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Civile<br />
Giurisprudenza<br />
espropriativo, decreto di esproprio, ecc.). Non si<br />
vede, invero, come tale disposto normativo possa<br />
conciliarsi con la posizione assunta e ribadita dalla<br />
Corte di Strasburgo, che ha intravvisto un vulnus<br />
significativo nel potere, riconosciuto alla p.a., di disporre<br />
l’acquisizione sanante in contrasto con il giudicato<br />
di un giudice amministrativo (viene da pensare<br />
che, in tal modo, ci si pone in contrasto non<br />
solo con la tutela costituzionale del diritto dominicale<br />
del privato, ma anche si produce, virtualmente,<br />
un conflitto fra poteri dello Stato ...).<br />
Per giunta, il comma 2 prosegue statuendo che,<br />
anche in ipotesi di giudizio pendente avverso uno<br />
dei menzionati provvedimenti, l’amministrazione<br />
può adottare il provvedimento di acquisizione sanante,<br />
aggiungendo, tuttavia, la condizione che la<br />
p.a. parte in causa abbia ritirato l’atto impugnato.<br />
In siffatta ipotesi il vulnus parrebbe ancora più grave,<br />
poiché, se il ritiro dell’atto in autotutela (in<br />
pendenza di giudizio) almeno apparentemente non<br />
può significare altro che la p.a. parte in causa intende<br />
rinunciare a difendere la sua posizione, e, a<br />
fortiori, all’esproprio, il riconoscerle un potere di disporre,<br />
poi, l’acquisizione sanante suona - oltre che<br />
come potenzialmente contraddittorio con detta manifestazione<br />
di volontà della stessa amministrazione<br />
- come lesivo del potere giurisdizionale già in via<br />
preventiva (nel senso che, ancora prima che la causa<br />
‘‘vada a sentenza’’, si sancisce che la p.a. parte in<br />
causa possa inficiare la sentenza medesima nel caso<br />
che questa risultasse favorevole al ricorrente, con<br />
l’annullamento del decreto di esproprio o dell’atto<br />
dichiarativo della pubblica utilità dell’opera).<br />
Insomma, anche se, in astratto e in generale, affatto<br />
giustificabile appare l’orientamento del sistema<br />
ordinamentale tendente a dare prevalenza all’interesse<br />
pubblico sull’interesse privato, in questo<br />
caso appare effettivamente troppo preponderante<br />
l’interesse all’utilizzazione dell’opera costruita illegittimamente<br />
sull’interesse del soggetto espropriato<br />
a riavere indietro il terreno (specialmente se si tiene<br />
conto del fatto che, appunto, l’opera è stata realizzata<br />
senza il crisma della legalità). Mentre una disposizione<br />
del genere potrebbe comprendersi e giustificarsi,<br />
forse, nelle ipotesi di annullamento dell’atto<br />
per vizi formali, e dell’intenzione, più o meno<br />
esplicita, dell’amministrazione di reiterare l’atto annullato<br />
(19), difficilmente la stessa può giustificarsi<br />
in caso di annullamento per vizi sostanziali.<br />
La vera novità nella nuova disciplina dell’acquisizione<br />
sanante ex art. 42-bis - che in qualche modo<br />
va ad attenuare lo sbilanciamento appena denunciato<br />
- risiede nel quarto comma, dove si prescrive<br />
che il provvedimento di acquisizione sanante, oltre<br />
a recare «l’indicazione delle circostanze che hanno<br />
condotto all’indebita utilizzazione dell’area» e, ove<br />
possibile, la data di inizio (tanto era già previsto<br />
nell’art. 43), deve essere «specificamente motivato<br />
in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di<br />
interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione,<br />
valutate comparativamente con i contrapposti interessi<br />
privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli<br />
alternative alla sua adozione».<br />
Questo onere di motivazione, ovvero di ostensione<br />
delle ragioni che inducono l’amministrazione ad<br />
avvalersi del potere di avulsione del bene in mancanza<br />
di un legittimo provvedimento, che potremmo<br />
definire straordinario (extra ordinem), costituisce<br />
il novum della nuova disciplina, e la legittimità del<br />
provvedimento di acquisizione, riteniamo, si giocherà<br />
tutta attorno alla capacità di tale motivazione<br />
di dare pienamente e realmente conto delle ragioni<br />
fattuali e giuridiche di una simile determinazione<br />
(di acquisizione sanante) assunta a seguito del comportamento<br />
contra legem della p.a., e specialmente<br />
della mancanza di ragionevoli alternative (bisogna<br />
ricordare pur sempre che ci si trova al cospetto di<br />
una costruzione o struttura preordinata a servire<br />
l’interesse collettivo o generale che si presuppone<br />
ormai completata, e anzi già utilizzata).<br />
È da segnalare anche l’ulteriore statuizione, pure<br />
contenuta nel comma 4, circa l’onere della p.a. di<br />
pagare entro breve l’indennizzo con gli accessori,<br />
tanto che si stabilisce che il trasferimento della proprietà<br />
è disposto sub condicione dell’avvenuto pagamento<br />
delle somme dovute entro il termine di trenta<br />
giorni, ovvero dal loro deposito ai sensi dell’art.<br />
20.14 [vale a dire, una volta scaduto inutilmente il<br />
termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento<br />
di esproprio (equivalente a mancata accettazione<br />
della somma offerta)].<br />
Da segnalare, ancora, in primo luogo, l’abbandono<br />
della dicitura ‘‘risarcimento del danno’’ (usata<br />
nell’incostituzionale art. 43) a favore di: ‘‘indennizzo<br />
per il pregiudizio patrimoniale’’, e simili (di ciò<br />
si vedranno le conseguenze che ne ha tratto - in<br />
termini di riparto della giurisdizione sulle controversie<br />
concernenti le relative somme - la più recente<br />
giurisprudenza: infra). Si consideri, inoltre, la sta-<br />
Nota:<br />
(19) Ma è chiaro che, in simile eventualità, la p.a. dovrebbe, più<br />
correttamente, rinnovare l’atto annullato (a meno che non intenda<br />
ricorrere allo strumento più agile e veloce del provvedimento<br />
di acquisizione sanante, che non costringe a reiterare il procedimento<br />
dal punto in cui esplica effetti l’annullamento).<br />
324 Urbanistica e appalti 3/2013