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tuizione concernente l’acquisizione di un terreno<br />

utilizzato per finalità di edilizia residenziale pubblica,<br />

agevolata o convenzionata, o da attribuire «per<br />

finalità di interesse pubblico in uso speciale a soggetti<br />

privati», per le quali ipotesi l’entità del danno<br />

(la norma dice: ‘‘pregiudizio’’) non patrimoniale<br />

viene elevata dal dieci al venti per cento del valore<br />

venale del bene. Si possono tralasciare, qui, considerazioni<br />

in ordine alle ulteriori disposizioni dell’art.<br />

42-bis, di non grande rilievo ai fini che ne occupa.<br />

Considerazioni sulle implicazioni<br />

dell’art. 42-bis ed i suoi probabili effetti<br />

Cosa dire, in conclusione, di una simile disciplina,<br />

sotto il profilo patrimoniale certamente più favorevole<br />

al proprietario del bene espropriato, ma<br />

all’apparenza in contrasto (più nettamente rispetto<br />

all’ex art. 43) con l’orientamento assunto dalla CE-<br />

DU (affatto conforme all’art. 1 del 18 protocollo aggiuntivo)<br />

e dalla stessa Corte costituzionale italiana?<br />

Quali potranno essere le conseguenze di provvedimenti<br />

di acquisizione sanante emessi da questa<br />

o quell’amministrazione, in sede giurisdizionale? Si<br />

può asserire, in merito che (come già poco addietro<br />

rilevato), al fine di una lettura della nuova norma<br />

alla stregua di una sua possibile conformità con i<br />

principi dell’ordinamento, la chiave di volta sia costituita<br />

dalla motivazione che dovrà figurare nei<br />

provvedimenti assunti ai sensi dell’art. 42-bis: tutto<br />

si giocherà sulla legittimità e accettabilità di essa<br />

motivazione..<br />

Occorre a questo punto richiamare l’attenzione<br />

sul fatto che, a differenza della lettura critica che<br />

ne abbiamo qui fatta (del resto, sulla scorta del dato<br />

testuale della nuova norma), d’altronde, c’è chi ragiona<br />

(ha ragionato) in modo diverso, sulla scorta<br />

di una rilettura dell’orientamento della CEDU, nelle<br />

pronunce che si sono susseguite nel tempo. Ed<br />

invero, l’art. 42-bis è già pervenuto al vaglio del<br />

giudice amministrativo e questi, in secondo grado,<br />

ha dato un’interpretazione di compatibilità di tale<br />

norma con l’asserito nuovo orientamento della<br />

Corte e, contestualmente, ha dato una lettura della<br />

medesima di conformità alla Costituzione.<br />

In una recente pronuncia (20), invero, il Consiglio<br />

di Stato - nel contesto di un giudizio iniziato<br />

alla stregua della previgente normativa, e poi pervenuto<br />

all’emissione di ulteriori provvedimenti della<br />

p.a. parte in causa sulla scorta del sopravvenuto art.<br />

42-bis - ha sgomberato a piè pari il campo dai timori<br />

che si potevano nutrire nei riguardi delle nuove<br />

Civile<br />

Giurisprudenza<br />

disposizioni (21), dichiarando, oltre alla sua non<br />

incompatibilità con la CEDU, manifestamente infondata<br />

la questione di costituzionalità dell’art. 42bis<br />

(al tempo stesso asserendo che il sopravvenuto<br />

provvedimento assunto ex art. 42-bis, che ha determinato<br />

l’improcedibilità della domanda di restituzione<br />

del fondo, potrà essere impugnato ‘‘in sede di<br />

cognizione’’).<br />

In relazione all’assunta assenza di contrasto con<br />

la nuova giurisprudenza della CEDU, nella sentenza<br />

citata si afferma, in maniera piuttosto sfuggente:<br />

«Al riguardo, ritiene la Sezione che, successivamente<br />

alla sentenza del 12 gennaio 2006 della Sez.<br />

III della CEDU, resa sul ricorso n. 14793/02 (e citata<br />

nella sentenza della Corte costituzionale n.<br />

293 del 2010), che aveva incidentalmente formulato<br />

critiche all’art. 43 del testo unico in occasione di<br />

una condanna riguardante una occupazione sine titulo,<br />

la Corte di Strasburgo non si è pronunciata<br />

più in senso critico, nei confronti dell’istituto originariamente<br />

disciplinato dal medesimo art. 43, oggetto<br />

della dichiarazione di incostituzionalità per<br />

eccesso di delega e reintrodotto nell’ordinamento<br />

nazionale (con significative modifiche) dall’art. 42bis<br />

sopra richiamato», e ciò sulla premessa che il<br />

Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, nella<br />

seduta del 13-14 febbraio 2007, aveva manifestato<br />

il suo compiacimento per la via legale prescelta dall’<strong>Italia</strong><br />

onde risolvere l’annosa questione di quella<br />

che la Corte chiama espropriazione indiretta, rappresentato<br />

dall’art. 43, ora reintrodotto nell’ordinamento<br />

sub specie di art. 42-bis, sia pure con significative<br />

modifiche (si dà, così, per scontato che, se la<br />

Corte di Strasburgo dovesse essere investita della<br />

questione della conformità, o meno, alla convenzione<br />

dell’art. 42-bis, essa si pronuncerebbe a favore<br />

della norma che ha sostituito l’art. 43).<br />

Quanto alla prospettata incostituzionalità, esplicitamente<br />

nella medesima sentenza si dice, nella<br />

parte conclusiva: «Per tali ragioni, ritiene la Sezione<br />

che, per quanto rileva nel giudizio, le dedotte<br />

questioni di costituzionalità vadano dichiarate manifestamente<br />

infondate, poiché l’art. 42-bis risulta<br />

Note:<br />

(20) Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2012, n. 1438, in www.ildirittoamministrativo.it.<br />

(21) Ove si fossero mantenuti i dubbi di costituzionalità già prospettati<br />

alla Corte costituzionale riguardo all’art. 43 (cfr. supra,<br />

nel testo), si poteva prospettare - diciamo qui, brevemente - un<br />

richiamo della pregressa giurisprudenza del medesimo Consiglio<br />

di Stato circa l’obbligo per la p.a. di pervenire ad un accordo con<br />

il proprietario per l’acquisizione del terreno (v. supra, par. 3, in fine).<br />

Urbanistica e appalti 3/2013 325

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