C'è una terra promessa - Arcidiocesi di Torino

MDC
SETTEMBRE
2009
PARROCCHIA MADONNA DI CAMPAGNA
MDCnotizie
C’è una terra promessa
Cari parrocchiani e amici,
siamo pronti alla partenza, all’avvio di un nuovo anno di attività e di vita insieme nella comunità parrocchiale
dopo il meritato riposo estivo, segnato dalla calura ma spero anche dal “calore” di legami famigliari
e di amicizia rinsaldati e rafforzati. Ogni inizio è sempre carico di attesa e di speranza, a volte addirittura
di trepidazione quando le novità si presentano numerose e interessanti e, quest’anno lo sono davvero!
La festa della comunità che dà l’avvio ufficiale alle attività della nostra parrocchia sarà all’insegna di
una figura straordinaria: il Cardinal Guglielmo Massaia del quale celebriamo il bicentenario della nascita.
Frate, sacerdote, vescovo, cardinale, uomo capace di segnare la storia che stava vivendo, il cui
impegno missionario io riassumerei in una parola: la ricerca della “terra promessa”. Ha impiegato anni
per poter raggiungere il territorio che gli era stato affidato dal Papa quale luogo della sua missione,
affrontando pericoli di ogni genere. Giunto finalmente in “Alta Etiopia”, dopo una intensa e fruttuosa
attività, ha dovuto subire dolorosi esili e persecuzioni, fino alla sua partenza definitiva per l’Italia dopo
35 anni di missione. Quella terra, tuttavia, è sempre stata all’orizzonte della sua vita. In lui è continuata
la storia del popolo di Israele in cammino verso la terra promessa, in mezzo a difficoltà, pericoli, delusioni
e imprevisti di ogni genere, ma sempre protetto, consolato e guidato da Dio che mantiene la sua
promessa.
È un cammino durante il quale via via si rinsalda quell’Alleanza che troverà il suo compimento in Cristo
Gesù. Ed è così che dobbiamo vedere la comunità cristiana oggi: popolo in cammino verso il Signore e
verso un’umanità vera.
La “terra promessa” per il Massaia era la regione degli Oromo-Galla in Etiopia, luogo di impegno, di annuncio
della parola del Vangelo; per una comunità parrocchiale la “terra promessa” è il quartiere in cui si vive, quella
terra che il Signore ci affida perché la sua Parola possa radicarsi e portare frutto in abbondanza. Madonna di
Campagna è il quartiere nel quale viviamo, che conosciamo bene e per questo ci sembra non ci sia nulla di
nuovo da scoprire, che i volti siano sempre gli stessi e quelli nuovi forse sono guardati con diffidenza. Tocca a
noi allora scoprire le “promesse” che si celano nel nostro ambiente di vita e realizzarle.
Il Cardinal Massaia ha saputo cogliere negli occhi e nel cuore della gente che incontrava, a volte solo giovani
schiavi comprati al mercato, germi e tracce profonde di bene: li ha accolti e fatti crescere con pazienza e
dedizione, senza mai scoraggiarsi dei fallimenti o stancarsi di dover sempre ricominciare daccapo, ponendo
così le basi per la costruzione delle comunità cristiane.
Nel cuore di ogni persona che ci cammina accanto c’è la promessa di un bene che chiede di esternarsi, di portare
frutto, di diventare vita nuova per sé ma soprattutto per gli altri. Che profondità di sguardo ci vuole per saper
riconoscere il bene che alberga nel cuore dell’altro, per individuare i desideri più profondi e autentici che
custodiamo in noi e quale coraggio è necessario per prenderli sul serio e farli fruttificare!
Parlare di “terra promessa” significa guardare in avanti, consapevoli di costruire per il futuro e non per
l’oggi soltanto, poiché i frutti si vedono solo dopo aver coltivato; significa essere capaci di intuire il
bene nascosto che ancora non è venuto alla luce, scommettendo e dunque fidandosi della bontà-provvidenza
di Dio e della bontà del prossimo. La “terra promessa” fiorisce però se alimentata da una sorgente:
la parola del Vangelo annunciato con il linguaggio della gente, con i fatti del quotidiano, con quella
vicinanza che è partecipazione e accoglienza sincera di chi si inserisce nel quartiere e viene a vivere
accanto a noi, senza pregiudizi legati alla provenienza o al colore della pelle. Ricordiamo le parole di
Gesù: “Vi riconosceranno da come vi amerete”.
Sotto questo aspetto il Card. Massaia è stato davvero un gigante: ha saputo inventarsi un modo per trascrivere
in lingua Oromo-Galla i contenuti del catechismo (fatto del tutto nuovo per la chiesa del tempo!) e soprattutto si
è totalmente inserito nelle abitudini di vita della popolazione, diventando modello di chi sa costruire l’integrazione
tra culture, popoli, etnie diverse.
Il suo esempio sia di sprone per tutti noi per iniziare con decisione e slancio questo nuovo tempo insieme,
ponendo come cardini del nostro progetto pastorale l’impegno di evangelizzazione e l’accoglienza reciproca.
Buon cammino … e arrivederci a tutti nei giorni 2-4 ottobre per partire insieme verso una terra carica di
promesse: la comunità cristiana!
il vostro parroco
fr. Michele
Festa della comunità
La festa della comunità non è una data qualunque,
posta ad inizio ottobre semplicemente perché
coincide con l’inizio delle attività del nuovo
anno pastorale ma porta con se significati più
profondi. È il momento in cui possiamo incontrarci
e salutarci dopo la “diaspora” estiva e ribadire
il valore bello e positivo di riprendere insieme
un cammino di fede e di solidarietà, tutte
le componenti parrocchiali insieme, non solo i
vari gruppi, ciascuno al suo interno. È connaturato
con la fede cristiana il camminare insieme
sostenendoci e confermandoci a vicenda nella
sequela di Cristo Signore. Quest’anno ci lasciamo
ispirare da un illustre figlio di San Francesco,
il Cardinal Massaia, che ha iniziato la sua vita
religiosa proprio a Madonna di Campagna.
Sono previsti momenti di incontro a cui siamo
tutti caldamente invitati a partecipare.
Venerdì 2 ottobre
ore21,00 in chiesa: celebrazione del Transito
di san Francesco e presentazione del progetto
pastorale 2009-2010
Sabato 3 ottobre
ore 16,00 in teatro: proiezione del DVD sulla figura
del Cardinal Massaia
ore18,00 Messa festiva di San Francesco
ore19,30 cena insieme in parrocchia (prenotarsi
in Ufficio parrocchiale)
Domenica 4 ottobre
Alle Messe: mandato ai vari gruppi
- Messa ore 8,00 Amici degli ammalati
- Messa ore 10,00 Catechisti, Animatori, Cantoria,
Gruppo sportivo 3G
- Messa ore 11,15 Gruppo famiglie e Gruppi biblici
- Messa ore 18,00 San Vincenzo e Ordine Francescano
Secolare, segue omaggio floreale alla statua
del Massaji (cortile oratorio)
Dalle ore 8,30 alle ore 19 nei cortili dell’oratorio:
- esposizione di materiale missionario, espressione
dell’impegno odierno all’interno del nostro
quartiere: i nostri frati in Capo Verde, le Suore
Cappuccine di Madre Rubatto in Etiopia, un gruppo
di laici in India (sede v. Foligno 14);
- presentazione e vendita materiale riguardante
la vita e l’opera del Massaia;
- allestimento mostra filatelica a tema massaiano;
- allestimento sala video con presentazioni missionarie;
Dalle ore 16 alle ore 19 nei cortili dell’oratorio:
- avvio dell’anno catechistico
- giochi organizzati per ragazzi e famiglie
Dal 3 ottobre per la durata di alcune settimane
in chiesa sarà allestita una mostra sulla figura
del Card. Massaia. Sarà bello visitarla con calma
in orari diversi dalle celebrazioni.

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Guglielmo Massaia
Un umile frate cappuccino… un grande missionario d’Africa e vescovo… un cardinale di
grandi meriti! Un santo?
Quest’ultima nota personale era certamente “un dato assodato” quando 120 anni fa la
notizia della sua morte (avvenuta il 6 agosto 1889 a S. Giorgio a Cremano, Napoli) venne
comunicata a papa Leone XII che, senza alcuna esitazione, esclamò: “E’ morto un santo!”.
E l’Osservatore Romano scriveva: “Con la sua morte sparisce una delle più grandi
figure del Sacro Collegio, uno dei campioni più venerandi della Chiesa, uno degli uomini
più benemeriti dell’umanità”.
Questo giudizio di “santità” era riconosciuta e ribadita da molti suoi contemporanei; posso
qui accennare alle testimonianze rilasciate da alcuni per i quali la Chiesa ha già riconosciuto
la santità: san Giustino de Jacobis (1800-1860), consacrato da Massaia vescovo
e prefetto della Missione di Abissinia; san Daniele Comboni (1831-1881), fondatore
dell’Istituto missionario omonimo e vescovo, che per alcuni
mesi fu suo segretario in uno dei soggiorni massajani in
Francia; e il beato Giuseppe Allamano (1851-1926), che
sempre dichiarò di essersi ispirato all’opera del grande missionario
suo conterraneo nell’ideare l’Istituto dei Missionari
della Consolata.
La consapevolezza della sua santità spinse, fin dal 1914,
ad avviare il processo canonico per la causa di beatificazione;
processo però interrotto bruscamente dopo soli tre
anni e senza addurre alcuna precisa motivazione scritta di
quella decisione.
Dopo un lungo periodo di silenzio (1917-1993), il processo
si è ora riavviato per diretto interessamento di Giovanni
Paolo II e non ci si può che augurare una celere conclusione
che additi “autorevolmente” le virtù eroiche del cardinal
Guglielmo Massaja come modello per il popolo di Dio.
Accantonando la questione dell’iter di beatificazione, in
questo bicentenario della nascita di questo grande missionario
cappuccino piemontese ritengo utile individuare le caratteristiche
della sua spiritualità.
Come afferma fr. Antonino Rosso (massimo conoscitore dell’opera
massajana), troppo spesso dell’intrepido protagonista
di una delle esperienze missionarie di maggior rilievo
e durata (fatiche affidate alle “Memorie” autobiografiche
e all’abbondante e sincero Epistolario), si è solo colto “l’uomo
geniale, intraprendente, costretto a crearsi quasi dal
nulla metodi, lingue, strumenti indispensabili di lavoro,
ad aprirsi vie fino allora sconosciute e a lottare in condizioni
di solitudine quasi disperata”, mentre se ne è sottovalutata,
o addirittura ignorata, la robusta spiritualità, che
“gli permise di trasformare la sua croce pastorale da oggetto-simbolo
in realtà piantata nel suo cuore di apostolo”.
Figlio di Francesco d’Assisi e imitatore dell’apostolo del
vangelo Paolo, da questi due carismi ha tratto il cuore pulsante
del suo ardore missionario. Solo così ci è dato di capire
il perché della sua follia d’amore, dei suoi viaggi massacranti
a piedi scalzi e dell’estrema povertà in cui visse al
solo scopo di annunciare il Vangelo alle genti.
Il suo “far del bene” non fu il risultato dell’intensa attività
di un uomo dai buoni propositi, ma la messa in opera –
sempre in forma eroica – della santità che dimorava nel suo
cuore, totalmente incarnato nel motto paolino “L’amore di Cristo ci spinge”(2 Cor 5,14).
Affine a Paolo di Tarso per temperamento, per stile, per le vicissitudini subite, da lui Massaja
mutuò una forte “spiritualità della Croce”, spesso ribadita da esplicite citazioni dell’apostolo
dei Gentili: “Quando sono venuto tra voi non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza
di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Ritenni infatti di non saper altro in mezzo
a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1 Cor.2, 1-2). “Quanto a me non ci sia altro
vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me
è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6, 14). Al centro di tutta l’azione di Massaja
spicca la Croce di Cristo, da lui definita “il campo delle mie meditazioni”, capace “di
cangiare le mie più dure prove di spirito in un mare di consolazione”.
La croce non resta limitata alle sue personali “meditazioni”, ma viene additata agli altri,
perché anch’essi se ne avvantaggino. E’ quanto emerge dalle lettere della maturità apostolica,
quando Massaia ama congedarsi dai destinatari della sua corrispondenza con
queste frequenti espressioni: “ Ti abbraccio nel S. Crocifisso” (Lettere, I, 164), “abbracciandola
nel S. Crocifisso nostro Gesù” (Lettere, I, 191), “Vi abbraccio nel S. Crocifisso
amore” (Lettere, 1, 255), “abbracciandovi strettamente nel S. Crocifisso, nostra
unica consolazione e conforto” (Lettere, IV, 254), “Lascio tutti e due ai piedi del Crocifisso,
unica nostra speranza” (Lettere, IV, 65).
Va tuttavia notato che, negli scritti anteriori all’esperienza missionaria in terra etiopica, il
Massaja non estrinseca una particolare devozione alla Croce. Questo aspetto essenziale
della sua spiritualità fu certamente segnato dall’incontro con il culto e la devozione di cui
gli Etiopi circondano la Croce. L’Etiopia è terra della Croce e di Maria! La festa nazionale
(che conclude l’anno trascorso e propizia 1’anno nuovo mescolando motivi religiosi,
civili, culturali e folcloristici) è la festa dell’Esaltazione della Croce (“Maskal”); le donne
cristiane abissine recano il tatuaggio della croce in fronte, e i sacerdoti sul dorso delle
mani, mentre in ogni casa cristiana domina il simbolo della Redenzione.
La croce fu per Guglielmo Massaja un segno di vittoria in alcune vicende della sua vita:
MADONNA DI CAMPAGNA
con la Croce riuscì a sottomettere spiritualmente tante anime ostili e a realizzare il paradosso
che gli era tanto caro, ripetuto spesso nei suoi scritti: ogni vittoria divina è la conseguenza
logica di una sconfitta umana. “Se Gesù Cristo è morto, non è morto perché
vinto; ma all’ opposto, quando noi saremo vinti dai nostri nemici ,allora appunto noi
saremo vincitori di essi, ed essi entreranno nelle nostre file” (Memorie, VI, 60-61).
Perseguitato e umiliato, scriveva: “un missionario deve fare almeno due parti: una di
maestro, che è la minima; l’altra da vittima, in supplemento e continuazione del sacrificio
del Calvario”.
Se pure fu vilipeso, il Massaja fu anche molto onorato come attestano le onorificenze
custodite nel “Museo Etiopico ‘G. Massaja’” del convento di Frascati, dove trascorse gli
ultimi anni della sua vita. Tuttavia, la vanità non riuscì mai a sfiorarlo: l’unica decorazione
da lui ambita e ricercata restò sempre e solo la Croce di Cristo sulla quale potersi
offrire vittima per le anime affidate alla sua missione episcopale.
A tal proposito ricordiamo qui il commento lapidario
e secco con cui il vescovo missionario accolse la “Croce
di commendatore dell’Ordine Mauriziano”, conferitagli
dal re d’Italia Vittorio Emanuele II, e ricevuta con indifferenza
alla corte di Menelik 1’8 ottobre 1876. Dopo aver
sottolineato che l’onorificenza non gli era dovuta né l’aveva
in alcun modo sollecitata, conclude: “La Croce, a cui io
avevo qualche diritto, era quella del Calvario pura e netta,
della quale non sono stato degno” (Memorie, V, 229).
Accennando ad altra onorificenza rifiutata, scriveva a un
confratello: “[…] Educato alla scuola del nostro Signore
Gesù Cristo, ed in quella del nostro Serafico Padre S.
Francesco ,come sapete, non soglio riempirmi la pancia
di vento, ma di buon pane macinato e cotto ai piedi della
croce” (Lettere, V,58).
Dotato di temperamento forte, tutt’ altro che arrendevole,
Massaja seppe trovare nel Crocifisso le espressioni più
confacenti per dialogare sia pure con difficoltà, ma con il
dovuto rispetto con i superiori di Roma e la forza di arrendersi
ai loro comandi. In questo Dio umiliato e immolato,
abbandonato pure dal Padre, il missionario circondato dalla
solitudine più totale derivante dall’isolamento geografico
in cui è destinato a vivere, fatto oggetto di incomprensioni
e di accuse, versa tutte le sue amarezze; a Lui chiede
ispirazione, da Lui implora il coraggio che le debilitate forze
fisiche e psichiche non sono più in grado di fornirgli.
Con fedeltà, l’apostolo dei Galla-Oromo rimane appeso alla
croce della sua Missione per trentacinque anni, fino alle dimissioni
definitive presentate a Leone XIII il 23 maggio 1880,
in seguito all’espulsione inflittagli dall’imperatore Johannes
IV d’Etiopia: e ciò “per l’amore e per il sangue di nostro
Signore Gesù Cristo l’unico che mi tiene in questi paesi,
non per altro che per sgravare l’ obbligo di apostolicità
che gravita sopra tutta la Chiesa” (Lettere, IV; 177).
Un’ultima sottolineatura della spiritualità di Guglielmo
Massaja.
Come ogni Cristiano in generale e ogni Etiope in particolare,
egli avvertì lo “struggente richiamo” di Gerusalemme,
dove si reca quattro volte in pellegrinaggio, passando dapprima
attraverso lo stato emotivo del turista devoto e curioso,
poi con 1’anelito dell’asceta desideroso di liberarsi
dalle scorie umane, fino a raggiungere uno stato quasi estatico, polarizzando sempre più
la sua attenzione sul Calvario e sul santo Sepolcro.
Già nella prima visita dell’aprile 1851, prima di avventurarsi per la via del Nilo e raggiungere
definitivamente i suoi Galla-Oromo, scopre il Calvario “dove si celebrò la gran
Messa di cui la nostra non è che una rinnovazione tutta mistica, ma reale”, come luogo
“più fecondo di santi affetti per un sacerdote” (Memorie, I, 181). Da quel primo viaggio
riporta, come souvenir lo storico bastone con 1’impugnatura di radica d’olivo del Getsemani
che lo accompagnerà in tutti gli spostamenti africani per ricordargli, ad ogni passo,
una stazione di via crucis.
Ripensando all’ultima visita alla Città Santa, compiuta nel 1880 ormai esule dall’Etiopia,
e allo svenimento avuto durante la celebrazione eucaristica al Santo Sepolcro, scriverà:
“[…] Bisogna confessare, che [in] una persona che abbia fede, il pensiero del Calvario
produce sempre un effetto che non posso spiegare, e che serve molto a ravvivare il
mio spirito nella meditazione” (Memorie, VI, 364).
Concludo ricordando l’esortazione rivolta a un ex- allievo e scritta nel 1860, in un momento
di particolare difficoltà: “[…] Umiltà, figlio mio, e tutto verrà dietro con la benedizione di
Dio; io credeva di farmi dotto studiando, ma ho veduto che si guadagna [di] più meditando,
e non cose sublimi, no, il Croci/isso. Del resto, figlio mio, io sono sempre quello,
perché Iddio è sempre lo stesso e la sua parola creatrice e ricreatrice dei cuori non si
cangia. Sto occupandomi qui, aspettando che il Padrone mi chiami alla gran cena; il
lavoro che faccio, se piaccia o non piaccia a Dio, non lo so e non mi curo di saperlo,
purché cosciente e volente non faccia ciò che dispiace a Lui, anzi mi sforzi di fare la sua
volontà per quanto so e posso. Dalla mia entrata in questi boschi abbiamo qualche anima
che conosce Iddio, un bel numero mi ha preceduto nel riposo eterno di quelli che prima
non ci pensavano, una certa quantità di Cristiani vi sono che incominciano a temere
Iddio; un raggio di luce evangelica è stato gettato in questi luoghi di tenebre; Iddio farà
il resto, e noi [non] sappiamo nulla di più [...]. (Lettere, II, 239-241). Fr. Rerruccio

MADONNA DI CAMPAGNA
Caritas in Veritate
IMPEGNO POLITICO E SOCIALE DEL CRISTIANO
Nell’ultima riunione di Redazione in preparazione a questo numero del giornale, abbiamo
discusso sul tema della disaffezione nei confronti della politica e del sociale.
Segnali preoccupanti: la gente vota meno (e non solo nei referendum, dove anche
l’astensione potrebbe essere considerata un’espressione di voto…), partecipa meno
alla vita pubblica, è disamorata dai partiti. Perché?
Ci hanno insegnato che l’esempio è la miglior teoria. Quale sempio ci fornisce oggi la
nostra classe politica? Il buon Manzoni avrebbe detto: “Ai posteri l’ardua sentenza!”.
E noi lasciamo ai nostri lettori ogni considerazione.
Non possiamo, in ogni caso, negare che sentiamo forte l’esigenza di una nuova generazione
di laici cristiani che ravvisano la necessità di impegnarsi in politica in prima
persona. E questo impegno deve essere attivo e passivo:non limitarsi al voto ma impegnarsi
a sostenere il candidato votato. Il cattivo esempio che viene dall’alto non può
trovare comprensione o rassegnazione nell’elettore: sarebbe complicità.
Citiamo una dichiarazione del Vescovo di Alba Sebastiano Dho: “Com’è possibile
che molti cristiani (almeno quelli che si dicono tali e ci tengono ad esibire questa
qualità) sostengano in maniera determinante e si glorino di propugnare ed attuare,
quale programma di governo, teorie razziste e xenofobe, chiaramente in diretto contrasto
con i principi evangelici?”. Fare politica è spendersi per gli altri: “amatevi
come io vi ho amato…” (Gv 13,34) è il punto di partenza di ogni cristiano e particolarmente
del cristiano impegnato nel sociale.
Il 29 giugno scorso il Papa ha donato al mondo la sua Enciclica “Caritas in Veritate”.
Questa Lettera va ad incasellarsi nella vastità della dottrina sociale della Chiesa. Dalla
Rerum novarum (Leone XIII, 1891) alla Quadragesimo anno (Pio XI, 1931), dalla
Populorum progressio (Paolo VI, 1967) alle encicliche di Giovanni Paolo II Laborem
exercens (1981), Sollecitudo Rei Socialis (1988) e Centesimus Annus (1991).
Perché il sale cristiano abbia sapore
“Quando fu giorno chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici ai quali diede il nome di
apostoli” (Lc 6,13). Con quali criteri Gesù li scelse? Come li voleva? Quali difficoltà incontrarono?
Quali sorprese ebbero? Gli evangelisti non soddisfano tutte le nostre curiosità ma
possiamo constatare che Gesù ama la diversità e vuole attorno a sé una comunità vivace ed
eterogenea. I dodici sono di provenienza diversa, di professioni diverse: alcuni già avviati ad
una vita spirituale più intensa ed esigente, altri (pescatori o esattore delle tasse come Matteo)
conducevano una vita comune e furono chiamati da Gesù all’improvviso, senza nessuna preparazione
né remota né prossima. Se poi guardiamo i caratteri e le personalità dei dodici la
diversità che emerge è ancora più grande: Pietro impulsivo, irruente, più portato ad agire che
a riflettere, più pronto a promettere che a mantenere le promesse, che cade ma si rialza subito
appena riconosciuto l’errore. Giovanni, il mistico del gruppo, Andrea socievole, generoso,
premuroso, Filippo, semplice, schietto che fatica ad andare oltre il visibile, Tommaso, razionale,
vuole prove tangibili e non rischia senza aver fatto esperienza personale, Giacomo silenzioso
e sempre discreto, Giuda Iscariota dal carattere debole che alla fine tradisce Gesù.
Insomma non sono persone perfette, non sono modelli indiscutibili, ma uomini comuni come
tutti noi con virtù e difetti che a volte litigavano e c’era anche un po’ di concorrenza tra loro
per essere il primo del gruppo. Una cosa però è certa: tutti sono stati attirati dallo stesso Gesù
e ciò li univa e a loro Gesù ha affidato la sua missione.
E allora noi, cristiani di oggi, sappiamo che le nostre diversità, se rimaniamo fedeli a Gesù,
rendono più belle, più ricche, più dinamiche le nostre comunità che non sono costituite da
una ristretta cerchia di iniziati “duri e puri” che mostrano i muscoli: il messaggio cristiano
non è mai stato riservato ad una élite né intellettuale né economica.
Ebbene “sale della terra”, come Gesù ha definito i suoi discepoli non significa considerarsi
migliori degli altri ma testimoniare a viso aperto, non significa rinchiudere e custodire Dio
nel recinto delle opinioni private ed evadere la storia, ma vivere la fede profondamente.
Altrimenti corriamo il rischio di divenire sale che perde il suo sapore, lievito scaduto che
non fa fermentare nulla, di essere lampada incapace di illuminare alcunché.
Per invitare tutti voi, membri di questa nostra comunità di Madonna di Campagna, a costruire
insieme, nelle nostre diversità, la realtà in cui insieme si abita, una realtà “comune”,
che è il contrario di “proprio”, “mio”, “tuo”, ecco una breve presentazione dei gruppi operanti
in parrocchia: coraggio, venite e partecipate, confrontatevi, condividete, troverete
accoglienza, fraternità, solidarietà e nuovi amici:
1) Il Coro, anzi due cori, si propongono di sottolineare il messaggio cristiano che la domenica
ci viene rivolto dalla liturgia. Venite con la vostra voce a dare voce alla preghiera
attraverso il canto.
2) Coro di voci bianche MDC Little Angels: è il gruppo di piccoli cantori che vuole offrire
una formazione musicale permanente ai bambini. Portare i vostri piccoli e impareranno
che il bel canto è un modo meraviglioso di ringraziare e lodare Dio.
3) Oratorio 3G: 20 anni di attività con la squadra di calcio per crescere insieme nei valori
cristiani e nello sport. L’associazione organizza anche feste, uscite, ritiri spirituali, gite,
campi estivi.
4) Oratorio Associazione Emmedici (mondi da costruire): un’organizzazione di giovani che
crescono insieme cercando di assimilare i valori del vangelo attraverso attività educative,
culturali, sportive, ricreative (per es. estate ragazzi, animazione di giochi, campi scuola…).
5) Catechisti Prima Comunione e Cresima impegnati nella trasmissione della fede alle
giovani e giovanissime generazioni.
6) Catechesi familiare: è un cammino di catechesi per fanciulli, in cui tutta la famiglia
accetta di svolgere gli incontri di catechismo a casa con i propri figli.
Sono profondamente mutate le condizioni socio-economiche del mondo a cavallo di
tre secoli e la Chiesa interviene sempre con finalità pastorali, aggiornando la Dottrina
sociale, tenendo sempre al centro dell’interesse la dignità della persona umana.
L’Enciclica benedettina richiama subito nell’introduzione due criteri fondamentali: la
giustizia ed il bene comune. È possibile un futuro migliore per tutti. Bisogna fondare
questo “Sogno” su valori etici: l’essere umano è di fronte a Dio come opera di Dio,
creatura di Dio. Il documento pontificio non mira ad offrire soluzioni tecniche per
tutti i problemi del mondo odierno. Ricorda i grandi principi che si rivelano indispensabili
per costruire lo sviluppo umano nei prossimi lustri.
Al centro di ogni vero progresso c’è l’attenzione alla vita, il rispetto delle libertà ed il
riconoscimento che l’uomo non è l’assoluto artefice del proprio destino. Bisogna avere
una fiducia non illimitata nelle tecnologie, ma illimitata sulle potenzialità umane. Occorrono
uomini retti tanto in politica quanto in economia, uomini attenti al bene comune: qui ci
sono delle urgenze; la fame, la sicurezza alimentare, lo sviluppo agricolo dei paesi poveri.
Benedetto XVI, nell’udienza generale dell’8 luglio 2009, ha presentato la sua Enciclica
alla gente comune radunata in Piazza San Pietro ed ha voluto ricordare che “non deve
mancare la responsabile partecipazione dei cittadini alla politica nazionale e internazionale
(…) ed un rinnovato impegno delle associazioni dei lavoratori chiamati ad
instaurare nuove sinergie a livello locale e internazionale. Un ruolo di primo piano
giocano, anche in questo campo, i mezzi di comunicazione sociale per il potenziamento
del dialogo tra culture e tradizioni diverse.”. Come vediamo siamo tutti coinvolti!
Il Papa, dopo aver ricordato che è necessaria una particolare attenzione alla salute
ecologica del pianeta, esorta ad un dialogo fecondo tra fede e ragione in modo da
incentivare la collaborazione fra credenti e non credenti nella prospettiva di lavorare
per la giustizia e la pace nel mondo ed auspica che i credenti che lavorano nei settori
dell’economia e della politica, avvertano quanto sia indispensabile la loro coerente
testimonianza evangelica nel servizio che rendono alla Società.
Lasciateci concludere con una frase che Benedetto XVI ha scritto nell’ultimo capitoletto
della sua enciclica e che ci ha particolarmente colpito: “Lo sviluppo ha bisogno
di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera…”. Forza,
tocca anche a noi!
Ezio
3
UNA VITA CHE INVITA
Sabato 9 maggio u.s. gli adolescenti dell’ultimo anno di post-cresima, all’interno
di un’attività che li ha coinvolti per 4 settimane, hanno incontrato-intervistato alcuni
volti della parrocchia ponendo loro una domanda: “come state realizzando i vostri
sogni nella comunità parrocchiale?”. Ecco la reazione di alcuni intervistati.
Lo slogan che racchiude il cammino di famiglia è stato: “Una vita che invita”.
Per la prima volta abbiamo avuto il piacere di rappresentare il Gruppo Famiglia attivo presso
la nostra parrocchia, di cui facciamo parte da circa 10 anni. Nel corso dell’incontro con i ragazzi
- che arrivavano presso la nostra postazione (la sala che normalmente utilizziamo per l’incontro
mensile del Gruppo Famiglia) a gruppetti di 3 o 4 e che avevano a disposizione pochi minuti di
tempo - abbiamo avuto modo di confrontarci con loro sul tema del sogno e ripercorrere un
attimo i nostri sogni di adolescenza che rincorrevamo circa 20 anni fa. Ognuno dei ragazzi con
i quali abbiamo interagito ci ha trasmesso e lasciato un sentimento di interesse, curiosità,
attenzione per le nostre parole, tenerezza e ci ha fatto riflettere sull’importanza di ascoltare i
sogni e le domande dei nostri ragazzi. In particolare, ci hanno colpito due domande: “Chi siete?
Cosa fate? Perché siete qui?” domanda senz’altro su cui riflettere, anche solo per la semplicità
della stessa. L’altra domanda interessante che merita un momento di riflessione e per la
contestualità e per la contingenza del momento, che molti di noi stanno vivendo: “Il lavoro
uccide i sogni?”. Vi invitiamo a fermarvi qualche secondo… Questa domanda è la conferma. I
ragazzi desiderano ardentemente essere ascoltati ma, allo stesso tempo, essere indirizzati
verso il futuro, sognare una vita di fede e speranza che sono benissimo in grado di recepire e
realizzare. Vogliamo dire a tutti i ragazzi - già attivi in comunità o non ancora - che la porta degli
amici del Gruppo Famiglia è sempre aperta per un ascolto, per un aiuto, per una condivisione
dei loro sogni. Grazie per averci ricordato i nostri sogni di adolescenti, grazie perché ci avete
fatto sentire importanti e “grandi”.
Gianluca e Monica
7) Amici dei malati tentano di alleviare la solitudine di chi giace infermo a casa con visite
a domicilio per pregare insieme e infondere speranza.
8) Gruppo Famiglie: che fanno un cammino comunitario, pregano e leggono insieme la
Bibbia o approfondiscono argomenti attinenti il Vangelo e la fede vissuta nella coppia e
nella famiglia.
9) Gruppo biblico serale per approfondire la conoscenza di Dio tramite la sua Parola consegnata
agli scritti della Bibbia. In essi ogni credente può risalire agli avvenimenti con cui
Dio è entrato nella storia degli uomini fino a diventare “uno di noi”.
10) Gruppi biblici pomeridiani: sono due e vi prendono parte gli anziani in particolare e si
ritrovano tutte le settimane. I due gruppi sono aperti a tutti.
11) Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli, composta da donne e uomini di buona volontà
che donano tempo ed energie per assistere gli indigenti.
12) Ordine Francescano Secolare, comunità di laici che si sforza di vivere il Vangelo secondo
il carisma di san Francesco nel proprio ambiente di vita.
13) Presenza di numerose vedove, gruppo non ancora costituito, disponibili per la comunità
per servizi e mansioni diverse.
Per informazioni dettagliate troverete il nome dei referenti di ciascun gruppo nei poster
appesi al fondo della Chiesa.
Carla Z.

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...e sono 25!!!
Ebbene sì, sono 25 anni di Lunedì Cultura ottimamente vissuti e, come si suol dire, celebriamo
le nozze d’argento di questi incontri.
Dire Lunedì cultura è dire Padre Mario, binomio inscindibile! Grazie a Padre Mario e ai
suoi collaboratori abbiamo assistito e partecipato agli appuntamenti settimanali, alla presenza
di autorevoli relatori, da cui abbiamo appreso novità, notizie storiche che avevamo
forse dimenticato, curiosità e consigli utili per la nostra salute e per mantenerci in forma a
dispetto degli anni che avanzano.
Paolo Damosso, regista dei filmati della Nova-T, ha magistralmente descritto la figura di
Padre Cortese e suoi collaboratori; di essi abbiamo memoria riverente. Queste persone ci
pongono interrogativi: avremmo noi avuto tanto coraggio da rischiare la vita per salvare
dei nostri fratelli in pericolo? Personalmente sono titubante a dare una risposta veritiera;
facile a parole definirci buoni samaritani, altro è professarlo!
Ricordo, con piacere, la professoressa Pruneddu che ha illustrato il nostro conterraneo
Cesare Pavese, poeta introverso, enigmatico, dibattuto fra dubbi, angosce: i suoi racconti
ambientati nelle colline da lui amate emanano tristezza, l’amarezza dal loro distacco e la
tragica decisione di porre fine alla sua vita.
Il dott. Neirotti ha fatto rivivere la tragedia del terremoto in Abruzzo da lui vissuta in prima
persona pericolosamente; ha descritto situazioni drammatiche delle persone coinvolte, la
disperazione dei sopravvissuti per la morte di famigliari e persone care; gente privata di
tutto; la precarietà del vivere nelle tende, accomunate ad altre, sottratte a quella intimità
che si ha nelle proprie case; ferite che lasceranno tracce indelebili nell’animo di coloro che
le hanno vissute. Queste calamità ci inducono a meditare che l’essere umano, a discapito
delle tecnologie, è un fragile fuscello in balia degli eventi naturali che non riesce a prevedere
né a dominare. Ringraziamo il dott. Neirotti per la sua testimonianza.
Il giorno 12 maggio, in una giornata solatia, a bordo di moderni autobus, la nave di Lunedì
Cultura ha fatto vela diretta alla Certosa di Pesio quale gita finale; nocchiero Padre Alberto,
in assenza di Padre Mario, ma presente in spirito. Al nostro arrivo siamo stati accolti da un
Padre dei Missionari della Consolata a cui affidata la custodia della Certosa; da lui abbiamo
appreso tutte le notizie storiche, la presenza dei monaci nel luogo. Alle ore 12,30 ci è stato
servito un ottimo pranzo, ed un dolce casalingo molto gustoso ed apprezzato da tutti; abbiamo
così rifocillato il corpo, ed in seguito nutrito anche lo spirito con la S. Messa celebrata da
Padre Alberto, allietata da canti e preghiere dei fedeli appropriate alla circostanza.
Alle ore 18 siamo partiti verso casa con l’animo lieto per la giornata trascorsa in gradevole
compagnia delle persone frequentatrici di Lunedì Cultura.
Un grazie particolare a Padre Mario per la scelta del luogo; a Padre Alberto quale nostra
guida spirituale del viaggio.
Bruno
Campi estivi… Che delizia!
Da tempo la nostra parrocchia organizza campi estivi per adolescenti, che anche quest’anno
si sono tenuti a Frassino (in provincia di Cuneo) e che sono gestiti da animatori, frati e
suore, preparati a far divertire nel migliore dei modi i ragazzi.
Per tutti si tratta di un’esperienza unica perché, passando dei giorni insieme, si ha la possibilità
di conoscersi meglio attraverso attività, riflessioni, momenti di preghiera, giochi,
passeggiate e gite nelle verdi vallate del posto.
Una settimana di crescita e di maturazione in un percorso individuale e di gruppo che ha
avuto come filo conduttore il tema So a chi ho dato fiducia! ...Alla scoperta di Davide…
Partendo dalla storia di Davide i ragazzi hanno potuto riflettere ciascuno sulla propria persona
e sul proprio comportamento nei confronti di se stessi e degli altri.
So a chi ho dato la mia fiducia è invece il tema che ha accompagnato il campo degli animatori
e dei catechisti che, guidati da Paolo, si sono confrontati su quanto sia difficile dare fiducia, a
partire dall’esperienza quotidiana: un fatto per nulla immediato né tanto meno scontato. E
questo vale in tutte le relazioni, compresa quella con il Signore. Ecco che allora se iniziassimo
a fidarci di Lui riusciremmo a cogliere la Sua chiamata e a rispondere con gioia, anche
attraverso l’impegno in oratorio che ciascuno di noi porta avanti. A partire da noi stessi, dalle
nostre identità e dai nostri ideali siamo giunti ad analizzare la figura dell’animatore. Cosa
vuol dire davvero essere animatore parrocchiale? Far divertire, far giocare, far crescere, insegnare,
trasmettere un messaggio, prendersi una responsabilità, collaborare… L’animatore
non è quindi semplicemente colui che troviamo a Estate Ragazzi o nelle varie feste durante
l’anno e che fa trascorrere ai ragazzi dei momenti di allegria e di divertimento, ma, più in
generale, chiunque collabori nella realtà parrocchiale. Aspetti talvolta dimenticati ma pur
sempre indispensabili, che alcuni giovani hanno potuto “toccare con mano”.
Per l’anno che sta per iniziare abbiamo in cantiere diverse proposte: oltre a voler far conoscere
tutte le varie componenti della nostra Parrocchia (soprattutto ai più giovani), in generale
è emersa la voglia di aprirsi verso l’esterno, provare nuove esperienze, in modo da
poter approfondire il proprio percorso di crescita umana e cristiana.
Per concludere vorremmo dare un grosso in bocca al lupo a tutti coloro che operano in parrocchia,
ai frati, alle suore e a tutti gli animatori (nel senso più lato del termine), fiduciose che in
questo nuovo anno potranno arrivare diversi e significativi cambiamenti grazie all’apporto di
ciascuno di noi, delle nostre motivazioni e dei tanti progetti.
Ileana e Letizia
Parrocchia Madonna di Campagna
Via Cardinal Massaia 98 - 10147 Torino
Tel 011.229.6917 - Fax 011.253.945
parr.madonna.campagna@diocesi.torino.it - http://parrocchie.diocesi.torino.it/parr028/
Orario ufficio parrocchiale:
Lunedì, martedì, giovedì, venerdì e sabato: ore 17-19, Martedì e venerdì anche 9,30-12
Teatro Cardinal Massaia
Via Cardinal Massaia 104 Torino - Tel. 011.257.881 Fax 011.253.945
www.teatromassaia.it - informazioni@teatromassaia.it
Mdc notizie, Settembre 2009 - Via Cardinal Massaia, 98. Numero in attesa di registrazione
ALLA ALLA ALLA SCOPERTA SCOPERTA SCOPERTA DI DI DI ARENZANO…
ARENZANO…
ARENZANO…
“Arenzano, cosa mai sarà?”. Per coloro cui il nome suona nuovo, esso indica una ridente
cittadina della riviera ligure, a venti chilometri circa a ponente di Genova, scelta quale
meta, il 10 maggio scorso, di pellegrinaggio fraterno cui hanno partecipato di una cinquantina
di nostri parrocchiani. Arenzano ospita, infatti un famoso Santuario, tenuto dai Frati
Carmelitani, dedicato al S. Gesù Bambino di Praga. In esso si venera il mistero
dell’Incarnazione di Gesù attraverso l’Immagine del fanciullo Gesù, magnificamente rivestito
di preziosi paludamenti. La meta distava poco più di due ore da Torino, sicché, per la gioia
di tutti, non s’è dovuto partire troppo presto: verso le 8, giusto per giungere alla meta alle
10 circa del mattino. Viaggio piacevole accompagnato, all’inizio, dalla preghiera delle lodi
mattutine, che hanno immerso tutti i partecipanti nel clima del pellegrinaggio, e allietato
dalla naturale socievolezza dei più, che ha sottratto al parroco l’occasione di proporre dei
giochi preparati in vista di momenti di noia. L’occasione non mancherà, si è detto, anche se
si spera che la noia mai offuschi la gioia di stare insieme.
Giunti al Santuario che sorge su una amena collina sovrastante il paese ed il mare, dopo
una breve visita ai dintorni del Santuario, alle ore 11 si è potuto partecipare alla S. Messa
cantata. A seguire la visita guidata dal solerte P. Vittorino, addetto da anni all’accoglienza
dei pellegrini, al lussureggiante vivaio di piante grasse che ha reso celebre il Santuario e di
cui anche noi abbiamo potuto beneficiare, ricevendo ognuno una pianticella in omaggio. La
comitiva, giunta ormai l’ora propizia delle 12,30, ha iniziato la visita del borgo vecchio
della cittadina, raggiungendo il Ristorante “Parodi”, sito proprio nel carruggio che taglia il
centro e che porta fino al mare. Ivi il corpo con un lauto pranzo e lo spirito con una compagnia
lieta e appagante, hanno trovato soddisfazione sufficiente per permettere di continuare con
lena l’esplorazione delle bellezze del luogo che ci ospitava.
La giornata è continuata, infatti, con la visita, sotto la guida di chi scrive, che ad Arenzano
ha abitato alcuni anni, con una passeggiata all’interno del parco già dei marchesi Negrotto-
Cambiaso, parco comunale, diversi ettari di bosco e giardini, al cui centro sorge il castello,
sede del Municipio. Di lì, passati al non lontano lungomare, si è presa visione della parte
più turistica della città, in procinto di prepararsi per la stagione balneare, fino al momento
di ripartire, stanchi per il lungo peregrinare, ma contenti dell’esperienza, soprattutto del
godere insieme del bello e del bene. fr. Alberto
• QUALE CATECHISMO?
Chi di voi ricorda ancora il primo libro di catechismo? Il mio aveva la copertina bianca. Si
intitolava “Io sono con voi” e si apriva con la frase “Io vi ho chiamato per nome”. Erano gli
anni ‘70 e la catechista era la mia mamma. La lezione si chiamava “incontro” e il compito
settimanale si chiamava “impegno”. I miei genitori invece ricordano che non andavano a
catechismo, ma a “dottrina”. Dovevano saper rispondere a domande come “Chi è Dio?” con
la risposta imparata a memoria “Dio è l’Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e
della terra” perché venivano interrogati come a scuola.
E oggi? Beh, oggi, quando i bimbi compiono 7 o 8 anni i genitori si recano nelle proprie
parrocchie di zona e li iscrivono al primo anno di catechismo. Un’ora alla settimana trascorsa
presso i locali parrocchiali con altri coetanei e un catechista – che può essere una suora, un
sacerdote o un laico/a – e durante la quale si impara a conoscere Gesù. I bimbi hanno a
disposizione libri proposti dalla CEI, in linea con le esigenze moderne, ricchi di immagini
e giochi, per renderne forse meno pesante e più accattivante il messaggio.
Portare i propri figli a catechismo è un impegno oneroso: per noi adulti perché sovente si
aggiunge in agenda a elenchi già infiniti di appuntamenti lavorativi, scolastici, sportivi e
medici, ma lo è ancora di più per i bimbi che, dopo 8 ore di scuola, hanno naturalmente
voglia di giocare e svagarsi.
Parroci e catechisti si interrogano da tempo sul modo migliore di passare la fede ai bambini.
Negli ultimi anni alcune parrocchie della diocesi di Torino hanno proposto alle famiglie percorsi
catechistici alternativi a quello tradizionale. Anche Madonna di Campagna, per il quarto anno
consecutivo, condivide il nuovo progetto e propone ai bambini che si iscriveranno al primo anno
di catechismo un nuovo tipo di cammino che consiste nel rendere le famiglie più partecipi al
percorso formativo del proprio figlio e le coinvolge in prima persona. Il catechismo familiare
prevede che genitori e figli scoprano insieme chi è Gesù. In altre parole, i genitori passano la
fede ai propri bambini nel vivere quotidiano. Se Gesù troverà un posto nella vita di tutti giorni
dei genitori, allora sarà più presente anche nella vita di tutta la famiglia.
Ma cosa vuol dire nella pratica seguire un cammino di catechismo familiare? Per esempio,
l’ora che nel catechismo tradizionale coinvolge solo i bambini, in quello familiare diventa un
momento di incontro non solo per loro, ma anche per i genitori. Se nel catechismo tradizionale
gli anni di formazione per raggiungere la “meta” della comunione sono 2 più altri 3 per la
cresima, nel catechismo familiare i bambini riceveranno entrambi i sacramenti dopo 4 anni di
formazione. Inoltre, nel catechismo familiare l’incontro si svolge circa una volta al mese e
non settimanalmente. Come nel catechismo tradizionale anche in quello familiare esiste la
figura del catechista accompagnatore, il cui compito è quello di fornire ai genitori materiali,
suggerimenti e indicazioni per lavorare più serenamente a casa con i propri figli.
E a casa cosa bisogna fare? Tradurre ai bambini il messaggio del Vangelo, leggendo e commentando
con loro i brani proposti dal libro del catechismo. Nella nostra esperienza personale di tre anni di
catechismo familiare, ho scoperto che è possibile parlare con nostra figlia di Gesù in qualsiasi
momento della giornata, davanti ai fornelli o in coda alla cassa di un negozio, slegandoci così
dalla semplice “lezione”. E poi negli anni abbiamo conosciuto nuovi amici, con i quali è diventato
molto piacevole trascorrere alcuni sabati pomeriggio. Così piacevole che generalmente l’incontro
si chiude con una bella pizza! Non da ultimo il fatto che ci stiamo seriamente chiedendo come
continuare il nostro cammino insieme perché per noi si tratta ormai di affrontare l’ultimo anno!
Certo, il percorso da intraprendere nel catechismo familiare non è meno impegnativo del
cammino catechistico tradizionale. Come avrete sicuramente capito si tratta di una proposta
che coinvolge molto anche i genitori. Ma sicuramente è la scelta giusta per chiunque desideri
riscoprire i motivi del proprio battesimo. Luca e Antonella