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Osservatorio in sintesi<br />

Giurisprudenza<br />

purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate<br />

le retribuzioni dei lavoratori come stabilito in sede<br />

di contrattazione collettiva. In sostanza dette tabelle non fissano<br />

criteri rigidi e perentori, tali da dar luogo, nel caso di<br />

mancato rispetto, all’esclusione automatica dell’offerta, dovendo<br />

per contro, in caso di sensibile scostamento, la stazione<br />

appaltante disporre la verifica delle anomalie ai sensi dell’art.<br />

86, D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e in linea con il principio<br />

codificato dall’art. 55 della direttiva 31 marzo 2004 n.<br />

2004/18/CE. Dà atto che nel caso in esame a questa regola<br />

si è attenuta l’Amministrazione che, lungi dall’escludere immediatamente<br />

l’impresa ricorrente, ha richiesto a quest’ultima<br />

giustificazioni in ordine all’offerta presentata, con particolare<br />

riferimento all’indicazione del costo per la manodopera.<br />

In sede di contraddittorio l’aggiudicataria ha sostenuto che<br />

l’economia dell’offerta rispetto ai valori della tabella ministeriale<br />

si spiega con il miglior utilizzo del personale, che è in<br />

grado di offrire un numero di ore lavorate superiore a quelle<br />

indicate in tabella. Ma ad avviso del Tribunale il rilievo non è<br />

convincente atteso che è pacifico che, se per alcune voci le<br />

tabelle espongono dati non inderogabili, è altrettanto incontestabile<br />

che alle medesime è assegnata la funzione di parametro<br />

legale, il che comporta che lo scostamento dalle voci<br />

di costo, che nelle tabelle ministeriali risultano derogabili, in<br />

tanto può esser accettato, in quanto risulti puntualmente<br />

giustificato. Ed una tale dimostrazione deve essere particolarmente<br />

rigorosa con riferimento alle cd. ore annue mediamente<br />

lavorate dal personale, atteso che tale dato coinvolge<br />

eventi (malattie, infortuni, maternità) che non rientrano nella<br />

disponibilità dell’impresa e che quindi, per definizione, postulano<br />

stime particolarmente prudenziali. La conseguenza è<br />

che l’offerta, che si proponga di far conto su un numero di<br />

assenze del personale minori rispetto a quelle assunte a livello<br />

statistico e su un campione certamente rappresentativo<br />

dalle tabelle ministeriali, per essere accettata come plausibile<br />

deve essere accompagnata da significativi ed univoci<br />

dati probatori che, al di là di generiche affermazioni, sono invece<br />

mancati nella fattispecie considerata.<br />

PROCESSO AMMINISTRATIVO<br />

SUI PRESUPPOSTI PER L’AZIONE REVOCATORIA<br />

Consiglio di Stato, Ad. Plen., 10 gennaio 2013, n. 1 - Pres.<br />

Trovato - Est. Saltelli<br />

L’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione<br />

(ai sensi dell’art. 81 n. 4 del R.D. 17 agosto 1907,<br />

n. 642, ora dell’art. 106 c.p.a., e dell’art. 395, comma 4,<br />

c.p.c.) deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una<br />

pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto<br />

meramente materiale degli atti del giudizio, la quale<br />

abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base<br />

di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere<br />

un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente<br />

un fatto documentalmente provato; b) dall’attenere ad<br />

un punto non controverso e sul quale la decisione non<br />

abbia espressamente motivato; c) dall’essere stato un<br />

elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando<br />

perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione<br />

e la pronuncia stessa. Inoltre, l’errore deve<br />

apparire con immediatezza ed essere di semplice rileva-<br />

bilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini<br />

ermeneutiche.<br />

L’Adunanza Plenaria viene investita del ricorso per revocazione<br />

della pronuncia n. 30/2012 con la quale il massimo organo<br />

di giustizia amministrativa aveva affermato il seguente<br />

principio di diritto: «Nella gara per l’affidamento di contratti<br />

pubblici l’interesse fatto valere dal ricorrente che impugna la<br />

sua esclusione è volto a concorrere per l’aggiudicazione nella<br />

stessa gara; pertanto, anche nel caso dell’offerta economicamente<br />

più vantaggiosa, in presenza del giudicato di annullamento<br />

dell’esclusione stessa sopravvenuto alla formazione<br />

della graduatoria, il rinnovo degli atti deve consistere<br />

nella sola valutazione dell’offerta illegittimamente pretermessa,<br />

da effettuarsi ad opera della medesima commissione<br />

preposta alla procedura», respingendo uno dei motivi di<br />

appello e rimettendo l’affare alla Sezione per la decisione sugli<br />

ulteriori motivi di gravame. Le imprese appellanti, seconde<br />

classificate nella gara d’appalto conclusasi con il provvedimento<br />

di aggiudicazione impugnato, propongono revocazione<br />

avverso la citata sentenza per errore di fatto a causa<br />

della errata percezione delle peculiari modalità di svolgimento<br />

della gara in questione, come definite dalla sua lex specialis,<br />

ed in particolare della prescrizione secondo cui le offerte<br />

dei concorrenti dovevano essere valutate con il sistema del<br />

confronto a coppie.<br />

La Plenaria coglie l’occasione per fare il punto sui presupposti<br />

del rimedio revocatorio per errore di fatto, concludendo<br />

per l’inammissibilità del ricorso per revocazione. Al riguardo,<br />

i giudici di Palazzo Spada chiariscono i limiti che devono essere<br />

osservati per evitare che il ricorso per revocazione si<br />

traduca in un non consentito ulteriore grado di giudizio. L’errore<br />

revocatorio sul quale fonda la fase rescindente del rimedio<br />

deve essere caratterizzato da una pura e semplice errata<br />

od omessa percezione del contenuto meramente materiale<br />

degli atti del giudizio, dall’aver inciso su di un punto non controverso,<br />

dal rappresentare un elemento fondante della pronuncia,<br />

rimosso il quale viene a cadere il ragionamento logico-giuridico<br />

che ne è alla base e deve, inoltre, essere immediatamente<br />

rilevabile.<br />

L’errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista<br />

o abbaglio dei sensi che ha provocato l’errata percezione del<br />

contenuto degli atti del giudizio, determinando un contrasto<br />

tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente<br />

dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti<br />

di causa: esso pertanto non può confondersi con quello che<br />

coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare<br />

mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo<br />

materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione<br />

che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa<br />

della svista o abbaglio dei sensi.<br />

Pertanto, mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile<br />

nell’attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli<br />

atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al<br />

significato letterale, esso non ricorre nell’ipotesi di erroneo,<br />

inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali<br />

ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione<br />

del materiale probatorio ovvero quando la questione<br />

controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni<br />

ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione<br />

acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo<br />

se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la<br />

revocazione.<br />

354 Urbanistica e appalti 3/2013

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