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Comunitaria<br />
Giurisprudenza<br />
IL COMMENTO<br />
di Francesco Leggiadro *<br />
La Corte di giustizia va consolidando il proprio indirizzo giurisprudenziale sul corretto significato da attribuire<br />
al concetto di ‘‘controllo analogo’’, condizione essenziale di conformità ai principi del Trattato europeo della<br />
procedura di affidamento diretto in house, dettata dalla primigenia notissima sentenza Teckal. Questo particolare<br />
tipo di controllo delle amministrazioni pubbliche nei confronti del soggetto da queste incaricato di gestire<br />
servizi pubblici, che viene equiparato a quello che le amministrazioni medesime esercitano sui propri<br />
servizi, è da ritenere sussistente anche laddove il soggetto esterno, pur avendo forma di società di capitali,<br />
sia costituito dalle partecipazioni al capitale di tutti gli enti pubblici che l’abbiano istituito, o vi abbiano successivamente<br />
aderito, e gli enti medesimi siano effettivamente rappresentati negli organi direttivi aziendali.<br />
Il fatto<br />
La Terza Sezione della Corte di giustizia, nelle<br />
cause riunite C-182/11 e C-183/11, è stata chiamata<br />
a pronunciarsi sulla corretta interpretazione del<br />
diritto dell’UE in materia di presupposti di applicabilità<br />
dell’eccezione ai principi di concorrenzialità<br />
nelle procedure di aggiudicazione dei contratti, costituita<br />
dall’affidamento diretto di un servizio pubblico,<br />
ad una società appositamente costituita da<br />
autorità pubbliche che la controllano, cosiddetto<br />
affidamento a società ‘‘in house’’ (1).<br />
In particolare, il Consiglio di Stato italiano, con<br />
decisioni del 23 febbraio 2011, ha proposto alla citata<br />
Corte due domande di pronuncia pregiudiziale,<br />
ai sensi dell’art. 267 TFUE, nell’ambito di giudizi<br />
che vedevano contrapposti la società Econord s.p.a.<br />
e i comuni di Varese, Cagno e Solbiate, aventi ad<br />
oggetto la regolarità dell’affidamento diretto (effettuato<br />
da parte dei due comuni ultimi citati), di un<br />
appalto di servizi di igiene urbana ad altra società<br />
(la ASPEM s.p.a.), secondo appunto il modello<br />
procedimentale «in house», senza cioè l’organizzazione<br />
di una procedura di aggiudicazione di tale appalto<br />
in conformità alle norme del diritto dell’Unione.<br />
Più nello specifico, il Comune di Cagno e il Comune<br />
di Solbiate avevano approvato la conclusione<br />
di una convenzione con il Comune di Varese - che<br />
aveva costituito la società in house e ne possedeva<br />
l’assoluto controllo societario - per l’affidamento, a<br />
titolo oneroso, dei servizi di smaltimento dei rifiuti<br />
solidi urbani, aderendo a tale società in qualità di<br />
azionisti pubblici, mediante una partecipazione al<br />
capitale sociale pressoché simbolica (un’azione ciascuno<br />
del valore nominale di 1 euro) (2).<br />
Il Comune di Cagno e il Comune di Solbiate<br />
avevano tuttavia sottoscritto un patto parasociale<br />
tra azionisti, il quale prevedeva il loro diritto di essere<br />
consultati, di nominare un membro del collegio<br />
sindacale e di designare, in accordo con gli altri<br />
comuni partecipanti al patto di sindacato, un consigliere<br />
di amministrazione.<br />
Il pronunciamento della Corte sulla<br />
domanda pregiudiziale<br />
La ‘‘res litigiosa’’ del giudizio in sede amministrativa<br />
si incentrava sulla possibilità di sostenere che<br />
sulla società affidataria del servizio si potesse ritenere<br />
o meno sussistente, da parte dei comuni di Cagno<br />
e Solbiate, quell’effettivo penetrante controllo,<br />
nella veste del cd. controllo analogo, che la giurisprudenza<br />
della Corte di giustizia richiede come primo<br />
essenziale elemento per giustificare la mancata<br />
apertura della concorrenza nel caso di affidamenti a<br />
società ‘‘in house’’ (3).<br />
Note:<br />
* Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione<br />
di un referee.<br />
(1) Si parla anche, forse più propriamente, di ‘‘gestione in house’’,<br />
sottolineando con ciò l’elemento più caratteristico del fenomeno<br />
e l’aspetto sostanziale di ‘‘autoproduzione’’ dei servizi di<br />
interesse pubblico. La materia del resto soffre dell’utilizzo, da<br />
parte del legislatore e degli operatori del diritto in genere, di<br />
espressioni con significato polisenso. Per un tentativo di fissare,<br />
almeno nell’inquadramento generali degli istituti, alcune differenze<br />
eziologiche, sia consentito rinviare a F. Leggiadro, La distinzione<br />
tra appalto in house e affidamento in house della gestione<br />
di servizi pubblici, inLa disciplina dei contratti pubblici,<br />
Collana diretta da F. Caringella e G. De Marzo, 2007,1563.<br />
(2) Il capitale sociale della ASPEM ammontava ad EUR 173.785,<br />
rappresentato da altrettante azioni del valore nominale di 1 euro<br />
ciascuna. Il Comune di Varese deteneva la maggioranza del capitale<br />
in virtù del possesso di 173.467 azioni. Le restanti 318 azioni<br />
risultavano suddivise tra 36 comuni della provincia di Varese,<br />
con partecipazioni individuali che variavano da 1 a 19 azioni.<br />
(3) Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea ed, in primis,<br />
dalla famosa sentenza ‘‘Teckal’’ del 2000 (Corte Giust. CE,<br />
18 novembre 1999, causa C-197/98, Teckal s.r.l. c. Comune di<br />
Aviano, in questa Rivista, 2000, 227) si è tratto il principio secondo<br />
il quale non è obbligatorio procedere alla gara per un’autorità<br />
pubblica, che sia un’amministrazione aggiudicatrice, per gli affidamenti<br />
in favore di un ente distinto da essa, nell’ipotesi in cui<br />
l’autorità eserciti sull’ente in questione un controllo analogo a<br />
quello che essa esercita sui propri servizi, purché tale ente realizzi<br />
con essa o con altri enti locali che lo detengono la parte più importante<br />
della propria attività (v., sentenza Teckal, punto 50).<br />
310 Urbanistica e appalti 3/2013