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Sent. n. 597/2012 REPUBBLICAITALIANA IN NOME DEL POPOLO ...

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ha pronunciato la presente<br />

<strong>Sent</strong>. n. <strong>597</strong>/<strong>2012</strong><br />

R E P U B B L I C A I T A L I A N A<br />

<strong>IN</strong> <strong>NOME</strong> <strong>DEL</strong> <strong>POPOLO</strong> ITALIANO<br />

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia<br />

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso numero di registro generale 474 del 2011, proposto da:<br />

I.S.A. Idrosanitaria Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Antonello Linetti, con domicilio eletto<br />

presso Antonello Linetti in Brescia, via Zima, 1/A;<br />

contro<br />

Comune di Brione, rappresentato e difeso dall'avv. Tarcisio Gitti, con domicilio eletto presso<br />

Tarcisio Gitti in Brescia, p.za Loggia, 5;<br />

nei confronti di<br />

Giuseppe Rossini, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Fontana, Italo Ferrari, Gianfranco<br />

Fontana, con domicilio eletto presso Gianfranco Fontana in Brescia, via Diaz, 28;<br />

per l'annullamento<br />

del permesso di costruire n. 1060/098. prot. n. 142 del 7.5.2009, rilasciato il 12.7.2010, la<br />

successiva segnalazione certificata di inizio attività in variante del 17.12.2010 prot. n. 572/10 e<br />

successive ulteriore integrazione del 21.1.2011, nonché di tutti gli ulteriori atti presupposti,<br />

conseguenti ed esecutivi, ivi compresa la comunicazione in data 21.3.2011 n. 92 prot..<br />

Visti il ricorso e i relativi allegati;<br />

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Brione e di Giuseppe Rossini;<br />

Viste le memorie difensive;<br />

Visti tutti gli atti della causa;<br />

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo <strong>2012</strong> il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i<br />

difensori come specificato nel verbale;<br />

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.<br />

FATTO<br />

Con ricorso notificato il 24.3.2011 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo<br />

giorno 7.4.2011, I.S.A. Idrosanitaria S.P.A. impugna il permesso di costruire rilasciato dal Comune<br />

di Brione a favore di Giuseppe Rossini per la realizzazione di un nuovo edificio monofamiliare in<br />

località Croce, nonché le successive segnalazioni certificata di inizio attività in variante del<br />

17.12.2010 e del 21.1.2011.<br />

La ricorrente articola le seguenti doglianze: “violazione e/o falsa applicazione della normativa<br />

regolamentare. Eccesso di potere per travisamento ed erroneità dei presupposti. Vizio del<br />

procedimento per carenza di istruttoria”, lamentando che il progetto prevede la costruzione di un<br />

edificio fuori terra con altezza di tre piani in luogo dei due consentiti dal PII all’interno del cui<br />

ambito ricade e con un profilo originario dl terreno difforme della realtà.<br />

Il 22.4.2011 si è costituito in giudizio il controinteressato Giuseppe Rossini


In data 29.4.2011 si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Brione, chiedendo il rigetto del<br />

gravame, contestando le argomentazioni in fatto ed in diritto svolte dalla ricorrente e producendo<br />

documentazione.<br />

Il 6.5.2011 il controinteressato ha depositato documenti e memoria con la quale eccepisce la<br />

carenza di interesse a ricorrere della I.S.A. Idrosanitaria S.P.A., l’inammissibilità dell’impugnativa<br />

della SCIA e l’infondatezza delle doglianze articolate.<br />

Alla Camera di consiglio dell’11.5.2011 (ord. N. 480/11) la Sezione ha respinto la domanda<br />

incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, rilevando che, essendo i lavori di<br />

costruzione giunti alla realizzazione del tetto, non vi era più la possibilità di un intervento inibitorio.<br />

In data 7.6.2011 la ricorrente ha depositato istanza istruttoria, chiedendo la nomina di un<br />

verificatore per determinare se vi sia stato o meno riporto di terreno.<br />

Il 24.1.<strong>2012</strong> il controinteressato ha depositato documenti.<br />

In vista della pubblica udienza le parti hanno depositato scritti difensivi con i quali hanno illustrato<br />

le rispettive posizioni.<br />

Alla pubblica udienza del 7.3.<strong>2012</strong> il ricorso è stato trattenuto per la decisione.<br />

DIRITTO<br />

Con il ricorso all’esame, I.S.A. Idrosanitaria S.P.A. impugna il permesso di costruire rilasciato dal<br />

Comune di Brione a favore di Giuseppe Rossini per la realizzazione di un nuovo edificio<br />

monofamiliare in località Croce, nonché le successive segnalazioni certificata di inizio attività in<br />

variante del 17.12.2010 e del 21.1.2011.<br />

In punto di fatto, la ricorrente rappresenta:<br />

1) di essere stata l’originaria proprietaria (unica) di un terreno in comune di Brione oggetto del<br />

piano integrato denominato Aquilini, approvato dall'Amministrazione comunale e in relazione al<br />

quale venne stipulata la convenzione n. 39707 rep.notaio Carini in data 21.7.2008;<br />

2) che nessuna norma specifica del piano integrato d’ intervento stabiliva l'altezza massima, ma le<br />

tavole del piano attuativo approvato riportavano costruzioni con altezza di scala di metri 3 per<br />

ciascun piano quindi con altezza massima di 6 m.<br />

3) di aver venduto, con atto del 22.1.2010, a Rossini Giuseppe la proprietà di un'area edificabile<br />

facente parte del piano integrato aquilini contraddistinta come "lotto 10" con volumetria di<br />

competenza di mc. 790,27;<br />

4) di essere proprietaria di altri lotti della lottizzazione suddetta, tra cui quello confinante alla<br />

proprietà del Rossini, e di essere quindi danneggiata dal mancato rispetto, con l’impugnato<br />

permesso, dell'altezza massima, in quanto viene compromessa la visuale, creata una servitù di<br />

veduta sul fondo e diminuito il soleggiamento;<br />

5) di aver inviato, il 31.1.2011, all'amministrazione comunale una richiesta di riesame,<br />

evidenziando che l'altezza massima consentita dalle norme del piano integrato d’ intervento era di 2<br />

piani fuori terra e di m. 6 di altezza e che non avrebbe potuto trovare applicazione la diversa<br />

normativa del PRG (che prevede l'altezza massima fino a metri 7,50), essendo la disciplina del<br />

piano integrato Aquilini più restrittiva rispetto a quella del PRG.<br />

6) che - dopo un sollecito del proprio legale (con raccomandata in data 9.2.2011) - interveniva in<br />

data 21.3.2011 la nota dell'architetto Daniela Confortini, dell'Ufficio tecnico comunale, con cui si<br />

afferma che il PII è stato approvato in variante al PRG, sicché ad esso deve trovare applicazione<br />

l’art. 21 delle NTA che fissa l’altezza massima in m. 7,5.<br />

Con unico, articolato, motivo di ricorso I.S.A. Idrosanitaria S.P.A. sostiene l’illegittimità del<br />

rilascio del permesso sulla base delle seguenti considerazioni:<br />

a) l’art. 21 delle NTA non può trovare applicazione al PII Aquilini per un duplice ordine di<br />

considerazioni:<br />

a1) perché la norma suddetta fa riferimento ad un elenco tassativo di lottizzazioni fra le quali non è<br />

ricompresa quella Aquilini;


a2) perché l’art. 21 non è stato richiamato nell’atto di approvazione del PII e nella convenzione<br />

urbanistica stipulata;<br />

b) il controinteressato avrebbe presentato tavola grafica dello stato dei luoghi antecedente<br />

l'intervento divergente dalla realtà, indicando un profilo del terreno più elevato di quello realmente<br />

esistente, in tal modo ottenendo che il locale seminterrato in realtà corrisponda ad un piano fuori<br />

terra;<br />

c) che la costruzione è stata progettata più a monte rispetto alle previsioni del piano integrato di<br />

intervento, su un'area di sedime quasi pianeggiante, ciò comporterà che, alla fine dei lavori, verrà<br />

effettuato un riporto di terreno a monte (in buona parte già realizzato) in modo da far apparire come<br />

interrato il primo piano, che nella realtà rispetto all'orografia del terreno è quasi completamente<br />

fuori terra.<br />

Vanno preliminarmente disaminate le eccezioni d’inammissibilità sollevate dalla difesa del<br />

controinteressato.<br />

Sotto un primo profilo viene sostenuto che parte ricorrente sarebbe priva di interesse al ricorso non<br />

avendo fornito prova circa la titolarità delle aree confinanti né riguardo alla sussistenza di ragioni di<br />

pregiudizio alla propria sfera giuridica per effetto della nuova costruzione.<br />

Va precisato che le due questioni sollevate (indicate come carenza d’interesse) attengono più<br />

propriamente: la prima alla legittimazione ad agire e la seconda all’interesse ad agire.<br />

L’eccezione va disattesa.<br />

La giurisprudenza amministrativa risulta consolidata nell’affermare che - in tema di impugnazione<br />

di titoli edilizi rilasciati per la costruzione di un nuovo edificio – sussiste la legittimazione del<br />

soggetto, terzo, che si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla<br />

costruzione, la quale viene quindi a radicare una posizione di interesse differenziata rispetto a quella<br />

posseduta dal quisque de populo. Pertanto, in applicazione del criterio della c.d. vicinitas sono<br />

legittimati coloro che possono lamentare una pregiudizievole alterazione del preesistente assetto<br />

urbanistico ed edilizio per effetto della realizzazione dell'intervento controverso.<br />

Con la conseguenza che, riconosciuta la legittimazione ad agire, la valutazione sull'utilità o meno<br />

dei provvedimenti impugnati al fine di chiederne o meno l'annullamento, non può che essere<br />

rimessa alle determinazioni insindacabili del titolare del diritto all'azione, non potendosi certamente<br />

ritenere insussistente l'interesse alla pronuncia caducatoria sulla base dei contrapposti<br />

apprezzamenti discrezionali delle parti resistenti.<br />

In altri termini, la qualifica giuridica di proprietario di un bene immobile confinante deve di per sé<br />

ritenersi idonea a creare la legittimazione e l'interesse al ricorso, non occorrendo anche la verifica<br />

della concreta lesione di un qualsiasi altro interesse di rilevanza giuridica, riferibile a norme di<br />

diritto privato o di diritto pubblico (cfr. Cons. St., Sez. IV, 31 maggio 2007 n. 2849).<br />

Nella fattispecie all’esame, la perdurante proprietà di terreni nell’ambito del PII da parte della I.S.A.<br />

Idrosanitaria S.P.A. è stata dalla stessa comprovata mediante deposito (cfr. doc. n. 11 del 7.5.2011)<br />

della visura catastale relativa.<br />

Sotto un secondo profilo, il controinteressato contesta l’ammissibilità della proposizione del<br />

gravame annullatorio diretto avverso una SCIA, atteso che non si è in presenza di un atto<br />

amministrativo tacito, ma di atto privato ex lege legittimante l’edificazione, quindi in una situazione<br />

giuridica in ordine alla quale avrebbe potuto richiedersi solamente l’accertamento giudiziale<br />

dell’innefficacia.<br />

Anche tale eccezione va disattesa.<br />

La ricorrente ha proposto impugnazione chiedendo l’annullamento di un atto provvedimentale - il<br />

permesso di costruire rilasciato al Rossini - nonché nei confronti di due successive segnalazioni<br />

certificate di inizio attività. Le SCIA vengono in rilievo in quanto con esse sono state introdotte<br />

alcune varianti in corso d’opera a tale originario titolo edilizio. Da ciò discende che correttamente è<br />

stata richiesto l’annullamento dell’atto autorizzatorio (il permesso di costruire). In ogni caso va<br />

rilevato che, nella fattispecie, le SCIA non costituiscono una autonoma fonte di legittimazione,<br />

essendo destinate a sopravvivere solo in quanto sussista il titolo originario. Da ciò discende che, in


caso di annullamento del titolo esse sono destinate ad essere travolte anche a prescindere dalla<br />

eventuale contestazione giudiziale delle stesse.<br />

Così definite le questioni preliminari, il Collegio può passare alla disamina del merito del ricorso.<br />

La prima questione da affrontare è quella dell’applicabilità o meno della norma di cui all’art. 21<br />

delle NTA, contestata dalla ricorrente ed affermata dal Comune e dal controinteressato.<br />

Al riguardo deve rilevarsi quanto segue.<br />

L’ambito territoriale era originariamente classificato come zona D2 a destinazione “artigianale di<br />

espansione”, assoggettata a Piano di lottizzazione, P.L. che veniva approvato con la delibera di c.c.<br />

n. 17 del 23.6.2000.<br />

Successivamente la proprietà richiese di non realizzare detta lottizzazione e di mutare la<br />

destinazione d’uso in residenziale, presentando un Programma integrato d’intervento denominato<br />

Aquilini.<br />

Detto P.I.I. venne quindi approvato dal consiglio comunale di Brione, con la deliberazione n. 12 del<br />

19.6.2008 (cfr. il doc. n. 1 del controinteressato), in espressa variante al PRG.<br />

Nella deliberazione n. 12/2008 viene espressamente richiamata la delibera della Giunta provinciale<br />

n. 299 del 17.6.2008 con cui è stato dato il parere di compatibilità al Piano territoriale di<br />

coordinamento provinciale ex art. 13 della L.R. n. 12/2005. La stessa delibera consiliare n. 12<br />

specifica (cfr. il p. 5 del dispositivo): “di dare atto che nell'attuazione del PII si terrà conto delle<br />

prescrizioni, direttive e raccomandazioni contenute nella relazione istruttoria della Provincia di<br />

Brescia”.<br />

In detta relazione (alla pag. 3) viene precisato (cfr. il doc. n. 8/c depositato dal Comune) che “il<br />

comparto oggetto di PII era inserito nel vigente PRG in zona D2 artigianale di espansione già<br />

convenzionato, con previsioni insediative su un'estensione complessiva pari a mq. 15.917 con un<br />

indice di densità territoriale pari a mc/mq 3,00. La proposta del PPI prevede l'annullamento delle<br />

previsioni precedenti e la riclassificazione in zona C1 “residenziale di espansione” con la<br />

realizzazione di 8 edifici, a due piani fuori terra, per un volume pari a metri cubi 8000,00 serviti da<br />

una nuova strada di penetrazione a cui accede la strada laterale. Non vengono apportate modifiche<br />

alla perimetrazione del piano attuativo”.<br />

La medesima relazione, alla pag. 8, rileva che : “ dall'analisi delle NTA variate l'altezza massima<br />

prevista è di m. 7,5 con due piani fuori terra”. Nella convenzione di lottizzazione stipulata in data<br />

21.7.2008 (doc. n. 6 della ricorrente) viene previsto (a pag. 2) che “i nuovi fabbricati avranno<br />

un’altezza limitata a due piani fuori terra”.<br />

Dall’esposto quadro risulta evidente che:<br />

a) la delibera comunale di approvazione e la susseguente convenzione di lottizzazione non<br />

contengono una compiuta disciplina dei parametri edilizi, limitandosi ad approvare il mutamento di<br />

destinazione d’uso e gli atti del PII che determinano i parametri urbanistici complessivi;<br />

b) la Provincia, nell’accordare il favorevole avviso circa la compatibilità con il PTCP, ha ritenuto<br />

espressamente applicabile all’area le disposizioni, in tema di parametri edilizi, dettate dall’art. 21<br />

NTA, disciplinante le zone C.<br />

Secondo la ricorrente, l’art. 21 delle NTA non può trovare applicazione al PII Aquilini per un<br />

duplice ordine di considerazioni:<br />

1) perché la norma suddetta fa riferimento ad un elenco tassativo di lottizzazioni fra le quali non è<br />

ricompresa quella Aquilini;<br />

2) perché l’art. 21 non è stato richiamato nell’atto di approvazione del PII e nella convenzione<br />

urbanistica stipulata;<br />

Entrambe le argomentazioni non reggono al vaglio critico.<br />

Da punto di vista sistematico va rilevato che, per la parte in cui non vengono dettate specifiche<br />

disposizioni da parte del PII, debbono necessariamente trovare applicazione - in applicazione del<br />

principio di completezza dell’ordinamento, che non tollera la presenza di lacune normative - quelle<br />

generali dettate dal PRG.


In tale contesto la circostanza, meramente formale, che il PII Aquilini non sia stato aggiunto, in<br />

seguito alla variante, all’elenco di cui all’art. 21 NTA risulta del tutto recessiva rispetto al dato<br />

sistematico che richiede che siano determinate le modalità di calcolo dell’altezza<br />

Dunque, va affermato che il PII prevede la realizzazione di edifici di due piani fuori terra con<br />

altezza massima di m. 7,5.<br />

Sotto altro aspetto va rilevato che la circostanza (evidenziata dalla ricorrente) che la costruzione sia<br />

stata prevista più a monte, su un'area di sedime quasi pianeggiante, rispetto a quella in declivio<br />

individuata dal piano integrato di intervento, non può rappresentare ex se motivo di illegittimità,<br />

posto che la convenzione urbanistica espressamente prevede (cfr. lett. F) p. 3 ) che “le connotazioni<br />

planimetriche e volumetriche del progetto di lottizzazione allegato sono puramente indicative, è<br />

data facoltà alla ditta lottizzante di variare all'interno della propria superficie fondiaria la<br />

distribuzione e la tipologia dell'unità abitative rispettando comunque il limite della cubatura<br />

massima assegnata e delle altezze dei fabbricati”.<br />

Tale profilo può dunque avere rilievo esclusivamente in relazione alla ulteriore doglianza con cui si<br />

sostiene che, nella tavola di progetto rassegnata, la situazione dei luoghi antecedentemente<br />

all'intervento è stata rappresentata in maniera divergente dalla realtà, indicando un profilo del<br />

terreno più elevato di quello realmente esistente, in modo da fare apparire come seminterrato un<br />

piano che invece viene realizzato fuori terra (soggiungendosi che ad opere eseguite verrà effettuato<br />

un riporto di terreno a monte in modo da rendere interrato il primo piano).<br />

In relazione a tale doglianza, va osservato che i volumi che sporgono al di sopra della linea naturale<br />

del terreno modificano in modo permanente la conformazione del suolo e dell’ambiente, così<br />

incidendo sugli specifici valori urbanistico-edilizi che le prescrizioni dettate dagli strumenti<br />

urbanistici in tema di altezza e di volumetria degli edifici sono dirette a tutelare in una visione<br />

organica e globale della zona (cfr. TAR Basilicata 9.8.2000 n. 480, Cons. St. Sez. V 29.9.1997 n.<br />

1065).<br />

Per costante giurisprudenza, il piano di campagna da assumere come riferimento - al fine di<br />

delineare la posizione altimetrica del fabbricato edificando, con i riflessi che ne derivano sul piano<br />

della relativa valutazione urbanistica - è quello non alterato da modifiche indotte dall’attività<br />

umana, avente scopo edificatorio o colturale (cfr. TAR Catanzaro 8.10.2005 n. 1855).<br />

In particolare, è stato rilevato che la quota naturale del terreno o piano di campagna, quale nozione<br />

tradizionalmente contemplata dagli strumenti urbanistici, si identifica con il livello dei suoli vergini,<br />

residuo finale delle azioni di modellamento naturale, prima di qualsiasi intervento umano ivi<br />

compreso l’impianto di coltura (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 8.9.1994 n. 498, TRGA Trento<br />

28.12.2005 n. 403).<br />

Il Supremo Consesso Amministrativo ha affermato (cfr. Cons. St. Sez. V 1.7.2002 n. 3589,<br />

21.10.1991 n. 1231, 15.6.2001 n. 3176, 4.8.1986 n. 390, 1.10.1986 n. 481) che sussiste un principio<br />

generale in base al quale, salvo che non vi siano esplicite disposizioni in contrario, in tanto i volumi<br />

costruiti al di sotto dell’originario piano di campagna non incidono sulla volumetria consentita in<br />

quanto il piano di campagna non venga definitivamente alterato dalla costruzione, pervenendo<br />

all’espressa conclusione che l’interramento deve intendersi riferito all’originario piano di campagna<br />

e non certamente a quello artificiale conseguente a consistenti reinterri (cfr. Cons. St. Sez. V<br />

1.7.2002 n. 3589).<br />

Ciò corrisponde a un consolidato orientamento della Cassazione (cfr. ex multis, Cassazione civile,<br />

sez. II, 11 marzo 1981, n. 1386), la quale ha affermato che, al fine di stabilire se si siano osservati i<br />

limiti di altezza fissati dai regolamenti edilizi, il calcolo relativo va effettuato facendo riferimento al<br />

piano di posa dell'edificio, che, eccettuati i casi di una diversa disposizione dello strumento<br />

urbanistico locale e della correlazione dell'altezza dei fabbricati alla larghezza delle strade su cui<br />

prospettano - coincide con il piano naturale di campagna.<br />

In relazione alla censura all’esame va precisato - in relazione all’eccezione, sollevata dalla difesa<br />

del controinteressato con la memoria depositata il 13.2.<strong>2012</strong>, secondo cui la richiesta di<br />

accertamento tecnico formulata al riguardo dalla ricorrente non sarebbe ammissibile in quanto


avente ad oggetto lo stato di fatto e non già la legittimità del provvedimento che è l’oggetto del<br />

presente giudizio – quale deve essere l’esatta portata dell’accertamento da compiersi.<br />

Invero, non v’è dubbio che eventuali opere realizzate difformemente rispetto al provvedimento che<br />

abilita a costruire costituiscono eventualmente abusi edilizi, ma non possono certo incidere sulla<br />

legittimità del titolo edilizio. Peraltro, nel caso all’esame la ricorrente contesta anche una non<br />

veritiera rappresentazione dello stato dei luoghi prima dell’edificazione, quindi un elemento del<br />

permesso di costruire che viene fatto oggetto d’impugnazione, il che consente di eseguire, a tali soli<br />

fini, l’accertamento tecnico relativo.<br />

Ciò premesso, occorre procedere all’effettuazione di una verificazione tecnica ai sensi dell’art. 66<br />

del codice del processo amministrativo per accertare se le tavole progettuali presentate dal<br />

richiedente il permesso di costruire nel rappresentare lo stato di fatto (l’andamento del piano<br />

originario di campagna) prima dell’intervento e la quota d’imposta del fabbricato fossero o meno<br />

conformi allo stato effettivo dei luoghi. A tal fine il verificatore dovrà prendere in esame sia le<br />

tavole allegate al PII sia altri documenti rinvenibili presso l’UTC di Brione, nonché procedere a<br />

rilievi in loco.<br />

Dell’effettuazione della verificazione viene incaricato, ai sensi dell’art. 19 c.p.a., il dirigente<br />

dell’Ufficio tecnico del Comune di Concesio arch. Riccardo Gardoni.<br />

Il verificatore dovrà depositare la propria relazione con allegata la relativa documentazione, entro il<br />

giorno 15.7.<strong>2012</strong>. il predetto presenterà altresì la nota spese relativa all’incarico ai sensi di quanto<br />

previsto dall’art. 66, c.4 del c.p.a.<br />

Resta riservata al definitivo ogni ulteriore questione nel merito e sulle spese.<br />

P.Q.M.<br />

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione<br />

Prima) Non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinte le<br />

eccezioni preliminari e rigettato in parte, nei sensi di cui in motivazione, il motivo di impugnazione,<br />

dispone l’effettuazione di una verificazione ex art. 66 c.p.a. (nei sensi di cui in motivazione)<br />

Rinvia per l’ulteriore trattazione alla pubblica udienza del 17.10.<strong>2012</strong>.<br />

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.<br />

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 7 marzo <strong>2012</strong> con l'intervento dei<br />

magistrati:<br />

Giuseppe Petruzzelli, Presidente<br />

Sergio Conti, Consigliere, Estensore<br />

Carmine Russo, Primo Referendario<br />

L'ESTENSORE<br />

DEPOSITATA <strong>IN</strong> SEGRETERIA<br />

Il 10/04/<strong>2012</strong><br />

IL SEGRETARIO<br />

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)<br />

IL PRESIDENTE

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