diARCh - UniCA Eprints
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d i ARCh<br />
dipartimento di architettura - università di cagliari<br />
dottorato di ricerca in architettura - xxiv ciclo<br />
9. conclusioni<br />
Il presente lavoro si propone come apertura di una finestra<br />
sul complesso sistema che ruota attorno alla fenomenologia<br />
più materica ed espressiva della disciplina del governo delle<br />
acque attraverso un filone inedito, sia che lo si guardi sotto<br />
gli aspetti tecnici della disciplina dell’ingegneria idraulica,<br />
sia che lo si osservi sotto le lenti della disciplina architettonica.<br />
Come si è potuto leggere e prima ancora intuire, la<br />
diga e l’architettura sono due entità che finora hanno avuto<br />
un dialogo rarefatto, fatto di distanze incolmabili e di vicinanze<br />
rapidamente accorciate se non intersecate in alcuni<br />
casi notevoli documentati in queste pagine. Se la diga nasce<br />
come il perfezionamento tecnico di un problema fisico<br />
già in partenza raffinato ed elegante, il risultato, spesso, è<br />
anch’esso armonico. L’architettura d’altro canto disciplina<br />
l’armonia delle forme colmando il vuoto con oggetti pensati<br />
per il benessere fisico e psichico dell’uomo. L’intersezione<br />
tra le due discipline nasce da questo; occorre quantificarne e<br />
qualificarne la misura.<br />
Le presenti pagine si accostano al tema esplicitandolo secondo<br />
i rapporti duali di criticità e forza, decadimento e utilità,<br />
fisica ed estetica, perdita e conservazione.<br />
Un primo dato che emerge con forza è l’insospettabile fragilità<br />
di oggetti apparentemente duraturi se parametrizzati<br />
alla massa del materiale resistente (spesso oltre il milione di<br />
mc di calcestruzzo); una fragilità intrinseca ed ineliminabile,<br />
perché deriva dalle condizioni a contorno: l’acqua a monte<br />
e la roccia su cui la diga è vincolata. Elementi dinamici e<br />
quindi non regimentabili del tutto. Successivamente entrano<br />
in gioco i parametri temporali che legano l’usura all’insorgere<br />
di degradi che renderanno presto la struttura non più<br />
sicura, e quindi inutile.<br />
Il secondo dato che emerge è la carenza di procedure condi-<br />
vise nella dismissione del patrimonio di dighe ormai usurate<br />
dall’età. Negli esempi proposti e dalla lettura della legislazione<br />
attuale emerge la limitatezza disciplinare che si manifesta<br />
in procedure differenti secondo un approccio caso per<br />
caso; su sistemi peraltro dimensionalmente molto ridotti se<br />
confrontati con la media delle grandi dighe italiane ed europee<br />
realizzate a cavallo tra l’ultima guerra e gli anni ’60. L’aspetto<br />
metodologico, così come le manifestazioni di usura<br />
sul sistema invaso-diga viene in questo caso esplicitato quale<br />
contributo alla costruzione di un quadro sufficientemente<br />
esplicativo circa la comprensione del sistema dinamico e inquieto<br />
più volte citato.<br />
Il terzo dato è la mancanza di una narrazione storica che<br />
abbia come filo unico la costruzione delle dighe in Italia.<br />
Si è visto, nel capitolo dedicato al collegamento tra eventi,<br />
opere e progettisti, come una storia dell’ingegneria legata<br />
agli sbarramenti sia possibile e con rimandi molteplici e<br />
qualificati, pur essendo ogni singolo caso un evento quasi<br />
unico per la complessità e la varietà dei parametri fisici e<br />
ambientali in gioco. Anelli di giunzione sono le prove sperimentali<br />
dell’istituto ISMES dove, nella medesima struttura,<br />
si testavano tutte le grandi dighe italiane e molte straniere,<br />
accanto ai modelli degli edifici più innovativi della crescita<br />
industriale italiana del dopoguerra (grattacielo Pirelli,<br />
Torre Velasca, i Wessel delle costruende centrali atomiche,<br />
i viadotti della nascente rete autostradale nazionale e altri<br />
ancora); frammenti di queste storie sono conservati negli<br />
archivi ministeriali, negli uffici periferici del Genio Civile,<br />
negli archivi degli Enti di Bonifica o nelle aziende produttrici<br />
di energia elettrica poi confluite nell’Enel nel 1963; e<br />
ancora nei dati grafici e fotografici delle prove idrauliche<br />
effettuate nei dipartimenti di idraulica delle diverse facoltà<br />
di ingegneria interessate, negli archivi privati dei fotografi<br />
incaricati della documentazione dei lavori e delle opere. La<br />
lista potrebbe proseguire oltre fino ad giungere agli archivi