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Penale<br />

Giurisprudenza<br />

di una porzione di appartamento (in particolare, un<br />

sottotetto) da destinazione non abitativa a destinazione<br />

abitativa, costituisse mutamento della destinazione<br />

d’uso dell’immobile, legittimando l’emissione<br />

di un provvedimento di sequestro preventivo<br />

(7). Faceva eccezione il caso in cui i lavori, consistenti<br />

nella ristrutturazione di un sottotetto con<br />

variazione della destinazione d’uso, fossero avvenuti<br />

senza modificazioni di superficie o di volume. In tal<br />

caso, infatti, si escludeva la necessità della concessione<br />

edilizia, ritenendosi sufficiente l’autorizzazione<br />

del sindaco, di talché, per effetto del comma 2 dell’art.<br />

10 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, la mancata<br />

richiesta di autorizzazione non comportava l’applicazione<br />

del successivo art. 20, cioè di sanzioni<br />

penali, ma soltanto di una sanzione pecuniaria amministrativa<br />

(8). Parte della giurisprudenza, analizzando<br />

più approfonditamente il fenomeno sotto il<br />

profilo giuridico, procedeva all’inquadramento fattuale<br />

nella fattispecie della cd. difformità totale,<br />

muovendo dalla considerazione per la quale doveva<br />

ritenersi esistente un’ipotesi di totale difformità dalla<br />

concessione edilizia nel concorso di quattro condizioni:<br />

1) eccedenza volumetrica; 2) creazione di<br />

un organismo edilizio o di parte di esso; 3) rilevanza<br />

specifica dell’opera; 4) sua autonoma utilizzabilità.<br />

Questi elementi secondo la giurisprudenza, dovevano,<br />

per dare luogo ad una delle due ipotesi di difformità<br />

legislativamente disciplinate, sussistere tutti<br />

contemporaneamente. La ‘‘rilevanza specifica’’, più<br />

precisamente, doveva essere interpretata nel senso<br />

che non ogni superamento dei limiti volumetrici<br />

configurasse il reato de quo, ma soltanto quella che<br />

avesse una notevole consistenza. All’uopo, dunque,<br />

il giudice era tenuto ad avvalersi di un duplice criterio,<br />

e cioè sia di una valutazione assoluta ed oggettiva,<br />

che di altra relativa alla struttura realizzata.<br />

Quanto alla ‘‘autonoma utilizzabilità’’, poi, secondo<br />

tale giurisprudenza, non voleva significare che il<br />

corpo eseguito fosse fisicamente separato, ma soltanto<br />

che desse luogo ad una eccedenza, la quale<br />

non si stemperasse nella globalità dell’organismo,<br />

ma conducesse alla creazione di una struttura precisamente<br />

individuabile e suscettibile di un uso indipendente,<br />

anche se l’accesso allo stesso fosse possibile<br />

esclusivamente attraverso lo stabile principale:<br />

ne derivava, quindi, per tale orientamento, che la<br />

trasformazione di un sottotetto in mansarda integrasse<br />

gli estremi della totale difformità (9). In tal<br />

senso, dunque, ben si comprende perché la giurisprudenza<br />

escludesse che tale tipologia d’intervento<br />

potesse inquadrarsi nel cd. restauro conservativo,<br />

dovendo avvenire quest’ultimo nel rispetto degli<br />

elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio<br />

originario (10). In definitiva, dunque, sotto la vigenza<br />

della L. n. 47/1985 era pacifico che la trasformazione<br />

di un sottotetto in mansarda costituisse<br />

mutamento della destinazione d’uso dell’immobile<br />

per il quale si riteneva necessario il rilascio della<br />

concessione edilizia, in assenza della quale il fatto<br />

integrava l’ipotesi di reato di cui all’art. 20, lett. b),<br />

della L. 28 febbraio 1985 n. 47 (11). La rilevanza<br />

della tipologia dell’intervento edilizio in esame, peraltro,<br />

trascendeva anche la mera violazione urbanistica,<br />

ritenendosi in giurisprudenza che tale intervento,<br />

illecitamente posto in essere, fosse idoneo ad<br />

integrare anche il reato paesaggistico. In tal senso,<br />

infatti, si affermava che ai fini della configurabilità<br />

della fattispecie di cui all’art. 1-sexies, della L. 8<br />

agosto 1985, n. 431, la nozione di alterazione del<br />

paesaggio dovesse essere valutata in relazione alle<br />

modifiche, anche minime, ma apprezzabili (12).<br />

L’impostazione giuridica improntata a qualificare<br />

Note:<br />

(segue nota 6)<br />

co-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie.<br />

Ecologia’’ (in G.U. 2 marzo 1985, n. 53, suppl. ord.).<br />

(7) Così, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 1997, n. 4021, in Ced<br />

Cass., n. 207277; faceva eccezione, si noti, un’isolata decisione<br />

della Suprema Corte, che riteneva rientrare nel novero delle<br />

opere interne non soggette a concessione o autorizzazione, non<br />

integrando pertanto violazione della legge penale, la destinazione<br />

a vani abitabili di locali originariamente utilizzati a fine di<br />

sgombero, ottenuta mediante l’esecuzione di lavori che non determinano<br />

aumento di cubatura o di superficie né mutamento<br />

delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito. Al riguardo,<br />

la Corte sosteneva come non fosse ipotizzabile la trasformazione<br />

d’uso dell’immobile, atteso che la stessa si riteneva configurabile<br />

allorquando l’unità immobiliare, e non i suoi singoli componenti,<br />

fosse adibita ad utilizzazione diversa da quella per la<br />

quale era stata rilasciata la licenza ad edificare (Cass. pen., sez.<br />

III, 23 luglio 1994, n. 8332, in Ced Cass., n. 198780).<br />

(8) Così, Cass. pen., sez. III, 10 dicembre 1987, n. 12660, in<br />

Ced Cass., n. 177236; in senso conforme: Cass. pen., sez. III,<br />

20 dicembre 1989, n. 17645, in Riv. Giur. Edil., 1991, I, 516.<br />

(9) Così, Cass., sez. III, 23 aprile 1990, n. 5891, in Riv. Giur.<br />

Edil., 1991, I, 1185.<br />

(10) Nella specie, si noti, era stato escluso che potesse parlarsi<br />

di restauro conservativo nel caso in cui un tetto a falde era stato<br />

sostituito da un solaio parallelo al terreno ed innalzato lateralmente<br />

al livello massimo d’impostazione del precedente tetto,<br />

in quanto, così facendo, si era conseguito un aumento di volumetria<br />

con l’introduzione di elementi diversi sotto i tre profili<br />

menzionati (tipologici, formali e strutturali) rispetto alle caratteristiche<br />

originali e consentendosi anche una diversa utilizzazione<br />

del sottotetto (Cass. pen., sez. III, 11 novembre 1999, in Ced<br />

Cass., n. 215635).<br />

(11) Giurisprudenza costante: Cass. pen., sez. III, 19 febbraio<br />

2001, n. 6581, in Ced Cass., n. 218702.<br />

(12) Cass., sez. III, 3 marzo 2003, n. 9538, in Giust. Pen., 2004,<br />

II, 168 (fattispecie nella quale le opere eseguite erano esterne e<br />

utilizzate per rendere abitabili i sottotetti).<br />

358 Urbanistica e appalti 3/2013

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