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diARCh - UniCA Eprints

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e l’estetica, Giannini editore – pag 104).<br />

Certamente una diga non possiede i caratteri per calarsi mimeticamente<br />

nel suo ambiente: sono eccessive le dimensioni<br />

(fino e oltre i 100 metri di altezza per svariate centinaia di<br />

metri di larghezza), è artificiale la materia (benché il calcestruzzo<br />

venga confezionato con gli inerti cavati in loco) ed<br />

infine è chiaramente artefatta la forma, benché derivata da<br />

leggi cosmogoniche.<br />

Eppure non può non suscitare meraviglia e interesse; essa si<br />

incunea nella valle instaurando con il paesaggio un rapporto<br />

paritetico dimensionale ed evocativo. Come una lama di<br />

un coltello affonda nella roccia portandone in evidenza la<br />

forma, astraendola geometricamente dal contesto (naturalmente<br />

spontaneo e casuale) per poi condensarsi nella materia<br />

grigia e liscia del calcestruzzo. A monte del coltello la<br />

superficie dell’acqua seziona l’orografia del bacino idrografico<br />

con un taglio, questa volta orizzontale, che ne rivela il<br />

profilo con un’unica e precisa curva di livello o, come visto<br />

prima, una superficie equipotenziale che divide il paesaggio<br />

in un sopra (luogo delle visioni esperibili) e un sotto (il luogo<br />

sommerso del ricordo).<br />

Certamente l’istallazione di una diga non è un gesto gentile<br />

e indolore. Il paesaggio ne risulta sconvolto già nel corso<br />

delle lavorazioni preliminari sulle fondazioni che prevedono<br />

lo scorticamento a roccia viva in corrispondenza delle reni<br />

della costruzione, i sondaggi per l’iniezione dello schermo di<br />

impermeabilizzazione e le gallerie per gli scarichi di fondo;<br />

gli inerti del calcestruzzo vengono prelevati in loco o in cave<br />

immediatamente limitrofe, spesso con l’utilizzo di tecniche<br />

di coltivazione che poco si sposano con la tranquilla monotonia<br />

dei luoghi. Ciò che risalta, nelle immagini d’archivio<br />

che documentano l’avanzata del cantiere di qualunque<br />

invaso artificiale, è proprio lo sconvolgimento dello stato<br />

dei luoghi; segnati da percorsi camionabili, terrazzamenti,<br />

baracche o villaggi per le maestranze, discariche (a volte di<br />

ARCHITETTURE PER IL GOVERNO DELL’ACQUA<br />

L’INFRASTRUTTURA RILETTA: IL SISTEMA IDRICO DEL TALORO (SARDEGNA)<br />

dimensioni paragonabili alla diga stessa) e quant’altra modifica<br />

fosse funzionale al solo cantiere. Tali immagini sono<br />

tanto forti quanto è ancora più evidente la differenza con lo<br />

stato attuale dei luoghi in cui la natura riprende possesso di<br />

tutti gli artifici del terreno non più funzionali ad una gestione<br />

ordinaria dell’invaso riuscendo a fornire un’immagine di<br />

grande armonia; come una vitale e lenta avanzata, la natura<br />

si riappropria delle slabbrature saldando il grande muro alle<br />

pareti dei pendii rendendo così il passaggio tra i due elementi<br />

netto e preciso. Il ruolo di grande cesoia del muro ne esce<br />

così rafforzato in quanto interamente intelligibile alla vista.<br />

Il carattere di immediata espericità della infrastruttura è<br />

forse uno degli elementi più forti alla base della analisi estetica<br />

della stessa; sono i fattori ambientali, unici nel loro genere,<br />

e le ovvie implicazioni fisiche che richiedono un muro<br />

verticale incuneato dentro una valle, a rendere immediatamente<br />

leggibile l’intera infrastruttura. Certo, di una diga<br />

vediamo solo l’intero involucro esterno, quello a valle, ma<br />

questo basta a definirne la funzione, a descriverne didascalicamente<br />

la tipologia. Qualsiasi sia la quota alla quale viene<br />

vissuta l’esperienza di contatto visivo con essa, la diga rivela<br />

sempre la sua forma grazie al gioco delle ombre portate sulle<br />

sue pareti o, più semplicemente, la linea del coronamento<br />

resa netta dal contrasto con il cielo. Nel presente caso di<br />

studio, la diga di Gusana si impone alla vista con la raffinata<br />

eleganza della sua curvatura asimmetrica (evento raro in<br />

quanto i progettisti tendono sempre a organizzare i centri di<br />

curvatura su un unico asse) ponendosi quale evento unico e<br />

riconoscibile, ma al contempo, rispettoso nelle proporzioni<br />

con i monti che la sottendono.<br />

Tale è il prodotto dell’ingegno umano, quindi architettura.<br />

127<br />

alessandro sitzia<br />

Antonio S.Elia, Centrale (idro)elettrica<br />

1914, (WIKI, WEB)

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