diARCh - UniCA Eprints
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totalmente privi di infrastrutturazione primaria e che, solo<br />
grazie a queste opere, vengono incisi e definitivamente trasformati<br />
dalla mano dell’uomo.<br />
In riferimento alla più generale situazione dell’industria di<br />
costruzione in Italia che abbiamo detto essere prevalentemente<br />
artigianale, il cantiere della diga in calcestruzzo ne<br />
estende a dismisura i margini e quindi le strutture e le esigenze.<br />
È infatti necessario un cantiere estremamente organizzato,<br />
nel quale la “catena di montaggio” delle centrali di<br />
betonaggio proceda a ciclo continuo giorno e notte e produca<br />
volumi di impasto che non hanno eguali nella realizzazione<br />
di nessuna altra struttura civile; per far ciò è indispensabile<br />
la continuità degli approvvigionamenti di aggregati<br />
dalle cave prossime all’impianto ed il loro trasporto attraverso<br />
blondins e derricks, il passaggio attraverso i frantoi<br />
ed infine la miscela e il getto del corpo della diga. I sistemi<br />
di elevazione della struttura sono diversi e a volte molto sofisticati,<br />
ma tutti basati sul concetto di continuità verticale<br />
della massa di calcestruzzo, con casseforme rampanti e traslanti<br />
che di volta in volta abbandonano i getti appena questi<br />
raggiungono una consistenza che ne permetta l’autoportanza<br />
per spostarsi verso la realizzazione del concio successivo<br />
secondo schemi in parallelo o a scacchiera.<br />
Le principali imprese specializzate in dighe italiane sono<br />
poche e ricorrenti, tra le più note dell’epoca come la Lodigiani<br />
di Milano, la Pietrobon di Belluno, la Ferrocemento di<br />
Roma, ect. e utilizzano sistemi costruttivi codificati e serializzati,<br />
che solo in caso di particolare criticità trovano il pretesto<br />
per un avanzamento o innovamento del sistema, che<br />
mantiene altrimenti una connotazione abbastanza ripetitiva.<br />
Ancora una volta troviamo, anche se in forma “gigantesca”<br />
ed enfatizzata, il cantiere tradizionale italiano, in cui le grandi<br />
gru sostituiscono il trasporto manuale delle caldarelle e<br />
gli strumenti topografici svolgono il ruolo del filo a piombo,<br />
ma senza mutarne la natura.<br />
ARCHITETTURE PER IL GOVERNO DELL’ACQUA<br />
L’INFRASTRUTTURA RILETTA: IL SISTEMA IDRICO DEL TALORO (SARDEGNA)<br />
Se la crescente complessità di progetto delle più generali<br />
strutture in calcestruzzo armato ha portato alla “scomparsa”<br />
della figura dell’ingegnere strutturista quale unico<br />
soggetto su cui convergeva la responsabilità dell’ideazione e<br />
della costruzione, a tanto maggior ragione l’ancor più spinta<br />
multidisciplinarietà del progetto di uno sbarramento idraulico<br />
(che contempera geologia, geotecnica, statica, idraulica,<br />
fisica, meccanica, biologia, economia e scienze sociali per<br />
dire delle principali discipline coinvolte) si può dire abbia<br />
contribuito, oltre ai già citati effetti della saturazione territoriale,<br />
alla recente crisi in materia di costruzione di dighe.<br />
Forse è dunque nella scomparsa di quella figura di ingegnere<br />
olistico, tipicamente ottocentesca e ancora presenta nella<br />
prima metà del XX secolo che va ricercata la crisi regressiva<br />
del progetto di dighe e più in generale di grandi strutture.<br />
109<br />
alessandro sitzia<br />
diga a gravità in muratura di Bussari<br />
Bassa, terminata nel 1879 è alta 27.5m<br />
per una capacità di invaso di 0.46 Mmc<br />
(RID.C)