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Comunitaria<br />
Giurisprudenza<br />
Conclusioni<br />
La sentenza commentata non introduce sostanziali<br />
elementi di novità rispetto agli orientamenti<br />
interpretativi in materia di ‘‘controllo analogo’’ assunti<br />
in precedenza dallo stesso giudice dell’Unione.<br />
L’assimilabilità tra il concetto di controllo analogo<br />
- elemento imprescindibile di conformità al<br />
Trattato degli affidamenti diretti alle società in house<br />
fissato originariamente dalla ‘‘sentenza Teckal’’ -<br />
ed il controllo esercitato congiuntamente, purché<br />
effettivo, da parte di tutti gli enti pubblici soci della<br />
società affidataria, era stato infatti già ritenuto ammissibile<br />
dall’importante ‘‘sentenza Coditel’’.<br />
Si sente ora però l’esigenza che l’assunto interpretativo<br />
sia compiutamente recepito dalla giurisprudenza<br />
amministrativa nazionale, definendo, con<br />
criteri il più possibile oggettivi, quale sia il confine<br />
tra un controllo congiunto ‘‘effettivo’’ ed un controllo<br />
congiunto ‘‘debole’’, e quindi potenzialmente<br />
elusivo dei principi comunitari che impongono<br />
l’applicazione delle regole concorrenziali e di trasparenza<br />
negli affidamenti di contratti pubblici.<br />
Tale esigenza si avverte con maggiore intensità<br />
in una congiuntura come l’attuale, nella quale l’oramai<br />
cronica diffidenza del legislatore nazionale e degli<br />
organi di controllo della spesa pubblica verso l’istituto<br />
dell’in house providing - in parte invero giustificata<br />
dall’utilizzo improprio e spesso antieconomico<br />
del medesimo da parte degli enti locali - rischia di<br />
scoraggiare l’applicazione di un modello organizzati-<br />
vo dell’agire pubblico che, in prospettiva, potrebbe<br />
consentire di valorizzare quelle istanze di tipo associativo/cooperativo<br />
tra enti di minori dimensioni e<br />
organizzazioni amministrative più complesse, promosse<br />
in sede nazionale e comunitaria, con l’obiettivo<br />
virtuoso di ottenere dalla gestione maggiori risparmi<br />
nella spesa pubblica e, nel contempo, offrire<br />
servizi pubblici di qualità per i cittadini.<br />
Nota:<br />
(segue nota 17)<br />
rito come, alla luce della direttiva 2004/18/CE, non può negarsi<br />
la possibilità per gli organismi di diritto pubblico di partecipare alle<br />
gare, in quanto la definizione di operatore economico riportata<br />
nella citata direttiva (art. 1, comma 8) comprende ogni ente pubblico<br />
(nonché eventuali raggruppamenti) che offra servizi sul<br />
mercato. Secondo le direttive europee, spiega il giudice di Lussemburgo,<br />
possono quindi partecipare alle gare tutti i soggetti<br />
«indipendentemente dal fatto di essere soggetti di diritto privato<br />
o di diritto pubblico e di essere attivi sul mercato in modo sistematico<br />
oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere<br />
sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno». Né v’è l’obbligo<br />
di eseguire direttamente le prestazioni ... «risultando sufficiente<br />
la possibilità di farle eseguire a terzi e fornendo le garanzie<br />
necessarie a tal fine» (pt. 41-42). Il nuovo orientamento ha<br />
trovato poi conferma nella sentenza del Consiglio di Stato del<br />
16 giugno 2009 n. 3897: «i soggetti economici senza scopo di<br />
lucro, quali le fondazioni, possono soddisfare i requisiti necessari<br />
per essere qualificati come operatori economici, attese la personalità<br />
giuridica che le fondazioni vantano e la loro capacità di<br />
esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro<br />
scopi e sempre che quest’ultima possibilità trovi riscontro nella<br />
disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico». Anche l’Autorità<br />
di Vigilanza ha successivamente recepito l’indirizzo interpretativo<br />
europeo, nel parere n. 119 del 22 ottobre 2009 in materia<br />
di partecipazione alle gare delle imprese sociali per l’affidamento<br />
di servizi.<br />
314 Urbanistica e appalti 3/2013