Sent. n. 597/2012 REPUBBLICAITALIANA IN NOME DEL POPOLO ...

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caso di annullamento del titolo esse sono destinate ad essere travolte anche a prescindere dalla eventuale contestazione giudiziale delle stesse. Così definite le questioni preliminari, il Collegio può passare alla disamina del merito del ricorso. La prima questione da affrontare è quella dell’applicabilità o meno della norma di cui all’art. 21 delle NTA, contestata dalla ricorrente ed affermata dal Comune e dal controinteressato. Al riguardo deve rilevarsi quanto segue. L’ambito territoriale era originariamente classificato come zona D2 a destinazione “artigianale di espansione”, assoggettata a Piano di lottizzazione, P.L. che veniva approvato con la delibera di c.c. n. 17 del 23.6.2000. Successivamente la proprietà richiese di non realizzare detta lottizzazione e di mutare la destinazione d’uso in residenziale, presentando un Programma integrato d’intervento denominato Aquilini. Detto P.I.I. venne quindi approvato dal consiglio comunale di Brione, con la deliberazione n. 12 del 19.6.2008 (cfr. il doc. n. 1 del controinteressato), in espressa variante al PRG. Nella deliberazione n. 12/2008 viene espressamente richiamata la delibera della Giunta provinciale n. 299 del 17.6.2008 con cui è stato dato il parere di compatibilità al Piano territoriale di coordinamento provinciale ex art. 13 della L.R. n. 12/2005. La stessa delibera consiliare n. 12 specifica (cfr. il p. 5 del dispositivo): “di dare atto che nell'attuazione del PII si terrà conto delle prescrizioni, direttive e raccomandazioni contenute nella relazione istruttoria della Provincia di Brescia”. In detta relazione (alla pag. 3) viene precisato (cfr. il doc. n. 8/c depositato dal Comune) che “il comparto oggetto di PII era inserito nel vigente PRG in zona D2 artigianale di espansione già convenzionato, con previsioni insediative su un'estensione complessiva pari a mq. 15.917 con un indice di densità territoriale pari a mc/mq 3,00. La proposta del PPI prevede l'annullamento delle previsioni precedenti e la riclassificazione in zona C1 “residenziale di espansione” con la realizzazione di 8 edifici, a due piani fuori terra, per un volume pari a metri cubi 8000,00 serviti da una nuova strada di penetrazione a cui accede la strada laterale. Non vengono apportate modifiche alla perimetrazione del piano attuativo”. La medesima relazione, alla pag. 8, rileva che : “ dall'analisi delle NTA variate l'altezza massima prevista è di m. 7,5 con due piani fuori terra”. Nella convenzione di lottizzazione stipulata in data 21.7.2008 (doc. n. 6 della ricorrente) viene previsto (a pag. 2) che “i nuovi fabbricati avranno un’altezza limitata a due piani fuori terra”. Dall’esposto quadro risulta evidente che: a) la delibera comunale di approvazione e la susseguente convenzione di lottizzazione non contengono una compiuta disciplina dei parametri edilizi, limitandosi ad approvare il mutamento di destinazione d’uso e gli atti del PII che determinano i parametri urbanistici complessivi; b) la Provincia, nell’accordare il favorevole avviso circa la compatibilità con il PTCP, ha ritenuto espressamente applicabile all’area le disposizioni, in tema di parametri edilizi, dettate dall’art. 21 NTA, disciplinante le zone C. Secondo la ricorrente, l’art. 21 delle NTA non può trovare applicazione al PII Aquilini per un duplice ordine di considerazioni: 1) perché la norma suddetta fa riferimento ad un elenco tassativo di lottizzazioni fra le quali non è ricompresa quella Aquilini; 2) perché l’art. 21 non è stato richiamato nell’atto di approvazione del PII e nella convenzione urbanistica stipulata; Entrambe le argomentazioni non reggono al vaglio critico. Da punto di vista sistematico va rilevato che, per la parte in cui non vengono dettate specifiche disposizioni da parte del PII, debbono necessariamente trovare applicazione - in applicazione del principio di completezza dell’ordinamento, che non tollera la presenza di lacune normative - quelle generali dettate dal PRG.

In tale contesto la circostanza, meramente formale, che il PII Aquilini non sia stato aggiunto, in seguito alla variante, all’elenco di cui all’art. 21 NTA risulta del tutto recessiva rispetto al dato sistematico che richiede che siano determinate le modalità di calcolo dell’altezza Dunque, va affermato che il PII prevede la realizzazione di edifici di due piani fuori terra con altezza massima di m. 7,5. Sotto altro aspetto va rilevato che la circostanza (evidenziata dalla ricorrente) che la costruzione sia stata prevista più a monte, su un'area di sedime quasi pianeggiante, rispetto a quella in declivio individuata dal piano integrato di intervento, non può rappresentare ex se motivo di illegittimità, posto che la convenzione urbanistica espressamente prevede (cfr. lett. F) p. 3 ) che “le connotazioni planimetriche e volumetriche del progetto di lottizzazione allegato sono puramente indicative, è data facoltà alla ditta lottizzante di variare all'interno della propria superficie fondiaria la distribuzione e la tipologia dell'unità abitative rispettando comunque il limite della cubatura massima assegnata e delle altezze dei fabbricati”. Tale profilo può dunque avere rilievo esclusivamente in relazione alla ulteriore doglianza con cui si sostiene che, nella tavola di progetto rassegnata, la situazione dei luoghi antecedentemente all'intervento è stata rappresentata in maniera divergente dalla realtà, indicando un profilo del terreno più elevato di quello realmente esistente, in modo da fare apparire come seminterrato un piano che invece viene realizzato fuori terra (soggiungendosi che ad opere eseguite verrà effettuato un riporto di terreno a monte in modo da rendere interrato il primo piano). In relazione a tale doglianza, va osservato che i volumi che sporgono al di sopra della linea naturale del terreno modificano in modo permanente la conformazione del suolo e dell’ambiente, così incidendo sugli specifici valori urbanistico-edilizi che le prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici in tema di altezza e di volumetria degli edifici sono dirette a tutelare in una visione organica e globale della zona (cfr. TAR Basilicata 9.8.2000 n. 480, Cons. St. Sez. V 29.9.1997 n. 1065). Per costante giurisprudenza, il piano di campagna da assumere come riferimento - al fine di delineare la posizione altimetrica del fabbricato edificando, con i riflessi che ne derivano sul piano della relativa valutazione urbanistica - è quello non alterato da modifiche indotte dall’attività umana, avente scopo edificatorio o colturale (cfr. TAR Catanzaro 8.10.2005 n. 1855). In particolare, è stato rilevato che la quota naturale del terreno o piano di campagna, quale nozione tradizionalmente contemplata dagli strumenti urbanistici, si identifica con il livello dei suoli vergini, residuo finale delle azioni di modellamento naturale, prima di qualsiasi intervento umano ivi compreso l’impianto di coltura (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 8.9.1994 n. 498, TRGA Trento 28.12.2005 n. 403). Il Supremo Consesso Amministrativo ha affermato (cfr. Cons. St. Sez. V 1.7.2002 n. 3589, 21.10.1991 n. 1231, 15.6.2001 n. 3176, 4.8.1986 n. 390, 1.10.1986 n. 481) che sussiste un principio generale in base al quale, salvo che non vi siano esplicite disposizioni in contrario, in tanto i volumi costruiti al di sotto dell’originario piano di campagna non incidono sulla volumetria consentita in quanto il piano di campagna non venga definitivamente alterato dalla costruzione, pervenendo all’espressa conclusione che l’interramento deve intendersi riferito all’originario piano di campagna e non certamente a quello artificiale conseguente a consistenti reinterri (cfr. Cons. St. Sez. V 1.7.2002 n. 3589). Ciò corrisponde a un consolidato orientamento della Cassazione (cfr. ex multis, Cassazione civile, sez. II, 11 marzo 1981, n. 1386), la quale ha affermato che, al fine di stabilire se si siano osservati i limiti di altezza fissati dai regolamenti edilizi, il calcolo relativo va effettuato facendo riferimento al piano di posa dell'edificio, che, eccettuati i casi di una diversa disposizione dello strumento urbanistico locale e della correlazione dell'altezza dei fabbricati alla larghezza delle strade su cui prospettano - coincide con il piano naturale di campagna. In relazione alla censura all’esame va precisato - in relazione all’eccezione, sollevata dalla difesa del controinteressato con la memoria depositata il 13.2.2012, secondo cui la richiesta di accertamento tecnico formulata al riguardo dalla ricorrente non sarebbe ammissibile in quanto

caso di annullamento del titolo esse sono destinate ad essere travolte anche a prescindere dalla<br />

eventuale contestazione giudiziale delle stesse.<br />

Così definite le questioni preliminari, il Collegio può passare alla disamina del merito del ricorso.<br />

La prima questione da affrontare è quella dell’applicabilità o meno della norma di cui all’art. 21<br />

delle NTA, contestata dalla ricorrente ed affermata dal Comune e dal controinteressato.<br />

Al riguardo deve rilevarsi quanto segue.<br />

L’ambito territoriale era originariamente classificato come zona D2 a destinazione “artigianale di<br />

espansione”, assoggettata a Piano di lottizzazione, P.L. che veniva approvato con la delibera di c.c.<br />

n. 17 del 23.6.2000.<br />

Successivamente la proprietà richiese di non realizzare detta lottizzazione e di mutare la<br />

destinazione d’uso in residenziale, presentando un Programma integrato d’intervento denominato<br />

Aquilini.<br />

Detto P.I.I. venne quindi approvato dal consiglio comunale di Brione, con la deliberazione n. 12 del<br />

19.6.2008 (cfr. il doc. n. 1 del controinteressato), in espressa variante al PRG.<br />

Nella deliberazione n. 12/2008 viene espressamente richiamata la delibera della Giunta provinciale<br />

n. 299 del 17.6.2008 con cui è stato dato il parere di compatibilità al Piano territoriale di<br />

coordinamento provinciale ex art. 13 della L.R. n. 12/2005. La stessa delibera consiliare n. 12<br />

specifica (cfr. il p. 5 del dispositivo): “di dare atto che nell'attuazione del PII si terrà conto delle<br />

prescrizioni, direttive e raccomandazioni contenute nella relazione istruttoria della Provincia di<br />

Brescia”.<br />

In detta relazione (alla pag. 3) viene precisato (cfr. il doc. n. 8/c depositato dal Comune) che “il<br />

comparto oggetto di PII era inserito nel vigente PRG in zona D2 artigianale di espansione già<br />

convenzionato, con previsioni insediative su un'estensione complessiva pari a mq. 15.917 con un<br />

indice di densità territoriale pari a mc/mq 3,00. La proposta del PPI prevede l'annullamento delle<br />

previsioni precedenti e la riclassificazione in zona C1 “residenziale di espansione” con la<br />

realizzazione di 8 edifici, a due piani fuori terra, per un volume pari a metri cubi 8000,00 serviti da<br />

una nuova strada di penetrazione a cui accede la strada laterale. Non vengono apportate modifiche<br />

alla perimetrazione del piano attuativo”.<br />

La medesima relazione, alla pag. 8, rileva che : “ dall'analisi delle NTA variate l'altezza massima<br />

prevista è di m. 7,5 con due piani fuori terra”. Nella convenzione di lottizzazione stipulata in data<br />

21.7.2008 (doc. n. 6 della ricorrente) viene previsto (a pag. 2) che “i nuovi fabbricati avranno<br />

un’altezza limitata a due piani fuori terra”.<br />

Dall’esposto quadro risulta evidente che:<br />

a) la delibera comunale di approvazione e la susseguente convenzione di lottizzazione non<br />

contengono una compiuta disciplina dei parametri edilizi, limitandosi ad approvare il mutamento di<br />

destinazione d’uso e gli atti del PII che determinano i parametri urbanistici complessivi;<br />

b) la Provincia, nell’accordare il favorevole avviso circa la compatibilità con il PTCP, ha ritenuto<br />

espressamente applicabile all’area le disposizioni, in tema di parametri edilizi, dettate dall’art. 21<br />

NTA, disciplinante le zone C.<br />

Secondo la ricorrente, l’art. 21 delle NTA non può trovare applicazione al PII Aquilini per un<br />

duplice ordine di considerazioni:<br />

1) perché la norma suddetta fa riferimento ad un elenco tassativo di lottizzazioni fra le quali non è<br />

ricompresa quella Aquilini;<br />

2) perché l’art. 21 non è stato richiamato nell’atto di approvazione del PII e nella convenzione<br />

urbanistica stipulata;<br />

Entrambe le argomentazioni non reggono al vaglio critico.<br />

Da punto di vista sistematico va rilevato che, per la parte in cui non vengono dettate specifiche<br />

disposizioni da parte del PII, debbono necessariamente trovare applicazione - in applicazione del<br />

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generali dettate dal PRG.

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