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Civile<br />

Giurisprudenza<br />

per il suo contenuto, in quanto essa si è limitata a<br />

dichiarare l’illegittimità costituzionale sotto il profilo<br />

dell’eccesso di delega, in violazione dell’art. 76<br />

Cost., in certo senso, con una pronuncia in rito, su<br />

questione preliminare assorbente. Tuttavia, bisogna<br />

dire che il Collegio ha fatto capire che comunque<br />

avrebbe dichiarato incostituzionale la norma, se<br />

avesse dovuto pronunciarsi nel merito.<br />

Infatti, è stato osservato (13): «Al riguardo, non<br />

tragga in inganno che l’illegittimità costituzionale<br />

sia stata dichiarata per eccesso di delega e violazione<br />

dell’art. 76 Cost., in quanto il giudice delle leggi<br />

ha formulato un giudizio sulla sostanza dell’art. 43<br />

cit., definendolo un inaccettabile strumento di sanatoria<br />

dall’esterno di procedimenti amministrativi<br />

intrinsecamente viziati».<br />

Il vuoto normativo seguito a Corte cost.<br />

n. 293/2010<br />

Si veniva, così, a creare, con la declaratoria di<br />

incostituzionalità dell’art. 43 del T.U. espropriazione,<br />

indubbiamente, un vuoto normativo, specie<br />

con riguardo alla finalità perseguita dal legislatore<br />

con tale norma, con la conseguente esigenza di individuare<br />

una soluzione alla penosa fattispecie inerente<br />

alle varie ipotesi di occupazione illegittima.<br />

[D’altra parte, che ci si trovasse effettivamente al<br />

cospetto di un vuoto normativo - ma si ricorda che<br />

l’ordinamento, secondo tesi autorevoli, non tollera<br />

lacune (14) -, era lecito dubitare, ed in effetti c’è<br />

chi ha sostenuto una soluzione differente, in epoca<br />

di poco anteriore a Corte cost. n. 293/2010: per<br />

T.A.R. Lazio, sez. II-bis, 18 maggio 2010 n.<br />

11984 (15) - relativa, però, a fattispecie intertemporale,<br />

in relazione alla quale detto giudice, premettendo<br />

che in presenza di norme nazionali in<br />

contrasto con il diritto comunitario e internazionale,<br />

il giudice nazionale è tenuto a disapplicarle, si<br />

era pronunciato per l’applicazione dell’art. 43 (evidentemente<br />

ritenuto non in contrasto con la CE-<br />

DU), anche a fattispecie anteriori alla sua entrata<br />

in vigore in quanto norma ricognitiva di un principio<br />

sancito da essa CEDU].<br />

Mentre taluno, al cospetto di tale lacuna (apparente,<br />

dobbiamo per coerenza ribadire: cfr. nota 14)<br />

prospettava semplicemente un ritorno al passato -<br />

quando la giurisprudenza aveva, appunto, individuato<br />

le soluzioni inerenti all’accessione invertita,<br />

et similia -, altri auspicava un pronto intervento del<br />

legislatore, soggiungendo che questi «dovrà contemperare<br />

il pubblico interesse con il diritto dominicale<br />

del privato, nella considerazione che non<br />

può esservi, nel contatto che interviene tra privato<br />

espropriando e p.a. espropriante, un automatico trasferimento<br />

della proprietà nel momento in cui avviene<br />

la irreversibile trasformazione del fondo (cd.<br />

accessione invertita), ma che, conformemente al<br />

diritto comunitario ed internazionale, allorquando<br />

vi sia un’occupazione illegittima, il trasferimento<br />

della proprietà deve tornare nella esclusiva disponibilità<br />

del privato, libero di accettare, dietro risarcimento<br />

del danno, un sacrificio del proprio diritto<br />

di proprietà» (16).<br />

Quest’ultimo assunto attiene all’importante discrimine,<br />

segnato già dall’orientamento giurisprudenziale<br />

più recente del Consiglio di Stato cui si<br />

accennava più addietro ed avallato dalla sentenza<br />

delle S.U. in rassegna, secondo il quale l’acquisizione<br />

della proprietà da parte della p.a., anche in ipotesi<br />

di realizzazione (e/o utilizzazione) dell’opera<br />

non può avvenire che mediante regolare provvedimento<br />

di espropriazione, ovvero mediante accordo<br />

-anche ex art. 11 della L. n. 241/1990 -, accordo da<br />

non confondere con quello concernente la cessione<br />

bonaria del bene, previsto dalla legge quale alternativa<br />

all’espropriazione (che è, dunque, uno strumento<br />

‘‘fisiologico’’ nell’ambito della disciplina dell’espropriazione<br />

per pubblica utilità e del relativo<br />

procedimento). Non solo, in altri termini, in assenza<br />

di uno degli strumenti indicati non si può verificare<br />

il passaggio di proprietà del fondo in capo all’amministrazione<br />

pubblica; nemmeno, ove l’acquisto<br />

avvenga secondo uno dei modi indicati (decreto<br />

di espropriazione o accordo), l’effetto acquisitivo si<br />

produce automaticamente, a titolo originario. (Da<br />

ciò consegue, inoltre, il carattere permanente dell’illecito).<br />

Note:<br />

(13) D. Tomassetti, op. cit., 77-78.<br />

(14) Per tutti si veda R. Quadri, Diritto internazionale pubblico,<br />

NA 1968 (ristampa 1981), 212-213 ss. e passim (che parla di<br />

completezza dell’ordinamento, in verità, in primo luogo con riguardo<br />

al diritto internazionale: ma è chiaro che il senso dell’asserita<br />

completezza - id est: mancanza di lacune - fa riferimento<br />

all’obbligo del giudice investito di una determinata questione e<br />

che non rintracci una norma ad hoc nell’ordinamento, di individuare<br />

egli la regula juris, sulla base dei principi dell’ordinamento<br />

medesimo).<br />

(15) Leggila in questa Rivista, 2010, 12, 1477 ss., con nota critica<br />

di R. Conti, Occupazione acquisitiva: rilettura dei rapporti fra<br />

ordinamento interno e CEDU dopo il Trattato di Lisbona (che ha<br />

elevato i principi fondamentali della CEDU al rango di principi interni<br />

al diritto dell’Unione europea).<br />

(16) Tomassetti, La sentenza della Corte costituzionale n, 293/<br />

2010: conseguenze della declaratoria di incostituzionalità, cit.,<br />

79.<br />

322 Urbanistica e appalti 3/2013

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