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Civile<br />

Giurisprudenza<br />

conforme alle disposizioni della CEDU e alla giurisprudenza<br />

della Corte di Strasburgo che ha più volte<br />

condannato la Repubblica <strong>Italia</strong>na proprio perché<br />

i giudici nazionali avevano riscontrato la perdita<br />

della proprietà in assenza di un provvedimento<br />

motivato, previsto da una specifica previsione di<br />

legge» (22). Alla base di siffatta conclusione sta,<br />

palesemente, l’argomento costituito dal rilievo che<br />

la pronuncia di incostituzionalità dell’art. 43 era avvenuta<br />

(solo) per eccesso di delega, asserto che si<br />

pone in contrasto con l’interpretazione dominante<br />

datane in precedenza, come si è visto più addietro.<br />

(Insomma, in merito al nuovo orientamento della<br />

CEDU, nonché del Consiglio di Stato, si potrebbe<br />

chiosare con una battuta, riguardo alla vicenda<br />

così come si è delineata nell’arco di almeno un decennio:<br />

‘‘tanto rumore per nulla’’).<br />

Non è da escludere, peraltro, che l’istituto dell’acquisizione<br />

sanante, nella nuova veste insita nell’art.<br />

42-bis, venga sottoposto sia al vaglio di costituzionalità,<br />

sia a quello della conformità alla CE-<br />

DU. Sarà interessante, in tal caso, vedere quali ne<br />

saranno gli esiti.<br />

Un’ultima osservazione occorre fare in merito al<br />

tema del riparto di giurisdizione così come si evince<br />

dal (nuovo) dato normativo. La sentenza qui annotata<br />

riafferma pacificamente la spettanza della giurisdizione<br />

sul risarcimento del danno da accessione<br />

invertita al g.a. In proposito bisogna prendere atto,<br />

tuttavia, dell’avvenuto mutamento della giurisdizione<br />

con riguardo alla pretesa delle relative somme<br />

formulata nei confronti dell’amministrazione resistente,<br />

e ciò per l’interversione del titolo, che, da<br />

risarcimento del danno ingiusto subito in conseguenza<br />

dell’emissione di atti illegittimi (o comportamenti<br />

del pari illegittimi tenuti dalla p.a.), diviene<br />

indennizzo dovuto a motivo dell’espropriazione.<br />

Infatti -sulla base del già rilevato abbandono della<br />

dicitura risarcimento del danno nell’art. 42-bis (in<br />

favore di ‘‘indennizzo per il pregiudizio subito’’) -,<br />

l’appena richiamata decisione del Consiglio di Stato<br />

dichiara che la giurisdizione sulle controversie<br />

inerenti a detto indennizzo appartiene (non più al<br />

giudice amministrativo, bensì) al giudice ordinario,<br />

trattandosi di controversia avente ad oggetto indennità,<br />

canoni et similia.<br />

La sentenza così si esprime sul punto: «Nella<br />

specie, nel corso del secondo grado del giudizio non<br />

si è verificato un mutamento della normativa sulla<br />

giurisdizione (mutamento che sarebbe stato di per<br />

sé irrilevante, in applicazione del principio della<br />

perpetuatio iurisdictionis), ma va constatato un mutamento<br />

(disposto dalla legge) della causa petendi del-<br />

la pretesa, riferibile non più ad un fatto illecito del<br />

soggetto occupante, ma alla corresponsione dell’indennizzo<br />

a fronte del provvedimento che - adeguando<br />

la situazione di fatto a quella di diritto - ha<br />

qualificato il possessore come titolare del diritto di<br />

proprietà».<br />

La decisione sul punto appare affatto conforme<br />

ai criteri in fatto di ripartizione della giurisdizione<br />

(risalenti nel tempo, ma ribaditi a più riprese in<br />

epoca recente, a partire specialmente da Corte cost.<br />

n. 204/2004) - ad onta delle statuizioni normative<br />

che hanno attribuito al g.a. le controversie aventi<br />

ad oggetto il risarcimento del danno da atti e comportamenti<br />

illegittimi - da ultimo nell’art. 133 del<br />

c.p.a. (D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104), in vari punti, e<br />

precipuamente, per quanto attiene alla determinazione<br />

e corresponsione dell’indennità dovuta in<br />

conseguenza di atti espropriativi e ablativi, alla lettera<br />

g).<br />

Detto criterio di riparto appare senz’altro criticabile<br />

in quanto ormai desueto e superato dall’evoluzione<br />

delle stesse regole sul riparto di giurisdizione<br />

(oltre che, nei fatti, foriero di frammentazione dei<br />

contenziosi nell’assieme pressoché unitari, senza<br />

che se ne possa individuare una valida ragione).<br />

Ma, a tutt’oggi, le norme dispongono in tal senso.<br />

Nota:<br />

(22) Quest’ultimo assunto, in verità, vale soltanto per la sentenza<br />

del 2000. Le successive sentenze per lo più sono di epoca<br />

successiva all’emanazione del T.U. n. 327/2001, dunque, in vigenza<br />

dell’art. 43.<br />

326 Urbanistica e appalti 3/2013

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