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l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che ha<br />

ritenuto competente a sindacare la legittimità delle<br />

informative antimafia, sia interdittive (33) che atipiche<br />

(34), non il TAR nella cui circoscrizione ha<br />

sede il prefetto che ha emesso l’informativa ma<br />

quello competente a giudicare degli atti dell’appalto<br />

cui si riferisce l’informativa. La tesi della Plenaria si<br />

basa essenzialmente sul fatto che l’informativa deve<br />

essere adottata dal prefetto in relazione alla singola<br />

procedura d’appalto (35): gli effetti ‘‘diretti’’ sarebbero<br />

riconducibili sempre al provvedimento conseguente<br />

all’informativa, e non all’informativa stessa,<br />

anche se interdittiva.<br />

L’argomento sembra in parte avvalorato dal correttivo<br />

del codice antimafia (pubblicato dopo la sentenza)<br />

che ha modificato l’art. 86 (validità della documentazione<br />

antimafia) ed espunto la possibilità<br />

per l’amministrazione o per l’interessato di utilizzare<br />

la comunicazione o la informazione antimafia anche<br />

in un procedimento diverso da quello per il<br />

quale era stata rilasciata (36).<br />

La conclusione raggiunta dall’Adunanza Plenaria,<br />

per quanto ‘‘non obbligata’’, è comunque frutto di<br />

una lacuna legislativa in punto di difesa in giudizio<br />

dello Stato che appare grave in considerazione di<br />

almeno due circostanze.<br />

La prima è che l’informativa, pure formalmente riferita<br />

sempre a una specifica procedura d’appalto, è<br />

fondata su elementi che, fino ad (eventuale) aggiornamento,<br />

determinano l’emissione di atti di contenuto<br />

identico anche in relazione a procedure d’appalto<br />

diverse: riconoscere la competenza del TAR<br />

nella cui circoscrizione ha sede la prefettura che<br />

emana l’informazione limiterebbe il fenomeno, che<br />

invece si sta concretamente verificando, di pronunce<br />

contraddittorie di TAR diversi su informative<br />

con identico contenuto. È evidente il riflesso negativo<br />

di questo fenomeno sulla quotidiana azione di<br />

contrasto alla criminalità da parte delle prefetture.<br />

La seconda è che nel giudizio che verte sugli atti<br />

applicativi dell’informativa l’oggetto del processo finisce<br />

normalmente con essere la legittimità dell’informativa,<br />

a maggior ragione nel sistema delineato<br />

dal codice antimafia in cui, come osservato, le conseguenze<br />

interdittive delle informazioni sono generalmente<br />

vincolate: prevedere che, almeno in materia<br />

di appalti pubblici, in giudizi in cui la fase cautelare<br />

è caratterizzata da tempi strettissimi, sia competente<br />

il TAR nella cui circoscrizione ha sede la<br />

prefettura che ha emanato l’informativa, può consentire<br />

all’amministrazione (ed in particolare all’Avvocatura<br />

distrettuale dello Stato) una difesa altrimenti<br />

molto complicata in pratica (37).<br />

Opinioni<br />

Appalti e lavori pubblici<br />

Una soluzione diversa, per esempio, si trova nell’art.<br />

114 (ora trasfuso nell’art. 135, comma 1 lett.<br />

p), c.p.a.) (38) che ha previsto il foro esclusivo del<br />

TAR Lazio per tutte le controversie attribuite al<br />

giudice amministrativo derivanti dall’applicazione<br />

del titolo sull’Agenzia nazionale per l’amministrazione<br />

e la designazione dei beni sequestrati e confiscati<br />

alla criminalità organizzata (39). Peraltro, an-<br />

Note:<br />

(33) Cons. Stato, Ad. Plen., ord., 24 settembre 2012, n. 33, in<br />

Foro It., 2013, III, 5.<br />

(34) Cons. Stato, Ad. Plen., ord., 19 novembre 2012, n. 34, in<br />

Foro It., 2013, III, 5. Questa pronuncia richiama a sostegno della<br />

propria tesi, tra l’altro, anche il principio espresso nell’art. 13,<br />

comma 4-bis, c.p.a., ritenuto «già desumibile dal testo previgente»<br />

(cfr. § 7).<br />

(35) Da questo punto di vista la disciplina vigente al momento<br />

della pronuncia (cfr. D.P.R. n. 252/1998) è sostanzialmente confermata<br />

nel codice.<br />

(36) Inoltre, l’art. 86 del codice, come modificato dall’art. 3 del<br />

correttivo, specifica che la documentazione antimafia ha una validità<br />

(in precedenza «è utilizzabile») di sei (comunicazione) e dodici<br />

(informazione) mesi decorrente dalla data dell’acquisizione<br />

(in precedenza «del rilascio»).<br />

È opportuno segnalare, inoltre, che la comunicazione antimafia,<br />

dopo le modifiche dell’art. 87 del codice ad opera dell’art. 4 del<br />

correttivo, può essere richiesta al prefetto esclusivamente dai<br />

soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, così escludendo i privati<br />

dai soggetti legittimati alla richiesta. Nella relazione illustrativa<br />

del correttivo la modifica è stata giustificata con l’esigenza di<br />

adeguare, anche sul piano formale, la disciplina della comunicazione<br />

antimafia ai principi della cd. decertificazione, che escludono<br />

sia che l’amministrazione possa richiedere a un privato certificazioni<br />

riguardanti informazioni in proprio possesso sia che tali<br />

certificati, se rilasciati, siano validi (cfr. l’art. 15 L. 12 novembre<br />

2011, n. 183 che ha modificato l’art. 40 D.P.R. 28 dicembre<br />

2000, n. 445).<br />

(37) La centralità dell’informativa conferma la necessità di una<br />

difesa in giudizio particolarmente attenta a fornire al giudice tutti<br />

gli elementi a sostegno della sua fondatezza; il profilo informativo<br />

a cura del Ministero dell’interno è decisivo per il contenzioso.<br />

Spesso è stata invocata la segretezza delle indagini per argomentare<br />

circa l’incompletezza dell’informativa e dei documenti<br />

sui quali essa si fonda. Il caso più frequente nella prassi è l’utilizzo<br />

della ‘‘sbianchettatura’’ o degli omissis, così che l’informativa<br />

risulta essere di difficile lettura e oscura con riferimento agli elementi<br />

fondanti. Si tratta, però, di un argomento ‘‘perdente’’ in<br />

caso di ricorso giurisdizionale e che risulta in contrasto con l’art.<br />

24 Cost. Del resto, la giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere<br />

le informative prefettizie non sottratte in via generale al<br />

diritto di accesso in quanto non comprese nei casi di esclusione<br />

stabiliti dalla legge sul procedimento o dai regolamenti applicativi<br />

(cfr. C.G.A. Sicilia, 3 marzo 2010, n. 281, in Foro Amm. CdS,<br />

2010, 702).<br />

(38) Lettera sostituita dall’art. 1, comma 1 lett. nn) n. 4), D.Lgs.<br />

15 novembre 2011, n. 195 (primo correttivo del codice del processo<br />

amministrativo).<br />

(39) V. l’art. 3, comma 25-ter, all. 4 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n.<br />

104 (comma inserito dall’art. 1, comma 3 lett. a) n. 8, D.Lgs. 15<br />

novembre 2011, n. 195) che ha così sostituito l’art. 114 codice<br />

antimafia: «Per tutte le controversie attribuite alla cognizione del<br />

giudice amministrativo derivanti dall’applicazione del presente titolo,<br />

la competenza è determinata ai sensi dell’art. 135, comma<br />

1, lett. p), del codice del processo amministrativo».<br />

Urbanistica e appalti 3/2013 261

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