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zione ma anche per l’esercizio degli impianti di produzione di<br />

energia elettrica da fonti rinnovabili; in difetto di tale titolo<br />

abilitativo, dunque, sarebbe impedito anche l’esercizio dell’impianto,<br />

con conseguente configurabilità del reato di cui<br />

all’art. 44, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001, sussistendo<br />

comunque il requisito del periculum in mora poiché la volontà<br />

del legislatore è quella di sottoporre la realizzazione e l’esercizio<br />

di tali impianti ad uno stringente controllo amministrativo<br />

che non è limitato alla sola fase della costruzione<br />

ma anche, e soprattutto, alla fase successiva del suo esercizio.<br />

Tesi, questa, accolta dalla Suprema Corte che, sul punto, ha<br />

dato ragione alla Pubblica Accusa, annullando con rinvio l’ordinanza<br />

impugnata. In particolare, ha osservato la Corte,<br />

l’art. 12, comma 3, del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione<br />

della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione<br />

dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili<br />

nel mercato interno dell’elettricità), dispone che «La costruzione<br />

e l’esercizio degli impianti di produzione di energia<br />

elettrica alimentati da fonti rinnovabili ... nonché le opere<br />

connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e<br />

all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione<br />

unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale<br />

delegato dalla regione, nel rispetto delle normative<br />

vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio<br />

e del patrimonio storico-artistico». Analoga disposizione<br />

reca ora l’art. 5, comma 1, del D.Lgs. 3 marzo 2011, n.<br />

28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione<br />

dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e<br />

successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/<br />

30/CE). L’autorizzazione unica regionale, pertanto, secondo<br />

gli Ermellini, è espressamente qualificata dalla disposizione<br />

in esame come necessaria non solo per la costruzione degli<br />

impianti e delle opere ed infrastrutture connesse, ma altresì<br />

per l’esercizio degli impianti stessi. È evidente, infatti, la ratio<br />

della norma, costituita dalla finalità che il controllo amministrativo<br />

da parte dell’ente regionale competente venga assicurato<br />

non solo nella fase della costruzione dell’impianto<br />

fotovoltaico, ma anche e soprattutto nella fase del suo esercizio.<br />

Da qui, dunque, la rilevanza anche sotto il profilo del<br />

periculum in mora, che giustificava l’adozione del sequestro<br />

con finalità cautelari (in precedenza, nel senso che per il<br />

mantenimento del sequestro preventivo di impianti fotovoltaici<br />

realizzati in zona agricola sono necessari la mancanza<br />

del titolo abilitativo previsto dalla legge ed il pericolo di compromissione<br />

della zona interessata dall’intervento, derivante<br />

dal completamento e dall’attivazione delle attrezzature senza<br />

verifica del rispetto delle prescrizioni urbanistiche e della<br />

compatibilità ambientale, v. Cass. pen., sez. III, 15 novembre<br />

2012, n. 44494, in Ced Cass., n. 253602).<br />

LOTTIZZAZIONE ABUSIVA E MANCANZA DEL PIANO<br />

DI LOTTIZZAZIONE<br />

Cassazione penale, sez. III, 10 gennaio 2013, n. 1259<br />

In tema di lottizzazione abusiva, non può essere considerato<br />

legittimo un intervento urbanistico eseguito senza<br />

un piano di lottizzazione, in mancanza di una rigorosa<br />

prova della preesistenza e sufficienza delle opere di<br />

urbanizzazione primaria, che rendano del tutto superfluo<br />

lo strumento attuativo (In motivazione la Corte, investita<br />

della questione in sede cautelare, ha, inoltre, affermato<br />

che in relazione al fumus delicti del reato di lottizzazione<br />

abusiva, la valutazione del grado di urbaniz-<br />

Osservatorio in sintesi<br />

Giurisprudenza<br />

zazione di un’area costituisce questione di fatto, non<br />

sindacabile in sede di legittimità).<br />

La Corte Suprema torna a pronunciarsi, con la sentenza in<br />

esame, sul reato di lottizzazione abusiva, soffermandosi sulla<br />

configurabilità del predetto reato in presenza di un intervento<br />

edilizio eseguito in assenza di piano di lottizzazione.<br />

La vicenda processuale segue al provvedimento con cui il<br />

Tribunale del riesame aveva rigettato il riesame proposto avverso<br />

il decreto di convalida di sequestro preventivo emesso<br />

dal GIP presso il medesimo Tribunale nell’ambito di un procedimento<br />

penale nei confronti dell’amministratore di una<br />

società immobiliare, indagato del reato di lottizzazione abusiva<br />

per la realizzazione in corso di un complesso residenziale,<br />

ricavato dalla demolizione e ricostruzione di due fabbricati<br />

preesistenti, con ampliamento volumetrico del 35% di un<br />

fabbricato e mutamento di destinazione d’uso del secondo<br />

fabbricato da artigianale a residenziale senza idoneo permesso<br />

a costruire e senza autorizzazione paesaggistica. Contro<br />

l’ordinanza di rigetto proponeva ricorso per cassazione la difesa<br />

dell’indagato sostenendo, per quanto qui di interesse,<br />

quanto alla contestata lottizzazione abusiva, l’insussistenza<br />

del reato e la conformità dell’intervento edilizio alla Legge<br />

Regionale sul Piano casa, atteso che - secondo la prospettazione<br />

difensiva -, in assenza di opere di urbanizzazione da<br />

porre in essere, non sarebbe necessario il piano di lottizzazione,<br />

in quanto o la p.a. ha verificato la sufficienza delle<br />

opere di urbanizzazione già esistenti o è possibile monetizzare<br />

per equivalente, come sarebbe avvenuto nel caso di specie.<br />

La tesi non ha però convinto gli Ermellini che hanno, infatti,<br />

respinto il ricorso affermando che non può essere considerato<br />

legittimo un intervento urbanistico eseguito senza un piano<br />

di lottizzazione, in mancanza di una rigorosa prova della<br />

preesistenza e sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria,<br />

che rendano del tutto superfluo lo strumento attuativo.<br />

Ricorda, sul punto, la Corte che il reato di lottizzazione<br />

abusiva può essere realizzato «non soltanto in zone assolutamente<br />

inedificate, ma anche in quelle parzialmente urbanizzate<br />

nelle quali si evidenzia l’esigenza di raccordo con<br />

l’aggregato abitativo preesistente o di potenziamento delle<br />

opere di urbanizzazione pregresse, cosi che per escluderlo<br />

deve essersi verificata una situazione di pressoché completa<br />

e razionale edificazione della zona, tale da rendere del tutto<br />

superfluo un piano attuativo» (cfr. Cass. pen., sez. III, 13 giugno<br />

2011, n. 23646, in Ced Cass., n. 250521 e sez. III, 19<br />

settembre 2008, n. 35880, in Ced Cass., n. 241031); inoltre,<br />

ricorda la Corte, trattasi di reato a condotta libera, per cui<br />

può realizzarsi con varie modalità mediante operazioni con<br />

cui il suolo è abusivamente utilizzato per la realizzazione di<br />

una pluralità d’insediamenti residenziali e, in particolare, sia<br />

in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare<br />

una nuova definizione dell’assetto preesistente in zona non<br />

sufficientemente urbanizzata - per cui esiste la necessità di<br />

attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso<br />

la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria<br />

adeguata alle caratteristiche dell’intervento di nuova<br />

realizzazione - sia quando detto intervento non potrebbe in<br />

nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni<br />

oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione<br />

e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione<br />

che non possono essere modificate da piani urbanistici<br />

attuativi (Cfr. Sez. Un., 8 febbraio 2002, n. 5115, in Ced<br />

Cass., n. 220708; sez. III, 12 ottobre 2005, n. 36940, in Ced<br />

Cass., n. 232188).<br />

Urbanistica e appalti 3/2013 367

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