configurazionali. Le seguenti due molecole di 2-clorobutano hanno<br />
medesima formula molecolare (sono quindi isomeri), medesima costituzone<br />
(sono quindi stereoisomeri) ma differente configurazione! Infatti non<br />
esiste nessuna conformazione di una molecola che sia sovrapponibile all’altra.<br />
Si noti anche come una molecola sia esattamente l’immagine speculare<br />
dell’altra.<br />
Se due arrangiamenti spaziali degli atomi di una molecola sono interconvertibili<br />
semplicemente attraverso una libera rotazione attorno a dei legami<br />
singoli, si parla di conformazioni, altrimenti di configurazioni.<br />
Isomeri configurazionali non possono quindi essere convertiti gli uni ne-<br />
gli altri attraverso semplici rotazioni attorno a legami singoli.<br />
È necessario<br />
rompere e formare nuovi legami. Questo fa sì che gli isomeri configurazionali<br />
possono essere separati e raccolti in bicchieri diversi (contrariamente<br />
agli isomeri conformazionali in condizioni normali).<br />
5<br />
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Figura 2: Sopra: per motivi sterici le conformazioni sfalsate sono più stabili di<br />
quelle eclissate.<br />
Sotto: nei derivati del cicloesano i sostituenti preferiscono assumere<br />
una posizione equatoriale.<br />
Figura 3: Il mentolo ha formula empirica C 10 H 20 O, formula molecolare C 10 H 20 O.<br />
Le seguenti formule di struttura ne specificano di volta in volta la<br />
costituzione (come sono legati gli atomi tra di loro nella molecola), la<br />
configurazione (la disposizione spaziale degli atomi senza tener conto<br />
delle possibili conformazioni) e la conformazione (l’esatta geometria di<br />
una molecola - nel caso in questione si noti la disposizione equatoriale<br />
dei sostituenti dell’anello di cicloesano).<br />
6
Una possibile classificazione degli stereoisomeri configurazionali si basa<br />
sul criterio della sovrapponibilità di un stereoisomero con la sua immagine<br />
speculare. In tale contesto si parla di enantiomeri e diastereoisomeri.<br />
3.2.1 Enantiomeri<br />
Si dicono enentiomeri stereoisomeri (cioè molecole con il medesimo numero<br />
e tipo di atomi e la medesima costituzione) che sono l’uno l’immagine<br />
speculare dell’altro (vedi esempio precedente del 2-clorobutano e figura 4).<br />
Figura 4: Due enantiomeri del 2,3-diclorobutano (non ce ne sono altri: gli enantiomeri<br />
sono sempre e solo a coppie). Nota come uno sia l’immagine<br />
speculare dell’altro.<br />
3.2.2 Diastereoisomeri<br />
Si dicono diastereoisomeri stereoisomeri (cioè molecole con il medesimo<br />
numero e tipo di atomi e la medesima costituzione) che non sono l’uno<br />
l’immagine speculare dell’altro (figura 5).<br />
Figura 5: Sopra: due diastereoisomeri del 2-butene.<br />
Sotto: due diastereoisomeri del 2,3-diclorobutano.<br />
7
4 La chiralità<br />
Oggetti che non possono essere sovrapposti con la loro immagine speculare<br />
vengono detti chirali (dal greco χǫιρ mano).<br />
Figura 6: Due esempi di “oggetti” chirali.<br />
Ma cosa fa si che questi oggetti non siano sovrapponibili con le loro<br />
immagini speculari? Semplicemente la mancanza di simmetria! Un oggetto,<br />
per essere chirale, non deve possedere nessun elemento di simmetria<br />
che abbia a che fare con un centro di inversione o un piano di simmetria.<br />
4.1 Requisiti strutturali<br />
Br<br />
Cl<br />
H<br />
OH<br />
HO<br />
Cl<br />
H<br />
Br<br />
Tutta colpa del tetraedro (ma non solo)!<br />
Un atomo di Carbonio con 4 sostituenti<br />
differenti costituisce un centro stereogeno,<br />
nel senso che dà origine a stereoisomeri. Vi<br />
sono infatti due modi differenti e non equivalenti (due configurazioni) per<br />
disporre 4 sostituenti differenti attorno ad un atomo di Carbonio.<br />
Attenzione: la presenza di centri sterogeni è<br />
una condizione necessaria ma non sufficiente affinché<br />
la molecola risulti chirale. Una molecola<br />
può presentare, ad esempio, due centri stereogeni<br />
H<br />
R<br />
HOOC<br />
HO H<br />
COOH<br />
S<br />
OH<br />
e non essere chirale. In tal caso si parla di forme meso.<br />
C<br />
H 3<br />
CH 3<br />
CH 3<br />
l’osservatore<br />
CH 3<br />
C<br />
H 3<br />
CH 3<br />
CH 3<br />
CH 3<br />
4.2 Descrittori di configurazione<br />
Nelle proiezioni dette di Fischer i legami<br />
orizzontali escono dal piano del foglio<br />
avvicinandosi all’osservatore mentre<br />
quelli verticali si allontanano dal-<br />
I chimici hanno sviluppato delle notazioni particolari per descrivere la configurazione<br />
delle molecole. Si tratta di proposte arbitrarie: di regole per de-<br />
8
scrivere la distribuzione spaziale dei sostituenti attorno a uno stereocentro<br />
(o agli atomi di un doppio legame).<br />
4.3 La convenzione Cahn-Ingold-Prelog (CIP)<br />
L’ordine di priorità dei gruppi legati ad uno stereocentro<br />
(o agli atomi di un doppio legame) è stabilito<br />
sulla base del numero atomico dell’atomo direttamente legato allo<br />
stereocentro: al gruppo in cui tale atomo ha numero atomico più alto è<br />
assegnato l’ordine di priorità maggiore. Qualora non sia possibile fare una<br />
discriminazione sulla base dell’atomo direttamente legato allo stereocentro,<br />
si procede considerando i numeri atomici degli atomi successivi, fino a che<br />
non sia possibile giungere ad una prima discriminazione. Ad esempio, se<br />
su un carbonio chirale sono legati un gruppo metile e un gruppo etile, la<br />
priorità minore spetta al metile (il cui C lega tre H) rispetto all’etile (il cui<br />
C, legato al centro chirale, lega un altro atomo di C).<br />
È importante sottolineare che si deve prendere<br />
in considerazione il punto di discriminazione<br />
più vicino allo stereocentro. Tale attenzione<br />
è necessaria nel caso in cui il ligando<br />
sia ramificato. Ad esempio, nel confronto dei<br />
due gruppi che seguono, il primo ha priorità maggiore dato che è possibile<br />
giungere ad una discriminazione a distanza 3 dallo stereocentro, nonostante<br />
che alla stessa distanza vi sia un atomo (ossigeno) a priorità più elevata<br />
rispetto al carbonio e che nel gruppo 2 su tale atomo sia legato un gruppo<br />
(CH 2 Cl) con priorità maggiore rispetto a CH 3 .<br />
Qualora i ligandi contengano<br />
legami multipli, gli atomi legati<br />
con un doppio legame vengono<br />
considerati entrambi duplicati,<br />
mentre gli atomi legati<br />
con un triplo legame si considerano entrambi triplicati. Questa regola si<br />
applica solo quando non sia possibile giungere ad una discriminazione sulla<br />
base del numero atomico degli atomi successivi al punto di ambiguità. Si<br />
applicherà, ad esempio, nel confronto fra un gruppo aldeidico (o chetonico)<br />
e un gruppo alcolico, ma non nel confronto fra di essi e un gruppo tiolico.<br />
http://www.saintmarys.edu/~pbays/Stereochemistry/ConfigurationsFischer.htm<br />
http://www.saintmarys.edu/~pbays/Stereochemistry/Configurations3D.htm<br />
4.3.1 La convenzione R e S<br />
Una volta che sia stata stabilita la priorità<br />
CIP dei ligandi di uno stereocentro,<br />
si orienta la molecola in modo che il gruppo<br />
a priorità minore sia diretto dalla parte<br />
opposta rispetto all’osservatore e si osserva<br />
la disposizione dei gruppi rivolti verso l’osservatore. Se procedendo<br />
9<br />
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dal ligando a priorità maggiore a quello a priorità minore (passando per<br />
il ligando a priorità intermedia) si deve compiere una rotazione in senso<br />
orario, si assegna allo stereocentro la configurazione R (rectus); viceversa,<br />
se si deve compiere una rotazione in senso antiorario, gli si assegna<br />
la configurazione S (sinister). Si tenga presente che i ligandi della figura<br />
hanno il seguente ordine di priorità decrescente: Br > Cl > CH 3 .<br />
http://www.saintmarys.edu/~pbays/Stereochemistry/Fischer.htm<br />
http://www.saintmarys.edu/~pbays/Stereochemistry/3D.htm<br />
http://www.saintmarys.edu/~pbays/Stereochemistry.html<br />
Figura 7: La convenzione R e S per descrivere la configurazione di un centro<br />
stereogeno.<br />
4.3.2 La convenzione E e Z<br />
Il gruppo di priorità CIP più elevata legato ad<br />
uno degli atomi di C del doppio legame dell’alchene<br />
viene confrontato con il gruppo a priorità<br />
più elevata legato all’altro atomo. Lo stereoisomero<br />
si indica come Z (zusammen = insieme)<br />
se i gruppi giacciono sullo stesso lato del piano di riferimento che passa per<br />
il doppio legame perpendicolarmente al piano contenente i legami che uniscono<br />
i gruppi R agli atomi uniti dal doppio legame; l’altro stereoisomero<br />
è indicato come E (entgegen = opposto). Questi descrittori possono essere<br />
applicati a strutture con doppi legami che coinvolgono atomi diversi dal<br />
carbonio. Non sono invece usati per descrivere correlazioni in anelli sostituiti.<br />
In alcuni casi si utilizzano anche i descrittori cis-trans (vedi figura<br />
8).<br />
5 Come si manifesta la Chiralità in Chimica<br />
Liberamente tratto da H. Hart et al, Chimica organica, Zanichelli, Bologna 2008 VI Ed. cap. 5<br />
Come illustrato nei capitolo precedenti, il concetto di chiralità molecolare<br />
è una logica conseguenza della geometria tetraedrica del Carbonio. Da un<br />
punto di vista storico le cose si sono sviluppate in senso contrario: prima<br />
sono state raccolte delle evidenze sperimentali e poi si è proposto il modello<br />
10
Figura 8: Isomeri cis-trans sono stereoisomeri che differiscono per la posizione<br />
degli atomi (o dei gruppi) relativamente ad un piano di riferimento:<br />
nell’isomero cis gli atomi (o i gruppi) sono sullo stesso lato del piano,<br />
nell’isomero trans sono su lati opposti.<br />
tetraedrico dell’atomo di Carbonio per spiegarle. Vediamo ora di recuperare<br />
almeno in parte questa dimensione sperimentale.<br />
5.1 La luce polarizzata<br />
http://ulisse.sissa.it/chiediAUlisse/domanda/2007/Ucau070320d001/<br />
Un raggio di luce ordinaria è formato da onde che oscillano in tutti i piani<br />
perpendicolari alla direzione di propagazione. Se il raggio attraversa un<br />
materiale adatto, le onde del raggio emergente oscillano in un unico piano.<br />
La luce con questa caratteristica, illustrata nella figura 17, è detta pianopolarizzata,<br />
Un metodo adatto per polarizzare la luce consiste nel farla<br />
passare attraverso un sistema ottico, formato da spato di islanda (carbonato<br />
di calcio cristallino), detto prisma di Nicol (inventato nel l828 dal fisico<br />
inglese William Nicol). Un materiale polarizzatore più moderno è il Polaroid,<br />
inventato dall’americano E.H. Land, nel quale un composto organico<br />
cristallino, opportunamente orientato, è contenuto all’interno di una plastica<br />
trasparente. Gli occhiali da sole, molto spesso, hanno lenti polaroid.<br />
Figura 9: Un raggio di luce AB, che vibra inizialmente in tutte le direzioni, attraversa<br />
una sostanza polarizzante. Questa “filtra” la luce e ne lascia<br />
uscire soltanto una componente.<br />
Un fascio di luce è in grado di attraversare due campioni di materiali<br />
polarizzatori soltanto se i loro assi di polarizzazione sono allineati. Se gli<br />
assi sono perpendicolari, la luce non passa. La figura 10 illustra questo<br />
11
isultato, su cui si basa lo strumento che serve a studiare l’effetto delle<br />
diverse sostanze chimiche sul piano della luce polarizzata.<br />
Figura 10: Questi due dischi di materiale polarizzatore hanno gli assi perpendicolari<br />
tra di loro. Sebbene ogni disco da solo sia trasparente, l’area<br />
in cui si sovrappongono è opaca.<br />
Nella figura 11 è riportato lo schema del polarimetro, il cui funzionamento<br />
è il seguente. Con la luce accesa e il tubo portacampioni vuoto, il<br />
prisma analizzatore viene ruotato in modo che il raggio di luce che è stato<br />
polarizzato dal prisma polarizzatore venga completamente bloccato e il<br />
campo visivo risulti oscurato. Gli assi del prisma polarizzatore e del prisma<br />
analizzatore sono perpendicolari tra loro. A questo punto il campione viene<br />
inserito nel tubo portacampioni. Se la sostanza è otticamente inattiva,<br />
non succederà niente e il campo visivo resterà oscurato. Se invece verrà<br />
messa nel tubo una sostanza otticamente attiva, essa farà ruotare il piano<br />
di polarizzazione e un po’ di luce passerà attraverso l’analizzatore fino all’osservatore.<br />
Ruotando il prisma analizzatore in senso orario o antiorario<br />
l’osservatore può bloccare di nuovo il raggio di luce e riportare il campo al<br />
buio.<br />
Figura 11: Lo schema di un polarimetro.<br />
12
L’angolo di cui l’analizzatore deve essere ruotato in questo esperimento<br />
è detto rotazione osservata, α. Esso è uguale al numero di gradi di cui la<br />
sostanza otticamente attiva ha fatto ruotare il piano della luce polarizzata.<br />
Se l’analizzatore deve essere ruotato a destra (in senso orario), la sostanza<br />
otticamente attiva è detta destrorotatoria (+). Se invece l’analizzatore deve<br />
essere ruotato a sinistra (in senso antiorario), la sostanza e levorotatoria<br />
(−).<br />
5.2 L’attività ottica<br />
La rotazione osservata, α, di un campione di una sostanza otticamente<br />
attiva dipende dalla struttura molecolare, dal numero di molecole della<br />
sostanza contenute nel tubo portacampioni, dalla lunghezza del tubo, dalla<br />
lunghezza d’onda della luce polarizzata e dalla temperatura. Tutti questi<br />
fattori devono essere standardizzati se vogliamo confrontare l’attività ottica<br />
di sostanze diverse.<br />
Già all’inizio del XIX secolo fu osservato sperimentalmente che certe<br />
sostanze pure o in soluzione acquosa sono in grado di ruotare il piano di<br />
polarizzazione della luce (sostanze otticamente attive).<br />
5.2.1 La rotazione specifica<br />
La rotazione specifica, [α], è definita nel modo seguente (legge di Biot -<br />
1774 - 1862):<br />
[α] T α<br />
λ =<br />
l · c (solvente)<br />
dove (attenzione alle unità di misura!):<br />
• α ( ◦ ) è l’angolo letto al polarimetro;<br />
• l (dm) è la lunghezza del tubo portacampioni in decimetri;<br />
• c (g mL −1 ) è la concentrazione in grammi per millilitro;<br />
• T ( ◦ C) è la temperatura della soluzione;<br />
• λ (nm) è la lunghezza d’onda della luce.<br />
Le misure vengono in genere effettuate a temperatura ambiente e la<br />
fonte di luce più comune è la riga D di una lampada a vapori di sodio (λ =<br />
589, 3 nm). Nota l’assomiglianza con la legge di Lambert-Beer: Abs = ǫ·l·c.<br />
Esercizio La canfora è una sostanza otticamente attiva. Un<br />
campione di canfora (1, 5 g), disciolto in etanolo (otticamente<br />
inattivo) fino ad ottenere un volume totale<br />
di 50 mL, viene posto nel tubo portacampioni, lungo<br />
5, 0 cm, di un polarimetro e dà una rotazione osservata<br />
di + 0, 66 ◦ a 20 ◦ C (misurata alla riga D del sodio).<br />
Calcolare la rotazione specifica della canfora.<br />
13
[α] 20 ◦ C<br />
Na =<br />
+ 0, 66 ◦<br />
1, 5 g<br />
0, 5 dm ·<br />
50 mL<br />
5.3 Un modello esplicativo<br />
= + 44 ◦ /(dm · g · mL −1 )<br />
Per scoprire cosa accade alla luce polarizzata linearmente quando passa<br />
in un mezzo chirale, sfruttiamo il fatto che un’onda elettromagnetica polarizzata<br />
linearmente può essere sempre considerata come risultante dalla<br />
sovrapposizione di due onde polarizzate circolarmente di uguale ampiezza,<br />
una destrorsa ed una sinistrorsa (figura 12).<br />
Figura 12: Un’onda elettromagnetica polarizzata linearmente può essere sempre<br />
considerata come risultante dalla sovrapposizione di due onde polarizzate<br />
circolarmente di uguale ampiezza, una destrorsa ed una sinistrorsa.<br />
Da R. Chang, Physical Chemistry, University Science Books,<br />
Sausalto, 2000 pp. 774.<br />
Nel caso di un mezzo chirale attraversato da luce polarizzata<br />
circolarmente (“luce chirale” quindi), accade che il<br />
grado di interazione tra la luce e il mezzo dipendono dalla<br />
chiralità reciproca della luce e del mezzo. In questo caso il<br />
risultato è una rotazione del piano di polarizzazione della<br />
luce. In genere, quindi, soluzioni di un solo enantiomero<br />
o soluzioni con un eccesso di uno dei due enantiomeri presentano attività<br />
ottica, mentre soluzioni con soluti achirali o soluzioni in cui sono presenti<br />
entrambi gli enantiomeri nella medesima concentrazione (una soluzione di<br />
questo tipo è detta racemo) non presentano attività ottica.<br />
5.4 Le proprietà degli enantiomeri<br />
Gli enantiomeri differiscono tra loro soltanto per chiralità, per tutte le altre<br />
proprietà sono composti identici. Pertanto saranno diversi soltanto in quelle<br />
14
proprietà che sono anch’esse chirali.<br />
Gli enantiomeri hanno proprietà achirali identiche, come il punto di<br />
fusione, il punto di ebollizione, la densità e gli spettri divario tipo; così come<br />
sono identiche le solubilità nei comuni solventi achirali. Gli enantiomeri<br />
hanno invece proprietà chirali diverse, e una di queste e la direzione della<br />
rotazione che essi provocano sulla luce piano-polarizzata (in senso orario<br />
o antiorario). Gli enantiomeri, pur facendo ruotare in direzioni opposte<br />
la luce piano-polarizzata, hanno rotazioni specifiche uguali (ma di segno<br />
opposto), in quanto il numero di gradi non è una proprietà chirale. Solo la<br />
direzione della rotazione e una proprietà chirale.<br />
Non esiste una relazione certa tra con configurazione (R o S) e segno<br />
della rotazione (+ o −). L’acido (R)-lattico, per esempio, è levorotatorio.<br />
Se questo acido viene trasformato nel suo estere metilico, la configurazione<br />
resta la stessa, perché nel processo di trasformazione non è coinvolto<br />
alcun legame col centro stereogeno; tuttavia la rotazione ottica, che è una<br />
proprietà fisica del prodotto, cambia disegno (da − diventa +) (figura 13).<br />
Figura 13: Non esista alcuna relazione tra configurazione (R o S) e segno della<br />
rotazione (+ e −).<br />
5.4.1 L’attività biologica degli enantiomeri<br />
Spesso due enantiomeri mostrano proprietà biologiche diverse. I sistemi<br />
biologici sono infatti chirali e quindi discriminano tra i due enetiomeri. Ad<br />
esempio, l’enzima acido lattico deidrogenasi catalizza l’ossidazione dell’acido<br />
(+)-lattico ad acido piruvico, ma non è in grado di catalizzare quella<br />
dell’enantiomero (−) come illustrato in figura riportata di seguito.<br />
Il motivo è da ricercarsi nel fatto che l’enzima è esso stesso chirale e<br />
riesce a distinguere tra molecole di acido lattico destrorse e sinistrorse, non<br />
diversamente da come la mano destra distingue il guanto destro da quello<br />
sinistro.<br />
Gli enantiomeri differiscono in vari tipi di attività biologica: dei due<br />
uno può risultare farmacologicamente attivo, l’altro inattivo. Solo la (−)adrenalina,<br />
ad esempio, è uno stimolante cardiaco; la (+)-adrenalina è inattiva.<br />
Ancora, un enantiomero può essere velenoso, l’altro innocuo; uno può<br />
15
avere proprietà antibiotiche, l’altro essere privo di applicazioni farmacologiche;<br />
uno può fungere da attrattore sessuale di insetti, l’altro risultare<br />
inattivo o addirittura repellente. È evidente dunque che in biologia la<br />
chiralità svolge un ruolo di fondamentale importanza.<br />
5.4.2 La convenzione di Fischer - DL<br />
Per descrivere la configurazione, oltre al<br />
sistema CIP (che utilizza i descrittori RS),<br />
è ancora in uso, soprattutto per gli αamminoacidi<br />
e gli zuccheri la convenzione<br />
di Fischer. Si tratta di una convenzione<br />
arbitraria secondo cui la (+)-gliceraldeide,<br />
oggi nota come (R)-2,3-diidrossipropanale,<br />
fu definita D-gliceraldeide (il suo enantiomero<br />
L-gliceraldeide e il suo racemo DLgliceraldeide)<br />
e fu assunto che avesse la<br />
configurazione assoluta rappresentata dalla<br />
proiezione di Fischer mostrata a lato.<br />
La Natura ha fatto la sua scelta: dei due enantiomeri possibili del glucosio,<br />
ad esempio, si osserva unicamente il D-(+)-glucosio; mentre per gli<br />
α-amminoacidi si riscontrano solo quelli con configurazione L (vedi figura<br />
14).<br />
Figura 14: La convenzione DL per la descrizione della configurazione degli zuccheri<br />
e degli α-amminoacidi. Nella proiezione di Fischer si guarda<br />
dove si trova in gruppo -NH + 3 , rispettivamente il gruppo -OH più<br />
lontano dal gruppo -CHO. L’atomo indicato con il numero 1, in accordo<br />
con le tradizionali regole di nomenclatura, è collocato in cima<br />
alla catena principale, che è disegnata verticalmente, e gli altri gruppi<br />
sono disegnati sull’uno e sull’altro lato della catena principale.<br />
Attenzione: I descrcittori R e S si riferiscono ad un solo centro asimmetrico,<br />
mentre i descrittori D e L caratterizzano un’intera molecola (che<br />
può avere più centri asimmetrici).<br />
16
5.5 La risoluzione dei racemi<br />
La risoluzione di un racemo nei due enetiomeri che lo costituiscono necessita<br />
di un reagente chirale. Come illustrato nella figura 15, in generale<br />
si fanno reagire gli enantiomeri della miscela con un reattivo chirale in<br />
modo da ottenere due diastereoisomeri che, possedendo proprietà fisiche<br />
differenti, potranno essere semplicemente separati (ad esempio tramite cristallizzazione<br />
o distillazione). Dopo aver separato i due diastereoisomeri,<br />
li si possono far reagire in modo da recuperare sia il reagente chirale che i<br />
due enantiomeri.<br />
Figura 15: Protocollo per la risoluzione di un racemo. Nota l’utilizzo di un<br />
reagente chirale e la formazione di diastereoisomeri.<br />
5.6 La mutarotazione del Glucosio<br />
Sperimentalmente si è osservato che il potere rotatorio di diverse “sostanze”<br />
può presentare, in alcuni casi, delle variazioni nel tempo. Più esattamente,<br />
esso tende a stabilizzarsi ad un dato valore, indipendentemente dal valore<br />
manifestato inizialmente.<br />
HO<br />
HO<br />
OH<br />
O<br />
OH<br />
OH<br />
HO<br />
HO<br />
OH<br />
O<br />
OH<br />
α-D-glucosio β-D-glucosio<br />
OH<br />
A poco a poco si scoprì che in casi<br />
del genere la “sostanza” in questione<br />
può presentarsi in realtà in<br />
due (o più) “forme”, ciascuna caratterizzata<br />
da un proprio potere<br />
rotatorio. In soluzione, la “misce-<br />
la” tende ad assumere una composizione percentuale ben definita (il cui<br />
valore dipende dalla sostanza considerata, dal solvente in questione, dalla<br />
temperatura ...). Un esempio di questo tipo è mostrato dal glucosio in<br />
soluzione acquosa. Nella figura 16 è riportata la reazione della conversione<br />
dell’α-D-glucosio in β-D-glucosio in soluzione acquosa.<br />
17
Se il D-glucosio viene cristallizzato da metanolo, si ottiene la forma α<br />
pura. Per cristallizzazione del glucosio da acido acetico, invece, si ottiene la<br />
forma β. Le forme α e β del D-glucosio sono diastereoisomere e, in quanto<br />
tali, hanno proprietà fisiche differenti:<br />
Tfusione ( ◦ C) [α] 20 ◦ C<br />
Na ( ◦ /(dm · g · mL −1 ))<br />
α-D-glucosio 146 + 112<br />
β-D-glucosio 150 + 19<br />
Figura 16: Le formule di struttura dei due anomeri del D-glucosio. L’interconversione<br />
della forma α in quella β viene detta mutarotazione. Nota che<br />
le due forme sono tra di loro diastereoisomere e come tali presentano<br />
proprietà fisiche e chimiche differenti (si utilizza il termine di anomeri<br />
poichè i due stereoisomeri si differenziano per la configurazione in un<br />
solo centro asimmetrico).<br />
5.6.1 L’esperimento<br />
Il fenomeno della mutarotazione dell’α-D-glucosio può essere seguito tramite<br />
un polarimetro. Nella figura 17 è riportata l’apparecchiatura utilizzata.<br />
Nella figura 18 è riportato il grafico dell’andamento dell’angolo di rotazione<br />
osservato in funzione del tempo. Come si vede l’angolo di rotazione<br />
diminuisce progressivamente da circa + 22 ◦ fino a raggiungere un valore di<br />
equilibrio di + 10, 5 ◦ dopo circa 3, 5 h.<br />
Da questi dati e conoscendo le rotazioni specifiche dell’α-D-glucosio e<br />
del β-D-glucosio è possibile determinare la costante di equilibrio per la<br />
reazione di mutarotazione:<br />
18
Figura 17: Polarimetro utilizzato per seguire il fenomeno della mutarotazione del<br />
α-D-glucosio.<br />
ϕϕ (°°))<br />
24.0<br />
22.0<br />
20.0<br />
18.0<br />
16.0<br />
14.0<br />
12.0<br />
10.0<br />
0<br />
2000<br />
angolo rotazione<br />
4000<br />
6000<br />
8000<br />
tempo (s)<br />
Figura 18: Mutarotazione del glucosio. Angolo osservato al polarimetro (lampada<br />
al sodio) per una soluzione ottenuta sciogliendo 10g di α-Dglucosio<br />
in tanta acqua da ottenere 100mL di soluzione. Il portacampioni<br />
misura 20cm. L’esperimento si è svolto a temperatura<br />
ambiente.<br />
19<br />
10000<br />
12000<br />
14000
α-D-glucosio −−⇀<br />
↽−− β-D-glucosio<br />
L’idea di fondo è che ogni diastereoisomero contribuisce in maniera indipendente<br />
alla rotazione osservata (ϕoss) così che questa può essere espressa<br />
con la seguente relazione (dove ϕ0 <br />
α sta per [ϕα] 20 ◦C Na , la rotazione specifica<br />
dell’α-D-glucosio):<br />
ϕoss = ϕα + ϕβ<br />
= ϕ 0 α · cα · l + ϕ 0 β · cβ · l<br />
Abbiamo un’equazione con due incognite: cα e cβ Abbiamo quindi bisogno<br />
di un’altra condizione. Questa ci viene offerta dalla stechiometria<br />
della reazione e può essere formulata nel modo seguente:<br />
cα + cβ = c 0 α<br />
dove c0 α sta a indicare la concentrazione iniziale di α-D-glucosio (all’inizio<br />
dell’esperimento, infatti, nella soluzione non vi era ancora β-D-glucosio).<br />
Riassumendo, abbiamo il seguente sistema di due equazioni con due incognite<br />
(cα e cβ) 1 :<br />
⎧<br />
⎪⎨ ϕoss = ϕ0 <br />
α · cα · l + ϕ0 <br />
β · cβ · l<br />
⎪⎩<br />
cα + cβ = c0 α<br />
Ponendo cβ = c0 α − cα e risolvendo rispetto a cα, otteniamo:<br />
<br />
ϕoss − ϕ<br />
cα =<br />
0 <br />
β · c0 <br />
<br />
l · [ϕ<br />
α · l<br />
0 α] −<br />
<br />
Inserendo i rispettivi valori si ottiene:<br />
<br />
ϕ 0 β<br />
cα = 10, 5 ◦ − 19 ◦ dm −1 g −1 mL · 0, 1 g mL −1 · 2, 0 dm <br />
2, 0 dm · (112 ◦ dm −1 g −1 mL − 19 ◦ dm −1 g −1 mL)<br />
= 0, 036 g mL−1<br />
Per calcolare il numero di equilibrio, dobbiamo trasformare le concentrazioni<br />
come segue 2 :<br />
[α] eq = cα 1<br />
=<br />
c0 1, 0 M · 0, 036 · 103 g L−1 180 g mol−1 [β] eq = cβ 1<br />
=<br />
c0 1, 0 M · 0, 064 · 103 g L−1 180 g mol−1 = 0, 20<br />
= 0, 36<br />
1 Atetnzione: il bilancio deve essere svolto sulle quantità chimiche e non sulle concentrazioni.<br />
Poiché però nel nostro caso il volume della soluzione non varia, possiamo<br />
operare con le concentrazioni.<br />
2 Poiché i due diastereoisomeri hanno la medesima massa molare, questo passaggio<br />
non è necessario. Si potrebbero inserire nell’espressione del numero di equilibrio le<br />
concentrazioni calcolate in g mL −1 .<br />
20
Il numero di equilibrio (impropriamente detto “costante di equilibrio”) vale<br />
quindi :<br />
= 0, 356<br />
= 1, 78<br />
0, 200<br />
Keq = [β] eq<br />
[α] eq<br />
È interessante confrontare il risultato ottenuto con quello che si potrebbe<br />
ottenere utilizzando i potenziali chimici dei due diastereoisomeri coinvolti<br />
nella reazione. Per la reazione di mutarotazione, all’equilibrio deve<br />
valere:<br />
µα, eq = µβ, eq<br />
Considerando l’approssimazione di primo ordine per la dipendenza del<br />
potenziale chimico dalla concentrazione, possiamo scrivere:<br />
e quindi (con ∆µ 0 R = µ0 β − µ0 α):<br />
Keq = [β] eq<br />
[α] eq<br />
µ 0 α,aq + R T ln [α] eq = µ 0 β,aq + R T ln[β] eq<br />
<br />
= exp − ∆µ0 <br />
R<br />
R T<br />
<br />
= exp − −918, 4 · 103 J mol−1 + 917, 0 · 103 J mol−1 8, 31 J K−1 mol−1 <br />
· 298 K<br />
= 1, 76<br />
Come si vede l’accordo è molto buono. Il valore riportato nella letteratura<br />
è 1,75 (Merck Index, 2006).<br />
21
6 Glossario<br />
http://www.scibio.unifi.it/lezioni/stereo/index.html<br />
http://www.scibio.unifi.it/lezioni/stereo/cont.html<br />
Costituzione La costituzione descrive la connettività degli atomi in<br />
una molecola (quale atomo è legato a quale) senza<br />
render conto della loro disposizione nello spazio. Differenze<br />
nella costituzione sono all’origine dell’isomeria<br />
di struttura.<br />
Conformazione La conformazione definisce l’esatta geometria di una<br />
molecola. Descrive la posizione relativa degli atomi<br />
tramite lunghezze di legame, angoli di legami ed angoli<br />
di torsione. La maggior parte delle molecole può<br />
assumere un numero infinito di conformazioni che si<br />
possono interconvertire le une nelle altre tramite rotazioni<br />
attorno a legami singoli (quindi senza rottura di<br />
legami). Alcune conformazioni sono energeticamente<br />
più stabili di altre e quindi anche più rappresentate.<br />
Differenze nella conformazione sono all’origine dell’isomeria<br />
conformazionale (ricorda che tali isomeri, in<br />
condizioni normali, non possono essere isolati).<br />
Configurazione Il termine è riservato all’arrangiamento spaziale degli<br />
atomi di una entità molecolare che contraddistingue<br />
quegli stereoisomeri, la cui isomeria non è dovuta a<br />
differenze di conformazione. Una molecola con una<br />
data configurazione può esistere in infinite conformazioni.<br />
Si passa da una configurazione all’altra solo con<br />
rottura e formazione di legami.<br />
Stereoisomeria Isomeria dovuta al differente arrangiamento spaziale<br />
degli atomi, senza alcuna differenza nella loro interconnessione<br />
o nella molteplicità dei legami. Sono<br />
stereoisomeri, isomeri che hanno identica costituzione,<br />
ma differiscono per l’arrangiamento spaziale dei<br />
loro atomi.<br />
22
Chiralità È la proprietà geometrica di un oggetto rigido (o di un<br />
arrangiamento spaziale di punti o di atomi) di essere<br />
non-sovrapponibile alla propria immagine speculare;<br />
un tale oggetto non ha elementi di simmetria di secondo<br />
genere (non posseggono piani di simmetria o<br />
centri di inversione). La chiralità di un oggetto si<br />
manifesta quando l’oggetto interagisce con un<br />
altro oggetto chirale.<br />
Enantiomeria Due molecole sono enantiomorfe quando sono chirali e<br />
stanno tra di loro come le rispettive immagini speculari.<br />
Gli enantiomeri sono chirali per definizione. Enantiomeri<br />
possono essere distinti solamente in un ambiente<br />
chirale. Hanno invece proprietà achirali identiche<br />
come il punto di fusione, la densità, gli spettri di<br />
vario tipo, così come la solubilità in solventi achirali.<br />
Diastereoisomeria I diastereoisomeri sono stereoisomeri che non sono uno<br />
l’immagine speculare dell’altro. Non tutti i diastereoisomeri<br />
sono chirali (esempio: stereoisomeri geometrici<br />
cis e trans). I diastereoisomeri sono caratterizzati<br />
da proprietà chimico-fisiche diverse e da alcune differenze<br />
nel comportamento chimico, sia verso reagenti<br />
achirali, sia verso reagenti chirali.<br />
Attività ottica Il campione di un materiale capace di ruotare il piano<br />
di polarizzazione di un raggio di luce linearmente<br />
polarizzata che lo attraversa, viene detto otticamente<br />
attivo o dotato di attività ottica. La capacità di ruotare<br />
il piano della luce polarizzata è la caratteristica<br />
distintiva classica dei sistemi contenenti quantità diseguali<br />
dei rispettivi enantiomeri. Un enantiomero che<br />
provoca una rotazione in senso orario (osservata nella<br />
direzione del fronte di avanzamento del raggio luminoso)<br />
si definisce destrogiro e il suo nome chimico o<br />
la sua formula sono designati con il prefisso (+); uno<br />
che provoca una rotazione in senso opposto si definisce<br />
levogiro e si designa con il prefisso (−).<br />
23
Racemo Miscela equimolare di una coppia di enantiomeri. Un<br />
racemo non mostra attività ottica. Il nome chimico<br />
o la formula di un racemo si distingue da quello degli<br />
enantiomeri per mezzo del prefisso (±)- o rac- o<br />
mediante i simboli RS e SR.<br />
Meso-composto Termine per indicare il membro(i) achirale(i) di un<br />
insieme di diastereoisomeri che include anche uno o<br />
più membri chirali (vedi figura 19).<br />
Figura 19: Esempi di meso-composti. Esistono quattro pentitoli<br />
(alcoli polifunzionali con 5 funzioni -OH) con struttura<br />
CH 2 OH−(CHOH) 3 −CH 2 OH, di cui solo due sono otticamente<br />
attivi: la coppia di enantiomorfi D- e L-arabitolo. Gli altri due,<br />
adonitolo (o ribitolo) e xilitolo, sono otticamente inattivi, essendo<br />
meso-composti.<br />
Ecco di seguito alcuni fatti legati alla chiralità:<br />
• Due enetiomeri non possono essere tra di loro diastereoisomeri.<br />
• Un molecola chirale ha per definizione un solo enantiomero (gli enantiomeri<br />
sono sempre a coppie), mentre può avere più diastereoisomeri.<br />
• Tutti gli enantiomeri sono chirali ma non tutti i diastereoisomeri sono<br />
chirali.<br />
• Non esiste una relazione univoca tra configurazione (R o S) e segno<br />
della rotazione specifica (+ o −): l’acido (R)-lattico ha un [α] 25 ◦C D di<br />
−3, 33◦ mentre l’enantiomero (S)-lattico un [α] 25 ◦C D di +3, 33◦ .<br />
• Un cambiamento di conformazione non muta né la configurazione, né<br />
la costituzione di una molecola.<br />
24
• Nella sintesi di una sostanza chirale partendo da:<br />
- reagenti achirali<br />
- catalizzatori achirali<br />
- solventi achirali<br />
si ottiene un racemo.<br />
• Spesso due enantiomeri mostrano proprietà biologiche diverse. I sistemi<br />
biologici sono infatti chirali e quindi discriminano tra i due<br />
enetiomeri. Ad esempio, l’enzima acido lattico deidrogenasi catalizza<br />
l’ossidazione dell’acido (+)-lattico ad acido piruvico, ma non è in<br />
grado di catalizzare quella dell’enantiomero (−):<br />
Figura 20: Un enzima, essendo chirale, interagisce in maniera differente con i<br />
due enantiomeri. Nota che i due complessi enzima-enantiomero<br />
sono tra di loro diastereoisomeri e come tali presentano proprietà<br />
chimico-fisiche differenti.<br />
25
7 Gli esperimenti di Pasteur<br />
Il grande scienziato francese Louis Pasteur (1822-<br />
1895) fu il primo a capire che l’attività ottica è<br />
legata a ciò che noi oggi chiamiamo chiralità. Egli<br />
dedusse che tra le molecole della stessa sostanza<br />
che ruotano il piano della luce polarizzala di angeli<br />
uguali, ma in direzioni opposte, esiste la stessa<br />
relazione che intercorre tra un oggetto e la sua immagine<br />
speculare non sovrapponibile (formano una<br />
coppia di enantiomeri). Ecco come arrivò a questa<br />
conclusione.<br />
Pasteur, operando alla metà del diciannovesimo secolo in Francia, un<br />
paese famoso per l’industria del vino, era consapevole del fatto che due<br />
acidi isomeri si depositano nelle botti durante la fermentazione: l’acido<br />
tartarico otticamente attivo e destrerotatorio e quello che veniva allora<br />
chiamato acido racemico, otticamente inattivo.<br />
Egli preparò vari sali dei due acidi e osservò che i cristalli del sale<br />
di sodio e ammonio dell’acido tartarico erano asimmetrici (cioè non erano<br />
uguali alla loro immagine speculare); in altre parole quei cristalli avevano la<br />
stessa caratteristica che hanno le mani (la chiralità). Diciamo che i cristalli<br />
erano tutti sinistrorsi.<br />
Quando invece esaminò i cristalli dello stesso sale dell’acido racemico,<br />
si accorse che anch’essi erano chirali, ma che in parte erano sinistrorsi e in<br />
parte destrorsi. I due tipi di cristalli, che erano presenti in quantità uguali,<br />
stavano tra loro nella stessa relazione di un oggetto con la sua immagine<br />
speculare non sovrapponibile. Con l’ausilio di una lente da ingrandimento<br />
e di un paio di pinzette, Pasteur separò accuratamente i cristalli sinistrorsi<br />
dai cristalli destrorsi.<br />
Dopo di che egli condusse un esperimento di importanza fondamentale:<br />
sciolse separatamente i due tipi di cristalli nell’acqua e portò le soluzioni<br />
al polarimetro. Scoprì che entrambe le soluzioni erano otticamente attive<br />
(teniamo presente che aveva ottenuto i cristalli dall’acido racemico, otticamente<br />
inattivo). Una soluzione aveva una rotazione specifica identica a<br />
quella del sale di sodio e ammonio dell’acido tartarico! L’altra aveva una<br />
rotazione specifica uguale, ma di segno opposto. Si doveva trattare dell’immagine<br />
speculare, cioè dell’acido tartarico levorotatorio. Pasteur concluse<br />
correttamente che l’acido racemico non era una sostanza unica, ma una<br />
miscela 50 : 50 degli acidi tartarici (+) e (−). L’acido racemico risultava<br />
otticamente inattivo perché conteneva quantità esattamente uguali dei due<br />
enantiomeri. Definiamo miscela racemica una miscela costituita da parti<br />
uguali (50 : 50) di due enantiomeri; ovviamente una miscela di questo tipo<br />
è otticamente inattiva perché la rotazione di un enantiomero annulla quella<br />
dell’altro.<br />
Pasteur capì che l’attività ottica era dovuta a qualche proprietà insita<br />
nella struttura molecolare degli acidi tartarici e non già nell’edificio cristallino,<br />
in quanto quest’ultimo andava perduto quando i cristalli venivano<br />
26
disciolti nell’acqua, durante le misure di rotazione specifica. Bisognava<br />
però attendere altri 25 anni perché a questi esperimenti venisse data una<br />
spiegazione compiuta in termini di struttura molecolare.<br />
Gli esperimenti di Pasteur sono quasi contemporanei alle teorie che Kekulé<br />
andava elaborando in Germania sulla struttura dei composti organici.<br />
Kekulé era consapevole della tetravalenza del carbonio e nel suoi scritti<br />
(intorno al 1867), così come in quelli del russo A. M. Butlerov (l862) e<br />
dell’italiano E. Paternò (1869), si trovano accenni a una possibile struttura<br />
tetraedrica. Ma soltanto nel 1874 il chimico-fisico olandese J.H. van’t Hoff<br />
(1852-1911) e il francese J.A. Le Bel (1847-1930) avanzarono, simultaneamente<br />
ma indipendentemente, una chiara ipotesi sulla struttura dei composti<br />
del carbonio in grado di spiegare l’attività ottica di alcune molecole<br />
e l’inattività ottica di altre.<br />
I due scienziati conoscevano bene la geometria<br />
dei solidi e sapevano che quattro<br />
oggetti diversi possono disporsi ai vertici<br />
di un tetraedro in due modi diversi. Le<br />
due disposizioni stanno nella stessa relazione<br />
reciproca di un oggetto con la sua<br />
immagine speculare non sovrapponibile. Essi erano anche consapevoli che<br />
le due disposizioni comportano l’esistenza di una forma destrorsa e di una<br />
forma sinistrorsa, nel senso indicato dal disegno.<br />
Avanzarono perciò l’audace ipotesi che le quattro valenze del carbonio<br />
fossero dirette ai vertici di un tetraedro regolare e che le molecole otticamente<br />
attive dovessero contenere almeno un atomo di carbonio legato a quattro<br />
gruppi differenti. L’ipotesi spiegava perché gli acidi tartarici (+) e (−) ruotavano<br />
il piano della luce polarizzata di angoli uguali, ma in senso opposto<br />
(a destra e a sinistra). Le sostanze organiche otticamente inattive dovevano<br />
o essere prive di atomi di carbonio asimmetrici (carboni stereogeni), o<br />
essere miscele 50 : 50 di enantiomeri.<br />
Questa è la storia di come venne scoperta la geometria tetraedrica del<br />
carbonio. La logica attraverso la quale vi si giunse desta grande ammirazione,<br />
specialmente se si tiene conto del fatto che non erano ancora stati<br />
scoperti né l’elettrone né il nucleo atomico e che non si conosceva ancora<br />
quasi nulla sulla natura fisica del legame chimico. Quando avanzarono<br />
la loro ipotesi van’t Hoff e Le Bel erano chimici praticamente sconosciuti;<br />
l’ipotesi verme ridicolizzata da qualche affermato chimico del tempo, ma<br />
ben presto trovò consenso generale. Da allora ha superato tutti ii test di<br />
invalidazione, tanto che oggi può essere considerata una verità di fatto. Nel<br />
1901 van’t Hoff ricevette il premio Nobel per la chimica.<br />
Tratto da Hart et al, Chimica organica, Zanichelli, Bologna, 2008 VI edizione<br />
pp. 144-145<br />
27
8 Enantiomeria e attività biologica<br />
Gli enantiomeri delle molecole chirali possono dare risposte molto diverse,<br />
se ingeriti da organismi viventi. I sapori, gli odori, le proprietà farmacologiche,<br />
le tossicità, le proprietà battericide, fungicide, insetticide e altre<br />
proprietà degli enantiomeri spesso differiscono grandemente. Si possono<br />
citare alcuni esempi: l’amminoacido (R)-asparagina è dolce, mentre l’(S)asparagina<br />
è amara; l’(R)-carvone profuma di menta, mentre l’(S)-carvone<br />
è responsabile dell’aroma del cumino; l’(S)-naprossene è un importante farmaco<br />
antinfiammatorio, mentre il suo enantiomero è una tossina del fegato;<br />
l’(R, R)-cloramfenicolo è un antibiotico, mentre il suo enantiomero è inefficace<br />
contro i batteri; l’(R, R)-paclobutrazolo è un fungicida, mentre il suo<br />
enantiomero è un regolatore della crescita delle piante; l’(R)-talidomide è<br />
un sedativo e un ipnotico, mentre il suo enantiomero è un pericoloso agente<br />
teratogeno.<br />
Come può essere che due molecole strutturalmente tanto simili come<br />
due enantiomeri abbiano attività biologiche così diverse? La risposta va<br />
ricercata nel fatto che l’attività biologica ha inizio quando la molecola di<br />
piccole dimensioni va a legarsi a una molecola recettore dell’organismo vivente,<br />
dando origine a un complesso molecola piccola-ricettore. I recettori<br />
sono usualmente chirali (presenti non in forma racemica); possono essere<br />
proteine, carboidrati complessi o acidi nucleici che si legano bene con uno<br />
soltanto dei due enantiomeri. A causa della diversa forma tridimensionale,<br />
l’(R)-asparagina si lega a un recettore del corpo umano provocando una<br />
sensazione di dolce, mentre l’(S)-asparagina non si lega col medesimo recettore,<br />
bensì con un recettore di forma diversa provocando una sensazione<br />
di sapore amaro.<br />
Si può fare un’analogia tra il legame (chimico) selettivo e il modo con<br />
cui la scarpa sinistra (il recettore) interagisce con i piedi (una coppia di<br />
enantiomeri). Il piede sinistro calza (si lega) nella scarpa confortevolmente<br />
(un tipo di risposta), mentre il piede destro non calza, oppure calza molto<br />
male (un diverso tipo di risposta).<br />
In molti casi un enantiornero di un composto chirale esercita un effetto<br />
benefico, mentre l’altro enantiomero ha un effetto nocivo (il naprossene,<br />
per esempio). Pertanto è diventato sempre più importante che i prodotti<br />
farmaceutici e i prodotti per l’agricoltura chirali siano messi in commercio<br />
sotto forma di enantiomeri singoli e non sotto forma di miscele racemiche.<br />
Questo ha stimolato lo sviluppo di nuovi metodi di sintesi in grado di portare<br />
a un unico enantiomero di una molecola chirale. Un processo del genere<br />
prende il nome di sintesi asimmetrica. Tanto è vero che il premio Nobel<br />
perla chimica del 2001 è stato assegnato a Williatn S. Knowles (Monsanto),<br />
K. Barry Sharpless (Istituto Scripps) e Ryoji Noyori (Università di Nagoya)<br />
per i loro grandi contributi <strong>teorici</strong> e pratici a questo campo di ricerca. La<br />
richiesta di sostanze enantiomericamente pure ha anche portato allo sviluppo<br />
di nuovi metodi di risoluzione per separare gli enantiomeri dalle loro<br />
miscele racemiche.<br />
28
Tratto da Hart et al, Chimica organica, Zanichelli, Bologna, 2008 VI edizione pp.<br />
156.<br />
Un interessante resoconto sulle vicende legate al farmaco Talidomide si trova in<br />
R. Hoffmann, Sein und Schein - Reflexionen über die Chemie, VCH, Weinheim,<br />
1995 pp. 129-138.<br />
Altre curiosità sul comportamento degli enantiomeri si possono trovare nel seguente<br />
articolo: E. Thall, When Drug Molecules Look in the Mirror, Journal of<br />
Chemical Education, 1996 Vol 73 pp 481-484.<br />
29