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diARCh - UniCA Eprints

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ARCHITETTURE PER IL GOVERNO DELL’ACQUA<br />

L’INFRASTRUTTURA RILETTA: IL SISTEMA IDRICO DEL TALORO (SARDEGNA)<br />

Criticità del sistema opportunità offerte da una ricerca nel campo delle<br />

architetture delle dighe<br />

Porre in dismissione una diga, riducendone il carico statico,<br />

tramite la riduzione della capacità di invaso, non elimina mai<br />

del tutto il fattore di rischio, sia che questo sia dovuto all’insorgere<br />

di criticità nel sistema costruttivo dello sbarramento,<br />

sia che riguardi la natura geo-morfologica dell’invaso,<br />

Tra queste la tipologia più a rischio è la dismissione per termine<br />

della concessione in cui, valutate le possibili strade (principalmente<br />

economica), si ritiene la soluzione più consona il<br />

non procedere allo svuotamento integrale dell’invaso a favore<br />

di una sua messa in sicurezza, ovvero declassarlo verso una<br />

tipologia che richieda un basso, se non nullo, impegno di diagnosi<br />

e controllo del sistema. Di fatto questa scelta porta quasi<br />

certamente all’abbandono dell’invaso posto in una sorta di<br />

“coma vigile” con conseguente lentezza con cui, ulteriori possibili<br />

fenomeni di degrado del sistema, verranno recepiti ed<br />

elaborati al fine di valutare un possibile aumento del fattore di<br />

rischio (essendo i diversi fenomeni di degrado tra loro vicendevolmente<br />

interconnessi con la comparsa contemporanea di<br />

varie tipologie che se non valutate per tempo, possono generare<br />

uno stato di degrado non più sostenibile, sia in termini di<br />

recupero che in termini di sicurezza).<br />

Il caso della diga di Santa Chiara sul Tirso è tuttora fondamentale<br />

in quanto nella letteratura italiana è finora la più alta<br />

diga (70m circa) in Italia a essere stata definitivamante dismessa;<br />

il suo iter passa attraverso due decenni in cui l’invaso<br />

venne ridotto a 1/3 per l’insorgere di fessurazioni nella<br />

struttura. L’importanza strategica dell’invaso (idrico – potabile<br />

– idroelettrico) ha infine suggerito la costruzione di un<br />

nuovo sbarramento a valle sommergendo quasi del tutto la<br />

precedente. In questo caso l’ente gestore, l’Enel, ha ritenuto<br />

conveniente la prosecuzione della concessione con un nuovo<br />

impianto a discapito della originaria struttura ora sacrificata.<br />

La dismissione per cambio di destinazione d’uso con variazione<br />

del livello dell’invaso pone, per la nostra disciplina, l’opportunità<br />

di ripensare il manufatto perché questo possa assolvere<br />

la nuova missione in sicurezza e in una configurazione<br />

forse diversa da quella originaria.<br />

Le opportunità offerte alla ricerca sono quindi la messa in<br />

pratica delle teorie formulate astrattamente sulla base di un<br />

apparato documentale storico che disegnano la struttura così<br />

come si presenta al momento della sua dismissione.<br />

Una ricerca in tal verso potrebbe partire dalla necessità di documentare<br />

nella sua interezza e complessità un bene in procinto<br />

di essere forse stravolto dalle nuove necessità idrauliche<br />

e statiche. Al contempo si apre l’opportunità per ripensare<br />

la struttura portando a sistema tutta una serie di riflessioni<br />

svolte sul valore architettonico della diga in quanto oggetto<br />

al fine di dotare l’intervento di un nuovo linguaggio architettonico<br />

e paesaggistico e non più solo utilitaristico, benché,<br />

come analizzato nel sesto capitolo, la perfezione idraulica e<br />

statica di queste infrastrutture suscitando meraviglia nell’osservatore<br />

innesca, a volte, un approccio estetico e culturale.<br />

In questo scenario si profila quindi non più la passibilità di<br />

preservare l’immagine estetica del bene, qualora questo ne abbia<br />

le qualità, guidando il lavoro dei futuri tecnici così come si<br />

farebbe nel caso di un edificio storico, ma bensì l’opportunità<br />

di ripensare l’immagine generale, pur nel rispetto della complessità<br />

originaria; che è anche il rispetto degli uomini che<br />

quelle strutture le hanno costruite.<br />

201<br />

alessandro sitzia<br />

dall’alto:<br />

Diga di Monte Crispu, Bosa (Sardegna);<br />

terminata nel 1961 è una diga ad arcogravità<br />

utilizzata per la sola laminazione<br />

delle piene; la diga non è invasabile in<br />

quanto mai collaudata.<br />

Diga di Pontisei, Veneto; terminata nel<br />

1956 è una diga a cupola il cui invaso è<br />

stato ridotto a seguito di alcuni eventi<br />

franosi all’iterno dell’invaso;<br />

Diga di Digonera, Veneto; è una diga a<br />

cupola la cui costruzione fu interrotta a<br />

seguito del distro del Vajont.<br />

(WIKI, PROG.D.)

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