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14<br />

d i ARCh<br />

dipartimento di architettura - università di cagliari<br />

dottorato di ricerca in architettura - xxiv ciclo<br />

1.2 l’urgenza di una riflessione sui sistemi di invaso<br />

artificiali. Si calcola che nel territorio italiano vi siano in<br />

esercizio 545 grandi dighe (su circa 9.000 sbarramenti), ovvero<br />

strutture di altezza superiore a 15 metri e con capacità<br />

di invaso superiore al milione di metri cubi. La Sardegna secondo<br />

i dati del 2006, ad oggi, può contare su un patrimonio<br />

costituito da 59 dighe, di cui 4 dismesse o non invasabili e 3<br />

in costruzione per un volume di acqua invasata superiore ai<br />

due miliardi di mc.<br />

La costruzione di dighe in epoca moderna, dall'inizio '900<br />

ad oggi, è stata conseguenza, nel nostro come in altri Paesi,<br />

dei cambiamenti economici e sociali legati ai processi di industrializzazione.<br />

In Italia, le fasi in cui più intensi sono stati<br />

i processi realizzativi hanno coinciso con il periodo 1920-<br />

1940 (quindi tra le due guerre mondiali) ed il periodo postbellico<br />

1950-1970. Ne consegue che una parte significativa<br />

di dighe abbia largamente superato quella che era ritenuta,<br />

all'epoca della costruzione, la vita utile dell'opera (stimata<br />

in 50-60 anni). Il processo di invecchiamento delle dighe<br />

esistenti è, inevitabilmente, accompagnato dal manifestarsi<br />

di fenomeni sia fisiologici sia patologici che impongono già<br />

oggi interventi volti alla conservazione della condizione di<br />

pieno esercizio. In proiezione futura, qualche decina d’anni,<br />

occorrerà prendere in considerazione, attraverso un approccio<br />

razionale e generalmente codificato, la dismissione delle<br />

dighe non più in grado di assolvere con sicurezza o con<br />

soddisfacente ritorno economico le funzioni previste all’atto<br />

della loro progettazione e realizzazione. Allargando l’orizzonte<br />

a considerazioni di tipo generale è da sottolineare che,<br />

mentre il fabbisogno di riserve idriche è in continua crescita,<br />

la costruzione di nuove dighe nei paesi più industrializzati<br />

(salvo poche eccezioni come ad es. la Spagna) è un fatto<br />

sempre più raro per mancanza di siti favorevoli, per vincoli<br />

legati all’intensa antropizzazione del territorio, per una diffusa<br />

ostilità da parte di molti settori della pubblica opinione.<br />

Dunque già oggi si pone e si porrà sempre più nel futuro, la<br />

necessità di trovare soluzioni ad una contraddizione che è<br />

destinata a divenire sempre più marcata.<br />

Si pongono quindi le condizioni affinché l’oggetto diga divenga<br />

sempre più una risorsa intesa come investimento volto<br />

a salvaguardare un bene difficilmente convertibile. Lo<br />

è nella pratica: interventi come la demolizione in loco, il<br />

trasporto in altra sede del materiale di risulta, il ripristino<br />

ambientale dei luoghi e la loro messa in sicurezza con il ripristino<br />

della perfetta funzionalità idraulica, a fronte di un<br />

volume stimato di calcestruzzo di qualche centinaia di migliaia<br />

di metri cubi sono di tale portata ed impegno finanziario<br />

ed impongono la pianificazione di complesse macchine<br />

organizzative che possono essere confrontate a quelle<br />

impiegate per l’edificazione. A queste considerazioni vanno<br />

accompagnate altre di natura economica e giuridica legate<br />

alla proprietà della struttura, al gestore, e a tutti quei soggetti<br />

interessati e gravanti a valle del bacino.<br />

All’affollata platea dei soggetti direttamente interessati alla<br />

gestione del futuro del sistema-diga va aggiunto un nuovo<br />

portatore d’interessi che, a seguito della avvenuta storicizzazione<br />

del manufatto, si pone quale ulteriore interlocutore<br />

chiamato a tutela del bene. Accade così che ai sensi del<br />

decreto Urbani (D.Lgs 42/2004), invasi con più di 70 anni<br />

(ovvero edificati prima del 1942) siano sottoposti a verifica<br />

di interesse culturale da parte del Ministero per i Beni e le<br />

Attività Culturali che, in alcuni casi, si tradurrà nell’imposizione<br />

del vincolo di tutela.<br />

1.3 l’intervento normativo. Il Decreto Legge n°79 del 29<br />

marzo 2004 individua la straordinaria necessità ed urgenza<br />

di emanare disposizioni per la messa in sicurezza delle<br />

grandi dighe per le quali risulti assente il concessionario di<br />

derivazione o il richiedente la concessione e per le quali non<br />

abbia avuto luogo la dismissione definitiva. Questo tenu-

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