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psc quadro conoscitivo - Unione Valli Savena Idice

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Comunità Montana Cinque <strong>Valli</strong> Bolognesi<br />

COMUNI DI LOIANO, MONZUNO, PIANORO<br />

COMUNITÀ MONTANA CINQUE VALLI BOLOGNESI<br />

Presidente: Andrea Marchi<br />

COMUNE DI LOIANO COMUNE DI MONZUNO COMUNE DI PIANORO<br />

Sindaco: Giovanni Maestrami Sindaco: Andrea Marchi Sindaco: Simonetta Saliera<br />

Ufficio di Piano<br />

Comunità Montana Cinque <strong>Valli</strong> Bolognesi: Arch. Ferdinando Petri - Ing. Mario Di Lodovico<br />

Comune di Loiano: Arch. Eva Gamberini - Comune di Monzuno: Ing. Massimo Milani - Comune di Pianoro: Dott. Luca Lenzi<br />

Responsabili di progetto:<br />

Arch. Carla Ferrari<br />

Arch. Rudi Fallaci - Tecnicoop soc.coop.<br />

Ing. Roberto Farina - Oikos Ricerche s.r.l.<br />

Consulenti e collaboratori:<br />

per le analisi sul sistema della pianificazione e sul sistema insediativo attuale:<br />

arch. Carla Ferrari, arch. Luca Biancucci (Tecnicoop soc.coop), dott. urb. Mario Scarpari di Prà Alto, dott. urb. Alida Spuches<br />

per le analisi socio-economiche e gli scenari insediativi:<br />

dott. urb. Francesco Manunza - Oikos Ricerche srl - dott. Paolo Trevisani (Tecnicoop soc.coop) - arch. Guido Pongiluppi<br />

per le analisi delle persistenze storiche e dei tessuti urbani:<br />

arch. Enrico Guaitoli Panini, arch. Irene Esposito, arch. Barbara Varini, dott. arch. Cecilia Carattoni, dott. arch.Giovanni Buffagni<br />

per le analisi archeologiche: dott. Paolo Campagnoli, dott. geol. Carlo Del Grande (Ambiente Terra)<br />

per le analisi sugli aspetti geologici, geomorfologici, sismici ed idraulici:<br />

dott. geol. Aldo Quintili, dott. geol. Marco Massacci, dott. geol. Marina Silvestri,<br />

dott. geol. Valeriano Franchi, dott. geol. Stefania Asti, ing. Adelio Pagotto,<br />

dott. geol. Gianluca Vaccari, dott. Fausto Melotti, ing. Yos Zorzi<br />

per le analisi della mobilità e del traffico: ing. Francesco Mazza, ing. Fabio Cerino (Airis srl)<br />

per le analisi sul rumore e sulla qualità dell'aria: dott.sa Francesca Rametta, ing. Irene Bugamelli, ing. Gildo Tomassetti (Airis srl)<br />

per le analisi sui temi energetici: ing. Gionatan Ruscelli, ing. Gildo Tomassetti (Airis srl)<br />

per le analisi sul territorio rurale (agricoltura, paesaggio, ecosistemi):<br />

dott. agr. Salvatore Giordano, arch. Camilla Alessi, (Airis srl), dott. for. Paolo Rigoni, dott. agr. Michele Sacchetti<br />

SUOLO-SOTTOSUOLO-ACQUA<br />

gennaio 2008<br />

agg.<br />

aprile 2009 RELAZIONE<br />

QC.6/R


INDICE<br />

COMUNI DI<br />

LOIANO, MONZUNO, PIANORO<br />

P.S.C.<br />

QUADRO CONOSCITIVO<br />

QC.6/R<br />

SUOLO – SOTTOSUOLO – ACQUE: RELAZIONE<br />

6.1 SUOLO E SOTTOSUOLO Pag. 3<br />

6.1.1 INQUADRAMENTO FISIOGRAFICO Pag. 3<br />

6.1.2 GEOLOGIA E PROPENSIONE AL DISSESTO (Tavola QC.6/t1)<br />

6.1.3 CARTA DELLE ATTITUDINI ALLE TRASFORMAZIONI<br />

Pag. 7<br />

EDILIZIO - URBANISTICHE DEL TERRITORIO (Tavola QC.6/t2)<br />

Pag. 23<br />

6.1.4 NEOTETTONICA E SISMICITÀ Pag. 29<br />

6.1.5 PERICOLOSITÁ SISMICA LOCALE (EFFETTI DI SITO) (Tavola QC.6/t3) Pag. 36<br />

6.1.6 LIMITI E CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO Pag. 45<br />

6.2 ACQUE Pag. 46<br />

6.2.1 ACQUE SUPERFICIALI Pag. 46<br />

6.2.1.1 Il sistema idrografico Pag. 48<br />

6.2.1.2 Officiosità idraulica del reticolo idrografico principale Pag. 55<br />

6.2.1.3 Qualità delle acque superficiali Pag. 59<br />

6.2.2 IL SISTEMA FOGNARIO E DI SCOLO Pag. 66<br />

6.2.2.1 Officiosità idraulica del reticolo di scolo Pag. 67<br />

6.2.2.2 Il sistema della depurazione Pag. 90<br />

6.2.3 ACQUE SOTTERRANEE Pag. 92<br />

6.2.3.1 Struttura idrogeologica Pag. 92<br />

6.2.3.2 Permeabilità dei terreni Pag. 93<br />

6.2.3.3 Le sorgenti Pag. 98<br />

1<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


6.2.3.4 Aree di possibile alimentazione e aree di ricarica (rocce magazzino) Pag. 102<br />

6.2.3.5 Vulnerabilità delle acque sotterranee Pag. 105<br />

6.2.3.6 Elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee Pag. 112<br />

6.2.4 LIMITI E CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO Pag. 117<br />

6.3 SUOLO – SOTTOSUOLO – ACQUE : VINCOLI E TUTELE AMBIENTALI ESISTENTI Pag. 120<br />

6.4 CRITICITÀ ED EMERGENZE GEOLOGICO-AMBIENTALI Pag. 155<br />

6.5 PERICOLOSITA’ E RISCHIO IDROGEOLOGICO DEGLI ELEMENTI DI COMPETENZA<br />

COMUNALE E PERICOLOSITA’ IDRAULICA DEI CORSI D’ACQUA MINORI E MINUTI<br />

IN PROSSIMITA’ DELLE PRINCIPALI AREE URBANE DI FONDOVALLE<br />

Pag. 157<br />

CARTOGRAFIA DI ANALISI RIDOTTA IN FORMATO A3<br />

2<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


6.1 SUOLO E SOTTOSUOLO<br />

6.1.1 INQUADRAMENTO FISIOGRAFICO<br />

Il territorio dei 3 Comuni si configura, da<br />

un punto di vista fisiografico, come un<br />

tipico territorio collinare appenninico, con<br />

tre dei quattro ambiti tipici principali ben<br />

rappresentati: mancando quello di prima<br />

quinta collinare e pedecollinare<br />

(appannaggio esclusivo del territorio<br />

comunale di San Lazzaro di <strong>Savena</strong>, subito<br />

a nord e a valle di quello di Pianoro) sono<br />

presenti quello collinare propriamente<br />

detto per la maggior parte della<br />

Panoramica della media valle del Torrente <strong>Savena</strong><br />

superficie dei tre territori; poi quello<br />

montano, più tipico del crinale tosco - emiliano posto poco più a sud ed a monte, che nel<br />

territorio di studio compare in un limitato ambito territoriale nel Comune di Monzuno, il<br />

gruppo di M.te Venere; infine quello dei fondivalle terrazzati: <strong>Valli</strong> del T. <strong>Savena</strong> e del T.<br />

Setta principalmente, Valle del T. Zena in misura minore, per la scarsa ampiezza dei suoi<br />

terrazzi alluvionali. La Valle del Setta è la più occidentale delle tre, quella del <strong>Savena</strong> è<br />

centrale rispetto al territorio dei 3 Comuni e frapposto alle altre due, e quella dello Zena è<br />

la più orientale; i tre corsi d'acqua citati, e conseguentemente i crinali principali che<br />

fungono da spartiacque e le relative valli, presentano un andamento grossomodo S - N.<br />

Mentre della Valle del T. Setta è incluso nel territorio in esame soltanto un tratto del<br />

fianco destro del suo medio corso, corrispondente alla porzione più occidentale del<br />

territorio comunale di Monzuno (oltre ad un breve tratto del fianco sinistro della Valle,<br />

dove il confine si incunea in quello che generalmente è il territorio di Marzabotto,<br />

individuando così un "oltre - Setta monzunese"), della Valle del <strong>Savena</strong> è presente invece un<br />

cospicuo tratto che corre per l'intera lunghezza dei tre territori (attraversando quello di<br />

Pianoro e dividendo quello di Loiano da quello di Monzuno); la Valle dello Zena è<br />

rappresentata infine dalla sua testata multipla praticamente fino al suo sbocco in pianura,<br />

poco meno di cinque chilometri prima dalla confluenza nel T. <strong>Idice</strong>, poco a nord del confine<br />

comunale fra Pianoro e S. Lazzaro.<br />

Il confine ovest del territorio considerato è attestato per la parte meridionale, come si è<br />

già detto, lungo il corso del T. Setta (eccetto quanto evidenziato sopra) mentre per quella<br />

più settentrionale, corrispondente all'estremo lembo nord del territorio di Monzuno e a<br />

tutto il territorio di Pianoro, corre all'incirca sullo spartiacque Setta/Reno - <strong>Savena</strong> tranne<br />

nell'area della vallecola del Rio di Molinelli (zona dell'abitato di Montelungo), che essendo<br />

un tributario del F. Reno, insiste sul fianco destro della relativa Valle, sebbene ricadendo<br />

nel territorio comunale di Pianoro. Ad oriente invece lo spartiacque T. Zena - T. <strong>Idice</strong> funge<br />

spesso da limite territoriale, tranne che per alcuni tratti: nella zona di Casola Canina, dove<br />

il territorio pianorese va a ricomprendere anche l'omonimo calanco il cui collettore idrico è<br />

tributario sinistro del T. <strong>Idice</strong>; in una limitata porzione del versante destro della Valle<br />

dello Zena, dove il confine comunale di Monterenzio abbandona il crinale da Poggio Scanno<br />

fino a M.te Cavare per scendere fino all'alveo del corso d'acqua; ed infine per un lungo<br />

tratto che va dall'abitato di Ca' di Bazzone a quello di Monterenzio (entrambi situati per la<br />

maggior parte sul fondovalle dell'<strong>Idice</strong>), dove il territorio comunale di Pianoro abbandono lo<br />

spartiacque nel tratto M.te Cavare - M.te Ceresa - Monte della Vigna per scendere fino a<br />

3<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


mezza costa del versante sinistro del suddetto corso d'acqua, ricomprendendo le parti alte<br />

delle vallecole dei Rii Sabattini, Viaratta, Baragozza - Olgnago nonché gran parte del<br />

piccolo massiccio del M.te delle Formiche.<br />

Fig. 6.1.1.1 – Inquadramento fisiografico<br />

4<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Dal punto di vista dell'orografia, le quote più elevate si rinvengono, come accennato, nel<br />

gruppo di M.te Venere (spartiacque Setta - <strong>Savena</strong>), costituito dalle vette di M.te Poggio<br />

Santa Croce (837 m s.l.m.), M.te Venere (965 m s.l.m.), Poggio Monte Venere (822 m s.l.m.),<br />

elencate provenendo da sud e tutte nel territorio comunale di Monzuno; sullo stesso crinale<br />

le quote si abbassano abbastanza repentinamente proseguendo verso settentrione, e si<br />

incontrano l'area urbanizzata di Monzuno (Villa Torchi 678 m s.l.m.), poi Monterumici (577<br />

m s.l.m.), M.te Adone (654 m s.l.m.), per finire in un lungo crinale senza toponimi orografici<br />

(che attraversa però l'abitato di Montelungo, posto a 324 m s.l.m.) fino a Poggio Pellizzano<br />

(335 m s.l.m.) dove lo spartiacque Reno - <strong>Savena</strong> (il T. Setta è oramai confluito nel F. Reno<br />

un paio di chilometri a monte) entra in un lembo del territorio comunale di Sasso Marconi<br />

(M.te Samorre 377 m s.l.m.) per passare poco dopo nel Comune di Bologna.<br />

Sullo spartiacque <strong>Savena</strong> - Zena, provenendo dalla pianura, si incontrano il M.te Croara<br />

(283 m s.l.m.) con il suo sistema carsico di inghiottitoi e grotte (l'unica nel territorio<br />

comunale di Pianoro è la Buca dell'Acqua Fredda), M.te Calvo (389 m s.l.m.), M.te Ca'<br />

dell'Albero (290 m s.l.m.), M.te Arnigo (407 m s.l.m.), Poggio Maggiore (403 m s.l.m.), Poggio<br />

Ganna (367 m s.l.m.), M.te Rosso (591 m s.l.m.) nei pressi dell'abitato di Livergnano, fin qui<br />

tutte vette situate nel territorio comunale di Pianoro; il crinale procede verso sud ed entra<br />

nel territorio di Loiano dove viene frequentemente intersecato dalla S.P. (ex - S.S.) 65<br />

della Futa, con i relativi insediamenti abitativi: si incontrano il M.te Vaiolo (631 m s.l.m.), nei<br />

pressi dell'abitato di Guarda, M.te Castellari (708 m s.l.m.), Poggio Bellaria (665 m s.l.m.)<br />

nei pressi di Sabbioni, M.te Bastia (792 m s.l.m.) sovrastante il Capoluogo di Loiano, infine il<br />

cocuzzolo dell'Osservatorio (791 m s.l.m.), per poi uscire dal confine meridionale del<br />

territorio comunale nei pressi dell'agglomerato di Madonna dei Boschi (865 m s.l.m., nel<br />

Comune di Monghidoro).<br />

Lo spartiacque Zena - <strong>Idice</strong><br />

attraversa il colle su cui sorge<br />

l'abitato dell'Eremo (302 m<br />

s.l.m.); prosegue poi verso Casola<br />

Canina (282 m s.l.m.),<br />

costeggiando l'omonimo calanco<br />

rivolto verso NE e la Valle<br />

dell'<strong>Idice</strong>; si snoda<br />

gradualmente elevandosi di<br />

quota molto progressivamente e<br />

con scarsi dislivelli attraverso<br />

Poggio Scanno (288 m s.l.m.),<br />

Crinale Zena-<strong>Idice</strong> tra Casola Canina e Poggio Scanno<br />

M.te Cavare (407 m s.l.m.),<br />

Poggio del Monte (364 m s.l.m.), M.te Ceresa (412 m s.l.m.), M.te della Vigna (459 m s.l.m.),<br />

e da qui con un'impennata quasi brusca arriva a M.te delle Formiche (640 m s.l.m.), dalla<br />

tipica forma piramidale isolata, per finire a M.te Lupo (458 m s.l.m.) che giace per poche<br />

decine di metri all'interno del territorio comunale di Monterenzio, mentre tutte le altre<br />

alture citate si trovano nel territorio di Pianoro.<br />

Come si è potuto notare dalle quote elencate, l'energia del rilievo (intesa come dislivello<br />

assoluto) è quasi ovunque piuttosto bassa, con i fondivalle principali posti fra i circa 90 ÷<br />

100 m s.l.m. (tratti settentrionali di <strong>Savena</strong> e Zena) e i 380 m s.l.m. del <strong>Savena</strong> ai piedi del<br />

massiccio di M.te Venere, o i 275 m s.l.m. di Fornace Zena per l'omonimo torrente, ovvero,<br />

per il Setta, fra i 155 m s.l.m. presso Vado e i 240 m s.l.m. in prossimità del confine<br />

comunale con Grizzana, mentre i relativi crinali spartiacque si aggirano attorno a 280 ÷ 300<br />

m verso nord fino a 600 ÷ 700 m s.l.m. verso sud, eccezion fatta per l'ambito più<br />

propriamente montano del gruppo di M.te Venere che svetta a poco meno di 1000 m di<br />

5<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


quota, e per qualche altra vetta isolata, come M.te della Bastia a quasi 800 m. L'intensità<br />

del rilievo (intesa invece come acclività dei versanti) può invece essere classificata come<br />

elevata nel primissimo lembo territoriale di Pianoro per la presenza delle ripide per quanto<br />

basse pendici dei gessi e dei terreni argillosi a struttura caotica (che spesso creano<br />

calanchi piccoli ma spettacolari), cui segue un'intensità di medio livello in tutta la zona<br />

centrale dello stesso territorio comunale, determinata dalla presenza delle Argille azzurre<br />

plioceniche, talvolta però interrotta dai bastioni rupestri arenacei della porzione sommitale<br />

di questo substrato.<br />

Ancora verso sud, proprio a cavaliere<br />

della fascia di confine dei tre<br />

territori comunali si rinviene la<br />

notevole fascia trasversale del<br />

Contrafforte Pliocenico vero e<br />

proprio, caratterizzato da un<br />

andamento molto acclive e a tratti<br />

sub-verticale, trasversale alle tre<br />

valli principali. Da questo<br />

allineamento verso sud, tutto il<br />

territorio studiato mostra un<br />

intensità del rilievo dai caratteri<br />

(seppure non dall'elevazione)<br />

Contrafforte pliocenico tra Livergnano e la Valle dello Zena<br />

montani, con pendenze dei versanti<br />

sempre o quasi sempre superiori ai 20°, con le valli piuttosto profondamente incise e a<br />

tratti incanalate fra ripide e scoscese pareti: si ricordano sul T. <strong>Savena</strong> le Gole di Scascoli,<br />

ma si rinvengono luoghi simili anche lungo il corso superiore del T. Zena (fra Zenarella e il<br />

Rio dei Cani, dove la valle attraversa, incidendolo, il Contrafforte Pliocenico), o nel tratto<br />

più a monte del <strong>Savena</strong>, appunto ai piedi del massiccio di M.te Venere.<br />

Oltre alle tre valli principali ed a numerose vallecole dei vari affluenti dei corsi d'acqua<br />

maggiori, conformano il territorio almeno alcune altre valli minori: si tratta di quelle<br />

coalescenti dei Rii Laurinziano - Gorgognano – Monazzano (Pianoro), nonché la parte bassa<br />

della Val Sambro (Monzuno), la cui parte sommitale giace nel territorio di S, Benedetto Val<br />

di Sambro, appunto. Le prime, che confluiscono nei pressi dell'abitato di Botteghino di<br />

Zocca nel Torrente Zena, modellano una vasta porzione del territorio comunale di Pianoro,<br />

quella posta fra la valle dello Zena vera e propria e quella del <strong>Savena</strong> dall'altezza di Pianoro<br />

Vecchia fino a Pianoro Nuova, con un andamento dendritico dovuto al substrato argilloso<br />

pliocenico che rende il paesaggio locale assai variegato, con la creazione di altri spartiacque<br />

minori (quello del M.te Belmonte fra R. Lauriziano e R. Gorgognanno, la cresta Gorgognano -<br />

Poggio dei Mori - M.te Brinello fra R. Gorgognano e T. Zena). Il breve tratto terminale della<br />

Val Sambro è presente invece nel settore sud-occidentale del territorio comunale di<br />

Monzuno, ed è caratterizzato da una pendenza basale del corso d'acqua piuttosto<br />

accentuata e dai fianchi significativamente acclivi nella parte più prossima all'alveo del T.<br />

Sambro, che si addolciscono nella loro porzione più elevata.<br />

6<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Un'ulteriore movimentazione della fisiografia locale è dovuta alla conformazione della<br />

parte alta del bacino imbrifero del T.<br />

Zena, a monte della località fornace di<br />

Zena, oramai in territorio di Loiano:<br />

risalendo controcorrente il corso<br />

Valle del torrente Zena<br />

d'acqua, si trova una diramazione che<br />

proviene da SW che si snoda fra<br />

terreni argillosi fino alle porte di<br />

Loiano capoluogo, passando fra gli<br />

abitati di Sabbioni e Scanello arroccati<br />

sui rispettivi crinali (il secondo sorge<br />

appunto sullo spartiacque minore che<br />

divide i due bacini dello Zena); l'altro<br />

ramo, quello principale, prosegue verso<br />

sud incidendo una profonda forra nei<br />

ripidi pendii marnosi e fittamente boscati di M.te Bibele (in sinistra idraulica, e nel<br />

territorio di Monterenzio) e di un suo cocuzzolo gemello senza nome (in destra) per poi<br />

risalire verso la zona meno acclive e completamente destinata all'agricoltura attorno a<br />

Quinzano; qui si ritrova la struttura dendritica della porzione culminale del bacino dello<br />

Zena, dove i suoi ruscelli iniziali prendono i nomi di Rio Lamme, Rio Gnazzano, Rio dei Boschi,<br />

Rio Costazza, Rio della Balza della Picca, e raggiungono lo spartiacque nella zona di Ca' di<br />

Romagnoli e Ca' del Bel Minghino verso gli 800 m di quota.<br />

6.1.2 GEOLOGIA E PROPENSIONE AL DISSESTO (Tavola QC.6/t1)<br />

Si è preferito evitare la riproduzione diretta della Carta Geologica dell'Appennino Emiliano<br />

- Romagnolo, edita dal Servizio Cartografico della Regione Emilia - Romagna (strumento di<br />

base condiviso dalla comunità dei geologi regionali) sebbene sia stata assunta come fonte,<br />

dandone per scontata la conoscenza e la reperibilità sia come materiale cartaceo che in<br />

versione informatizzata, ed utilizzata come base dati per successive elaborazioni. La scelta<br />

è stata invece quella di fornirne una rielaborazione che pare agli scriventi assai più<br />

direttamente attinente al tema della pianificazione territoriale e che fa riferimento al<br />

lavoro del dott. G. Bertolini "Carta del dissesto geologico attuale - Foglio 218 SE<br />

Carpineti" 1 dove l'autore proponeva un nuovo tipo di rappresentazione cartografica,<br />

incentrato appunto sul dissesto geologico. In particolare, ma in estrema sintesi, l'assunto<br />

era quello di rappresentare i diversi fenomeni di dissesto geologico individuati tramite il<br />

rilevamento diretto od indiretto sul territorio , nonché di accorpare le diverse formazioni o<br />

membri geologici individuati dalla Carta Geologica regionale di base secondo un "indice di<br />

franosità", ricavato per ciascun litotipo sulla base della superficie di affioramento<br />

raffrontata percentualmente a quella occupata dai relativi dissesti.<br />

Con le chiare e semplici parole dell'autore: "La franosità di un versante, ovvero il fatto che<br />

esso sia stabile o no, dipende dalla sussistenza ed entità di un alto numero di fattori che,<br />

se agenti insieme, possono portare il pendio al collasso. Questi fattori sono molteplici e di<br />

varia natura, come: litologia, acclività, struttura, assetto degli strati, pressioni neutre,<br />

piovosità, solubilità ed erodibilità, sismicità dell'area, etc. Tra tutti, il fattore più<br />

importante è sicuramente la caratteristica litologica e geomeccanica delle formazioni<br />

costituenti il versante. All'interno di ogni versante sussistono forze che hanno una<br />

1<br />

Edito nel 1994 dal Servizio Cartografico della Regione Emilia - Romagna<br />

7<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


componente, più o meno importante, verso valle, che tendono cioè a "staccare" porzioni di<br />

esso; se le caratteristiche di "resistenza agli sforzi di taglio" intrinseche della roccia sono<br />

superiori a queste ultime il versante non franerà; franerà invece se sarà vero il contrario.<br />

Si può dire quindi a ragione che vi siano formazioni del substrato più predisposte al<br />

dissesto di altre, ma non è detto che ogni versante da esse costituito franerà; questo<br />

dipenderà da molti altri fattori. Vi sono infatti aree molto stabili il cui substrato è<br />

costituito da formazioni predisposte al dissesto (ad esempio un crinale o una zona poco<br />

acclive), mentre vi sono zone molto instabili su formazioni poco predisposte al dissesto.<br />

Rimane comunque il fatto che la prima informazione utile, la più importante per stabilire la<br />

predisposizione al dissesto, è normalmente la costituzione litologica del sottosuolo, ossia la<br />

formazione geologica che lo costituisce".<br />

Questa tesi, del tutto condivisibile, porta quindi a dire che la carta tematica di cui si parla,<br />

e che viene fornita come elaborato QC.6/t1, costituisce una base informativa per chi<br />

debba pianificare il territorio, dove le frane vere e proprie costituiscono fattore di<br />

esclusione (e perciò come elemento di tutela o per meglio di dire di "salvaguardia" per chi<br />

deve costruire o utilizzare un nuovo edificio o infrastruttura), mentre i raggruppamenti<br />

litologici secondo il loro comportamento geomeccanico tendenziale forniscono<br />

un'indicazione di massima che, se del caso, deve poi essere confermata o meno sulla base<br />

della valutazione di tutti gli altri elementi che concorrono alla stabilità (o<br />

all'instabilizzazione) di un versante ricordati sopra, condotta a livello di indagine<br />

geognostica locale, e perciò di successivo approfondimento rispetto a questa sede<br />

(relazione geologica e geotecnica per i P.O.C.).<br />

Il territorio dei 3 Comuni risulta costituito da 40 diverse unità geologiche (formazioni,<br />

membri o litofacies che siano), appartenenti a successioni stratigrafiche diverse per età ed<br />

ambiente deposizionale. Per le finalità del presente lavoro esse sono state raggruppate in 4<br />

gruppi di comportamento tendenziale nei riguardi della loro propensione al dissesto,<br />

individuati, come si accennava sopra, sulla base del loro indice di franosità formazionale<br />

locale: IFFL), inteso come superficie di tutti i fenomeni di dissesto (ma non le coperture<br />

detritiche di versante) presenti nei terreni di affioramento di una data unità geologica,<br />

come cartografati dalla Carta Geologica di base, divisa per la superficie di affioramento di<br />

quella data unità, all'interno dell'areale di studio (il territorio amministrativo dei 3 Comuni)<br />

moltiplicato 100 (IFFL = s° / S° x 100 secondo l'enunciazione originale di Bertolini).<br />

I 4 gruppi vengono così denominati e descritti:<br />

• "A - franosità bassa" se l'indice risulta inferiore al 10%; si tratta generalmente di unità<br />

geologiche costituite da areniti o calcareniti in strati e banchi massivi o con rare<br />

intercalazioni pelitiche;<br />

• "B - franosità media, arenarie prevalenti" se l'indice risulta compreso fra il 10% ed il<br />

20%; unità geologiche costituite da alternanze di strati arenitici o calcarenitici con<br />

interstrati pelitici, in cui la componente pelitica risulta minoritaria rispetto alla<br />

prevalente componente più grossolana;<br />

• "C - franosità media, peliti prevalenti", con indice ancora compreso fra il 10% ed il 20%;<br />

unità geologiche costituite da alternanze con le peliti prevalenti sulle areniti e<br />

calcareniti), ovvero da marne con frazioni argillose od arenacee;<br />

• "D - franosità elevata" con indice superiore al 20%; unità geologiche costituite<br />

essenzialmente da argille e argilliti spesso a struttura caotica con inclusi lapidei di varia<br />

natura.<br />

La suddivisione fra il Gruppo B ed il Gruppo C consente, a parità di percentuale di superficie<br />

interessata dai dissesti, di distinguere la tipologia prevalente dei fenomeni franosi: diffusi<br />

e non eccessivamente vasti colamenti superficiali che raramente coinvolgono porzioni<br />

profonde, nei terreni assegnati al Gruppo C; maggiormente profondi e più vasti scoscendi-<br />

8<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


menti rotazionali o traslazionali in quelli del Gruppo B. E' possibile una distinzione di massima<br />

nella tipologia dei fenomeni anche per gli altri due Gruppi: in "A", dove i terreni hanno<br />

generalmente consistenza lapidea, i fenomeni sono spesso rappresentati dai crolli, che per<br />

il loro sviluppo cinematico rapido risultano essere i più pericolosi per l'uomo e le sue attività;<br />

in "D" invece si rinvengono vasti e profondi fenomeni generalmente afferenti a scoscendimenti<br />

rotazionali e traslazionali a sviluppo cinematico lento, spesso classificati quiescenti<br />

dalla Carta Geologica regionale, e perciò presumibilmente dovuti a condizioni climatiche<br />

del passato assai differenti da quelle odierne; essi risultano tendenzialmente meno<br />

pericolosi proprio per i tempi lunghi in cui si sviluppano, ma sono comunque in grado di causare<br />

agli edifici ed alle infrastrutture dapprima danni lievi, che via via vanno aggravandosi,<br />

fino a renderne necessario lo spostamento per il venir meno della convenienza economica<br />

del ripristino dei danni o degli interventi localizzati di consolidamento dei fenomeni stessi.<br />

Pare opportuno specificare che, a differenza del metodo originale, considerate le finalità<br />

del presente lavoro, l'attribuzione all'uno o all'altro Gruppo è avvenuta<br />

preponderantemente sulla base dell'indice di franosità locale calcolato per il territorio<br />

interessato, e solo in maniera accessoria da altre considerazioni (formazionali, ecc.).<br />

La tavola rappresenta appunto anche i fenomeni di dissesto riportati dalla Carta Geologica<br />

regionale, sia come perimetro che come classificazione ("attiva" o "quiescente" a seconda<br />

del suo stato di mobilizzazione o rimobilizzazione noto); questi sono i soli fenomeni<br />

considerati nel calcolo dell'indice di franosità. Sono riportati dalla medesima fonte anche i<br />

depositi eluvio - colluviali di versante, e quelli alluvionali terrazzati di fondovalle, che,<br />

ovviamente non sono stati presi in considerazione. Per i calanchi si è ricorso a quelli<br />

cartografati dalle tavole del P.T.C.P., dato che generalmente la superficie cartografata<br />

coincide con il coronamento della struttura, ossia con la porzione effettivamente<br />

sottoposta ad intensi fenomeni erosivi 2 e perciò a dissesto. La legenda della tavola<br />

comprende i seguenti termini:<br />

Frane attive (in evoluzione)<br />

Accumuli gravitativi di materiale eterogeneo ed eterometrico con evidenze di movimento in<br />

alto o recenti.<br />

Frane quiescenti<br />

Accumuli gravitativi di materiale eterogeneo ed eterometrico apparentemente stabilizzato.<br />

Depositi antropici<br />

Grandi accumuli artificiali di materiale eterogeneo provenienti da scavi di gallerie<br />

(Deposito T.A.V. di smarino di Rio Calanchi - Loiano).<br />

Depositi alluvionali in evoluzione<br />

Ghiaie e sabbie prevalenti, localmente blocchi e materiali fini depositati dalle dinamiche<br />

fluviali e torrentizie recenti.<br />

Depositi alluvionali fissati dalla vegetazione<br />

Ghiaie e sabbie prevalenti, localmente blocchi e materiali fini depositati dalle dinamiche<br />

fluviali e torrentizie sub-recenti, parzialmente o totalmente stabilizzati dall'avvento<br />

spontaneo della vegetazione.<br />

2<br />

e non, come per esempio nel corrispondente strumento della Provincia di Modena, alla struttura calanchiva<br />

intesa come un unicum percettivo e quindi ricomprendente anche le porzioni dell'anfiteatro non soggette a<br />

dissesto, secondo un approccio più prettamente paesaggistico.<br />

9<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Terrazzi fluviali di vario ordine<br />

Ghiaie e sabbie prevalenti, localmente materiali fini depositati dalle dinamiche fluviali<br />

pregresse, spesso ricoperti da coltre pedogenizzata limoso - argillosa, del tutto<br />

stabilizzati.<br />

Depositi e detriti di falda<br />

Materiale eterogeneo ed eterometrico accumulato per gravità e ruscellamento (depositi di<br />

versante) o per trasporto torrentizio (conoide torrentizia attiva o prevalentemente<br />

stabilizzata); sabbie, limi e argille in genere notevolmente pedogenizzati entro depressioni<br />

morfologiche (depositi eluvio - colluviali); materiali eterometrici ed eterogenei accumulati<br />

per gravità alla base di scarpate in degradazione (detriti di falda).<br />

Orlo di scarpate di terrazzo<br />

Ciglio superiore di scarpata di terrazzo alluvionale in evoluzione per erosione laterale di<br />

sponda da parte del corso d'acqua.<br />

Orlo di scarpata di frane<br />

Ciglio superiore di scarpata di frana in evoluzione per erosione superficiale diffusa o<br />

concentrata dovuta all'azione delle acque di corrivazione.<br />

10<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Fig. 6.1.2.1 – Geologia e propensione al dissesto su base semplificata<br />

Per il territorio dei 3 Comuni, l'applicazione del metodo fin qui illustrato alla realtà locale<br />

ha consentito di effettuare il raggruppamento e la classificazione di franosità delle diverse<br />

unità geologiche presenti fra quelle riconosciute descritte e classificate dalla Carta<br />

Geologica regionale, secondo lo schema che segue.<br />

11<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Gruppo A (ADO1 - ADO2 - CIG - GES - LOI - PAT - PAT3 - PAT2)<br />

ADO - FORMAZIONE DI MONTE ADONE<br />

Unità litostratigrafica prevalentemente arenitica con abbondante matrice siltoso -<br />

argillosa, alternata a peliti sabbiose con stratificazione da sottile a spessa a geometria<br />

tabulare e lenticolare. Verso l'alto aumenta la frequenza delle peliti. Spesso stratificazione<br />

non ben evidente per bioturbazione. La cementazione è da media a scarsa, spesso<br />

differenziale con presenza di "cogoli" generalmente allineati sub parallelamente alla<br />

stratificazione. La formazione è internamente suddivisa in 2 membri in rapporti di parziale<br />

sovrapposizione e di notevole eteropia laterale. Potenza da oltre 300 metri. Contatto<br />

inferiore stratigrafico in continuità su RUM. Sedimentazione di ambiente fluviale e marinomarginale.<br />

Piacenziano – Calabriano?.<br />

ADO1 - MEMBRO DI MONTE MARIO.<br />

Arenarie e subordinati conglomerati a stratificazione da media a molto spessa, tabulare,<br />

obliqua a grande scala e localmente cuneiforme. Potenza da poche decine di metri a 350 m.<br />

Piacenziano – Calabriano?. Indice di franosità formazionale locale: 8,02%.<br />

Indice di franosità formazionale locale suddiviso per zone territorialmente omogenee (cfr.<br />

oltre):<br />

A occidente del torrente <strong>Savena</strong>: 0,57%; a oriente del torrente <strong>Savena</strong>: 10,27%.<br />

ADO2 - MEMBRO DELLE GANZOLE.<br />

Areniti fini e subordinate peliti sabbiose in strati da medi a molto spessi a geometria<br />

tabulare cuneiforme e concava. Macrofossili concentrati in letti. Distinta la litofacies<br />

ADO2ap data da corpi arenacei decametrici, intercalati in peliti. Potenza massima<br />

complessiva di 650 m. Piacenziano – Calabriano?. Indice di franosità formazionale locale:<br />

6,23%.<br />

Indice di franosità formazionale locale suddiviso per zone territorialmente omogenee (cfr.<br />

oltre):<br />

A occidente del Torrente <strong>Savena</strong>: 1,51%; a oriente del Torrente <strong>Savena</strong>: 9,78%.<br />

CIG - FORMAZIONE DI CIGARELLO<br />

Marne siltoso - sabbiose, talora argillose grigie, bioturbate e fossilifere. Stratificazione<br />

generalmente poco evidente per l'assenza di livelli grossolani e per la bioturbazione.<br />

Potenza di circa 500 m. Contatto in discontinuità su CTG, limite inferiore graduale rapido o<br />

in discontinuità su PAT. Sedimentazione in piattaforma esterna e scarpata - bacino.<br />

Langhiano sup. - Serravalliano. Indice di franosità formazionale locale: 9,30%.<br />

GES - FORMAZIONE GESSOSO SOLFIFERA<br />

Gesso selenitico in banchi con cristalli traslucidi geminati a "coda di rondine", di dimensioni<br />

anche decimetriche, gessoareniti e gessoruduti con intercalate peliti bituminose e calcari<br />

dolomitici. Sono presenti sottili livelli di siltiti fini grigio chiaro gradate, con sabbia fine<br />

organogena alla base, che passano a marne siltose grigie compatte a laminazione ondulata.<br />

Potenza variabile da pochi metri ad oltre 200 m. Limite inferiore graduale rapido su GHL<br />

(Formazione dei "Ghioli di Letto"). Evaporiti di ambiente lagunare a subtidale. Suddivisa in<br />

due membri (Membro di Rio Sgarba - GES2; Membro di Monte La Pieve - GES1). Messiniano.<br />

Indice di franosità formazionale locale: 7,93%.<br />

LOI - FORMAZIONE DI LOIANO<br />

Arenarie arcosiche risedimentate da fini a molto grossolane, a luoghi<br />

microconglomeratiche, in genere scarsamente cementate grigio - biancastre. Strati da<br />

medi a molto spessi fino a massicci, tabulari, con a tetto subordinate peliti scure; a luoghi<br />

presenze di brecce e conglomerati. Localmente è presente una litozona arenaceo - pelitica<br />

12<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


(LOIap) con A/P circa uguale a 1. Alla base e nella parte inferiore della formazione sono<br />

presenti due membri arenitici descritti separatamente. Potenza massima di oltre 700 m<br />

circa, interdigitata a scala regionale ad MMP. Contatto inferiore su BAI2, MOV e BAI3.<br />

Sedimentazione torbiditica, in bacino confinato profondo. Luteziano sommitale –<br />

Priaboniano. Indice di franosità formazionale locale: 7,95%.<br />

PAT - FORMAZIONE DI PANTANO<br />

Areniti in prevalenza finissime, generalmente ricche in matrice marnosa in strati da medi a<br />

spessi generalmente poco evidenti, di colore grigio chiaro, a geometria piano-parallela<br />

senza strutture interne conservate a causa dell'intensa bioturbazione. Presenti resti di<br />

Echidni, |Gasteropodi e Lamellibranchi. Cementazione medio - elevata. Nella parte inferiore<br />

la granulometria è particolarmente fine ed associata ad una stratificazione mediamente più<br />

sottile ed ad una diffusa silicizzazione. Sono presenti vari membri con complessi rapporti,<br />

sia verticali che laterali. Potenza complessiva da 150 a 400 m circa. Contatto inferiore in<br />

discontinuità con CTG o ANT1. Sedimentazione di ambiente litorale e di piattaforma.<br />

Burdigaliano sup. - Langhiano inf. Indice di franosità formazionale locale: 9,88%.<br />

PAT3 - MEMBRO DI CALVENZANO<br />

Areniti ibride da medie a fini, localmente grossolane in strati da medi a molto spessi,<br />

risedimentate, alternate ad arenarie siltose e siltiti marnose grigiastre con A/P < 10. Alla<br />

base è stata distinta una litozona arenitica (PAT3a) con A/P > 10. Potenza fino a 150 m.<br />

Eteropia ed interdigitazione con PAT. Burdigaliano sup. - Langhiano inf. Indice di franosità<br />

formazionale locale: 8,58%.<br />

PAT2 - MEMBRO DI MONTECUCCOLO<br />

Biocalcareniti ed areniti ibride giallastre da fini a molto grossolane, localmente<br />

microconglomeratiche, con stratificazione prevalentemente obliqua a media e grande scala.<br />

Potenza fino a 150 m. Contatto inferiore su PAT1 o su ANT2; eteropia laterale con PAT.<br />

Burdigaliano sup. - Langhiano inf. Indice di franosità formazionale locale: 0,00% (si tratta<br />

esclusivamente di un affioramento di un paio di ettari di ampiezza, senza alcun dissesto<br />

presente).<br />

8,02%<br />

INDICE DI FRANOSITA'FORMAZIONALE LOCALE (%)<br />

9,78%<br />

9,30%<br />

7,93%<br />

7,95%<br />

9,88%<br />

8,58%<br />

ADO1 ADO2 CIG GES LOI PAT PAT3<br />

Gruppo B (ANT4 - CIGa - CIG5 - MOHa - FCOa)<br />

ANT4 - Formazione di Antognola - MEMBRO DI ANCONELLA<br />

Areniti arcosiche grigio-giallastre da molto grossolane a fini. risedimentate. Subordinate<br />

peliti nerastre e marne argillose grigio verdi in intervalli molto sottili o sottili al tetto degli<br />

strati arenacei, Stratificazione tabulare da molto spessa o massiva per amalgamazione;<br />

13<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


apporto A/P generalmente >> 10. Potenza massima di oltre 600 m. Corpo interdigitato a<br />

scala regionale ad ANT. Sedimentazione torbiditica. Chattiano? - Burdigaliano inf.?. Indice<br />

di franosità formazionale locale: 18,22%.<br />

CIGa - Formazione di Cigarello - LITOFACIES ARENACEA<br />

Torbiditi arenaceo - pelitiche (A/P maggiore o uguale a 1/1) con arenarie medio - fini a<br />

gradazione poco accentuata e peliti grigio scure in strati da spessi a sottili, spesso<br />

amalgamati. Costituiscono corpi lenticolari di estensione chilometrica. Potenza compresa<br />

tra 40 e 100 m. Langhiano - Serravalliano. Indice di franosità formazionale locale: 18,27%.<br />

CIG5 - Formazione di Cigarello - MEMBRO DI MONTERENZIO<br />

Alternanze arenaceo - pelitiche in strati medi amalgamati (A/P circa 2/1): Potenza variabile<br />

da qualche decina di metri a circa 200 m. Sedimentazione torbiditica. Serravalliano. Indice<br />

di franosità formazionale locale: 11,88%.<br />

MOHa - Formazione di Monghidoro - LITOFACIES ARENACEA<br />

Torbiditi arenacee in strati generalmente molto spessi con base arenacea grossolana,<br />

alternate a pacchi di torbiditi arenaceo - pelitiche in strati medi. Rapporto A/P > 3.<br />

Potenza di circa 200 m. Indice di franosità formazionale locale: 12,04%.<br />

FCOa - Formazione a Colombacci - LITOFACIES ARENACEA<br />

Alternanza di prevalenti arenarie grigie, giallastre o aranciate alterate, da molto<br />

grossolane a fini, e di peliti grigie e grigio verdastre. Indice di franosità formazionale<br />

locale: 10,29%.<br />

18,22%<br />

INDICE DI FRANOSITA'FORMAZIONALE LOCALE<br />

18,27%<br />

11,88%<br />

12,04%<br />

10,29%<br />

ANT4 CIGa CIG5 MOHa FCOa<br />

Gruppo C (FAA - FAAa - FCO - SAG - SAG1)<br />

FAA - ARGILLE AZZURRE<br />

Argille, argille marnose, marne argillose e siltose grigie e grigio azzurre, talora grigio<br />

plumbeo, in strati medi e subordinatamente sottili a stratificazione poco o nulla evidente,<br />

con rari strati arenacei sottili risedimentati. Localmente sono presenti sottili livelli<br />

discontinui di biocalcareniti fini e siltiti gialle o ocra se alterate, sottilmente laminate.<br />

Sempre presenti i microfossili; variabile la concentrazione di macrofossili (Gasteropodi e<br />

Lamellibranchi). Potenza variabile da 50 a 200 m circa. Contatto inferiore in discontinuità<br />

con VAE e FSC. Sedimentazione di piattaforma esterna e scarpata. Pliocene inf. -<br />

Pleistocene inf. Indice di franosità formazionale locale: 15,58%.<br />

14<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


FAAa - LITOFACIES ARENACEA<br />

Corpi marcatamente lenticolari con estensione trasversale massima di alcune centinaia di<br />

metri e longitudinale di circa 850 m. Sono sempre ben stratificati con rapporto sabbia -<br />

pelite variabile da 1/1 fino a 10/1. Areniti con subordinate biocalcareniti e biocalciruditi in<br />

strati da sottili a spessi, organizzati in pacchi decametrici; affiora a diverse altezze<br />

stratigrafiche. Potenza di qualche decina di metri. Contatti inferiori comunemente erosivi.<br />

Pliocene inf. - Pleistocene inf. Indice di franosità formazionale locale: 18,46%.<br />

FCO - FORMAZIONE A COLOMBACCI<br />

Argille, argille marnose e siltose, marne argillose laminate grigio verdi con rari macrofossili<br />

(Ostracodi, Lamellibranchi), orizzonti medi di calcilutiti grigio chiare ("colombacci"). Verso<br />

il tetto sono presenti uno o più orizzonti di marne nere. Potenza massima di circa 30 m.<br />

Contatto inferiore netto, erosivo e discordante su GES. Sedimentazione riferibile ad<br />

ambienti alluvionali, di transizione e di lago-mare. Messiniano sup. Indice di franosità<br />

formazionale locale: 18,73%. Nel territorio in esame si sono distinte la litofacies pelitico -<br />

arenacea (FCOc) con prevalenti marne e marne argillose grigie e grigio verdastre o<br />

nerastre, in strati da pochi millimetri a 50 cm, alternate ad arenarie, siltiti, calcari<br />

marnosi, marne calcaree e localmente a marne tripolacee. I fossili sono in genere scarsi:<br />

abbondano molluschi ed ostracodi dulcicoli. Localmente sono presenti resti vegetali in<br />

posizione di crescita e la litofacies conglomeratica (FCOb) con prevalenti conglomerati<br />

poligenici in strati decimetrici - metrici, alternati a peliti ed arenarie. Indice di franosità<br />

formazionale locale: 19,20%.<br />

SAG - FORMAZIONE DI SAVIGNO<br />

Strati torbiditici da sottili a medi di arenarie feldspatiche poco cementate e peliti<br />

verdastre o nere (rapporto A/P >> 1) interamente divisa in due membri tra loro sovrapposti<br />

con passaggio graduale per alternanza; localmente presenti strati sottili e medi di<br />

calcilutiti a fucoidi e marne calcaree. Potenza parziale di 600 m. circa. Contatto inferiore<br />

netto su FPG. Sedimentazione torbiditica in prossimità di alti strutturali. Paleocene?-<br />

Eocene inf., medio.<br />

SAG1 - MEMBRO DI VILLA<br />

Alternanze torbiditiche arenaceo - pelitiche in strati da sottili a medi tabulari, con<br />

rapporto A/P variabile tra 1/2 e 2/1. Le arenarie sono quarzoso - feldspatiche, fini da<br />

mediamente a poco cementate, di colore grigio o beige; le peliti sono generalmente siltose<br />

di colore grigio scuro o marrone. Sono presenti intervalli di strati sottili con arenarie<br />

nettamente subordinate. Rare calcilutiti marnose grigio chiare in strati sottili e medi.<br />

Potenza di 300 m circa. Paleocene?-Eocene inf., medio. Indice di franosità formazionale<br />

locale: 19,84%.<br />

15,58%<br />

INDICE DI FRANOSITA' FORMAZIONALE LOCALE<br />

18,46%<br />

19,20%<br />

19,85%<br />

11,88%<br />

FAA FAAa FCO SAG1 CIG5<br />

15<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Gruppo D (ANT - AVS - BAI - CEA - CTG - FPG - LOI2 - MMP - MOH - MOHb -<br />

MVT - RAN4 - RUM1 - RUM2 - SCB - TER - TERap)<br />

ANT - FORMAZIONE DI ANTOGNOLA<br />

Marne e marne argillose, grigio verdognole, a luoghi siltose; a luoghi sottili strati arenacei a<br />

grana fine, frequenti i microfossili e talora i bioclasti. Stratificazione da molto sottile a<br />

media, talora difficilmente percepibile sia per scarsa classificazione granulometrica sia per<br />

bioturbazione. E' presente un membro arenaceo che localmente rappresenta la quasi<br />

totalità della formazione. Potenza massima di alcune centinaia di metri. Passaggio inferiore<br />

discontinuo o transizionale su RAN, in discontinuità su MMP; interdigitazioni con MVT.<br />

Sedimentazione di piattaforma esterna e scarpata. Chattiano - Burdigaliano inf.?. Indice di<br />

franosità formazionale locale: 36,97%.<br />

AVS - ARGILLE VARICOLORI DELLA VAL SAMOGGIA<br />

Argille e argilliti grigio scure, nerastre, verdastre e rosse sottilmente stratificate, con<br />

intercalazioni di arenarie risedimentate e siltiti brune, di calcilutiti verdastre e grigio<br />

chiare e di marne biancastre. Localmente brecce poligeniche grigie a matrice argillosa.<br />

Potenza stimabile in oltre 200 m. Contatti esclusivamente tettonici con le formazioni<br />

circostanti. Sedimentazione pelagica intervallata da correnti di torbidità distali. Nella zona<br />

in esame si rinviene anche una litofacies argilloso - calcarea (AVSac) costituita da<br />

alternanze argilloso - calcaree di argille nerastre fissili e calcari in strati da medi a<br />

grossolani, prevalentemente frammentati in blocchi a causa del severo grado di<br />

tettonizzazione o calcari marnosi biancastri, calcilutiti e matrice argillosa grigia. Cretacico<br />

inf. - Paleocene?. Indice di franosità formazionale locale: 23,13%.<br />

BAI - BRECCE ARGILLOSE DI BAISO<br />

Brecce sedimentarie poligeniche a prevalente matrice argillosa con clasti eterometrici ed<br />

eterogenei costituiti da litotipi appartenenti a varie unità liguri. A seconda della litologia<br />

prevalente la formazione è stata interamente suddivisa in alcuni membri che affiorano in<br />

areali distinti e senza legami di carattere stratigrafico reciproci. Potenza massima di circa<br />

200 m Luteziano sup. – Bartoniano. Nel territorio in esame si rinviene solo il successivo<br />

membro.<br />

BAI3 - MEMBRO DI POGGIO CAVALIERA<br />

Brecce poligeniche a prevalente matrice argillosa grigia, localmente arenacea, con clasti<br />

eterometrici di areniti calcaree fini, arenarie fini, marne e argilliti nerastre. Sono presenti<br />

a luoghi inclusi metrici e decametrici di MMP, L.OI1 e LOI. Materiale proveniente<br />

esclusivamente da MOH e MOV. Potenza massima di oltre 250 m. Contatto inferiore<br />

discordante su MOH e MOV. Luteziano sup. – Bartoniano. Indice di franosità formazionale<br />

locale: 49,79%.<br />

CEA - MARNE DI CELLA<br />

Marne e marne argillose chiare con abbondanti fossili a stratificazione difficilmente<br />

riconoscibile. Pliocene inf. basale. Indice di franosità formazionale locale: 21,76%.<br />

CTG - FORMAZIONE DI CONTIGNACO<br />

Marne siltose, siltiti di colore grigio verdognolo o grigio azzurro, o arenarie risedimentate<br />

fini, grigie, a luoghi silicizzate; stratificazione da sottile a media, tabulare, spesso poco<br />

evidente. A luoghi vulcanoclastiti grigio verdi o nerastre di spessore centimetrico e<br />

decimetrico. Potenza massima di circa 150 m. Contatto inferiore netto su ANT4 e sfumato<br />

per alternanza con ANT. Sedimentazione di scarpata e piattaforma esterna, con sporadici<br />

apporti torbiditici. Aquitaniano terminale - Burdigaliano. Indice di franosità formazionale<br />

locale: 20,02%.<br />

16<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


FPG - FORMAZIONE DI POGGIO<br />

Argille rosse, grigio scure e verdastre, con subordinati strati sottili di arenarie<br />

torbiditiche fini grigie; sono presenti spezzoni di strati calcarenitici e marnosi.<br />

Stratificazione mai definita o sottilissima. Presenti ichnofossili. Alla base o intercalato in<br />

lenti di modesto spessore è stata distinta una litofacies arenacea (FPGa), a luoghi<br />

prevalente. Potenza massima di alcune decine di metri. Probabile contatto inferiore in<br />

discontinuità su AVS. Sedimentazione di scarpata o di alto strutturale, con apporti<br />

torbiditici silicoclastici. Paleocene - Eocene inf. Indice di franosità formazionale locale:<br />

45,29%.<br />

LOI2 - Formazione di Loiano - MEMBRO DI MONZUNO<br />

Brecce e conglomerati poligenici grigio chiari a matrice arenitica con clasti eterometrici di<br />

areniti calcaree fini, calcari marnosi, arenarie e argilliti nerastre; stratificazione da sottile<br />

a molto spessa, a luoghi indefinita. Subordinate intercalazioni di arenarie tipo LOI.<br />

Rapporto Ruditi/Areniti > 1 (LOI2a). Potenza massima fino a 300 m. Contatto probabilmente<br />

su BAI3 con intercalazioni. Sul territorio analizzato si è rinvenuta una zona la cui litologia è<br />

da attribuire al Membro di Rio Giordano (LOI1), (argille marnoso - siltose verdastre, grigio<br />

scure o localmente rossastre a stratificazione indistinta con sottili intercalazioni di<br />

arenarie fini; potenza di pochi metri), nella tavola realizzata, tale zona di modesta<br />

estensione areale, è stata associata al membro sopra descritto Luteziano sommitale –<br />

Bartoniano. Indice di franosità formazionale locale: 27,19%.<br />

MMP - MARNE DI MONTE PIANO<br />

Argille marnose e marne rosse, rosate, grigio chiare e verdognole; subordinate<br />

intercalazioni di arenarie fini, di siltiti nerastre e di calcari marnosi. Stratificazione<br />

generalmente poco evidente. Potenza di poche decine di metri. Contatto inferiore<br />

discordante sulle unità liguri e su BAI e L0I, con locali interdigitazioni. Sedimentazione di<br />

tipo pelagico, in ambiente confinato e profondo, con rari apporti torbiditici. Bartoniano -<br />

Rupeliano Inf? Indice di franosità formazionale locale: 25,81%.<br />

MOH - FORMAZIONE DI MONGHIDORO<br />

Alternanze torbiditiche arenaceo - pelitiche in strati da sottili a molto spessi e<br />

eccezionalmente in banchi plurimetrici. Alla base degli strati, arenarie medie o fini, più<br />

raramente grossolane, grigie o brune, passanti a peliti scure. Subordinati strati da medi a<br />

molto spessi di calcilutiti marnose grigio chiare, a base finemente detritica, più frequenti<br />

verso la base. Potenza di circa 1000 m. Al tetto della formazione è stata cartografata una<br />

litozona arenacea MOHa. Passaggio graduale su MOV. Contatti ovunque tettonici.<br />

Sedimentazione in bacino torbiditico. Maastriciitiano sup.- Thanetiano (Selandiano). Indice<br />

di franosità formazionale locale: 34,43%.<br />

MOHb - LITOFACIES PELITICO - ARENACEA<br />

Strati sottili pelitico - arenacei, A/P variabile da 1/3 a 1/4. Indice di franosità<br />

formazionale locale: 48,57%.<br />

MOV - FORMAZIONE DI MONTE VENERE<br />

Alternanze torbiditiche calcareo - marnose a base finemente detritica e di color grigio<br />

chiaro con a tetto intervalli sottili o medi di argilliti scure o nerastre. Strati da medi a<br />

molto spessi fino a banchi di oltre 15 m. Intercalazioni metriche di strati da sottili a spessi<br />

di alternanze arenaceo - pelitiche grigio - brunastre. Potenza di oltre 900 m. Contatto<br />

stratigrafico inferiore non preservato. Contatti ovunque tettonici o tettonizzati.<br />

Sedimentazione in bacino torbiditico. Campaniano sup - Maastriciitiano sup. Indice di<br />

franosità formazionale locale: 28,62%.<br />

17<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


MVT - BRECCE ARGILLOSE DELLA VAL TIEPIDO - CANOSSA<br />

Brecce sedimentarie a matrice argillosa grigia o grigio scura con clasti eterometrici di<br />

calcilutiti, calcari marnosi, marne, siltiti e arenarie. Stratificazione generalmente<br />

indistinta. Presenza di lembi non cartografabili riferibili ad ANT e ad altre unità epiliguri.<br />

Potenza massima fino a 200 m circa. Unità interdigitata ad ANT e sovrapposta ad unità<br />

epiliguri più antiche e, dubitativamente, alle unità subliguri e liguri. Aquitaniano. Indice di<br />

franosità formazionale locale: 20,87%.<br />

RAN4 - Formazione di Ranzano MEMBRO DI ALBERGANA<br />

Alternanze pelitico - arenacee in strati generalmente da molto sottili a medi costituiti da<br />

feldspatoareniti fini passanti a peliti grigio scure. Localmente strati molto sottili di<br />

vulcanoclastiti andesitiche. Rapporto A/P


finissime e fini, bioturbate in strati sottili. Localmente strati millimetrici di argille<br />

bituminose con resti di pesci. Presenza di spezzoni di strato e "cogoli" di dolomie e calcari<br />

dolomitici. Potenza di oltre 200 m. Contatto inferiore stratigrafico su CIG e tettonico con<br />

AVS e PAT, a luoghi discordante. Sedimentazione di piattaforma esterna e scarpata con<br />

locali condizioni anossiche. Serravalliano terminale - Messiniano inf. Indice di franosità<br />

formazionale locale: 28,37%.<br />

TERap - LITOFACIES ARENACEO - PELITICA<br />

Alla base della formazione è stato distinto un corpo marcatamente lenticolare (lente<br />

arenaceo - pelitica) costituito da arenarie torbiditiche fini arcosiche (TERap) passanti a<br />

peliti argilloso - marnose prevalenti in strati generalmente da sottili a medi. Serravalliano<br />

terminale - Messiniano inf. Indice di franosità formazionale locale: 33,99%.<br />

36,97%<br />

ANT<br />

23,13%<br />

AVS<br />

INDICE DI FRANOSITA' FORMAZIONALE LOCALE (%)<br />

49,79%<br />

BAI3<br />

21,76%<br />

CEA<br />

20,02%<br />

CTG<br />

45,29%<br />

FPG<br />

34,43%<br />

27,19%<br />

25,81%<br />

LOI2<br />

MMP<br />

MOH<br />

48,57%<br />

37,43%<br />

35,74%<br />

33,99%<br />

28,62%<br />

27,13%<br />

28,37%<br />

20,87%<br />

22,55%<br />

Osservando la tavola si può notare come, in estrema sintesi, il territorio in esame risulti<br />

grossomodo suddiviso per fasce orientate WNW - ESE secondo l'andamento dei terreni di<br />

substrato, interrotte trasversalmente (S-N) dai terreni alluvionali dei fondovalle<br />

(Torrente Setta, Torrente <strong>Savena</strong>, Torrente Zena, i tre corsi d'acqua principali che<br />

attraversano il territorio dei 3 Comuni). Questi ultimi vanno considerati, dal punto di vista<br />

della propensione al dissesto, come pressoché del tutto stabili (fatte salve le questioni<br />

inerenti l'interazione con le dinamiche fluviali, sia erosive che propriamente idrauliche.<br />

- una fascia più settentrionale, tutta ricadente nel territorio di Pianoro, che va dal<br />

confine comunale con San Lazzaro di <strong>Savena</strong> fino all'allineamento San Andrea di Sesto<br />

(versante sinistro della Valle del Torrente <strong>Savena</strong>) - Sesto (fondovalle del Torrente<br />

<strong>Savena</strong>) - M.te Calvo (spartiacque Torrente <strong>Savena</strong> - Torrente Zena) - Botteghino<br />

Colonna (Fondovalle Torrente Zena) - Casola Canina (spartiacque Torrente Zena -<br />

Torrente <strong>Idice</strong>); essa è costituita dai terreni delle "Argille Scagliose" Auct. (Argille<br />

Varicolori della Val Samoggia, Brecce Argillose della Val Tiepido - Canossa) e della<br />

Formazione delle Marne argillose del Termina, tutti ricompresi nel Gruppo D, quello ad<br />

indice di franosità maggiore, eccezion fatta per una sottile striscia di territorio<br />

costituita da terreni del Gruppo A (basso indice di franosità), in questo caso lembi delle<br />

formazioni delle Areniti di Pantano e della Formazione gessoso - solfifera emiliano -<br />

romagnola, che si rinviene esclusivamente sul M.te Croara) dove sorge l'abitato di Monte<br />

Calvo; si rinviene anche una sottile striscia di terreni del Gruppo C (medio indice di<br />

franosità, arenarie prevalenti), rappresentato da un affioramento del membro arenitico<br />

della Formazione delle Marne di Cigarello. I principali nuclei urbanizzati presenti in<br />

19<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC<br />

MOHb<br />

MOV<br />

MVT<br />

RAN4<br />

RUM1<br />

RUM2<br />

SCB<br />

TER<br />

TERap


questa prima fascia sono appunto Monte Calvo, Falgheto, Villaggio Abate e Rastignano, il<br />

quale si trova però impostato sul conoide detritico di un corso d'acqua senza toponimo.<br />

- A sud dell'allineamento suddetto, si rinviene un'ampia fascia di terreni piuttosto<br />

instabili,attribuiti al Gruppo C (indice di franosità medio, peliti prevalenti), costituiti<br />

essenzialmente dalle Argille Azzurre plioceniche e dalla loro litofacies arenacea spesso<br />

coinvolta dai dissesti instauratesi nelle argille basali, (e perciò considerate come<br />

un'unica formazione a peliti prevalenti), che arriva ad un altro allineamento, che va dalla<br />

zona del Monte Samorre (spartiacque Torrente Setta - Torrente <strong>Savena</strong>), a Molino della<br />

Manganina (fondovalle Torrente Zena), passando per Pian di Macina, Musiano, Boaria,<br />

Borgo Nuovo e Pianoro Nuovo (che però giacciono tutti sugli stabili depositi alluvionali<br />

terrazzati de fondovalle del Torrente <strong>Savena</strong>), per Monazzano e Molinello (spartiacque<br />

T. <strong>Savena</strong> – T. Zena, zona di Riosto); in questa fascia, ancora tutta appannaggio di<br />

Pianoro, sorge anche la frazione di Botteghino di Zocca, anch'essa in gran parte sulle<br />

stabili alluvioni di fondovalle Zena.<br />

- Ancora verso sud si rinviene un'ampia fascia di territorio costituita essenzialmente<br />

dalla Formazione Pliocenica di M.te Adone (rappresentata da entrambe i membri di<br />

Monte Mario e delle Ganzole, compresa la sua litofacies più arenacea) che va dalla zona<br />

delle Ganzole (versante destro del Fiume Reno) e del M.te Ombraro (spartiacque<br />

Torrente Setta - Torrente <strong>Savena</strong>), attraverso tutto il fianco sinistro pianorese della<br />

Valle del <strong>Savena</strong> (con l'intero bacino del Rio Favale) fino alla vetta di M.te Adone verso<br />

sud, al M.te delle Formiche verso est, ed alla parte alta del versante sinistro del<br />

Torrente <strong>Idice</strong>, al confine con il territorio di Monterenzio; tale fascia ricomprende<br />

anche l'elemento caratterizzante il paesaggio di questi territori noto come<br />

"Contrafforte pliocenico". La fascia in questione mostra una peculiarità evidente dalla<br />

lettura della tavola: l'areale posto a sinistra del corso del Torrente <strong>Savena</strong> risulta<br />

tendenzialmente assai stabile, presentando un numero minimo di dissesti, tutti di<br />

dimensioni contenute; l'areale posto a destra del corso d'acqua, invece, presenta<br />

fenomeni gravitati vasti e spesso presumibilmente profondi con una densità ed<br />

un'estensione areale rilevantemente maggiori. Si è perciò deciso, dopo una prima<br />

verifica tesa a individuare l'indice di franosità formazionale generale, che aveva fornito<br />

un valore medio decisamente inferiore al 10% (portando a classificare entrambe le<br />

formazioni come appartenenti al Gruppo A) di suddividere la fascia in due sub-fasce<br />

poste appunto una ad occidente ed una ad oriente del <strong>Savena</strong>. Il risultato è quello che si<br />

vede raffigurato in tavola: l'attribuzione dell'areale occidentale al Gruppo A (indice di<br />

franosità basso) e di quello orientale al Gruppo B (indice di franosità medio, arenarie<br />

prevalenti) che appare assai più attagliato alla realtà territoriale. e, conseguentemente,<br />

alle necessità pianificatorie. Presumibilmente questa diversità che si è voluta rendere<br />

evidente è attribuibile a differenze nello stato di tettonizzazione dei diversi lembi<br />

formazionali e/o a differenze nella composizione litologica e nella struttura<br />

stratigrafica di ordine minore, ma pur sempre efficaci nei riguardi della propensione al<br />

dissesto.<br />

Pare opportuno specificare che calcolando un indice di franosità unico per la sub-fascia<br />

orientale sull'accorpamento dei due membri della Formazione di M.te Adone ("ADO1 -<br />

M.te Mario" e " ADO2 - Ganzole"), corrispondente perciò all'indice della formazione<br />

nell'interezza dell'affioramento ad est del <strong>Savena</strong>, si ottiene un risultato leggermente<br />

superiore al 10%, mentre se si calcolano separatamente gli indici dei due membri, per il<br />

secondo si ottiene un indice di pochissimo inferiore al 10% (9.78%, per la precisione); si<br />

è preferito quindi attribuire, in via cautelativa, la classificazione peggiore (ossia il<br />

Gruppo B).<br />

20<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La prima sub-fascia accoglie gli abitati di Villaggio Baldisserra e gli agglomerati sparsi<br />

della zona di Guzzano; nella seconda, a oriente del <strong>Savena</strong>, si trovano Pianoro Vecchia,<br />

Livergnano, Zena e gli agglomerati attorno a Gorgognano, Tazzola e Cà di Pippo. Nei<br />

dintorni della vetta di M.te Adone, situato nel lembo più settentrionale del territorio<br />

comunale di Monzuno, e nella stabile fascia territoriale attribuita al Gruppo A, sorge<br />

l'abitato di Brento.<br />

- Proseguendo verso sud, si incontra nuovamente una stretta fascia di terreni<br />

appartenenti alle formazioni costituenti il Gruppo D (alto indice di franosità locale): i<br />

membri di Scascoli e di Cà di Mazza della Formazione di Monterumici, nonché<br />

Formazione delle Marne Argillose del Termina che, interessando oramai il territorio di<br />

tutti i tre Comuni, va dalla parte alta del versante destro della valle del Torrente Setta,<br />

passando per lo spartiacque Torrente Setta - Torrente <strong>Savena</strong> dove corre la S.C. "degli<br />

Dei" con l'abitato di Monterumici (Monzuno), attraverso le Gole di Scascoli (fondovalle<br />

Torrente <strong>Savena</strong>) e l'abitato di Scascoli (versante destro della valle del Torrente<br />

<strong>Savena</strong>, nel Comune di Loiano), attraversando lo spartiacque <strong>Savena</strong> - Zena nella zona<br />

dell'abitato di Barbarolo e degli agglomerati connessi (Loiano), fino al fondovalle del<br />

Torrente Zena nella zona del modesto gruppo di edifici di Fornace Zena (Loiano).<br />

- Nell'area territoriale adiacente verso sud alla due sub-fasce testé descritte si rinviene<br />

l'unica situazione geologicamente "complessa" rispetto al semplice schema che, come si<br />

è visto fin qui, ha generato l'approccio metodologico prescelto: si tratta di una fascia<br />

territoriale non molto ampia e spesso discontinua di terreni mediamente stabili del<br />

Gruppo B (indice di franosità medio, arenarie prevalenti) costituiti del membro arenaceo<br />

dell'Anconella dell'altrimenti marnosa formazione dell'Antognola, che partendo dal<br />

territorio dell'oltre Setta monzunese, nella zona dei nuclei abitati di Poggioletto e Cà di<br />

Berti, si protende in direzione SE (diversamente dalla generale distribuzione per fasce<br />

WNW - ESE fin qui descritto) attraversa il fondovalle del Torrente Setta appena a<br />

nord dell'abitato di Vado (Comune di Monzuno), che sorge invece in gran parte sulle<br />

alluvioni terrazzate, attraversa il versante destro della Valle del Torrente <strong>Savena</strong> fino<br />

al crinale abbracciando le zone degli abitati di Anconella e Sabbioni (Loiano) per<br />

scavalcarlo e scendere fino al ramo occidentale dell'alto corso del Torrente Zena (che a<br />

questa altezza risulta ancora diviso nei suoi due rami principali, quello occidentale che<br />

nasce nei pressi dell'abitato di Loiano, e quello orientale che attraverso il massiccio del<br />

M.te Bibele, Comune di Monterenzio, nascendo presso gli agglomerati di Cà di Romagnoli<br />

e Cà del Bel Manghino) in corrispondenza del Molino delle Colore. La complessità citata<br />

nasce dal fatto che spesso tale fascia si interseca con una analoga (per dimensioni)<br />

striscia di terreni tendenzialmente instabili appartenenti al Gruppo D (alto indice di<br />

franosità), essenzialmente Marne dell'Antognola, Marne di Monte Piano e membro<br />

marnoso della formazione di Ranzano, assai tormentata da dissesti; i principali nuclei<br />

abitati presenti in quest'ultima fascia sono appunto Valle e Farnè (Comune di Loiano),<br />

situati nella porzione più stabile. Inoltre, fra l'areale occupato dal Gruppo D descritto<br />

all'alinea precedente e la doppia fascia di terreni B e D appena descritta, si incunea, sul<br />

lato orientale del territorio di studio (e più precisamente sull'allineamento di M.te<br />

Vaiolo - M.te Castellari, tutto attorno all'abitato di Guarda di Loiano) una terza fascia<br />

di terreni tendenzialmente stabili afferenti al Gruppo A: si tratta per la maggior parte<br />

delle areniti di Pantano, a cementazione piuttosto elevata, che scavalca il modesto<br />

displuvio fra i due rami dell'alto corso dello Zena ed arriva all'atro ramo, quello<br />

orientale, ed oltre fino a costituire l'appena citato massiccio di M.te Bibele.<br />

- Ancora verso sud, si ritrova l'andamento strutturale WNW - ESE che caratterizza la<br />

regione di studio; una larga fascia di terreni tendenzialmente stabili appartenenti al<br />

Gruppo A (basso indice di franosità locale), costituita essenzialmente dalla Formazione<br />

21<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


delle sabbie di Loiano, che partendo dall'oltre Setta monzunese, raggiunge il fondovalle<br />

del Torrente Setta ricomprendendo gli abitati di Vado, Gardelletta, Cà di Serra, Blogna<br />

(tutti sorgenti in massima parte sulle alluvioni terrazzate di fondovalle), risale il<br />

versante destro della valle fino agli abitati di Selve, Tre Fasci e Cà di Giulietta,<br />

sfiorando il Capoluogo di Monzuno, tutti nei pressi dello spartiacque Setta - <strong>Savena</strong>,<br />

ridiscende in Val di <strong>Savena</strong> nelle zone di Sgalara e Pian di Tenta (Loiano), risale il<br />

versante destro della valle del Torrente <strong>Savena</strong> costituendo la dorsale boscosa di<br />

Monteacuto della Selva, raggiunge la S.P. 65 della Futa che corre nei pressi dello<br />

spartiacque <strong>Savena</strong> - Zena ricomprendendo anche parte dell'abitato di Sabbioni (Loiano)<br />

ed il Villaggio Rita verso nord e parte di quello del Capoluogo di Loiano verso sud,<br />

ridiscende verso il ramo occidentale del corso superiore del Torrente Zena e finisce nei<br />

pressi dello spartiacque fra i due rami del corso d'acqua suddetto nei pressi dell'abitato<br />

di Scanello (Loiano).<br />

- L'ultima grande fascia ad andamento quasi W - E è rappresentata da terreni ricompresi<br />

nel gruppo D (tendenzialmente instabili), costituiti essenzialmente dalle due formazioni<br />

flyschiodi (ossia di alternanze arenaceo - pelitiche di origine torbiditica) di Monghidoro<br />

(in genere più a nord) e di Monte Venere (in genere più a sud), fortemente fratturate e<br />

con potenti coperture superficiali di alterazione, ma anche dalla litofacies più argillosa<br />

della Formazione di Loiano (il membro di Monzuno), su cui sorge una parte del capoluogo<br />

loianese. Questa fascia, che occupa tutta la porzione meridionale del territorio dei 3<br />

Comuni (ma in particolare quella di Monzuno e Loiano), si diparte dal fondovalle del<br />

Torrente Setta, dagli abitati di Rioveggio, Montorio e S. Rocco, nonché dai piccoli<br />

agglomerati sparsi di Cozzo, Carigheto, Cà di Marsili, ecc. (Monzuno), ricomprendendo<br />

anche buona parte del bacino imbrifero del Torrente Sambro all'estremità sudoccidentale,<br />

con gli abitati di Valle, Pian di Lama e Gabbiano (Comune di Monzuno),<br />

attraversa il Capoluogo di Monzuno (spartiacque Setta - <strong>Savena</strong>), ricomprende il<br />

massiccio di M.te Venere; ridiscende poi il versante sinistro della Valle del <strong>Savena</strong> con<br />

l'abitato di Trasasso (Monzuno), risale il versante destro della stessa valle fino agli<br />

abitati di Bibulano, Loiano Capoluogo e Roncobertolo (Loiano) ed allo spartiacque <strong>Savena</strong><br />

- Zena (il cui bacino imbrifero come si è detto si chiude nei dintorni) e, verso sud, a<br />

Roncastaldo ridiscendendo da qui il versante sinistro della Valle dell'<strong>Idice</strong> fino a<br />

Gnazzano e Quinzano (tutte frazioni del Comune di Loiano). Questa risulta senz'altro<br />

essere la porzione del territorio studiato più martoriata dai dissesti (anche se in gran<br />

parte classificati quiescenti dalla Carta Geologica regionale) con un'intensa franosità<br />

che si riscontra in corrispondenza di pressoché ogni impluvio, con limitati e frastagliati<br />

areali ancora stabili quasi "assediati" dalle frane, posti in corrispondenza dei displuvi e<br />

dei crinali.<br />

- All'interno di quest'ultima grande fascia territoriale, e più precisamente in una stretta<br />

striscia di territorio che si trova a SE e a valle del Capoluogo di Loiano, nella zona della<br />

testata della valle del Torrente Zena, si rinvengono terreni abbastanza stabili<br />

appartenenti al Gruppo B (indice di franosità medio, arenarie prevalenti), costituiti<br />

essenzialmente dalla litofacies più arenacea della Formazione di Monghidoro; su tali<br />

terreni sorge l'agglomerato di Cà di Romagnolo.<br />

La tavola fin qui descritta intende assumere il seguente significato nel processo di<br />

formazione del P.S.C.: segnalare i fenomeni di dissesto gravitativo (frane) o per erosione<br />

intensa (calanchi), nonché i conoidi detritici di trasporto torrentizio attivi individuati dalla<br />

Carta Geologica regionale, come i fattori di massima criticità dell'ambito Suolo e<br />

Sottosuolo e più in generale nell'ottica della riduzione e prevenzione del rischio<br />

idrogeologico, fissandone una perimetrazione "certa" per i successivi utilizzi urbanistici ed<br />

edilizi di tipo puntuale. L'altro aspetto che si è inteso mettere in luce, che riguarda invece<br />

22<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


un'ottica di area vasta, è quello attinente al discorso riportato in apertura del capitolo con<br />

una citazione dell'Autore che ha ideato il metodo di studio: quello della propensione al<br />

dissesto dei terreni non attualmente interessati da frane, ma che in futuro potrebbero<br />

esserlo con maggiore o minore probabilità, cosa di cui l'Urbanista deve tenere conto<br />

nell'affrontare il complesso compito della pianificazione "strategica" (e perciò stesso di<br />

lungo termine) dei Comuni.<br />

6.1.3 CARTA DELLE ATTITUDINI ALLE TRASFORMAZIONI EDILIZIO -<br />

URBANISTICHE DEL TERRITORIO (Tavola QC.6/t2)<br />

Il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico del Bacino del Fiume Reno ha affrontato il<br />

tema del rischio da frana e l'assetto dei versanti in relazioni alle possibile trasformazioni<br />

urbanistiche ed edilizie del territorio attraverso la redazione di una serie cartografica a<br />

piccola scala (1:25.000 nella stesura cartacea) intitolata "Carta delle attitudini alle<br />

trasformazioni edilizio-urbanistiche del territorio del bacino montano" che mostra la<br />

suddivisione dell'intero territorio montano di competenza dell'Autorità di Bacino del Reno<br />

in innumerevoli Unità Idromorfologiche Elementari (U.I.E.), intese come "tessere" o "celle"<br />

di piccola dimensione, individuata con criteri appunto idromorfologici (da displuvio a<br />

displuvio, ricomprendendo il relativo impluvio), all'interno delle quali si presume vi sia<br />

interazione diretta di carattere idrogeologico fra tutti i terreni ivi presenti e fra i terreni<br />

stessi e gli eventuali interventi antropici.<br />

A ciascuna di esse viene attribuita, a seconda del grado di dissesto individuato dall'A.B.R.,<br />

una delle seguenti classi:<br />

a) U.I.E. non idonee ad usi urbanistici;<br />

b) U.I.E. da sottoporre a verifica;<br />

c) U.I.E. idonee o con scarse limitazioni ad usi urbanistici;<br />

d) terrazzi alluvionali.<br />

In estrema sintesi, l'effetto del piano sovraordinato sulla pianificazione urbanistica<br />

comunale è che nelle U.I.E. del caso a) è consentita esclusivamente la realizzazione di:<br />

nuove infrastrutture al servizio di insediamenti esistenti oppure riferite a servizi<br />

essenziali, tutte non diversamente localizzabili; interventi edilizi i cui piani attuativi<br />

preventivi o le cui concessioni edilizie fossero divenute efficaci prima dell'entrata in vigore<br />

del Piano (27/06/01); nuovi fabbricati e manufatti che non comportano trasformazione<br />

urbanistica e aumento del carico antropico esistenti (cfr. art. 12 comma 2 della N.T.A. del<br />

P.S.A.I. - Reno).<br />

La realizzazione degli interventi anzidetti ovvero le nuove previsioni di trasformazione<br />

urbanistica soggette a piani attuativi preventivi e quelle esterne al territorio urbanizzato<br />

nonché la realizzazione di nuove infrastrutture che vadano ad interessare le U.I.E. del caso<br />

b), sono subordinate a specifiche analisi da eseguirsi secondo la "Metodologia per la<br />

verifica della pericolosità e del rischio" riportata in allegato al Piano e, conseguentemente,<br />

il Comune territorialmente competente, in relazione ai relativi risultati, adotta un<br />

provvedimento di perimetrazione e zonazione dell'area seguendo le modalità di cui al<br />

comma 2 dell’art. 5, ossia attribuisce alle varie zone interessate dalle trasformazioni le<br />

classificazioni e le limitazioni d'uso che vengono elencate alla fine del presente paragrafo,<br />

e che coincidono con quelle attribuite dall'Autorità di Bacino nel proprio Piano<br />

nell'operazione di perimetrazione e zonazione dei centri abitati a rischio elevato o molto<br />

elevato che viene descritta e normata dagli artt. 5 ÷ 10 della N.T.A. del P.S.A.I.; tale<br />

provvedimento viene poi trasmesso alla competente Autorità di Bacino del Reno che<br />

esprime il proprio parere anche attraverso l'istituto del silenzio- assenso. Per gli edifici<br />

esistenti invece sono consentiti soltanto opere di manutenzione, di ristrutturazione<br />

23<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


edilizia, modesti ampliamenti nonché cambi di destinazione d’uso di fabbricati esistenti<br />

(cfr. art. 12 comma 3).<br />

Nelle U.I.E. di cui al caso c) sono invece consentiti direttamente tutti gli interventi<br />

legittimamente autorizzabili ai termini degli strumenti urbanistici comunali, salvo verifica<br />

della mancanza di interferenza con fenomeni di dissesto attivi o quiescenti, che, nel caso<br />

vengano rinvenuti danno luogo alla necessità di adottare il già citato provvedimento di<br />

perimetrazione e zonazione di cui al precedente caso.<br />

Nei terrazzi alluvionali così come riportati sulla serie di tavole delle "Attitudini…" non sono<br />

previste limitazioni, e perciò possono essere trattate come i casi ricadenti nelle U.I.E. c)<br />

salvo il fatto, previsto dall'art. 12, comma 9, che invece della verifica inerente l'eventuale<br />

presenza di frane, descritta sopra, vanno definite eventuali fasce di inedificabilità in<br />

prossimità delle scarpate dei terrazzi alluvionali nonché in prossimità del limite tra le<br />

U.I.E. e i terrazzi alluvionali e/o il reticolo idrografico. Il medesimo criterio vale per gli orli<br />

delle scarpate rocciose non cartografate nelle tavole di Piano.<br />

La citata zonazione, che viene effettuata per ciascuna perimetrazione di rischio, si articola<br />

in 5 zone:<br />

• zona 1 area in dissesto;<br />

• zona 2 area di possibile evoluzione del dissesto;<br />

• zona 3 area di possibile influenza del dissesto;<br />

• zona 4 area da sottoporre a verifica;<br />

• zona 5 area di influenza sull’evoluzione del dissesto.<br />

In estrema sintesi, gli effetti di tale zonazione sulla pianificazione comunale sono che nelle<br />

zone 1 ÷ 3 non è ammessa la ricostruzione di immobili distrutti o la costruzione di nuovi<br />

fabbricati e nuovi manufatti edilizi né di nuove infrastrutture, mentre sono ammessi<br />

interventi di più modesta entità (ristrutturazioni, consolidamenti, limitati ampliamenti,<br />

ecc.) sulle preesistenze a seconda della tipologia della zona e, nel solo caso di non diversa<br />

localizzabilità, la realizzazione ex novo di opere pubbliche di modesta entità riferite a<br />

servizi essenziali (cfr. artt. 6 e 7).<br />

Nelle zone 4 qualsiasi intervento diverso da quelli consentiti per le zone precedenti è<br />

subordinato all'adozione da parte del Comune territorialmente competente di un<br />

provvedimento che, dopo un periodo di monitoraggio sull'evolversi della situazione del<br />

dissesto reale, stabilisca le condizioni alle quali si possano eventualmente realizzare<br />

interventi nelle diverse porzioni dell'area (cfr. art. 8).<br />

Per le zone 5, dove è invece possibile realizzare nuovi interventi strutturali e/o<br />

infrastrutturali, vengono dettate norme e raccomandazioni esecutive tendenti ad escludere<br />

o limitare tutto ciò che potrebbe avere un'influenza negativa sui dissesti individuati<br />

all'interno della stessa U.I.E. e zonizzati nelle altre quattro categorie (cfr. art. 9); vengono<br />

altresì dettate norme per gli usi agro-forestali dei terreni non interessati da interventi<br />

edilizio - urbanistici presenti all'interno delle aree perimetrate e zonizzate (cfr. art. 10).<br />

Le perimetrazioni e zonazioni effettuate direttamente dall'Autorità di Bacino (sia in sede<br />

di stesura adottata che di quella approvata dello strumento) sono quelle di seguito<br />

elencate:<br />

24<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


PIANORO MONZUNO LOIANO<br />

Botteghino di Zocca Montorio Bibulano<br />

Ca' del Gallo - Carteria di Sesto Monzuno Loiano<br />

Livergnano Pian di Lama Quinzano<br />

Pianoro Vecchia Rioveggio - Le Braine Roncastaldo<br />

Villaggio Abate San Rocco Scanello<br />

Castell'Arienti (con Bologna) Trasasso - Serra di Trasasso Casalino<br />

Vado Farné<br />

Cozzo - Carigheto Vaiarano<br />

Gardelletta (con Marzabotto) Gragnano Poggiolo (con Monterenzio<br />

e Monghidoro)<br />

Ca' di sotto (con S. Benedetto Val<br />

Sambro)<br />

Monteacuto Vallese (con S.<br />

Benedetto Val Sambro)<br />

San Benedetto del Querceto (con<br />

Monterenzio)<br />

I 3 Comuni, a loro volta, hanno a più riprese adottato nuove perimetrazioni e zonazioni<br />

finalizzate ad interventi di vario genere, che vengono di seguito elencate, e che sono state<br />

riportate nella Tavola QC.6/t2 "Elaborazione della Carta delle Attitudini alle<br />

trasformazioni urbanistico - edilizie del territorio dei 3 Comuni", che riporta la situazione<br />

aggiornata al mese di marzo 2007, riportata in Fig. 6.1.3.1 su base semplificata .<br />

PIANORO MONZUNO LOIANO<br />

Area PREVAM di Ca' Cirenaica<br />

Campiano<br />

Canova della Rivolta - Valle del Rio<br />

Laurinziano<br />

Canova di sotto - Ca' Roncalia<br />

Gualando<br />

I Laghi<br />

Monazzano<br />

Monazzano (4)<br />

Monte Posigliano<br />

Musiano<br />

Pianoro Nuova - Valle del Rio<br />

Monazzano<br />

Ca' di <strong>Savena</strong><br />

Montorio Barbarino<br />

Rioveggio - Le Braine<br />

Vado - Via Chirici<br />

Ca' del Bel Minghino<br />

Ca' Felicini<br />

Ca' Benaglia<br />

Ca' dei Boschi<br />

Ca' di Prandoni<br />

Campi di Mezzo Campi di Là<br />

Casetta della Zecca NW<br />

Casetta della Zecca SE<br />

Castellari - La Guarda<br />

Castellina di Sopra e Castellina di<br />

Sotto<br />

Fangacci<br />

Le Fosse - Campuzzano - I Laghi<br />

Poggiolo (modifica alla previgente)<br />

Prato Grande<br />

Sabbioni<br />

Sabbioni - Polveriera<br />

Scanello (modifica alla previgente)<br />

Scascoli<br />

Sgalara<br />

Vignale<br />

Villaggio Rita<br />

La suddetta "elaborazione" della carta del Piano sovraordinato consiste nella<br />

sovrapposizione alla "Carta delle Attitudini" del P.S.A.I. dei dissesti riportati nella tavolo<br />

QC.6/t1 (a propria volta derivata dalla Carta Geologica regionale), in modo da fornire<br />

un'informazione immediata all'Urbanista che voglia avere un <strong>quadro</strong> chiaro dei motivi (e<br />

perciò dei dissesti, intesi sia come natura - frane attive o quiescenti, o calanchi - che<br />

come perimetrazione ed estensione) che hanno portato l'A.B.R. a classificare come<br />

inidonea, da verificare, o idonea/con scarse limitazioni, le diverse U.I.E. che compongono il<br />

territorio, al fine di effettuare scelte pianificatorie consapevoli sia dal punto di vista del<br />

25<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


ischio idrogeologico che delle eventuali procedure che dovranno essere eventualmente<br />

implementate in seguito al coinvolgimento, p. es., di U.I.E. da sottoporre a verifica.<br />

È stata realizzata un'ulteriore elaborazione della cartografia del Piano sovraordinato, in<br />

adempimento di quanto prescritto dall'art 12, comma 9 della relativa N.T.A., dove si<br />

richiede ai Comuni la definizione di "fasce di inedificabilità" per le scarpate di terrazzo<br />

alluvionale e di quelle rocciose (questione che viene affrontata nel successivo paragrafo<br />

dedicato al rischio sismico nel <strong>quadro</strong> degli effetti di amplificazione di sito) nonché in<br />

prossimità del limite fra le U.I.E. ed i terrazzi alluvionali o il reticolo idrografico. La<br />

questione è stata affrontata nei seguenti termini: ogni qualvolta che un'area perimetrata e<br />

zonata presenta una zona in dissesto, o di possibile evoluzione del dissesto o di possibile<br />

influenza del dissesto, posta al contatto del margine di monte di un terrazzo alluvionale o di<br />

un elemento del reticolo idrografico, è stata tracciata una fascia di larghezza minima pari a<br />

20 m (che può essere minore solo nel caso che la larghezza del terrazzo o dell'alveo sia<br />

inferiore a tale misura); la stessa operazione è stata effettuata per le U.I.E. non<br />

perimetrate e zonate in tutti i casi in cui risulta, dalla sovrapposizione fra U.I.E. stesse e<br />

dissesti descritta sopra, un potenziale rischio indotto sul terrazzo alluvionale. In via<br />

cautelativa, sono stati compiuti degli accorpamenti fra fasce vicine determinate da frane<br />

giustapposte o adiacenti e la profondità delle fasce è stata incrementata in tutti i casi in<br />

cui il territorio residuo fra corso d'acqua e fasce stesse sarebbe risultato di scarso<br />

significato areale; per converso, quando la distanza fra il piede di una frana ed il corso<br />

d'acqua risulta esigua, la fascia è stata omessa per motivi di renderig cartografico,<br />

considerato che comunque in tali casi l'edificazione non è possibile per la presenza del<br />

corso d'acqua stesso e di altre tutele sovraordinate. In taluni casi la profondità della<br />

fascia è stata incrementata in corrispondenza del piede di frane di grandi dimensioni che<br />

minacciassero un terrazzo, anche questo per ragioni cautelative.<br />

Una lettura sintetica della tavola QC.6/t2 può essere effettuata soltanto considerando al<br />

situazione presente all'intorno dei principali centri abitati, dato che l'assetto è<br />

estremamente frazionato proprio a causa della suddivisione in U.I.E. di piccole dimensioni;<br />

in generale si può constatare una certa rispondenza fra l'andamento per fasce W - E<br />

illustrato nella tavola QC.6/t1 e descritto al paragrafo precedente e la concentrazione<br />

statistica di U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni", intervallate da più rare U,I,E "da<br />

sottoporre a verifica" e solo qualcuna di quelle "inidonee", che compaiono grossomodo in<br />

corrispondenza delle due fasce di terreni appartenenti al Gruppo A, e la maggior<br />

concentrazione di U.I.E. "inidonee" e pariteticamente se non in subordine "da sottoporre a<br />

verifica", che si concentrano nei terreni dei Gruppi C e D; si può anche notare come la<br />

divisione in due sub-fasce introdotta per la prima (da settentrione) grande fascia di<br />

terreni tendenzialmente stabili, pressoché completamente situata nel territorio comunale<br />

di Pianoro, trovi riscontro nella carta in discussione, con una predominanza di U.I.E. "idonee<br />

o con scarse limitazioni" a W del Torrente <strong>Savena</strong> e per contro una significativa presenza<br />

di U.I.E. "da sottoporre a verifica" associate ad alcune "inidonee" a E del corso d'acqua. In<br />

generale, dunque, si può affermare come le due tavole, compilate a partire dalla stessa<br />

base dati (dissesti e unità geologiche) ma con due metodiche del tutto differenti (una<br />

attraverso la suddivisione in piccole celle e l'analisi di franosità condotta cella per cella;<br />

l'altra attraverso il preventivo accorpamento per gruppi a comportamento morfodinamico<br />

tendenzialmente omogeneo ed un conseguente calcolo dell'indice statistico di franosità)<br />

conducano a fornire un'immagine complessiva del territorio dei 3 Comuni piuttosto<br />

congruente, e perciò presumibilmente realistica, fatte salve le differenze locali da<br />

verificare a livello di approfondimenti di dettaglio.<br />

26<br />

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Fig. 6.1.3.1 – Carta delle Attitudini alle trasformazioni urbanistico - edilizie del territorio dei<br />

3 Comuni su base semplificata<br />

In merito alla situazione dei principali centri abitati in relazione all'attitudine alle<br />

trasformazioni edilizio-urbanistiche si riscontra quanto segue:<br />

27<br />

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PIANORO<br />

♦ Rastignano, Sesto, Boaria, Borgonuovo, Musiano, Pianoro Nuovo, Pian di Macina, Pianoro<br />

Vecchia (in parte) e Villaggio Baldisserra giacciono sugli stabili terrazzi alluvionali<br />

intravallivi del Torrente <strong>Savena</strong> e conseguentemente presentano le uniche limitazioni<br />

dovute alla eventuale presenza delle scarpate in evoluzione, così come gli abitati di<br />

Botteghino Colonna, Botteghino di Zocca (in parte) e Zena, situati sui più modesti<br />

terrazzi del Torrente Zena.<br />

♦ Villaggio Abate, Carteria di Sesto, Pianoro Vecchia, Botteghino di Zocca (in parte)<br />

risultano essere già stati perimetrati e zonizzati, presentando perciò già gli assetti<br />

definitivi ai sensi della normativa dello P.S.A.I. - Reno, con i conseguenti divieti e<br />

limitazioni.<br />

♦ Falgheto, Monte Calvo, Querceto di Gorgognano e ancora Botteghino di Zocca (in<br />

ulteriore parte) risultano per la maggior parte ubicati su U.I.E. "da sottoporre a<br />

verifica", e perciò l'eventuale ampliamento del loro perimetro urbanizzato è<br />

automaticamente assoggettato a preventiva zonizzazione secondo le metodologie del<br />

Piano sovraordinato ed alle conseguenti procedure dianzi illustrate.<br />

♦ Cà di Pippo e Montelungo ricadono invece in U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni" e<br />

perciò, fatta salva una verifica puntuale sulla eventuale presenza di fenomeni di<br />

dissesto in grado di influenzare gli interventi (nel qual caso però le relative U.I.E.<br />

coinvolte dovrebbero essere perimetrate e zonizzate come sopra), possono essere<br />

oggetto di trasformazioni edilizio-urbanistiche.<br />

MONZUNO<br />

♦ Vado, Rioveggio e Cà di Serra giacciono sugli stabili terrazzi alluvionali intravallivi del<br />

Torrente Setta e conseguentemente presentano le uniche limitazioni dovute alla<br />

eventuale presenza delle scarpate in evoluzione.<br />

♦ Monzuno, Cozzo-Carigheto, Montorio, S. Rocco, Pian di Lama, Trasasso risultano essere<br />

già stati perimetrati e zonizzati, presentando perciò già gli assetti definitivi ai sensi<br />

della normativa dello P.S.A.I. - Reno, con i conseguenti divieti e limitazioni.<br />

♦ Brento (in parte), Valle e Gabbiano risultano per la maggior parte ubicati su U.I.E. "da<br />

sottoporre a verifica", e perciò l'eventuale ampliamento del loro perimetro urbanizzato<br />

è automaticamente assoggettato a preventiva zonizzazione secondo le metodologie del<br />

Piano sovraordinato ed alle conseguenti procedure dianzi illustrate.<br />

♦ Brento (in parte), Monterumici e Selve - Tre Fasci ricadono invece in U.I.E. "idonee o<br />

con scarse limitazioni" e perciò, fatta salva una verifica puntuale sulla eventuale<br />

presenza di fenomeni di dissesto in grado di influenzare gli interventi (nel qual caso<br />

però le relative U.I.E. coinvolte dovrebbero essere perimetrate e zonizzate come<br />

sopra), possono essere oggetto di trasformazioni edilizio-urbanistiche.<br />

LOIANO<br />

♦ Fornace Zena (in parte) e Molinelli giacciono sugli stabili terrazzi alluvionali intravallivi<br />

del Torrente Zena e conseguentemente presentano le uniche limitazioni dovute alla<br />

eventuale presenza delle scarpate in evoluzione.<br />

♦ Bibulano, Loiano, Quinzano, Roncastaldo Scanello, Farné, Sabbioni (in parte) e Villaggio<br />

Rita (in parte) risultano essere già stati perimetrati e zonizzati, presentando perciò già<br />

28<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


gli assetti definitivi ai sensi della normativa dello P.S.A.I. - Reno, con i conseguenti<br />

divieti e limitazioni.<br />

♦ Gnazzano (in parte) ricade in U.I.E. inidonee e conseguentemente non può<br />

eventualmente essere assoggettato a trasformazioni urbanistico edilizie.<br />

♦ Barbarolo, Anconella, Guarda (parte), Scascoli (parte), Valle (parte), Fornace Zena<br />

(parte), Gnazzano (in parte) e Cà di Romagnolo risultano per la maggior parte ubicati su<br />

U.I.E. "da sottoporre a verifica", e perciò l'eventuale ampliamento del loro perimetro<br />

urbanizzato è automaticamente assoggettato a preventiva zonizzazione secondo le<br />

metodologie del Piano sovraordinato ed alle conseguenti procedure dianzi illustrate.<br />

♦ Sabbioni (parte), Villaggio Rita (in parte), Guarda (in parte), Scascoli (in parte) e Valle<br />

(in parte) ricadono invece in U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni" e perciò, fatta<br />

salva una verifica puntuale sulla eventuale presenza di fenomeni di dissesto in grado di<br />

influenzare gli interventi (nel qual caso però le relative U.I.E. coinvolte dovrebbero<br />

essere perimetrate e zonizzate come sopra), possono essere oggetto di trasformazioni<br />

edilizio-urbanistiche.<br />

La tavola QC.6/t2 fin qui descritta è, come preannunciato dal titolo, una elaborazione della<br />

originale tavola del P.S.A.I. - Reno, poiché oltre all'operazione di aggiornamento delle<br />

zonazioni effettuate dai Comuni fino al marzo 2007 (restituita graficamente con la stessa<br />

tecnica utilizzata dalle "Tavole 2 - Tutela idrogeologica" del P.T.C.P.), vi sono stati riportati<br />

i dissesti (frane quiescenti e attive, nonché calanchi) che hanno condotto l'Autorità di<br />

Bacino del Reno a realizzare la propria classificazione delle U.I.E.: in questo modo viene<br />

reso evidente quale sia il tipo di problema, nonché la sua localizzazione e dimensione, con il<br />

quale sarà necessario fare i conti nell'eventualità si decidesse per la trasformazione<br />

urbanistica di una parte, p. es., di una U.I.E. "da sottoporre a verifica", ovvero se<br />

eventualmente esista un dissesto, e dove e quanto esteso, in una U.I.E. peraltro classificata<br />

"idonea o con scarse limitazioni"; inoltre, tramite tale elaborazione, è stato possibile<br />

definire le fasce di inedificabilità richieste dall'art. 12, comma 9 del P.S.A.I. Reno, come<br />

descritto sopra.<br />

6.1.4 NEOTETTONICA E SISMICITA’<br />

L’analisi neotettonica di un’area si esegue attraverso l’esame di una serie innumerevole di<br />

dati di natura geologica, morfoneottetonica, idrogeologica, e idrochimica, che concorrono a<br />

definire il regime tettonico di una zona, con l’individuazione di strutture geologiche<br />

rilevanti, per giungere eventualmente alla definizione del loro potenziale sismogenetico.<br />

Sono già state, precedentemente, sommariamente descritte le zone strutturalmente<br />

rilevanti, che caratterizzano le aree in esame. In particolare, il territorio della Provincia di<br />

Bologna si sviluppa sostanzialmente al margine di una zona in sollevamento, rappresentata<br />

dalla catena appenninica, seguita verso nord da una zona in subsidenza, quella della Pianura<br />

Padana; entrambe costituiscono settori che sono stati interessati da movimenti tettonici<br />

nel passato e tuttora in atto, come testimoniano le ricostruzioni stratigrafiche strutturali<br />

del Quaternario, la deposizione granulometrica dei depositi superficiali, l’andamento<br />

morfologico e l’evoluzione della rete idrografica.<br />

Uno dei margini maggiormente attivi è sicuramente rappresentato dal margine<br />

pedeappenninico, che presenta un’evoluzione geodinamica inquadrabile in un unico regime<br />

tettonico, soprattutto quello a sud delle città di Modena e Reggio Emilia, dove le faglie<br />

trasversali, con componente trascorrente, dei fiumi Secchia e Panaro, si mostrano con<br />

maggior risalto; l’attività sismogenetica maggiore è collegata con meccanismi tettonici di<br />

29<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


accorciamento nella zona del fronte di accavallamento delle Liguridi, delle Epiliguridi e delle<br />

Unità Toscane. Tale fronte, in parte sepolto, ma anche a tratti emerso, presenta anche in<br />

campagna segni di tettonica attiva e recente, deformante anche i depositi quaternari. La<br />

fascia di montagna si può dividere in due subaree: l’una corrispondente alla collina ed alla<br />

media montagna, che presenta scarsa attività sismica e l’altra corrispondente alla zona di<br />

alta montagna, con attività sismica di magnitudo anche elevata. Gli eventi sismici di tale<br />

zona hanno carattere tensionale e costituiscono il propagarsi dell’attività tettonica<br />

distensiva del sistema del versante tirrenico con faglie immergenti sia verso il Tirreno che<br />

verso la Pianura Padana.<br />

Probabili dislocazioni recenti sono segnalabili anche nella bassa Pianura reggiana (Pellegrini<br />

M., 1976), in comune di Correggio, in corrispondenza del centro abitato; le cause di tale<br />

fenomeno non sono però ancora del tutto chiare ed inoltre non si hanno segni evidenti di<br />

una frattura del terreno. Risulta però chiaramente la presenza di una ridotta striscia di<br />

territorio caratterizzata da sensibili variazioni del gradiente della subsidenza (A. Gubellini,<br />

P. Russo: Controllo di una faglia nell’abitato di Correggio).<br />

Le aree descritte rappresentano quindi le zone con il maggior potenziale sismo-genetico; a<br />

tale proposito si rileva che nel margine appenninico, a sud-ovest di Bologna, si sono<br />

verificati sismi con intensità massima, in tempi storici, del VIII grado della scala MCS<br />

(Mercalli-Cancani-Sieberg).<br />

Anche per quanto riguarda la zona della dorsale ferrarese tra Reggio Emilia e Poggio Rusco,<br />

le massime intensità riscontrate risultano del VII grado della scala MCS e sono in gran<br />

parte collegate ad eventi con epicentri prossimi ai bordi nord-ovest e sud-est dell'alto<br />

strutturale.<br />

Sulla base dei dati bibliografici a disposizione, l’area di studio sembrerebbe quindi ricadere<br />

in una zona discretamente sismica, anche se la scarsità di dati anteriori al 1900 rende poco<br />

significativa la casistica considerata; quello che emerge è comunque un territorio<br />

tettonicamente attivo, potenzialmente sismico, con sismicità debole o media, accertata a<br />

partire dal 1900, in cui probabilmente l’attività sismica non raggiungerà mai intensità<br />

catastrofiche, dal momento che l’energia accumulata nel sottosuolo tende ad essere<br />

liberata gradualmente, con movimenti lenti, inavvertibili ma continui ed eventualmente con<br />

sismi di bassa e media intensità (Gasperi e Pellegrini, 1981).<br />

Sotto il profilo normativo, con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3274 del 20<br />

marzo 2003, "Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del<br />

territorio nazionale e normative tecniche per la costruzione in zona sismica", il<br />

Dipartimento della Protezione Civile (DPC) ha adottato la nuova riclassificazione sismica<br />

nazionale con allegate, le nuove normative tecniche per gli edifici, i ponti e le opere di<br />

fondazione e di sostegno dei terreni.<br />

L’Ordinanza è entrata in vigore dall’8/05/2003, data di pubblicazione sulla Gazzetta<br />

Ufficiale. La mappa della riclassificazione oltre ad aver utilizzato una base dati molto più<br />

ampia rispetto a quelle precedenti, presenta anche una più marcata continuità territoriale,<br />

che gli deriva dall’utilizzazione, oltre che dei risentimenti storici massimi misurati nei<br />

singoli comuni, di leggi di attenuazione, che hanno determinato una maggiore omogeneità dei<br />

risultati.<br />

L’Emilia-Romagna è interessata da una sismicità che può essere definita media<br />

relativamente alla sismicità nazionale, con terremoti storici di magnitudo massima<br />

compresa tra 5,5 e 6 della scala Richter e intensità massima del IX-X grado della scala<br />

Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS).<br />

Per quanto riguarda, in particolare, la storia sismica della Provincia di Bologna, nel “Catalogo<br />

dei Terremoti” del CNR, che raccoglie informazioni sui terremoti verificatisi dall’anno<br />

30<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


1.000 ad oggi, vengono riportati diversi sismi, di cui solo uno (quello del 20/04/1929) è<br />

classificato con un’intensità pari al VIII grado della Scala Mercalli.<br />

In pratica Bologna e la sua provincia, risulterebbero essere state interessate da effetti<br />

confrontabili al massimo con un VII grado della Scala Mercalli, così come l’area dei tre<br />

Comuni: Pianoro, Loiano, Monzuno.<br />

Nelle tabelle seguenti sono riportati gli elenchi degli eventi sismici più significativi per<br />

l’area in esame, rispettivamente in un raggio di 20 Km (tutti) ed in un raggio di 40 Km (quelli<br />

superiori al V grado della scala Mercalli), tratti dal sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica<br />

e Vulcanologia. Tali elenchi sono aggiornati sino al 2002 e pertanto non compare il sisma del<br />

2003 che ha causato danni agli edifici del territorio in esame.<br />

Anno Mese Giorno Area massimi<br />

effetti<br />

Intensità<br />

massima<br />

(MCS)<br />

Intensità<br />

epicentrale<br />

(MCS)<br />

Latitudine<br />

epicentrale<br />

Longitudine<br />

epicentrale<br />

1323 02 25 Bologna 65 55 44.500 11.330<br />

1365 07 25 Bologna 75 65 44.500 11.330<br />

1433 05 04 Bologna 70 60 44.500 11.330<br />

1455 02 06 BOLOGNESE 75 44.400 11.250<br />

1455 12 20 Media valle Reno 75 70 44.420 11.270<br />

1505 01 03 Bologna 70 70 44.480 11.250<br />

1505 05 15 BOLOGNA 55 55 44.498 11.340<br />

1666 04 14 BOLOGNA 60 44.500 11.333<br />

1801 10 08 BOLOGNA 55 55 44.498 11.340<br />

1864 03 15 ZOCCA 65 65 44.337 11.059<br />

1869 06 25 VERGATO 75 75 44.314 11.116<br />

1878 11 09 CASTEL DEL RIO 70 44.250 11.500<br />

1881 01 24 Bolognese 70 65 44.320 11.350<br />

1962 05 11 CAMUGNANO 60 44.200 11.167<br />

1966 05 26 MONTEVEGLIO 60 44.500 11.200<br />

Tab. 6.1.4.1 - Terremoti localizzati nel raggio di 20 Km dal centroide del territorio dei Comuni<br />

di Pianoro, Loiano, Monzuno<br />

Anno Mese Giorno Area massimi<br />

effetti<br />

Intensità<br />

massima<br />

(MCS)<br />

Intensità<br />

epicentrale<br />

(MCS)<br />

Latitudine<br />

epicentrale<br />

Longitudine<br />

epicentrale<br />

1323 02 25 Bologna 65 55 44.500 11.330<br />

1365 07 25 Bologna 75 65 44.500 11.330<br />

1399 07 20 Modenese 70 70 44.470 11.070<br />

1433 05 04 Bologna 70 60 44.500 11.330<br />

1455 02 06 BOLOGNESE 75 44.400 11.250<br />

1455 12 20 MediavalledelReno 75 70 44.420 11.270<br />

1470 04 11 APP.BOLOGNESE 80 70 44.161 11.037<br />

1505 01 03 Bologna 70 70 44.480 11.250<br />

1505 05 15 BOLOGNA 55 55 44.498 11.340<br />

1542 06 13 Mugello 90 90 44.000 11.380<br />

1586 01 12 SPILAMBERTO 60 44.583 11.000<br />

1600 PALAZZUOLO 75 75 44.113 11.548<br />

1611 09 08 Scarperia 75 70 44.020 11.370<br />

1666 04 14 BOLOGNA 60 44.500 11.333<br />

1687 CASTELBOLOGNESE 60 44.333 11.750<br />

1762 04 15 BORGO S.LORENZO 70 44.000 11.333<br />

1779 06 04 Bolognese 70 65 44.450 11.520<br />

1780 02 06 Bolognese 65 55 44.620 11.320<br />

1801 10 08 BOLOGNA 55 55 44.498 11.340<br />

1830 01 26 TREPPIO 60 44.083 11.000<br />

1834 10 04 Bologna 60 55 44.600 11.370<br />

1843 10 25 VERNIO 75 70 44.072 11.144<br />

31<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


1849 01 06 CASAGLIA 60 44.083 11.500<br />

1854 06 16 CASTELBOLOGNESE 70 44.333 11.750<br />

1864 12 11 MUGELLO 70 70 44.042 11.282<br />

1869 06 25 VERGATO 75 75 44.314 11.116<br />

1874 10 07 IMOLESE 70 70 44.164 11.579<br />

1878 03 12 Bolognese 60 60 44.420 11.550<br />

1878 11 09 CASTELDELRIO 70 44.250 11.500<br />

1881 01 24 Bolognese 70 65 44.320 11.350<br />

1889 03 08 BOLOGNA 60 60 44.518 11.237<br />

1890 05 04 S.PIERO 55 44.000 11.250<br />

1892 12 29 CASTELDELRIO 60 44.167 11.500<br />

1896 07 08 LIZZANO 60 44.133 10.933<br />

1912 08 15 VERNIO 55 44.050 11.167<br />

1929 04 20 Bolognese 80 70 44.470 11.130<br />

1931 04 05 FAENTINO 65 65 44.192 11.708<br />

1931 09 05 FIRENZUOLA 70 65 44.057 11.367<br />

1937 12 10 APP.MODENESE 70 65 44.334 10.834<br />

1939 02 11 MARRADI 70 70 44.002 11.431<br />

1949 03 09 FIRENZUOLA 60 44.100 11.383<br />

1951 10 29 VALLE DEL PANARO 50 50 44.458 10.989<br />

1953 02 13 CASAGLIA 60 44.033 11.517<br />

1956 04 26 PASSO FUTA 60 44.150 11.317<br />

1957 08 27 ZOCCA 60 60 44.394 10.994<br />

1962 05 11 CAMUGNANO 60 44.200 11.167<br />

1964 09 05 RONCOBILACCIO 50 50 44.138 11.233<br />

1966 05 26 MONTEVEGLIO 60 44.500 11.200<br />

1967 10 01 FORMIGINE 50 44.567 10.950<br />

1970 05 05 PAVULLO 60 44.350 10.850<br />

Tab. 6.1.4.2 - Forti terremoti (Imax > 50) localizzati nel raggio di 40 Km dal centroide del<br />

territorio dei comuni di Pianoro, Loiano, Monzuno<br />

La Regione Emilia Romagna con Deliberazione della G.R. N. 1435/2003 del 21.07.2003 ha<br />

approvato una nuova classificazione sismica dei Comuni della Regione, in ottemperanza alla<br />

suddetta Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (Fig. 6.1.4.1).<br />

Questa nuova classificazione, è operante dallo 08.05.2004, conferma quella di cui alla<br />

citata Ordinanza.<br />

Il territorio dei comuni di Pianoro, Loiano e Monzuno, viene classificato in zona 3, quindi a<br />

bassa sismicità.<br />

Ai fini dell’applicazione di queste norme, il territorio nazionale è stato suddiviso in zone<br />

sismiche, a ciascuna delle quali è assegnato un intervallo di valori dell’accelerazione di picco<br />

orizzontale del suolo (ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni; in particolare,<br />

per la determinazione delle azioni sismiche, risulta assegnato un valore (ag / g), di<br />

ancoraggio dello spettro di risposta elastico, diverso per ogni zona sismica. I valori di ag,<br />

espressi come frazione dell’accelerazione di gravità g, da adottare in ciascuna delle zone<br />

sismiche del territorio nazionale sono:<br />

Zona Valore di ag 1 0,35g<br />

2 0,25g<br />

3 0,15g<br />

4 0,05g<br />

32<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Zona 2<br />

Zona 3<br />

Zona 4<br />

Territori comunali “Non<br />

Classificati” nelle categorie dei<br />

decreti precedenti al 1984.<br />

Fig. 6.1.4.1 – Nuova Classificazione Sismica dei Comuni della Regione Emilia Romagna<br />

L’entrata in vigore della riclassificazione sismica, come stabilito dalla delibera regionale, è<br />

avvenuta dopo 1 anno dall’entrata in vigore dell’Ordinanza Ministeriale (08/05/2004).<br />

L’entrata in vigore invece della nuova normativa tecnica per la progettazione in zone<br />

sismiche è avvenuta, dopo diverse proroghe, per tutto il territorio regionale il giorno<br />

23.10.2005, giorno di entrata in vigore del D.M. 14.09.2005, inerente il Testo Unico sulle<br />

Norme Tecniche per le Costruzioni.<br />

In fase esecutiva andranno pianificate opportune indagini geognostiche il cui scopo sarà<br />

quello di classificare il terreno di fondazione nelle seguenti categorie individuate<br />

dall’ordinanza:<br />

A - Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi caratterizzati da valori di V s30 >800 m/s,<br />

comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di spessore massimo pari a 5 m.<br />

B - Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti, con spessori di diverse<br />

decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la<br />

profondità e da valori di V s30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero resistenza<br />

penetrometrica N SPT>50, o coesione non drenata c u>250 kPa).<br />

C - Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o di argille di media consistenza, con<br />

spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di V s30<br />

compresi tra 180 e 360 m/s (15< N SPT


S1 - Depositi costituiti da, o che includono, uno strato spesso almeno 10 m di argille/limi di bassa<br />

consistenza, con elevato indice di plasticità (PI>40) e contenuto d’acqua, caratterizzati da<br />

valori di V s30


Nazionale riportata nella Fig. 6.1.4.2, buona parte dei comuni della Provincia di Bologna<br />

sarebbero compresi in zona 2.<br />

Fig. 6.1.4.2 Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale - Fonte: I.N.G.V.<br />

L’operatività della classificazione sismica di tutto il territorio regionale, sia pure in via di<br />

prima applicazione, a far data dal 23.10.2005, comporta significativi effetti per quanto<br />

riguarda i contenuti e le modalità di approvazione degli strumenti di pianificazione<br />

territoriale ed urbanistica, in merito al compito di concorrere alla prevenzione del rischio<br />

sismico sulla base delle analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione.<br />

Il Piano Strutturale Comunale (PSC), attuando gli indirizzi previsti dalla pianificazione<br />

sovraordinata, approfondisce ed integra, ad una scala di maggior dettaglio, la cartografia<br />

provinciale; pertanto, nella cartografia di livello comunale sono perimetrate, con maggior<br />

dettaglio, le parti del territorio caratterizzate da differenti scenari di pericolosità sismica<br />

locale.<br />

Tale approfondimento ha la finalità di fornire informazioni utili per la definizione delle<br />

politiche insediative.<br />

35<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Le previsioni del PSC in merito agli ambiti suscettibili di urbanizzazione e per gli interventi<br />

sul territorio urbanizzato dovranno essere coerenti con le risultanze del <strong>quadro</strong> <strong>conoscitivo</strong><br />

e, di conseguenza, nella VALSAT del piano dovrà essere contenuta una esplicita valutazione<br />

della potenziale ammissibilità degli interventi di trasformazione ipotizzati, in<br />

considerazione anche delle altre criticità ambientali, in modo tale da valutare in maniera<br />

integrata tutte le interazioni potenzialmente negative.<br />

La medesima carta comunale, inoltre, fornisce, per le parti del territorio (suscettibili di<br />

urbanizzazione e per gli interventi sul territorio urbanizzato) maggiormente esposti a<br />

pericolosità sismica, indirizzi e prescrizioni necessari alla progettazione<br />

attuativa/operativa assegnata al RUE e al POC.<br />

A tale riguardo nei comuni in zona 3, come nel caso specifico dei comuni di Loiano, Monzuno<br />

e Pianoro, la pianificazione territoriale ed urbanistica è chiamata ad effettuare la<br />

ricognizione e la valutazione dello stato di fatto e dei processi evolutivi, e valutare il<br />

territorio (risorse, opportunità, fattori di criticità), al fine di formulare un <strong>quadro</strong> dei<br />

limiti alle trasformazioni e al suo utilizzo e garantire la coerenza tra le caratteristiche e lo<br />

stato del territorio e le previsioni degli strumenti di pianificazione operando una<br />

valutazione preventiva.<br />

Le finalità del PSC come degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica<br />

sovraordinati sono anche di riduzione del rischio sismico – così come specificato nell’art. A-<br />

2, comma 4, dell’Allegato alla LR 20/2000 “Nei territori regionali individuati come zone<br />

sismiche, ai sensi dell'art. 145 della L.R. n. 3 del 1999, gli strumenti di pianificazione<br />

territoriale e urbanistica concorrono alla riduzione ed alla prevenzione del rischio sismico,<br />

sulla base delle analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione” - orientando le proprie<br />

scelte localizzative, i possibili processi di trasformazione urbana e la realizzazione delle<br />

opere pubbliche e di interesse pubblico.<br />

Pertanto, il <strong>quadro</strong> <strong>conoscitivo</strong> deve essere formato sin dalle prime fasi dell’elaborazione<br />

del piano per evidenziare le criticità del territorio preso a riferimento e rapportandosi al<br />

contesto territoriale del Piano, al fine di avere gli opportuni riferimenti per la definizione<br />

degli obiettivi e dei contenuti del piano in coerenza con la valutazione del rischio sismico, i<br />

cui esiti vanno riportati nel documento di Valsat.<br />

Le analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione sono fondamentali per la riduzione del<br />

rischio sismico.<br />

In particolare con riferimento alla componente della pericolosità, è necessario tenere<br />

presente che alcune caratteristiche fisiche del territorio possono amplificare gli effetti in<br />

superficie dei terremoti e costituire aspetti predisponenti per fenomeni di instabilità dei<br />

terreni, quali cedimenti e frane.<br />

L’aumento dei risentimenti sismici (amplificazione) per condizioni locali, i cedimenti per<br />

liquefazione e addensamenti e l’instabilità dei versanti causati da un terremoto vengono<br />

comunemente definiti “effetto di sito” o “effetti locali”.<br />

6.1.5 PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE (effetti di sito) (Tavola QC.6/t3)<br />

Come riportato nel capitolo precedente l'Allegato 1 dell'O.P.C.M. 3274 del 20/03/03<br />

classifica i Comuni di Pianoro, Monzuno e Loiano come di categoria sismica 3; tale<br />

classificazione è stata confermata anche dai più recenti provvedimenti normativi attinenti<br />

direttamente o indirettamente le condizioni sismiche del territorio, l'O.P.C.M. 3431 del<br />

03/05/05 e d il D.M. 14/09/05. Conseguentemente essi sono tenuti ad individuare, nei<br />

propri strumenti di pianificazione urbanistica, le differenti zone del proprio territorio a<br />

36<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


differente risposta sismica ("microzonazione sismica"), col fine ultime di riuscire a<br />

contenere e nel tempo a ridurre il rischio sismico.<br />

Un recente atto dell'Assemblea Legislativa della Regione Emilia - Romagna fornisce una<br />

serie di indirizzi per la microzonazione sismica per la pianificazione territoriale ed<br />

urbanistica 3 , e ciò in recepimento dei vari atti legislativi statali che sono stati a più<br />

riprese emessi nel corso degli ultimi anni 4 . In tale atto regionale si postula, fra l'altro ed in<br />

estrema sintesi, che le Province nei propri P.T.C.P. effettuino una prima fase di analisi<br />

diretta a definire gli scenari di pericolosità sismica locale a scala territoriale, ovvero ad<br />

identificare le parti di territorio suscettibili di effetti di amplificazione "di sito"<br />

(amplificazione del segnale sismico, cedimenti, instabilità dei versanti, fenomeni di<br />

liquefazione, rotture del terreno, ecc.), relazionati alla morfologia, al substrato, alle<br />

coperture detritiche locali, ecc. Una seconda fase ha per obbiettivo la microzonazione<br />

sismica del territorio, e deve essere svolta dai Comuni nei propri P.S.C. individuando, ad una<br />

scala di maggior dettaglio,le parti del territorio caratterizzate dai differenti scenari di<br />

pericolosità sismica locale: quest'ultima operazione consiste nell'individuare: a) le aree che<br />

non necessitano di approfondimento, in quanto il pericolo sia ritenuto assente o<br />

trascurabile; e b) le aree che necessitano di una seconda fase di approfondimento al fine di<br />

valutare la pericolosità sismica. Nel secondo caso si individuano due diversi livelli di<br />

ulteriore approfondimento, uno per le aree oggetto di un'analisi semplificata (aree subpianeggianti<br />

e geologicamente "semplici"), l'altro per le aree oggetto di un'analisi<br />

approfondita (aree instabili o potenzialmente instabili, situazioni geologicamente più<br />

complesse, ovvero aree oggetto di interventi di rilevante interesse pubblico).<br />

In questo <strong>quadro</strong> legislativo, ma in assenza della "macrozonazione" di carattere e<br />

competenza provinciale con le relative direttive ed indirizzi (tecnici e normativi), con la<br />

tavola QC.6/t3 si intende fornire un contributo al primo livello di approfondimento,<br />

attraverso l'applicazione di una metodologia sperimentale utilizzata per la stesura del<br />

P.T.C.P. della Provincia di Rimini, il cui risultato, come si vedrà, potrebbe anche assumere<br />

valenza come microzonazione comunale (il condizionale è d'obbligo considerata appunto la<br />

situazione di attuale mancanza di pianificazione e regolamentazione da parte Provincia di<br />

Bologna).<br />

Anche per la redazione della Tavola cui si riferisce il presente paragrafo, come per la<br />

Tavola QC.6/t1, si è utilizzata una metodologia pubblicata di recente da Martelli, Filippini,<br />

Bagli, Severi e Tomasetti 5 nell'ambito della redazione del Quadro Conoscitivo del P.T.C.P.<br />

della Provincia di Rimini. Il metodo proposto dagli Autori citati si basa essenzialmente<br />

sull'utilizzo delle basi dati e delle cartografie territoriali esistenti presso i vari Enti, in<br />

modo da ottenere un primo risultato a scala di area vasta in tempi rapidi e a costi<br />

contenuti. A partire quindi dalla più volte citata Carta Geologica dell'Appennino emiliano -<br />

romagnolo, nonché dal modello digitale del terreno DTM 5m x 5m, entrambi elaborati dal<br />

Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della R.E.R., oltre che dalla Banca Dati Geognostica<br />

regionale, si elaborano due diverse cartografie: la carta litologica del substrato e la carta<br />

3<br />

Atto di indirizzo e coordinamento tecnico ai sensi dell'art. 16, comma 1 della L.R. 20/2000 "Disciplina generale<br />

sulla tutela e l'uso del territorio" in merito a "Indirizzi dper gli studi di microzonazione sismica in Emilia -<br />

Romagna per la pianificazione territoriale ed urbanistica" approvato con atto n°112 del 02/05/07.<br />

4<br />

O.P.C.M. 3274/2003, D.M. 14/09/2005, O.P.C.M. 3519/2006, per citare i più importanti.<br />

5<br />

Il Geologo dell'Emilia - Romagna: Bollettino Ufficiale di Informazione dell'Ordine dei Geologi Regione Emilia -<br />

Romagna, anno VI/2006 n° 24: Riduzione del rischio sismico nella pianificazione territoriale e urbanistica in<br />

Emilia - Romagna: definizione e rappresentazione della pericolosità sismica locale. L'esempio della cartografia<br />

per il <strong>quadro</strong> <strong>conoscitivo</strong> del PTCP di Rimini. L. Martelli (Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli - Regione Emilia<br />

- Romagna), M. Filippini (Servizio Pianificazione Territoriale, SITUA - Provincia di Rimini), S: Bagli (Servizio<br />

Pianificazione Territoriale, SITUA - Provincia di Rimini), P. Severi (Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli -<br />

Regione Emilia - Romagna) e F. Tomasetti (Servizio Pianificazione Territoriale, SITUA - Provincia di Rimini).<br />

37<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


clivometrica, quest'ultima finalizzata all'individuazione delle morfologie in grado di dare<br />

effetti di amplificazione della risposta sismica dei terreni (essenzialmente: versanti a<br />

pendenza elevata, creste e picchi). A questi due layers cartografici vengono poi aggiunte le<br />

"coperture" intese come frane quiescenti, frane attive, depositi di versante, depositi<br />

alluvionali, conoidi detritiche di falda o torrentizie, ecc. anch'esse in grado di creare<br />

amplificazione locale delle onde sismiche. La lettura incrociata di tutti i layers fornisce<br />

appunto la "carta delle aree soggette ad effetti di amplificazione sismica locale".<br />

Nel caso dei 3 Comuni in esame è stata adottata tale metodologia con alcune limitate<br />

variazioni rispetto all'originale, che verranno citate nella descrizione generale che segue.<br />

Per la realizzazione del layer delle caratteristiche sismiche del substrato, si è proceduto<br />

ad una prima classificazione delle unità geologiche riportate dalla Carta Geologica regionale<br />

secondo le seguenti categorie, individuate nel campo del database della suddetta<br />

cartografia regionale, denominato "litotecnica" (che appunto raggruppa le unità geologiche<br />

secondo le loro caratteristiche litologiche, di stratificazione e di cementazione o<br />

consolidamento), documentazione gentilmente messa a disposizione dal Servizio geologico<br />

regionale.<br />

A - Materiali lapidei<br />

Al - Materiale lapideo costituito da un unico tipo non stratificato o con stratificazione<br />

superiore a 3 m<br />

As - Materiale lapideo con stratificazione inferiore a 3 metri<br />

B - Materiali costituiti da alternanze tra livelli lapidei e livelli pelitici<br />

La classe comprende le alternanze ordinate di livelli lapidei (in prevalenza da arenarie,<br />

calcareniti e calcilutiti e di livelli pelitici (costituiti da argille, argille marnose e marne), ed<br />

è ulteriormente suddivisa in sottoclassi in base al rapporto reciproco dei due litotipi<br />

alternati (L/P).<br />

Bl – alternanze con livelli lapidei prevalenti: L/P ≥ 3<br />

Blp – alternanze con rapporto tra livelli lapidei e livelli pelitici: 3 > L/P ≥ 1/3<br />

Bp – alternanze con livelli pelitici prevalenti: L/P < 1/3<br />

C - Materiali granulari poco cementati<br />

La classe comprende rocce e rocce deboli costituite da materiale prevalentemente<br />

granulare con grado di cementazione medio - basso, che presentano caratteristiche<br />

intermedie fra quelle delle rocce e quelle delle terre.<br />

Cc - conglomerati e brecce clasto - sostenuti poco cementati<br />

Cm – conglomerati e brecce matrice - sostenuti<br />

Cs – sabbie e areniti poco cementate<br />

D - Materiali coesivi consistenti<br />

Sono compresi terreni coesivi, sovraconsolidati, costituiti in prevalenza da marne, marne<br />

argillose e argille.<br />

Dm - Marne<br />

Da – Argille, argille marnose e argille siltose<br />

Dsc - argilliti<br />

La classe comprende unità costituite in prevalenza da argille che a causa della loro storia<br />

tettonica risultano intensamente piegate e fratturate dalla scala dell’affioramento fino alla<br />

38<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


scala del campione (“argille scagliose” auctt.) e talora intensamente diagenizzate fino<br />

all’anchimetamorfismo; la classe Da comprende anche gli orizzonti costituiti da slump<br />

sedimentari prevalentemente pelitici.<br />

Dol – Argille a struttura primaria caotica<br />

La classe comprende unità costituite in prevalenza da argille con a luoghi subordinati inclusi<br />

lapidei che determinano una tessitura clastica, dalla scala dell’affioramento fino alla scala<br />

microscopica, originata dalla messa in posto di colate sottomarine di fango e detrito.<br />

Con riferimento alle sigle identificative delle unità geologiche riportate nella precedente<br />

descrizione della Tavola QC.6/t1, la classificazione litotecnica applicata al territorio dei 3<br />

Comuni risulta la seguente:<br />

A - MATERIALI LAPIDEI<br />

Al - Materiale lapideo non stratificato o con stratificazione superiore a 3 m<br />

ADO2 - MEMBRO DELLE GANZOLE.<br />

ANT4 - Formazione di Antognola - MEMBRO DI ANCONELLA<br />

As - Materiale lapideo con stratificazione inferiore a 3 metri<br />

PAT - FORMAZIONE DI PANTANO<br />

PAT2 - Formazione di Pantano - MEMBRO DI MONTECUCCOLO<br />

B - MATERIALI COSTITUITI da ALTERNANZE tra LIVELLI LAPIDEI e PELITICI<br />

Bl – alternanze con livelli lapidei prevalenti<br />

CIG5 - Formazione di Cigarello - MEMBRO DI MONTERENZIO<br />

FAAa - Argille Azzurre - LITOFACIES ARENACEA<br />

FCOa - Formazione a Colombacci - LITOFACIES ARENACEA<br />

MOHa - Formazione di Monghidoro - LITOFACIES ARENACEA<br />

PAT3 - Formazione di Pantano - MEMBRO DI CALVENZANO<br />

RUM2 - Formazione di Monterumici - MEMBRO DI CA' DI MAZZA<br />

Blp – alternanze quasi - equivalenti tra livelli lapidei e livelli pelitici<br />

ADO2ap - Formazione di Monte Adone - MEMBRO DELLE GANZOLE - LITOFACIES<br />

ARENACEO - PELITICA<br />

CIGa - Formazione di Cigarello - LITOFACIES ARENACEA<br />

FCOc - Formazione a Colombacci - LITOFACIES PELITICO - ARENACEA<br />

FPGa - Formazione di Poggio - LITOFACIES ARENACEA<br />

MOH - FORMAZIONE DI MONGHIDORO<br />

MOHb - LITOFACIES PELITICO - ARENACEA<br />

MOV - FORMAZIONE DI MONTE VENERE<br />

SAG1- Formazione di Savigno - MEMBRO DI VILLA<br />

Bp – alternanze con livelli pelitici prevalenti<br />

FCO - FORMAZIONE A COLOMBACCI<br />

LOI1 - Formazione di Loiano - MEMBRO DI RIO GIORDANO<br />

MMP - MARNE DI MONTE PIANO<br />

RAN4 - Formazione di Ranzano MEMBRO DI ALBERGANA<br />

SCB - ARENARIE DI SCABIAZZA<br />

TERp - Formazione del Termina - LITOFACIES PELITICA<br />

39<br />

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C - MATERIALI GRANULARI POCO CEMENTATI<br />

Cc - conglomerati e brecce clasto - sostenuti poco cementati<br />

ADO1 - MEMBRO DI MONTE MARIO<br />

FCOb - Formazione a Colombacci - LITOFACIES CONGLOMERATICA<br />

RUM1 - Formazione di Monterumici - MEMBRO DI SCASCOLI<br />

Cm – conglomerati e brecce matrice - sostenuti<br />

LOI2 - Formazione di Loiano - MEMBRO DI MONZUNO<br />

Cs – sabbie e areniti poco cementate<br />

LOI - FORMAZIONE DI LOIANO<br />

D - MATERIALI COESIVI CONSISTENTI<br />

Dm - marne<br />

ANT - FORMAZIONE DI ANTOGNOLA<br />

CIG - FORMAZIONE DI CIGARELLO<br />

CTG - FORMAZIONE DI CONTIGNACO<br />

TER - FORMAZIONE DEL TERMINA<br />

Da – argille, argille marnose e argille siltose<br />

CEA - MARNE DI CELLA<br />

FAA - ARGILLE AZZURRE<br />

Dsc - argilliti<br />

AVS - ARGILLE VARICOLORI DELLA VAL SAMOGGIA<br />

Dol – argille a struttura primaria caotica<br />

BAI3 - MEMBRO DI POGGIO CAVALIERA<br />

MVT - BRECCE ARGILLOSE DELLA VAL TIEPIDO - CANOSSA<br />

Gli Autori ideatori del metodo citato all'inizio del paragrafo stimano il comportamento<br />

geomeccanico, e più in particolare sismico, delle classi litotecniche individuate,<br />

considerando i risultati di alcune indagini geofisiche svolte in zone diverse dell'Appennino<br />

emiliano - romagnolo, dalle quali emerge che è possibile effettuare un'operazione di<br />

raggruppamento in due super-classi o categorie relazionate alla risposta sismica così come<br />

schematizzata dalla normativa sismica, ovvero con velocità di propagazione delle onde di<br />

taglio nei primi 30 metri di spessore del terreno (Vs30) inferiore o superiore a 800 m/s,<br />

come discrimine fra un bedrock a risposta sismica non in grado di dare effetti di<br />

amplificazione (Vs30 ≥ 800 m/s) ed un substrato con risposta sismica più simile a quella<br />

delle coperture detritiche (Vs30 < 800 m/s) in grado di farlo. La prima categoria può essere<br />

considerata, ai fini della progettazione attuativa degli interventi (fatte salve le necessarie<br />

indagini per le caratterizzazioni locali) corrispondente alla categoria di sottosuolo "A -<br />

Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi" della vigente normativa sismica nazionale,<br />

mentre la seconda corrisponde ai sottosuoli di categoria "B - Depositi di sabbie o ghiaie<br />

molto addensati o argille molto consistenti" e/o "C - Depositi di sabbie o ghiaie mediamente<br />

addensate o argille di media consistenza". I sottosuoli di tipo "D - depositi di terreni<br />

granulari da sciolti o poco addensati" ed "E - Profili di terreno costituiti da depositi di tipo<br />

C o D di spessore compreso tra 5 e 20 m, sovrastanti sottosuoli di tipo A", vengono invece<br />

segnalati attraverso l'individuazione cartografica dei vari tipi di deposito detritico, siano<br />

40<br />

Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


essi frane quiescenti, depositi di versante, conoidi di deiezione (di falda o torrentizie),<br />

ecc., tutti elementi derivati direttamente dalla Carta Geologica regionale.<br />

Le due categorie di risposta sismica possono essere costituiti come illustrato nelle tabelle<br />

che seguono:<br />

CATEGORIA 1 - Substrato litoide - Vs 30 ≥ 800 m/s<br />

A Al ADO 2; ANT 4<br />

B<br />

As PAT; PAT 2<br />

Bl<br />

CIG5; FAA a; FCO a; MOH a; PAT 3; RUM 2<br />

Blp ADO 2ap; CIG a; FCO c; FPG a; MOH; MOH b; MOV; SAG 1<br />

C Cc ADO 1; FCO b; RUM 1<br />

CATEGORIA 2 - Substrato sub - litoide - Vs 30 < 800 m/s<br />

B Bp FCO; LOI 1; MMP; RAN 4; SCB; TER p<br />

C<br />

D Dm<br />

Cm LOI 2<br />

Cs LOI<br />

Da<br />

Dsc AVS<br />

ANT; CIG; CTG; TER<br />

CEA; FAA<br />

Dol BAI 3; MVT<br />

A queste due categoria se ne aggiunge una terza, costituita da due sole unità geologiche<br />

riconducibili entrambe alla Formazione Gessoso Solfifera emiliano - romagnola, che si<br />

caratterizza per la particolare conformazione che possono assumere i relativi<br />

affioramenti, che a causa della solubilità chimica dei gessi a contatto con le acque di<br />

corrivazione, possono dar luogo a fenomeni di carsismo che partono da doline ed inghiottitoi<br />

superficiali e si trasformano in grotte profonde anche centinaia di metri con sviluppo di<br />

migliaia di metri. Nel territorio del Comune di Pianoro, all'estremo confine settentrionale,<br />

in adiacenza con il Comune di San Lazzaro, si rinviene l'unico affioramento di questa<br />

categoria, che costituisce il monte Croara i cui fianchi sono interessati da diversi<br />

inghiottitoi e la cui vetta è stata oggetto di un'attività estrattive oramai esaurita ("Cava<br />

Croara") condotta in galleria: l'insieme di questi due fattori, uno naturale e l'altro<br />

antropico, ha fatto sì che si sia preferito cautelativamente considerare l'intero<br />

affioramento dei gessi come zona di amplificazione degli effetti sismici di sito.<br />

CATEGORIA 3 - Cavità sepolte<br />

G GES; GES 1<br />

41<br />

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Nel layer litotecnico della tavola in questione sono altresì evidenziate le alluvioni di<br />

fondovalle, che come le altre coperture detritiche possono dar luogo ad amplificazione<br />

degli effetti locali di un sisma.<br />

Fig. 6.1.5.1 – Pericolosità Sismica (Effetti di Sito) su base semplificata<br />

42<br />

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Il successivo layer è stato realizzato estrapolando dal modello digitale del terreno DTM<br />

5m x 5m tutti i versanti con pendenze comprese fra 30° e 45°, nonché quelle superiori ai<br />

45°, considerando che queste classi clivometriche siano quelle che danno il maggior rischio<br />

di amplificazione locale degli effetti di un sisma, trovandosi i terreni in un equilibrio quasi -<br />

precario (in particolare le coperture detritiche) ovvero andando a configurare creste,<br />

picchi, falesie che per la loro morfologia possono direttamente amplificare l'onda sismica.<br />

Sono state riportati anche gli elementi "Orlo di scarpate di terrazzo" e "Orlo di scarpata<br />

di frane" già visti nella Tavola QC.6/t1, considerando che tali elementi possano presentare<br />

le stesse caratteristiche di amplificazione sismica locale delle creste e delle falesie<br />

individuate tramite l'elaborazione del modello digitale del terreno.<br />

Osservando la Tavola QC.6/t3 (Fig. 6.1.5.1) si può notare come la distribuzione dei vari<br />

elementi in grado di dare luogo ad effetti di amplificazione locale del sisma presentino una<br />

distribuzione assai variegata:<br />

♦ le frane (quiescenti o attive) ed i depositi detritici di versante in senso lato compaiono<br />

in maniera generalmente diffusa, ma si concentrano secondo lo schema che si è visto in<br />

precedenza nella descrizione della Tavola QC.6/t1 , per grandi fasce territoriali con<br />

andamento WNW - ESE, e massima concentrazione dei dissesti nelle due più<br />

settentrionali, in quella centrale (definita "complessa") e in quella più meridionale.<br />

♦ I depositi alluvionali terrazzati si concentrano ovviamente nei fondivalle dei tre corsi<br />

d'acqua principali (Torrente Setta, Torrente <strong>Savena</strong> e Torrente Zena), i primi due dei<br />

quali mostrano maggiori ampiezze e spessori e dove presumibilmente si raggiunge<br />

frequentemente il limite inferiore dell'intervallo 5 ÷ 20 m considerato dalle normative<br />

vigenti come potenzialmente amplificante nel caso di presenza di sottosuolo a<br />

comportamento litoide; nella valle dello Zena i terrazzi sono piuttosto modesti sia in<br />

ampiezza che spessore, a causa della minore estensione del bacino imbrifero e<br />

conseguentemente delle portate idriche nonché dell'energia erosiva e di trasporto;<br />

tutti questi depositi mostrano andamento prevalente N - S.<br />

♦ I pendii rilevantemente acclivi, le falesie, le creste, ecc. sono molto diffusi per contro<br />

nella parti tendenzialmente più stabili del territorio, com'è logico aspettarsi dato che i<br />

litotipi più rigidi danno luogo a pendii più erti che evolvono lentamente per erosione e<br />

frane di crollo, le quali lasciano in posto scarpate più acclivi della media dei pendii<br />

presenti nell'intorno: le massime concentrazioni di questi elementi si rinvengono nella<br />

fascia del contrafforte pliocenico (Classe litotecnica A - materiali lapidei massivi -<br />

ADO2; ANT4); un'altra notevole zona di concentrazione di creste e falesie si rinviene in<br />

corrispondenza della fascia di affioramento della Formazione di Loiano (Classe<br />

litotecnica Cs – sabbie e areniti poco cementate - LOI); una terza zona di versanti ad<br />

elevata pendenza, in questo caso non di crinale ma di mezza costa, è presente sul<br />

versante orientale della dorsale M.te Venere - M.te Poggio Santa Croce,<br />

corrispondente al versante sinistro del medio - alto corso del Torrente <strong>Savena</strong> (zona<br />

dell'abitato di Trasasso fino all'angolo SE del territorio comunale di Monzuno) dove una<br />

serie di vasti e profondi paleo-scoscendimenti rotazionali (oramai pressoché<br />

completamente stabilizzati) instauratesi nei terreni della Formazione di Montevenere<br />

(Classe litotecnica Blp - alternanze quasi-equivalenti tra livelli lapidei e livelli pelitici -<br />

MOV) ha lasciato alte ed abrupte scarpate morfologiche, in gran parte rimboschite.<br />

• La Categoria di risposta sismica 2, ossia quella con più bassa velocità di propagazione<br />

delle onde sismiche, e perciò considerata in grado di causare amplificazione degli<br />

effetti di un sisma, si rinviene in due fasce principali del territorio dei 3 Comuni: una<br />

essenzialmente coincidente con i terreni della Formazione di Loiano (Classe litotecnica<br />

Cs – sabbie e areniti poco cementate - LOI), nella fascia territoriale che dall'oltre<br />

Setta monzunese, attraverso i capoluoghi di Monzuno e Loiano e la corrispondente<br />

43<br />

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porzione della valle del Torrente <strong>Savena</strong>, arriva restringendosi all'alto corso del ramo<br />

occidentale del Torrente Zena; una più modesta area di terreni appartenenti a questa<br />

categoria si rinviene poco a nord della chiusura orientale della grande fascia appena<br />

descritta, e corrisponde all'affioramento delle Marne del Termina (Classe litotecnica D<br />

- materiali coesivi consistenti - sottoclasse Dm - marne - TER).<br />

Un'altra ampia fascia di terreni attribuiti alla Categoria di risposta sismica 2 è<br />

presente nella fascia più settentrionale del territorio del Comune di Pianoro, che ne<br />

abbraccia tutta l'ampiezza dal versante sinistro della valle del Torrente <strong>Savena</strong> fino a<br />

quello destro del Torrente Zena, fermandosi verso sud grossomodo sull'allineamento<br />

Monte Samorre (spartiacque Torrente Setta - Torrente <strong>Savena</strong>) - Pian di Macina -<br />

Musiano - Boaria - Borgo Nuovo - Pianoro Nuovo - Monazzano e Molinello (spartiacque<br />

Torrente <strong>Savena</strong> crinale, zona di Riosto) - Molino della Manganina (fondovalle Torrente<br />

Zena); qui il substrato è rappresentato prevalentemente dalle Argille Azzurre<br />

plioceniche e dalla loro litofacies arenacea (Classe litotecnica D - materiali coesivi<br />

consistenti - sottoclasse Da – argille, argille marnose e argille siltose - FAA), nella<br />

porzione meridionale e arealmente più vasta, e dalla Formazione del Termina (Classe<br />

litotecnica D - materiali coesivi consistenti - sottoclasse Dm - marne - TER), dalle<br />

Brecce della Val Tiepido - Canossa (Classe litotecnica D - materiali coesivi consistenti -<br />

sottoclasse Dsc - argilliti - AVS) e dalle Argille Varicolori della Val Samoggia (Classe<br />

litotecnica D - materiali coesivi consistenti - sottoclasse Dol – argille a struttura<br />

primaria caotica - MVT) per la porzione più settentrionale fin contro il confine<br />

comunale con S. Lazzaro di <strong>Savena</strong>.<br />

La tavola QC.6/t3 dunque vuole fornire un primo contributo alla pianificazione sismica di<br />

area vasta, fornendo innanzitutto un elemento di esclusione rappresentato dai pendii con<br />

acclività superiori a 30°, considerati un fattore di rischio sismico elevato e che per le loro<br />

caratteristiche morfologiche e di stabilità anche in condizioni statiche, mal si prestano alla<br />

trasformazioni urbanistiche ed edilizie; inoltre, evidenzia come fattori di rischio sismico<br />

medio - elevato le frane quiescenti (quelle attive si considerano già escluse sia per i<br />

contenuti dei provvedimenti normativi vigenti, P.S.A.I. - Reno e P.T.C.P. della Provincia di<br />

Bologna in particolare), come depositi presumibilmente talvolta solo in parte e/o non del<br />

tutto stabilizzati ed in equilibrio solo in costanza di condizioni statiche, ma che potrebbero<br />

riattivarsi in condizioni di sollecitazione dinamica (sismica). Per quanto attiene gli altri<br />

depositi di versante in senso lato nonché alluvionali di fondovalle, la tavola li segnala, oltre<br />

che per fornire un'immagine quanto più completa possibile dei territori studiati, anche per<br />

assoggettarli in fase attuativa ad un regime di indagini geognostiche e geofisiche in grado<br />

di rivelarne gli eventuali limiti alla trasformazione ed i relativi condizionamenti progettuali<br />

ed esecutivi. Lo stesso vale per la categorizzazione dei sottosuoli in categorie riconducibili<br />

abbastanza direttamente a quelle previste dall' O.P.C.M. 3431 del 03/05/05, ritenendo<br />

comunque opportuno ricordare ancora una volta che si sta trattando di un’analisi di area<br />

vasta, dopo la quale è imprescindibile, come del resto previsto dai provvedimenti legislativi<br />

antisismici vigenti, una fase di approfondimento d'indagine alla scala locale condotta con<br />

strumentazioni adeguate.<br />

44<br />

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6.1.6 LIMITI E CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO<br />

I fenomeni di dissesto gravitativo (frane), per erosione intensa (calanchi 6 ), nonché i conoidi<br />

detritici di trasporto torrentizio attivi individuati dalla Carta della “Geologia e propensione<br />

al dissesto” (QC.6/t1), rappresentano, per le aree comunali, i fattori di massima criticità<br />

dell'ambito Suolo e Sottosuolo, e determinano necessariamente forti limitazioni, se non<br />

esclusioni, delle trasformazioni del territorio; la cartografia prodotta intende assumere,<br />

nel processo di formazione del P.S.C, il compito di fissare una perimetrazione "certa" di tali<br />

forme, per i successivi utilizzi urbanistici ed edilizi di tipo puntuale, nell'ottica della<br />

riduzione e prevenzione del rischio idrogeologico.<br />

Nell’ottica di area vasta, la pianificazione dovrà inoltre necessariamente valutare, quale<br />

elemento escludente o condizionante le trasformazioni del territorio, la presenza di aree<br />

con propensione al dissesto dei terreni non attualmente interessati da frane, ma che in<br />

futuro potrebbero esserlo con maggiore o minore probabilità.<br />

La tavola QC.6/t3 “Pericolosità sismica – Effetti di Sito”, definisce, infine, un primo<br />

contributo alla pianificazione sismica di area vasta, fornendo quale elemento di esclusione<br />

alla trasformazione, i pendii con acclività superiori a 30°, considerati un fattore di rischio<br />

sismico elevato e che per le loro caratteristiche morfologiche e di stabilità anche in<br />

condizioni statiche, mal si prestano alla trasformazioni urbanistiche ed edilizie;<br />

l’elaborazione della pericolosità evidenzia inoltre, come fattore di rischio sismico medio –<br />

elevato, le frane quiescenti (quelle attive si considerano già escluse sia per i contenuti dei<br />

provvedimenti normativi vigenti, P.S.A.I. - Reno e P.T.C.P. della Provincia di Bologna in<br />

particolare), in quanto depositi talvolta solo in parte e/o non del tutto stabilizzati ed in<br />

equilibrio solo in presenza di condizioni statiche, ma che potrebbero riattivarsi in<br />

condizioni di sollecitazione dinamica (sismica).<br />

La presenza di frane attive e quiescenti definisce quindi elemento fortemente<br />

condizionante la trasformazione anche dal punto di vista della sismicità del territorio.<br />

Allo stesso modo sono state individuati gli elementi "Orlo di scarpate di terrazzo" e "Orlo<br />

di scarpata di frane", considerando che tali elementi possano presentare le stesse<br />

caratteristiche di amplificazione sismica locale delle creste e delle falesie individuate<br />

tramite l'elaborazione del modello digitale del terreno.<br />

Tali elementi, di tipo lineare, generano su entrambi i lati fascie inidonee alla<br />

trasformazione del territorio di profondità planimetrica pari all’altezza della scarpata<br />

stessa.<br />

Per quanto attiene gli altri depositi di versante in senso lato nonché alluvionali di<br />

fondovalle, la loro presenza non definisce un’esclusione alla trasformazione, quanto<br />

piuttosto un condizionamento; in fase attuativa dovrà essere predisposto un regime di<br />

indagini geognostiche e geofisiche in grado di rivelarne gli eventuali limiti alla<br />

trasformazione ed i relativi condizionamenti progettuali ed esecutivi. Lo stesso vale per la<br />

suddivisione dei sottosuoli in categorie riconducibili, abbastanza direttamente, a quelle<br />

previste dall' O.P.C.M. 3431 del 03/05/05, ritenendo comunque opportuno ricordare,<br />

ancora una volta, che si sta trattando di un’analisi di area vasta, dopo la quale è<br />

imprescindibile, come del resto previsto dai provvedimenti legislativi antisismici vigenti,<br />

una fase di approfondimento d'indagine alla scala locale condotta con strumentazioni<br />

adeguate.<br />

6<br />

Per la perimetrazione dei calanchi si è fatto riferimento alla cartografia del P.T.C.P. della Provincia di Bologna,<br />

apportando, nell’ambito del Quadro Conoscitivo, alcune correzioni cartografiche relative all’ubicazione ed alla<br />

morfologia; le modifiche si sono rese necessarie avendo constatato una evidente difformità tra la cartografia del<br />

Piano provinciale e il rilievo sul terreno. La nuova perimetrazione ha avuto come supporto la carta regionale CTR in<br />

scala 1:5.000.<br />

45<br />

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6.2 ACQUE<br />

L’acqua costituisce, per il territorio in esame, elemento di pregio e preziosa risorsa.<br />

I corsi d’acqua e le aree ad essi adiacenti e connesse rappresentano uno degli ecosistemi<br />

più complessi del territorio in esame; le acque sotterranee rappresentano, d’altro canto la<br />

più importante risorsa rinnovabile di qualunque territorio e come tale la tutela delle risorse<br />

idriche sotterranee (RIS) assume in questo contesto un carattere prioritario e si<br />

concretizza nella individuazione, protezione e gestione delle aree vulnerabili attraverso gli<br />

strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale e settoriale.<br />

Nel presente capitolo, le acque saranno quindi analizzate rispetto a due aspetti principali:<br />

il rischio idraulico, connesso essenzialmente con le acque superficiali e la qualità e gestione<br />

della risorsa idrica superficiale e sotterranea.<br />

6.2.1 ACQUE SUPERFICIALI<br />

I corsi d’acqua hanno sempre costituito, nella storia delle popolazioni, una grandissima<br />

importanza nella crescita, nello sviluppo e nell’evoluzione delle loro civiltà. Gli ambiti fluviali<br />

hanno una fortissima rilevanza come potenziali riserve di caratteri naturali, di corridoi<br />

ecologici per specie vegetali e animali e di fruizione ambientale per la collettività. E’ quindi<br />

estremamente importante tutelare gli ambienti idrici dall’inquinamento e dalle alterazioni<br />

che le limitrofe attività antropiche possono arrecare. La conservazione e, nelle situazioni<br />

peggiori, il ripristino di una buona qualità degli ambienti fluviali e delle acque che in essi<br />

transitano non dovrebbero essere solo azioni mirate alle specifiche, seppure importanti,<br />

finalità d’uso ma devono essere intraprese per tutelare la massima biodiversità, la<br />

struttura e la funzionalità degli ecosistemi acquatici.<br />

Sotto il profilo<br />

idrografico, i territori<br />

comunali di Loiano,<br />

Pianoro e Monzuno<br />

appartengono al bacino<br />

del fiume Reno e come<br />

tali, la competenza<br />

territoriale fa capo<br />

all’Autorità di Bacino del<br />

fiume Reno (AbR).<br />

All’interno dei territori si<br />

distinguono due<br />

sottobacini principali;<br />

buona parte del<br />

territorio comunale di<br />

Monzuno (circa 49 Km 2 )<br />

ed una piccola porzione di<br />

Pianoro (circa 5.1 Km 2 ) e<br />

Loiano (0.04 Km 2 ),<br />

rientrano nel bacino del<br />

Reno, mentre ad est, una<br />

parte di Monzuno (circa<br />

16 Km 2 ), Loiano (52.4<br />

46<br />

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Km 2 , pari alla totalità del territorio) e buona parte di Pianoro (circa 102 Km 2 ), fanno parte<br />

del sottobacino dell’<strong>Idice</strong>.<br />

Da un punto di vista gestionale, parte dei territori dei tre comuni sono gestiti dal Consorzio<br />

della Bonifica Reno Palata (superficie territoriale complessiva 5.258 km 2 ), mentre la<br />

maggior parte fa capo al Consorzio di Bonifica Renana (superficie territoriale complessiva<br />

17.193 km 2 ).<br />

COMUNE BONIFICA RENO-PALATA BONIFICA RENANA<br />

LOIANO / 5.239 ha<br />

MONZUNO 4.867 ha 1.634 ha<br />

PIANORO 391 ha 10.320 ha<br />

I dati riportati sono stati tratti dal sito dell’<strong>Unione</strong> Regionale delle Bonifiche dell’Emilia Romagna<br />

Nel distretto di montagna, i Consorzi di Bonifica hanno tra l’altro il compito di segnalare i<br />

movimenti franosi, sorvegliare le opere di difesa idraulica (briglie, traverse, difese<br />

spondali, ecc.) ed eseguire lavori, utilizzando fondi propri e sollecitando gli interventi e i<br />

finanziamenti pubblici necessari alla tutela del territorio. l Consorzi, inoltre, all’attenzione<br />

che prestano per garantire la sicurezza idraulica del territorio, uniscono la sensibilità e<br />

l’attività per migliorare l’ambiente (con particolare riferimento alla qualità della risorsa<br />

idrica), il paesaggio, per favorire la biodiversità e promuovere iniziative al servizio delle<br />

aziende agricole.<br />

Nella Tavola QC.6/t4 “Idrografia e risorse idropotabili” vengono individuati tutti i corsi<br />

d’acqua presenti sui territori comunali di Loiano, Monzuno e Pianoro, distinguendo tra i<br />

corsi d’acqua del reticolo idrografico principale (Torrente Setta, Sembro, <strong>Savena</strong>, Zena,<br />

<strong>Idice</strong>), i corsi d’acqua del reticolo idrografico secondario e minore.<br />

Vengono inoltre individuati i bacini idrografici di I° grado, facenti capo ai corsi d’acqua<br />

definiti come principali.<br />

Sono stati inoltre cartografati le forme fluviali terrazzate, che caratterizzano in maniera<br />

sistematica il corso dei principali torrenti dell’area d’indagine.<br />

Si sono infine individuate le principali forme carsiche di cui si sia potuto reperire<br />

l’ubicazione, presenti tuttavia unicamente nella parte settentrionale del comune di Pianoro.<br />

47<br />

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6.2.1.1 Il sistema idrografico<br />

Fig. 6.2.1.1 – Idrografia su base semplificata<br />

Come detto i territori dei tre comuni appartengono al bacino del fiume Reno, distinguendo<br />

tra sottobacino dell’<strong>Idice</strong> e sottobacino del Reno stesso.<br />

48<br />

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Se da un lato il fiume Reno non bagna nessuno dei territori d’indagine, il torrente <strong>Idice</strong><br />

tocca solo marginalmente il confine orientale di Pianoro, intercettandolo per una lunghezza<br />

di circa 1.0 km, in località “Molino delle Donne”; il reticolo idrografico principale è invece<br />

delineato dal tracciato dei torrenti Setta, <strong>Savena</strong> e Zena, che presentano un’orientazione<br />

prevalentemente appenninica SW-NE e dal torrente Sambro, con direzione perpendicolare<br />

a questa.<br />

In Figura 6.2.1.1. viene riportata l’assetto idrografico delle aree comunali (tavola QC.6/t4),<br />

nella quale si distinguono oltre al reticolo idrografico principale, secondario e minore, i<br />

bacini di I° ordine relativi ai torrenti Setta, <strong>Savena</strong>, Zena, <strong>Idice</strong>, oltre che del fiume Reno.<br />

- Il torrente Setta<br />

Il Setta è un fiume a regime torrentizio che ha origine in vicinanza di Montepiano di Vernio<br />

(fra il monte della Scoperta, 1278 m.s.l.m., Casciaio 1195 m.s.l.m. e Poggio di Petto 1121<br />

m.s.l.m.) in provincia di Prato; dopo un percorso di 6 km è già nella Provincia di Bologna e<br />

scorrendo a valle verso Bologna, in una valle assai larga e con ampio ghiaieto, tocca i<br />

territori dei paesi di Castiglione dei Pepoli, San Benedetto Val di Sambro, Monzuno e Sasso<br />

Marconi.<br />

Affluente di destra del fiume Reno, nel quale confluisce prima dell’abitato di Sasso<br />

Marconi (95 m slm), ne è certamente il principale per lunghezza, superficie di bacino e<br />

portata d'acqua del tratto montano, fino a Casalecchio di Reno.<br />

I suoi affluenti sono da sinistra il Brasimone che nasce presso il Monte Calvi 1283 m.s.l.m.,<br />

forma l'omonimo bacino artificale, scende per una stretta gola sotto Castiglion dei Pepoli,<br />

forma il bacino artificiale di Santa Maria e sfocia nel Setta dopo Lagaro; ed da destra il<br />

Sambro, che nasce in prossimità di Pian del Voglio e segna il confine tra i comuni di San<br />

Benedetto Val di Sambro e Monzuno.<br />

La sua valle è quasi interamente percorsa dall'Autostrada A1 a monte di Sasso Marconi,<br />

tranne il tratto più prossimo al valico di Monte Citerna che percorre la valle del suo<br />

affluente torrente Gambellato.<br />

Le acque del Setta, relativamente abbondanti in ogni stagione (la portata minima non<br />

scende mai a meno di 1 m 3 /sec, ma quella massima supera i 400 nelle piene trentennali, nelle<br />

piene bicentennali addirittura 650) essendo molto più pure di quelle del Reno, furono scelte<br />

dai Romani per alimentare la rete idraulica bolognese.<br />

L'acquedotto romano (costruito sotto l'imperatore Augusto) che raccoglie le acque del<br />

Setta e le porta a Bologna è ancora attivo (è stato ristrutturato alla fine del XIX secolo) e<br />

comprende un cunicolo di 18 Km scavato nella roccia con pendenza dello 0,1%.<br />

Tuttora una buona parte delle acque dell'acquedotto di Bologna derivano dall'opera di<br />

presa sul Setta, posta circa 1 km a monte della confluenza nel Reno (comune di Sasso<br />

Marconi), che le adduce nella vicina centrale di potabilizzazione e, da qui, nella rete idrica<br />

dell'area metropolitana bolognese.<br />

Il bacino imbrifero del torrente Setta, grazie anche ai due importanti affluenti, il<br />

Brasimone ed il Sambro, ha una consistente superficie che risulta essere di 319 km 2 ; il solo<br />

torrente Setta raggiunge un bacino idrografico di 207 km 2 , 48.2 dei quali in territorio di<br />

Monzuno.<br />

Complessivamente misura 47 km, ma interessa il territorio occidentale di Monzuno, per una<br />

lunghezza di circa 11.0 Km, per poi proseguire in comune di Sasso Marconi dove confluisce<br />

in Reno.<br />

Lungo il proprio tracciato entro il territorio di Monzuno, oltre al contributo del torrente<br />

Sembro, riceve il contributo di diversi rii e fossi appartenenti al reticolo idrografico<br />

minore.<br />

49<br />

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- Il torrente Sambro<br />

Il Sambro è il principale affluente di destra del fiume Setta, che nasce al Pian della<br />

Balestra, nel Comune di S. Benedetto Val di Sambro (BO) (precisamente in località Molino<br />

Giovannino), a circa 900 m/s.l.m., da due rami distinti, quello orientale proveniente dalla<br />

zona di Madonna dei Fornelli e quello occidentale proveniente dalla zona di Montefredente,<br />

entrambe frazioni del Comune di San Benedetto Val di Sambro. I due rami si uniscono sotto<br />

l'abitato di San Benedetto Val di Sambro ed il corso d'acqua prosegue in una valle con<br />

direzione S-N che lascia, alla propria destra, il Monte Venere (da cui riceve il tributo di<br />

diverse piccole sorgenti) e, sulla sua sinistra, il contrafforte di Monteacuto Vallese. In<br />

località Rioveggio, dopo essere passato sotto un grandioso viadotto dell'Autostrada del<br />

Sole e sotto al grande ponte della ex S.S. 325 del Valico di Montepiano, s'immette nel<br />

Setta.<br />

Il regime idraulico è torrentizio, ma non resta asciutto nemmeno nelle estati più siccitose.<br />

Lungo 14,3 Km, ha un bacino imbrifero di 38,4 Km².<br />

Interessa il territorio comunale di Monzuno in posizione marginale, attraversandolo<br />

all’estremità sud-occidentale con direzione SE-NO, per una lunghezza di circa 5.0 Km,<br />

prima di immettersi nel torrente Setta.<br />

La portata media si stima possa essere dell'ordine di 1,5 m³/s, ma nelle massime piene si<br />

possono superare addirittura i 50 m³/s.<br />

La sua valle ed il suo bacino sono assai interessanti dal punto di vista ambientale per la<br />

presenza di fitti boschi. Tuttavia l'intero territorio è soggetto a possibili frane, una delle<br />

quali ha causato la formazione di un piccolo lago sul torrente.<br />

- Il torrente <strong>Savena</strong><br />

Il <strong>Savena</strong> è un torrente, o, meglio, un fiume a carattere torrentizio che prende origine ai<br />

piedi di un grande canalone perimetrato a Ovest dal Monte Bastione (1.190 m slm), a Sud<br />

dal Sasso di Castro (1.276 m slm) e ad Est dal Monte Freddi (1.275 m slm) ubicati nel<br />

comprensorio Ovest del Comune di Firenzuola (FI) e sfocia nel Torrente <strong>Idice</strong>, di cui<br />

costituisce il maggior affluente, a valle di S. Lazzaro di <strong>Savena</strong>, dopo 54 km complessivi di<br />

percorso.<br />

I primi 3 km del <strong>Savena</strong> scorrono in Toscana; entrato in Provincia di Bologna, dopo alcuni<br />

km, alimenta il Lago di Castel dell’Alpi (737 m slm) creatosi in seguito a ripetuti eventi<br />

franosi, percorre quindi una valle piuttosto incassata e ad andamento pressoché rettilineo,<br />

bagnando Pianoro e la periferia sud orientale di Bologna e termina attualmente il suo corso<br />

immettendosi nel torrente <strong>Idice</strong> presso San Lazzaro di <strong>Savena</strong>.<br />

Entro le aree comunali si sviluppa con direzione S-N per una lunghezza complessiva di 38.1<br />

Km, di cui i 15.7 Km di valle, in comune di Pianoro ed i restanti 22.4 Km a segnare il confine<br />

tra Loiano e Monzuno nella zona di monte e Monzuno e Pianoro più a valle.<br />

Il bacino montano di 168 km 2 , di cui 9 in Toscana, termina a S. Ruffillo (periferia Sud-Est<br />

di Bologna, poco a valle del confine nord di Pianoro) al ponte della S.S. n° 65 “Futa”, dopo un<br />

percorso complessivo di circa 45 km; i restanti 9 km di pianura del Torrente <strong>Savena</strong> che lo<br />

separano dall’<strong>Idice</strong> sono arginati.<br />

Il bacino idrografico del torrente <strong>Savena</strong> interessa tutti e tre i territori comunali, dei<br />

quali occupa una superficie complessiva di 87.1 Km 2 , di cui 42.7 Km 2 a Pianoro, 16.0 Km 2 a<br />

Monzuno e 28.4 Km 2 a Loiano.<br />

A S. Ruffillo, in chiusura di bacino montano, esiste una traversa per derivare parte della<br />

portata del torrente, che viene dirottata nel Canale di <strong>Savena</strong> del Consorzio per la Chiusa<br />

di S. Ruffillo, in direzione della città di Bologna.<br />

La portata media annua è di circa 6 m 3 /sec, quella minima di circa 0,3 m 3 /sec, quella delle<br />

piene ordinarie può arrivare a 150 m 3 /sec, ma nelle massime piene (centennali) si possono<br />

50<br />

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superare i 400 m 3 /sec ed anche più, come accadde nella piena del 4 novembre 1966, nel<br />

corso della quale il torrente esondò nei pressi di Rastignano e San Ruffillo (all’estremità<br />

settentrionale del territorio comunale di Pianoro).<br />

Il corso del torrente è costeggiato, in parte, dalla Strada Statale 65 della Futa che collega<br />

Bologna a Firenze ed in parte dalla strada provinciale 65 che collega Pianoro con Castel<br />

dell'Alpi, passando, fra l'altro, per le strette e suggestive gole di Scascoli (Loiano), lunghe<br />

circa 2 Km, con pareti a picco sul fiume ed una larghezza che, in certi punti, è di pochi<br />

metri.<br />

Storicamente il <strong>Savena</strong> è stato utilizzato per dare energia a numerosi mulini (ad esempio il<br />

Mulino dell'Allocco, nel tratto montano, Mulino Parisio e Mulino di Frino nell'immediata<br />

periferia di Bologna) che ne costeggiavano il corso, e forniva acqua anche a canali che<br />

passavano per la città di Bologna, come il Canale Fiaccalcollo o Fiaccacollo,che costituì, per<br />

un periodo, il fossato esterno alla Cerchia Muraria delle 18 Porte (cosiddetta Cerchia del<br />

Mille). A tale scopo, fin dall'Alto Medioevo, fu sbarrato in località San Ruffillo<br />

(attualmente alla periferia di Bologna) con una Chiusa che è addirittura più antica della più<br />

celebre di Casalecchio sul fiumr Reno.<br />

Tra Bologna e San Lazzaro di <strong>Savena</strong> l'alveo non è naturale ma è stato creato nel XIX<br />

secolo per proteggere la città dalle periodiche inondazioni.<br />

In origine il <strong>Savena</strong>, uscendo dal territorio di Pianoro a San Ruffillo, piegava verso<br />

occidente circondando Bologna ed andava ad alimentare le acque del canale Navile (ancora<br />

oggi ne rimangono le tracce nella toponomastica della città). La Chiusa di San Ruffillo<br />

(caratteristica nella sua morfologia più moderna con la grande scalinata, lo scivolo e le<br />

torrette dell'opera di presa del canale) ed il relativo canale di <strong>Savena</strong>, che si immette nel<br />

sotterraneo torrente Aposa a Bologna, sono ancora funzionanti e connesse con il complesso<br />

sistema di canali sotterranei che percorre Bologna.<br />

Nel 1776 si decise di convogliare le acque verso nord-est (allontanandole, in tal modo<br />

dall'abitato di Bologna) utilizzando l'alveo del Rio Pollo e dirottandolo nell'<strong>Idice</strong> in località<br />

Borgatella, al confine col Comune di Castenaso.<br />

Insieme ai torrenti Zena e <strong>Idice</strong>, la valle del <strong>Savena</strong> è costeggiata dal Contrafforte<br />

Pliocenico ed è interessata dalla Vena del Gesso: gode di un interessante patrimonio<br />

geologico e naturalistico, con la Grotta della Spipola e la sua dolina, gli affioramenti gessosi<br />

del Farneto e della Croara, che formano un complesso carsico di estremo interesse (con<br />

grotte e cavità naturali unite da un corso d'acqua ipogeo di ben 6 Km, il torrente carsico<br />

Acquafredda che nasce alle pendici del Monte Calvo e tributa nel <strong>Savena</strong> in località Siberia,<br />

alla Ponticella). Si tratta del complesso ipogeo gessoso più vasto ed importante d'Italia ed<br />

uno dei maggiori d'Europa.<br />

Questo patrimonio è tutelato dal Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'Abbadessa.<br />

- Il torrente Zena<br />

Lo Zena è un torrente che nasce nelle colline a nord del crinale situato fra Loiano (BO) e la<br />

sua frazione Quinzano. Esistono due sorgenti: quella del braccio occidentale, posta alle<br />

pendici del monte Bastia (792 m.s.l.m.) e quella del braccio orientale, vicino a Quinzano.<br />

Quest'ultimo ramo, il principale per lunghezza e portata d'acqua, presso Quinzano, forma<br />

una bella cascata alta 30 m precipitando in una gola boscosa. I due bracci si congiungono a<br />

nord, verso Bologna, in località Fornace di Zena (Pianoro). Il corso d'acqua s'immette poi<br />

nel torrente <strong>Idice</strong> dopo circa 40 Km a San Lazzaro di <strong>Savena</strong>, in località Pizzocalvo.<br />

Il suo andamento è assai tortuoso, al punto che lo sviluppo del corso (circa 18 Km sono<br />

entro il territorio di Loiano e 23.3 km in quello di Pianoro) è una decina di chilometri più<br />

lungo di quello della valle.<br />

51<br />

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La Val di Zena è percorsa da una strada fondovalle composta per i primi chilometri dalla<br />

S.P. 16 Val di Zena e poi da strade comunali dei comuni di Pianoro e Monterenzio, che si<br />

inerpicano nell'abitato di Quinzano (frazione di Loiano).<br />

Nel suo piccolo bacino idrografico, che ha un’estensione di circa 88 km 2 quasi interamente<br />

ricompresi entro i territori comunali di Loiano (circa 23 Km 2 ) e Pianoro (circa 55 Km 2 ),<br />

riceve acqua da piccoli corsi, quali il rio di Gnazzano, rio di Laurenzano, rio dei Cani, rio di<br />

Barbarolo, rio di Caldarano, rio di Bianchini ed il rio dei Vinchi.<br />

Il regime idraulico è tipico dei torrenti della fascia emiliana e le portate oscillano da<br />

massimi di 15 mc/sec nelle piene ordinarie, a morbide dell'ordine di 2 mc/sec in primavera,<br />

a portate medie annue di meno di 1 mc/sec, ma, normalmente, per un paio di mesi in estate,<br />

resta completamente asciutto.<br />

La zona (sia la valle, sia l'intero bacino), col suo aspetto bucolico che alterna dolci colline a<br />

prati e boschi e qualche calanco, valli e vallecole, casolari sparsi, affioramenti rocciosi e<br />

numerosi ruscelli, ha una natura quasi incontaminata, data la pressoché totale assenza<br />

d'attività produttive e la modestia degli insediamenti residenziali, ed è di notevolissimo<br />

interesse naturalistico e storico. Vi sono importantissimi ritrovamenti etruschi e celtici<br />

presso il sito archeologico di Monte Bibele. Vi ha sede il Parco dei Gessi Bolognesi e<br />

Calanchi dell'Abbadessa ed è costeggiata dal Contrafforte pliocenico, mentre nella parte<br />

terminale, la valle della Zena taglia la Vena del Gesso .<br />

Circa 2 Km a monte della confluenza nel torrente <strong>Idice</strong>, poco dopo l'ingresso nel territorio<br />

comunale di San Lazzaro di <strong>Savena</strong>, presso la sponda sinistra della Zena, è situata la<br />

celeberrima Grotta del Farneto, nella quale furono rinvenute importanti testimonianze<br />

della presenza umana risalente al periodo neolitico.<br />

- Il torrente <strong>Idice</strong><br />

L'<strong>Idice</strong> è un torrente che ha le sue sorgenti fra il monte Oggioli ed il monte Canda, presso<br />

il Passo della Raticosa (Firenzuola), il cui percorso si svolge quasi interamente (meno che il<br />

primo chilometro e mezzo toscano e gli ultimi 5 Km in Provincia di Ferrara) in provincia di<br />

Bologna, attraversando i comuni di Monghidoro, Pianoro, Monterenzio, Ozzano dell'Emilia,<br />

San Lazzaro di <strong>Savena</strong>, Castenaso, Budrio, Molinella.<br />

Il corso d’acqua, che ha una lunghezza di circa 75 Km, tocca il territorio di Pianoro in<br />

posizione marginale e per un brevissimo tratto (circa 1.0 Km), in località Molino delle Donne;<br />

per il resto del proprio tracciato non interessa i territori dei tre comuni.<br />

Giunto in pianura, riceve da sinistra il torrente Zena proprio sotto la chiesa di Pizzocalvo e,<br />

ancora da sinistra, il fiume <strong>Savena</strong> in località Borgatella di San Lazzaro di <strong>Savena</strong>, fiume<br />

che gli porta il maggior tributo d'acqua, soprattutto nel periodo estivo, non rimanendo mai<br />

completamente asciutto.<br />

Poche centinaia di metri dopo la confluenza della Zena, è sbarrato da una traversa con<br />

un'opera di presa che adduce acqua, nella stagione piovosa, al Canale dei Mulini che corre<br />

fino in pianura alla sua sinistra. Dopo la confluenza col <strong>Savena</strong>, assume aspetto di vero<br />

fiume, con acque perenni e anche abbondanti nella stagione piovosa: in primavera, a<br />

Castenaso, porta ordinariamente fra i 10 e i 20 mc/sec, ma nelle piene ordinarie si<br />

superano i 200 mc/sec e nelle piene centennali si possono superare i 600, dei quali i 2/3<br />

sono dovuti al tributo del <strong>Savena</strong>.<br />

Bagnata Castenaso e sfiorata Budrio, viene deviato dall'antico alveo verso est; riceve poi, in<br />

pianura, da destra il tributo dei torrenti Centonara (che scende dalle colline di Ozzano<br />

dell'Emilia ed è lungo circa 20 Km) e Quaderna (lungo 34 Km) e dell'affluente di<br />

quest'ultimo, il torrente Gaiana (lungo 22 Km), entrambi nati dalle pendici del Monte<br />

Calderaro, sopra Castel San Pietro Terme.<br />

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La confluenza nel fiume Reno a San Biagio d'Argenta avviene dopo l'attraversamento della<br />

Cassa d'espansione di Campotto, nella quale il fiume scarica le sue piene quando anche il<br />

collettore principale (il Reno) è in piena. Infatti, alla confluenza col Reno, un sistema di<br />

porte vinciane impedisce la risalita dell'acqua di quest'ultimo nell'<strong>Idice</strong> in caso di dislivello<br />

sfavorevole.<br />

Il bacino montano del Torrente <strong>Idice</strong> dopo circa 39 km di percorso ha termine a <strong>Idice</strong> (al<br />

ponte della S.S. n° 9 “Via Emilia”); fino a questa sezione sottende una superfice di 212 km 2<br />

(11 dei quali si estendono in Toscana) di cui 88 sono attribuibili al Torrente Zena; se si<br />

esclude il bacino dello Zena, solamente 5.9 Km 2 ( di cui 1.2 Km 2 a Loiano e 4.7 Km 2 a Pianoro)<br />

interessano i territori in esame.<br />

Il fiume <strong>Idice</strong> ha una portata media alla foce di oltre 12 mc/sec (dei quali almeno 6 dovuti<br />

al <strong>Savena</strong>), ma in estate la portata si riduce praticamente solo a quella versatagli dal<br />

<strong>Savena</strong>, perché il suo pur vasto bacino (il maggiore fra quelli degli affluenti del Reno), è<br />

impostato esclusivamente su rocce impermeabili e non raggiunge le sezioni più elevate<br />

dell'Appennino, coprendo zone a media piovosità e una vasta area di pianura.<br />

- Il reticolo idrografico secondario e minuto<br />

In generale, osservando lo sviluppo del reticolo idrografico secondario e minuto all’interno<br />

dei territori dei tre comuni, emerge la stretta connessione esistente tra il suo grado di<br />

sviluppo e la litologia prevalente del substrato attraversato.<br />

Il reticolo idrografico presenta solitamente una densità minore in corrispondenza delle<br />

zone di affioramento di litotipi torbiditici, mentre si presenta con un buon grado di<br />

organizzazione in corrispondenza delle zone di affioramento dei litotipi arenaci; si osserva<br />

infine un drenaggio, di discreta densità, a pattern di tipo subdendritico-angolare, nelle<br />

zone in cui affiorano i terreni marnoso-argillosi e le brecce poligeniche ed eterometriche:<br />

questo tipo di reticolo è caratteristico di terreni omogenei, impermeabili e con tessitura<br />

fine, caratteristiche che favoriscono lo scorrimento superficiale delle acque piovane.<br />

Dal punto di vista delle portate e del regime, il reticolo idrografico secondario e minuto è<br />

costituito da rii praticamente privi di portata per gran parte dell'anno, con brevi periodi di<br />

deflusso durante e subito dopo le precipitazioni; i corsi d’acqua di maggiori dimensioni sono<br />

invece a regime pluvionivale con due massimi di portata all’incirca uguali in primavera<br />

(generalmente marzo) ed in autunno (novembre-dicembre) e portata minima che si registra<br />

generalmente in luglio-agosto ed un minimo relativo nei mesi di gennaio-dicembre.<br />

Di seguito si riporta una tabella (tab.6.2.1.1) riassuntiva dei corsi d’acqua principali presenti<br />

sui territori dei comuni di Loiano, Pianoro e Monzuno.<br />

53<br />

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TORRENTI RII FOSSI<br />

TORRENTE IDICE RIO BACCHIO FOSSO ACQUAFREDDA<br />

TORRENTE SAMBRO RIO BANDITE FOSSO CÁ NERA<br />

TORRENTE SAVENA RIO BARAGOZZA<br />

TORRENTE SETTA RIO BARUFFA<br />

TORRENTE ZENA RIO BASTELA<br />

RIO BECCACECI<br />

RIO BLOGNA<br />

RIO CÁ DI BONISI<br />

RIO CALDARNO<br />

RIO CALVANE<br />

RIO CAMPOSTRINO<br />

RIO CANAPA<br />

RIO CHIUSA<br />

RIO COLONNA<br />

RIO COSTE<br />

RIO COZZO<br />

RIO DEI CANI<br />

RIO DEI SODI<br />

RIO DEL GUALANDO<br />

RIO DEL POGGIO<br />

RIO DEL VINCHI<br />

RIO DELLA SELVA<br />

RIO DELLE BUCHE<br />

RIO DELLE PECORE<br />

RIO DELLE SETTE<br />

RIO DI GORGOGNANO<br />

RIO DOZZA<br />

RIO FAVALE<br />

RIO LAMA<br />

RIO LAURINZANO<br />

RIO LOGNOLA<br />

RIO MAORE<br />

RIO MARGANZANO<br />

RIO MOLINELLO<br />

RIO MONEDA<br />

RIO MONTE ROSSO<br />

RIO ORSAROLI<br />

RIO PRATI<br />

RIO PUGNEDA<br />

RIO QUERCIABUCA<br />

RIO RIOLI<br />

RIO RIPE<br />

RIO S. LEO<br />

RIO SABATTINI<br />

RIO SECCO<br />

RIO SORBOLE<br />

RIO TORRIANE<br />

RIO VALLE RIOLO<br />

RIO VIARATTA<br />

RIO ZENA<br />

tab. 6.2.1.1 – Elenco principali corsi d’acqua presenti sui territori dei tre comuni<br />

54<br />

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6.2.1.2 Officiosità idraulica del reticolo idrografico principale<br />

Visto il progressivo processo di antropizzazione che ha interessato le aree vallive dei<br />

comuni in oggetto, appartenenti ai bacini dei fiumi Reno, <strong>Savena</strong> e <strong>Idice</strong>, in relazione alla<br />

particolare sensibilità idraulica dei territori attraversati, si sono succeduti, negli corso<br />

degli anni, differenti studi di natura idrologica ed idraulica, coordinati dall’Autorità di<br />

Bacino del fiume Reno, finalizzati al conseguimento dei seguenti obbiettivi:<br />

• stimare le sollecitazioni idrologiche (piogge e portate) con le quali testare il<br />

comportamento del sistema in occasione di eventi molto gravosi;<br />

• svolgere le necessarie verifiche idrologiche ed idrauliche atte ad individuare eventuali<br />

tratti d’alveo in condizioni idrauliche critiche, con particolare attenzione alle aree<br />

contigue all’alveo soggette ad inondazione e agli eventuali tratti arginali fluviali a rischio<br />

di sormonto;<br />

• redigere la perimetrazione delle aree ad elevata probabilità di esondazione (evento di<br />

piena con TR = 25 - 30 anni), individuare la linea di esondazione e i tratti soggetti a<br />

sormonto arginale per piene con Tempo di Ritorno TR 100 - 200 anni e contribuire, per<br />

quanto riguarda i soli aspetti idraulici, alla definizione delle fasce di pertinenza fluviale;<br />

• valutare i possibili interventi, quantificando in special modo il beneficio apportato in<br />

termini di riduzione del rischio idraulico e migliore assetto idraulico fluviale, con un<br />

approccio di sistema all'insieme della rete fluviale e del bacino di raccolta delle acque;<br />

• analizzare la fattibilità degli interventi ipotizzati al punto precedente.<br />

Per quanto concerne, quindi, il rischio idraulico relativo ai territori in esame, si fa<br />

riferimento, per il reticolo idrografico maggiore, a quanto elaborato dall’Autorità di Bacino<br />

del Reno ed in particolare alle elaborazioni che, sulla base di specifiche analisi idrauliche,<br />

morfologiche e naturalistico-ambientali, hanno portato all’individuazione delle aree a rischio<br />

di esondazione contenute nel piano stralcio per l’assetto idrogeologico approvato, redatto<br />

dall’Autorità di Bacino del Reno, nella prima metà degli anni 2000 con la seguente<br />

pubblicazione "Rischio Idraulico e assetto della Rete Idrografica" (2002 – Bacino del<br />

Fiume Reno e 2005 Bacino del Torrente <strong>Idice</strong>).<br />

L’impronta metodologica che caratterizza tali studi è similare per tutti i corsi fluviali<br />

analizzati e fondamentalmente finalizzata a risolvere, mediante modellazione numerica, le<br />

problematiche di creazione e traslazione dell’onda di piena a partire da piogge assegnate<br />

e/o effettivamente misurate, affrontando dapprima il problema idrologico e determinando<br />

in tal modo l’”input” del modello idraulico:<br />

per la valutazione delle onde di piena è stata di norma impiegata una metodologia che<br />

prevede il calcolo delle precipitazioni di diversa durata, relative ad eventi estremi ed il<br />

loro utilizzo in un modello idrologico di trasformazione afflussi-deflussi di tipo<br />

concettuale semi-distribuito;<br />

successivamente il comportamento idrodinamico del corso fluviale studiato è stato, nella<br />

maggioranza dei casi, simulato mediante un modello idraulico monodimensionale di moto<br />

vario, che si basa sulla integrazione delle equazioni di De Saint Venant nella forma<br />

completa.<br />

Nella valutazione dei risultati di studi idrologici e idraulici basati sull'utilizzo di modelli<br />

matematici è importante tenere presente la scala alla quale sono stati eseguiti, ossia il<br />

dettaglio con cui il sistema fisico che si vuole riprodurre è stato descritto. Il valore dei<br />

risultati è strettamente legato a tale scala, quindi studi a scala maggiore possono fornire<br />

risultati ai quali è associato un minor grado di incertezza e che possono essere localmente<br />

diversi. Tale affermazione risulta evidente se si considera la frequenza di rilievo delle<br />

sezioni trasversali dei corsi d'acqua.<br />

55<br />

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All'accuratezza del dato contribuisce naturalmente anche la precisione del modello, cioè il<br />

grado di approssimazione con cui la formulazione matematica riproduce il fenomeno reale,<br />

ma questa è generalmente, del tutto trascurabile rispetto al dettaglio utilizzato.<br />

Ad essa può essere associato una qualche rilevanza solo nella riproduzione delle condizioni<br />

idrauliche appena a monte ed a valle di strutture quali ponti, traverse e briglie nelle aste<br />

montane.<br />

Generalmente in mancanza di sezioni rilevate, la superficie esaminata è suddivisa in celle,<br />

generalmente quadrate, dove ad ogni cella è assegnata la quota media del territorio che<br />

ricopre; detta suddivisione sta alla base della creazione di un Modello Digitale del terreno<br />

o modello delle altitudini (DEM).<br />

In particolare, gli studi idrologici ed idraulici effettuati, hanno permesso l’identificazione<br />

degli squilibri del sistema idrografico analizzato ed in particolare delle aree contigue ai<br />

corsi d’acqua ad elevato rischio di esondazioni, all’interno dei bacini montani e dei tratti<br />

arginali ad elevato rischio di tracimazione, lungo le aste vallive dei torrenti.<br />

Le “fasce” degli ambiti fluviali” sono state così individuate:<br />

- piena cinquantennale (TR = 50 anni): le aree investite dai deflussi di piena individuano<br />

l’ambito fluviale denominato “area ad alta probabilità di inondazione ”, che può coincidere<br />

con l’alveo attivo qualora questo sia tale da consentire il transito della piena<br />

cinquantennale;<br />

- piena bisecolare (TR = 200 anni): le aree investite dai deflussi di piena rappresentano il<br />

limite inferiore di estensione delle fasce denominate “di pertinenza fluviale”. In realtà, la<br />

perimetrazione di tali fasce spesso risulta eccedente il limite di inondabilità in<br />

considerazione di valutazioni di tipo idrogeologico (in particolare, individuazione dei<br />

terrazzi fluviali idrologicamente connessi) ed ambientali (corridoi ecologici).<br />

Un’attenta lettura delle mappe prodotte con tali criteri ha permesso di identificare le aree<br />

a rischio idraulico molto elevato (TR = 50 anni e valore di rischio R3 ed R4) e<br />

conseguentemente di individuare gli interventi (strutturali e non) a diverso grado di<br />

priorità, ovvero le situazioni ove risulta necessario provvedere a verifiche di maggior<br />

dettaglio per stabilire la necessità e/o le modalità di interventi di messa in sicurezza.<br />

Con riferimento alle aree comunali sono state prese in considerazione le elaborazioni<br />

relative al torrente <strong>Idice</strong>, torrente <strong>Savena</strong>, torrente Zena e Rio Caurinzana, per ciascun<br />

corso d’acqua sono zonizzati:<br />

- Alveo attivo;<br />

- Aree di pertinenza fluviale;<br />

- Aree ad alta probabilità di inondazione relativamente a piene con tempi di ritorno 50<br />

anni.<br />

In particolare si è fatto riferimento allo<br />

1) “Studio idrologico relativo al bacino del Torrente <strong>Idice</strong>”, lavoro redatto direttamente<br />

dall’Autorità di Bacino del Reno e curato dall’Ing. G. Strampelli, in collaborazione con<br />

l’Ing. G. Moretti (supervisione scientifica: Prof. Ing. E. Todini), Settembre 1999.<br />

Il citato studio si può sinteticamente suddividere nelle seguenti attività conoscitive:<br />

• raccolta di tutti i dati disponibili riguardanti la geomorfologia, l’idrografia e la<br />

pluviometria che caratterizzano l’intero bacino montano del Torrente <strong>Idice</strong>;<br />

• implementazione dei dati raccolti su modello matematico di simulazione dei fenomeni di<br />

trasformazione al suolo “afflussi-deflussi” (ARNO);<br />

• stima delle onde massime di piena per differenti durate e tempi di ritorno (i.e.<br />

frequenza media di accadimento dell’evento) della pioggia generatrice dei deflussi, al<br />

variare dell’area investita dall’evento meteorico.<br />

I suddetti valori di portata sono stati valutati in corrispondenza di alcune sezioni di<br />

controllo, fra le quali è utile ricordare, per l’area d’indagine:<br />

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- Torrente <strong>Idice</strong> alla località Savazza, alla confluenza dello Zena, alla S.S. n° 9;<br />

- Torrente <strong>Savena</strong> alla S.P. n° 59 Loiano-Monzuno, a Pianoro, alla Via Emilia S.S. n° 9;<br />

Risultanze idrologiche<br />

Si sono ricostruite le onde di piena corrispondenti a precipitazioni di intensità costante e<br />

durata variabile con tempo di ritorno TR = 30, 50, 100 e 200 anni, uniformemente<br />

distribuite sulle aree scolanti ed in presenza di un grado di saturazione iniziale del suolo<br />

cautelativo pari al 80 – 95 %.<br />

Fra i dati idrologici più significativi che caratterizzano il sistema indagato, si può citare, a<br />

titolo esemplificativo, che un evento pluviometrico distribuito sui bacini montani di <strong>Idice</strong> e<br />

<strong>Savena</strong> con tempo di ritorno pari a 50 anni e durata della pioggia pari a 9 ore dà luogo ad<br />

onde di piena con portate al picco stimate, alla altezza della S.S. n° 9 “Via Emilia”, in circa<br />

450 m 3 /s per il Torrente <strong>Idice</strong> e 300 m 3 /s per il Torrente <strong>Savena</strong>.<br />

2) “ Studio idraulico per la redazione del Piano Stralcio di assetto della rete idrografica<br />

del Torrente <strong>Idice</strong> e di alcuni affluenti”, lavoro redatto direttamente dall’Autorità di<br />

Bacino del Fiume Reno (supervisione scientifica: Ing. M. Plazzi) avvalendosi della<br />

collaborazione professionale dell’Ing. V. Mularoni, Novembre 2000.<br />

Il citato studio si può sinteticamente suddividere nelle seguenti attività conoscitive:<br />

• raccolta di tutti i dati disponibili riguardanti la morfologia e lo stato vegetazionale<br />

degli alvei indagati che caratterizzano l’intero bacino montano del Torrente <strong>Idice</strong>;<br />

• raccolta delle registrazioni teleidrometriche effettuate in occasione di eventi di piena<br />

nelle stazioni di misura installate lungo i tratti d’alveo esaminati;<br />

• implementazione dei dati raccolti su modello matematico di simulazione dei fenomeni di<br />

trasferimento idrico lungo le aste fluviali (MIKE11);<br />

• calibrazione (effettuata sugli interi tratti indagati dei corsi d’acqua) dei parametri del<br />

modello mediante la ricostruzione di uno o più eventi di piena registrati di recente in<br />

<strong>Idice</strong> e <strong>Savena</strong>;<br />

• simulazione del comportamento del sistema, qualora sollecitato da eventi pluviometrici<br />

a prefissato tempo di ritorno (TR = 50 e 200 anni), nei soli tratti montani del Torrente<br />

<strong>Idice</strong> e del Torrente <strong>Savena</strong>.<br />

Risultanze idrauliche<br />

Per la taratura del modello idraulico MIKE11 (condotta agendo sull’unico parametro<br />

incognito, cioè il coefficiente di scabrezza c* [m1/3 s-1]), si sono utilizzate le registrazioni<br />

teleidrometriche fornite dall’Ufficio Idrografico e Mareografico di Bologna ed ottenute, in<br />

occasione di eventi di piena recenti e significativi, in tutte le stazioni di misura presenti sui<br />

tratti torrentizi esaminati.<br />

Una volta assegnate le condizioni al contorno del sistema (idrogramma del teleidrometro<br />

più montano in ingresso e del più vallivo in uscita), c* è stato calibrato in modo tale da<br />

ottenere un andamento nel tempo dei livelli simulati aderente a quello delle quote<br />

idrometriche effettivamente misurate alle “stazioni teleidrometriche di controllo”<br />

intermedie.<br />

La taratura dei due torrenti è avvenuta contestualmente.<br />

Tale attività è stata possibile solo ove erano disponibili misure teleidrometriche (tra<br />

Pizzocalvo e lo sbocco in Reno per l’<strong>Idice</strong> e tra Pianoro e la confluenza in <strong>Idice</strong> per il<br />

<strong>Savena</strong>); ai tratti di monte (tra Savazza e Pizzocalvo per l’<strong>Idice</strong> e tra la S.P. n° 59 e Pianoro<br />

per il <strong>Savena</strong>) è stato assegnato un valore costante di scabrezza pari a quello del tratto<br />

vallivo limitrofo.<br />

Sono stati utilizzati come condizioni al contorno gli idrogrammi registrati ai teleidrometri<br />

di Pizzocalvo in <strong>Idice</strong> e Pianoro in <strong>Savena</strong> (a monte) e di Chiavicone a Reno in <strong>Idice</strong> (a valle);<br />

le registrazioni ai teleidrometri di Castenaso, San Martino, Sant’Antonio in <strong>Idice</strong> e Caselle<br />

in <strong>Savena</strong> sono servite per il confronto tra i dati misurati e quelli simulati.<br />

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Gli eventi di piena ricostruiti sono due: 12-14/06/1994 e 8-10/10/1996.<br />

Il sistema così calibrato è stato sollecitato con le onde di piena di progetto caratterizzate<br />

da un tempo di ritorno TR = 50 e 200 anni; le risultanze idrauliche sono attendibili nei<br />

tratti montani dei Torrenti <strong>Idice</strong> e <strong>Savena</strong>, fino alla loro confluenza.<br />

A valle di tale nodo idraulico, infatti, sono necessarie ulteriori valutazioni di tipo idrologico<br />

finalizzate alla comprensione – in termini statistici – delle modalità di sovrapposizione delle<br />

onde di piena in arrivo.<br />

58<br />

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Torrente <strong>Idice</strong> dalla località Savazza alla confluenza con il Torrente <strong>Savena</strong><br />

In tale tratto i deflussi di piena risultano contenuti all’interno dell’alveo inciso fatti salvi i<br />

casi di alcune aree golenali che solitamente registrano, a livello di insediamenti antropici, la<br />

presenza al più di nuclei abitativi isolati; tali aree non interessano tuttavia il territori dei<br />

tre comuni.<br />

Torrente <strong>Savena</strong> dal ponte della S.P. n° 59 “Loiano – Monzuno” alla confluenza con il<br />

Torrente <strong>Idice</strong><br />

L’intero corso del torrente <strong>Savena</strong> presenta quindi deflussi di piena prevalentemente<br />

contenuti all’interno dell’alveo inciso o che interessano, al più, aree golenali prive di<br />

manufatti civili.<br />

Fanno eccezione due porzioni di territorio urbanizzate, comunque ricadenti in aree esterne<br />

ai territori dei tre comuni (chiusa di San Ruffillo in comune di Bologna e rotonda di via<br />

Roma al confine tra comune di Bologna e comune di San Lazzaro di <strong>Savena</strong>).<br />

Torrenti Zena e Rio Laurinziano<br />

Per il Torrente Zena la zonizzazione di Piano è stata redatta seguendo il solo criterio<br />

morfologico in quanto non è ancora stato condotto lo studio idraulico per il tratto nel quale<br />

sono state rilevate le sezioni geometriche trasversali.<br />

La zonizzazione per questo corso d’acqua potrà essere modificata in funzione delle<br />

risultanze d uno specifico studio idraulico, che sarà effettuato dalla Autorità di bacino con<br />

una simulazione dei livelli di piena per TR = 50 anni e TR = 200 anni applicando i modelli<br />

matematici già utilizzati per il torrente <strong>Idice</strong> ed il <strong>Savena</strong>.<br />

Infine, anche per la zonizzazione del Rio Laurinziano è stato utilizzato un metodo<br />

esclusivamente morfologico, in quanto su tale asta non è stato condotto alcuno studio<br />

idraulico.<br />

6.2.1.3 Qualità delle acque superficiali<br />

Per la caratterizzazione qualitativa delle acque superficiali si è fatto riferimento ai dati<br />

presentati nel rapporto sulla “Qualità delle acque superficiali della Provincia di Bologna nel<br />

biennio 2004-05”, frutto della collaborazione tra Provincia di Bologna, Autorità di Bacino<br />

del fiume Reno e ARPA. Il rapporto contiene i dati relativi alle analisi e ai monitoraggi<br />

effettuati nel corso del biennio 2004-2005 sulla qualità delle acque (dati più recenti a<br />

disposizione), fornendo informazioni aggiornate sulle precipitazioni e gli eventi alluvionali<br />

particolari e i livelli di inquinamento rilevati ad ogni stazione di monitoraggio lungo i<br />

principali corsi d'acqua.<br />

Lo stato ambientale di un corso d’acqua è definito sulla base dello stato ecologico e dello<br />

stato chimico del corpo idrico.<br />

Lo stato ecologico è l’espressione della complessità degli ecosistemi acquatici della natura<br />

chimica e fisica delle acque e dei sedimenti, delle caratteristiche del flusso idrico e della<br />

struttura fisica del corpo idrico, considerando come prioritario lo stato della componente<br />

biotica dell’ecosistema. Alla definizione dello stato ecologico dei corpi idrici superficiali<br />

contribuiscono sia parametri chimico-fisico- microbiologici di base, relativi al bilancio<br />

dell’ossigeno ed allo stato trofico attraverso l’indice LIM, sia la composizione della<br />

comunità macrobentonica delle acque correnti attraverso il valore dell’Indice Biotico<br />

Esteso (IBE). Le frequenze di campionamento per i parametri LIM sono mensili, mentre<br />

l’analisi del biota con l’IBE è di norma trimestrale.<br />

Lo stato chimico è definito in base alla presenza di microinquinanti ovvero di sostanze<br />

chimiche pericolose; la valutazione è effettuata inizialmente in base ai valori soglia<br />

59<br />

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iportati nella direttiva 76/464/CEE e nelle direttive da essa derivate, nelle parti<br />

riguardanti gli obiettivi di qualità, nonché negli allegati alla normativa vigente; nel caso per<br />

gli stessi parametri siano riportati valori diversi, deve essere considerato il più restrittivo.<br />

I dati relativi allo stato ecologico rapportati con i dati relativi alla presenza di inquinanti<br />

chimici definiscono lo stato ambientale.<br />

L’individuazione delle stazioni di monitoraggio, le frequenze di campionamento, i criteri di<br />

valutazione, sono definiti dagli allegati tecnici della stessa normativa. La Regione Emilia<br />

Romagna ha adottato il 22 dicembre 2004 il PTA che accoglie, quale strumento di<br />

conoscenza e di verifica delle azioni programmate, la rete di monitoraggio individuata nella<br />

D.G.R. 27/2000 e successivamente definita dalla D.G.R. 1420/2002.<br />

Le stazioni di monitoraggio per gli obiettivi di qualità sono:<br />

• di tipo A quelle individuate a livello nazionale (tra queste quelle di tipo AS sono<br />

localizzate su corpi idrici significativi, mentre quelle di tipo AI sono stazioni ritenute di<br />

interesse)<br />

• di tipo B quelle individuate a livello regionale<br />

• di tipo C quelle individuate a livello provinciale<br />

Le stazioni di monitoraggio per la destinazione funzionale sono quelle:<br />

• destinate alla produzione di acqua potabile<br />

• destinate alla balneazione<br />

• che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci<br />

Per i corsi d’acqua presenti nel territorio in esame le stazioni di monitoraggio cui si può<br />

fare riferimento sono:<br />

CORPO IDRICO CODICE DENOMINAZIONE TIPO<br />

Torrente Setta 3 Sasso Marconi - ACOSER Uso potabile<br />

Torrente <strong>Savena</strong> 16 A monte di Pianoro Vecchia C<br />

Torrente <strong>Savena</strong> 17 Caselle chiusura bacino B<br />

60<br />

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Livello di inquinamento dei macrodescrittori<br />

Il Livello di Inquinamento dei<br />

Macrodescrittori (LIM) si<br />

ottiene sommando i punteggi<br />

ottenuti da 7 parametri chimici<br />

e microbiologici<br />

“macrodescrittori”,<br />

considerando il 75° percentile<br />

della serie delle misure. Il<br />

risultato viene quindi fatto<br />

rientrare in una scala con livelli<br />

di qualità decrescente da uno a<br />

cinque.<br />

Indice biotico esteso<br />

Il controllo biologico degli<br />

ambienti di acque correnti,<br />

basato sull’analisi delle<br />

comunità di macroinvertebrati,<br />

rappresenta un approccio<br />

complementare al controllo<br />

chimico- fisico, per giungere ad un giudizio sintetico sulla qualità complessiva dell’ambiente<br />

e stimare l’impatto che le diverse cause di alterazione determinano sulle comunità che<br />

colonizzano i corsi d'acqua. Con l’indice I.B.E si classifica la qualità di un corso d’acqua su di<br />

una scala che va da 12 (qualità ottimale) a 1 (massimo degrado), suddivisa in 5 classi di<br />

qualità.<br />

Il valore IBE da utilizzare corrisponde alla media dei singoli valori rilevati durante l’anno<br />

nelle campagne di misura distribuite stagionalmente o rapportate ai regimi idrologici più<br />

appropriati per il corso d’acqua indagato.<br />

Stato Ecologico dei Corsi d'Acqua<br />

Per definire lo Stato<br />

Ecologico di un corpo<br />

idrico superficiale<br />

(SECA) si adotta<br />

l’intersezione riportata<br />

in tabella, dove il<br />

risultato peggiore tra quelli di LIM e di IBE determina la classe di appartenenza.<br />

Stato Chimico dei Corsi d'Acqua<br />

La verifica della presenza di inquinanti è stata condotta su tutte le stazioni di tipo A<br />

significative, ovvero quelle stazioni che presentano un obiettivo vincolante ai sensi di legge,<br />

e sulle stazioni di tipo A ritenute di interesse. Anche per la valutazione dello stato di<br />

qualità chimica si deve applicare lo stesso parametro statistico del 75° percentile.<br />

Stato Ambientale dei Corsi d'Acqua<br />

Al fine dell’attribuzione dello Stato Ambientale del corso d’acqua (SACA), i dati relativi<br />

allo Stato<br />

Ecologico<br />

vanno<br />

rapportati<br />

61<br />

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con i dati relativi alla presenza degli inquinanti chimici indicati nella tabella 1 dell’Allegato 1<br />

del decreto legislativo vigente, secondo lo schema riportato in tabella.<br />

Nelle tabelle seguenti (tab. 6.2.1.2 e 6.2.1.3) si riportano i dati relativi ai livelli di<br />

inquinamento espressi dai Macrodescrittori (LIM) e degli Indici Biotici Estesi (IBE) ed i<br />

dati complessivi relativi al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale per le tre<br />

stazioni considerate, indicati graficamente anche nella Fig. 6.2.1.2 .<br />

Fig. 6.2.1.2 – Qualità delle acque superficiali correnti (2005) – Indici LIM e IBE<br />

62<br />

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tab.6.2.1.2 - Tabella dei Livelli di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori e degli Indici Biotici Estesi<br />

tab. 6.2.1.3 - Tabella dei Livelli di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori, degli Indici Biotici Estesi e relativo raggiungimento degli Obiettivi<br />

63<br />

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Oltre alla rete di qualità ambientale operano, nella realtà provinciale, altre due reti, dette<br />

“per specifica destinazione”, che valutano la qualità delle acque in funzione dell’uso potabile<br />

o della vita di pesci, le cui stazioni sono di norma posizionate in ambienti collinari o montani.<br />

Le analisi previste per le reti a specifica destinazione sono integrate, qualora mancanti, di<br />

quelle necessarie alla valutazione della qualità ambientale; in questo modo è possibile<br />

popolare di informazioni ambientali anche i tratti montani dei corsi ed è possibile<br />

omogeneizzare le informazioni su tutte le realtà territoriali.<br />

Sui territori dei tre comuni in esame non vi sono stazioni della rete di monitoraggio delle<br />

acque destinate alla potabilizzazione (D. Lgs. 152/99 All. 2 A), che troviamo però, per il<br />

torrente Setta, a Sasso Marconi poco prima dell’immissione del corso d’acqua nel fiume<br />

Reno (Fig. 6.2.1.3).<br />

Di seguito si riportano schematicamente i valori degli indici IBE e LIM relativi alla stazione<br />

di Sasso Marconi.<br />

N. Corpo idrico Stazione Tipo LIM 2005 IBE 2005<br />

7 Setta Sasso Marconi Acoser A2 380 7/8<br />

Fig. 6.2.1.3 – Qualità ambientale delle acque superficiali destinate alla potabilizzazione<br />

La stazione di Sasso Marconi presenta qualità ambientale discreta, con valori dell’indice<br />

IBE che rientrano in classe II; il tratto del torrente Setta in uscita dal comune di Monzuno<br />

e sino alla stazione di misura, presenta caratteristiche ambientali più che sufficienti.<br />

Per quanto riguarda infine la rete di monitoraggio delle acque destinate alla vita dei pesci,<br />

i torrenti Sembro e Setta sono classificate come “Acque ciprinicole”, mentre il torrente<br />

<strong>Savena</strong> viene classificato come “Acqua salmonicola”, ma solamente nel tratto di monte<br />

esterno ai territori dei tre comuni.<br />

64<br />

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Di seguito si riportano i risultati di qualità ambientale ottenuti dalla campagna di<br />

monitoraggio per la vita dei pesci, relativamente alle stazioni d’interesse (D. Lgs. 152/99<br />

All. 2B).<br />

N. Corpo<br />

idrico<br />

Stazione Tipo LIM 2005 IBE 2005<br />

15 Setta Molino Cattani C - 8<br />

16 Setta Sasso Marconi C 380 7-8<br />

17 Sambro Rioveggio C 340 9/10<br />

21 <strong>Savena</strong> A monte del lago S 420 10<br />

22 <strong>Savena</strong> A valle del lago S 220 9<br />

- Torrente SAMBRO tratto BO3 (ciprinicolo)<br />

Le analisi rilevate in chiusura, alla stazione di Rioveggio (06001900), sono ampiamente<br />

conformi ai limiti imperativi e guida di riferimento.<br />

- Torrente SETTA tratto BO9 (ciprinicolo)<br />

La stazione di Sasso Marconi - Acoser (06002000), mantiene la conformità in regime di<br />

monitoraggio ridotto.<br />

- Torrente SAVENA tratto BO11 (salmonicolo).<br />

Le due stazioni a Monte Lago Di Castel Dell’alpi (06003400) e a Valle Lago Di Castel<br />

Dell’alpi (06003400) confermano una condizione di pregio.<br />

65<br />

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Fig. 6.2.1.4 – Qualità ambientale delle acque superficiali destinate alla vita dei pesci<br />

Una buona qualità ambientale si ha quindi sia per il torrente <strong>Savena</strong>, nel tratto che precede<br />

l’ingresso nei territori dei tre comuni, così come per il torrente Sembro, nel tratto<br />

compreso in territorio di Monzuno; una qualità sufficiente è invece quella del torrente<br />

Setta, sia nella stazione di monte (17) che in quella di valle (16) (Fig. 6.2.1.4).<br />

6.2.2 SISTEMA FOGNARIO E DI SCOLO<br />

Per quanto concerne l'aspetto idraulico, la domanda ambientale alle scelte pianificatorie si<br />

traduce in due diverse applicazioni, che fanno sostanzialmente riferimento alla medesima<br />

metodologia:<br />

- per quanto attiene i bacini urbani, si rende necessaria una verifica, quanto più accurata<br />

possibile, del carico idraulico sui bacini allo stato di fatto che permetta la definizione di<br />

parametri urbanistici quali superfici ulteriormente impermeabilizzabili, coefficienti di<br />

deflusso, etc., direttamente utilizzabili all'interno dei sottobacini per lo sviluppo urbano<br />

e territoriale futuri;<br />

- la seconda applicazione è rappresentata invece dallo studio idraulico del reticolo<br />

idrografico naturale per la determinazione delle portate di piena e quindi dei<br />

coefficienti udometrici da utilizzare nella progettazione.<br />

Le analisi riguardanti il carico idraulico sui bacini urbani rappresentano uno strumento<br />

molto utile per la pianificazione: infatti nell'adeguamento urbanistico di un certo comparto<br />

o di un intero bacino, la fognatura è l'opera di urbanizzazione primaria che incide<br />

maggiormente, sia dal punto di vista economico che ambientale.<br />

Indipendentemente dalla scelta del sistema di drenaggio che si vuole adottare (sistema<br />

misto o separato), il problema che si pone al progettista è di valutare se sia possibile, o<br />

quanto meno conveniente, avviare alla fognatura e quindi al ricevente, tutte le acque<br />

meteoriche cadenti sui suoli o solo una parte di esse. La tendenza seguita in questi ultimi<br />

66<br />

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decenni, specie in Italia del nord, è stata quella di non porre limitazioni al convogliamento in<br />

fognatura di tutte le acque pluviali. Recentemente si è manifestata quindi una spinta<br />

progressiva ad una simulazione accurata dei fenomeni quantitativi connessi al drenaggio<br />

delle precipitazioni nei sistemi fognari, al fine di disporre di efficaci strumenti decisionali<br />

per ricercare, nel caso di reti esistenti, l'attitudine a smaltire precipitazioni di prefissato<br />

tempo di ritorno e per controllare il loro comportamento, in occasione di eventi di tempo di<br />

ritorno superiore a quello di progetto. La necessità di migliorare il controllo qualitativo e<br />

quantitativo degli eventi di piena, impone di riconsiderare criticamente i tradizionali<br />

sistemi fognari, inquadrando questi ultimi nel più generale contesto dei cosiddetti sistemi<br />

duali. Il drenaggio totale delle acque meteoriche urbane avviene infatti in un sistema<br />

minore, costituito dai collettori fognari destinati allo smaltimento delle acque nere e di<br />

parte di quelle bianche e di un sistema maggiore, costituito dalle vie d'acqua superficiali<br />

che si formano in occasione di precipitazioni più intense di quelle compatibili con la rete<br />

fognaria. In tal senso la tecnica progettuale e la ricerca in questa materia, si stanno<br />

occupando degli interventi da eseguire per sfruttare appieno il concetto di sistema duale.<br />

Alcuni degli accorgimenti in studio riguardano appunto la regimazione delle acque<br />

attraverso la realizzazione di vasche volano, l'incremento dei volumi invasabili, la creazione<br />

di superfici disperdenti, la taratura delle bocche delle caditoie e l'estensione delle zone<br />

verdi.<br />

6.2.2.1 Officiosità idraulica del reticolo di scolo<br />

A) Rappresentazione dello stato di fatto del territorio e dei processi evolutivi che lo<br />

connotano.<br />

Per ciò che riguarda la valutazione del carico idraulico sui bacini extraurbani, che<br />

costituiscono il reticolo idrografico superficiale, fanno fede le valutazioni effettuate<br />

dall’Autorità di Bacino del Reno nell’ambito dei corsi d’acqua principali e comunque<br />

trattandosi di territori montani, non si ravvisano problematiche particolari.<br />

Per ciò che attiene invece la valutazione del carico idraulico sui bacini urbani, costituiti<br />

dalle reti fognarie (mista e non) appartenenti ai tre comuni, si è scelto di suddividere gli<br />

ambiti urbani in micro e macro bacini idrografici.<br />

Per ciascuno di essi, attraverso un modello afflussi deflussi, utilizzando il metodo<br />

percentuale, è stata calcolata la portata di piena ed è stata confrontata con quella<br />

ammissibile per le sezioni delle tubazioni in esame.<br />

Considerato il particolare assetto delle reti fognarie dei comuni in esame, si è ritenuto di<br />

individuare alcuni macrobacini formati dall’unione dei singoli microbacini, chiusi in<br />

corrispondenza di nodi caratteristici quali scolmatori, confluenze importanti, etc..<br />

In queste sezioni le verifiche hanno riguardato il confronto delle loro portate di piena con<br />

quelle ammissibili alle sezioni di chiusura.<br />

Le classi di carico idraulico stabilite e di cui si dirà nel seguito, scaturiscono dal rapporto<br />

tra la portata che si produce sul bacino in base alla metodologia adottata e la portata<br />

realmente smaltibile dalla sezione di condotto a servizio dello stesso bacino.<br />

A1. Bacini extraurbani (Reticolo naturale)<br />

Il territorio dei comuni oggetto dell’indagine si colloca in destra idrografica al Fiume Reno<br />

e in sinistra rispetto al Torrente <strong>Idice</strong>.<br />

Per quanto concerne le caratteristiche e l’officiosità di questo reticolo si rimanda a quanto<br />

detto nel precedente paragrafo 6.2.1.2 dove si riportano valutazioni di tipo funzionale e<br />

67<br />

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qualitativo. Nell’ambito delle informazioni raccolte, dove sono trattate anche valutazioni ed<br />

elementi di criticità, è stata posta particolare attenzione alla capacità idraulica di<br />

smaltimento delle portate di piena che si producono sul territorio di pertinenza e che<br />

influenzano l’officiosità di queste aste.<br />

La curva di possibilità pluviometrica<br />

Ipotizzata la linearità diretta tra portate e piogge che le producono si può stabilire che a<br />

precipitazioni decennali corrispondono portate di piena di pari tempo di ritorno, pertanto i<br />

valori di portata ricavati dall’applicazione del metodo devono essere considerati<br />

“decennali”.<br />

Le piogge di verifica sono state desunte dalla curva di possibilità pluviometrica valida per il<br />

territorio in esame. Detta curva nella forma h= aTn presenta i seguenti parametri medi:<br />

TEMPO di RITORNO a n<br />

10 anni 35 0.3<br />

La scelta dei coefficienti di afflusso (numero CN e Ca) responsabili delle perdite<br />

idrologiche, ovvero della quota parte della precipitazione sul bacino che realmente giunge<br />

alla canalizzazione, tiene conto delle caratteristiche morfometriche del territorio, della<br />

copertura litologica e della densità di drenaggio (vedi tavole e cartografia allegate).<br />

Con queste posizioni si sono ricavati valori di portata che conducono a coefficienti<br />

udometrici variabili tra 10 e 15 l/s per ettaro.<br />

I valori più bassi sono relativi a porzioni di territorio vaste e a prevalenza agricola mentre<br />

quelli più alti sono ascrivibili ai bacini in cui più diffusamente si fanno sentire i tessuti<br />

urbani ed i bassi tempi di corrivazione.<br />

A2. Bacini urbani (reti fognarie)<br />

I bacini urbani sono stati individuati sulla base dell’assetto della rete fognaria esistente e<br />

riportata sulla cartografia tecnica disponibile.<br />

Ai fini della suddivisione delle aree di pertinenza e delle relative sezioni di chiusura è stato<br />

analizzato l’andamento generale delle direzioni di deflusso delle acque.<br />

L’analisi non è risultata semplice viste le difficoltà legate alla complessità delle reti,<br />

caratterizzate da numerose interconnessioni, ovvero da deflussi alternativi non sempre ben<br />

quantificabili in termini di portate e definibili in termini di funzionamento.<br />

Ad una prima valutazione, tutte le strutture della reti fognarie dei Comuni in esame<br />

denotano un accrescimento che ha seguito gradualmente nel tempo le espansioni<br />

urbanistiche e pertanto soffrono di una mancanza di unitarietà, che di solito deriva da una<br />

pianificazione generale preventiva, adattata alla realtà esistente e futura di un<br />

agglomerato urbano.<br />

Spesso si rilevano tubazioni doppie a servizio della stessa strada, con direzioni di deflusso<br />

contrapposte, diametri dei condotti palesemente sottodimensionati e, raramente, sviluppi<br />

planimetrici contrari alle pendenze morfologiche del terreno.<br />

Fatto salvo il comune di Pianoro (dove vi è una piccola percentuale di reti bianche) nei<br />

restanti comuni e segnatamente nei capoluoghi, le reti fognarie sono essenzialmente<br />

formate da collettori con funzione mista (acque nere e bianche), dotate di scolmatori in<br />

corrispondenza delle intersezioni con il reticolo idrografico naturale ed irriguo o a monte<br />

degli impianti di depurazione.<br />

Sono servite da rete fognaria anche le frazioni più importanti appartenenti ai tre comuni di<br />

cui si tratta.<br />

68<br />

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Complessivamente i Comuni in esame dispongono di reti fognarie il cui sviluppo supera i 54<br />

km lineari con pendenze che generalmente si mantengono in una fascia tra il 2 e il 20%,<br />

concordemente con l’andamento del territorio tipico collinare - montano.<br />

Le parti urbanizzate servite da fognatura sono state suddivise complessivamente in n° 511<br />

microbacini al fine di valutarne le condizioni allo stato di fatto e le eventuali potenzialità<br />

ad accogliere ulteriori contributi di portata, derivanti da espansioni.<br />

La rete fognaria non pone problemi di sorta nei confronti delle portate nere caratterizzate<br />

generalmente da entità esigue; complessivamente la nera prodotta per ogni abitante si<br />

attesta mediamente intorno 0.0032 l/s/ab, ampiamente smaltibili dalle sezioni disponibili,<br />

anche considerando i diametri più piccoli rilevati (Dn 160 mm) in rete.<br />

Abitanti<br />

2006<br />

Stima Portata<br />

Nera in l/s<br />

Pianoro 7092 23<br />

Monzuno 3051 10<br />

Loiano 3146 10<br />

Complessivo 13.289 43<br />

Dei 511 microbacini individuati, 239 appartengono al Comune di Pianoro, 27 al centro<br />

abitato denominato<br />

BACINI URBANI<br />

Falgheto, 10 a quello<br />

denominato Livergnano<br />

BARBAROLO<br />

9<br />

LOIANO<br />

GUARDA<br />

9<br />

QUINZANO<br />

(entrambe frazioni di<br />

Pianoro), 80<br />

BRENTO<br />

34<br />

8<br />

appartengono al<br />

15<br />

RIOVEGGIO;<br />

28<br />

PIANORO<br />

239<br />

Comune di Monzuno, 52<br />

al centro abitato<br />

VADO<br />

denominato Vado, 28 a<br />

52<br />

Rioveggio e 15 a Brento<br />

MONZUNO<br />

80<br />

LIVERGNANO<br />

10<br />

FALGHETO<br />

27<br />

(tutte e 3 frazioni di<br />

Monzuno), 34 al<br />

Comune di Loiano, 9 al<br />

centro<br />

denominato Barbarolo, 9 a Guarda e 8 a Quinzano (tutte e 3 frazioni di Loiano)<br />

abitato<br />

Le tipologie geometriche dei collettori esistenti e costituenti le reti fognarie esaminate<br />

nell’ambito dei territori dei tre Comuni, sono essenzialmente circolari.<br />

In particolare il diametro minimo presente è il DN 160 mm in PVC il massimo è il DN 3000<br />

mm in cls. Sono inoltre presenti dei tratti di fognatura in pressione nel territorio comunale<br />

di Monzuno, con diametro minimo riscontrato pari a DN 110 mm in PEAD.<br />

Per la valutazione dei carichi idraulici dei bacini è stato utilizzato il modello di simulazione<br />

SWMM di cui al paragrafo seguente.<br />

A3. Simulazioni sul reticolo fognario: nota metodologica<br />

Per consentire, seppur in prima battuta, valutazioni quantitative di tipo idraulico che<br />

potessero aiutare a comprendere, limitatamente al confine amministrativo rappresentato<br />

dagli Agglomerati urbani pertinenti al territorio di competenza, quale fosse l’effettiva<br />

officiosità idraulica delle reti urbane in esercizio, con specifico riferimento al problema<br />

dello smaltimento delle acque meteoriche in relazione ai tempi di corrivazione di progetto -<br />

tempi di ritorno decennali - si è ritenuto necessario implementare i diversi sistemi di<br />

drenaggio, in un modello di simulazione numerica in moto vario. Dal modello di simulazione<br />

69<br />

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sono stati estrapolati, per ogni ramo, i valori di parametri significativi, tra i quali la portata<br />

massima conseguente all'evento di pioggia critico Qp e il rapporto tra questa e la portata<br />

massima potenziale della sezione terminale Qmax. In base al valore di questo rapporto è<br />

stato poi possibile attribuire una classe di carico ad ogni bacino.<br />

In relazione alle informazioni approssimative fornite dai differenti Gestori che detengono<br />

la quasi totalità di informazioni relative alle reti gestite, le simulazioni effettuate<br />

rappresentano necessariamente un primo stadio di calibrazione dei sistemi idrici via via<br />

rappresentati.<br />

L’acquisizione di nuove informazioni, relativamente agli elementi idraulici caratteristici che<br />

costituiscono l’input del sistema di simulazione, consentirà nel tempo, agli uffici preposti,<br />

una migliore calibrazione dei sistemi implementati e una migliore aderenza tra gli eventi<br />

simulati e quelli effettivamente osservati.<br />

A4. Il modello di simulazione adottato<br />

Per la modellazione delle reti di drenaggio urbano nei diversi comuni esaminati, si è optato<br />

per l’utilizzo del codice di calcolo SWMM, sviluppato dall’EPA Americana propriamente per<br />

simulare i meccanismi di formazione e propagazione delle onde di piena, supponendo<br />

condizioni di moto vario, ovvero quanto più similari alle condizioni reali che effettivamente<br />

possono verificarsi nei sistemi complessi, caratterizzati sia da sezioni a cielo aperto, sia da<br />

sezioni che possono verificare funzionamenti rigurgitati, ovvero in leggera pressione.<br />

In definitiva il motore di calcolo utilizzato dallo Storm Water Management Model (SWMM)<br />

sviluppato dall’EPA statunitense, rappresenta lo stato dell’arte della modellazione di reti di<br />

deflusso urbano; detto modello, opportunamente interpretato, può fornire informazioni<br />

utili anche sui sistemi caratterizzati da alvei di tipo “naturale”.<br />

SWMM è un software complesso in grado di simulare il movimento della precipitazione<br />

meteorica e degli inquinanti da essa veicolati dalla superficie del bacino alla rete di canali e<br />

condotte che costituiscono il sistema di drenaggio.<br />

In linea generale SWMM è stato concepito per modellare in termini qualitativi e<br />

quantitativi tutti i processi che si innescano nel ciclo idrologico.<br />

È possibile lanciare simulazioni di diverso tipo: a “evento singolo” o “in continuo”, andando<br />

cioè a simulare per poche ore o per molti giorni eventi critici di pioggia, che vanno a<br />

sollecitare il bacino imbrifero, in cui è presente una rete di drenaggio.<br />

Il modello può essere quindi utilizzato tanto per la progettazione quanto per la gestione<br />

delle reti di fognatura (bianche, nere e miste).<br />

La struttura di SWMM è basata su “blocchi”:<br />

Blocchi computazionali: Blocchi di servizio:<br />

• Runoff • Executive<br />

• Transport • Rain<br />

• Extran • Temp<br />

• Storage/Treatment • Graph<br />

• Statistics<br />

• Combine<br />

Ogni blocco ha una specifica funzione e il risultato che scaturisce dal lancio di un blocco<br />

rappresenta la base di partenza per l’utilizzo di un blocco successivo.<br />

La figura seguente descrive per sommi capi l’architettura dell’insieme dei moduli di cui è<br />

costituito SWMM:<br />

70<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Moduli di servizio<br />

(Data Management)<br />

Rain Module<br />

(Modulo Pioggia)<br />

Temperature Module<br />

(Modulo Temperatura)<br />

Combine Module<br />

(Modulo Combinatore)<br />

Statistics Module<br />

(Modulo Statistico)<br />

SWMM<br />

Runoff Module<br />

(Modulo Deflusso Superficiale)<br />

Transport Module<br />

(Modulo propagazione in rete<br />

Onda cinematica)<br />

Extran Module<br />

(Propagazione in rete<br />

Moto Vario)<br />

Storage Module<br />

(Modulo Trattamento<br />

Depurazione)<br />

Fig. 6.2.2.1 - Architettura dello SWMM<br />

Moduli idrologici/Idraulici<br />

(Simulatori di Processo)<br />

Come si può osservare, sono presenti moduli di servizio per il trattamento dei dati di<br />

pioggia, di temperatura, statistici, e moduli idrologici ed idraulici che rappresentano i<br />

simulatori di processo.<br />

Questi ultimi sono costituiti da un modulo per la modellazione del deflusso superficiale<br />

(Runoff), un modulo per la propagazione in rete con la schematizzazione dell’onda<br />

cinematica (Transport), un modulo dinamico (Extran), basato sulla risoluzione completa<br />

delle equazioni di De Saint Venant, che governano il fenomeno idraulico di propagazione<br />

all’interno della rete e infine un modulo che descrive i processi all’interno di un impianto di<br />

trattamento reflui (Storage).<br />

La rete di drenaggio è idealizzata come una serie di rami o tubazioni collegate tra loro in<br />

corrispondenza di nodi.<br />

Le proprietà costanti associate ai rami sono il tipo di sezione, la lunghezza, la pendenza e la<br />

scabrezza; quelle determinate ad ogni passo di calcolo sono invece la portata, la velocità,<br />

l’area bagnata del flusso, il raggio idraulico e la larghezza del pelo libero. Le ultime tre sono<br />

funzione del livello idrico istantaneo.<br />

La variabile indipendente fondamentale nei rami è la portata, Q, e si assume costante in<br />

ogni ramo durante un passo di calcolo. Velocità ed area bagnata del flusso, o livello, sono<br />

invece grandezze variabili nello stesso ramo.<br />

Le proprietà costanti associate ai nodi sono la quota di scorrimento (intesa come<br />

generatrice inferiore del condotto), la sommità (intesa come generatrice superiore) e la<br />

quota del terreno; quelle determinate ad ogni passo di calcolo e funzione del livello idrico<br />

istantaneo nel pozzetto sono il volume, l’area della superficie libera e il carico idraulico.<br />

La variabile indipendente fondamentale nei nodi è il carico idraulico H, variabile nel tempo,<br />

ma costante nel singolo nodo durante un passo di calcolo.<br />

Gli afflussi e i deflussi avvengono in corrispondenza dei nodi del sistema di drenaggio.<br />

La variazione di volume nel nodo durante un dato passo di calcolo, ∆t, costituisce la base<br />

per i calcoli seguenti di portata e carico idraulico.<br />

L’affidabilità dei dati associati ad una simulazione numerica risulta, di norma, tanto<br />

maggiore quanto maggiore è l’attendibilità dei dati di input a disposizione del modellista<br />

nell’ambito dell’implemantazione numerica della rete.<br />

71<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La mancanza dei dati associati ai diversi sistemi di deflusso urbano rende talvolta<br />

necessario effettuare stime e interpretazioni al contorno che possono in qualche modo<br />

essere approssimative nella restituzione dei dati finali.<br />

Nell’Allegato QC.6/A2 si riportano le planimetrie delle reti fognarie di appartenenza dei 3<br />

comuni indagati.<br />

B) Verifiche idrauliche<br />

È utile ricordare che tutte le verifiche idrauliche, eseguite con la metodologia e il modello<br />

descritto in precedenza, hanno permesso di individuare classi di carico ritenute idonee per<br />

meglio rappresentare la situazione locale.<br />

In particolare, per tratti uniformi di canalizzazione, sono state determinate la portata<br />

massima potenziale della sezione terminale Qmax e la portata massima conseguente<br />

all'evento di pioggia critico Qp; il confronto tra Qmax e Qp permette l'attribuzione del<br />

bacino ad una delle seguenti classi:<br />

CLASSE INTERVALLO GIUDIZIO<br />

I Q p < =0,4 Q MAX Deflusso ottimo<br />

II 0,4 Q MAX < Q p


B1. Carico idraulico sui bacini urbani<br />

Di seguito si riportano sinteticamente i risultati delle verifiche di officiosità dei collettori<br />

a servizio dei bacini urbani individuati, con la relativa attribuzione alle classi di carico<br />

idraulico precedentemente definite.<br />

Dette verifiche vengono rappresentate riportando gli idrogrammi calcolati dal modello in<br />

relazione alle sezioni delle reti rappresentate ritenute maggiormente significative:<br />

• Sezioni in prospicienza alla chiusura dei bacini;<br />

• Sezioni in corrispondenza degli scolmatori di piena<br />

• Ecc..<br />

Gli idrogrammi seguitamente riportati risultano rappresentativi dell’andamento della<br />

portata in funzione del tempo in cui avviene il completamento della fenomenologia associata<br />

alla creazione e esaurimento dell’onda di piena.<br />

Negli idrogrammi le portate sull’asse delle ordinate sono in MC/s mentre la scala dei tempi<br />

sull’asse delle ascisse viene riportata in ore.<br />

Per una comprensione più approfondita della metodologia utilizzata e dei risultati ottenuti<br />

in merito si veda l’allegato 1 “Esiti delle simulazioni idrauliche sul sistema fognario”.<br />

Per una visione globale dei bacini dei tre comuni e della loro criticità si rimanda alla<br />

cartografia riportata in allegato 2 “Criticità idraulica dei bacini urbani”.<br />

1) Pianoro: Criticità dei bacini<br />

Nel Comune di Pianoro risultano sono stati individuati tre agglomerati principali denominati:<br />

1. Capoluogo;<br />

2. Falgheto;<br />

3. Livergnano<br />

La situazione idraulica rilevata in funzione degli elementi conoscitivi effettivamente<br />

acquisiti, evidenzia alcuni bacini in condizioni ipercritiche; vi sono tuttavia anche molti<br />

bacini in condizioni ottime, localizzati soprattutto alle estremità nord e sud dell’abitato di<br />

Pianoro.<br />

La situazione più critica è indubbiamente quella di Falgheto; in questo caso infatti quasi<br />

tutti i bacini si trovano in condizioni ipercritiche, il che è da attribuire, con buona<br />

probabilità, ai diametri delle condotte, che se da un lato risultano idonei in tempo asciutto<br />

per garantire il trasporto delle acque luride di origine antropica, dall’altro risultano<br />

eccessivamente piccoli per garantire un buon servizio di fognatura.<br />

Per quanto riguarda la località di Livergnano, la situazione si presenta tutto sommato buona,<br />

con la presenza di un solo bacino in condizioni ipercritiche, e tre bacini in condizioni<br />

critiche, mentre i restanti si trovano tutti in condizioni buone o addirittura ottime.<br />

Pianoro capoluogo: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

Il drenaggio urbano del capoluogo di Pianoro risulta essere organizzato su una rete<br />

principale disposta longitudinalmente lungo la valle con direzione prevalente Sud-Nord:<br />

La rete presenta punti di recapito al sistema idrografico principale con trattamento delle<br />

acque reflue luride di magra attraverso fosse Imhoff; gli scolmatori di piena sono<br />

posizionati immediatamente a monte delle fosse imhoff e comunque disposti lungo l’intero<br />

percorso.<br />

Sono comunque visibili tre sistemi di drenaggio di cui, quello central,e è il più esteso e<br />

consistente; i due sistemi di drenaggio minori, in esercizio nella parte Nord e Sud del<br />

Comune, al servizio di agglomerati di più modesta estensione, confluiscono anch’essi le<br />

proprie acque reflue in due fosse Imhoff poste in corrispondenza delle sezioni di sbocco al<br />

reticolo idrografico superficiale.<br />

73<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Le reti al servizio del capoluogo verificano quote sommitali pari 250 m s.l.m., che nelle<br />

sezioni terminali raggiungono quote di 95 m s.l.m., con pendenze medie dell’ordine del 5%.<br />

Le portate caratteristiche in uscita dal Capoluogo di Pianoro vengono illustrate nel<br />

seguente idrogramma, calcolate dal modello in corrispondenza delle sezioni poste<br />

immediatamente a monte dei dispositivi imhoff.<br />

Con riferimento all’idrogramma illustrato si evidenzia che:<br />

le portate in uscita dalla rete posta in esercizio nella zona Sud, indicate in colore rosso,<br />

non arrivano a 0.3 mc/s;<br />

le portate in uscita dalla rete di drenaggio in esercizio nella zona Nord, indicate in<br />

colore magenta, sono dell’ordine di 0.07 mc/s;<br />

le portate in uscita dalla rete posta in esercizio nella zona Centrale, individuate in<br />

colore verde, arrivano a 0.9 mc/s.<br />

Nelle sezioni terminali delle reti, nelle zone sopraccitate, sussistono rispettivamente<br />

collettori di diamentro 400 mm , 250 mm e 800 mm.<br />

Con riferimento al seguente idrogramma, è possibile intuire come le piogge supposte pari ad<br />

un tempo di ritorno circa decennale, esauriscano quasi completamente la capacità di<br />

trasporto dei collettori.<br />

74<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Il grado di riempimento h/d è spesso dell’ordine di 0.8–1, dove “h” è l’altezza di moto<br />

uniforme in cui si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e<br />

“d” è il diametro della condotta medesima, evidenziando come la possibilità di incremento<br />

del carico idraulico specifico sul bacino di monte dell’agglomerato urbano di Pianoro, sia<br />

possibile solo alla luce di risezionamenti dei collettori fognari, ovvero mediante<br />

realizzazione di urbanizzazioni che gravino in “invarianza idraulica” sul sistema di drenaggio<br />

esistente.<br />

La criticità evidenziata per le sezioni terminali della rete, tende a verificarsi anche in<br />

alcune tratte apicali, dove il grado di riempimento h/d risulta essere oltre all’unità, a<br />

testimonianza del fatto che alcune tratte fognarie verificano comportamenti<br />

completamente rigurgitati sin dall’incipit del deflusso verso il recettore.<br />

Falgheto: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

La rete di drenaggio urbano della località Falgheto risulta essere caratterizzata da un’unica<br />

dorsale principale, che si sviluppa da quota 120 m s.l.m. fino a quota 90 m s.l.m. lungo lo<br />

sviluppo del torrente Zena.<br />

La rete risulta esser caratterizzata da diametri costanti di 250 mm opportunamente<br />

scolmati attraverso appositi sistemi, posti in esercizio in corrispondenza dei principali<br />

innesti nella tratta apicale.<br />

La rete principale verifica uno sviluppo di circa 4500 metri per un dislivello di circa 30<br />

metri ed una pendenza di esercizio media dell’ordine di 0.7 %<br />

In virtù della pendenza medio-alta che caratterizza il bacino urbano in analisi, il tempo di<br />

corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località Falgheto risulta<br />

essere di 20-25 minuti così come illustrato nel seguente idrogramma, calcolato dal modello<br />

di simulazione, relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino<br />

analizzato.<br />

In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile, nel seguente idrogramma, sull’asse delle<br />

ascisse in corrispondenza del punto in cui si verifica la portata massima, a valle del quale la<br />

curva rappresentativa delle portate in carico alla rete, cambia improvvisamente pendenza<br />

disponendosi parallelamente all’asse dei tempi.<br />

Dall’analisi dell’idrogramma sopra riportato risulta, inoltre, come la tubazione in coda alla<br />

rete, in prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un tipico<br />

funzionamento “a bocca tarata” con una portata massima prossima a 50 l/s : tale condotta<br />

75<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


isulta in condizioni di esercizio tali da non consentire ulteriori incrementi delle portate –<br />

esercizio in pressione.<br />

La portata massima in carico alla rete viene registrata, dal modello di simulazione adottato,<br />

in una tratta posta più a monte rispetto alla sezione di chiusura del bacino, in<br />

corrispondenza di una sezione ubicata immediatamente a monte dell’ultimo scolmatore,<br />

posto in linea sulla rete urbana analizzata.<br />

Come si evince dal seguente idrogramma lo scolmatore in linea sulla rete nella sezione<br />

appena specificata, consente il transito verso valle della sola portata evidenziata dalla<br />

curva in colore verde, a fronte del picco di portata evidenziato dall’idrogramma in colore<br />

rosso.<br />

Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Falgheto, dovuti a ulteriori future<br />

impermeabilizzazioni, non potranno essere recapitati nelle sezioni terminali della rete in<br />

corrispondenza del sistema di trattamento dei reflui, salvo che vengano operate<br />

risezionamenti della rete stessa, ovvero che le nuove costruzioni gravino in “invarianza<br />

idraulica” sulla rete esistente.<br />

Livergnano: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

La rete di drenaggio urbano della località Livergnano risulta essere caratterizzata da due<br />

dorsali principali che confluiscono in unico condotto fino al nodo di sbocco nel sistema<br />

idrografico ricevente.<br />

La rete di drenaggio si sviluppa da quota 550 m s.l.m. fino a quota 450 m s.l.m. lungo quota a<br />

cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue nell’ambiente.<br />

La rete risulta esser caratterizzata da diametri, che nelle tratte apicali, misurano spechi<br />

di 200 mm di diametro e via via scalano fino a diametri dell’ordine di 400 mm in esercizio<br />

nelle tratte terminali.<br />

Allo stato attuale di conoscenza delle reti non sembrano essere in funzione manufatti<br />

idraulici speciali quali scolmatori, se non in prossimità delle sezioni terminali della rete di<br />

drenaggio. La rete principale verifica uno sviluppo di circa 800 metri che risultano essere<br />

dislocati su un bacino che, verificando un dislivello di circa 100 metri tra zona apicale e<br />

sezione di chiusura, dispone di una pendenza di esercizio media dell’ordine di 12%. Con ogni<br />

probabilità la pendenza d’esercizio delle condotte è stata ridotta mediante opportuni salti<br />

di fondo realizzati sulle generatrici inferiori delle condotte, in modo da impedire eccessive<br />

abrasioni del tubi posati, dovute a velocità di scorrimento elevatissime.<br />

76<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


A seguito dell’elevatissima pendenza del sistema di drenaggio analizzato, che caratterizza<br />

altresì il bacino urbano in cui la rete si trova ad operare, il tempo di corrivazione specifico<br />

Tc della rete di drenaggio urbano della località esaminata, inteso come tempo di accesso<br />

alla rete più il tempo di percorrenza della goccia caduta nel punto più distante dalla sezione<br />

di chiusura del bacino, risulta essere di 10-15 minuti così come illustrato nel seguente<br />

idrogramma calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta proprio<br />

in prossimità della chiusura del bacino analizzato.<br />

In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull’asse delle<br />

ascisse, in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico<br />

alla rete, cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all’asse dei tempi.<br />

La portata massima calcolata dal modello in corrispondenza di una precipitazione di tempo<br />

di ritorno decennale risulta essere di oltre 220 l/s.<br />

Dall’analisi dell’idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete, in<br />

prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un grado di<br />

riempimento h/d dell’ordine di 0.4 – dove h è l’altezza di moto uniforme in cui si trova la<br />

condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della<br />

condotta - evidenziando la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino<br />

di monte.<br />

77<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Livergnano dovuti a ulteriori future<br />

impermeabilizzazioni, potranno essere recapitate nelle sezioni terminali della rete di<br />

drenaggio senza incorrere in particolari problematiche di sovraccarico idraulico.<br />

2) Monzuno: criticità dei bacini<br />

Nel Comune di Monzuno risultano presenti quattro agglomerati principali denominati:<br />

1. Capoluogo;<br />

2. Rioveggio;<br />

3. Vado;<br />

4. Brento<br />

La situazione idraulica rilevata a Monzuno verifica alcune problematicità, in quanto in tutti<br />

e quattro i centri abitati analizzati, sussisterebbero un buon numero di bacini in condizioni<br />

ipercritiche, con particolare riferimento alle località Brento e Monzuno Capoluogo.<br />

Osservazione: occorre ricordare come, nell’ambito del reperimento dei dati implementati<br />

nelle simulazioni idrauliche che concorrono a definire il <strong>quadro</strong> <strong>conoscitivo</strong> del PSC dei tre<br />

Comuni in esame, non si sia potuto sempre disporre di dati completi ed organici relativi alla<br />

reale consistenza del patrimonio cespite del servizio fognario; in tal senso le necessarie<br />

interpretazioni operate potrebbero avere effettivamente influito su taluni risultati ivi<br />

ottenuti, che in ogni caso si ritiene essere fortemente indicativi.<br />

Monzuno capoluogo: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

Il drenaggio urbano del capologo di Monzuno risulta essere organizato su due reti principali<br />

ed autonome:<br />

la prima in esercizio nella zona sud-est,<br />

la seconda nella zona nord-ovest.<br />

Entrambe le reti presentano punti di recapito al sistema idrografico principale con<br />

trattamento delle acque reflue luride di magra attraverso fosse imhoff; gli scolmatori di<br />

piena sono posizionati immediatamente a monte delle fosse imhoff.<br />

Altri due sistemi di drenaggio minori al servizio di un agglomerato di modesta estensione<br />

risultano in esercizio nella parte nord-est del Comune; anch’essi confluiscono le proprie<br />

acque reflue in due fosse imhoff poste in corrispondenza delle sezioni di sbocco al reticolo<br />

idrografico superficiale.<br />

Le reti al servizio del capoluogo verificano quote sommitali pari 670 m s.l.m. che nelle<br />

sezioni terminali raggiungono quote di 530 m.slm con pendenze medie dell’ordine del 15%.<br />

Le portate caratteristiche in uscita dal Capoluogo di Monzuno vengono illustrate nel<br />

seguente idrogramma, calcolate dal modello in corrispondenza delle sezioni poste<br />

immediatamente a monte dei dispositivi imhoff.<br />

78<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Con riferimento agli idrogrammi illustrati:<br />

le portate in uscita dalla rete posta in esercizio nella zona sud-est, non arrivano a 0.8<br />

mc/s;<br />

le portate in uscita dalla rete di drenaggio in esercizio nella zona nord-ovest. sono<br />

dell’ordine di 1.3 mc/s<br />

Nelle sezioni terminali delle reti delle due zone sopraccitate sussistono rispettivamente<br />

collettori di diamentro 500 mm e 600 mm.<br />

Con riferimento al seguente idrogramma è possibile intuire come le piogge supposte pari ad<br />

un tempo di ritorno decennale esauriscano quasi completamente la capacità di deflusso dei<br />

collettori:<br />

Il grado di riempimento h/d dell’ordine di 0.8 – dove “h” è l’altezza di moto uniforme in cui<br />

si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e “d” è il diametro<br />

della condotta medesima - evidenziando come la possibilità di incremento del carico<br />

idraulico specifico sul bacino di monte dell’agglomerato urbano di Monzuno, sia possibile<br />

solo alla luce di risezionamenti dei collettori fognari ovvero mediante realizzazione di<br />

urbanizzazioni che gravino in “invarianza idraulica” sul sistema di drenaggio esistente.<br />

79<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La criticità evidenziata per le sezioni terminali della rete tende a verificarsi anche in<br />

alcune tratte apicali dove il grado di riempimento h/d risulta essere oltre all’unità a<br />

testimonianza del fatto che alcune tratte fognarie verificano comportamenti<br />

completamente rigurgitati sin dall’incipit del deflusso verso il recettore; tale<br />

comportamento risulta evidente nel seguente idrogramma calcolato dal modello<br />

relativamente ai rami 69-70-39 e 18:<br />

Vado: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

La rete di drenaggio urbano dell’agglomerato di Vado risulta essere caratterizzata da una<br />

dorsale principale che si sviluppa in fregio all’area golenale del fiume Setta confluendo le<br />

acque reflue luride in un’area a tergo della ferrovia cittadina e scolmando le acque diluite<br />

eccedenti a quelle collettabili dalla rete di drenaggio e quelle in uscita dal sistema<br />

depurativo nel torrente Setta.<br />

La rete di drenaggio si sviluppa da quota 180 m s.l.m. fino a quota 140 m s.l.m., quota a cui il<br />

sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue nel Setta<br />

La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di<br />

250 mm di diametro e via via aumentano fino a diametri dell’ordine di 400 mm in esercizio<br />

nelle tratte terminali.<br />

Lo sviluppo urbanistico di Vado risulta essere caratterizzato da una zona Nord e una zona<br />

Sud rispetto all’ansa che il Setta compie voltando verso sud-ovest, immediatamente a valle<br />

dell’ingresso nella zona urbanizzata. Le due aree cittadine sono interconnesse, da un punto<br />

di vista della viabilità, attraverso un ponte.<br />

La fognatura urbana supera il Setta nella medesima zona del suddetto ponte per mezzo di<br />

un sollevamento che insiste su una premente che interconnette idraulicamente le due zone<br />

nord e sud, che in definitiva usufruiscono del medesimo impianto di depurazione delle acque<br />

reflue.<br />

Uno scolmatore di piena risulta essere in esercizio a presidio del funzionamento del<br />

sollevamento appena descritto.<br />

La dorsale di drenaggio principale a valle del ponte verifica uno sviluppo di circa 1000<br />

metri, che risultano essere dislocati su un bacino che misura un dislivello di circa 100 metri<br />

tra zona apicale e sezione di chiusura, con pendenze di esercizio medie dell’ordine di circa<br />

del 10%<br />

Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano di Vado risulta essere<br />

di circa 25 minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di<br />

80<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino<br />

analizzato.<br />

Il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull’asse delle ascisse in<br />

corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete<br />

cambia improvvisamente pendenza per disporsi parallelamente all’asse dei tempi.<br />

La portata massima calcolata dal modello in funzione di una precipitazione di tempo di<br />

ritorno decennale risulta essere di oltre 650 l/s.<br />

Dall’analisi dell’idrogramma sotto riportato risulta come le tubazioni in coda alla rete, in<br />

prossimità della chiusura del bacino, verifichino un esercizio caratterizzato da un grado di<br />

riempimento h/d dell’ordine di 0.8-1, evidenziando come la possibilità di incremento del<br />

carico idraulico specifico sul bacino di monte dell’agglomerato urbano di Vado sia possibile<br />

solo alla luce di risezionamenti dei collettori fognari ovvero mediante realizzazione di<br />

urbanizzazioni che gravino in “invarianza idraulica” sul sistema di drenaggio esistente.<br />

Rioveggio: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

La rete di drenaggio urbano dell’agglomerato di Rioveggio risulta essere interconnassa alla<br />

rete dell’agglomerato, posto in località Montorio, attraveso un lugo collettore adibito al<br />

collettamento delle acque luride al sistema di trattamento posto in fregio al fiume Setta.<br />

La rete dell’agglomerato principale risulta caratterizzata:<br />

81<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


da una dorsale principale che si sviluppa in fregio all’area golenare del fiume Setta;<br />

da due sollevamenti posti immediatamente a monte dei due ponti di superamento<br />

dell’ansa che il Setta compie nell’ambito dell’attraversamento dell’agglomerato<br />

cittadino.<br />

Con esclusione della rete in arrivo dall’agglomerato di Montorio che, partendo da una quota<br />

di 450 m s.l.m. arriva in poco più di 800 m ad una quota di 280 m s.l.m., la rete di drenaggio<br />

principale di Rioveggio si sviluppa da quota 280 m s.l.m. nella zona apicale, fino a quota 200<br />

m s.l.m. in prossimità dell’impianto di trattamento, quota a cui il sistema di drenaggio<br />

analizzato recapita le proprie acque reflue nel Setta.<br />

Detta dorsale di drenaggio principale a valle dell’innesto con l’abitato di Montorio verifica<br />

uno sviluppo di circa 1500 metri, che risultano essere dislocati su un bacino che misura, in<br />

definitiva, un dislivello di circa 60 metri tra zona apicale e sezione di chiusura, con<br />

pendenze di esercizio medie dell’ordine di circa 4.0%.<br />

La rete risulta esser caratterizzata da diametri dell’ordine di 200-300 mm che tendono a<br />

mantenersi costanti lungo tutto lo sviluppo, grazie alla presenza proprio dei due<br />

sollevamenti principali, che risultando presidiati da scolmatori di piena, consentono una<br />

equalizzazione delle portate sollevate ed inviate a depurazione.<br />

In definitiva la fognatura urbana supera il Setta in corrispondenza dei suddetti ponti per<br />

mezzo di sollevamenti, che insistendo sulle rispettive prementi, interconnettono<br />

idraulicamente gli abitati di Rioveggio e Montorio, che usufruiscono del medesimo impianto<br />

di depurazione delle acque reflue.<br />

Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano di Rioveggio risulta<br />

essere di circa 25 minuti, così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal<br />

modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del<br />

bacino analizzato.<br />

Il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull’asse delle ascisse in<br />

corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete<br />

cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all’asse dei tempi.<br />

In funzione delle informazioni disponibili nell’ambito della redazione del presente <strong>quadro</strong><br />

<strong>conoscitivo</strong> al PSC la portata massima in arrivo nelle sezioni prossime all’impianto di<br />

trattamento risulterebbe essere dell’ordine di circa 250 l/s, così come calcolato dal<br />

modello, in funzione di una precipitazione di tempo di ritorno decennale.<br />

82<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Osservazione: la mancanza di dati specifici sui sollevamenti non consente di effettuare<br />

ulteriori valutazioni in merito alla sostenibilità di ulteriori incrementi del carico idraulico<br />

specifico sulla rete di Rioveggio.<br />

Brento: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

La rete di drenaggio urbano della località Brento risulta essere caratterizzata da una unica<br />

dorsale principale che si sviluppa da quota 450 m s.l.m. fino a quota 250 m s.l.m.<br />

La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di<br />

200 mm che scalano fino a 250 mm nelle tratte prossime al sistema depurativo.<br />

La rete principale verifica uno sviluppo di oltre 2000 metri per un dislivello di circa 200<br />

metri ed una pendenza di esercizio media dell’ordine di 10 %<br />

In virtù dell’elevatissima pendenza che caratterizza il bacino urbano in analisi, il tempo di<br />

corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località Falgheto, inteso<br />

come tempo di accesso alla rete più tempo di percorrenza delle condotte rappresentate in<br />

simulazione, risulta essere di 20-25 minuti, così come illustrato nel seguente idrogramma<br />

calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della<br />

chiusura di bacino.<br />

In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull’asse delle<br />

ascisse in corrispondenza del punto in cui si verifica la portata massima, ovvero a valle del<br />

quale la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente<br />

pendenza disponendosi parallelamente all’asse dei tempi.<br />

La portata massima risulta essere di quasi 100 l/s calcolata dal modello in funzione di una<br />

precipitazione di tempo di ritorno decennale.<br />

Dall’analisi dell’idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete, in<br />

prossimità della chiusura del bacino, verifichi un esercizio caratterizzato da un grado di<br />

riempimento h/d dell’ordine di 0.9-1, dove h è l’altezza di moto uniforme in cui si trova la<br />

condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della<br />

condotta-.<br />

83<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Brento, dovuti a ulteriori future<br />

impermeabilizzazioni, non potranno essere recapitate nelle sezioni terminali della rete in<br />

corrispondenza del sistema di trattamento dei reflui, salvo che vengano operate<br />

risezionamenti della rete, ovvero che le nuove costruzioni gravino in “invarianza idraulica”<br />

sulla rete esistente.<br />

3) Loiano: criticità dei bacini<br />

Nel Comune di Loiano risultano presenti quattro agglomerati principali denominati:<br />

1. Capoluogo;<br />

2. Barbarolo;<br />

3. Guarda;<br />

4. Quinzano<br />

La situazione idraulica rilevata a Loiano risulta essere, in qualche caso, problematica<br />

soprattutto nel Capoluogo e nel centro abitati di Quinzano, dove, in base ai dati a<br />

disposizione, si è potuto verificare la sussistenza di cinque bacini su otto in condizioni<br />

ipercritiche e di un bacino in condizioni critiche.<br />

Anche a Loiano Capoluogo vi è un buon numero di bacini in condizioni ipercritiche o critiche.<br />

La situazione risulta invece migliore nelle frazioni di Guarda (un bacino su dieci in condizioni<br />

ipercritiche ed uno in condizioni critiche) e Barbarolo (tre bacini su nove in condizioni<br />

ipercritiche e due in condizioni critiche). Anche in questo caso i risultati ottenuti<br />

potrebbero esse in parte condizionati dalla mancanza di dati sistemici sul patrimonio<br />

cespite di competenza dei diversi agglomerati urbani analizzati-<br />

Loiano capoluogo: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

Il drenaggio urbano del capoluogo di Loiano risulta essere organizzato su due reti principali<br />

ed autonome:<br />

la prima in esercizio nella zona est,<br />

la seconda nella zona ovest.<br />

Entrambe le reti presentano punti di recapito al sistema idrografico principale; la rete ad<br />

ovest recapita nel Rio della Casetta, mentre la rete ad est recapita nel Torrente Zena.<br />

Le reti al servizio del capoluogo verificano quote sommitali pari 730 m s.l.m. che nelle<br />

sezioni terminali raggiungono quote di 592 m s.l.m. ad ovest, e 605 m s.l.m. ad est con<br />

pendenze medie dell’ordine del 16%.<br />

84<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Le portate caratteristiche in uscita dal Capoluogo di Loiano vengono illustrate nel seguente<br />

idrogramma, calcolato dal modello in corrispondenza delle sezioni poste immediatamente a<br />

monte dei due recapiti (Rio della Casetta e Torrente Zena).<br />

Con riferimento agli idrogrammi illustrati, le portate in uscita da entrambe le zone arrivano<br />

a circa 1.1 mc/s.<br />

Nelle sezioni terminali delle reti di entrambe le zone sopraccitate sussistono collettori di<br />

diametro 500 mm.<br />

Con riferimento al seguente idrogramma è possibile intuire come le piogge. supposte pari ad<br />

un tempo di ritorno decennale. esauriscano completamente la capacità di trasporto dei<br />

collettori<br />

Il grado di riempimento h/d, dell’ordine di 1 per la rete ad est, e 0.75 per la rete ad ovest,<br />

evidenzia come la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino di monte<br />

dell’agglomerato urbano di Loiano, sia possibile solo alla luce di risezionamenti dei collettori<br />

fognari ovvero mediante realizzazione di urbanizzazioni che gravino in “invarianza idraulica”<br />

sul sistema di drenaggio esistente.<br />

La criticità evidenziata per le sezioni terminali della rete tende a verificarsi anche in<br />

alcune tratte apicali dove il grado di riempimento h/d risulta essere pari all’unità a<br />

testimonianza del fatto che alcune tratte fognarie verificano comportamenti<br />

85<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


completamente rigurgitati sin dall’incipit del deflusso verso il recettore; tale<br />

comportamento risulta evidente nel seguente idrogramma calcolato dal modello<br />

relativamente ai rami 28-24 e 43:<br />

Barbarolo: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

La rete di drenaggio urbano della località Barbarolo risulta essere caratterizzata da una<br />

dorsale principale, che nella sezione terminale sbocca nel sistema idrografico superficiale<br />

ricevente<br />

La rete di drenaggio si sviluppa da quota 500 m s.l.m. fino a quota 350 m s.l.m. lungo quota a<br />

cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue nell’ambiente.<br />

La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di<br />

250 mm di diametro e via via si incrementano fino a diametri dell’ordine di 500 mm in<br />

esercizio nelle tratte terminali.<br />

Allo stato attuale di conoscenza delle reti non sembrano essere in funzione manufatti<br />

idraulici speciali quali scolmatori, se non in prossimità delle sezioni terminali della rete di<br />

drenaggio.<br />

La rete principale verifica uno sviluppo di circa 1500 metri che risultano essere dislocati su<br />

un bacino che, verificando un dislivello di circa 150 metri tra zona apicale e sezione di<br />

chiusura, risulta possedere una pendenza di esercizio media dell’ordine di 10%.<br />

Come in altre casistiche precedentemente analizzate la pendenza d’esercizio delle<br />

condotte è stata quasi sicuramente ridotta mediante opportuni salti di fondo realizzati<br />

sulle generatrici inferiori delle condotte in modo da impedire eccessive abrasioni del tubi<br />

posati dovuti a velocità di scorrimento elevatissime.<br />

A seguito dell’elevatissima pendenza del sistema di drenaggio analizzato, che caratterizza<br />

altresì il bacino urbano in cui la rete si trova ad operare, il tempo di corrivazione specifico<br />

Tc della rete di drenaggio urbano della località in corso di analisi risulta essere di 10-15<br />

minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di simulazione<br />

relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino analizzato.<br />

In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull’asse delle<br />

ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico<br />

alla rete cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all’asse dei tempi.<br />

86<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La portata massima risulta essere di oltre 550 l/s calcolata dal modello in funzione di una<br />

precipitazione di tempo di ritorno decennale.<br />

Dall’analisi dell’idrogramma sotto riportato si evince come la tubazione in coda alla rete, in<br />

prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un grado di<br />

riempimento h/d dell’ordine di 0.9 –dove h è l’altezza di moto uniforme in cui si trova la<br />

condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della<br />

condotta- evidenziando una sostanziale impossibilità di incremento del carico idraulico<br />

specifico del bacino di monte.<br />

Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Barbarolo, dovuti a ulteriori e future<br />

impermeabilizzazioni, saranno possibili solo qualora recapitino le portate generate dalle<br />

nuove impermeabilizzazioni in “invarianza idraulica” al sistema di drenaggio attualmente in<br />

esercizio.<br />

Guarda: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

La rete di drenaggio urbano della località Guarda risulta essere caratterizzata da due<br />

dorsali principali che confluiscono in unico condotto fino al nodo di sbocco nel sistema<br />

idrografico ricevente.<br />

La rete di drenaggio si sviluppa da quota 600 m s.l.m. fino a quota 450 m s.l.m., quota a cui il<br />

sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue al sistema idrografico superficiale.<br />

87<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di<br />

200 mm di diametro e a valle delle principali confluenze scalano fino a diametri dell’ordine<br />

di 315 mm in esercizio nelle tratte terminali.<br />

Allo stato attuale di conoscenza delle reti risulta essere in esercizio un unico scolmatore<br />

sulla linea principale, poco a monte della confluenza nel collettore unico che adduce<br />

all’impianto di depurazione.<br />

La rete principale verifica uno sviluppo di circa 900 metri che risultano essere dislocati su<br />

un bacino che, verificando un dislivello di circa 150 metri tra zona apicale e sezione di<br />

chiusura, risulta possedere una pendenza di esercizio media dell’ordine del 15%.<br />

Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano dell’agglomerato di<br />

Guarda risulta essere di 15-20 minuti così come illustrato nel seguente idrogramma<br />

calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della<br />

chiusura del bacino analizzato.<br />

In effetti il tempo di corrivazione, inteso come somma del tempo di accesso alla rete più il<br />

tempo di transito di tutto il sistema di drenaggio, è ricavabile nel seguente idrogramma<br />

sull’asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle<br />

portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente<br />

all’asse dei tempi.<br />

La portata massima risulta essere di poco inferiore a 300 l/s, valore calcolato dal modello<br />

in corrispondenza di una precipitazione di tempo di ritorno decennale.<br />

Dall’analisi dell’idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete,<br />

posta in prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un<br />

grado di riempimento h/d dell’ordine di 0.8.<br />

88<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di drenaggio di Guarda, dovuti a ulteriori<br />

future impermeabilizzazioni, dovranno sottostare al principio dell’incremento controllato<br />

del coefficiente udometrico.<br />

Quinzano: officiosità idraulica delle reti analizzate<br />

Anche la rete di drenaggio urbano della località Quinzano risulta essere caratterizzata da<br />

due dorsali principali che confluiscono in unico condotto fino al nodo di sbocco nel sistema<br />

idrografico ricevente.<br />

La rete di drenaggio si sviluppa da quota 530 m s.l.m. – località “La Fonte” - fino a quota<br />

480 m s.l.m., quota a cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue<br />

nell’ambiente.<br />

La rete di drenaggio analizzata verifica, dunque, uno sviluppo di circa 1100 metri, che<br />

risultano essere dislocati su un bacino che, presentando un dislivello di circa 50 metri tra<br />

zona apicale e sezione di chiusura, possiede una pendenza di esercizio media dell’ordine del<br />

5%.<br />

La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di<br />

250 mm di diametro e via via aumentano fino a diametri dell’ordine di 400 mm in esercizio<br />

nelle tratte terminali.<br />

Nessuno scolmatore risulta essere in esercizio sulla linea principale ad esclusione di quello<br />

posto in corrispondenza della sezione terminale.<br />

Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località risulta<br />

essere di 15-20 minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello<br />

di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino<br />

analizzato.<br />

Come più volte specificato in precedenza il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente<br />

idrogramma sull’asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva<br />

rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza<br />

disponendosi parallelamente all’asse dei tempi.<br />

89<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La portata massima risulta essere dell’ordine dei 300 l/s, valore calcolato dal modello in<br />

corrispondenza di una precipitazione di tempo di ritorno decennale.<br />

Dall’analisi dell’idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete, in<br />

prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un grado di<br />

riempimento h/d dell’ordine di 0.9-1, dove h è l’altezza di moto uniforme in cui si trova la<br />

condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della<br />

condotta- evidenziando la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino<br />

di monte.<br />

Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Quinzano, dovuti a ulteriori future<br />

impermeabilizzazioni, dovranno essere recapitate in “invarianza idraulica” il sistema di<br />

drenaggio attualmente in esercizio.<br />

6.2.2.2 Il sistema della depurazione<br />

Il sistema della depurazione delle acque è presente in forma capillare sui tre Comuni<br />

interessati.<br />

Il numero dei depuratori è elevato in ragione della morfologia territoriale e per la<br />

dispersione delle zone urbanizzate.<br />

90<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


In tal senso è giustificata anche la presenza di un certo numero di Fosse Imhoff<br />

sostanzialmente a servizio di nuclei sparsi lontani dagli agglomerati veri e propri.<br />

L’unico comune che non presenta sistemi Imhoff è Loiano.<br />

Di seguito viene presentata la situazione impiantistica ripartita per comune e tipologia di<br />

trattamento.<br />

Comune di Loiano<br />

RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA<br />

LOIANO CAPOLUOGO 2 ZENA IN SERVIZIO LOIANO VIA CA` DI BALLONI DEPURATORE-<br />

BARBAROLO IN SERVIZIO LOIANO VIA VALLE (DELLA) DEPURATORE-<br />

QUINZANO IN SERVIZIO LOIANO VIA ZENA DEPURATORE-<br />

LOIANO CAPOLUOGO 1 IN SERVIZIO LOIANO VIA SAVENA DEPURATORE-<br />

GUARDA IN SERVIZIO LOIANO VIA SABBIONI DEPURATORE-<br />

Comune di Monzuno<br />

RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA<br />

VADO IN SERVIZIO MONZUNO VIA VAL DI SETTA DEPURATORE-<br />

RIO TERRA IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` CA` IANELLO DEPURATORE-<br />

RIOVEGGIO ZONA ART. IN SERVIZIO MONZUNO VIA GRASSI LIBERO DEPURATORE-<br />

PIAN DI LAMA IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` PIAN DI LAMA DEPURATORE-<br />

BRENTO IN SERVIZIO MONZUNO VIA MONZUNO DEPURATORE-<br />

LE BRAINE IN SERVIZIO MONZUNO LOCALITA` BRAINE DEPURATORE-<br />

VALLE IN SERVIZIO MONZUNO LOCALITA` VALLE DEPURATORE-<br />

RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA<br />

RIO CANAPA IN SERVIZIO MONZUNO VIA SCALE (DELLE) FOSSA IMHOFF-<br />

RIO BLOGNA IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` BOLOGNA FOSSA IMHOFF-<br />

CA` DI GIULIETTA MONZUNO IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` CA` DI GIULIETTA FOSSA IMHOFF-<br />

TRE FASCI MONZUNO IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` TRE FASCI FOSSA IMHOFF-<br />

Comune di Pianoro<br />

RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA<br />

MONTECALVO IN SERVIZIO PIANORO STRADA DELLA SORGENTE DEPURATORE-<br />

LIVERGNANO IN SERVIZIO PIANORO VIA ROSE DELLE DEPURATORE-<br />

RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA<br />

TAZZOLA IN SERVIZIO PIANORO VIA TAZZOLA FOSSA IMHOFF-<br />

MOLINO NUOVO IN SERVIZIO PIANORO VIA MOLINO NUOVO FOSSA IMHOFF-<br />

CA` DI PIPPO IN SERVIZIO PIANORO VIA MONTE DELLE FORMICHE FOSSA IMHOFF-<br />

Più in particolare si rileva che la situazione del sistema depurativo delle acque reflue a<br />

servizio dei tre comuni è previsto tutto in adeguamento nel triennio 2008-2010.<br />

Per quanto concerne Loiano è in corso l’ampliamento dell’impianto di depurazione a servizio<br />

del Capoluogo il cui completamento è previsto entro il 2008.<br />

Per le Frazioni Zena e Sabbioni gli adeguamenti impiantistici sono in previsione nel triennio.<br />

91<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Nella realtà di Monzuno si prevede l’adeguamento nel prossimo triennio di Rio Canapa,<br />

Rioveggio e Brento; l’impianto a servizio del Capoluogo sarà dimesso, presumibilmente a fine<br />

anno, allorquando sarà terminato il collegamento Vado – Sasso Marconi.<br />

Infine per Pianoro si prevede ed è in fase di realizzazione il collegamento con la rete di<br />

Bologna e annesso sistema depurativo. Sul collettore principale sono programmati<br />

interventi di ottimizzazione ed allontanamento delle acque parassite di origine naturale.<br />

Complessivamente si ritiene, in prima analisi, da accettabile a adeguata la situazione del<br />

sistema depurativo a servizio dei tre comuni anche nei confronti delle espansioni<br />

ipotizzate.<br />

6.2.3 ACQUE SOTTERRANEE<br />

Nel corso degli ultimi decenni, sono stati promossi vari studi, principalmente ad opera della<br />

Regione Emilia Romagna, volti ad una conoscenza sempre più dettagliata delle risorse<br />

idriche sotterranee dell’Appennino emiliano-romagnolo; in particolare, tra il 2002 ed il<br />

2003, grazie alla collaborazione stabilita tra il Servizio Geologico e Sismico della RER e<br />

l’Autorità di Bacino del Reno, è stato approfondita la conoscenza delle risorse idriche<br />

sotterranee dell’Appennino bolognese 7 , attraverso l’implementazione dell’inventario delle<br />

sorgenti localizzate nel bacino montano del Fiume Reno, con particolare riguardo a quelle<br />

captate per uso idropotabile. Tale studio ha portato anche alla definizione, per il territorio<br />

indagato, delle cosiddette “rocce magazzino”, ovvero unità geologiche, sede di significative<br />

concentrazioni di sorgenti, che costituiscono, di fatto la sede delle risorse idriche<br />

sotterranee da cui dipende principalmente l’approvigionamento idrico del territorio.<br />

Partendo da tale lavoro, si è quindi proceduto ad un’ulteriore implementazione delle<br />

conoscenze a scala comunale, che permettesse, come risultato finale, di giungere<br />

all’individuazione di aree vulnerabili e delle relative azioni di salvaguardia.<br />

6.2.3.1 Struttura idrogeologica<br />

Il sistema degli acquiferi appenninici che occupano l’area dei territori dei tre comuni in<br />

esame, è formato da un insieme di serbatoi limitati costituiti dalle rocce appartenenti sia al<br />

substrato, che ai depositi superficiali incoerenti.<br />

Nel primo caso il flusso idrico sotterraneo avviene per permeabilità secondaria in<br />

corrispondenza dei livelli maggiormente fratturati, mentre nel secondo si hanno moti idrici<br />

connessi alla porosità efficace dei terreni.<br />

A differenza dei sistemi acquiferi di pianura, facilmente individuabili e caratterizzabili<br />

attraverso adeguate indagini, nelle aree collinari e montane, concorrono alla definizione dei<br />

serbatoi idrici una complessità di fattori che, non sempre risultano di agevole definizione;<br />

nella perimetrazione dei bacini di alimentazione e nella definizione dell’idrodinamica delle<br />

acque sotterranee, vanno infatti considerati, assieme alle rocce magazzino, per esempio,<br />

eventuali fenomeni d’infiltrazione in formazioni scarsamente permeabili, attraverso<br />

discontinuità stratigrafiche o tettoniche, o ancora le possibilità di travaso delle masse<br />

d’acqua a livelli inferiori attraverso discordanze strutturali, o anche le difformità spaziali<br />

delle falde detritiche o degli accumuli franosi, tutti fattori che contribuiscono a rendere<br />

sempre incerto e mai completamente verificabile, il limite spaziale dei bacini idrografici.<br />

7<br />

“Le risorse idriche sotterranee dell’appennino Emiliano-Romagnolo. Casi di studio nel bacino montano del fiume<br />

Reno” a cura di Maria Teresa De Nardo (Servizio geologico e sismico della RER), con i contributi di P. Scarpulla<br />

(consulente del Servizio geologico e sismico della RER).<br />

92<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Per pervenire ad una caratterizzazione idrogeologica del territorio in esame, si rendono<br />

pertanto necessarie alcune semplificazioni nella valutazione dei fattori che concorrono alla<br />

definizione dei complessi acquiferi.<br />

6.2.3.2 Permeabilità dei terreni<br />

La formazione di un acquifero presuppone l’esistenza di un contenitore, in questo caso una<br />

roccia permeabile e di una zona di alimentazione attraverso la quale le acque meteoriche<br />

possano pervenire alla zona di accumulo; l’acquifero emerge, dando origine ad una sorgente,<br />

quando a causa della diversa permeabilità, al contatto tra più tipi litologici, si verificano le<br />

condizioni perché dall’accumulo l’acqua in eccesso non trovi altra via di deflusso verso il<br />

basso.<br />

Il primo parametro di conoscenza, nella caratterizzazione di un acquifero, è dunque<br />

rappresentato dalla permeabilità delle formazioni geologiche presenti.<br />

In prima istanza sono quindi stati analizzati gli elaborati già prodotti, con riferimento alle<br />

aree in esame, con particolare riferimento a:<br />

- Carta preliminare della permeabilità relativa al substrato nell’area dell’Appennino<br />

bolognese (prodotta dal Servizio Geologico della R.E.R. - 1997), elaborata nell’ambito del<br />

Rapporto a corredo dello “Schema Direttore Territoriale Metropolitano” di Bologna, che<br />

consiste in una carta di inquadramento generale che classifica le formazioni del<br />

substrato affioranti in base al parametro "permeabilità", stimato qualitativamente ed in<br />

modo relativo (vale a dire la permeabilità di un insieme di unità geologiche rispetto a<br />

quelle adiacenti). La scala 1:100.000 è stata scelta in funzione della necessità di un<br />

inquadramento generale della porzione appenninica, funzionale alla lettura dei<br />

“macrofenomeni”, sui quali procedere a successivi approfondimenti;<br />

- “Carta della Vulnerabilità intrinseca” (tav. B.2.3 degli allegati tematici), redatta per il<br />

“Rapporto sulle condizioni di sostenibilità delle previsioni urbanistiche dell’area vasta<br />

Bolognese”, per la parte riferita alla collina;<br />

- “Vulnerabilità intrinseca delle falde profonde e permeabilità del substrato appenninico”<br />

in scala 1:100.000, tav. B.2.2. allegata al Quadro Conoscitivo del PTCP della Provincia di<br />

Bologna.<br />

Di seguito si riporta un estratto della carta del PTCP, nella quale il grado di permeabilità<br />

del substrato appenninico è stato definito attraverso due classi:<br />

1) litotipi a bassa permeabilità<br />

• depositi non permeabili (NP) : comprende le “unità caotiche” prevalentemente<br />

argillose dell’Appennino bolognese;<br />

• depositi a bassa permeabilità (BP) : comprende le formazioni marnose e marnosoargillose<br />

dove, in un contesto a bassa permeabilità, è prevalente la permeabilità per<br />

fratturazione e subordinata quella per porosità.<br />

2) litotipi ad alta permeabilità: (AP): comprende le formazioni arenacee e arenaceopelitiche,<br />

permeabili prevalentemente per fratturazione, ma anche per porosità. Sono<br />

individuate ulteriori sottoclassi (senza valore gerarchico) che meglio caratterizzano il<br />

fenomeno:<br />

• APp (permeabilità alta, anche per porosità dovuta alla presenza di arenarie e<br />

conglomerati);<br />

• APc (permeabilità alta per carsismo, in cui la fratturazione viene aumentata dal<br />

fenomeno di dissoluzione tipico delle rocce carsiche);<br />

• APs (alta permeabilità per fratturazione, con presenza di numerose locali sorgenti).<br />

93<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Fig. 6.2.3.1 – Estratto tav. B.2.2 - “Vulnerabilità intrinseca delle falde profonde e<br />

permeabilità del substrato appenninico” in scala 1:100.000, Quadro Conoscitivo PTCP Bologna.<br />

All’interno dei territori in esame sono presenti principalmente terreni con grado di<br />

permeabilità alta:<br />

- il comune di Monzuno è caratterizzato da terreni ad alta permeabilità principalmente<br />

per fessurazione, secondariamente per porosità;<br />

- il comune di Loiano è caratterizzato principalmente da terreni ad alta permeabilità per<br />

fessurazione e solamente nella parte settentrionale, da terreni con permeabilità nulla;<br />

- il comune di Pianoro è contraddistinto da terreni con alta permeabilità per porosità, in<br />

tutta la parte centro-meridionale e da terreni non permeabili o a bassa permeabilità<br />

nella parte settentrionale; terreni con permeabilità alta per carsismo sono presenti al<br />

margine settentrionale.<br />

Partendo dalle elaborazioni acquisite si è quindi proceduto ad un affinamento della<br />

cartografia relativa alla permeabilità del territorio, in ragione del grado di dettaglio<br />

richiesto dallo strumento di pianificazione in fase di elaborazione.<br />

La definizione delle diverse permeabilità attribuibili ai terreni presenti sul territorio dei<br />

tre comuni, che ha portato alla redazione della carta della “Permeabilità del substrato e<br />

rocce magazzino” (Tav. QC.6/t5), ha preso spunto dal lavoro proposto da C. Borsari e A.<br />

Colombetti “Le caratteristiche di permeabilità delle formazioni dell’Appennino modenese e<br />

considerazioni su alcuni parametri fisici e chimici delle acque delle sorgenti 8 ”; in tale studio<br />

8 Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi 6: Appendice A – Quaderni di tecniche di protezione ambientale n° 35 –<br />

Pitagora Editrice – A cura di D. Piacentini e A. Zavatti<br />

94<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


ad ogni formazione è stata attribuita una classe di permeabilità in base a criteri litologici,<br />

la permeabilità deriva cioè da una valutazione qualitativa dei dati litologici delle formazioni<br />

della Carta Geologica.<br />

In realtà la definizione del grado di permeabilità dovrebbe far riferimento alla litologia, al<br />

tipo di sorgente (perenne, effimera, temporanea) ed alla portata; considerata tuttavia la<br />

complessità strutturale dell’area e l’indeterminatezza dei pochi dati quantitativi disponibili,<br />

il parametro principale risulta essere quello litologico.<br />

In funzione del tipo di permeabilità si possono quindi distinguere:<br />

• litotipi a permeabilità bassa o nulla:<br />

- terreni non permeabili, che comprendono le “unità caotiche” prevalentemente<br />

argillose dell’Appennino bolognese;<br />

- terreni a bassa permeabilità, che comprendono le formazioni marnose e marnosoargillose<br />

dove, in un contesto a bassa permeabilità, è prevalente la permeabilità per<br />

fratturazione e subordinata quella per porosità.<br />

• litotipi a permeabilità media e alta:<br />

- terreni permeabili per porosità: sostanzialmente si tratta dei depositi superficiali e<br />

di fondovalle, che presentano permeabilità spesso elevata, ma che solo in taluni casi<br />

sono in grado di dare origine ad una emergenza puntiforme;<br />

- terreni permeabili per fessurazione: si tratta di terreni marnoso-pelitici e<br />

arenaceo-marnosi, nei quali la permeabilità è funzione della distribuzione, dimensione,<br />

orientamento e continuità del reticolo di fessure; le sorgenti si collocano, in genere,<br />

al contatto con formazioni a permeabilità più ridotta;<br />

- terreni permeabili per fessurazione e dissoluzione: si tratta di terreni calcareoarenacei<br />

nei quali l’originaria permeabilità per fessurazione si evolve con un<br />

allargamento delle fessure dovuto alla dissoluzione dei minerali carbonatici operata<br />

dalle acque percolanti; in questo caso l’emergenza delle sorgenti avviene in aree di<br />

contatto o lungo le fasce dove si manifestano i fenomeni di dissoluzione;<br />

- terreni permeabili per fessurazione e porosità: si tratta di terreni per lo più<br />

arenacei, caratterizzati da una permeabilità mista per porosità e per fessurazione, il<br />

cui grado di permeabilità varia in funzione della percentuale di litotipi arenacei ed in<br />

particolare al loro grado di cementazione;<br />

- terreni permeabili per carsismo.<br />

Partendo quindi dalla Carta Geologica dell’Appennino Emiliano-Romagnolo a cura del Servizio<br />

Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna, sono state individuate tutte le<br />

litologie presenti sulle aree comunali, attribuendo a ciascuna di esse un grado di<br />

permeabilità tra quelli definiti.<br />

Con riferimento allo studio di Borsari e Colombetti precedentemente citato, anche se con<br />

leggere modifiche dettate dalla diversa localizzazione dello studio e dall’esperienza<br />

maturata nell’affrontare queste tematiche, ed in relazione all’area comunale, sono state<br />

distinte sei classi di permeabilità, raggruppate sinteticamente nella tabella riportata di<br />

seguito:<br />

95<br />

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FORMAZIONI PERMEABILITA’<br />

ANT (Marne di Antognola); AVS (Argille Varicolori della Val Samoggia); AVSac (Argille<br />

Varicolori della Val Samoggia - litofacies argilloso-calcarea); BAI3 (Brecce argillose di<br />

Baiso - membro di Poggio Cavaliera); CEA (Marne di Cella); CTG (Formazione di<br />

Contignaco); FAA (Argille Azzurre); FCO/b/c (Formazione a Colombacci/ litofacies<br />

conglomeratici/ litofacies pelitico-arenacea); LOI1 (Formazione di Loiano - membro di NULLA<br />

Rio Giordano); MMP (Marne di Monte Piano); MVT (Brecce argillose della Val Tiepido-<br />

Canossa); MVTb (Brecce argillose della Val Tiepido-Canossa - litofacies argillosocalcarea);<br />

SCB (Arenarie di Scabiazza); TER (Formazione del Termina); TERp<br />

(Formazione del Termina - litofacies pelitica)<br />

CIG (Formazione di Cigarello); FCOa (Formazione a Colombacci - litofacies arenacea );<br />

FPGa (Formazione di Poggio - litofacies arenacea); RAN4 (Formazione di Ranzano -<br />

MOLTO BASSA<br />

membro di Albergana); RUM2 (Formazione di Monterumici - membro di Cà di Mazza);<br />

TERap (Formazione del Termina - litofacies arenaceo-pelitica)<br />

MOHb (Formazione di Monghidoro - litofacies pelitico-arenacea); SAG1 (Formazione di<br />

Savigno - membro di Villa)<br />

ANT4 (Marne di Antognola - membro di Anconella); CIG5 (Formazione di Cigarello -<br />

membro di Monterenzio); CIGa (Formazione di Cigarello - litofacies arenacea); FAAa<br />

(Argille Azzurre - litofacies arenacea); LOI2a (Formazione di Loiano - membro di<br />

Monzuno - litofacies arenaceo-conglomeratica); RUM1 (Formazione di Monterumici -<br />

membro di Scascoli); MOH (Formazione di Monghidoro ); MOHa (Formazione di<br />

Monghidoro - litofacies arenacea); MOV (Formazione di Monte Venere)<br />

ADO1 (Formazione di Monte Adone - Membro di Monte Mario); ADO2 (Formazione di<br />

Monte Adone - membro delle Ganzole); ADO2ap (Formazione di Monte Adone - membro<br />

delle Ganzole -litofacies arenaceo); GES ( Formazione Gessoso Solfifera); GES1<br />

(Formazione Gessoso Solfifera - membro di Monte La Pieve); LOI (Formazione di Loiano);<br />

LOI2 (Formazione di Loiano - membro di Monzuno); PAT (Formazione di Pantano); PAT2<br />

(Formazione di Pantano - membro di Montecuccolo); PAT3 (Formazione di Pantano -<br />

membro di Calvenzano);<br />

a6 (Detrito di falda); AES7 (Subsintema di Villa Verucchio); AES7b (Unità di Vignola);<br />

AES8 (Subsintema di Ravenna); AES8a (Unità di Modena); b1 (Deposito alluvionale in<br />

evoluzione); b1a (Deposito alluvionale in evoluzione); i1 (Conoide torrentizia in<br />

evoluzione); i2 (Conoide torrentizia inattiva);<br />

96<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC<br />

BASSA<br />

MEDIA<br />

ALTA<br />

ELEVATA<br />

• Permeabilità Nulla: comprende tutte le formazioni costituite da litologie<br />

esclusivamente argillose (Argille Varicolori, Argille Azzurre), argilloso marnose<br />

(Formazione di Loiano – Argille di Rio Giordano), pelitico arenacee (Arenarie di<br />

Scabiazza), da alternanze di argille e marne (Marne di Monte Piano, Marne di Cella,<br />

Formazione del Termina) o da brecce a prevalente matrice argillosa (Brecce Argillose<br />

di Baiso, Brecce Argillose della Val Tiepido, Brecce Argillose della Val Tiepido-<br />

Canossa), aventi grado di permeabilità nulla, non essendovi livelli permeabili continui;<br />

• Permeabilità Molto Bassa: sono raggruppate, in questa classe, litologie costituite da<br />

alternanze di argille e strati arenacei o sabbiosi sottili (Formazione di Monterumici –<br />

Membro di Cà Mazza, Formazione a Colombacci), marne argilloso-siltose e siltososabbiose<br />

(Formazione del Termina e Formazione di Cigarello) argilliti siltose<br />

(Formazione di Poggio), torbiditi pelitico-arenacee (Formazione di ranzano – Membro di<br />

Albergana);<br />

• Permeabilità Bassa: rientrano in questa classe i litotipi caratterizzati da alternanze<br />

pelitico-arenacee della Formazione di Monghidoro (MOHb - litofacies peliticoarenacea)<br />

e arenaceo-pelitiche della Formazione di Savigno (Membro di Villa);<br />

• Permeabilità Media: hanno permeabilità media i terreni arenacei (Formazione di<br />

Loiano), nei quali la permeabilità è essenzialmente legata alla rete di fratture<br />

(arenarie), i conglomerati arenaci della Formazione di Monterumici (Membro di<br />

Scascoli); ma anche le torbiditi arenaceo-pelitiche (Marne di Antognola – membro di<br />

Anconella, Formazione di Monghidoro, Formazione di Cigarello) ed arenaceo-marnose<br />

della Formazione di Montevenere; in questa si può sviluppare una permeabilità sia


orizzontale che verticale, per le discontinuità che si formano nelle fasce più<br />

fratturate;<br />

Fig. 6.2.3.2 - Permeabilità dei terreni su base semplificata<br />

• Permeabilità Alta: è stata attribuita permeabilità alta alla Formazione di Monte Adone,<br />

costituita in prevalenza da arenarie, alla Formazione di Pantano, costituita<br />

97<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


•<br />

prevalentemente da areniti, alla Formazione di Loiano, costituita da arenarie arcosiche<br />

e alla Formazione Gessoso-Solfifera, tutti contraddistinti da una significativa rete di<br />

fratture e da fenomeni di dissoluzione consistenti;<br />

Permeabilità Elevata: a questa classe appartengono i depositi sciolti grossolani, quali<br />

detriti di falda, depositi alluvionali in evoluzione e terrazzati, depositi di conoide<br />

torrentizia inattiva o in evoluzione oltre ai depositi sciolti, generalmente grossolani<br />

nelle zone intravallive, appartenenti al Subsintema di Villa Verrucchio e di Ravenna;<br />

(non sono stati considerati depositi di versante, di frana o altri depositi che avessero<br />

dimensioni poco significative).<br />

Come si può osservare<br />

CLASSI DI PERMEABILITA'<br />

dall’elaborato di Fig.<br />

6.2.3.2, i territori dei<br />

60<br />

tre comuni sono<br />

50<br />

N contraddistinti da un<br />

40<br />

MB grado di permeabilità<br />

30<br />

B<br />

M<br />

generalmente medio e<br />

alto; in particolare,<br />

20<br />

A come riportato nella<br />

10<br />

E<br />

tabella seguente, le<br />

0<br />

classi maggiormente<br />

LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

rappresentate sono la<br />

Media (Loiano 44.0% e<br />

Monzuno 50.16%) e<br />

Alta (Loiano 30.6%, Pianoro 49.81% e Monzuno 33.12%); a Pianoro è inoltre significativa<br />

anche la presenza di terreni, da un lato con permeabilità Nulla (32.03%), dall’altro con<br />

grado di permeabilità Elevato (11.36%).<br />

PERMEABILITÁ LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

NULLA 12.74% 32.03% 8.56%<br />

MOLTO BASSA 4.10% 3.62% 2.18%<br />

BASSA 6.14% 0.12% 0.0%<br />

MEDIA 44.0% 3.06% 50.16%<br />

ALTA 30.60% 49.81% 33.12%<br />

ELEVATA 2.42% 11.36% 5.98%<br />

6.2.3.3 Le sorgenti<br />

Si ha una sorgente tutte le volte che la superficie topografica interseca un terreno saturo<br />

di acqua, ovvero una falda freatica, determinando pertanto un’emergenza naturale di acqua<br />

sotterranea.<br />

La zona studiata presenta in generale un discreto numero di sorgenti, la maggior parte<br />

compresa nel territorio comunale di Monzuno, a cui seguono, per numero di sorgenti, i<br />

territori di Pianoro e Loiano.<br />

Il territorio, per le sue caratteristiche intrinseche geologiche ed idrogeologiche, si<br />

caratterizza per la presenza di un numero molto elevato di emergenze; alcune di tali<br />

emergenze vengono captate ad uso idropotabile da acquedotti pubblici, mentre le sorgenti<br />

minori sono captate per alimentare fontane.<br />

Nell’ambito del presente studio, è stato fatto un censimento delle sorgenti presenti sui tre<br />

territori comunali, con particolare riguardo per quelle captate ad uso idropotabile, per le<br />

98<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


fontane e per eventuali emergenze, attualmente dimesse, ma in passato utilizzate da<br />

consorzi privati o da nuclei abitati, per le quali si potrebbe eventualmente prospettare un<br />

recupero.<br />

Da tale censimento restano escluse tutte quelle scaturigeni minori, aventi un interesse<br />

meramente locale, che per posizione, caratteristiche quantitative o d’uso, rientrano in uno<br />

studio più di tipo storico, che esula dalle finalità del presente lavoro.<br />

La corretta ubicazione delle sorgenti presenti nel territorio in studio è stata ottenuta<br />

attraverso l’analisi incrociata e la sovrapposizione di censimenti effettuati in passato, per<br />

diversi scopi ed a diversa scala, cui è seguito un rilievo diretto sul terreno.<br />

Si ricorda al riguardo che è in corso la seconda fase del censimento delle sorgenti captate<br />

nell’Appennino emiliano-romagnolo; è stata creata una banca dati delle sorgenti nella quale<br />

sono progressivamente organizzati i dati raccolti (principalmente presso i Servizi Tecnici di<br />

Bacino e dai Piani Territoriali di Coordinamento delle Province). Il censimento che<br />

permetterà di localizzare le sorgenti e di determinare le caratteristiche fisico-chimiche<br />

dell’acqua costituisce uno strumento indispensabile per la pianificazione territoriale e per<br />

la gestione sostenibile delle risorse naturali.<br />

Con riferimento agli studi esistenti sono stati esaminati:<br />

∗ Tavola II PTCP della Provincia di Bologna denominata “Tutela Idrografica” nella quale<br />

sono riportate le sorgenti;<br />

∗ Censimento nodi/sorgenti della rete acquedottistici fornito da ATO5 per i Comuni di<br />

Pianoro, Loiano e Monzuno, nella quale sono riportate le sorgenti utilizzate per<br />

approvvigionamento idrico ad uso civile captate da acquedotti pubblici.<br />

∗ Pubblicazione “…..Sorella Acqua…..la fonte ed il ricordo” (1998) a cura dell’Assessorato<br />

all’ambiente della Provincia di Bologna.<br />

Le ubicazioni delle sorgenti cartografate nei diversi studi, sono state quindi sovrapposte e<br />

raggruppate in un’unica carta, utilizzata come base per il rilevamento diretto in campagna.<br />

Il rilevamento ha consentito di definire con sufficiente precisione la corretta ubicazione<br />

delle sorgenti cartografate, verificandone lo stato e l’accessibilità, mentre per quanto<br />

riguarda la gestione sono state distinte solo le captazioni gestite da Hera di cui all’elenco<br />

fornito da ATO5.<br />

Sono state censite un totale di 56 sorgenti, che risultano così suddivise:<br />

- 13 sorgenti in Comune di Pianoro<br />

- 11 sorgenti in Comune di Loiano<br />

- 32 sorgenti in Comune di Monzuno<br />

Per ciascuna sorgente è stata compilata un’apposita scheda informativa; l’ubicazione delle<br />

sorgenti è riportata nella Carta della “Idrografia e Risorse Idropotabili” (QC.6/t4), nella<br />

quale le stesse sono state differenziate in base all’uso ed allo stato (Idropotabile<br />

Acquedotto, Fontana, Fontana con opera muraria, esaurita) e, per le sorgenti ad uso<br />

idropotabile, si sono distinte quelle in uso o dismesse.<br />

Sono inoltre state riportate alcune sorgenti recepite da archivio ATO che non si è riusciti<br />

ad individuare nel censimento effettuato.<br />

Nella tabella seguente si riporta sinteticamente l’elenco completo delle sorgenti<br />

cartografate, suddivise per Comune, con relativo ente gestore (quando conosciuto), stato<br />

ed uso.<br />

99<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


COMUNE DI LOIANO<br />

Codice Sorg. Nome Ente Gestore Stato Uso<br />

34/1 Pianazzuoli In Uso Fontana<br />

34/2 Zena 2 In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

34/3 Cantinello In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

34/4 Della Valle Di Scascoli In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

34/5 Della Bonifica Renana In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

34/6 Loc. Roncastaldo In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

34/7 Loc. Pezzo Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

34/8 Rio Mantovano Ato -- Non Captata<br />

34/9 Rio Bruscolio Molinetti Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

34/10 Rio Bruscolio Molinetti Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

34/11 Rio Sponga Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

COMUNE DI PIANORO<br />

Codice Sorg. Nome Ente Gestore Stato Uso<br />

47/1 Loc. Castello Di Zena 1 Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

47/2 Loc. Castello Di Zena 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

47/4<br />

Loc. Querceto Di<br />

Gorgognano<br />

Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

47/5 Podere "La Fontana" In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

47/10 Podere Sgalara In Uso Non Captata<br />

47/11 Ca' Di Casola In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

47/15 Destra <strong>Savena</strong> In Uso Fontana<br />

47/19 La Pace Della Baruffa In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

47/39 Zena 1 In Uso Fontana<br />

47/40 Via Del Sasso In Uso Fontana<br />

47/42 Loc. Bottega In Uso Fontana<br />

47/43 Loc. Ca' Fontana In Uso Fontana<br />

47/44 Loc. Livergnano In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

COMUNE DI MONZUNO<br />

Codice Sorg. Nome Ente Gestore Stato Uso<br />

44/1 Teresa In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

44/2 Fontana Del Mulo In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

44/3 Proprieta' Musolesi In Uso Fontana<br />

44/4 Valle In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

44/5 Loc. Nasce' In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

44/6 Tre Laghi In Uso Fontana<br />

44/7 Prov. Val Di Sambro In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

44/8 Loc. Stazione Monzuno In Uso Fontana<br />

44/9 Loc. Rioveggio In Uso Fontana<br />

44/10 Loc. Ca' Di Davino 1 In Uso Fontana<br />

44/11 Loc. Ca' Di Davino 2 In Uso Fontana<br />

44/12 Loc. Ca' Di Davino 3 In Uso Fontana<br />

100<br />

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44/13 Loc. Belpoggio Di Sopra In Uso Fontana<br />

44/14 Loc. Molino Dei Bigoni In Uso Fontana<br />

44/15 Loc. Lodole In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

44/16 Loc. Rio Madre In Uso Fontana Con Opera Muraria<br />

44/17 Loc. Trasasso In Uso Fontana<br />

44/18 Colombacci Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/19 Loc. Favale Ato Esaurita Fontana Con Opera Muraria<br />

44/20 Loc. Favale 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/21 Loc. Porziola Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/22<br />

Strada Le Croci - Rio<br />

Lagari<br />

Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/23 Trappola Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/24 Loc. Trappola 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/25 Sorgente Montevenere Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/26 Loc. Serbio Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/27 Loc. Abetina Ato -- Acquedotto Pubblico<br />

44/28 Campagne Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/29 Rio Campostrino -- Non Captata<br />

44/30 Loc. Trappola 3 Ato -- Non Captata<br />

44/31 Loc. Campagne 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

44/33 Loc. Campagne 3 Ato In Uso Acquedotto Pubblico<br />

Le monografie relative ad ogni singola sorgente sono state raccolte in un catalogo (Allegato<br />

QC.6/A3 - Schede Sorgenti) nel quale sono riportati tutti i dati disponibili raccolti per ogni<br />

scaturigine; ogni scheda è anche consultabile su supporto informatico, consultando la<br />

cartografia di riferimento.<br />

L’assegnazione di un numero identificativo a ciascuna sorgente è stata eseguita utilizzando<br />

il criterio usato nella pubblicazione “Sorella Acqua”, continuando la numerazione già<br />

esistente, nella quale sono riportati 2 numeri, il primo identificativo della sorgente ed il<br />

secondo del territorio comunale.<br />

Nella compilazione delle schede sono state utilizzate, quando presenti, i dati e le<br />

fotografie riportati nella pubblicazione “Sorella Acqua”.<br />

In ogni scheda viene riportato (quando conosciuto):<br />

• Denominazione sorgente (assegnata in base ai dati bibliografici, o laddove assenti, in<br />

base al toponimo più prossimo);<br />

• Uso della captazione (definita con il supporto di ATO);<br />

• Ente gestore;<br />

• Ubicazione della sorgente (Provincia, Comune e Località);<br />

• Cartografia di riferimento, coordinate e quota della captazione ed estratto della<br />

cartografia con ubicazione di dettaglio in scala 1:5000;<br />

• Permeabilità dei suoli (con riferimento all’elaborato QC.6/t5 Carta della “Permeabilità<br />

del substrato” );<br />

• Bacino idrografico;<br />

• Documentazione fotografica.<br />

Il censimento con verifica di campagna delle sorgenti ha permesso di riscontrare numerose<br />

incongruenze tra stato reale rilevato ed archivio di quelle captate per alimentare<br />

acquedotti pubblici messo a disposizione da ATO5.<br />

101<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


In alcuni casi era sbagliata l’ubicazione, in altri non era più utilizzata la sorgente, in altri<br />

non si è fisicamente trovata l’opera di presa.<br />

Tali rilievi ed osservazioni sono state trasmesse ad ATO5 che, in collaborazione con l’ente<br />

gestore (Hera), procederà ad una ulteriore verifica e, se del caso, ad adeguare i propri<br />

archivi.<br />

6.2.3.4 Aree di possibile alimentazione e aree di ricarica (rocce magazzino)<br />

Aree di ricarica (rocce magazzino)<br />

Per quanto riguarda le “aree di ricarica” come definite dal PTA della R.E.R., la loro<br />

perimetrazione spetterebbe al PTCP, in base a studi idrogeologici, idrochimica e idrologici,<br />

prendendo come riferimento iniziale i perimetri delle rocce magazzino di prima<br />

approssimazione riportate nel PTA medesimo.<br />

In mancanza di tale definizione, a tutt’oggi ancora in fase di approfondimento da parte<br />

della Provincia di Bologna, nel presente studio si è comunque tentata una individuazione di<br />

tali aree, la cui perimetrazione si è ritenuta importante per la definizione di areali ricchi di<br />

potenzialità, ma anche a maggior vulnerabilità, presenti sui territori dei tre comuni e per i<br />

quali abbia senso formulare politiche di tutela.<br />

La definizione delle aree di ricarica, che come definite dal PTA costituiscono la versione<br />

dettagliata delle “rocce magazzino” di prima approssimazione, ottenute per confronto tra<br />

la distribuzione delle sorgenti appositamente censite e la geologia, ha preso a riferimento<br />

lo studio effettuato dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della R.E.R. relativo alle<br />

“Risorse idriche sotterranee dell’Appennino Emiliano-Romagnolo: casi di studio nel bacino<br />

montano del Fiume Reno”, nel quale si è giunti alla definizione delle rocce magazzino per<br />

l’area appenninica in esame.<br />

In particolare si è fatto riferimento alla carta dei “Tipi geologici” ed alla sua relativa<br />

legenda, che è stata adattata alle realtà comunali d’interesse; nelle aree in esame sono<br />

stati individuati i seguenti tipi litologici, che potenzialmente possono definire rocce<br />

magazzino:<br />

TIPI GEOLOGICI UNITA’ GEOLOGICHE<br />

Terrazzi alluvionali connessi all’alveo Depositi alluvionali; Conoidi torrentizia in<br />

Terrazzi alluvionali non connessi all’alveo<br />

evoluzione<br />

Depositi alluvionali; Conoidi torrentizia inattiva<br />

Coperture detritiche grossolane<br />

Alternanze arenarie/peliti tettonizzate Flysch liguri<br />

Areniti prevalenti Sucessione Epiligure – Formazione di Pantano<br />

Arenarie massive, alternanze arenarie/peliti Successione Epiligure – Formazione di Loiano;<br />

Formazione di Antognola – membro delle<br />

Marne di Anconella<br />

Alternanze areniti/peliti Formazione marnoso-arenacea<br />

Areniti prevalenti, subordinati conglomerati Unità grossolane del “Pliocene Intrappeninico”<br />

Gessi Formazione gessoso-solfifera<br />

Le unità geologiche individuate rappresentano, per l’area in studio, i complessi idrogeologici<br />

maggiormente permeabili, sede delle risorse idriche sotterranee da cui principalmente<br />

dipende l’approvigionamento locale; dal confronto con la distribuzione delle sorgenti censite<br />

102<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


si è quindi giunti alla perimetrazione delle “aree di ricarica” riportate nella figura seguente<br />

(Fig. 6.2.3.3).<br />

Fig. 6.2.3.3 - Aree di ricarica (rocce magazzino)<br />

Aree di possibile alimentazione<br />

L’individuazione delle sorgenti, il loro censimento e la loro ubicazione, comporta come passo<br />

successivo, quello della delimitazione delle zone sulle quali si ritiene necessario porre<br />

103<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


vincoli e limitazioni all’utilizzo del territorio, perché in stretta connessione con la<br />

scaturigene.<br />

L’individuazione delle aree di possibile alimentazione ha preso avvio dalla conoscenza delle<br />

aree di riserva – rocce magazzino, focalizzando l’attenzione sulle sole scaturigeni captate.<br />

In assenza di precise e soddisfacenti indicazioni legislative inerenti l’analisi del problema<br />

della protezione delle sorgenti, in passato, si è fatto genericamente riferimento alla<br />

presenza di formazioni permeabili (in quanto acquifere) e su queste si ponevano limitazioni<br />

che interessavano aree anche molto vaste. L’applicazione di questo concetto è certamente<br />

cautelativa ai fini della protezione della risorsa, poiché si comprendono sicuramente le aree<br />

di alimentazione delle sorgenti che si trovano all’interno della formazione stessa; allo<br />

stesso tempo però si includono anche aree prive di risorse idriche sotterranee o aree<br />

evidentemente non connesse all’alimentazione della sorgente per motivi morfologici,<br />

topografici e altimetrici.<br />

Risulta evidente come l’applicazione di un criterio discriminante di questo tipo porti<br />

all’applicazione di vincoli su aree di notevoli estensioni, comportando un impatto, nella<br />

gestione del territorio, difficilmente sostenibile.<br />

Il D.Lgs 152/06 ribadisce il concetto delle aree di salvaguardia per la captazione di acqua<br />

destinata al consumo umano già definite dalla legislazione precedente, suddivise in zone di<br />

tutela assoluta, zona di rispetto, zona di protezione; si rimanda al successivo Cap. 6.3 per la<br />

definizione più circostanziata delle diverse zone.<br />

Lo stesso D.Lgs 152/06 demanda alle regioni la definizione di un regolamento per il<br />

superamento del criterio geometrico nella definizione delle aree di salvaguardia, attraverso<br />

l'adozione di metodi scientifici maggiormente rispondenti alla realtà, ovvero alle condizioni<br />

geologiche, idrogeologiche ed idrodinamiche degli acquiferi alimentanti le sorgenti.<br />

La Regione Emilia Romagna, pur avendo adottato il Piano di Tutela delle Acque, non ha<br />

ancora emanato tale direttiva e pertanto, ad oggi, nella definizione delle aree di<br />

salvaguardia vale ancora il criterio geometrico.<br />

La necessità tuttavia di disporre, nell’ambito della redazione del presente Piano, di una<br />

cartografia che individui le aree di protezione, allo scopo di procedere alle prime azioni di<br />

salvaguardia, ha portato ad adottare una metodologia già applicata in altri studi sulle<br />

sorgenti appenniniche 9 , che consente di ottenere una prima delimitazione dell’area di<br />

alimentazione delle sorgenti.<br />

Tale metodologia permette d’individuare un’area, definita area di “possibile alimentazione”<br />

della sorgente, utilizzando un criterio altimetrico/morfologico; si tratta di un metodo<br />

grafico da applicare su carta topografica attraverso il quale, data l’ubicazione di una o più<br />

sorgenti, con l’appropriata osservazione dell’altimetria e morfologia, si perviene alla<br />

delimitazione di un’area che è stata definita di possibile alimentazione rispetto alle<br />

sorgenti considerate.<br />

Si utilizza la locuzione “possibile alimentazione” poiché le aree perimetrate, per la loro<br />

posizione altimetrica e per le caratteristiche morfologiche, sono quelle che possono<br />

contribuire all’alimentazione delle sorgenti considerate; l’eventuale errore è sempre a<br />

favore della sicurezza e quindi della tutela del territorio, nel senso che possono venire<br />

incluse all’interno della zona di possibile alimentazione, aree che non hanno invece alcun<br />

contributo. In tal modo però le aree escluse possono venire liberate da vincoli, mentre per<br />

quelle comprese si potrà, con l’acquisizione di nuove conoscenze, procedere ad un’eventuale<br />

revisione e perfezionamento.<br />

9<br />

Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi 6: Appendice A – Quaderni di tecniche di protezione ambientale n° 35 –<br />

Pitagora Editrice – A cura di D. Piacentini e A. Zavatti<br />

104<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Il metodo morfologico/altimetrico è, come detto, un metodo grafico, che prende in<br />

considerazione innanzitutto l’altimetria; la posizione di una sorgente indica, infatti,<br />

l’esistenza di una struttura che provoca il trabocco di una falda sotterranea.<br />

Una prima ovvia considerazione, porta quindi a cercare la zona di alimentazione alle quote<br />

superiori rispetto alla scaturigine, escludendo le aree poste a quote inferiori; in questo<br />

modo si vanno a comprendere, naturalmente, anche gli eventuali contributi di infiltrazione<br />

per assetto strati/fratture, ecc. provenienti dai versanti adiacenti o retrostanti la<br />

sorgente, escludendo invece aree poste a quote inferiori che non danno sicuramente alcun<br />

apporto idrico alla sorgente.<br />

Altro elemento da considerare è quello relativo alla posizione delle emergenze in rapporto<br />

alla morfologia ed idrografia dei versanti; in genere all’interno di una stessa struttura<br />

morfologica (dorsali e valli), le sorgenti fuoriescono pressoché alla stessa quota e quindi le<br />

variazioni di quota si osservano al variare della struttura morfologica.<br />

Considerato, quindi, che la permeabilità non elevata di queste formazioni, non comporta,<br />

normalmente, trasferimenti a grandi distanze, l’estensione laterale dell’area di<br />

alimentazione può essere fatta delimitando la struttura morfologica sulla quale si trova la<br />

sorgente, adottando l’idrografia superficiale come elemento fisico di delimitazione.<br />

Questa scelta deriva da un preciso motivo idrogeologico in quanto, scorrendo nella valle tra<br />

due dorsali, il corso d’acqua può costituire una linea di drenaggio, impedendo l’alimentazione<br />

laterale, oppure può essere alimentante e in quel caso può rappresentare l’effettivo limite<br />

laterale della zona di alimentazione.<br />

Questa procedura, in un’area di montagna come la presente, semplifica una situazione<br />

geologico-strutturale molto complessa, con acquiferi che alimentano le sorgenti<br />

differenziati ed esclude l’applicazione di metodologie incerte e lunghe.<br />

Si tratta di una metodologia di facile applicazione, che conduce ad un risultato sicuramente<br />

preliminare, consentendo tuttavia, da un lato, di porre l’attenzione sulle aree<br />

potenzialmente sensibili, svincolando, dall’altro, quelle parti non connesse con<br />

l’alimentazione delle sorgenti; l’applicazione di tale metodologia garantisce infatti che le<br />

aree di ricarica siano comprese all’interno delle aree di possibile alimentazione.<br />

Nell’ambito del presente studio, per ogni sorgente è stata individuata l’area di possibile<br />

alimentazione; la perimetrazione è riportata nella carta della “Idrografia e Risorse<br />

Idropotabili” (QC.6/t4), nella carta delle “Permeabilità del substrato e rocce magazzino”<br />

(QC.6/t5) e nella carta della “Vulnerabilità Naturale degli Acquiferi” (QC.6/t6).<br />

Accanto alle sorgenti ad uso idropotabile, sono state considerate anche sorgenti utilizzate<br />

per altri scopi, per ognuna delle quali è stata individuata l’area di possibile alimentazione;<br />

spesso tali sorgenti appartengono alla medesima struttura morfologica di sorgenti<br />

idropotabili e comunque spesso succede che più sorgenti facciano riferimento al medesimo<br />

complesso che funge da “serbatoio”.<br />

6.2.3.5 Vulnerabilità delle acque sotterranee<br />

Per vulnerabilità degli acquiferi all'inquinamento si deve intendere (da Civita, 1987) la<br />

suscettività specifica dei sistemi acquiferi, nelle loro diverse parti componenti e nelle loro<br />

diverse situazioni geometriche e idrodinamiche, a ricevere e diffondere, anche mitigandone<br />

gli effetti, un inquinante fluido o idroveicolato, tale da produrre impatto sulla qualità<br />

dell'acqua sotterranea nello spazio e nel tempo.<br />

La conoscenza del grado di vulnerabilità del territorio ci fornisce utili indicazioni per<br />

stabilire il "grado di saturazione" di un determinato ambito territoriale, consentendo di<br />

elaborare importanti strategie d’uso del suolo e di programmazione territoriale, al fine di<br />

105<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


poter valutare, per un determinato territorio, la sua idoneità o meno ad accogliere nuovi<br />

insediamenti e/o nuove attività antropiche.<br />

La vulnerabilità intrinseca degli acquiferi dipende da un insieme di fattori naturali, tra i<br />

quali sono prevalenti la struttura del sistema idrogeologico, la natura dei suoli di copertura,<br />

i processi di ricarica, il tempo di transito dell'acqua attraverso lo strato insaturo, la<br />

dinamica del deflusso sotterraneo, i processi di attenuazione dell'impatto inquinante, la<br />

concentrazione iniziale e residua di un inquinante, ecc.<br />

Considerate le finalità del presente Piano, le caratteristiche idrogeologiche ed<br />

idrodinamiche dei territori dei tre comuni e considerato che non esistono, ad oggi, linee<br />

guida di riferimento applicabili all’ambito territoriale in esame, nella definizione del grado<br />

di vulnerabilità degli acquiferi sotterranei, sono stati adottati e condivisi i criteri proposti<br />

da Civita (1991) nella “Legenda unificata per le carte della vulnerabilità all’inquinamento dei<br />

corpi idrici sotterranei”.<br />

Tale legenda era stata predisposta in fase di progetto in modo da non fissare delle linee<br />

metodologiche troppo rigide nella valutazione della vulnerabilità intrinseca, ma comunque<br />

tali da permettere la produzione di elaborati confrontabili tra loro; si è quindi pensato<br />

fosse legittimo adattare tali criteri alla situazione litologica ed idrogeologica locale.<br />

I fattori preponderanti nella valutazione del grado di vulnerabilità erano quindi costituiti<br />

da:<br />

- idro-litologia: (tipo e grado di permeabilità verticale e orizzontale) che determina la<br />

velocità di percolazione dell’inquinante e l’azione di attenuazione dei diversi terreni;<br />

- tipo e spessore della copertura a bassa permeabilità, che costituisce un elemento di<br />

protezione dell’acquifero soggiacente;<br />

- soggiacenza della superficie piezometrica media dell’acquifero (spessore della zona<br />

insatura);<br />

- posizione della superficie piezometrica, (indisturbata o depressa da eventuali<br />

captazioni);<br />

È intuitivo come fattori quali la soggiacenza della falda piezometrica e la sua posizione<br />

siano difficilmente deducibili negli acquiferi montani, se non a costo di complicate<br />

misurazioni e comunque non disponibili attualmente.<br />

I due fattori che concorrono alla definizione del grado di vulnerabilità sono quindi il "tipo e<br />

grado di permeabilità" e "l’azione di mitigazione dei suoli"; a questi è stato affiancato un<br />

terzo elemento costituito dall’acclività della superficie topografica 10 .<br />

Per quanto riguarda la permeabilità dei terreni, sono state prese in considerazione le<br />

diverse classi di permeabilità, definite nella Carta della “Permeabilità del substrato e rocce<br />

magazzino” (QC.6/t5), ovvero<br />

• permeabilità nulla:<br />

• permeabilità molto bassa<br />

• permeabilità bassa:<br />

• permeabilità media:<br />

• permeabilità alta:<br />

• permeabilità elevata:<br />

Ad ogni classe di permeabilità del terreno è stato attribuito un punteggio crescente in<br />

funzione del grado di permeabilità.<br />

La capacità di attenuazione di eventuali inquinanti da parte dei suoli tiene conto<br />

dell'effetto filtrante e depurativo esercitato dalla copertura; la diversa tessitura e natura<br />

10<br />

Da Metodo SINTACS – in “Le Carte della Vulnerabilità all’inquinamento – Teoria e Pratica” – Studi sulla<br />

vulnerabilità degli acquiferi - a cura di M. Civita (Pitagora Editrice Bologna)<br />

106<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


del suolo può infatti condizionare la velocità d'infiltrazione e contribuire ad abbattere<br />

fisicamente la concentrazione di un eventuale inquinante, la sua composizione mineralogica,<br />

favorisce e provoca l'abbattimento dell'inquinante mediante molteplici interazioni chimicofisiche.<br />

Per la determinazione della pedologia delle aree d'interesse, l'unico documento<br />

disponibile è risultato la Carta dei Suoli della Regione Emilia Romagna, con le limitazioni<br />

conseguenti alla mancanza di dettaglio che la scala di rilevamento e restituzione di tale<br />

cartografia impone.<br />

Sulla base delle caratteristiche riconosciute per i differenti suoli presenti nella zona<br />

d'indagine, sono state individuate 5 classi a differente capacità di attenuazione (Molto<br />

Bassa, Bassa, Media, Medio-Alta e Alta); la ripartizione delle classi ha fatto riferimento<br />

alle tabelle di conversione definite nel metodo SINTACS.<br />

SUOLO CAPACITÁ DI ATTENUAZIONE<br />

Sabbioso-franco MOLTO BASSA<br />

Franco sabbioso; Franco sabbioso-limoso BASSA<br />

Franco; Franco limoso; Franco limoso-argilloso MEDIA<br />

Franco argilloso MEDIO-ALTA<br />

Argilloso-limoso ALTA<br />

Ad ogni classe è stato attribuito un punteggio inversamente proporzionale alla definizione<br />

della vulnerabilità (la classe di suoli con capacità di attenuazione bassa definirà alti valori<br />

di vulnerabilità e così via).<br />

107<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Fig. 6.2.3.4 – Capacità di attenuazione dei suoli su base semplificata<br />

Il fattore acclività della superficie topografica è un parametro introdotto per attribuire,<br />

nella determinazione del grado vulnerabilità, un differente valore al fattore “ristagno”, che<br />

vede quindi aree maggiormente vulnerabili laddove il ristagno e quindi il trasferimento in<br />

profondità di un eventuale inquinante sversato, sono maggiormente favorite da superfici<br />

topografiche a minor acclività. Sono state definite tre classi di acclività:<br />

108<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


1) acclività compresa tra 0° e 20°<br />

2) acclività compresa tra 20° e 40°<br />

3) acclività compresa tra 40° e 90°<br />

Fig. 6.2.3.5 – Clivometria su base semplificata<br />

109<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Con riferimento ai territori dei tre comuni il parametro acclività ha assunto la seguente<br />

distribuzione:<br />

ACCLIVITÁ LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

0°-20° 70.45% 65.98% 63.68%<br />

20°-40° 27.00% 30.13% 32.57%<br />

40°-90° 2.55% 3.89% 3.75%<br />

Circa il 66% dell’intera superficie dei tre comuni ricade in classe a bassa acclività.<br />

I tre parametri permeabilità dei terreni, capacità di attenuazione dei suoli, acclività della<br />

superficie topografica, sono stati quindi pesati e dal loro incrocio combinato sono state<br />

individuate 5 classi di vulnerabilità, che hanno permesso la costruzione della Carta della<br />

“Vulnerabilità naturale degli acquiferi” (QC.6/t6).<br />

110<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Fig. 6.2.3.6 - Vulnerabilità naturale degli acquiferi su base semplificata<br />

Con riferimento alla Fig. 6.2.3.6, sui territori dei tre comuni sono state individuate 5 classi<br />

di vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi sotterranei:<br />

111<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Molto bassa: occupa circa il 15.7% dell’intera superficie territoriale in esame, con punta<br />

massima a Pianoro, dove occupa circa il 31% dell’intero territorio comunale; valori inferiori<br />

al 10% si hanno invece negli altri<br />

VULNERABILITA'<br />

due comuni;<br />

Bassa: ricopre solamente il 5.5%<br />

dell’intero territorio dei tre comuni,<br />

7% 16%<br />

MB<br />

con valori massimi a Loiano (circa<br />

8%);<br />

6% B Media: assieme alla classe di<br />

MB vulnerabilità alta è quella<br />

39%<br />

A maggiormente rappresentata sui<br />

32%<br />

E<br />

territori, interessandone circa il<br />

32%; la distribuzione risulta<br />

tuttavia altamente disomogenea,<br />

con valori massimi a Loiano e<br />

Monzuno (rispettivamente 45% e<br />

47% della superficie comunale) e valori minimi a Pianoro, dove solo il 4% del territorio<br />

comunale rientra in questa classe;<br />

Alta: è la classe maggiormente rappresentata sui territori in esame, di cui occupa quasi il<br />

40%, con valori minimi del 30% a Loiano e massimi del 56% a Pianoro;<br />

Elevata: questa classe interessa circa il 7% dei territori dei tre comuni.<br />

VULNERABILITÁ LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

MOLTO BASSA 9.20% 30.56% 7.41%<br />

BASSA 7.91% 5.19% 3.34%<br />

MEDIA 45.52% 4.08% 47.4%<br />

ALTA 29.63% 55.90% 32.08%<br />

ELEVATA 7.74% 4.27% 9.77%<br />

Dall’osservazione di tale cartografia emerge, come elemento significativo, il fatto che la<br />

quasi totalità delle aree antropizzate ricadono in zone contraddistinte da vulnerabilità alta<br />

quando non elevata; sarà quindi necessario individuare, per tali zone, interventi di tutela,<br />

volti alla conservazione della risorsa sotterranea.<br />

6.2.3.6 Elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee<br />

La conoscenza del grado di vulnerabilità di un determinato territorio, fornisce utili<br />

indicazioni per la comprensione degli episodi d’inquinamento e consente di elaborare<br />

strategie di uso dei suoli, nonché di programmazione delle attività antropiche, tese ad<br />

eliminare il rischio di inquinamento degli acquiferi.<br />

Si definisce rischio d’inquinamento di un corpo idrico la sua potenzialità a ricevere un<br />

determinato inquinante, per una porzione definita di territorio, in funzione delle attività<br />

antropiche (centri di pericolo) presenti. Tale potenzialità dipende dal tipo di attività (cioè<br />

dal tipo di sostanze utilizzate), dalle sue dimensioni, dal numero di attività presenti nella<br />

porzione definita di territorio e dalla sua vulnerabilità intrinseca.<br />

Nell’ambito del presente studio, con il termine fonti di inquinamento o centri di pericolo si<br />

è voluto intendere qualsiasi attività, insediamento o manufatto in grado di costituire<br />

direttamente o indirettamente, fattore certo o potenziale di degrado della qualità delle<br />

acque superficiali e sotterranee.<br />

112<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Il PTA definisce un “elenco 11 dei centri di pericolo e delle attività che possono incidere<br />

sulla qualità della risorsa idrica” rispetto al quale la Provincia è tenuta ad effettuare il<br />

censimento dei cosiddetti “centri di pericolo” e disporre per gli stessi le misure di messa in<br />

sicurezza o di riduzione del rischio.<br />

Nell’ambito del presente studio, in mancanza di indicazioni provenienti dal Piano Provinciale,<br />

si è comunque proceduto, all’individuazione di tutti gli elementi di potenziale inquinamento,<br />

ovvero centri di pericolo, presenti sui territori dei tre comuni; il censimento risultata<br />

comunque conforme alle indicazioni riportate nell’allegato suddetto.<br />

Sulla base dello spazio occupato, le fonti di inquinamento possono essere distinte in fonti<br />

puntuali e non puntuali o diffuse, oltre che relative ad aree urbane o extraurbane.<br />

Nella Tav. QC.6/t7 “Elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee”, sono<br />

state rappresentate tutte le fonti censite ritenute potenzialmente inquinanti per le acque<br />

sotterranee e superficiali.<br />

In particolare sono stati presi in considerazione i seguenti elementi:<br />

In aree<br />

urbane<br />

In aree<br />

extraurbane<br />

Fonti puntuali Fonti diffuse<br />

• Depuratori (u)<br />

• Fosse IMHOFF (u)<br />

• Insediamenti produttivi con scarico in<br />

acque superficiali (n)<br />

• Insediamenti produttivi a rischio<br />

d’inquinamento (b, j, q)<br />

• Ospedali e case di cura (i)<br />

• Distributori di carburante (v)<br />

• Cimiteri (e)<br />

• Pozzi per acqua (g)<br />

• Allevamenti zootecnici (i)<br />

• Attività estrattiva (f)<br />

• Pozzi per acqua (g)<br />

• Cimiteri (e)<br />

• Distributori di carburante (v)<br />

• Dorsali principali collettori fognari (u)<br />

• Viabilità (x)<br />

• Aree autorizzate allo spandimento dei<br />

liquami zootecnici (p)<br />

• Viabilità (x)<br />

N.B. La lettera riportata tra parentesi a fianco di ogni fonte inquinante è riferita alla categoria nella quale<br />

l’elemento ricade nell’”Elenco dei centri di pericolo e delle attività che possono incidere sulla qualità della risorsa<br />

idrica” – Allegato 1 cap.7 delle NTA del PTA.<br />

11<br />

Allegato 1 Cap.7 delle NTA del Piano Tutela Acque della Regione Emilia Romagna<br />

113<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Fig. 6.2.3.7 – Carta degli elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee su base<br />

semplificata<br />

Allevamenti zootecnici<br />

I dati relativi agli allevamenti zootecnici sono ancora in fase di reperimento.<br />

114<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Spandimenti<br />

I dati relativi alle aree autorizzate allo spandimento di liquami sono stati forniti dalla<br />

Provincia di Bologna (autorizzazioni allo spandimento).<br />

Le maggiori problematiche ambientali riferibili alla pratica agronomica dello spandimento<br />

dei liquami zootecnici sono riconducibili alla protezione delle acque sia sotterranee<br />

(percolazione), che superficiali (ruscellamento), nonché alla dispersione in atmosfera di<br />

sostanze odorigene (volatilizzazione ammoniacale).<br />

Nella cartografia sono riportate tutte le aree autorizzate allo spandimento di liquami, che<br />

occupano circa 786 ha di terreno, pari a circa il 12 % della superficie dei tre comuni.<br />

In particolare le aree idonee allo spandimento sono così ripartite:<br />

Aree autorizzate<br />

allo spandimento<br />

(mq)<br />

LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

4.174.664 2.579.994 1.108.280<br />

% 7,97 2,41 1,70<br />

La percentuale indicata (%) è riferita al singola superficie comunale.<br />

Rete fognaria<br />

La rete fognaria è il complesso di canalizzazioni sotterranee atte a raccogliere ed<br />

allontanare le acque reflue derivanti dagli insediamenti urbani e produttivi. Il sistema è<br />

strutturato in modo da collettare le acque reflue ad un sistema di trattamento finale o ad<br />

uno scarico. Se il collettore non è perfettamente impermeabile, o subisce nel tempo un<br />

deterioramento, può causare perdite di reflui nel livello insaturo del suolo o essere<br />

interessato da infiltrazioni di acque nelle fogne, con conseguente sovraccarico del sistema.<br />

I dati relativi alla rete fognaria ed agli scarichi di acque nere e di acque bianche, sono stati<br />

forniti da ATO5 e Provincia di Bologna.<br />

Complessivamente, si osserva che, sul territorio sono presenti circa 150 Km lineari di rete<br />

fognaria, che vi sono 123 scarichi e sono inoltre presenti 15 depuratori comunali.<br />

LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

Scarichi 32 41 50<br />

Depuratori 5 8 2<br />

Insediamenti<br />

2 3 7<br />

produttivi con<br />

scarico in acque sup.<br />

Sul territorio in esame sono inoltre presenti 12 insediamenti produttivi autorizzati, con<br />

scarico in acque superficiali.<br />

Cimiteri<br />

I cimiteri possono costituire potenziali fonti di inquinamento delle acque sotterranee. Il<br />

percolato proveniente dalla zone di inumazione può interferire con le zone di<br />

approvvigionamento idrico, in modo particolare nel caso di vecchi cimiteri o quando le<br />

strutture cimiteriali sono disposte in modo non adeguato rispetto alle captazioni<br />

acquedottistiche.<br />

Sui territori dei tre comuni vi sono 25 cimiteri e precisamente:<br />

LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

Cimiteri 7 8 8<br />

115<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Attività estrattiva<br />

L’attività estrattiva può alterare le condizioni di flusso idrogeologico e comportare<br />

fenomeni d’inquinamento delle acque, sia sotterranee che superficiali. Le acque di<br />

ruscellamento superficiali che hanno dilavato suoli agricoli possono agevolmente infiltrarsi<br />

nelle aree di cava e da qui, se le litologie lo consentono, raggiungere i livelli acquiferi<br />

sottostanti.<br />

Sui territori dei tre comuni sono attualmente presenti 6 cave attive, di cui due con impianti<br />

di trattamento; sono inoltre presenti due impianti di trattamento, uno a Monzuno ed uno a<br />

Pianoro.<br />

La superficie complessiva interessata da attività estrattiva è di 293.144 m 2 , in territorio<br />

comunale di Loiano, 305.349 m 2 in territorio di Pianoro e 270.164 m 2 in territorio comunale<br />

di Monzuno.<br />

Loiano Monzuno Pianoro<br />

Cave 2 1 1<br />

Cave ed impianti 1 1 -<br />

Impianti - 1 2<br />

Viabilità<br />

La rete delle infrastrutture per il traffico costituisce una potenziale sorgente di pericolo<br />

in quanto dà luogo ad una ricaduta laterale degli agenti inquinanti, con possibile infiltrazione<br />

dalla superficie topografica. Il grado di pericolosità è variabile in relazione al grado di<br />

protezione naturale delle strade ed all’intensità del traffico.<br />

I dati relativi alla rete viaria sono stati acquisiti dalla Tavola delle 3 del PTCP della<br />

Provincia di Bologna “Assetto evolutivo degli insediamenti delle reti ambientali e delle reti<br />

per la mobilità”; nella cartografia è stata riportata la viabilità principale, che si estende<br />

per un totale di circa 38,8 km lineari di ferrovia e circa 366 km lineari di viabilità<br />

autostradale, statale e provinciale, risultando ripartita nel seguente modo:<br />

LOIANO PIANORO MONZUNO<br />

Ferrovie (Km) 7,58 27,24 3,96<br />

Autostrade (km) 18,5<br />

Strade Statali e 35,65 182 130<br />

Provinciali (Km)<br />

Pozzi per acqua<br />

I pozzi per la captazione di acque sotterranee possono rappresentare fonti puntuali di<br />

potenziale inquinamento delle acque sotterrane. Questa eventualità può verificarsi ad<br />

esempio quando la testata del pozzo non è sigillata favorendo l’infiltrazione di inquinanti<br />

dalla superficie topografica o ancora quando livelli acquiferi con differenti caratteristiche<br />

qualitative vengono messi in comunicazione dalla presenza di più livelli filtranti non<br />

adeguatamente sigillati. Sul territorio è presente un campo pozzi in comune di Monzuno<br />

(località Rioveggio)<br />

Attività produttive<br />

Le attività produttive, in ragione della tipologia di lavorazione eseguita, possono costituire<br />

un potenziale pericolo per l’inquinamento di acque sotterranee e superficiali, sia<br />

direttamente, per quanto riguarda le attività che scaricano in acque pubbliche, sia in modo<br />

secondario, in funzione delle tecniche di lavorazione, delle tipologie di impianti e<br />

soprattutto del grado di manutenzione e del rispetto delle norme comportamentali di<br />

sicurezza adottate. I dati relativi alle attività produttive non sono pervenuti.<br />

116<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


6.2.4 LIMITI E CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO<br />

- Acque superficiali<br />

La distinzione dei corsi d’acqua è stata fatta avendo a riferimento il PTCP della Provincia di<br />

Bologna, che già individua corsi d’acqua da assoggettare a regime di tutela, per i quali<br />

valgono le limitazioni imposte dallo strumento sovraordinato.<br />

In generale, nell’ambito del PSC, si rimarca la necessità di tutelare, salvaguardare,<br />

valorizzare tutta la rete idrografica, assegnando ai diversi corsi d’acqua importanze<br />

relative e definito un sistema di tutele ecologico-paesaggistiche compatibile con le<br />

necessità idrauliche, da cui fare discendere limiti relativi alle trasformazioni degli stessi.<br />

Un elemento suscettibile di particolare attenzione è inoltre costituito dalle aree contigue<br />

ai corsi d’acqua principali, che si potrebbero definire pertinenze fluviali, da sottoporre a<br />

regime di tutela e per la loro valenza morfologica, paesaggistica e naturalistica, ma anche<br />

in taluni casi per la loro fragilità ambientale, legata a fenomeni di esondabilità; tali fasce<br />

sono presenti in maniera cospicua lungo il corso dei torrenti <strong>Savena</strong> e Zena e, in misura<br />

minore, del Setta e del Sambro.<br />

- Sistema fognario<br />

Dalle analisi svolte riguardo il carico idraulico gravante sui bacini si evidenzia nel complesso<br />

una situazione critica che potrebbe indurre addirittura ad uno scarico delle aree<br />

attualmente servite dalla rete fognaria o ad un potenziamento della stessa.<br />

Questa situazione costituisce un limite dal punto di vista idraulico alle trasformazioni;<br />

limite che, per sua natura, comunque, non preclude completamente le esigenze di<br />

trasformazione ma, si limita a condizionarle in assenza di interventi di riequilibrio.<br />

Ciò significa, in altri termini, che, rispetto alla situazione idraulica, la risposta alle esigenze<br />

di trasformazione urbana è positiva a condizione che si pongano in essere interventi di<br />

adeguamento fognario rispetto sostanzialmente allo smaltimento delle acque bianche.<br />

Nel caso si intendano prevedere nuove aree di espansione urbana, queste non dovranno<br />

assolutamente gravare sulle reti già a servizio degli attuali bacini, salvo a ben limitati casi<br />

precedentemente evidenziati.<br />

Come precedentemente accennato, dall’analisi svolta le condizioni più favorevoli alla<br />

realizzazione di nuovi insediamenti si presentano a Pianoro Capoluogo nelle estremità nord e<br />

sud del centro abitato, nella frazione Livergnano di Pianoro e nelle frazioni Barbarolo di<br />

Loiano (parte Ovest) e Guarda di Loiano.<br />

In definitiva si può affermare che allo stato di fatto, sulla rete fognaria esistente o<br />

naturale a supporto delle aree urbanizzate, sia consigliabile non incrementare il grado di<br />

impermeabilizzazione.<br />

Tutte le analisi e verifiche svolte si riferiscono a tempi di ritorno decennali (quando nella<br />

moderna pratica della progettazione idraulica urbana ormai si tende ad assumere tempi di<br />

ritorno almeno ventennali), è evidente che per eventi con probabilità di ritorno più elevate<br />

(ovvero più intensi) la capacità di smaltimento della rete si riduce producendo rischi<br />

proporzionalmente più elevati.<br />

E’ per questo motivo che nel caso dei comuni di Loiano, Pianoro e Monzuno, pur in presenza<br />

di collettori officiosi al servizio di bacini urbani, si ritiene di non procedere con incrementi<br />

del carico idraulico allo stato di fatto.<br />

Nei bacini in crisi si suggeriscono interventi di riequilibrio idraulico con sezioni di<br />

adeguamento soprattutto per quanto concerne i collettori terminali, in alternativa si<br />

propongono diversioni di bacino con recapito direttamente al reticolo idrografico<br />

superficiale.<br />

117<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Un ulteriore possibilità, in assenza di valide soluzioni strutturali, è la realizzazione di<br />

bacini di laminazione a supporto delle reti urbane da posizionarsi subito a monte<br />

dell’agglomerato.<br />

In sostanza comunque, come mostrato più sopra, i bacini, presi singolarmente, hanno una<br />

loro officiosità mentre, la somma dei singoli contributi nella parte terminale risulta spesso<br />

eccedente la capacità di smaltimento delle sezioni di chiusura.<br />

Risulta dunque necessaria una azione di riadeguamento strutturale parziale delle reti<br />

fognarie esistenti.<br />

In particolare la previsione di nuove urbanizzazioni in aree che allo stato attuale risultano<br />

permeabili, dovrà essere preceduta da accurate valutazioni sul carico idraulico che<br />

necessariamente si ripercuote sui bacini posti a valle delle nuove impermeabilizzazioni; nello<br />

specifico dovrà essere valutata la reale capacità del reticolo esistente di ricevere ulteriori<br />

apporti idrici, stabilendo altresì il possibile incremento del coefficiente udometrico in<br />

modo tale da non determinare situazioni di crisi con possibili fenomenologie di esondazione<br />

localizzata sul piano stradale.<br />

Come anticipato precedentemente, in alternativa al risezionamento degli spechi delle<br />

sezioni poste a valle dei nuovi interventi, potrà essere valutata la costruzione sistematica<br />

di bacini di stoccaggio e laminazione delle portate prodotte dalle nuove superfici in via di<br />

impermeabilizzazione, in modo tale da lasciare invariato l’attuale apporto idrico secondo il<br />

principio dell’invarianza idraulica.<br />

- Acque sotterranee<br />

La risorsa idrica sotterranea costituisce per i territori dei tre comuni un bene di assoluta<br />

rilevanza, rappresentando la fonte principale di approvvigionamento idrico locale; la tutela e<br />

salvaguardia della risorsa sotterranea risultano quindi, necessariamente, elementi guida<br />

nella pianificazione territoriale, dai quali non potrà prescindere.<br />

Verranno quindi definiti livelli di tutela e salvaguardia della risorsa idrica sotterranea via<br />

via più stringenti procedendo dalle aree di ricarica, alle aree di alimentazione delle<br />

sorgenti, alle aree a maggiore vulnerabilità delle sorgenti captate per usi idropotabili.<br />

Queste ultime e la risorsa idrica da loro derivata, sono ovviamente quelle sulle quali verrà<br />

posta maggiore attenzione nella valutazione delle trasformazioni territoriali ammissibili,<br />

con particolare riguardo alle aree di loro pertinenza (aree di alimentazione, aree<br />

maggiormente vulnerabili, aree di rispetto). La trasposizione cartografica di questa<br />

valutazione potrà però essere eseguita solamente a censimento definito delle sorgenti<br />

acquedottistiche, che, come detto, è in corso di rivisitazione da parte di ATO5 ed Hera.<br />

Nelle more di una corretto e definitivo censimento e localizzazione delle sorgenti<br />

acquedottistiche, le zone di tutela assoluta e le zone di rispetto, in mancanza della<br />

specifica Direttiva regionale (come specificato all’art. 42 delle NTA del PTA) che dovrebbe<br />

dettare i criteri per la delimitazione spaziale di tali zone, per le sorgenti ad uso<br />

acquedottistico si è applicato il criterio geometrico che prevede un raggio di 10 m per le<br />

zone di tutela assoluta e di 200 m per le zone di rispetto (D.Lgs 152/2006).<br />

Si tratta di un criterio che presenta chiaramente dei limiti, andando a porre delle tutele<br />

anche in aree a valle della captazione, che non possono contribuire, per questioni<br />

altimetriche, all’alimentazione della sorgente.<br />

Sebbene l’uso non acquedottistico non ne imporrebbe la salvaguardia e la protezione, si è<br />

scelto, nell’ambito del QC di individuare anche le sorgenti che alimentano fontane,<br />

soprattutto per la valenza storica legata alla tradizione popolare, che spesso assumono, ma<br />

anche per l’utilizzo, di pubblico interesse, che spesso ne viene fatto. Per tali sorgenti,<br />

constato l’evidente limite dell’applicazione del criterio geometrico, per la delimitazione<br />

delle zone di rispetto si è scelto di proporre un metodo ibrido che fa sì riferimento all’area<br />

118<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


dei 200 m, ma applicata alle sole aree che potenzialmente possono contribuire<br />

all’alimentazione.<br />

Le limitazioni all’uso e/o trasformazione delle porzioni di territorio comprese all’interno<br />

delle aree di possibile alimentazione delle sorgenti, verranno ulteriormente dettagliate in<br />

ragione del grado di vulnerabilità riconosciuto per le singole aree omogenee.<br />

In particolare, con riferimento alla vulnerabilità del territorio, laddove ad un grado di<br />

vulnerabilità medio, alto o elevato si associa la presenza consistente di attività antropiche<br />

potenzialmente a rischio, si ritiene indispensabile sia valutata, con la massima attenzione, la<br />

possibilità d’insediamento di nuove attività produttive, che possano comportare ulteriore<br />

rischio di compromissione per gli acquiferi sotterranei, intendendo in tal senso sia attività<br />

industriali che attività agronomiche, al fine di verificarne la compatibilità.<br />

Con riferimento alle attività agronomiche si segnala, come problematico, il fatto che vi<br />

siano terreni su cui sono autorizzati spandimenti agronomici compresi all’interno delle aree<br />

di alimentazione delle sorgenti acquedottistiche.<br />

Si ritiene comunque necessario prevedere eventuali misure di prevenzione dei rischi e<br />

mitigazione degli impatti, al fine di non aggravare ulteriormente una situazione a<br />

vulnerabilità già potenzialmente elevata.<br />

Si valuta quindi necessario che nelle aree contraddistinte da valori di vulnerabilità maggiori<br />

(elevato) sia impedito l’insediamento di nuove attività produttive o allevamenti intensivi ad<br />

alto rischio d'inquinamento degli acquiferi sotterranei, sia incentivata la ricollocazione di<br />

quelle attività già presenti - che definiscono un rischio potenzialmente elevato – siano<br />

rivisti e contenuti i programmati piani di spandimento agronomico.<br />

119<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


6.3 SUOLO – SOTTOSUOLO – ACQUE: VINCOLI E TUTELE AMBIENTALI<br />

ESISTENTI<br />

Nel presente capitolo sono stati analizzati i vincoli di natura ambientale, derivanti da Piani<br />

di tutela sovraordinati e/o da disposizioni di legge; tali vincoli sono stati restituiti<br />

cartograficamente, quando possibile, nella Tav. QC.6/T1 “Suolo – Sottosuolo – Acque:<br />

Vincoli e tutele ambientali esistenti”. Il presente capitolo vuole quindi essere un<br />

raccoglitore sintetico e quanto più possibilmente aggiornato, dei vincoli di natura<br />

ambientale che regolano lo sviluppo e le trasformazione del territorio, da cui nessun<br />

strumento di pianificazione comunale può prescindere.<br />

VINCOLI LEGISLATIVI<br />

Il R.D. 11 DICEMBRE 1933 N° 1775 – “APPROVAZIONE DEL TESTO UNICO DELLE<br />

DISPOSIZIONI DI LEGGE SULLE ACQUE E SUGLI IMPIANTI ELETTRICI”.<br />

Stabilisce che sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se<br />

artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, sia che vengano<br />

considerate isolatamente per la loro portata o per l’ampiezza del rispettivo bacino<br />

imbrifero, sia che vengano valutate in relazione al sistema idrografico al quale<br />

appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse. Le<br />

acque pubbliche sono iscritte, distintamente per province, in appositi elenchi.<br />

LEGGE 431/85 – “TUTELA DELLE ZONE DI PARTICOLARE INTERESSE AMBIENTALE”.<br />

All’art. 1 stabilisce che “Sono sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29<br />

giugno 1939, n. 1497: ……. Omissis …… c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli<br />

elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici,<br />

approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli<br />

argini per una fascia di 150 metri ciascuna; …. Omissis”<br />

D.LGS 22 GENNAIO 2004 N° 42 art. 142 comma 1 lettera c – “CODICE DEI BENI<br />

CULTURALI E DEL PAESAGGIO AI SENSI DELL’ART. 10 DELLA L. 06/07/02 N. 137”.<br />

L’art. 142 “Aree tutelate per legge” al comma 1, lettera c, stabilisce che fino<br />

all’approvazione del piano paesistico ai sensi dell’art. 156 del decreto medesimo, sono<br />

comunque sottoposti alle disposizioni di cui all’art. 142, in ragione del loro interesse<br />

paesaggistico, “i fiumi, torrenti e corsi d’acqua previsti dal testo unico delle disposizioni di<br />

legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11/12/33 n. 1775 e le relative<br />

sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 m ciascuna.<br />

Al comma 3 stabilisce inoltre che la disposizione di tutela definita dal comma 1 non si<br />

applica ai beni individuati alla lettera c, che in tutto o in parte siano ritenuti irrilevanti ai<br />

fini paesaggistici e pertanto inclusi in apposito elenco redatto e reso pubblico dalla Regione<br />

competente.<br />

Il Ministero, con provvedimento adottato con le procedure previste dall'articolo 141, può<br />

tuttavia confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni.<br />

Nella tav. QC.6/T1 “Suolo – Sottosuolo – Acque: Vincoli e Tutele Esistenti”, sono state<br />

contrassegnate le acque pubbliche presenti sui territori dei tr comuni e la relativa fascia di<br />

rispetto, pari a 150 m per sponda; rientrano negli elenchi di acque pubbliche i seguenti<br />

corsi d’acqua:<br />

120<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


DENOMINAZIONE COMUNI TOCCATI O<br />

ATTRAVERSATI<br />

NOTE<br />

1° Elenco approvato con decreto Luogotenenziale del 29/09/1918<br />

Torrente <strong>Idice</strong> Pianoro<br />

Torrente Zena Pianoro, Loiano<br />

Rio di Zena Loiano Rio Zena + Rio Bandite<br />

Rio dei Cani Pianoro, Loiano Rio dei Cani + Rio dei Sodi<br />

Rio Canvinzano detto Zena Pianoro Rio Laurinzano<br />

Torrente <strong>Savena</strong> Pianoro, Loiano, Monzuno<br />

Torrente Bruscoli Lognola Loiano<br />

Rio Favale Pianoro<br />

Rio Furiane o Istrione Pianoro Strione<br />

Rio Ganzola Pianoro<br />

Torrente Setta Monzuno<br />

Rio Bacchio Monzuno<br />

Fosso Bigoni Monzuno Rio Cozzo<br />

Torrente Sambro Monzuno<br />

Fosso della Valle Monzuno Rio Marganzano + Rio delle<br />

Buche<br />

Rio del Molinello Monzuno Rio Orsaroli o Rio Elle<br />

2° Elenco suppletivo approvato con Decreto Ministeriale del 29/09/1992<br />

Rio Acquafredda Pianoro<br />

Rio Bologna Monzuno Rio Blogna<br />

Rio Campanile Pianoro Rio di Gorgognano<br />

Rio Cà di Berti Monzuno<br />

Rio Calvane Pianoro<br />

Rio Baruffa Pianoro Rio Querciabuica + Rio<br />

Baruffa<br />

Rio Maore Monzuno<br />

tab. 6.3.1 – Acque pubbliche di cui all’art. 146 comma C del D.Lgs 490/99 - Elenco<br />

delle acque pubbliche del T.U. 11/12/33 n. 1775<br />

Fermo restando le disposizioni definite dal R.D. 523, il D.Lgs 152/06, all’art. 115 stabilisce<br />

inoltre che “al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea<br />

nella fascia immediatamente adiacente ai corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi<br />

sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione<br />

della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell’alveo, … omissis …. le<br />

regioni sono tenute a disciplinare gli interventi di trasformazione e gestione del suolo e del<br />

soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda dei fiumi, laghi, stagni e<br />

lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d’acqua che non sia imposta da ragioni di<br />

tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento rifiuti”.<br />

<br />

Il D.Lgs n.152 del 03/03/06 “NORME IN MATERIA AMBIENTALE” e s.m.i., entrato in<br />

vigore dal 29 aprile 2006, ha abrogato di fatto la precedente normativa settoriale in<br />

materia di difesa del suolo, di acque, aria e rifiuti; nello specifico, per quanto attiene alla<br />

tutela della risorsa idrica, il D.Lgs 152/06 abroga i pilastri normativi che negli ultimi 15<br />

121<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


anni avevano dettato le norme sulla tutela delle acque ed in particolare, tra gli altri, la L.<br />

183/89, la L. 34/96 ed il D.Lgs 152/99 e s.m.i.<br />

Il decreto legislativo suddetto dedica la parte III alle “Norme in materia di difesa del<br />

suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione<br />

delle risorse idriche”; per quanto riguarda le competenze, all’art. 62 comma 1, viene<br />

stabilito che “i comuni, ……. omissis ……. e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con<br />

sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia<br />

di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa<br />

tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali”.<br />

Al fine di perseguire la tutela delle acque dall’inquinamento la parte terza del Decreto<br />

individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli<br />

obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da<br />

garantirsi su tutto il territorio nazionale.<br />

L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di<br />

mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e<br />

vegetali ampie e ben diversificate; l'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua<br />

lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita<br />

dei pesci e dei molluschi.<br />

In attuazione della parte terza del suddetto decreto, viene demandato alle regioni il<br />

compito di redigere specifici Piani di Tutela contenenti le misure atte a conseguire entro il<br />

22/12/2015 i seguenti obiettivi di qualità:<br />

a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei<br />

l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono";<br />

b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito<br />

nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;<br />

c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui<br />

all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla<br />

parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla<br />

normativa previgente.<br />

Al Capo II (Titolo II) il decreto tratta delle “Acque a specifica destinazione” ed in<br />

particolare vengono definite le categorie di appartenenza delle “Acque dolci superficiali<br />

destinate alla produzione di acqua potabile” (art. 80) e viene demandato alle regioni il<br />

compito di designare le acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere<br />

idonee alla vita dei pesci (art. 82).<br />

Al Capo I (Titolo III) il decreto legislativo tratta la “Tutela dei corpi idrici e disciplina<br />

degli scarichi” ed in particolare viene definita, tra le altre cose, la disciplina relativa alle<br />

“aree richiedenti specifiche misure di prevenzione all'inquinamento e di risanamento”; l’art.<br />

92 disciplina, in particolare, le “zone vulnerabili da nitrati di origine agricola”, demandando<br />

alle regioni il compito di aggiornare l’elenco approvato in prima attuazione, che per la<br />

Regione Emilia Romagna comprende quelle già individuate con la deliberazione del C.R. 11<br />

febbraio 1997, n. 570.<br />

All’art. 94 (ex- art. 21 D.Lgs 152/99 e s.m.i.) viene invece definita la “Disciplina delle aree<br />

di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano”; alle<br />

Regioni viene demandato il compito di individuare “le aree di salvaguardia, distinte in zone<br />

di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di<br />

ricarica, le zone di protezione” (comma 1).<br />

Il comma 3 stabilisce che la Zona di tutela assoluta è costituita dall’area immediatamente<br />

circostante le captazioni o derivazioni e deve avere, nel caso di acque sotterranee e, dove<br />

possibile anche per le acque superficiali, un’estensione di almeno 10 m di raggio dal punto di<br />

captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente ad opere di<br />

captazione o presa e ad infrastrutture di servizio;<br />

122<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Il comma 4 definisce la Zona di rispetto che è costituita dalla porzione di territorio<br />

circostante la zona di tutela assoluta, da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da<br />

tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere<br />

suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata in relazione alla tipologia<br />

dell’opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della<br />

risorsa; nella zona di rispetto sono vietati l’insediamento di centri di pericolo e lo<br />

svolgimento di attività a rischio, in particolare:<br />

- dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;<br />

- accumulo di concimi chimici, fertilizzanti, pesticidi;<br />

- spandimento di concimi chimici, fertilizzati e pesticidi, salvo che l’impiego di tali<br />

sostanze sia effettuato sulla base di uno specifico piano di utilizzazione;<br />

- dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade;<br />

- aree cimiteriali;<br />

- apertura di cave che possano essere in connessione con la falda;<br />

- apertura di pozzi se non quelli che estraggono acque destinate al consumo umano;<br />

- gestione di rifiuti;<br />

- stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;<br />

- centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;<br />

- pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 Kg per ha di azoto negli effluenti.<br />

Per le attività e insediamenti preesistenti, ove possibile e ad eccezione delle aree<br />

cimiteriali, sono adottate misure per il loro allontanamento ed in ogni caso per la loro messa<br />

in sicurezza.<br />

Le regioni devono inoltre provvedere a disciplinare gli interventi di edilizia residenziale e<br />

relative opere di urbanizzazione, la realizzazione di fognature, di opere infrastrutturali, le<br />

pratiche agronomiche.<br />

In assenza dell’individuazione da parte delle Regioni della zona di rispetto, la medesima ha<br />

un’estensione di 200 m di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.<br />

Al fine di perseguire la protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora<br />

utilizzate per consumo umano, le regioni devono anche provvedere ad individuare e<br />

disciplinare, all’interno delle aree di protezione, le aree di ricarica della falda, le<br />

emergenze naturali ed artificiali della falda, le zone di riserva.<br />

Al Capo III (Titolo III) viene infine definita la “Tutela qualitativa della risorsa - Disciplina<br />

degli scarichi”, con i “criteri generali della disciplina degli scarichi” (art. 101), e le<br />

indicazioni normative relative agli scarichi sul suolo (art. 103), agli scarichi nel sottosuolo e<br />

nelle acque sotterranee (art. 104), agli scarichi in acque superficiali (art. 105), agli scarichi<br />

in reti fognarie (art. 107), agli scarichi di sostanze pericolose (art. 108).<br />

Al Titolo IV vengono definiti gli “Strumenti di tutela “ed in particolare, con l’art. 121 viene<br />

demandato alle regioni il compito di dotarsi di specifico Piano di tutela delle acque, quale<br />

specifico piano di settore, che deve contenere, oltre agli interventi volti a garantire il<br />

raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità, le misure necessarie alla tutela<br />

qualitativa e quantitativa del sistema idrico.<br />

Al Capo II (Titolo IV) vengono definiti i criteri generali dell’autorizzazione agli scarichi<br />

(art. 124), mentre al Capo III (Titolo IV) viene stabilita la disciplina per il “Controllo degli<br />

scarichi”.<br />

Con riferimento ai “Distretti idrografici”(art. 64), i territori dei tre comuni rientrano nel<br />

“Distretto idrografico dell’Appennino Settentrionale – bacino idrografico del Reno, già<br />

bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989”.<br />

<br />

123<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


SISMICITA’<br />

Sotto il profilo normativo, con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3274 del 20<br />

marzo 2003, "Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del<br />

territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica" e successive<br />

ordinanze n. 3379 del 5 novembre 2004 e n. 3431 del 3 maggio 2005 di integrazione e<br />

modificazione, volte anche a consentire i necessari approfondimenti della materia, di<br />

notevole complessità tecnico-scientifica, è stata adottata la nuova classificazione sismica<br />

nazionale con allegate, “Norme tecniche per il progetto, la valutazione e l’adeguamento<br />

sismico degli edifici” e “Norme tecniche per il progetto sismico dei ponti”.<br />

Con D.M. del 14 settembre 2005, pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 159 alla<br />

Gazzetta Ufficiale n. 222 del 23 settembre 2005, sono state approvate le “Norme<br />

tecniche per le costruzioni”, in vigore, su tutto il territorio nazionale, dal 23 ottobre 2005,<br />

con un periodo transitorio di 18 mesi.<br />

La Giunta della Regione Emilia Romagna, con PROGR. N. 1677/2005 del 24 ottobre 2005 ha<br />

fornito “Prime indicazioni applicative in merito al D.M. 14 09.2005 …. omissis ……” con cui<br />

viene definita l’operatività a decorrere dal 23 ottobre 2005 delle “Norme tecniche per le<br />

costruzioni”, la cessazione dalla stessa data della fase transitoria di applicazione dell’OPCM<br />

n. 3274/2003 e s.m.i. e l’avvio di un periodo transitorio di 18 mesi, nel quale è ammessa in<br />

alternativa, l’applicazione della normativa precedente sulla medesima materia di cui alla<br />

legge 5 novembre 1971 n. 1086 e legge 2 febbraio 1974 n. 64 e relative norme tecniche di<br />

attuazione.<br />

Con il medesimo atto viene anche stabilito che, a decorrere dal 23 ottobre 2005, al fine di<br />

avviare la fase sperimentale di applicazione della normativa tecnica di cui al punto 1, trova<br />

attuazione la classificazione sismica dei Comuni della regione, stabilita dall’Allegato 1,<br />

punto 3 dell’Ordinanza n. 3274/2003, in via di prima applicazione e comunque fino alla<br />

deliberazione regionale di individuazione delle zone sismiche .<br />

L’operatività della classificazione sismica di tutto il territorio regionale, sia pure in via di<br />

prima applicazione, comporta significativi effetti per quanto riguarda i contenuti e le<br />

modalità di approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, in<br />

merito al compito di concorrere alla prevenzione del rischio sismico, sulla base delle analisi<br />

di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione.<br />

La Regione Emilia Romagna è in fase di approvazione di un atto d’indirizzo e coordinamento<br />

tecnico che fornisce i criteri per la valutazione della risposta sismica locale e di<br />

microzonazione sismica del territorio che dovranno essere osservati nella pianificazione<br />

territoriale ed urbanistica.<br />

Le Norme Tecniche per le costruzioni stabiliscono che il progettista ha il compito di<br />

definire l’azione sismica sulle costruzioni, generata dal moto non uniforme del terreno di<br />

sedime per effetto della propagazione delle onde sismiche. Il moto sismico eccita la<br />

struttura provocando la risposta dinamica, che va verificata e controllata negli aspetti di<br />

sicurezza e prestazioni attese.<br />

L’azione può essere descritta mediante accelerogrammi o mediante spettri di risposta.<br />

Vengono inoltre definiti due diversi stati limite di verifica: lo stato limite ultimo e lo stato<br />

limite di danno.<br />

Sotto l’effetto dell’azione sismica allo stato limite ultimo, le strutture degli edifici, pur<br />

subendo danni di rilevante entità negli elementi strutturali, devono mantenere una residua<br />

resistenza nei confronti delle azioni orizzontali e dei carichi verticali.<br />

Sotto l’effetto dell’azione sismica allo stato limite di danno, le costruzioni nel loro<br />

complesso, includendo gli elementi strutturali e quelli non strutturali, ivi comprese le<br />

apparecchiature rilevanti alla funzione dell’edificio, non devono subire danni ed interruzioni<br />

124<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


d’uso in conseguenza di eventi sismici che abbiano una probabilità di occorrenza maggiore<br />

dell’azione sismica allo stato ultimo e quindi una significativa probabilità di verificarsi più<br />

volte nel corso della durata utile dell’opera.<br />

Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, deve essere valutata l’influenza<br />

delle condizioni litologiche e morfologiche locali sulle caratteristiche del moto del suolo in<br />

superficie, mediante studi specifici di risposta sismica locale; in mancanza di tali studi si<br />

può utilizzare la classificazione dei terreni fornita dalla normativa.<br />

La classificazione può essere basata sulla stima dei valori della velocità media delle onde<br />

sismiche di taglio VS ovvero sul numero medio di colpi NSPT ottenuti in una prova<br />

penetrometrica dinamica ovvero sulla coesione non drenata media Cu.<br />

La normativa definisce inoltre una suddivisione del territorio nazionale in zone sismiche, a<br />

ciascuna delle quali è assegnato un intervallo di valori dell’accelerazione di picco orizzontale<br />

del suolo (ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni; in particolare, per la<br />

determinazione delle azioni sismiche, risulta assegnato un valore (ag / g), di ancoraggio<br />

dello spettro di risposta elastico, diverso per ogni zona sismica.<br />

I valori di ag, espressi come frazione dell’accelerazione di gravità g, da adottare in ciascuna<br />

delle zone sismiche del territorio nazionale sono:<br />

Zona Valore di ag<br />

1 0,35g<br />

2 0,25g<br />

3 0,15g<br />

4 0,05g<br />

Le condizioni litologiche del suolo e l’accellerazione di gravità (assieme a fattori di<br />

smorzamento) definiscono lo spettro di risposta elastico, che da la descrizione del moto<br />

sismico di fondazioni.<br />

Con la nuova classificazione sismica, i territori comunali di Loiano, Pianoro e Monzuno,<br />

vengono classificati in zona 3, quindi a bassa sismicità.<br />

<br />

Il D.M. 11/03/1988 – “NORME TECNICHE RIGUARDANTI LE INDAGINI SUI<br />

TERRENI E SULLE ROCCE, LA STABILITA’ DEI PENDII NATURALI E DELLE<br />

SCARPATE, I CRITERI GENERALI E LE PRESCRIZIONI PER LA PROGETTAZIONE,<br />

L’ESECUZIONE E IL COLLAUDO DELLE OPERE DI SOSTEGNO DELLE TERRE E DELLE<br />

OPERE DI FONDAZIONE”, stabilisce che le scelte di progetto, i calcolo e le verifiche<br />

siano sempre basati sulla caratterizzazione geotecnica del sottosuolo, ottenuta per mezzo<br />

di rilievi, indagini e prove e che in corso d’opera sia verificata la rispondenza tra la<br />

caratterizzazione geotecnica assunta in progetto e la situazione effettiva, differendo<br />

eventualmente il progetto esecutivo.<br />

Solo nel caso di interventi di modesto rilievo in rapporto alla stabilità globale operaterreno,<br />

che ricadano in zone già note, la caratterizzazione geotecnica potrà fare<br />

riferimento a dati e notizie esistenti, sui quali potrà basarsi la progettazione.<br />

i risultati delle indagini, degli studi e dei calcoli devono essere esposti in una relazione<br />

geotecnica, che costituisce parte integrante degli atti progettuali.<br />

La CIRC. LL.PP. 24/09/1988 N° 30483 – “NORME TECNICHE PER TERRENI E<br />

FONDAZIONI ISTRUZIONI APPLICATIVE” fornisce le istruzioni operative per<br />

l’applicazione delle norme tecniche di cui al D.M. 11 marzo 1988, riguardanti le indagini sui<br />

terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le<br />

125<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo delle opere di sostegno delle<br />

terre e delle opere di fondazione.<br />

SPANDIMENTO LIQUAMI ZOOTECNICI<br />

<br />

La Regione Emilia-Romagna, anticipando la legislazione nazionale nel recepimento delle<br />

indicazioni della Direttiva CE 91/676, si è dotata di una normativa in grado di tutelare e<br />

salvaguardare le risorse idriche dal pericolo di inquinamento da nitrati provenienti in<br />

particolare dal settore agricolo.<br />

La distribuzione sul suolo dei liquami o di altri effluenti provenienti da imprese<br />

zootecniche, è regolamentata dalla L.R. 24.04.95 n. 50 e dal Piano stralcio di settore del<br />

piano territoriale per il risanamento e la tutela delle acque per il comparto zootecnico<br />

(art.4, comma 4, L.R.36/88). La L.R. n° 50/1995 e la L.R. n° 21/1998 disciplinano le modalità<br />

di spandimento sul suolo dei liquami provenienti da imprese agricole dedite all’allevamento<br />

zootecnico, le procedure per il rilascio delle autorizzazioni, lo staccaggio degli effluenti di<br />

allevamento e il regime sanzionatorio.<br />

Tutti gli allevatori che effettuano lo spandimento su suolo ad uso agricolo dei liquami,<br />

indipendentemente dalla quantità prodotta e dalla specie animale allevata, sono tenuti a<br />

munirsi di autorizzazione allo spandimento su suolo agricolo.<br />

La documentazione deve essere presentata alla Provincia, in quanto ente competente, e in<br />

copia a Comune ed ARPA in allegato alla domanda in materia edilizia ogni volta che il<br />

progetto preveda un aumento della superficie allevabile, ovvero una modifica della<br />

consistenza dell'allevamento.<br />

Qualora l’aumento non sia legato ad una modifica strutturale sottoposta al procedimento in<br />

materia edilizia, (è il caso, per es., della riconversione dell’allevamento da una specie<br />

animale ad un’altra), rimane comunque l'obbligo di presentare la documentazione relativa<br />

allo spandimento.<br />

Sono previsti due procedimenti amministrativi in funzione delle caratteristiche<br />

dell’allevamento<br />

La domanda di autorizzazione con procedimento completo è obbligatoria per :<br />

• i titolari di allevamenti suinicoli con produzione annua di liquame superiore a 500 mc;<br />

• i titolari di allevamenti suinicoli con produzione annua di liquame inferiore a 500 mc,<br />

ma il cui spandimento avviene su terreni ricadenti in comuni eccedentari:<br />

• i titolari di allevamenti di bovini da latte insediatisi dopo il 10.05.1976 con produzione<br />

annua di liquame superiore a 500 mc e di acque di lavaggio di strutture ed<br />

attrezzature zootecniche superiore a 1000 mc;<br />

• i titolari di allevamenti di altre specie animali con produzione annua di liquame<br />

superiore a 500 mc e di acque di lavaggio di strutture ed attrezzature zootecniche<br />

superiore a 1000 mc.<br />

La denuncia di inizio attività di spandimento è obbligatoria per :<br />

• i titolari di allevamenti suinicoli con produzione annua di liquame inferiore a 500 mc ( se<br />

lo spandimento avviene su terreni ricadenti in comuni eccedentari deve essere invece<br />

presentata la domanda di autorizzazione);<br />

• i titolari di allevamenti di bovini da latte insediatisi prima del 10.05.1976<br />

• i titolari di allevamenti di bovini da latte insediatisi dopo il 10.05.1976 con produzione<br />

annua di liquame inferiore a 500 mc e di acque di lavaggio di strutture ed attrezzature<br />

zootecniche inferiore a 1000 mc;<br />

• i titolari di allevamenti di altre specie animali con produzione annua di liquame inferiore<br />

a 500 mc e di acque di lavaggi di strutture ed attrezzature zootecniche inferiore a<br />

1000 mc.<br />

126<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Sono esentati dall’obbligo di presentare la domanda di autorizzazione o la denuncia di inizio<br />

attività di spandimento:<br />

• i titolari di allevamenti di animali di affezione;<br />

• i titolari di allevamenti di tipo familiare per esclusivo autoconsumo;<br />

• i titolari di allevamenti che, per tipologia o tecniche di allevamento, non producono<br />

effluenti liquidi ma solo letame o assimilati, così come classificato dall’art.2 lettera b)<br />

della L.R. 50/95.<br />

Per i titolari di allevamenti suinicoli c’è inoltre l’obbligo di presentazione del Piano di<br />

Utilizzazione Agronomica (P.U.A.) se l’allevamento ha potenzialità superiore a 80 tonnellate<br />

di peso vivo allevato, è ubicato in zona vulnerabile ed i terreni su cui effettua lo<br />

spandimento ricadono in toto o in parte nell’area di conoide dichiarata a alto rischio di crisi<br />

ambientale. Il P.U.A. deve inoltre essere presentato se l’allevamento, di potenzialità<br />

superiore a 160 tonnellate di peso vivo allevato, è ubicato in zona vulnerabile e i terreni non<br />

ricadono in area di conoide.<br />

Con D.M. 7 aprile 2006 sono stati emanati dal Ministero delle Politiche agricole e forestali i<br />

"Criteri e norme tecniche per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli<br />

effluenti di allevamento"; col Decreto suddetto viene demandata alle Regioni la “disciplina<br />

specifica” delle attività di utilizzazione agronomica, sulla base dei criteri e delle norme<br />

tecniche generali emanate con il citato decreto. In particolare le disposizioni regionali<br />

attuative del decreto 7 aprile 2006, fra l'altro, devono stabilire:<br />

A) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure<br />

semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di<br />

minor impatto ambientale;<br />

B) le norme tecniche di gestione degli effluenti e di effettuazione delle operazioni di<br />

utilizzo agronomico;<br />

C) gli orientamenti per l'adozione di adeguate tipologie di trattamento degli effluenti nelle<br />

aree con alta densità di allevamenti zootecnici;<br />

D) i criteri e le procedure di controllo, ed il sistema informativo di supporto;<br />

Con Deliberazione dell’Assemblea Legislativa n. 96 del 16 gennaio 2007 è stato approvato,<br />

da parte della Regione Emilia Romagna, il documento "Disposizioni attuative del decreto 7<br />

aprile 2006 - Programma d'azione per le zone vulnerabili da nitrati da fonte agricola -<br />

Criteri e norme tecniche per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento".<br />

<br />

VINCOLO IDROGEOLOGICO<br />

I territori comunali di Loiano, Pianoro e Monzuno ricadono, per buona parte del proprio<br />

territorio, all'interno di "zona sottoposta a vincolo idrogeologico" ai sensi dell'art. 7 del<br />

R.D.L n° 3267 del 30/12/1923 e successivo regolamento di applicazione approvato con<br />

R.D.L. 16 maggio 1926 n. 1126, secondo i quali sono sottoposti a tutela le aree territoriali<br />

che per effetto di interventi quali, ad esempio, disboscamenti o movimenti terreno<br />

“possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime<br />

delle acque”.<br />

Nella Tav. QC.6/T1, per comodità grafica, sono state individuate le aree “non sottoposte a<br />

vincolo idrogeologico”, decisamente minoritarie rispetto a quelle sottoposte al vincolo; si<br />

tratta di aree collocate preferenzialmente in corrispondenza delle zone di crinale o di aree<br />

urbanizzate.<br />

Le funzioni amministrative inerenti il vincolo idrogeologico, con la L.R. 21 aprile 1999 n. 3,<br />

sono demandate alle Comunità Montane ed ai comuni territorialmente esclusi; per quanto<br />

127<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


iguarda i territori dei tre comuni in esame, l’ente competente è quindi la Comunità<br />

Montana 5 <strong>Valli</strong> Bolognesi.<br />

La L.R. 3/1999 prevede due differenti regimi: uno autorizzativo (art. 150 – 2° comma),<br />

relativo agli interventi di maggior rilievo ed uno di comunicazione di inizio attività (art. 150<br />

– 7° comma), relativo alle opere di modesta entità, sostanzialmente assimilabile ad una<br />

procedura di silenzio-assenso.<br />

Esiste inoltre una categoria di opere, comportanti modesti scavi, da non assoggettare ad<br />

alcuna procedura.<br />

Gli elenchi delle opere da assoggettare a procedura di autorizzazione, a sola comunicazione<br />

di inizio attività e l’elenco delle opere da non assoggettare ad alcuna procedura sono<br />

contenuti nella “Direttiva Regionale concernente le procedure amministrative e le norme<br />

tecniche relative alla gestione del vincolo idrogeologico, ai sensi ed in attuazione degli artt.<br />

148, 149, 150 e 151 della L.R. 21 aprile 1999 n. 3” approvata con Del. G.R. n. 2000/1117 del<br />

11/07/2000.<br />

<br />

VINCOLI DERIVANTI DA PIANI SOVRAORDINATI<br />

P.T.A. – PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA<br />

Approvato dall'Assemblea Legislativa con Deliberazione n. 40 del 21 dicembre 2005, il<br />

Piano di Tutela delle Acque (PTA), conformemente a quanto previsto dal D. Lgs. 152/99 e<br />

dalla Direttiva europea 2000/60 (Direttiva Quadro sulle Acque), è lo strumento regionale<br />

volto a raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale nelle acque interne e costiere della<br />

Regione e a garantire un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo periodo.<br />

Da sottolineare che il Piano, approvato nel dicembre 2005, non è ancora stato adeguato<br />

rispetto al D.Lgs 152/06 recante “Norme in materia ambientale” e s.m.i., che di fatto ha<br />

sostituito il D.Lgs 152/99.<br />

Il Piano di Tutela delle Acque costituisce lo strumento di pianificazione a disposizione delle<br />

Pubbliche Amministrazioni e della Regione in particolare, per il raggiungimento degli<br />

obbiettivi di qualità fissati dalle Direttive Europee e recepiti dalla normativa italiana; di<br />

fatto è lo strumento mediante il quale la Regione Emilia Romagna, in adeguamento ai principi<br />

generali espressi dalla L. 36/94 persegue la tutela ed il risanamento delle acque<br />

superficiali, marine e sotterranee.<br />

In particolare il Piano individua gli obiettivi di qualità ambientale e per specifica<br />

destinazione dei corpi idrici e gli interventi volti a garantire il loro raggiungimento o<br />

mantenimento, nonché le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e<br />

coordinate per bacino idrografico.<br />

Con riferimento alle N.T.A. al Titolo II il P.T.A. detta le “Misure per il raggiungimento degli<br />

obiettivi di qualità” individuando programmi e misure per il raggiungimento degli obiettivi di<br />

qualità ambientale dei corpi idrici (Cap. 1) e per specifica destinazione (Cap. 2); in<br />

particolare, vengono individuati i Corpi idrici significativi (art. 16), specificati gli obiettivi<br />

di qualità ambientale da raggiungere, ai sensi del D.Lgs 152/99, entro il 31 dicembre 2016<br />

(art. 17 – data modificata dal D. Lgs 152/06 e portata al 22 dicembre 2015), i Programmi di<br />

misure per il raggiungimento degli stessi (art. 18) e le Misure di salvaguardia (art. 19).<br />

Vengono inoltre classificati i Corpi idrici a specifica destinazione (art. 21), le Acque dolci<br />

superficiali destinate alla produzione di acqua potabile (art. 22), le Acque destinate alla<br />

balneazione (art. 23), le Acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere<br />

idonee alla vita dei pesci (art. 24), le Acque destinate alla vita dei molluschi (art. 25) .<br />

128<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Al Titolo III le norme tecniche riportano “Misure per la tutela qualitativa della risorsa<br />

idrica”, definendo la Disciplina degli scarichi (Cap. 1), le Misure di tutela per le zone<br />

vulnerabili da nitrati d’origine agricola (Cap. 2), la Disciplina delle attività di utilizzazione<br />

agronomica (Cap. 3), le Misure di tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici (Cap. 4), le<br />

Misure di tutela per le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari (Cap. 5), la Disciplina per la<br />

salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano (Cap. 7); in<br />

particolare, con riferimento all’area in studio, sono oggetto di specifica individuazione e di<br />

specifiche disposizioni normative le “zone vulnerabili da nitrati d’origine agricola” (artt. 30,<br />

31, 32, 33) e le aree destinate alla tutela qualitativa e quantitativa delle acque destinate al<br />

consumo umano (artt. 42, 43, 44, 45, 46), suddivise in:<br />

- zone di tutela assoluta delle captazioni e delle derivazioni;<br />

- zone di rispetto delle captazioni e delle derivazioni<br />

e le zone di protezione, distinte in<br />

– zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina-pianura;<br />

- zone di protezione delle acque superficiali;<br />

- zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinare-montano.<br />

Per le disposizioni relative alle zone di tutela assoluta e alle zone di rispetto delle<br />

captazioni e derivazioni, la normativa di Piano (art. 42), rimanda alla specifica Direttiva<br />

regionale, mentre per le zone di protezione, all’interno di ogni zona sono individuate le<br />

- aree di ricarica della falda;<br />

- emergenze naturali della falda;<br />

- zone di riserva.<br />

Il PTA individua la delimitazione delle aree di ricarica delle zone di protezione delle acque<br />

sotterranee nel territorio di pedecollina-pianura e delle zone di protezione delle acque<br />

superficiali, che sono riportate negli elaborati di piano; sono invece demandate ai PTCP e<br />

loro varianti le delimitazioni delle aree di ricarica delle zone di protezione delle acque<br />

sotterranee in territorio collinare-montano, l’individuazione delle emergenze naturali della<br />

falda, la delimitazione delle zone di riserva (su proposta di delimitazione delle ATO<br />

territorialmente competenti), l’individuazione delle zone di tutela assoluta e delle zone di<br />

rispetto delle captazioni, da effettuarsi secondo le disposizioni della Direttiva regionale.<br />

Con specifico riferimento al territorio in esame si segnala che:<br />

1) per quanto riguarda le zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di<br />

pedecollina-pianura, sono articolate in aree di ricarica della falda (alimentazione), la<br />

cui delimitazione viene riportata nella Tav. 1 del PTA “Zone di protezione delle acque<br />

sotterranee – AREE DI RICARICA”, a loro volta suddivise in<br />

• settori di ricarica di tipo A: aree caratterizzate da ricarica diretta della falda,<br />

generalmente a ridosso della pedecollina, idrogeologicamente identificabili come<br />

sistema monostrato, contenente una falda freatica in continuità con la superficie<br />

da cui riceve alimentazione per infiltrazione;<br />

• settori di ricarica di tipo B: aree caratterizzate da ricarica indiretta della falda,<br />

generalmente comprese tra la zona A e la media pianura, idrogeologicamente<br />

identificabili come sistema debolmente compartimentato in cui alla falda freatica<br />

superficiale segue una falda semiconfinata in collegamento per drenanza verticale;<br />

• settori di ricarica di tipo C: bacini imbriferi di primaria alimentazione dei settori di<br />

tipo A e B,<br />

• settori di ricarica di tipo D: fasce adiacenti agli alvei fluviali con prevalente<br />

alimentazione laterale subalvea;<br />

accanto alle aree di ricarica si individuano inoltre, le emergenze naturali della falda<br />

(fontanili) e le zone di riserva, da individuarsi ad opera dei PTCP, coincidenti con aree<br />

potenzialmente sfruttabili.<br />

129<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Con riferimento alla zona in studio, ricade all’interno della perimetrazione della Tav. 1,<br />

solo parzialmente il territorio di Pianoro, nella sua estremità settentrionale, risultando<br />

interessato dalla perimetrazione del “settore di ricarica di tipo C – Bacini imbriferi di<br />

primaria alimentazione dei settori di tipo A e B”.<br />

Le disposizioni normative riguardanti la zona di protezione suddetta sono finalizzate<br />

alla tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche sotterranee, in riferimento<br />

all’utilizzo idropotabile delle stesse. In particolare, in riferimento al territorio in<br />

studio, l’art. 45 delle norme tecniche stabilisce che in tutti i settori delle aree di<br />

ricarica delle falda le attività agrozootecniche vanno effettuate nel rispetto delle<br />

disposizioni delle stesse NTA del PTA, alle quali le Province possono apportare ulteriori<br />

restrizioni, sulla base di specifici approfondimenti; vanno censiti, ad opera delle<br />

Province, i centri di pericolo approvati dal PTA che possono incidere sulla qualità della<br />

risorsa idrica, secondo l’allegato 1 del Cap. 7 e predisposti eventuali misure di messa in<br />

sicurezza o riduzione del rischio.<br />

Nei settori di ricarica di tipo C valgono inoltre le disposizioni riportate alle lettere a),<br />

b), c) del comma 3 dell’art. 46., che prevedono che<br />

- nelle aree non urbanizzate e non destinate all’urbanizzazione da strumenti urbanistici<br />

comunali vigenti o adottati alla data di entrata in vigore del PTA, spetta al PTCP la<br />

definizione delle quote e/o dell’ubicazione delle aree destinabili a successive<br />

urbanizzazioni;<br />

- nelle aree non urbanizzate ma destinate all’urbanizzazione da strumenti urbanistici<br />

comunali vigenti o adottati alla data di entrata in vigore del PTA e nelle aree che<br />

saranno destinate all’urbanizzazione in conformità alle disposizioni del PTCP, gli<br />

strumenti urbanistici comunali devono prevedere misure per la tutela quantitativa e<br />

qualitativa della risorsa idrica indicando le attività consentite (divieto di attività<br />

comportanti scarichi pericolosi), le modalità di realizzazione delle infrastrutture<br />

tecnologiche (reti fognarie separate, idonei impianti di depurazione, recapito<br />

dell’impianto di depurazione in altro corpo idrico o a valle della derivazione) e delle<br />

infrastrutture viarie (divieto di recapito delle acque di dilavamento delle strade nel<br />

corpo idrico a monte della captazione);<br />

- nelle aree già urbanizzate le Province devono effettuare il censimento degli scarichi<br />

diretti nel corpo idrico e disporre, nei casi necessari, misure di messa in sicurezza o<br />

di riduzione del rischio. In dette aree le Amministrazioni Comunali, devono prevedere<br />

misure per la ristrutturazione degli impianti fognari e degli scarichi secondo i criteri<br />

detti in precedenza.<br />

2. per quanto riguarda le zone di protezione delle acque sotterranee in territorio collinaremontano,<br />

dovranno essere individuate dai PTCP o loro varianti, in base a studi<br />

idrogeologici, idrochimica e idrologici, prendendo come riferimento iniziale i perimetri<br />

delle rocce magazzino di prima approssimazione riportate nel PTA medesimo. Le zone di<br />

protezione sono articolate in<br />

• aree di ricarica, costituenti la versione dettagliata delle “rocce magazzino” di prima<br />

approssimazione e ottenute per confronto tra la distribuzione delle sorgenti<br />

appositamente censite e la geologia. Corrispondono alle unità geologiche sedi dei<br />

principali acquiferi sfruttati o potenzialmente sfruttabili per l’approvvigionamento<br />

idropotabile. All’interno di queste aree vanno individuate:<br />

- le aree di alimentazione delle sorgenti utilizzate per il consumo umano;<br />

- le aree con cavità ipogee (vie preferenziali di rapida infiltrazione diretta)<br />

- i settori di microbacini imbriferi contigui alle precedenti aree, dai quali possono<br />

pervenire acque di ruscellamento soggette a successiva infiltrazione;<br />

• le emergenze naturali della falda (fenomeni sorgentizi e affini), la localizzazione<br />

delle emergenze naturali della falda già operata dal PTA, va integrata attraverso la<br />

130<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


segnalazione da parte degli enti locali e degli enti parco; vanno differenziate le<br />

sorgenti di particolare pregio naturalistico-ambientale,<br />

• le zone di riserva, aree (ricadenti nelle aree di ricarica) da individuarsi negli<br />

strumenti di pianificazione provinciale, in riferimento alla presenza di sorgenti non<br />

ancora destinate al consumo umano ma potenzialmente sfruttabili per captazioni da<br />

realizzare nell’ambito degli interventi programmati dalle ATO.<br />

Le disposizioni normative riguardanti le zone di protezione delle acque sotterranee in<br />

territorio collinare-montano sono finalizzate alla tutela qualitativa e quantitativa delle<br />

risorse idriche sotterranee, in riferimento all’utilizzo idropotabile delle stesse. In<br />

particolare, in riferimento al territorio in studio, l’art. 47 delle norme tecniche<br />

stabilisce che nelle aree di ricarica vanno applicate le disposizioni di cui alla lett. A9<br />

dell’art. 45, comma 2 delle NTA, ovvero le attività agrozootecniche vanno effettuate<br />

nel rispetto delle disposizioni delle stesse NTA del PTA, alle quali le Province possono<br />

apportare ulteriori restrizioni, sulla base di specifici approfondimenti; vanno censiti,<br />

ad opera delle Province, i centri di pericolo approvati dal PTA che possono incidere<br />

sulla qualità della risorsa idrica, secondo l’allegato 1 del Cap. 7 e predisposti eventuali<br />

misure di messa in sicurezza o riduzione del rischio.<br />

Nei settori delle aree di ricarica corrispondenti alle aree di alimentazione delle<br />

sorgenti utilizzate per il consumo umano, oltre alle disposizioni suddette, vanno<br />

applicate le disposizioni di cui alle lettere b1), b2), b3) dell’art. 45, comma 2 delle<br />

NTA, ovvero le attività estrattive per le quali alla data di approvazione del PTA, non<br />

sia ancora stata approvata la convenzione estrattiva di cui all’art. 12 della LR 17/91,<br />

non devono comportare rischi di contaminazione della falda e sono subordinate alla<br />

definizione di progetti di recupero ambientale da effettuarsi alla cessazione<br />

dell’attività; nella formazione di tali progetti dovrà essere valutato il potenziale<br />

utilizzo delle ex-cave come bacini di accumulo della risorsa idrica, non sono ammessi<br />

tombamenti di invasi di cava con terreni eccedenti i limiti di qualità previsti per legge;<br />

nelle aree non urbanizzate e non destinate all’urbanizzazione da strumenti urbanistici<br />

comunali vigenti o adottati alla data di entrata in vigore del PTA, spetta al PTCP la<br />

definizione delle quote e/o dell’ubicazione delle aree destinabili a successive<br />

urbanizzazioni, in base al criterio di tutelare il processo di ricarica della falda dai<br />

fenomeni di impermeabilizzazione; nelle aree non urbanizzate ma destinate<br />

all’urbanizzazione da strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati alla data di<br />

entrata in vigore del PTA e nelle aree che saranno destinate all’urbanizzazione in<br />

conformità alle disposizioni del PTCP, gli strumenti urbanistici comunali devono<br />

prevedere misure per la tutela quantitativa e qualitativa della risorsa idrica<br />

disponendo in merito alle attività consentite e alle modalità di realizzazione delle<br />

infrastrutture tecnologiche (perfetta tenuta delle reti delle acque nere, divieto di<br />

serbatoi interrati per idrocarburi) e viarie; l’insediamento di nuove attività industriali<br />

è subordinato al rispetto di specifiche condizioni per cui non sia presente uno stato di<br />

contaminazione delle acque sotterranee tale da rendere insostenibile ulteriore carico<br />

veicolato, gli scarichi permettano il collettamento in pubblica fognatura delle acque<br />

reflue di lavorazione; va prevista la realizzazione di strutture fognarie nei nuclei<br />

abitati che ne siano privi e ne va individuato un idoneo recapito; non possono essere<br />

consentite discariche di rifiuti pericolosi e non.<br />

Nelle aree con cavità ipogee, in sicura e diretta connessione con i circuiti di sorgenti<br />

captate per il consumo umano, vanno applicate le misure di tutela delle zone di rispetto<br />

delle captazioni da sorgenti previste dalla Direttiva Regionale.<br />

Nei settori di microbacini imbriferi contigui alle aree di ricarica vanno previste misure<br />

per evitare la compromissione qualitativa delle risorse per effetto di scarichi diretti e<br />

131<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


dilavamenti che, per ruscellamento o sversamento nei corpi idrici, possono infiltrarsi<br />

nelle aree di ricarica.<br />

In adiacenza alle emergenze naturali della falda individuate come sorgenti di<br />

particolare pregio naturalistico-ambientale è vietato il prelievo di acqua in una fascia<br />

di 500 m dalla sorgente.<br />

Nei settori delle aree di ricarica aventi le caratteristiche di zone di riserva, in quanto<br />

potenzialmente sfruttabili per captazioni, vanno applicate le misure di tutela delle<br />

zone di rispetto delle captazioni da sorgenti previste dalla Direttiva Regionale fino alla<br />

realizzazione della captazione.<br />

Il P.T.A. costituisce quindi piano stralcio di settore dei Piani di bacino e d’altra parte,<br />

definisce gli “Obiettivi e livelli di prestazione richiesti alla pianificazione infraregionale<br />

delle Province”, in coerenza con i quali, le Province, attraverso i PTCP, vanno a perfezionare<br />

il dispositivo del P.T.A.<br />

Come stabilito dall’art. 10 comma 4 delle N.T.A. del PTA, “successivamente all’adeguamento<br />

dei PTCP e dei PIAE al PTA, i Comuni sono tenuti a recepirne le prescrizioni nei loro<br />

strumenti di pianificazione urbanistica generale e nei PAE.<br />

<br />

PIANO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO P.S.A.I. – AUTORITA’ DI BACINO<br />

FIUME RENO<br />

I territori comunali di Loiano, Pianoro e Monzuno rientrano all’interno del bacino del fiume<br />

Reno e come tali il piano di riferimento per l’assetto idrogeologico è costituito dal “Piano<br />

stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico”.<br />

Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Fiume Reno è stato<br />

approvato, per il territorio di competenza, dalla Giunta Regionale Emilia-Romagna con<br />

deliberazione n. 567 del 07/04/2003 e s. m.<br />

Con riferimento al territorio in esame si segnalano le seguenti modifiche:<br />

- scheda n. 29 modifica 1 agli ambiti territoriali di applicazione dell’art. 5 (ex art. 14 c. 3)<br />

relativamente alla perimetrazione e zonizzazione della scheda n. 29, località Carteria di<br />

Sesto-Cà del Gallo, comune di Pianoro, approvata dalla G.R. con Del. n. 1767 del 13.09.2004;<br />

- Relazione torrente <strong>Idice</strong> modifica 1;<br />

- tavole A - B.1 - B.2 - B.3 - 2.0 - 2.6 - 2.24 - 2.25 - 2.26 - 2.27 - 2.28 -<br />

2.29 - 2.30 - 2.31 - 2.32 - 2.33 - 2.34 torrente <strong>Idice</strong> modifica 1 modifica alla<br />

perimetrazione e alle classificazioni delle aree normate dagli artt. 15, 16 e 18<br />

relativamente ai corsi d’acqua Zena, Quaderna, Gaiana e Fossatone a seguito degli studi<br />

idraulici svolti dalla Segreteria, approvata dalla Giunta della Regione Emilia-Romagna con<br />

deliberazione n. 1819 del 14.11.2005;<br />

Il Piano analizza, per l’intero territorio d’interesse, il rischio da frana e l’assetto dei<br />

versanti (Titolo I) e, in riferimento ai bacini dei corsi d’acqua principali Reno, <strong>Idice</strong>, Sillaro,<br />

Santerno, il rischio idraulico e l’assetto della rete idrografica (Titolo II); la normativa è<br />

unica per ciascuno dei due settori.<br />

Il rischio da frana e l'assetto dei versanti (Titolo I) è stato affrontato dal Piano in<br />

questione attraverso una analisi territoriale che ha dato luogo a due serie di cartografie<br />

distinte e a scale assai diverse: la prima riguarda le "aree a rischio da frana perimetrate e<br />

zonizzate", normate dagli artt. 5 ÷ 10 della N.T.A. dello strumento sovraordinato, nelle<br />

quali, in prossimità dei principali abitati (ivi comprese le zone di espansione previste dagli<br />

strumenti urbanistici comunali adottati all'atto dell'entrata in vigore del Piano stesso)<br />

classificati a rischio elevato o molto elevato in base alle analisi preliminari, è stata appunto<br />

132<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


effettuata una perimetrazione e zonazione a scala locale (nel cartaceo alla scala 1/5.000)<br />

delle Unità Idromorfologiche Elementari (U.I.E.) intese come le innumerevoli "tessere" o<br />

"celle" di piccola dimensione, individuata con criteri appunto idromorfologici (da displuvio a<br />

displuvio, ricomprendendo il relativo impluvio), in cui è stato suddiviso tutto il territorio<br />

collinare e montano di competenza del Piano, all'interno delle quali si presume vi sia<br />

interazione diretta di carattere idrogeologico fra tutti i terreni ivi presenti ed fra i<br />

terreni stessi e gli eventuali interventi antropici.<br />

La zonazione suddetta si articola in 5 zone:<br />

• zona 1 - area in dissesto;<br />

• zona 2 - area di possibile evoluzione del dissesto;<br />

• zona 3 - area di possibile influenza del dissesto;<br />

• zona 4 - area da sottoporre a verifica;<br />

• zona 5 - area di influenza sull’evoluzione del dissesto.<br />

In estrema sintesi, gli effetti di tale zonazione sulla pianificazione comunale delle zone 1 ÷<br />

3 sono che non è ammessa la ricostruzione di immobili distrutti o la costruzione di nuovi<br />

fabbricati e nuovi manufatti edilizi né di nuove infrastrutture; mentre sono ammessi<br />

interventi di più modesta entità (ristrutturazioni, consolidamenti, limitati ampliamenti,<br />

ecc.) sulle preesistenze a seconda della tipologia della zona e, nel solo caso di non diversa<br />

localizzabilità, la realizzazione ex novo di opere pubbliche di modesta entità riferite a<br />

servizi essenziali (cfr. artt. 6 e 7).<br />

Nelle zone 4 qualsiasi intervento diverso da quelli consentiti per le zone precedenti è<br />

subordinato all'adozione da parte del Comune territorialmente competente di un<br />

provvedimento che, dopo un periodo di monitoraggio sull'evolversi della situazione del<br />

dissesto reale, stabilisca le condizioni alle quali si possano eventualmente realizzare<br />

interventi nelle diverse porzioni dell'area (cfr. art. 8).<br />

Per le zone 5, dove è invece possibile realizzare nuovi interventi strutturali e/o<br />

infrastrutturali, vengono dettate norme e raccomandazioni esecutive tendenti ad escludere<br />

o limitare tutto ciò che potrebbe avere un'influenza negativa sui dissesti individuati<br />

all'interno della stessa U.I.E. e zonizzati nelle altre quattro categorie (cfr. art. 9); vengono<br />

altresì dettate norme per gli usi agro-forestali dei terreni non interessati da interventi<br />

edilizio - urbanistici presenti all'interno delle aree perimetrate e zonizzate (cfr. art. 10).<br />

Le perimetrazioni e zonazioni effettuate direttamente dall'Autorità di Bacino (sia in sede<br />

di stesura adottata che di quella approvata dello strumento) sono di seguito elencate:<br />

PIANORO MONZUNO LOIANO<br />

Botteghino di Zocca Montorio Bibulano<br />

Ca' del Gallo - Carteria di Sesto Monzuno Loiano<br />

Livergnano Pian di Lama Quinzano<br />

Pianoro Vecchia Rioveggio - Le Braine Roncastaldo<br />

Villaggio Abate San Rocco Scanello<br />

Castell'Arienti (con Bologna) Trasasso - Serra di Trasasso Casalino<br />

Vado Farné<br />

Cozzo - Carigheto Vaiarano<br />

Gardelletta (con Marzabotto) Gragnano Poggiolo (con<br />

Monterenzio e Monghidoro)<br />

Ca' di sotto (con S. Benedetto San Benedetto del Querceto<br />

Val Sambro)<br />

(con Monterenzio)<br />

Monteacuto Vallese (con S.<br />

Benedetto Val Sambro)<br />

133<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La seconda serie di tavole cartografiche, intitolata "Carta delle attitudini alle<br />

trasformazioni edilizio-urbanistiche del territorio del bacino montano", a scala di area<br />

vasta (nel cartaceo 1/25.000) mostra la citata suddivisione dell'intero territorio montano<br />

di competenza nelle citate U.I.E.<br />

A ciascuna di esse viene attribuita, a seconda del grado di dissesto individuato dall'A.B.R.,<br />

una delle seguenti classi:<br />

a) U.I.E. non idonee ad usi urbanistici;<br />

b) U.I.E. da sottoporre a verifica;<br />

c) U.I.E. idonee o con scarse limitazioni ad usi urbanistici.<br />

Anche qui in estrema sintesi, l'effetto del piano sovraordinato sulla pianificazione<br />

urbanistica comunale è che nelle U.I.E. del caso a) è consentita esclusivamente la<br />

realizzazione di: nuove infrastrutture al servizio di insediamenti esistenti oppure riferite a<br />

servizi essenziali, tutte non diversamente localizzabili; interventi edilizi i cui piani attuativi<br />

preventivi o le cui concessioni edilizie fossero divenute efficaci prima dell'entrata in vigore<br />

del Piano (27/06/01); nuovi fabbricati e manufatti che non comportano trasformazione<br />

urbanistica e aumento del carico antropico esistenti (cfr. art. 12 comma 2); la realizzazione<br />

di tali interventi è subordinata a specifiche analisi da eseguirsi secondo la "Metodologia<br />

per la verifica della pericolosità e del rischio" riportata in allegato al Piano e,<br />

conseguentemente, il Comune territorialmente competente, in relazione ai relativi risultati,<br />

adotta un provvedimento di perimetrazione e zonazione dell'area seguendo le modalità di<br />

cui al comma 2 dell’art. 5, ossia attribuisce alle varie zone interessate dalle trasformazioni<br />

le classificazioni e le limitazioni d'uso viste sopra; tale provvedimento viene poi trasmesso<br />

alla competente Autorità di Bacino del Reno che esprime il proprio parere anche attraverso<br />

l'istituto del silenzio- assenso. Per gli edifici esistenti invece sono consentiti soltanto<br />

opere di manutenzione, di ristrutturazione edilizia, modesti ampliamenti nonché cambi di<br />

destinazione d’uso di fabbricati esistenti (cfr. art. 12 comma 3).<br />

Nel caso di nuove previsioni di trasformazione urbanistica soggette a piani attuativi<br />

preventivi e quelle esterne al territorio urbanizzato nonché la realizzazione di nuove<br />

infrastrutture che vadano ad interessare le U.I.E. del caso b), la loro attuazione è<br />

subordinata a specifiche analisi da eseguirsi secondo la "Metodologia per la verifica della<br />

pericolosità e del rischio" riportata in allegato al Piano e, conseguentemente, il Comune<br />

territorialmente competente, in relazione ai relativi risultati, adotta un provvedimento di<br />

perimetrazione e zonazione dell'area seguendo le modalità di cui al comma 2 dell’art. 5,<br />

ossia attribuendo alle varie zone interessate dalle trasformazioni le classificazioni e le<br />

limitazioni d'uso viste sopra; tale provvedimento viene poi trasmesso alla competente A.B.R.<br />

Nelle U.I.E. di cui al caso c) sono invece consentiti direttamente tutti gli interventi<br />

legittimamente autorizzabili ai termini degli strumenti urbanistici comunali, salvo verifica<br />

della mancanza di interferenza con fenomeni di dissesto attivi o quiescenti, che, nel caso<br />

vengano rinvenuti danno luogo alla necessità di adottare il già citato provvedimento di<br />

perimetrazione e zonazione di cui al precedente caso.<br />

Nei terrazzi alluvionali così come riportati sulla serie di tavole delle "Attitudini…" non sono<br />

previste limitazioni, e perciò possono essere trattate come i casi ricadenti nelle U.I.E. c)<br />

salvo il fatto, previsto dall'art. 12, comma 9, che invece della verifica inerente l'eventuale<br />

presenza di frane, descritta sopra, vanno definite eventuali fasce di inedificabilità in<br />

prossimità delle scarpate dei terrazzi alluvionali nonché in prossimità del limite tra le<br />

U.I.E. e i terrazzi alluvionali e/o il reticolo idrografico. Il medesimo criterio vale per gli orli<br />

delle altre scarpate rocciose non cartografate nelle tavole di Piano.<br />

Nello specifico caso in esame, i 3 Comuni hanno a più riprese adottato nuove perimetrazioni<br />

e zonazioni finalizzate ad interventi di vario genere, che vengono di seguito elencate, e che<br />

sono state riportate nella Tavola QC.6/t2 "Elaborazione della Carta delle Attitudini alle<br />

134<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


trasformazioni edilizio-urbanistiche dello PSA Reno” relativa al territorio dei 3 Comuni,<br />

come aggiornamento al mese di marzo 2007 della omologa carta dell'A.B.R.<br />

PIANORO MONZUNO LOIANO<br />

• Area PREVAM di Ca'<br />

Cirenaica<br />

• Campiano<br />

• Canova della Rivolta - Valle<br />

del Rio Laurinziano<br />

• Canova di sotto - Ca' Roncalia<br />

• Gualando<br />

• I Laghi<br />

• Monazzano<br />

• Monazzano (4)<br />

• Monte Posigliano<br />

• Musiano<br />

• Pianoro Nuova - Valle del Rio<br />

Monazzano<br />

• Ca' di <strong>Savena</strong><br />

• Montorio Barbarino<br />

• Rioveggio - Le Braine<br />

• Vado - Via Chirici<br />

135<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC<br />

• Ca' del Bel Minghino<br />

• Ca' Felicini<br />

• Ca' Benaglia<br />

• Ca' dei Boschi<br />

• Ca' di Prandoni<br />

• Campi di Mezzo Campi di Là<br />

• Casetta della Zecca NW<br />

• Casetta della Zecca SE<br />

• Castellari - La Guarda<br />

• Castellina di Sopra e Castellina<br />

di Sotto<br />

• Fangacci<br />

• Le Fosse - Campuzzano - I<br />

Laghi<br />

• Poggiolo<br />

• Prato Grande<br />

• Sabbioni<br />

• Sabbioni - Polveriera<br />

• Scanello<br />

• Scascoli<br />

• Sgalara<br />

• Vignale<br />

• Villaggio Rita<br />

Il PSAI al Titolo II delle NTA detta norme relative al “Rischio idraulico ed assetto della<br />

rete idrografica”; il sistema fluviale e il territorio sono stati suddivisi in ambiti distinti di<br />

applicazione di norme d'uso diverse, al fine di garantire la salvaguardia dei corsi d'acqua,<br />

un assetto fluviale e della rete idrografica che consenta un libero deflusso delle acque e la<br />

riduzione del rischio idraulico.<br />

Per quanto il territorio in esame, per i soli comuni di Monzuno e Pianoro, si fa riferimento al<br />

titolo II.1 “Bacino del fiume Reno” oltre che, per tutti e tre i comuni, al titolo II.2 “Bacino<br />

del torrente <strong>Idice</strong>”.<br />

Bacino del fiume Reno<br />

Con riferimento alla Tav. 1 “Reticolo idrografico, ambiti territoriali normati” (Tav. 1.4 e<br />

1.5), una piccola porzione del territorio comunale di Pianoro e buona parte di quello di<br />

Monzuno, sono ricompresi entro la perimetrazione del “Ambito montano delle fasce di<br />

pertinenza fluviale, PF.M” e come tali normate dall’art. 18 “Fasce di pertinenza fluviale”<br />

delle NTA del Piano.<br />

Viene inoltre individuato il tracciato del “Reticolo idrografico principale” (torrente Setta),<br />

del “Reticolo idrografico secondario” (torrente Sambro) e del “Reticolo idrografico minore”<br />

tutti normati dall’art. 15 “Alveo attivo” delle NTA.<br />

Con riferimento alla Tav. 2 “Zonizzazione fiume Reno”, il territorio comunale di Pianoro<br />

(tav. 2.14) risulta interessato solo marginalmente dalla perimetrazione dell’”Alveo attivo<br />

zonizzato del reticolo idrografico principale e secondario (art. 15)”, relativamente al tratto<br />

terminale del rio Ganzole, che nasce dalla confluenza del rio Mulinello e del rio Bersano<br />

proprio nell’area che segna il confine occidentale del territorio comunale di Pianoro con<br />

quello di Sasso Marconi; una piccola porzione è inoltre interessata dalla relativa “Fascia di


pertinenza fluviale (art. 18)”. Per quanto riguarda il territorio comunale di Monzuno (tav.<br />

2.42, 2.43, 2.44, 2.45), risulta invece interessato dalla perimetrazione dell’”Alveo attivo<br />

zonizzato del reticolo idrografico principale e secondario (art. 15)”, relativamente ai<br />

torrenti Setta e Sambro e dalla perimetrazione delle relative “Fasce di pertinenza fluviale<br />

(art. 18)”.<br />

Con riferimento alla Tav. A “Localizzazione delle situazioni a rischio elevato e molto<br />

elevato”, non vengono segnalate aree interessate da tale rischio, ne “aree ad alta<br />

probabilità di inondazione”;<br />

Con riferimento alla Tav. B “Aree passibili di inondazione e sezioni trasversali di<br />

riferimento”, viene solamente indicato l’”Alveo attivo zonizzato” del torrente Setta<br />

(comune di Monzuno) e per una piccolissima parte, del rio Ganzole, in territorio comunale di<br />

Pianoro.<br />

Bacino del torrente <strong>Idice</strong><br />

Con riferimento alla Tav. 1 “Reticolo idrografico, ambiti territoriali normati” (Tav. 1.1 e 1.2),<br />

i territori comunali di Pianoro, Loiano e parte di quello di Monzuno, sono ricompresi entro la<br />

perimetrazione del “Ambito montano delle fasce di pertinenza fluviale, PF.M” e come tali<br />

normate dall’art. 18 “Fasce di pertinenza fluviale” delle NTA del Piano. Una piccola porzione<br />

nella zona settentrionale del territorio di Pianoro rientra invece nella perimetrazione del<br />

“Bacino imbrifero di pianura e pedecollina del torrente <strong>Idice</strong>” normata dall’art. 20<br />

“Controllo degli apporti d’acqua” delle norme di Piano.<br />

Viene inoltre individuato il tracciato del “Reticolo idrografico principale” (torrente <strong>Savena</strong>,<br />

torrente Zena, torrente <strong>Idice</strong>), del “Reticolo idrografico secondario” (torrente<br />

Laurinziano) e del “Reticolo idrografico minore” tutti normati dall’art. 15 “Alveo attivo”<br />

delle NTA.<br />

Con riferimento alle tavole di zonizzazione ed in particolare “Zonizzazione torrente <strong>Idice</strong>”<br />

(tavv. 2.2, 2.4, 2.5), “Zonizzazione torrente <strong>Savena</strong> vivo” (tavv. 2.15, 2.16, 2.17, 2.18, 2.19,<br />

2.20), “Zonizzazione torrente Zena” (tavv. 2.22, 2.23, 2.24, 2.25) e “Zonizzazione torrente<br />

Laurinziano” (tav. 2.35), i territori dei tre comuni risultano interessati dalla perimetrazione<br />

dell’”Alveo attivo zonizzato del reticolo idrografico principale e secondario (art. 15)” e<br />

dalle relative “Fascie di pertinenza fluviale (art. 18)”; vengono inoltre individuati gli “Assi<br />

del reticolo idrografico principale non zonizzato” (art. 15) e gli “Assi del reticolo<br />

idrografico secondario non zonizzato” (art. 15). Lungo tutti e tre i corsi d’acqua del reticolo<br />

idrografico principale sono inoltre segnatale “Aree ad alta probabilità di inondazione”,<br />

normate dall’art. 16 delle norme di Piano.<br />

Con riferimento alla Tav. A “Localizzazione delle situazioni a rischio elevato e molto<br />

elevato”, vengono segnalate diverse “Aree ad alta probabilità di inondazione” sia lungo il<br />

corso del torrente <strong>Savena</strong>, che in misura più massiccia, lungo il corso del torrente Zena. In<br />

territorio di Pianoro, lungo il corso dello Zena, sono inoltre localizzate due “situazioni a<br />

rischio elevato o molto elevato”, una in località Botteghino di Zocca, alla confluenza del rio<br />

Laurenzano nel torrente Zena , l’altra poco più a valle, in località C. del Canale.<br />

Con riferimento alla Tav. B “Aree passibili di inondazione e sezioni trasversali di<br />

riferimento”, viene indicato l’”Alveo attivo zonizzato” dei tre corsi d’acqua principali<br />

(<strong>Savena</strong>, Zena e <strong>Idice</strong>) e la “Linea di esondazione per piene con tempi di ritorno di 200<br />

anni”; lungo il <strong>Savena</strong> ed in misura maggiore, lungo il tracciato del torrente Zena, vengono<br />

inoltre individuate le “Aree ad alta probabilità di inondazione relative a piene con tempi di<br />

ritorno di 50 anni”. Non si segnalano comunque “Tratti passibili di sormonto arginale per<br />

piene con tempi di ritorno di 200 anni”.<br />

Gli ambiti individuati, d’interesse territoriale, sono quindi i seguenti:<br />

136<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


– Alveo Attivo e Reticolo Idrografico, come insieme degli alvei attivi, normati dall’art. 15<br />

delle NTA; l'alveo attivo è l'ambito territoriale di maggiore tutela, è definito come<br />

l'insieme degli spazi normalmente occupati dalle acque per tempi di ritorno di 5-10 anni,<br />

del volume di terreno che circoscrive tali spazi e che interagisce con le masse d'acqua e<br />

di ogni elemento che partecipa alla determinazione del regime idraulico. Il reticolo<br />

idrografico è costituito dall'insieme degli alvei attivi ed è classificato in primario,<br />

secondario, minore e minuto a seconda dell'importanza del corso d'acqua;<br />

- Fasce di Pertinenza Fluviale, normate dell’art. 18 delle NTA, sono le porzioni di<br />

territorio latitanti i corsi d’acqua, occupate solo saltuariamente dalle acque o mai<br />

occupate superficialmente ma soggette a scambi idrici sub superficiali o sotterranei con<br />

il corso d'acqua. In pianura dove la forte artificializzazione del territorio e degli<br />

ambienti fluviali ha ristretto i corsi d'acqua all'interno di argini anche molto elevati<br />

confinando così al loro interno anche il sistema fluviale, l'individuazione della pertinenza<br />

fluviale assume una forte connotazione pianificatoria, viene indicata come l'area da<br />

dedicare alle azioni di recupero dei sistemi fluviali nella loro funzione idraulica ed<br />

ecologica.<br />

- Aree ad alta probabilità di inondazione, normate dall’art. 16 delle NTA, definiscono le<br />

situazioni a rischio idraulico elevato e molto elevato (ed anche delle altre situazioni a<br />

rischio) e, in relazione a tempi di ritorno pari a 50 anni, la dimensione fluviale nei tratti<br />

non arginati e le aree soggette a inondazione con effetti idrodinamici rilevanti nei tratti<br />

arginati. La definizione delle aree ad alta probabilità di inondazione si basa sulla<br />

determinazione delle condizioni idrauliche (portata, livelli idrici, velocità) con le quali<br />

avviene il moto nel corso d'acqua, imponendo una sollecitazione (onda di piena) con le<br />

caratteristiche di ricorrenza (probabilità di accadimento) imposte (TR = 50 anni).<br />

La normativa di Piano viene recepita ed integrata dalle NTA del PTCP della Provincia di<br />

Bologna e pertanto si rimanda al paragrafo relativo per i riferimenti normativi.<br />

<br />

PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE (PTCP)<br />

Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Bologna, adottato con la<br />

Delibera del Consiglio Provinciale n. 3 dell'11 febbraio 2003 e approvato con Delibera del<br />

Consiglio Provinciale n. 19 del 30 marzo 2004, è lo strumento di programmazione e<br />

pianificazione territoriale con il quale Provincia coordina, indirizza e pianifica il governo del<br />

territorio.<br />

L’Amministrazione Provinciale di Bologna, con Determina n. 278270/2004 del 18 novembre<br />

2004, ha recepito le modifiche ai piani di bacino secondo quanto previsto dall’art. 3 del<br />

Protocollo d’intesa tra la stessa amministrazione provinciale e l’Autorità di Bacino del<br />

Fiume Reno, sottoscritta in data giugno 2004.<br />

Conformemente a quanto previsto dal D. Lgs. 152/99 e dalla Direttiva europea 2000/60<br />

(Direttiva Quadro sulle Acque), la Regione ha approvato il Piano di Tutela delle Acque<br />

(Delibera n. 40 dell’Assemblea legislativa il 21 dicembre 2005). In attuazione al PTA, la<br />

Provincia è tenuta ad adeguare i propri strumenti (PTCP e PIAE) entro 12 mesi<br />

dall’approvazione del PTA. In particolare per i PTCP ed i PIAE l’adeguamento comporta<br />

- la traduzione in scala operativa delle perimetrazioni espresse nella tavola 1 del PTA<br />

(“zone di protezione delle acque sotterranee nel territorio di pedecollina-pianura: aree<br />

di ricarica”) e nella Fig. 1.18 del paragrafo 1.3.4.3.3. della Relazione Generale (“bacini<br />

imbriferi relativi ai punti di presa delle acque superficiali destinate alla produzione di<br />

acqua potabile” costituenti le zone di protezione delle acque superficiali),<br />

137<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


- il recepimento all’interno degli ambiti, dei dati conoscitivi e delle strategie territoriali<br />

predisposti dal PTA come elementi di riferimento per la regolamentazione degli usi e<br />

delle trasformazioni ammissibili.<br />

Con particolare riferimento ai contenuti del Piano, “il PTCP disciplina il concorso della<br />

Provincia alla determinazione degli obiettivi, indirizzi e programmi d'intervento statali e<br />

regionali. In particolare provvede, in riferimento al proprio ambito di applicazione e di<br />

competenze, alla valutazione di coerenza territoriale e di sostenibilità ambientale, sociale<br />

ed economica delle proprie scelte strategiche, nonché alla specificazione ed all’attuazione<br />

dei piani e programmi dello Stato e della Regione”.<br />

Come stabilito dall’art. 2.3 delle N.T.A. del PTCP vigente, “il PTCP è strumento di indirizzo e<br />

coordinamento per la pianificazione urbanistica comunale e intercomunale. Costituisce il<br />

riferimento, insieme agli altri strumenti di pianificazione provinciali e regionali:<br />

- per la verifica di conformità dei Piani Strutturali Comunali, anche in forma associata, ai<br />

sensi dell’art. 32 comma 7 della L.R. 20/2000;<br />

- per l’espressione delle riserve, osservazioni e pareri previsti dalla legge riguardo agli<br />

strumenti di pianificazione comunali e agli atti di programmazione negoziata;<br />

- per la promozione e sottoscrizione di accordi di pianificazione, di accordi territoriali e di<br />

accordi con i privati, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 14, 15 e 18 della L.R. 20/2000.<br />

Gli strumenti di pianificazione comunali generali e settoriali devono garantire la coerenza<br />

con la VALSAT del PTCP. L’entità del contributo al perseguimento degli obiettivi generali e<br />

specifici espressi dal PTCP costituisce elemento di valutazione della sostenibilità<br />

ambientale e territoriale (VALSAT) di ciascun PSC.<br />

La Provincia promuove l’elaborazione dei Piani Strutturali Comunali in forma associata, nei<br />

termini di cui al successivo art. 15.3, anche quale approfondimento ed aggiornamento dei<br />

contenuti del PTCP. ”<br />

Con riferimento alla Tav. QC.6/T1 “Suolo – Sottosuolo – Acque: Vincoli e tutele esistenti”,<br />

di seguito si riportano sinteticamente gli articoli delle N.T.A. del Piano che hanno interesse<br />

per l’area comunale.<br />

TITOLO 4 - TUTELA DELLA RETE IDROGRAFICA E DELLE RELATIVE PERTINENZE E<br />

SICUREZZA IDRAULICA<br />

(questo titolo recepisce e integra gli artt. da 15 a 25 del PSAI, le corrispondenti norme<br />

degli altri Piani Stralcio di Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4, nonché gli artt. 17, 18,<br />

34 e l’Elaborato M del PTPR)<br />

Art. 4.2 - Alvei attivi e invasi dei bacini idrici (AA)<br />

(questo titolo recepisce e integra gli artt. da 15 a 25 del PSAI, le corrispondenti norme<br />

degli altri Piani Stralcio di Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4 delle NTA del PTCP,<br />

nonché gli artt. 17, 18, 34 e l’Elaborato M del PTPR).<br />

Gli alvei attivi sono definiti come “l’insieme degli spazi normalmente occupati, con<br />

riferimento ad eventi di pioggia con tempi di ritorno di 5-10 anni, da masse d’acqua in<br />

quiete od in movimento, delle superfici che li delimitano, del volume di terreno che<br />

circoscrive tali spazi e che interagisce meccanicamente od idraulicamente con le masse<br />

d’acqua contenute in essi e di ogni elemento che partecipa alla determinazione del regime<br />

idraulico delle masse d’acqua medesime”.<br />

Il reticolo idrografico, costituito dall’insieme degli alvei attivi, è individuato nella tav. 1 del<br />

PTCP come indicazione delle aree occupate dall’alveo attivo, oppure come asse del corso<br />

d’acqua. In questo secondo caso, quando le condizioni morfologiche non ne consentano<br />

l’individuazione in sede di PSC, la normativa di Piano si applica alle aree comprese entro una<br />

138<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


distanza planimetrica, in destra e in sinistra dall’asse del corso d’acqua, di 20 m per parte<br />

per il reticolo idrografico principale, di 15 m per parte per quello secondario, di 10 m per<br />

parte per quello minore e di 5 m per parte per quello minuto. Gli alvei attivi sono destinati<br />

al libero deflusso delle acque e alle opere di regimazione idraulica e di difesa del suolo da<br />

parte delle autorità competenti, queste ultime da realizzarsi preferibilmente con tecniche<br />

di ingegneria naturalistica, tendenti a ridurre il grado di artificialità del corso d’acqua e a<br />

favorire la contestuale funzione di corridoio ecologico.<br />

Le disposizioni normative dell’articolo 4.2 del PTCP stabiliscono che negli alvei non è<br />

ammissibile qualunque attività che possa comportare un apprezzabile rischio idraulico per<br />

le persone e le cose o rischio di inquinamento delle acque o di fenomeni franosi;<br />

l’utilizzazione agricola del suolo, compresi i rimboschimenti ad uso produttivo e gli impianti<br />

per l’arboricoltura da legno, deve essere superata al fine di favorire il riformarsi della<br />

vegetazione spontanea e l’efficacia della funzione di corridoio ecologico, nei limiti di<br />

compatibilità con l’efficiente deflusso delle acque.<br />

Con riguardo alle infrastrutture e agli impianti tecnici per servizi essenziali di pubblica<br />

utilità, comprensivi dei relativi manufatti complementari e di servizio, quali: infrastrutture<br />

per la mobilità (strade, infrastrutture di trasporto in sede propria, approdi e opere per la<br />

navigazione interna), infrastrutture tecnologiche a rete per il trasporto di acqua, energia,<br />

materiali, e per la trasmissione di segnali e informazioni, invasi, impianti per la captazione e<br />

il trattamento e la distribuzione di acqua<br />

sono ammissibili interventi di:<br />

a) manutenzione di infrastrutture e impianti esistenti;<br />

b) ristrutturazione, ampliamento, potenziamento di infrastrutture e impianti esistenti non<br />

delocalizzabili;<br />

c) realizzazione ex-novo, quando non diversamente localizzabili, di attrezzature e impianti<br />

che siano previsti in strumenti di pianificazione provinciali, regionali o nazionali. La<br />

subordinazione alla eventuale previsione in uno di tali strumenti di pianificazione non si<br />

applica alle strade, agli impianti per l’approvvigionamento idrico e per le<br />

telecomunicazioni, agli impianti a rete per lo smaltimento dei reflui, ai sistemi<br />

tecnologici per il trasporto di energia che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto<br />

al servizio della popolazione di non più di un comune ovvero di parti della popolazione di<br />

due comuni confinanti.<br />

i progetti degli interventi di cui alle lettere b) e c) sono approvati da l’Ente competente,<br />

previa verifica della compatibilità. Per le infrastrutture lineari non completamente<br />

interrate deve essere previsto esclusivamente l'attraversamento, evitando che esse<br />

corrano parallelamente al corso d’acqua.<br />

Al fine di consentire interventi di manutenzione con mezzi meccanici, lungo le reti di scolo<br />

di bonifica va comunque mantenuta libera da ogni elemento che ostacoli il passaggio una<br />

zona della larghezza di cinque metri esterna a ogni sponda o dal piede dell’argine.<br />

Il progetto preliminare degli interventi di cui alle lettere b) e c) è sottoposto al parere<br />

vincolante, per quanto di sua competenza, dell’Autorità di Bacino.<br />

Le costruzioni eventualmente esistenti all’interno delle aree in oggetto, ad esclusione di<br />

quelle connesse alla gestione idraulica del corso d’acqua, sono da considerarsi in condizioni<br />

di pericolosità idraulica molto elevata e pertanto la Regione e i Comuni possono adottare<br />

provvedimenti per favorire, anche mediante incentivi, la loro rilocalizzazione, salvo che si<br />

tratti di costruzioni di riconosciuto interesse storico-architettonico o di pregio storicoculturale<br />

e testimoniale. Sui manufatti ed edifici tutelati ai sensi del Titolo I del D.Lgs.<br />

490/1999 e su quelli riconosciuti di interesse storico-architettonico o di pregio storicoculturale<br />

e testimoniale dagli strumenti urbanistici comunali sono consentiti gli interventi<br />

che siano definiti ammissibili dagli stessi strumenti, fermo restando che non sono<br />

139<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


ammissibili ampliamenti e che il cambio d’uso è ammissibile a condizione che non determini<br />

aumento di rischio idraulico.<br />

Sugli altri manufatti ed edifici non tutelati sono consentiti soltanto:<br />

- interventi di manutenzione,<br />

- interventi finalizzati ad una sensibile riduzione della vulnerabilità rispetto al rischio<br />

idraulico, comunque, nel caso di edifici, senza aumenti di superficie e di volume.<br />

La realizzazione delle opere suddette, escluse le opere di manutenzione, è comunque<br />

subordinata al parere favorevole dell’Autorità idraulica competente, anche sotto il profilo<br />

della congruenza con i propri strumenti di piano.<br />

Ogni modificazione morfologica, compresi la copertura di tratti appartenenti al reticolo<br />

idrografico principale, secondario, minore, minuto e di bonifica, che non deve comunque<br />

alterare il regime idraulico delle acque, né alterare eventuali elementi naturali fisici e<br />

biologici che conferiscono tipicità o funzionalità all’ecosistema fluviale, è subordinata al<br />

parere favorevole dell'Autorità idraulica competente e la relativa documentazione deve<br />

essere trasmessa all’Autorità di Bacino.<br />

All’interno delle aree in oggetto non può comunque essere consentito:<br />

- l’impianto di nuove colture agricole, ad esclusione del prato permanente, nelle aree non<br />

coltivate da almeno due anni al 27 Giugno 2001;<br />

- il taglio o la piantumazione di alberi o arbusti se non autorizzati dall’autorità idraulica<br />

competente;<br />

- lo svolgimento delle attività di campeggio;<br />

- il transito e la sosta di veicoli motorizzati se non per lo svolgimento delle attività di<br />

controllo e di manutenzione del reticolo idrografico o se non specificatamente<br />

autorizzate dall’autorità idraulica competente;<br />

- l’ubicazione di impianti di stoccaggio provvisorio e definitivo di rifiuti nonché l’accumulo di<br />

qualsiasi tipo di rifiuto.<br />

Art. 4.3 - Fasce di tutela fluviale (FTF)<br />

(il presente articolo recepisce e integra i contenuti degli artt. 17 e 34 e dell’Elaborato M<br />

del PTPR, dell’art. 18 del PSAI, nonché le corrispondenti norme degli altri Piani Stralcio di<br />

Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4 delle NTA del PTCP).<br />

Le fasce di tutela sono definite in relazione a connotati paesaggistici, ecologici e<br />

idrogeologici; esse comprendono le aree significative ai fini della tutela e valorizzazione<br />

dell’ambiente fluviale dal punto di vista vegetazionale e paesaggistico e ai fini del<br />

mantenimento e recupero della funzione di corridoio ecologico, o ancora ai fini della<br />

riduzione dei rischi di inquinamento dei corsi d’acqua e/o di innesco di fenomeni di<br />

instabilità dei versanti; comprendono inoltre le aree all’interno delle quali si possono<br />

realizzare interventi finalizzati a ridurre l’artificialità del corso d’acqua.<br />

La finalità primaria delle fasce di tutela fluviale è quella di mantenere, recuperare e<br />

valorizzare le funzioni idrauliche, paesaggistiche ed ecologiche dei corsi d’acqua. In<br />

particolare le fasce di tutela fluviale assumono una valenza strategica per la realizzazione<br />

del progetto di “rete ecologica”.<br />

La normativa di Piano si applica anche alle aree latistanti al reticolo principale, secondario,<br />

minore e minuto, nei tratti in cui nella tav. 1 non siano graficamente individuate “fascia di<br />

tutela fluviale” o “fasce di pertinenza fluviale”, per una larghezza planimetrica, sia in<br />

destra che in sinistra dal limite dell’alveo attivo, pari a:<br />

- nei corsi d’acqua del “reticolo idrografico principale”: 30 metri;<br />

- nei corsi d’acqua del “reticolo idrografico secondario”: 20 metri;<br />

- nei corsi d’acqua del “reticolo idrografico minore”: 10 metri;<br />

- nella restante parte del reticolo idrografico: 5 metri dal limite del corso d’acqua.<br />

140<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


La normativa si applica anche al reticolo minore di bonifica non facente parte del reticolo<br />

minore e minuto e non individuato nella cartografia di piano, nel quale la “fascia di tutela<br />

fluviale” viene individuata in una fascia laterale di 10 m dal ciglio più elevato della sponda o<br />

dal piede arginale esterno. Nei tratti compresi nel territorio urbanizzato e nei tratti<br />

coperti, la fascia di pertinenza è ridotta a 5 metri rispettivamente dal ciglio di sponda e<br />

dal limite a campagna della infrastruttura. Restano esclusi dall’applicazione normativa i<br />

centri storici individuati dagli strumenti urbanistici quando non la norma non risulti<br />

compatibile con il tessuto urbano consolidato degli stessi.<br />

Gli strumenti urbanistici comunali od intercomunali, possono prevedere, ove opportuno:<br />

sistemazioni atte a ripristinare e favorire la funzione di corridoio ecologico; percorsi e<br />

spazi di sosta pedonali e per mezzi di trasporto non motorizzati; sistemazioni a verde per<br />

attività del tempo libero all’aria aperta e attrezzature sportive scoperte che non diano<br />

luogo a impermeabilizzazione del suolo; aree attrezzate per la balneazione; chioschi e<br />

attrezzature per la fruizione dell’ambiente fluviale e perifluviale, le attività ricreative e la<br />

balneazione.<br />

Per quanto riguarda le attività agricole e forestali, nelle fasce di tutela fluviale, a distanza<br />

di 10 m. dal limite degli invasi ed alvei di piena ordinaria, è consentita l'ordinaria<br />

utilizzazione agricola del suolo e l'attività di allevamento, quest'ultima esclusivamente in<br />

forma non intensiva qualora di nuovo impianto. È ammessa la realizzazione di piste di<br />

esbosco e di servizio forestale di larghezza non superiore a 3,5 metri strettamente<br />

motivate dalla necessità di migliorare la gestione e la tutela dei beni forestali interessati.<br />

Con riguardo alle infrastrutture e agli impianti tecnici per servizi essenziali di pubblica<br />

utilità, comprensivi dei relativi manufatti complementari e di servizio, quali: infrastrutture<br />

per la mobilità (strade, infrastrutture di trasporto in sede propria, approdi e opere per la<br />

navigazione interna), infrastrutture tecnologiche a rete per il trasporto di acqua, energia,<br />

materiali, e per la trasmissione di segnali e informazioni, invasi, impianti per la captazione e<br />

il trattamento e la distribuzione di acqua e per il trattamento di reflui, impianti per la<br />

trasmissione di segnali e informazioni via etere, opere per la protezione civile non<br />

diversamente localizzabili, impianti temporanei per attività di ricerca di risorse nel<br />

sottosuolo,<br />

sono ammissibili interventi di:<br />

a) manutenzione di infrastrutture e impianti esistenti;<br />

b) ristrutturazione, ampliamento, potenziamento di infrastrutture e impianti esistenti non<br />

delocalizzabili;<br />

c) realizzazione ex-novo, quando non diversamente localizzabili, di attrezzature e impianti<br />

che siano previsti in strumenti di pianificazione provinciali, regionali o nazionali, oppure<br />

che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al servizio della popolazione di non più<br />

di un comune ovvero di parti della popolazione di due comuni confinanti.<br />

i progetti degli interventi di cui alle lettere b) e c) sono approvati da l’Ente competente,<br />

previa verifica della compatibilità. Per le infrastrutture lineari non completamente<br />

interrate deve evitarsi che corrano parallele al corso d’acqua.<br />

Al fine di consentire interventi di manutenzione con mezzi meccanici, lungo le reti di scolo<br />

di bonifica va comunque mantenuta libera da ogni elemento che ostacoli il passaggio una<br />

fascia della larghezza di cinque metri esterna a ogni sponda o dal piede dell’argine.<br />

Il progetto preliminare degli interventi di cui alle lettere b) e c), salvo che si tratti di<br />

opere di rilevanza strettamente locale, è sottoposto al parere vincolante, per quanto di sua<br />

competenza, dell’Autorità di Bacino.<br />

Con riferimento agli interventi edilizi, nelle fasce di tutela fluviale sono ammissibili, nei<br />

limiti in cui siano ammessi dagli strumenti urbanistici comunali: gli interventi di recupero di<br />

costruzioni legittimamente in essere, la realizzazione di nuove superfici accessorie<br />

pertinenziali ad edifici legittimamente in essere, ogni intervento edilizio sulle costruzioni<br />

141<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


legittimamente in essere qualora definito ammissibile dallo strumento urbanistico comunale<br />

e finalizzato al miglioramento della fruibilità e alla valorizzazione ambientale dell’ambito<br />

fluviale, impianti tecnici di modesta entità quali cabine elettriche, cabine di<br />

decompressione del gas, impianti di pompaggio e simili, la realizzazione, quando non<br />

diversamente localizzabili, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre strutture<br />

strettamente connesse alla conduzione del fondo agricolo e alle esigenze abitative di<br />

soggetti aventi i requisiti di imprenditore agricolo a titolo principale, ad una distanza<br />

minima di m. 10 dal limite dell’alveo attivo, nonché di strade poderali ed interpoderali di<br />

larghezza non superiore a 4 metri lineari; non è ammessa comunque la formazione di nuovi<br />

centri aziendali, gli interventi edilizi sulla base di titoli abilitativi già legittimamente<br />

rilasciati alla data del 11 febbraio 2003 (data di adozione delle norme di Piano). Sono<br />

altresì consentiti gli interventi edilizi all’interno del Territorio Urbanizzato (v.) alla data<br />

del 29 giugno 1989 (data di entrata in salvaguardia del PTPR) e all’interno delle aree che<br />

siano state urbanizzate in data successiva al 29 giugno 1989 e costituiscano Territorio<br />

Urbanizzato al 11 febbraio 2003 (data di adozione delle presenti norme) sulla base di<br />

provvedimenti urbanistici attuativi e titoli abilitativi rilasciati nel rispetto delle<br />

disposizioni dell’art. 17, commi 2, 3, 11 e 12, o dell’art. 37 del PTPR e l’attuazione delle<br />

previsioni di urbanizzazione e di edificazione contenute nei Piani Regolatori Generali vigenti<br />

alla data del 11 febbraio 2003, qualora non ricadenti nelle zone già assoggettate alle<br />

disposizioni dell’art. 17 del PTPR.<br />

La realizzazione degli interventi edilizi di cui in precedenza è subordinata all’adozione di<br />

misure di riduzione dell’eventuale rischio idraulico, riguardo alle quali il Comune, nell’ambito<br />

del procedimento abilitativo, provvede a verificare l’adeguatezza e a introdurre le<br />

opportune prescrizioni. Per quanto riguarda gli edifici esistenti, in tutti i casi in cui sia<br />

dimostrata la presenza di situazioni di rischio idraulico anche non evidenziate negli<br />

elaborati di piano, i Comuni dettano norme o emanano atti che consentano e/o promuovano,<br />

anche mediante incentivi, la realizzazione di interventi finalizzati alla riduzione della loro<br />

vulnerabilità.<br />

Sui complessi industriali e sulle loro pertinenze funzionali, non ricompresi all’interno del<br />

perimetro del Territorio Urbanizzato di centri abitati, ove i detti complessi ricadano,<br />

anche parzialmente, nelle aree di cui al presente articolo e fossero già insediati in data<br />

antecedente al 29 giugno 1989, sono consentiti, quando non diversamente localizzabili,<br />

interventi di ammodernamento, di ampliamento, e/o di riassetto organico, sulla base di<br />

specifici programmi di qualificazione e sviluppo aziendale, riferiti ad una dimensione<br />

temporale di medio termine.<br />

I Comuni, mediante i propri strumenti di pianificazione, individuano i complessi turistici<br />

all'aperto, insistenti entro le fasce di tutela ordinaria, che devono essere trasferiti in aree<br />

esterne a tali zone, definendo come tali quelli insistenti su aree ricadenti entro il<br />

perimetro della piena bicentenaria, o soggette a fenomeni erosivi; individuano inoltre le<br />

aree idonee per la loro nuova localizzazione, i complessi turistici che, in conseguenza<br />

dell'insussistenza di aree idonee alla loro rilocalizzazione, possono permanere dentro le<br />

predette zone, subordinatamente ad interventi di riassetto, le modalità di tali interventi,<br />

le caratteristiche dimensionali, morfologiche e tipologiche, sia dei complessi turistici<br />

all'aperto di nuova localizzazione, che di quelli sottoposti a riassetto ed i tempi entro i<br />

quali devono aver luogo le operazioni di trasferimento, ovvero quelle di riassetto.<br />

Ogni modificazione morfologica del suolo suscettibile di determinare modifiche al regime<br />

idraulico delle acque superficiali e sotterranee, ivi comprese le opere per la difesa del<br />

suolo e di bonifica montana, va sottoposta al parere dell’Autorità di Bacino che si esprime<br />

in merito alla compatibilità e coerenza degli interventi con i propri strumenti di piano.<br />

Nelle fasce di tutela fluviale relative alla porzione montana dei corsi d’acqua, e in quelle<br />

ricadenti nelle porzioni dei conoidi della pedecollina e alta pianura classificate con grado di<br />

142<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


vulnerabilità dell’acquifero alto, elevato o estremamente elevato, come individuate nella<br />

tav. 1 del PTCP si applicano le norme di tutela della qualità delle risorse idriche sotterranee<br />

di cui all’art. 5.3.<br />

Inoltre, al fine di salvaguardare l’integrità del tetto dell’acquifero freatico e il<br />

mantenimento delle comunicazioni in essere tra acquifero e corso d’acqua, i RUE devono<br />

definire i limiti alla costruzione di vani interrati e la profondità massima dei piani di posa<br />

delle fondazioni che comunque non dovranno condizionare il flusso del livello freatico in<br />

regime di piena (escursione massima della falda).<br />

Art. 4.4 - Fasce di pertinenza fluviale (FPF)<br />

(il presente articolo recepisce e integra i contenuti dell’art. 18 del PSAI, nonché le<br />

corrispondenti norme degli altri Piani Stralcio di Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4<br />

delle NTA del PTCP).<br />

Le fasce di pertinenza sono definite come le ulteriori aree latistanti ai corsi d’acqua, non<br />

già comprese nelle fasce di tutela, che, anche in relazione alle condizioni di connessione<br />

idrologica dei terrazzi, possono concorrere alla riduzione dei rischi di inquinamento dei<br />

corsi d’acqua e/o di innesco di fenomeni di instabilità dei versanti, al deflusso delle acque<br />

sotterranee, nonché alle funzioni di corridoio ecologico e di qualificazione paesaggistica;<br />

comprendono inoltre le aree all’interno delle quali si possono realizzare interventi<br />

finalizzati a ridurre l’artificialità del corso d’acqua.<br />

La finalità primaria delle fasce di pertinenza fluviale è quella di mantenere, recuperare e<br />

valorizzare le funzioni idrogeologiche, paesaggistiche ed ecologiche degli ambienti fluviali.<br />

Esse possono assumere una valenza strategica per l’attuazione del progetto di rete<br />

ecologica. A queste finalità primarie sono associabili altre funzioni compatibili con esse ed<br />

in particolare la fruizione dell’ambiente fluviale e perifluviale per attività ricreative e del<br />

tempo libero e la coltivazione agricola del suolo. Le fasce di pertinenza fluviale faranno<br />

pertanto parte di norma del territorio rurale e non dovranno di norma essere destinate ad<br />

insediamenti e infrastrutture, salvo che facciano già parte del Territorio Urbanizzato e<br />

salvo situazioni particolari.<br />

Gli strumenti urbanistici comunali od intercomunali, possono prevedere, ove opportuno:<br />

sistemazioni atte a ripristinare e favorire la funzione di corridoio ecologico; percorsi e<br />

spazi di sosta pedonali e per mezzi di trasporto non motorizzati; sistemazioni a verde per<br />

attività del tempo libero all’aria aperta e attrezzature sportive scoperte che non diano<br />

luogo a impermeabilizzazione del suolo; aree attrezzate per la balneazione; chioschi e<br />

attrezzature per la fruizione dell’ambiente fluviale e perifluviale, le attività ricreative e la<br />

balneazione.<br />

Anche nelle fasce di pertinenza fluviale la presenza e l’insediamento di attività e<br />

costruzioni per funzioni diverse da quelle suddette è ammissibile esclusivamente nei limiti e<br />

alle condizioni già riportate per le Fasce di tutela fluviale (FTF) di cui all’art. 4.3.<br />

Sono inoltre ammissibili la realizzazione e l’ampliamento di campeggi e di attrezzature<br />

sportive, ricreative e turistiche, la destinazione di aree contermini al perimetro del<br />

territorio urbanizzato di centri abitati per nuove funzioni urbane, qualora si tratti di<br />

“opere non diversamente localizzabili”, la realizzazione di impianti di smaltimento e di<br />

recupero di rifiuti nei limiti prescritti dall’art. 14.4 della normativa di piano e secondo le<br />

indicazioni di seguito specificate, a condizioni che:<br />

- le aree interessate dagli interventi non siano passibili di inondazioni e/o sottoposte ad<br />

azioni erosive dei corsi d’acqua in riferimento ad eventi di pioggia con tempi di ritorno di<br />

200 anni;<br />

- gli interventi non incrementino il pericolo di innesco di fenomeni di instabilità dei versanti<br />

e che le stesse aree interessate dagli interventi non siano soggette a fenomeni di<br />

instabilità tali da comportare un non irrilevante rischio idrogeologico;<br />

143<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


- per realizzare le condizioni di cui sopra non sia necessario realizzare opere di protezione<br />

dell’insediamento dalla piene;<br />

- gli interventi non comportino un incremento del pericolo di inquinamento delle acque;<br />

- le nuove previsioni non compromettano elementi naturali di rilevante valore;<br />

Nelle fasce di pertinenza fluviale sono vietate le attività di gestione di rifiuti urbani,<br />

speciali e pericolosi ad eccezione:<br />

- del recupero di rifiuti speciali inerti presso impianti già in essere di lavorazione di inerti<br />

naturali, per una soglia dimensionale non superiore a 3000 t./anno e comunque entro i<br />

limiti temporali nei quali l’impianto è autorizzato, ai sensi del PIAE,<br />

- le operazioni di recupero ambientale con l’utilizzo di rifiuti speciali non pericolosi ai<br />

sensi del D.M. 5/2/1998, solo se compatibili con le caratteristiche chimico/fisiche e<br />

geomorfologiche dell’area da recuperare;<br />

- delle operazioni di stoccaggio e compostaggio di rifiuti ligneo-cellulosici, ovvero di rifiuti<br />

vegetali da coltivazioni agricole e scarti di legno non impregnato di cui al punto 16.1,<br />

lettere b), c), h), e l) dell’allegato 1, Sub-allegato 1 del D.M. 5/2/1998, nei limiti massimi<br />

di 1000 t./anno per ciascun impianto autorizzato;<br />

- del trattamento di rifiuti liquidi in impianti di depurazione di acque reflue urbane<br />

esistenti, nei limiti della capacità residua dell’impianto ed ai sensi dall’art. 36 commi 2 e<br />

3 del D.Lgs. 152/1999 e succ. modificazioni;<br />

- delle operazioni di ricondizionamento preliminare, ai sensi del D.Lgs. 22/97, dei fanghi<br />

prodotti da impianti di depurazione esistenti e trattamento negli stessi di rifiuti<br />

speciali prodotti da terzi, nei limiti della capacità depurativa residua dell’impianto<br />

preesistente.<br />

Sono ammessi, ai fini della raccolta:<br />

- il deposito temporaneo di rifiuti urbani anche in stazioni ecologiche di base e stazioni<br />

ecologiche attrezzate;<br />

- il deposito temporaneo di rifiuti speciali, anche collettivo purché previsto da specifici<br />

accordi di programma per la corretta gestione dei rifiuti ai sensi dell’art. 4 comma 4 del<br />

D.Lgs. 22/97.<br />

Art. 4.5 - Aree ad alta probabilità di inondazione<br />

(il presente articolo recepisce e integra i contenuti dell’art. 16 del PSAI, nonché le<br />

corrispondenti norme degli altri Piani Stralcio di Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4<br />

delle NTA del PTCP).<br />

Le aree ad alta probabilità di inondazione sono definite come le aree passibili di<br />

inondazione e/o esposte alle azioni erosive dei corsi d’acqua per eventi di pioggia con tempi<br />

di ritorno inferiori od uguali a 50 anni. Gli elementi antropici presenti in tali aree, e<br />

rispetto ai quali il danno atteso è medio o grave, danno luogo a rischio idraulico elevato e<br />

molto elevato. Le aree ad alta probabilità di inondazione interessano prevalentemente<br />

porzioni delle fasce di tutela e delle fasce di pertinenza fluviale.<br />

La finalità primaria del Piano con riferimento alle aree ad alta probabilità di inondazione è<br />

quella di ridurre il rischio idraulico, salvaguardando nel contempo le funzioni idrauliche,<br />

paesaggistiche ed ecologiche dei corsi d’acqua.<br />

Ferme restando le altre disposizioni previste dal Piano ed in particolare, ove applicabili, le<br />

norme relative alle Fasce di Tutela Fluviale (FTF) ed alle Fasce di Pertinenza Fluviale (FPF),<br />

agli interventi ammissibili in queste aree si applicano le seguenti limitazioni e precisazioni:<br />

a) Fatto salvo quanto previsto dalle successive lettere e) e f), può essere consentita la<br />

realizzazione di nuovi fabbricati e manufatti solo nei casi in cui essi siano interni al<br />

territorio urbanizzato o si collochino in espansioni contermini dello stesso e la loro<br />

realizzazione non incrementi sensibilmente il rischio idraulico rispetto al rischio<br />

esistente.<br />

144<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


) Fatto salvo quanto previsto dalle successive lettere e) e f), può essere consentita la<br />

realizzazione di nuove infrastrutture, comprensive dei relativi manufatti di servizio,<br />

solo nei casi in cui esse siano riferite a servizi essenziali non diversamente localizzabili,<br />

la loro realizzazione non incrementi sensibilmente il rischio idraulico rispetto al rischio<br />

esistente e risultino coerenti con la pianificazione degli interventi d’emergenza di<br />

protezione civile.<br />

c) Sui fabbricati esistenti, fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera f), possono<br />

essere consentiti solo interventi edilizi o variazioni di destinazione d’uso che non<br />

incrementino sensibilmente il rischio idraulico rispetto al rischio esistente. Possono<br />

essere previsti interventi di delocalizzazione finalizzati ad una sostanziale riduzione del<br />

rischio idraulico, purché la nuova localizzazione non ricada nelle fasce di tutela fluviale<br />

di cui all’art. 4.3. Possono comunque, previa adozione delle possibili misure di riduzione<br />

del rischio, essere consentite:<br />

c1) gli interventi di manutenzione e restauro;<br />

c2) gli interventi ammissibili ai sensi degli strumenti urbanistici vigenti sui manufatti ed<br />

edifici tutelati ai sensi del Titolo I del D.Lgs. 490/1999 e su quelli riconosciuti di<br />

interesse storico-architettonico o di pregio storico-culturale e testimoniale;<br />

c3) trasformazioni di fabbricati definite dalle amministrazioni comunali a “rilevante<br />

utilità sociale” espressamente dichiarata.<br />

d) Nella valutazione dell’incremento di rischio di cui alle precedenti lettere a), b) e c)<br />

devono essere prese in considerazione le variazioni dei singoli fattori e delle variabili<br />

che concorrono alla determinazione del rischio idraulico come definito nell’art. 1.5 delle<br />

norme di Piano.<br />

e) Le amministrazioni comunali possono determinare, prescrivendo comunque la preventiva<br />

realizzazione delle possibili misure di riduzione del rischio, di dare attuazione alle<br />

previsioni contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica comunale vigenti alla<br />

data del 27 giugno 2001 riguardanti aree che dagli elaborati di piano o da successivi<br />

approfondimenti conoscitivi non risultino interessate da eventi di piena con tempi di<br />

ritorno inferiori od uguali a 30 anni e che non siano già assoggettate alle disposizioni<br />

dell’art. 17 del PTPR.<br />

f) Può comunque essere attuato quanto previsto da provvedimenti abilitativi che siano stati<br />

resi esecutivi prima del 27 giugno 2001 e, previa adozione delle possibili misure di<br />

riduzione del rischio, gli interventi sulle aree, non già assoggettate alle disposizioni<br />

dell’art. 17 del PTPR, i cui piani urbanistici attuativi siano stati resi vigenti prima del 27<br />

giugno 2001.<br />

g) È sottoposto al parere dell’Autorità di Bacino che si esprime in merito alla compatibilità<br />

e coerenza degli interventi con i propri strumenti di piano, il rilascio del titolo abilitativo<br />

per:<br />

- la realizzazione dei nuovi fabbricati di cui alla lettera a);<br />

- la realizzazione delle nuove infrastrutture di cui alla lettera b) ad eccezione di quelle<br />

di rilevanza locale al servizio degli insediamenti esistenti;<br />

- gli ampliamenti, le opere o le variazioni di destinazione d’uso di cui alla lettera c) ad<br />

esclusione di quelle elencate ai punti c1), c2) e c3).<br />

Nelle aree ad alta probabilità di inondazione presenti in tratti non arginati dei corsi d’acqua<br />

e dove sono assenti elementi a rischio, la realizzazione di opere di regimazione fluviale è<br />

consentita solo nei casi in cui tale fatto non induca un incremento apprezzabile della<br />

pericolosità in altre zone.<br />

145<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


Art. 4.7 - Conservazione e valorizzazione del demanio fluviale e progetti di tutela, recupero<br />

e valorizzazione delle aree fluviali e perifluviali<br />

(il presente articolo recepisce e integra i contenuti dell’art. 19 del PSAI, le corrispondenti<br />

norme degli altri Piani Stralcio di Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4 delle NTA del<br />

PTCP, nonché l’art. 32 del PTPR).<br />

Le aree demaniali ricadenti all’interno degli “alvei attivi ed invasi dei bacini idrici”, delle<br />

“fasce di tutela fluviale” e delle “fasce di pertinenza fluviale” sono da conservare e<br />

valorizzare mediante specifiche azioni di tutela ed intervento fra le quali la realizzazione<br />

di parchi fluviali o aree protette e aree finalizzate alla pubblica fruizione.<br />

In particolare il PTCP indica l’esigenza di promuovere progetti di tutela, recupero e<br />

valorizzazione delle aree fluviali e perifluviali prioritariamente laddove queste intersecano<br />

o lambiscono i centri urbani e possono quindi assumere la valenza di aree di compensazione<br />

ecologica degli ambienti urbani e di dotazioni territoriali anche per finalità ricreative,<br />

nonché dove possono assumere la valenza di elementi funzionali della rete ecologica.<br />

Tra le aste fluviali individuate da interessare prioritariamente con progetti di tutela,<br />

recupero e valorizzazione, rientra nei territori dei tre comuni<br />

- il Torrente <strong>Savena</strong> da Pianoro alla confluenza con l’<strong>Idice</strong>;<br />

- i tratti dei torrenti Setta e Sambro interessati da interventi di valorizzazione correlati<br />

alla realizzazione della Variante di valico.<br />

Le Amministrazioni locali competenti per territorio, singolarmente o consorziate, attuano i<br />

progetti di valorizzazione con il coordinamento dall’Autorità di Bacino e seguendo le<br />

indicazioni contenute nella “Norma di indirizzo per la salvaguardia e la conservazione delle<br />

aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e di aree protette” di cui alla delibera n.<br />

1/6 del 14.03.97 del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino.<br />

Art. 4.8 - Controllo degli apporti d’acqua<br />

(il presente articolo recepisce e integra i contenuti dell’art. 20 del PSAI, nonché le<br />

corrispondenti norme degli altri Piani Stralcio di Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4<br />

delle NTA del PTCP)<br />

Il presente articolo stabilisce che, al fine di non incrementare gli apporti d’acqua piovana al<br />

sistema di smaltimento e di favorire il riuso di tale acqua, i Comuni devono prevedere, per<br />

gli ambiti di nuovo insediamento e comunque per le aree non ancora urbanizzate, la<br />

realizzazione di sistemi di raccolta delle acque di tipo duale, ossia composte da un sistema<br />

minore costituito dalle reti fognarie per le acque nere e parte delle acque bianche (prima<br />

pioggia), e un sistema maggiore costituito da collettori, interrati o a cielo aperto e da<br />

sistemi di accumulo per le acque bianche; il sistema maggiore deve prevedere sistemi di<br />

raccolta e accumulo delle acque piovane per un volume complessivo di almeno 500 m 3 per<br />

ettaro di superficie territoriale, ad esclusione delle superfici permeabili destinate a parco<br />

o a verde compatto. Tali sistemi di raccolta, ad uso di una o più delle zone da urbanizzare,<br />

devono essere localizzati in modo tale da raccogliere le acque piovane prima della loro<br />

immissione nel corso d’acqua o collettore di bonifica ricevente individuato dall’Autorità<br />

idraulica competente.<br />

Le caratteristiche funzionali dei sistemi di raccolta sono stabilite dall’Autorità idraulica<br />

competente con la quale devono essere preventivamente concordati i criteri di gestione.<br />

I Comuni, d'intesa con l'Autorità idraulica competente, promuovono la formazione di<br />

sistemi di raccolta unitari a servizio di più ambiti o complessi insediativi.<br />

In sede di PSC, il Comune individua le soluzioni e le localizzazioni di massima per i sistemi di<br />

raccolta, da precisare in sede di pianificazione operativa; le aree necessarie possono<br />

essere individuate come dotazioni ecologiche.<br />

L’adozione, nei terreni ad uso agricolo, di nuovi sistemi di drenaggio che riducano<br />

sensibilmente il volume specifico d’invaso, modificando quindi i regimi idraulici, è soggetta<br />

146<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


ad autorizzazione da parte del Comune ed è subordinata all’attuazione di interventi<br />

compensativi consistenti nella realizzazione di un volume d’invaso pari almeno a 100 m 3 per<br />

ogni ettaro di terreno drenato con tali sistemi e al parere favorevole, espresso sulla base<br />

di un’idonea documentazione in cui sia dimostrato il rispetto di quanto previsto dal presente<br />

punto, dell’Autorità idraulica competente. Ai fini dell’applicazione del presente punto, i<br />

sistemi di “drenaggio tubolare sotterraneo” e di “scarificazione con aratro talpa” sono da<br />

considerare come sistemi che riducono sensibilmente il volume specifico d’invaso.<br />

I Comuni recepiscono e danno attuazione alle disposizioni precedenti nel RUE; gli stessi<br />

Comuni dettano norme o comunque emano atti che consentono e/o promuovono, anche<br />

mediante incentivi, utilizzando anche eventuali finanziamenti statali, regionali e provinciali<br />

allo scopo stabiliti, la realizzazione di sistemi di smaltimento delle acque di tipo duale e di<br />

raccolta e accumulo delle acque piovane anche nelle aree edificate, e nelle aree interessate<br />

da trasformazione urbana.<br />

TITOLO 5 - TUTELA DELLA QUALITÀ E USO RAZIONALE DELLE RISORSE IDRICHE<br />

SUPERFICIALI E SOTTERRANEE<br />

Art. 5.1 - Obiettivi di qualità dei corpi idrici superficiali<br />

Ai sensi del e successive modificazioni e integrazioni, e ferme restando le competenze<br />

della Regione in materia di elaborazione ed approvazione del Piano di Tutela delle acque, ai<br />

sensi delle disposizioni normative vigenti (D.Lgs. 152/99 poi sostituito dal D.Lgs 152/06), il<br />

PTCP assume in via transitoria i seguenti obiettivi di qualità delle acque superficiali:<br />

a) obiettivi di qualità ambientale:<br />

- per tutti i corsi d’acqua di cui all’Allegato B – elenco C1, si assumono gli obiettivi di<br />

qualità ambientale “buono”, ovvero “sufficiente”, da mantenere o da raggiungere entro<br />

le date ivi indicate (dicembre 2016, data poi modificato in 22/12/2015 dal D.lgs<br />

15/12/06); con particolare riferimento alle aree comunali gli obbiettivi di qualità<br />

interesseranno:<br />

Corpo idrico Tratto Obiettivo al Obiettivo al<br />

2008 2015<br />

Setta Dai confini di Provincia sino all’immissione in Reno Buono Buono<br />

<strong>Savena</strong> Dai confini della Provincia sino a Rastignano Buono Buono<br />

<strong>Idice</strong> Dai confini di Provincia sino a San Lazzaro di <strong>Savena</strong> Buono Buono<br />

c) obiettivi di qualità specifici riferiti alla vita dei pesci:<br />

- nei tratti dei corsi d’acqua ricompresi nell’Allegato B – elenco C3 le caratteristiche<br />

chimico-fisiche delle acque devono essere conformi agli obiettivi di qualità posti per la<br />

vita dei Salmonidi, ovvero dei Ciprinidi, secondo quanto indicato nell’elenco stesso;<br />

Comune Corpo idrico Nome stazione Salmonidi<br />

Ciprinidi<br />

Monzuno Setta Molino Cattani (Rioveggio) C C<br />

Monzuno Sambro Rioveggio C C<br />

147<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC<br />

Designata<br />

Classificata<br />

Vengono inoltre proposti, in aggiunta a quelli precedentemente riportati e previsti dalle<br />

vigenti normative, i seguenti obiettivi:<br />

e) obiettivi di qualità specifici riferiti all’uso ricreativo:


- qualità conforme all’uso ricreativo per tutti i corsi d’acqua dei bacini montani nonché,<br />

per quanto riguarda il territorio di pianura, per il Reno fino a Pieve di Cento, per il<br />

<strong>Savena</strong> fino alla confluenza con l’<strong>Idice</strong> e per l’<strong>Idice</strong> fino a Castenaso.<br />

f) obiettivi di qualità specifici riferiti all’uso irriguo:<br />

- per tutti i corsi d’acqua significativi, così come definiti dal D.Lgs. 152/99 (poi<br />

sostituito dal D.Lgs 152/06), va previsto l’uso irriguo.<br />

Ogni scarico o derivazione nei tratti elencati nei precedenti punti deve permettere il<br />

raggiungimento degli obiettivi posti e comunque non deve alterare la qualità del corpo idrico<br />

ricettore in modo tale da non consentire il rispetto degli obiettivi posti e/o raggiunti degli<br />

strumenti di pianificazione.<br />

Art. 5.3 - Tutela della qualità delle risorse idriche sotterranee<br />

Il PTCP definisce zone di protezione delle risorse idriche sotterranee<br />

a) le aree dei terrazzi fluviali connessi e dei conoidi permeabili della pedecollina e alta<br />

pianura ed in particolare le aree dei conoidi della pedecollina e alta pianura classificate<br />

con grado di vulnerabilità dell’acquifero alto, elevato o estremamente elevato, come<br />

individuate nelle tav. 2 e 3 del PTCP<br />

b) le aree di salvaguardia delle opere di captazione di acque ad uso potabile.<br />

Per quanto riguarda le aree di cui alla lettera a), le disposizioni normative si applicano:<br />

- alle fasce di tutela fluviale di cui all’art. 4.3 relative alla porzione montana dei corsi<br />

d’acqua, come individuate nella tav. 1;<br />

- alle fasce di pertinenza fluviale di cui all’art. 4.4 relative alla porzione montana dei corsi<br />

d’acqua, come individuate nella tav. 1;<br />

- alle aree dei conoidi della pedecollina e alta pianura classificate con grado di vulnerabilità<br />

dell’acquifero alto, elevato o estremamente elevato, come individuate nelle tav. 2 e 3 del<br />

PTCP, sulla base delle conoscenze disponibili.<br />

Nelle zone di protezione delle risorse idriche sotterranee di cui alla lettera a) sono vietati:<br />

- gli scarichi liberi sul suolo e nel sottosuolo di liquidi e di altre sostanze di qualsiasi genere<br />

o provenienza con la sola eccezione della distribuzione agronomica del letame e delle<br />

sostanze ad uso agrario, nonché dei reflui trattati provenienti da civili abitazioni, o da usi<br />

assimilabili, che sono consentiti nei limiti delle relative disposizioni statali e regionali;<br />

- la realizzazione di nuovi allevamenti zootecnici di tipo intensivo;<br />

- il lagunaggio dei liquami prodotti da allevamenti zootecnici al di fuori di appositi lagoni di<br />

accumulo impermeabilizzati con materiali artificiali;<br />

- la ricerca di acque sotterranee e l’escavazione di pozzi, nei fondi propri o altrui, ove non<br />

autorizzati dalle autorità competenti ai sensi della L. 36/1994 e successive modificazioni<br />

e provvedimenti applicativi;<br />

- l'interramento, l'interruzione o la deviazione delle falde acquifere sotterranee, con<br />

particolare riguardo per quelle alimentanti acquedotti per uso idropotabile;<br />

- l’insediamento di industrie o depositi che trattano fluidi o sostanze idrosolubili che<br />

possono inquinare la falda in caso di sversamenti accidentali, se non con l’adozione di tutte<br />

le misure di contenimento del rischio che saranno ritenute opportune dalle autorità<br />

competenti al rilascio dei pareri igienico-sanitari;<br />

- la realizzazione e l'esercizio di nuove discariche per lo smaltimento dei rifiuti di qualsiasi<br />

genere e provenienza, con l'esclusione delle discariche di seconda categoria tipo A, ai<br />

sensi della delibera del Comitato Interministeriale 27/07/1984, nonché di terre di<br />

lavaggio provenienti dagli zuccherifici, nel rispetto delle disposizioni statali e regionali in<br />

materia.<br />

In tutto il territorio urbano, come definito al Capo A-III della L.R. 20/2000 che ricada<br />

all’interno delle zone di protezione delle risorse idriche di cui alla lettera a), nel caso di<br />

nuove urbanizzazioni o di interventi di riqualificazione urbana con prevalente sostituzione<br />

148<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


degli insediamenti esistenti deve essere prevista la raccolta delle acque bianche e nere per<br />

mezzo di reti separate. In particolare in tutte le strade, i parcheggi e i piazzali di sosta di<br />

veicoli, la superficie destinata al transito e alla sosta dei veicoli deve essere pavimentata in<br />

modo tale da renderla impermeabile e che le acque meteoriche di "prima pioggia" (pari ai<br />

primi 5 mm. di pioggia caduti sulla superficie impermeabile) siano raccolte e convogliate alla<br />

fognatura delle acque nere oppure opportunamente trattate. La norma vale inoltre per<br />

tutte quelle superfici dove è possibile un sia pure accidentale sversamento di fluidi o<br />

polveri inquinanti, quali ad esempio i piazzali dei distributori di carburanti o delle officine<br />

di riparazione dei veicoli.<br />

Per gli insediamenti produttivi deve in ogni caso essere garantito il deposito temporaneo<br />

dei rifiuti in condizioni di massima sicurezza.<br />

Le pratiche agronomiche devono essere tali da prevenire la dispersione di nutrienti e<br />

fitofarmaci nell’acquifero soggiacente.<br />

Le zone di protezione delle falde di cui al primo punto lettera a) sono zone di particolare e<br />

prioritaria applicazione del codice di buona pratica agricola di cui alla dir. CE 91/676, delle<br />

iniziative di lotta biologica e lotta guidata/integrata, di sperimentazione di nuovi indirizzi<br />

colturali tali da controllare la diffusione nel suolo e nel sottosuolo di azoto e altri nutrienti.<br />

I nuclei abitati e le attività zootecniche e produttive non allacciate e non allacciabili ad una<br />

rete di pubblica fognatura recapitante ad un depuratore, localizzate entro zone di<br />

protezione delle risorse idriche sotterranee, costituiscono obiettivo prioritario per la<br />

sperimentazione e realizzazione, in accordo con le autorità competenti, di sistemi locali di<br />

contenimento dell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee (ad es. attraverso<br />

impianti di fitodepurazione).<br />

Per quanto riguarda le aree di salvaguardia delle opere di captazione di acque ad uso<br />

potabile, che per l’area in esame fanno riferimento sia ai pozzi che alle sorgenti ad uso<br />

idropotabile devono essere delimitate, in prima approssimazione attraverso il criterio<br />

geometrico per giungere alla successiva delimitazione definitiva attraverso i criteri<br />

temporali o quelli idrogeologici. All’interno delle aree di salvaguardia si riconoscono:<br />

- la zona di tutela assoluta, che deve circondare il punto di presa con un’estensione di<br />

raggio minima di 10 m.; in tale area possono insediarsi esclusivamente l’opera di presa e le<br />

relative infrastrutture di servizio, con esclusione di qualsiasi altra attività non inerente<br />

all’utilizzo, manutenzione e tutela della captazione;<br />

- la zona di rispetto, che viene definita:<br />

- secondo il criterio geometrico, dall’area ricadente entro un raggio minimo 200 metri;<br />

- secondo il criterio temporale, dalla determinazione dell’isocrona, in regime di massima<br />

portata, pari a 365 o 180 giorni, in relazione alla situazione locale di vulnerabilità e di<br />

rischio della risorsa, per la zona di rispetto allargata e pari a 60 giorni per la zona di<br />

rispetto ristretto;<br />

- secondo il criterio idrogeologico, applicabile solo in caso di acquifero confinato, dalla<br />

dettagliata ricostruzione idrogeologica dell’acquifero e delle sue aree di alimentazione.<br />

In sede di elaborazione o implementazione dei PSC i Comuni devono procedere alla<br />

definizione delle aree di rispetto con il criterio temporale o idrogeologico, quale elemento<br />

costitutivo del Quadro Conoscitivo da presentare in Conferenza di Pianificazione. Fino a<br />

che non sia stata individuata la zona di rispetto secondo il criterio temporale o<br />

idrogeologico le disposizioni normative si applicano alla zone di rispetto geometriche.<br />

Nelle zone di rispetto è vietato:<br />

a) dispersione o scarico di fanghi o di acque reflue, anche se depurati;<br />

b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;<br />

c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi salvo un impiego pianificato;<br />

d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade;<br />

e) aree cimiteriali;<br />

149<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;<br />

g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo<br />

umano e di quelli finalizzati alla protezione delle caratteristiche quali quantitative della<br />

risorsa idrica;<br />

h) gestione dei rifiuti;<br />

i) stoccaggio di sostanze chimiche pericolose e radioattive;<br />

j) centri di raccolta, demolizione e rottamazione autoveicoli;<br />

k) pozzi e condotte disperdenti;<br />

l) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 kg per ettaro di azoto presente negli<br />

effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione.<br />

È comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.<br />

Gli insediamenti, nuovi o esistenti, dovranno dotarsi di reti fognarie di tipo separato,<br />

distinte per le acque nere e per le acque bianche; per la rete delle acque nere le tubazioni, i<br />

pozzetti, le fosse biologiche, e le altre componenti della rete devono essere alloggiate in<br />

manufatti a tenuta, ispezionabili e dotati di idonee caratteristiche meccaniche. La rete<br />

delle bianche deve rispettare le prescrizioni già dettate per le aree di cui alla lettera a).<br />

Art. 5.4 - Conservazione e rinnovo delle risorse idriche sotterranee<br />

Nelle zone di protezione delle risorse idriche sotterranee di cui al primo punto lettera a)<br />

dell’articolo precedente, al fine di conservare la funzionalità dei meccanismi di ricarica<br />

dell’acquifero deve essere ridotta al minimo l’ulteriore impermeabilizzazione del suolo.<br />

Ai Comuni spetta, nei propri piani urbanistici, l’identificazione delle zone di protezione delle<br />

risorse idriche sotterranee prevedendo in tali aree usi del suolo che non ne pregiudichino la<br />

permeabilità; in presenza, nelle stesse aree, di insediamenti urbani preesistenti, i Comuni<br />

perseguono, in caso di riqualificazione urbana o di sostituzione degli insediamenti, la<br />

progressiva riduzione della superficie impermeabile.<br />

Nell’attuazione delle previsioni dei piani urbanistici che comportino l’urbanizzazione e<br />

l’impermeabilizzazione di aree ricadenti in tutto o in parte nelle zone di protezione delle<br />

risorse idriche sotterranee, spetta ai Comuni prescrivere la percentuale minima della<br />

superficie di intervento che deve essere mantenuta permeabile; la percentuale deve essere<br />

massimizzata, compatibilmente con il rispetto delle altre disposizioni urbanistiche vigenti.<br />

Qualora tale prescrizione non sia già stabilita in sede di PRG, o di PSC, o di POC, i Comuni<br />

introducono la prescrizione in sede di approvazione del Piano attuativo. i Comuni possono<br />

inoltre prescrivere la realizzazione di opere di compensazione aventi l’effetto di ridurre gli<br />

effetti della parziale impermeabilizzazione del suolo.<br />

Negli ambiti di riqualificazione urbana che ricadano nelle zone di cui al primo punto, qualora<br />

la riqualificazione comporti la prevalente sostituzione degli insediamenti preesistenti,<br />

spetta ai Comuni prescrivere la percentuale minima della superficie di intervento che deve<br />

essere mantenuta o resa permeabile; la percentuale deve essere massimizzata,<br />

compatibilmente con le altre condizioni di fattibilità dell’intervento, e deve<br />

tendenzialmente essere superiore a quella preesistente alla riqualificazione.<br />

Con riferimento ai prelievi di risorse idriche sotterranee, la Provincia, nell’esprimere i<br />

propri pareri nell’esercizio delle proprie competenze, si attiene ai seguenti criteri,<br />

formalizzati in uno specifico documento di indirizzo:<br />

- nelle zone interessate dal fenomeno della subsidenza, con il supporto integrativo delle<br />

misure relative alla piezometria, alle sue variazioni e al deficit idrico, non si esprime<br />

parere favorevole ad autorizzazioni per nuovi pozzi o per l’incremento di prelievi dai pozzi<br />

150<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


esistenti, fatti salvi i pozzi per uso esclusivamente domestico in aree non servite da rete<br />

acquedottistica;<br />

- nelle restanti aree della pianura devono essere evitati i prelievi da falda per uso<br />

domestico in zone già servite da rete acquedottistica;<br />

- tutte le captazioni di risorse idriche sotterranee devono essere dotate di strumento di<br />

misura dei prelievi;<br />

- nelle zone servite o servibili da rete idrica per usi industriali o irrigui non si rilasciano di<br />

norma pareri favorevoli per nuovi pozzi o per l’incremento di prelievi dai pozzi esistenti,<br />

fatti salvi i pozzi per uso esclusivamente domestico in aree non servite da rete<br />

acquedottistica per usi potabili. Sono comunque ammessi i casi non altrimenti<br />

soddisfacibili e puntualmente motivati.<br />

Art. 5.5 - Disposizioni sugli scarichi idrici<br />

I nuovi insediamenti e la ristrutturazione degli insediamenti esistenti devono essere serviti<br />

da reti fognarie separate, anche se confluenti in via transitoria in reti miste. Le<br />

Amministrazioni Comunali pongono, al centro degli obiettivi degli interventi di<br />

riqualificazione urbana, la realizzazione di reti fognarie separate, al fine di favorire la<br />

raccolta e l’adeguato trattamento delle acque nere.<br />

Fatto salvo il rispetto degli obiettivi di qualità di cui all’art. 5.1 delle NTA del Piano, tutti<br />

gli scarichi idrici in acque superficiali devono recapitare in corpi idrici idonei ad accettarne<br />

le caratteristiche quali-quantitative, anche nei periodi di magra, senza subire in termini<br />

permanenti variazioni dannose allo stesso ricettore.<br />

Gli scarichi nel sottosuolo sono vietati.<br />

Tutti gli scarichi di acque nere devono giungere entro i termini fissati dalla normativa di<br />

legge alla depurazione dei reflui, ricercando nel contempo il massimo riutilizzo delle acque<br />

per usi meno esigenti di quello potabile.<br />

Gli scarichi provenienti dalle reti per le sole acque bianche sono ammessi nei corpi idrici<br />

superficiali una volta che venga effettuata l’eliminazione dei corpi grossolani e la<br />

separazione di oli e idrocarburi, nella misura massima perseguibile compatibilmente con lo<br />

stato della rete fognaria (esistente o di progetto) e le caratteristiche del corpo idrico<br />

ricettore.<br />

Gli scolmatori di piena a servizio di reti fognarie miste, in attesa delle separazioni delle<br />

reti, possono scaricare in acque superficiali solo se il grado di diluizione (rapporto tra<br />

portata bianca e portata nera) è superiore a cinque e se la portata nell’alveo ricevente è<br />

tripla rispetto quella scolmata; i manufatti scolmatori devono garantire il trattenimento dei<br />

corpi grossolani e la separazione di oli e idrocarburi, secondo i criteri riportati<br />

precedentemente<br />

Al fine di tutelare le risorse idriche superficiali destinate al consumo umano, le acque<br />

reflue urbane o industriali contenenti scarichi di sostanze pericolose ai sensi della<br />

normativa vigente, anche se depurate secondo i previsti limiti di legge, dovranno confluire<br />

nei corpi idrici ricettori interessati da derivazioni ad uso potabile, solo a valle dell’opera di<br />

presa.<br />

Nel caso che tale soluzione non sia tecnicamente percorribile dovranno essere attivate<br />

tutte le procedure possibili per la massima sottrazione delle sostanze pericolose dei reflui<br />

scaricati.<br />

In tutto il territorio rurale, la costruzione di edifici abitativi, o il recupero ad uso abitativo<br />

di edifici rurale preesistenti, non allacciabili ad una rete di pubbliche fognature recapitanti<br />

ad un depuratore, nonché la realizzazione di allevamenti (aziendali o industriali) è<br />

subordinata ad indagine preventiva sulla permeabilità locale del suolo e all'assunzione, in<br />

accordo con l’autorità sanitaria competente, di provvedimenti tecnici atti a garantire<br />

contro i rischi, anche accidentali, di inquinamento delle acque sotterranee e del suolo.<br />

151<br />

Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


TITOLO 6 - TUTELA DEI VERSANTI E SICUREZZA IDROGEOLOGICA<br />

(il presente Titolo recepisce e integra gli artt. da 5 a 14 del PSAI, le corrispondenti norme<br />

degli altri Piani Stralcio di Assetto idrogeologico di cui all’art. 1.4 nonché gli artt. 26, 27,<br />

29 del PTPR)<br />

Com'è noto il P.T.C.P. della Provincia di Bologna ha recepito integralmente e pressoché<br />

letteralmente la normativa e la relativa cartografia del Piano Stralcio per l'Assetto<br />

Idrogeologico del Bacino del Fiume Reno, sul tema della tutela dei versanti e prevenzione<br />

del dissesto idrogeologico, che è stato descritto precedentemente.<br />

Gli artt. 6.2 ÷ 6.7 riportano le norme degli art. 5 ÷ 10 della N.T.A. dello P.S.A.I., relativi alle<br />

"Aree a rischi di frana perimetrate e zonizzate", mentre l'art. 6.9 recepisce le norme<br />

dell'art. 12 dello P.S.A.I.<br />

Un raffronto fra le due normative ha evidenziato modeste differenze procedurali (p. es.<br />

invio dei provvedimenti comunali relativi alla perimetrazione e zonazione delle aree<br />

assoggettate a tale procedura anche alla Comunità Montana competente ed alla Provincia,<br />

oltre che all'A.B.R.) e di richiamo alle normative nazionali o regionali vigenti, nonché, come<br />

uniche differenze significative:<br />

- la definizione di "modesto ampliamento" utilizzata nell'art. 6.4 (art. 7 della N.T.A. dello<br />

P.S.A.I. - Reno) che fissa in non più della superficie o del volume esistente per edifici<br />

produttivi, magazzini e di servizio all'agricoltura e non più della metà della superficie o<br />

del volume esistente per gli altri edifici come limite massimo per ricadere in tale<br />

definizione (a differenza del P.S.A.I. - Reno che fissava per tutti gli edifici il limite di<br />

non più della superficie o del volume esistente).<br />

- la ricomprensione fra gli interventi ammessi dall'art. 6.3, punto 2 (art. 6 della N.T.A<br />

dello P.S.A.I. - Reno) nelle aree in dissesto delle zone perimetrate e zonizzate dei "tagli<br />

di utilizzazione o di diradamento del soprassuolo forestale utili ad alleggerire il peso<br />

gravante sul corpo franoso".<br />

Un'altra modesta differenza, in questo caso di carattere puramente cartografico e di<br />

rendering, è costituita dal fatto che le "Tavole 2 - Tutela idrogeologica" sono riportate "in<br />

chiaro" le perimetrazioni e zonazioni effettuate dall'Autorità di Bacino nelle proprie<br />

Schede alla scala 1/5.000, diversamente dalle tavole 2.1 ÷ 2.9 "Attitudini alle<br />

trasformazioni edilizio - urbanistiche del territorio del Bacino Montano" del P.S.A.I. -<br />

Reno, dove erano invece individuate con un semplice retino omogeneo ed un numero di rinvio<br />

alle Schede.<br />

Per tutto quanto riguarda dunque la normative e le tutele del P.T.C.P. riguardanti la tutela<br />

dei versanti e la sicurezza idrogeologica si rinvia a quanto già riportato in precedenza a<br />

proposito dello PSAI Reno.<br />

TITOLO 7 - TUTELA DI ALTRI SISTEMI, ZONE ED ELEMENTI NATURALI E<br />

PAESAGGISTICI<br />

Art. 7.6 - Crinali, calanchi e dossi<br />

(il presente articolo recepisce e integra art. 20 comma 1 lettera a) e commi 2 e 3 del PTPR)<br />

Con riferimento all’area d’interesse sono presenti solamente calanchi e crinali, pertanto si<br />

farà riferimento ai soli due elementi.<br />

I crinali ed i calanchi sono specifici elementi che contribuiscono alla definizione delle<br />

particolarità paesistico-ambientali del territorio.<br />

I PSC recepiscono l’individuazione dei crinali e dei calanchi di cui alla tav. 1 del PTCP e<br />

possono integrare tale individuazione con altri crinali e calanchi che risultino significativi<br />

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Comini di LOIANO, MONZUNO, PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC


dal punto di vista paesaggistico; per essi dettano specifiche disposizioni volte a<br />

salvaguardarne il profilo ed i coni visuali nonché i punti di vista.<br />

Riguardo ai crinali, i Comuni sono tenuti ad approfondire la conoscenza circa le relazioni tra<br />

crinale e sviluppo del sistema insediativo e infrastrutturale del proprio territorio,<br />

attenendosi in conseguenza alle seguenti direttive:<br />

- se la linea del crinale costituisce la matrice storica dello sviluppo della viabilità e degli<br />

insediamenti, la stessa linea di crinale può essere assunta ad ordinare gli sviluppi odierni<br />

degli insediamenti stessi;<br />

- se il crinale, viceversa, è rimasto storicamente libero da infrastrutture e insediamenti, il<br />

suo profilo deve essere conservato integro e libero da edifici (sul crinale stesso o nelle<br />

sue immediate vicinanze) che possano modificarne la percezione visiva dai principali centri<br />

abitati e dalle principali infrastrutture viarie.<br />

Sui crinali individuati nella tav. 1 del PTCP:<br />

- la realizzazione di nuovi supporti per antenne di trasmissione radiotelevisiva è ammessa<br />

solo nei siti e nei limiti che saranno previsti nello specifico piano di settore;<br />

- la realizzazione di nuovi tralicci per elettrodotti è ammessa solo in attraversamento del<br />

crinale stesso, quando non diversamente localizzabili;<br />

- la realizzazione di nuovi impianti per la produzione di energia eolica è ammessa nei limiti<br />

di quanto previsto nel Piano energetico provinciale e con le procedure di valutazione<br />

dell’impatto che saranno richieste.<br />

Sui calanchi sono consentite esclusivamente le opere e le attività volte al miglioramento<br />

dell'assetto idrogeologico, ove non in contrasto con eventuali aspetti naturalistici e<br />

paesaggistici, e quelle volte alla conservazione di tali aspetti. La conservazione degli aspetti<br />

naturalistici e paesaggistici è comunque preminente e prioritaria per i calanchi ricadenti nel<br />

sistema collinare, nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale e nelle zone<br />

di tutela naturalistica.<br />

Sui calanchi stabilizzati è vietata qualsiasi forma di utilizzazione della vegetazione<br />

forestale insediatasi naturalmente, in quanto avente funzione protettiva ed idrogeologica.<br />

Gli unici tagli consentiti sono quelli fitosanitari a carico delle sole piante morte, deperienti<br />

e secche in piedi, allo scopo di ridurre il rischio di incendi.<br />

<br />

PIAE (Piano Infraregionale per le Attività Estrattive) ed i PAE (Piano per le Attività<br />

Estrattive) COMUNALI<br />

Nell’ambito del PIAE – Piano Infraregionale delle Attività Estrattive della Provincia di<br />

Bologna 2002 - 2012, approvato con Del. C.P. n° 22 del 30 marzo 2004, sono individuate ,<br />

all’interno dei territori dell’unione, 6 aree estrattive, derivanti dalle zonizzazioni<br />

preesistenti (PIAE’ 96-02), che al 2002, presentavano ancora quantitativi residui non<br />

scavati e come tali venivano recepite dal PIAE 2002 - 2012. Infatti, come stabilito dall’art.<br />

4.2 delle NTA, “il P.I.A.E. 2002 - 2012 sostituisce integralmente il P.I.A.E. adottato con<br />

delibera di Consiglio Provinciale n° 31 del 02/03/93 ed approvato con delibera di Giunta<br />

Regionale n° 259 del 20/02/96 (P.I.A.E. '96) e la relativa Variante Generale adottata con<br />

delibera di Consiglio Provinciale n° 131 del 20/04/99 ed approvata con delibera di Giunta<br />

Regionale n° 1332 del 26/07/99 (Variante '99). Sono comunque fatte salve le localizzazioni<br />

delle attività estrattive effettuate dagli strumenti previgenti purché recepite dai P.A.E.<br />

dei Comuni territorialmente competenti e non esplicitamente stralciate dal P.I.A.E.<br />

disciplinato dalla presente N.T.A. Il P.I.A.E. 2002 - 2012 aggiorna la stima dei fabbisogni<br />

totali di inerti, e, sulla base anche di un'analisi dello stato di attuazione del P.I.A.E. '96,<br />

della Variante '99 e dei P.A.E. comunali vigenti, localizza tutti i siti per attività estrattive,<br />

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confermando o modificando quelli localizzati dal previgente P.I.A.E. '96 o dalla Variante<br />

'99, o istituendone di nuovi, per ottimizzare la risposta a tali fabbisogni.”<br />

Con riferimento alla Tav. 5 “Aree interessate dalle attività estrattive e minerarie”, il PIAE<br />

vigente individua le seguenti aree estrattive:<br />

ZONIZZAZIONE PIAE PROVINCIALE<br />

COMUNE DENOMINAZIONE TIPOLOGIA DI<br />

MATERIALE<br />

ESTRATTO<br />

Pianoro/Loiano I laghi/Le Fosse Ghiaia di monte<br />

Loiano<br />

Campuzzano Ghiaia di monte<br />

Sgalara Sabbia silicea<br />

Monzuno Cà di Serra Sabbia silicea<br />

R = Residuo al 30/12/2002 N = Nuove assegnazioni PIAE ‘02<br />

QUANTITATIVI<br />

ASSEGNATI<br />

(m 3 )<br />

TOT.<br />

2.635.821<br />

TOT.<br />

2.212.830<br />

TOT.<br />

959.330<br />

TOT.<br />

2.293.102<br />

1.835.821 (R)<br />

+<br />

800.000 (N)<br />

212.830 (R)<br />

+<br />

2.000.000 (N)<br />

529.330 (R)<br />

+<br />

430.000 (N)<br />

293.102 (R)<br />

+<br />

2.000.000 (N)<br />

154<br />

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STATO<br />

AGG.<br />

2007<br />

Attiva<br />

Attiva<br />

Attiva<br />

Attiva<br />

Per ciascuna cava è stato riportato anche lo stato di aggiornamento riferito a giugno 2007.<br />

Sui territori dei tre comuni in esame sono inoltre segnalati tre impianti di frantumazione<br />

(non annessi ad aree estrattive), due a Pianoro (Osteriola e Molino Nuovo) ed uno a<br />

Monzuno (Campolungo).<br />

In attuazione del PIAE provinciale i comuni di Loiano, Pianoro e Monzuno si sono dotati di<br />

PAE comunali, con Variante Generale 2004 (Comuni di Loiano e Pianoro) e Variante Generale<br />

2005 (Comune di Monzuno).


6.4 CRITICITÁ ED EMERGENZE GEOLOGICO-AMBIENTALI<br />

L’analisi complessiva del sistema ambientale suolo, sottosuolo e acque ha avuto, quale<br />

risultato conclusivo, l’individuazione degli elementi di criticità e peculiarità dei tre comuni<br />

in esame, che si è valutato definiscano, seppur con diversi gradi, limiti e condizioni alla<br />

trasformazione del territorio.<br />

A tal fine è stata elaborata la carta delle “Emergenze, criticità, limiti e condizioni alla<br />

trasformazione” (Tav. QC.6/T2), nella quale sono stati individuati gli elementi di criticità e<br />

di emergenza, distinti in escludenti la trasformazione o semplicemente condizionanti e/o<br />

limitanti la trasformazione del territorio.<br />

Con riferimento all’elaborato prodotto sono stati individuati:<br />

1) Elementi che escludono la trasformazione del territorio<br />

• COMPONENTE IDROGEOLOGIA<br />

- Alvei del reticolo idrografico principale;<br />

- Reticolo idrografico secondario (sino al 4° ordine);<br />

- Pozzi ad uso acquedottistico (da PTCP);<br />

- Sorgenti censite:<br />

° Ad uso acquedottistico<br />

° Fontana<br />

° Fontana con opera muraria<br />

° Non captata<br />

° Esaurita<br />

° Non individuta (da archivi ATO)<br />

• COMPONENTE DISSESTO<br />

- Frane attive;<br />

- Calanchi significativi (da PTCP con approfondimento alla scala del QC);<br />

- Fasce di inedificabilità ai sensi dello PSAI Reno (art. 12 c. 9).<br />

• COMPONENTE PERICOLOSITÁ SISMICA<br />

- Versante, cresta con acclività > 30 m. Effetti attesi: amplificazione del moto sismico;<br />

- Scarpate, versanti con acclività > 45° ed altezza > 10 m. Effetti attesi: frane di<br />

crollo ed amplificazione del moto sismico.<br />

• COMPONENTE FORME STRUTTURALI E CARSICHE<br />

- Orli di scarpata in evoluzione (fascia di inedificabilità, a monte del ciglio ed a valle<br />

del piede, per un’estensione pari all’altezza della scarpata);<br />

- Doline ed inghiottitoi.<br />

2) Elementi che condizionano e/o limitano la trasformazione del territorio<br />

• COMPONENTE IDROGEOLOGIA<br />

- Fascia di rispetto delle captazioni ad uso acquedottistico (220 m) – D.Lgs 152/06;<br />

- Proposta di fascia di rispetto delle fontane<br />

- Aree caratterizzate da vulnerabilità naturale dell’acquifero elevata, alta oppure<br />

media;<br />

- Aree di possibile alimentazione delle sorgenti.<br />

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• COMPONENTE DISSESTO<br />

- Frane quiescenti;<br />

• COMPONENTE PERICOLOSITÁ SISMICA<br />

- Depositi e Detriti di Falda. Effetti attesi: amplificazione del moto sismico.<br />

- Depositi alluvionali in evoluzione; terrazzi fluviali di vario ordine. Effetti attesi:<br />

amplificazione del moto sismico.<br />

- Depositi marini, Vs30


6.5 PERICOLOSITA’ E RISCHIO IDROGEOLOGICO DEGLI ELEMENTI DI<br />

COMPETENZA COMUNALE E PERICOLOSITA’ IDRAULICA DEI CORSI<br />

D’ACQUA MINORI E MINUTI IN PROSSIMITA’ DELLE PRINCIPALI AREE<br />

URBANE DI FONDOVALLE<br />

In seguito alle osservazioni della Provincia di Bologna e dell'Autorità di Bacino del Fiume<br />

Reno sul Quadro Conoscitivo presentato in sede di Conferenza di Servizi e sul Documento<br />

Preliminare dei PSC, sono state inserite le due analisi richieste:<br />

• "Carta dello stato di pericolosità e di rischio idrogeologico degli elementi di<br />

competenza comunale", prevista dall'art 11.2 della N.T.A. del P.S.A.I. - Reno e<br />

dall'art. 6.8, punto 2, della N.T.A. del P.T.C.P. della Provincia di Bologna (QC.6/t8);<br />

• Studio idraulico del reticolo idrografico minore e minuto in prossimità delle aree<br />

urbane principali di fondovalle (QC.6/A4).<br />

Quest’ultimo comprende anche una carta dcon l’individuazione dei bacini imbriferi dei corsi<br />

d'acqua minori e minuti individuati come potenzialmente a rischio idraulico, su cui sono<br />

evidenziati quelli realmente a rischio.<br />

Entrambi gli elaborati forniscono un utile contributo alla conoscenza dello stato di<br />

pericolosità e rischio idrogeologico ed idraulico dei territori studiati.<br />

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CARTOGRAFIA DI ANALISI RIDOTTA IN FORMATO A3<br />

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