diARCh - UniCA Eprints
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nella pagina precedente<br />
diga di Gusana sul Taloro: tracciamento<br />
in gesso del profilo sulla sponda destra e<br />
primi scavi di sbancamento (1959-1960)<br />
(A.OMOD, P.TMM)<br />
a destra<br />
diga ad arco-gravità; particolare dell’attacco<br />
tramite pulvino alla sponda<br />
(A.OMOD)<br />
24<br />
d i ARCh<br />
dipartimento di architettura - università di cagliari<br />
dottorato di ricerca in architettura - xxiv ciclo<br />
2 un filone di ricerca<br />
E’ necessario assumere un nuovo punto di vista nel lavoro<br />
di studio e ricerca proprio dell’ingegneria idraulica e strutturale<br />
specificamente dedicato alle grandi infrastrutture per il<br />
governo delle acque e in particolare delle loro manifestazioni<br />
più evidenti e simboliche quali sono le dighe di ritenuta.<br />
Nel descrivere e praticare una metodologia di lavoro adatta<br />
verranno utilizzate, in corpi teorici ovviamente ridotti,<br />
una serie di questioni proprie della disciplina ingegneristica<br />
al fine di esplicitare l’argomento e descriverne al meglio le<br />
implicazioni costruttive, tecnologiche e formali. Tali argomentazioni<br />
verranno poi rilette attraverso le lenti disciplinari<br />
dell’architettura secondo i due focus della conservazione e<br />
ri-uso di un oggetto ora inteso come bene culturale in forza<br />
sia della fascinazione tecnologica che strutture così imponenti<br />
possiedono, che del valore del rapporto paesaggistico<br />
instaurato col territorio e della relazione con l’equilibrio antropologico<br />
delle comunità che su questo insistono.<br />
Questi valori sono da intendere come dinamici non solo<br />
perché legati alla soggettività del giudizio ed allo scorrere<br />
della storia degli uomini ma perché dinamico ed “inquieto”<br />
è il sistema diga che li genera.<br />
Un muro arcuato in calcestruzzo alto 120 metri e largo 316<br />
al coronamento (dimensioni della diga di Nuraghe Arrubiu<br />
sul Flumendosa in Sardegna) garantisce una prima impressione<br />
di estrema solidità e permanenza nel tempo; il lago da<br />
esso sotteso, con i suo 20km di sviluppo per 260 milioni di<br />
mc, offre anch’esso una immagine di immutabilità.<br />
Ma se riflettiamo che lo stesso immutabile specchio d’acqua<br />
sia generato da uno sbarramento che ha già superato ogni<br />
previsione di vita utile immediatamente ci viene restituita<br />
la realtà intima dell’oggetto che ne rivela invece la fragilità<br />
materiale e sistemica<br />
La metafora del colosso con i piedi di argilla non è certamente<br />
la più consona a rappresentare la realtà degli attuali<br />
invasi artificiali, ma si avvicina non poco alla rappresentazione<br />
di un sistema dinamico e inquieto che deve al fattore<br />
temporale una componete fondamentale della sua instabilità.<br />
Dunque la lettura completa e consapevole di questo sistema<br />
complesso ed “inquieto” offre una serie di questioni aperte<br />
che contribuiscono a perimetrare un filone di ricerca finora<br />
poco esplorato: l’architettura dei sistemi di governo delle<br />
acque.<br />
Punto di partenza della ricerca deve essere la descrizione<br />
del contesto storico nel quale prende corpo la politica energetica<br />
in Italia e alla sua principale fonte di energia motrice:<br />
l’acqua immagazzinata dalle primissime dighe costruite<br />
a supporto di una evoluzione industriale che, abbandonato<br />
il vapore, evolveva verso le nuove possibilità offerte dall’elettricità.<br />
A questa vicenda si intreccia la capacità di cogliere<br />
opportunità di sfruttare l’introduzione delle nuove tecnologie<br />
anche al fine di meglio infrastrutturare il territorio<br />
italiano, in particolar modo quello meridionale, grazie ad<br />
una intensa attività di bonifiche, specie in Sardegna, volte a<br />
riconvertire all’agricoltura ampi settori strappati alle paludi.<br />
In questo senso la costruzione dei primi invasi artificiali è<br />
stato coerente con la duplice necessità di offrire acqua per<br />
usi civili (slegata dalle evoluzioni stagionali) con una costante<br />
produzione di energia motrice.<br />
Lo sfruttamento delle grandi infrastrutture di contenimento<br />
è la storia dell’evoluzione ingegneristica di queste strutture:<br />
una storia la cui complessità deriva dai molteplici rimandi ad<br />
altre discipline non potendo ascrivere queste costruzioni ad<br />
una specifica figura o ad una materia di studio codificata.<br />
Nell’assenza di una Ingegneria delle Dighe sono derivate<br />
strategie progettuali molteplici e reciprocamente condizionate<br />
da discipline tra loro eterogenee la cui complessità si