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Osservatorio in sintesi<br />
Giurisprudenza<br />
Osservatorio<br />
penale<br />
a cura di ALESSIO SCARCELLA<br />
EDILIZIA E URBANISTICA<br />
IRRILEVANZA DELLA SCIA IN CASO DI INTERVENTI<br />
SU IMMOBILI ABUSIVI MAI SANATI O CONDONATI<br />
Cassazione penale, sez. III, 9 gennaio 2013, n. 1169<br />
In caso di immobile edificato abusivamente e mai sanato<br />
o condonato, pur se i lavori successivamente realizzati<br />
riguardino solo interventi manutentivi, sono irrilevanti,<br />
agli effetti penali, sia l’eventuale presentazione della<br />
cosiddetta SCIA che il tipo di intervento di conservazione<br />
obiettivamente eseguito.<br />
La questione oggetto di attenzione da parte della Suprema<br />
Corte riguarda, nel caso in esame, l’eventuale rilevanza, in<br />
chiave di esclusione della responsabilità penale, nel caso di<br />
intervento non soggetto a permesso di costruire o a super-<br />
DIA eseguito su immobile abusivo in precedenza mai sanato<br />
o condonato. La vicenda processuale trae origine da una richiesta<br />
di riesame avanzata avverso un decreto di sequestro<br />
preventivo disposto su un immobile che si assume essere<br />
stato edificato in assenza del prescritto titolo abilitativo ed in<br />
violazione di vincoli ambientali ed idrogeologici. Contro l’ordinanza<br />
di rigetto dell’istanza, proponeva ricorso per cassazione<br />
l’indagato, sostenendo che il Tribunale non avrebbe minimamente<br />
preso in considerazione la documentazione prodotta<br />
dinanzi ad esso da cui era possibile evincere che - contrariamente<br />
a quanto sostenuto dai giudici di merito - il fumus<br />
commissi delicti non sussisteva perché le opere edilizie<br />
poste in essere dall’indagato erano di mera manutenzione e<br />
conservazione così come da SCIA inviata puntualmente al<br />
Comune senza che, nei 30 giorni successivi, fossero intervenuti<br />
rilievi da parte della p.a.<br />
La tesi non ha però convinto gli Ermellini che, infatti, hanno<br />
respinto il ricorso richiamando l’orientamento giurisprudenziale,<br />
affermato a proposito dell’ormai scomparsa DIA, secondo<br />
cui il regime di denuncia di inizio attività (DIA) non è<br />
applicabile a lavori da eseguirsi su manufatti originariamente<br />
abusivi che non risultino oggetto di condono edilizio o di sanatoria,<br />
atteso che gli interventi ulteriori su immobili abusivi<br />
ripetono le caratteristiche di illegittimità dall’opera principale<br />
alla quale ineriscono strutturalmente (Cass. pen., sez. III, 19<br />
gennaio 2009, n. 1810, in Ced Cass., n. 242269). Trattasi di<br />
orientamento giurisprudenziale senz’altro estensibile alla<br />
nuova SCIA (D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, conv. in L. n.<br />
122 del 30 luglio 2010), introdotta a seguito della modifica<br />
dell’art. 19 della L. 241 del 7 agosto 1990 (che ha previsto,<br />
appunto, la segnalazione certificata di inizio attività, che ha<br />
poi sostituito la DIA per effetto del D.L. n. 70 del 13 maggio<br />
2011, conv. in L. n. 106 del 12 luglio 2011).<br />
Nel caso in esame, dunque, essendo emerso con certezza<br />
non solo che l’indagato non aveva nel tempo seguito e sollecitato<br />
l’ultimazione delle procedure di condono, ma anche<br />
che i lavori da questi realizzati riguardavano solo interventi<br />
manutentivi (nuova pavimentazione e reimpermeabilizzazione<br />
della superficie interessata) il vizio originario dell’immobile<br />
era però quello di essere stato edificato abusivamente e,<br />
non essendo mai stato condonato, erano dunque irrilevanti<br />
sia il fatto che egli avesse presentato la cd. SCIA sia il tipo<br />
di intervento di conservazione obiettivamente eseguito.<br />
INTERVENTI EDILIZI ‘‘PERTINENZIALI’’ E LORO (IR)RILEVANZA<br />
PENALE<br />
Cassazione penale, sez. III, 8 gennaio 2013, n. 519<br />
Affinché un manufatto presenti il carattere della pertinenza,<br />
è necessario che abbia una propria individualità,<br />
che sia oggettivamente preordinato a soddisfare le esigenze<br />
di un edificio principale legittimamente costruito,<br />
che sia fornito di autonomo valore di mercato, che abbia<br />
ridotte dimensioni, che sia insuscettibile di destinazione<br />
autonoma e che non si ponga in contrasto con gli strumenti<br />
urbanistici vigenti.<br />
La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi, con la sentenza<br />
in commento, sulla natura giuridica del manufatto pertinenziale,<br />
individuando i caratteri che ne consentono l’inquadramento<br />
nella categoria degli interventi edilizi privi di rilevanza<br />
penale. La vicenda processuale trae origine da un procedimento<br />
penale per il reato di cui all’art. 44, lett. b), D.P.R. n.<br />
380 del 2001, contestato all’imputato per avere questi, in assenza<br />
di concessione edilizia, senza permesso di costruire,<br />
abusivamente realizzato con più azioni esecutive di uno<br />
stesso disegno criminoso in un edificio di sua proprietà un<br />
magazzino garage in muratura di circa mq 14,05 e al primo<br />
piano due vani ulteriori rispettivamente di circa mq 12,78 e<br />
mq 18,47, nonché un balcone di metri quadri 12,00 collegato<br />
con il tetto del locale abusivo costruito al piano terra. In sede<br />
di merito, l’imputato, previa riqualificazione del fatto nel reato<br />
di cui all’art. 44, lett. a), D.P.R. n. 380 del 2001, in luogo<br />
dell’art. 44, lett. b) effettuata sul presupposto di realizzazione<br />
di una pertinenza, era stato dichiarato colpevole e condannato<br />
alla sola pena dell’ammenda. Contro la sentenza di condanna<br />
proponeva ricorso per cassazione la Procura Generale<br />
della Repubblica presso la Corte d’appello, adducendo quale<br />
unico motivo l’erronea qualificazione della contravvenzione<br />
contestata, non sussistendo pertinenza bensì ampliamento<br />
volumetrico del precedente fabbricato, che pertanto richiede<br />
il rilascio di permesso.<br />
La prospettazione accusatoria è stata accolta dalla Corte di<br />
Cassazione che ha, infatti, annullato con rinvio la sentenza<br />
impugnata osservando che la dimensione e la conformazione<br />
delle strutture costruite, tali da renderle parte integrante<br />
dell’edificio e da aumentarne la volumetria, dimostravano<br />
l’insussistenza dei presupposti per la loro qualificazione come<br />
pertinenza, e quindi la necessità del rilascio di permesso,<br />
come correttamente prospettato nel ricorso. La decisione<br />
364 Urbanistica e appalti 3/2013