Prostatite asintomatica: una frequente causa di elevazione del PSA ...

Editoriale
Prostatite asintomatica:
una frequente causa di elevazione del PSA
Carlo Terrone 1 , Massimiliano Poggio 1 , Enrico Bollito 2 ,
Cecilia Maria Cracco 1 , Roberto Mario Scarpa 1
Riassunto. L’Antigene Prostatico Specifico (PSA) è uno dei più efficaci marcatori tumorali
ed è diffusamente impiegato per la diagnosi e per il follow up del carcinoma della
prostata. Tuttavia, mentre si distingue per la sua pressoché totale specificità per la
ghiandola prostatica, esso non è caratteristico di una singola malattia della prostata.
Un’elevazione dei valori sierici del marcatore può quindi associarsi ad un’iperplasia prostatica
benigna, ad una flogosi o a un carcinoma della prostata o può essere correlata a
manovre traumatiche o cruente sulla ghiandola stessa. Accanto alle prostatiti acute, il
cui quadro clinico è ben noto e non richiede un dosaggio del PSA per la diagnosi, esistono
forme di flogosi prostatica che decorrono in modo asintomatico (prostatite di tipo IV,
secondo la classificazione NIH) e che vengono spesso messe in evidenza nel corso di referti
istopatologici di biopsie prostatiche o di ghiandole asportate, in parte o in toto, rispettivamente
per adenoma o per carcinoma. La prostatite di tipo IV ha una discreta
prevalenza nella popolazione, interessando circa un terzo dei maschi adulti. Recentemente,
alcuni ricercatori hanno evidenziato come tali forme subcliniche di prostatite siano
comunque in grado di determinare alterazioni dei valori del PSA e che circa la metà
dei pazienti con PSA in zona grigia e senza sintomi caratteristici di una prostatite, va
incontro ad un decremento del PSA, se trattato con antibiotici per 2-4 settimane. Mediante
tale approccio, una normalizzazione del PSA si ottiene in circa il 20-30% dei casi,
potendo così evitare il ricorso alla biopsia prostatica. In conclusione, l’utilizzo di antibiotici
può ridurre il numero di biopsie prostatiche, aumentando la specificità del PSA.
Rimane comunque prioritario verificare questi dati nell’ambito di studi clinici randomizzati,
anche al fine di valutare il reale rapporto costo-beneficio di questa nuova modalità
di gestione dei pazienti con PSA in zona grigia.
Parole chiave. Antibiotico, antigene prostatico specifico, biopsia prostatica, prostatite.
Summary. Asymptomatic prostatitis: a frequent cause of raising PSA.
The Prostatic Specific Antigen (PSA) is one of the best tumour markers currently
available, and it is widely employed in the diagnosis and follow up of prostate cancer.
Nevertheless, it is not specific for prostatic carcinoma, and an increase in its serum levels
can also be related to benign prostatic hyperplasia, inflammation/infection or traumatic
manoeuvres on the prostatic gland. Because of its well-known clinical features
acute prostatitis does not require PSA evaluation for diagnosis, but other prostatitis
(such as category IV NIH prostatitis) can be responsible of an increase in PSA levels
without associated symptoms. Category IV prostatitis has a fairly high prevalence, affecting
about one third of the adult males. Recently some studies have showed that approximately
half of the patients with PSA levels in the grey zone and without symptoms
of prostatitis undergo a decrease in PSA levels after a 2-4-week treatment with antibiotics.
Thanks to this approach, 20-30% of the patients obtain PSA normalization and
consequently avoid prostatic biopsies. In conclusion, the use of antibiotic treatment allows
an increase in PSA specificity and a decrease in the number of unnecessary prostatic
biopsies. The cost-benefit ratio of this approach has to be verified by means of
prospective randomized trials.
Key words. Antibiotic, prostate biopsy, prostatic specific antigen, prostatitis.
Vol. 96, N. 7-8, Luglio-Agosto 2005
Pagg. 365-369
1 Divisione Universitaria di Urologia; 2 Servizio di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera S. Luigi, Regione
Gonzole 10, Orbassano.
Pervenuto il 15 marzo 2005.

366 Recenti Progressi in Medicina, 96, 7-8, 2005
La scoperta del PSA (Antigene Prostatico Specifico),
avvenuta nel 1971, ha rappresentato una
tappa fondamentale nell’ambito della patologia
prostatica. Il suo utilizzo nella pratica quotidiana
ha cambiato in modo radicale l’approccio diagnostico
e terapeutico nei confronti del carcinoma prostatico,
aumentando significativamente le diagnosi
precoci, e ha influenzato considerevolmente la
strategia nei confronti di una patologia benigna ad
elevato impatto socio-economico quale l’iperplasia
prostatica benigna (IPB) 1 .
A ciò devono aggiungersi le variazioni intraindividuali
dei valori del PSA plasmatico: in un recente
studio su una serie numerosa di pazienti con
PSA al di sopra di 4
ng/ml è stata evidenziata
una spontanea nor-
malizzazione dei valori
nel 44% dei casi in successive
determinazioni
effettuate nell’arco di 4
anni 8 .
Le limitazioni diagnostiche
del PSA sono
soprattutto evidenti per
valori compresi tra 4 e
10 ng/ml (la cosiddetta
“zona grigia”). È stato
infatti stimato che l’incremento
del PSA plasmatico
si verifica in circa
il 15-47% dei pazienti
affetti da IPB e in oltre il 70% di quelli affetti da
prostatite acuta. Meno noto ed oggetto di recenti
studi è il rapporto esistente fra la prostatite cronica
(anche sub-clinica) ed il PSA.
Recentemente, il National Institute of Health
(NIH) ha definito una nuova classificazione delle
prostatiti, suddividendole in 4 tipi, al fine di ottimizzare
l’iter diagnostico e terapeutico per ciascuna
categoria (tabella 1) 9 .
Le prostatiti acute rappresentano una patologia
clinicamente ben definita, in cui è assodato
che vi possa essere un incremento anche cospicuo
del PSA plasmatico, la cui valutazione, in tali circostanze,
non è generalmente richiesta. Le prostatiti
croniche, la cui prevalenza oscilla tra il 4 e
il 16%, si associano a disturbi minzionali e soprattutto
ad algie pelviche e della regione perineale.
Il touché rettale può anche essere fuor-
Tabella 1. - Classificazione delle prostatiti
secondo il National Institute of Health.
Categoria Definizione
I batterica acuta
II batterica cronica
III abatterica cronica
A infiammatoria
B non infiammatoria
IV asintomatica infiammatoria
Se, da un lato, l’antigene prostatico specifico è caratterizzato
da una elevata specificità d’organo, in
quanto viene prodotto quasi esclusivamente dalla
ghiandola prostatica, dall’altro non è sicuramente
da considerare un parametro specifico per una determinata
patologia prostatica, in quanto il suo incremento
è rilevabile non solo nel tumore maligno,
ma anche in tutte le altre affezioni che interessano
la ghiandola, quali l’IPB e le prostatiti; oppure può
essere conseguenza di manovre più o meno
cruente su di essa (biopsia prostatica, procedure
transuretrali, esplorazione rettale) 2-7 .
viante (prostata aumentata di consistenza), tuttavia
in presenza di un corteo sintomatologico che
evochi una prostatite cronica e soprattutto qualora
vi sia una positività degli specifici test sul secreto
prostatico, una terapia antibiotica di congrua
durata rientra nella pratica clinica consolidata,
anche in presenza di valori di PSA
patologici 10-13 .
Sono invece ancora limitati gli studi sulla reale
prevalenza delle prostatiti asintomatiche e sulla
loro relazione con l’aumento dei livelli sierici del
PSA. Questo particolare tipo di prostatite, attualmente
inquadrata nella categoria IV secondo la
classificazione NIH, può avere una frequenza variabile
in funzione della
modalità con cui viene
evidenziata. In un re-
cente studio, Carver et
al. hanno selezionato a
random 227 soggetti
asintomatici, partecipanti
ad un programma
di screening per il carcinoma
della prostata. A
tutti questi soggetti è
stato effettuato un esame
del secreto prostatico
ed è emersa una prevalenza
del 32,2% per
quanto riguarda la prostatite
di tipo IV 14 . Se
la frequenza viene valutata
su campioni di biopsia prostatica, la percentuale
è ancora più elevata, raggiungendo il 40-
100%. È infatti estremamente comune riscontrare
foci infiammatori più o meno estesi nei frustoli di
mapping prostatici 15,16 . La coesistenza di foci infiammatori
con l’IPB è nota da molti anni, anche
se rimane controversa la classificazione dei diversi
aspetti istopatologici della flogosi 17-20 . In uno
studio condotto da Kohnen et al. sono stati esaminati
istologicamente 168 campioni di tessuto prostatico
ottenuti da resezioni prostatiche trans-uretrali
per IPB 19 . Nel 98% dei casi erano presenti
quadri di prostatite, classificabili in 7 categorie
(ghiandolare segregata, perighiandolare, stromale
diffusa, stromale isolata, linfoide nodulare, acuta
necrotizzante, granulomatosa, figura 1 a-f). Nel
65% dei campioni in esame si trovavano tutti i pattern
infiammatori. Irani e coll. hanno classificato
gli infiltrati infiammatori nei pazienti asintomatici,
in 4 gradi, in base alle caratteristiche istologiche
e alla aggressività, allo scopo di dimostrare
una correlazione tra valori di PSA e alterazione
della struttura ghiandolare 20 . In un recente studio
condotto da Potts e coll. i campioni bioptici di prostatite
cronica sono stati classificati in base all’estensione
dell’infiltrato infiammatorio (3 gruppi) e
all’aggressività dell’infiammazione (presenza di
corpi giganti) 21 .
La frequente presenza della flogosi cronica
asintomatica sia nella popolazione generale che
nei reperti di biopsia prostatica ha indotto diversi
ricercatori a valutarne gli effetti sui valori di
PSA.

C. Terrone, et al.: Prostatite asintomatica: una frequente causa di elevazione del PSA 367
a b
c d
e f
Figura 1. a) Prostatite segregata; b) prostatite perighiandolare; c) prostatite stromale diffusa;
d) prostatite linfoide nodulare; e) prostatite acuta necrotizzante; f) prostatite granulomatosa.
Nel 1991 Brawn et al. hanno esaminato 105
campioni di prostata provenienti da autopsie di
pazienti con esplorazione rettale regolare e PSA
disponibile entro 1 anno dal decesso, evidenziando
come la presenza di PSA > 4 ng/ml correlava
con la presenza di segni di prostatite 22 .
Irani et al. hanno dimostrato che quando nei foci
infiammatori vi è un’alterazione dell’epitelio
ghiandolare, questa si accompagna ad un aumento
del PSA plasmatico, probabilmente riconducibile
al passaggio del marker dall’epitelio
all’interstizio 20 . In un altro studio con una casistica
più numerosa, è stata evidenziata un’associazione
tra interruzione dello strato epiteliale
ed incremento del PSA, senza però trovare
una relazione diretta tra estensione dell’infiltrato
infiammatorio e aumento del PSA plasmatico
23 .
È stata valutata la
correlazione tra valori incrementati
di PSA plasmatico
e la presenza di
foci infiammatori nei frustoli
di biopsia prostatica,
evidenziando una significatività
statistica
qualora vi fosse più del
20% di tessuto infiammatorio
nei campioni esaminati
16 . Altri Autori hanno
riportato risultati simili,
dimostrando, quindi, come
anche la prostatite
sub-clinica possa influenzare
i livelli di PSA 24,25 .
La diagnosi istologica
di adenocarcinoma prostatico
nei pazienti con
oltre 50 anni di età, PSA
in zona grigia ed esplorazione
rettale non sospetta
per neoplasia, si
ottiene in media nel 25%
dei pazienti sottoposti a
mapping bioptico. È
dunque evidente che la
maggior parte dei mapping
prostatici effettuati
in questa categoria di
soggetti risulta negativa
per neoplasia. La biopsia
prostatica è una procedura
di semplice esecuzione,
ma non scevra
da possibili complicanze
(prostatite acuta, ematuria,
ipertermia, sepsi,
ritenzione urinaria, rettorragia),
oltre alle sequele
fisiche e psicologiche
per il paziente ed all’impatto
sulla spesa
sanitaria.
La messa a punto di metodiche valide per ridurre il
numero delle biopsie prostatiche è pertanto di rilevante
interesse dal punto di vista economico e sociale.
A tale scopo, sulla base dei dati sopra esposti,
diversi Autori hanno cercato di valutare gli effetti
del trattamento antibiotico in pazienti con valori
incrementati di PSA, nel sospetto clinico di prostatite
cronica 21,26-30 (tabella 2 alla pagina seguente).
Potts et al. hanno valutato 122 pazienti con PSA
aumentato, 51 dei quali con diagnosi di prostatite
cronica (presenza di leucociti nelle secrezioni prostatiche)
asintomatica 21 . Di questi ultimi, il 43%
(22 casi) presentò una risposta (ritorno del PSA a
valori di norma) dopo terapia antibiotica, evitando
così una biopsia prostatica.

368 Recenti Progressi in Medicina, 96, 7-8, 2005
Tabella 2. - Trattamento antibiotico dei pazienti con PSA elevato e sospetto
o diagnosi microscopica di prostatite cronica asintomatica.
Autore N° casi Risultati
Potts JM et al, 2000 51 Normalizzazione PSA: 43% dei casi
Bozeman CB et al., 2000 95 Normalizzazione PSA: 46,3% dei casi
Decremento medio PSA: 36,4%
Lorente JA et al, 2002 90 Normalizzazione PSA: 33% dei casi
Bulbul MA et al, 2002 48 Decremento PSA: 52% dei casi
Decremento mediano PSA: 42%
Ascoli R et al, 2004 58 Normalizzazione PSA: 17,6% dei casi
Decremento PSA: 58,6%
Decremento medio PSA: 30%
Guercio S et al, 2004 26 Normalizzazione PSA: 27% dei casi
Decremento PSA: 57,6%
Decremento mediano PSA: 16%
Dei 71 pazienti senza evidenza di prostatite
cronica, 36 presentarono un adenocarcinoma alla
biopsia prostatica, mentre risultarono positivi 9
dei 29 pazienti con prostatite cronica non responsiva
alla terapia. Gli autori concludevano che il
trattamento preventivo dei pazienti con prostatite
cronica aveva migliorato il valore predittivo positivo
del PSA.
Bozeman et al. hanno rivalutato i dati di 95 pazienti
con diagnosi di prostatite cronica (presenza di
più di 10 leucociti nelle secrezioni prostatiche) e con
incremento del PSA (range 4-25 ng/ml), sottoposti a
un trattamento di almeno 4 settimane con antibiotici(fluorochinolonici/doxiciclina/trimethopin-sulfametossazolo)
e anti-infiammatori (ibuprofene/celecoxib)
al fine di determinare le variazioni del PSA (ricontrollato
entro due mesi) 26 . Venivano considerati
responsivi alla terapia, e quindi non più sottoposti a
biopsia prostatica, i pazienti con successivo valore di
PSA inferiore a 4 ng/ml. I pazienti responsivi furono
44 (46%), con un decremento medio del PSA del
64,5%. Nel restante 64% dei pazienti la discesa del
PSA era stata del 20% circa; alla successiva biopsia
in 13 casi fu riscontrato un carcinoma prostatico, in
1 caso IPB e nei restanti 37 casi IPB con aree di prostatite
cronica. È interessante notare che la riduzione
del PSA nei pazienti con carcinoma prostatico era
stata del 4,8% (p>0,05), mentre nei pazienti con
biopsia negativa era stata del 52,2% (p 4 ng/ml, esplorazione rettale di norma,
anamnesi positiva per infezioni delle vie urinarie,
ma senza segni clinici di prostatite in atto 27 . L’obiettivo
dello studio era quello di confrontare le
variazioni di PSA plasmatico nei pazienti sottoposti
a terapia antibiotica con ofloxacina (200 mg x
2/die per 3 settimane), rispetto ai pazienti che non
ricevevano alcuna terapia antibiotica. Solo nel
gruppo trattato con antibioticoterapia sono state
osservate variazioni significative
dei valori plasmatici
di PSA (6,9 ng/ml
vs 5,8 ng/ml, p = 0,001).
In uno studio pilota,
prospettico, non controllato,
48 pazienti con disturbi
minzionali, PSA elevato
(range 5-28,5 ng/ml),
esplorazione rettale ed
esame urine normali, sono
stati sottoposti a due
settimane di antibioticoterapia
con ciprofloxacina
e successivamente a mapping
prostatico, in caso di
mancato decremento del
PSA 28 . In 25/48 pazienti
(52%) vi è stata una diminuzione
del PSA; tra i pazienti
in cui il PSA non è diminuito, in 9/23 (39%)
è stato evidenziato istologicamente un adenocarcinoma
prostatico.
Ascoli et al., mediante antibioticoterapia, hanno
ottenuto una riduzione del 30% dei valori medi
di PSA in più della metà dei pazienti con valori di
PSA compreso tra 4 e 20 ng/ml, esplorazione rettale
negativa e senza segni di prostatite 29 . Il PSA
si è normalizzato nel 17,6% dei casi.
Infine, in un recente studio retrospettivo, 26
pazienti consecutivi, con diagnosi istologica di prostatite
e PSA in zona grigia (valore mediano = 7,1
ng/ml), sono stati trattati con levofloxacina 500
mg/die per 20 giorni 30 . In 15 pazienti (57,6%) è stata
evidenziata una diminuzione significativa del
PSA (da 7,2 a 4,2 ng/ml con un decremento mediano
del 16,6%) e in 7 dei 15 pazienti (46,7%) il marcatore
si è normalizzato. Nei 19 pazienti senza normalizzazione
del PSA è stato effettuato un rimapping
prostatico, facendo diagnosi di tumore in 1
degli 8 pazienti che avevano riportato un significativo
abbassamento del PSA e in 4 degli 11 pazienti
in cui invece non vi era stata alcuna diminuzione
significativa del marcatore.
Conclusioni
1. I risultati sopra esposti suggeriscono che l’elevazione
del PSA plasmatico, pur in assenza di
sintomi tipici di prostatite, può essere correlato,
in un discreto numero di casi, alla presenza nel
parenchima prostatico di foci infiammatori.
Quindi, l’utilizzo di antibiotici può abbassare il
numero di biopsie prostatiche eseguite inutilmente,
aumentando la specificità del PSA.
2. Rimane comunque prioritario verificare questo
trattamento su un numero congruo di pazienti,
nell’ambito di studi clinici randomizzati,
anche al fine di valutarne il rapporto costo-beneficio.

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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Carlo Terrone
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10043 Orbassano (Torino)
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