guido alpa,mario bessone,andrea fusaro - Amministrazione in ...
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sociale (non pubblica) si pone per l <strong>in</strong>iziativa economica e per la proprietà,<br />
non come espressione di un naturale modo di essere, ma come direttiva di un dover<br />
essere; cioè, più precisamente, di un dover essere antisociale. Giacché se non si può<br />
dubitare che, proprio <strong>in</strong> quanto sussunte a momenti rilevanti del sistema e garantire,<br />
le posizioni del proprietario e dell imprenditore siano considerate, <strong>in</strong> astratto,<br />
come capaci di esprimere attività tali da concorrere «al progresso materiale e spirituale<br />
della società) nel senso <strong>in</strong>dicato dall art. 4 co. 2° Cost., non è detto poi che le<br />
attività che esse esprimono <strong>in</strong> concreto abbiano effettivamente quella caratteristica.<br />
Ne era talmente conscio il legislatore costituente, che si è preoccupato, a scanso di<br />
equivoci, di specificarlo <strong>in</strong> tutte le lettere con riferimento all una e all altra.<br />
E prendere atto di ciò significa, forse, affermare più o meno implicitamente che<br />
proprietà e <strong>in</strong>iziativa economica privata sarebbero riconosciute dalla Costituzione<br />
«come una sorta di delega dello Stato ai privati di un potere che non può essere altrimenti<br />
esercitato se non per il perseguimento della utilità collettiva»? In realtà, nessuno<br />
di coloro che quanto sopra hanno sostenuto, si è mai sognato di adombrare<br />
una simile conclusione, la quale o è il frutto della suggestione esercitata dalla prima<br />
delle due correnti destrorse ricordate ovvero discende da una concezione che nettamente<br />
dist<strong>in</strong>gue la sfera del diritto privato da quella del diritto pubblico e ritiene<br />
<strong>in</strong>ammissibile l impiego di strumenti tradizionalmente considerati come propri del<br />
secondo nell ambito del primo senza che ciò comporti un radicale mutamento della<br />
sostanza dei s<strong>in</strong>goli fenomeni, ai quali essi vengono applicati. Sembra provarlo la<br />
scandalizzata meraviglia di fronte al fatto che si sia osato ritenere soggetti al s<strong>in</strong>dacato<br />
dell autorità giudiziaria, sotto il profilo dell eccesso di potere, certi atti dell imprenditore,<br />
che, perciò, sarebbe trattato alla stregua di un organo della P.A [ ]<br />
Chi, tuttavia, non crede ai comportamenti stagni, chi sa che il sistema del diritto pubblico<br />
è già cresciuto sulle fondamenta bene o male gettate dal diritto privato, non<br />
può che essere anche conv<strong>in</strong>to della validità di un r<strong>in</strong>novamento del, <strong>in</strong> un certo<br />
senso, ormai vieto armamentario di questo, prendendo a prestito da quello gli strumenti<br />
più confacenti alle s<strong>in</strong>gole situazioni. E così pure, per es., l eccesso di potere<br />
(che, del resto, vale a r<strong>in</strong>giovanire e rendere più plausibile la visuale di quel fenomeno,<br />
non a caso assai controverso, che si denom<strong>in</strong>a, generalmente, abuso del diritto)<br />
o l <strong>in</strong>teresse legittimo (al quale anche dai privatisti si com<strong>in</strong>cia a guardare, <strong>in</strong><br />
una notevole serie di casi, con una certa, promettente curiosità).<br />
Per questo non si può non considerare frutto di un grosso equivoco (a parte la sua<br />
rilevanza del tutto negativa dal punto di vista del generale assetto dei rapporti sociali)<br />
la, più o meno semplicista, riscoperta della proprietà e dell impresa quali strumenti al<br />
servizio dell esclusivo <strong>in</strong>teresse egoistico del proprietario e dell imprenditore, ma, come<br />
tali, passibili di quelle limitazioni esteriori, che al legislatore e non al giudice<br />
piacesse di stabilire. Quasicché il giudice esercitando il suo controllo <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e a una<br />
eventuale antisocialità dell attività del proprietario o dell imprenditore non dovesse<br />
preoccuparsi dell osservanza di limiti (anche <strong>in</strong>terni, ma sempre limiti) già stabiliti dalla<br />
legge e, <strong>in</strong>vece, ne creasse ex novo.<br />
O quasicché sotto diverso angolo visuale la<br />
contestazione dell <strong>in</strong>quadramento dell una e dell altra sul piano delle attività (soltanto)<br />
<strong>in</strong> astratto capaci di contribuire al progresso sociale e, conseguentemente, la riconosciuta<br />
possibile rilevanza delle «esigenze oggettive» di esse (chiaramente affioranti,<br />
per es., nell art. 3 della l. 15.7.1966, n. 604) dovessero precludere def<strong>in</strong>itivamente ogni<br />
valutazione di merito del comportamento del proprietario e dell imprenditore, assicurando<br />
a esso una aprioristica qualificazione di «socialità» sufficiente a mascherare<br />
<strong>in</strong> concreto il meno arbitrio dell uno e dell altro. Giacché la preoccupazione appare<br />
duplice. Da un lato, <strong>in</strong>fatti, si teme che la pretesa «funzionalizzazione», che dovrebbe<br />
accompagnarsi alla prevista «funzione sociale», f<strong>in</strong>isca col rafforzare ancor più sul piano<br />
generale il privilegio di cui godono già i detentori del potere economico, rendendo<br />
sempre più difficile l eventuale <strong>in</strong>tervento limitativo del legislatore ord<strong>in</strong>ario. E, dall altro,<br />
si vorrebbe evitare una sorta di presunzione (iuris et de iure) di legittimità e<br />
congruità che dovrebbe discendere da quella stessa, pretesa «funzionalizzazione» e che<br />
dovrebbe coprire e rendere <strong>in</strong>attaccabili gli atti del «funzionalizzato». Cosa che sarebbe<br />
certamente esiziale, <strong>in</strong> particolare, nel campo delicato e <strong>in</strong>candescente dei rapporti<br />
di lavoro. Come si potrebbe, <strong>in</strong>fatti, protestare contro i provvedimenti del datore<br />
di lavoro, se costui, per def<strong>in</strong>izione, agisse al servizio e per l utilità dei lavoratori.<br />
(A. Natoli, La proprietà, Appunti dalle lezioni, II ed., Milano, 1976, pp. 278-284).<br />
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