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(P. Fadda, Alterne vicende nella modernizzazione<br />

nell’isola, articolo pubblicato<br />

sul numero 1/2001 si Sardegna Economica)<br />

L. Cafagna, La formazione di una base<br />

industriale fra il 1896 e il 1914, in A. Caracciolo,<br />

La formazione dell’Italia industriale,<br />

Laterza, Bari 1963, p. 152.<br />

L’economia italiana tra guerra e dopoguerra<br />

a cura di L. De Rosa, Laterza,<br />

1993<br />

la SES, Società Elettrica Sarda viene<br />

fondata a Livorno il 4 novembre 1911<br />

con un capitale sociale di lire 600.000 divise<br />

in seimila azioni con Alberto Lodolo<br />

nella figura di ammistratore delegato.<br />

Nel 1913 compariva in scena la Società<br />

Imprese Idrauliche ed Elettriche del<br />

Tirso, sempre con il supporto della Banca<br />

Commerciale Italiana e la Bastogi; l’azienda<br />

aveva un capitale iniziale di 3,5<br />

milioni di lire; scopo della nascente impresa<br />

era l’esplicita costruzione di bacini<br />

artificiali per la produzione di energia<br />

idroelettrica<br />

(M.Cadoni, La Società elettrica sarda dalla<br />

sua fondazione alla crisi degli anni Trenta,<br />

Laterza)<br />

34<br />

d i ARCh<br />

dipartimento di architettura - università di cagliari<br />

dottorato di ricerca in architettura - xxiv ciclo<br />

alle speculazioni offerte dalla produzione e dalla vendita del<br />

prezioso "carbone bianco".<br />

Lo sviluppo dell’industria elettrica in Italia, a differenza di<br />

altri Paesi come la Gran Bretagna, ove la fonte termica era<br />

predominante, si caratterizzò principalmente per l’uso delle<br />

fonti idriche, alleggerendo la dipendenza dai Paesi esportatori<br />

di carbone. Molti autori sottolineano l’importanza<br />

anche psicologica che rivestì lo sviluppo di quest’industria,<br />

grazie alla quale fu contrastata e indebolita "la<br />

convinzione, ancora abbastanza radicata, di una impossibilità<br />

per l’Italia di darsi un avvenire industriale per deficienza<br />

di base energetica: lo slogan allora diffuso di carbone bianco<br />

esprimeva questo stato d'animo"<br />

L’occasione si sarebbe trovata qualche anno dopo (1908), allorché<br />

proprio l'ingegner Omodeo avrebbe messo a punto,<br />

in sintonia con quell'élite urbana cagliaritana insediatasi attorno<br />

alla locale Camera di Commercio, un importante programma<br />

di opere pubbliche incentrato sulla realizzazione<br />

di diversi bacini artificiali nei principali fiumi. Egli infatti<br />

collegava il riscatto socioeconomico della Sardegna ad una<br />

trasformazione irrigua delle campagne ed alla costruzione<br />

di centrali idroelettriche. La disponibilità di elettricità, in<br />

quantità ed a buon mercato, avrebbe poi offerto grandi possibilità<br />

di sviluppo al settore della chimica industriale (per<br />

produrre concimi per l'agricoltura irrigua) e della metallurgia<br />

(per trasformare in metalli i minerali piombozinciferi<br />

dell'Iglesiente). A dare concretezza operativa a quel programma<br />

sarebbe intervenuta la legislazione a forte valenza<br />

meridionalista, voluta nel 1907 da Francesco Saverio Nitti,<br />

che affidava la realizzazione delle grandi opere elettro-irrigue<br />

nelle regioni meridionali all'intervento del capitalismo<br />

privato. Anche la "questione sarda" avrebbe quindi potuto<br />

risolversi in quello che lo statista lucano definiva un progetto<br />

di "democrazia industriale", fondato sull'alleanza tra gli<br />

industriali elettrici del Nord, tecnocrati riformatori e politici<br />

illuminati del Sud.<br />

L’occasione di matrimonio tra capitali privati venne colta<br />

dalla Banca Commerciale Italiana che, nel 1906 aprirà la prima<br />

sede fliliale a Cagliari sotto la direzione dell’ing. Giulio<br />

Dolcetta e dalla società Bastogi, nome col quale veniva<br />

identificata in borsa la Società Italiana per le strade ferrate<br />

meridionali, tramite la realizzazione di un invaso artificiale<br />

sul fiume Tirso. La prima era allora diretta (e fondata) da un<br />

tedesco di Danzica, Otto Joel, stabilitosi in Italia nel 1887,<br />

convinto assertore della necessità di intervento dei capitali<br />

privati al fine di colmare i ritardi nel processo di industrializzazione,<br />

su modello tedesco, specie in un paese come il<br />

nostro in cui gran parte della borghesia non era ancora propensa<br />

a investire il proprio denario in titoli azionari e imprese<br />

industriali.<br />

L’isola era fortemente in ritardo sui temi legati all’uso della<br />

risorse elettriche e l’illuminazione pubblica con lampade<br />

ad incandescenza a Cagliari verrà installata solo nell'aprile<br />

del 1914, trent'anni circa dopo Milano. La prima centrale<br />

termoelettrica da 1.715 kW era stata costruita in pieno<br />

centro, proprio di fronte alla Darsena, al termine della via<br />

Roma, dove oggi sorge l’attuale palazzo dell'ENEL. Ma già<br />

dal 1888 i cagliaritani avevano potuto apprezzare il miracolo<br />

della luce elettrica per via delle 200 lampadine Edison,<br />

alimentate da una piccola dinamo, installate per dare luce al<br />

teatro Civico.<br />

Nel luglio del 1913 una nuova legge “speciale” aveva autorizzato<br />

il governo a concedere ad un gruppo privato per la<br />

durata di sei decenni la costruzione e l'esercizio di serbatoi<br />

artificiali sul Tirso (Ula Tirso e Busachi), destinati a fornire<br />

acqua per l'irrigazione e produrre energia elettrica. L'opera<br />

sarebbe stata realizzata con una procedura - allora avveniristica<br />

- di project financing (al costruttore l'opera sarebbe stata<br />

data in concessione sessantennale, con in più l'esenzione<br />

decennale dai carichi tributari oltre a sovvenzioni annue ed

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