09.06.2013 Views

diARCh - UniCA Eprints

diARCh - UniCA Eprints

diARCh - UniCA Eprints

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Jappelli, R. “Dalle storie di dighe ad una<br />

storia dell’ingegneria delle dighe in Italia”, in<br />

Atti del 3° Convegno di Storia dell’Ingegneria,<br />

Napoli, 2010.<br />

108<br />

d i ARCh<br />

dipartimento di architettura - università di cagliari<br />

dottorato di ricerca in architettura - xxiv ciclo<br />

gativa di alcuni fatti tragici e la saturazione del territorio<br />

nazionale con lo sbarramento della maggior parte dei bacini<br />

convenientemente sfruttabili per fini energetici od irrigui.<br />

Il numero delle dighe in Italia è andato crescendo con velocità<br />

variabile. Nel 1910 si aggirava intorno ad una decina.<br />

Successivamente la crescita è monotona fino al 1920, quando<br />

si raggiunge il numero di 30; dopo il 1920 l’attività costruttiva<br />

si incrementa fino alle 200 unità prima della guerra.<br />

Dal 1950 il ritmo riprende e si porta a circa 10 opere/<br />

anno, tanto che nel 1970 il numero delle dighe del Paese è<br />

circa raddoppiato. Ma intorno al 1970 si è manifestata una<br />

fisiologica frenata: nei successivi 30 anni sono state costruite<br />

cento opere, con un ritmo pari a circa un terzo del precedente.<br />

La citata fonte indica che nel 1996 il numero delle<br />

dighe di competenza del Servizio Dighe si sensi della legge<br />

584/94 era di 567.<br />

Se si possono evidenziare analogie, è anche giusto e forse più<br />

interessante notare una delle più evidenti differenze, e cioè<br />

l’assenza dello stallo durante il ventennio fascista ed anzi un<br />

particolare sviluppo delle opere di regolamentazione idraulica<br />

durante al stagione delle grandi bonifiche in un’ottica<br />

di maggior sviluppo dell’agricoltura e quindi la necessità di<br />

una certa costanza irrigua, dell’eliminazione delle superfici<br />

stagnanti ai fini della lotta antimalarica e dello sviluppo di<br />

fonti energetiche alternative a quelle tradizionali attraverso<br />

lo sfruttamento del “carbone bianco”.<br />

È singolare, dal punto di vista di questo studio, considerare<br />

come la storia moderna della costruzione di dighe in Italia<br />

parta dalla Sardegna, sia che si consideri la prima diga costruita,<br />

lo sbarramento in muratura di Corongiu, in comune<br />

di Sinnai, del 1866 oggi demolita, sia che si consideri la più<br />

antica tra quelle oggi esistenti e cioè la diga a gravità in calcestruzzo<br />

denominata Bunnari Bassa, in comune di Sassari,<br />

risalente al 1879. Fatto non casuale e strettamente legato alla<br />

particolare combinazione di fattori fisico-geografici, econo-<br />

mici e sociali che caratterizzano l’isola ed al suo contradditorio<br />

processo di sviluppo.<br />

Considerando preliminarmente i sistemi costruttivi, lo schema<br />

diga parte dall’idea di parete piena che contiene il volume<br />

idrico retrostante, tale sbarramento viene in prima battuta<br />

realizzato in muratura e, come accade nella più generale<br />

storia dell’architettura, questo apparato viene sviluppato<br />

fino alle potenzialità estreme, passando dalla statica della<br />

massa a quella discontinua degli speroni e degli irrigidimenti<br />

con archi e volte. Ad emblema della raffinatezza raggiunta<br />

nella costruzione delle dighe in muratura, citiamo il caso<br />

della Diga di Santa Chiara ad Ula Tirso in Sardegna, nella<br />

quale a partire da un primo progetto a firma di Omodeo<br />

con struttura massiccia, subentra una seconda versione a firma<br />

dell’ing. Kambo che propone una struttura discontinua<br />

costituita da alti speroni in muratura e volte a sezione di<br />

cono nella parte a monte per contrastare la spinta dell’acqua.<br />

Kambo riesce a conciliare le esigenze della committenza di<br />

rapidità ed economicità della struttura agendo sulla sottrazione<br />

di materiali attraverso lo svuotamento e integrando<br />

le voltine sottili in calcestruzzo per trasmettere e distribuire<br />

la spinta idrostatica in un periodo in cui, se la manodopera<br />

era una merce a buon mercato, l’estrazione di materiale e la<br />

sua movimentazione rappresentava invece una quota parte<br />

predominante sull’opera.<br />

In una fase successiva dello sviluppo applicativo, la struttura<br />

muraria viene integralmente sostituita dal calcestruzzo<br />

che, quasi universalmente non armato, lavora inizialmente<br />

soprattutto a gravità, con elevati spessori e quindi corrispondente<br />

complessità di gestione del cantiere dovute alla<br />

necessità di approvvigionamento continuo dei getti.<br />

Un’interessante analogia tra progetto di ponti e di dighe è<br />

legata all’evoluzione del cantiere e all’industrializzazione dei<br />

sistemi costruttivi. In entrambi i casi si tratta di strutture di<br />

grande dimensione che vengono realizzate in luoghi quasi

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!