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po temporale, limitando a due anni il periodo concesso<br />

ai lavoratori per far valere il loro diritto.<br />

Sempre nel solco del raffronto tra il citato art. 29<br />

ed il citato art. 1676 c.c., va poi rammentato che<br />

altro distinguo di assoluto rilievo è che il primo<br />

non contempla le committenze pubbliche, riferendosi<br />

espressamente al ‘‘committente imprenditore o<br />

datore di lavoro’’ (37), mentre l’art. 1676 c.c. non<br />

reca analoga specificazione e può ritenersi applicabile<br />

perciò nei confronti di qualsiasi committente,<br />

sia pubblico che privato.<br />

A conferma di quanto appena rimarcato, è d’uopo<br />

ricordare d’altronde che l’art. 1, comma 2, del citato<br />

D.Lgs. n. 276/2003 precisa letteralmente che il<br />

decreto «non trova applicazione per le pubbliche<br />

amministrazioni e per il loro personale», così parendo<br />

rafforzare l’esclusione dal campo di applicazione<br />

soggettivo della normativa di tutti i committenti<br />

pubblici, ove non diversamente ed espressamente<br />

stabilito (38).<br />

Tanto precisato, occorre tuttavia segnalare che, nonostante<br />

il dato letterale delle disposizioni appena<br />

riportate, l’esclusione dell’applicabilità del suddetto<br />

art. 1, comma 2, a tali soggetti non è univocamente<br />

condivisa. Taluni giudici di merito difatti hanno<br />

avuto modo di affermare anche di recente l’applicabilità<br />

del principio solidaristico della responsabilità<br />

anche nei confronti dei soggetti pubblici (39).<br />

Per completezza di disamina, si rileva infine che in<br />

ogni caso l’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003<br />

esclude dall’applicazione del decreto suddetto le<br />

‘‘pubbliche amministrazioni’’, senza fornire tuttavia<br />

alcuna specifica definizione delle stesse.<br />

Ai fini dell’interpretazione della norma, quindi, si<br />

potrebbe utilmente fare riferimento alle norme generali<br />

previste dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 -<br />

recante le ‘‘Norme generali sull’ordinamento del lavoro<br />

alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche’’<br />

- che, all’art. 1, fornisce un’elencazione di<br />

‘‘amministrazioni pubbliche’’ (40).<br />

Ciò posto, da tale quadro complessivo può dunque<br />

ricavarsi che tra le due norme non sussiste alcuna<br />

incompatibilità logica o giuridica: l’art. 29, comma<br />

2, della Legge Biagi potrebbe trovare applicazione<br />

nella sua veste di norma speciale e tutela più incisiva<br />

qualora ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi<br />

ivi contemplati, come detto diversi da quelli<br />

previsti dall’art. 1676 c.c.<br />

Anzi, alla luce dei rispettivi termini di applicazione<br />

oggettivi e soggettivi di cui sopra, è stato ritenuto<br />

ammissibile che i lavoratori utilizzati nell’appalto<br />

possano ricorrere alternativamente - laddove naturalmente<br />

ne sussistano i presupposti giuridici - all’a-<br />

Opinioni<br />

Appalti e lavori pubblici<br />

zione ex art. 1676 c.c. e a quella ai sensi del predetto<br />

art. 29, comma 2 (41).<br />

Infatti, l’art. 1676 c.c. come detto mantiene sempre<br />

la propria funzione di norma generale di chiusura a<br />

Note:<br />

(37) Il comma 3-ter del medesimo art. 29 chiarisce peraltro che<br />

«(...) le disposizioni di cui al comma 2 non trovano applicazione<br />

qualora il committente sia una persona fisica che non esercita<br />

attività di impresa o professionale».<br />

(38) Cfr. in tal senso l’art. 86, comma 9, del predetto D.Lgs. n.<br />

276/2003, che estende l’applicazione della disciplina ivi delineata<br />

alla materia di somministrazione di lavoro a tempo determinato<br />

(T.A.R. Piemonte, 27 giugno 2006, n. 2711).<br />

(39) V. Trib. Novara, 3 marzo 2011; Trib. di Busto Arsizio, 29<br />

marzo 2010; Trib. Milano, sez. lav., 22 gennaio 2010, n. 317;<br />

Trib. Pavia, 29 aprile 2006.<br />

Queste pronunce hanno in particolare ricordato, con riferimento<br />

a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, citato, che invero la legge<br />

delega n. 30/2003 (sulla cui base è stato emanato il D.Lgs.<br />

n. 276/2003), all’art. 6, comma 1, dispone che le disposizioni relative<br />

alla delega al governo per l’emanazione di norme concernenti<br />

i rapporti di lavoro non si applicano al ‘‘personale delle<br />

pubbliche amministrazioni’’. La legge delega suddetta dunque<br />

non si occupa delle pubbliche amministrazioni in quanto enti,<br />

ma solo del loro personale, di modo che l’art. 1 comma 2 in parola,<br />

quando contempla le pubbliche amministrazioni, va inteso<br />

come riferito alle stesse solo in quanto datori di lavoro, con l’unico<br />

scopo di escludere da parte delle stesse amministrazioni<br />

l’utilizzo delle forme flessibili di lavoro previste dalla legge Biagi:<br />

«(...) posto che dunque il legislatore poteva escludere dalla disciplina<br />

dei decreti attuativi la p.a., altrettanto non poteva fare<br />

nei confronti della p.a. in relazione all’attività esercitata nel suo<br />

ruolo istituzionale non potendosi rinvenire alcuna giustificazione<br />

in una differenziazione di trattamento tra imprenditore privato e<br />

p.a. che opera non come datore di lavoro diretto ma come datore<br />

di lavoro committente in appalto di servizi: pertanto il regime<br />

di responsabilità solidale previsto dall’art. 29, comma 2, D.Lgs.<br />

n. 276 del 2003 trova applicazione anche nel caso in cui il committente<br />

sia una p.a.» (così Trib. Milano, sez. lav., 22 gennaio<br />

2010, n. 317, cit.).<br />

Alla stregua di tale interpretazione delle normativa de qua, perciò,<br />

l’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 risulterebbe applicabile<br />

anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni per<br />

gli appalti da queste conferiti, in quanto in tal caso non viene in<br />

rilievo la costituzione di un rapporto di lavoro.<br />

Diversamente opinando, secondo detto orientamento, il D.Lgs.<br />

n. 276/2003 dovrebbe ritenersi illegittimo in quanto eccederebbe<br />

i limiti posti dalla legge delega.<br />

Tale interpretazione potrebbe peraltro trovare suffragio nello<br />

stesso dato letterale dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/03<br />

che prevede la responsabilità solidale non solo del ‘‘committente<br />

imprenditore’’ ma anche del ‘‘committente datore di lavoro’’<br />

nella cui definizione può rientrare certamente anche una pubblica<br />

amministrazione.<br />

(40) Ai sensi dell’art. 1 comma 2, del citato D.Lgs. n. 165/2001,<br />

per amministrazioni pubbliche si intendono «tutte le amministrazioni<br />

dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e<br />

grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni<br />

dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i<br />

Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e associazioni, le<br />

istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere<br />

di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni,<br />

tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali<br />

e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario<br />

nazionale».<br />

(41) Cfr. V. Speziale, Appalti e trasferimento d’azienda, in W.P.<br />

C.S.D.L.E. ‘‘Massimo D’Antona’’.IT-41/2006, p. 18.<br />

Urbanistica e appalti 3/2013 289

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