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scenario<br />

05<br />

206<br />

d i ARCh<br />

dipartimento di architettura - università di cagliari<br />

dottorato di ricerca in architettura - xxiv ciclo<br />

ipotesi Procedure Forza del sistema<br />

Dismissione<br />

completa della<br />

diga, demolizione<br />

dello sbarramento e<br />

ripristino dei luoghi<br />

Rappresenta il caso limite, per via dei costi e delle criticità<br />

operative e amministrative, in Italia la dismissione completa<br />

di una diga è stata riservata per sbarramenti molto contenuti<br />

(sotto i 15m). All’estero rappresenta invece una prassi corrente,<br />

specie negli Stati Uniti, dove la normativa federale impone<br />

il ripristino dello stato naturale dei luoghi.<br />

Casi americani sono ad esempio la demolizione della diga di<br />

Condit, nello stato di Washington, una diga a gravità alta 38m<br />

terminata nel 1913 per la produzione di energia elettrica. La<br />

sua costruzione si è posta quale barriera insormontabile per<br />

la risalita dei salmoni lungo il White Salmon River e, nonostante<br />

l’imposizione di edificare diverse scale di rimonta per<br />

il transito dei pesci, la società energetica Pacific Group ritenne<br />

più conveniente la demolizione integrale ed il ripristino<br />

dei luoghi. Questa operazione rientra in vasto programma di<br />

demolizione delle dighe presenti sul sistema idrico dell’Elwha<br />

River, iniziato nel 1992 con un finanziamento statale iniziale<br />

di 350 milioni di dollari.<br />

Caso analogo per due dighe in Francia (alte rispettivamente<br />

15 e 12 metri) già analizzate nel paragrafo dedicato al decommissioning.<br />

Anch’esse demolite per il ripristino delle economie<br />

locali legati alla fauna ittica.<br />

Il ripristino dei luoghi offre un innegabile vantaggio: i ritorno<br />

ad una completa naturalità sia funzionale, con il ripristino<br />

dell’alveo fluviale, sia ambientale, con l’eliminazione della<br />

grande infrastruttura. Si tenga presente che i casi finora<br />

presenti in letteratura riguardano dighe molto anziane, prossime<br />

al secolo di vita: un dato temporale molto elevato per<br />

queste infrastrutture, ma del tutto trascurabile se confrontato<br />

al decorso temporale dei luoghi che le ospitavano; luoghi in<br />

cui la capacità intrinseca di riconquista degli spazi si esplicita<br />

nell’arco di pochi decenni. Nei fatti è possibile che nel corso<br />

di poche generazioni si perda persino il ricordo dell’invaso<br />

risultando illeggibili persino le tracce delle opere residue.<br />

A fronte della perdita completa del bene infrastrutturale si<br />

rileva il vantaggio di poter analizzare la struttura tramite<br />

metodi distruttivi e con modalità inattuabili nel caso di una<br />

conservazione integrale. Opportunità in grado di arricchire<br />

la letteratura scientifica nel campo della diagnosi dei degradi<br />

che interessano queste strutture, specie di quelle parti del tutto<br />

inaccessibili come le fondazioni e le opere di schermatura.

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