Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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09.06.2013 Views

vedremo successivamente i montanisti, veri e propri entusiasti “folli di Dio”, propongono, contrariamente agli gnostici, una ferrea disciplina morale in sostanziale continuità con quanto affermato dall’ortodosso Tertulliano. S120.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 102-103: Ci sono, peraltro, coloro che dicono che egli ha prodotto pure Cristo, suo figlio, ma chiamato anche Cristo psichico; spiegano che di costui egli ha parlato per mezzo dei profeti; che è costui che è passato attraverso Maria, come l’acqua passa attraverso un canale. 96 S120.B – Tertulliano, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 134-137: Adesso do conto di Cristo nel quale certuni inseriscono Gesù con tanta spigliatezza quanta è quella con cui introducono il seme spirituale nella componente psichica con un soffio, inventandosi un non so qual ripieno sia per gli uomini sia per i loro dei; affermano che anche il Demiurgo possiede un suo Cristo, figlio naturale e, quindi, psichico, prodotto da lui stesso, annunciato per mezzo dei profeti […]. 97 I due testi si riferiscono alla presenza nel sistema Valentiniani di due Cristi, uno di natura divina, l’altro di natura psichica e corporea, creato dal Demiurgo e presentatosi al mondo nella persona del Gesù storico morto sulla croce. Nel corso di quest’analisi è stato trattato più volte il tema del dualismo gnostico; è chiaro che anche l’esistenza di due Cristi sia una conseguenza del dualismo radicale proposto da Valentino. In ogni caso è qui opportuno soffermarsi su un aspetto del dualismo che sino ad ora era stato descritto solo marginalmente: quello dell’esegesi allegorica e neotestamentaria. Tertulliano, poco dopo il passo riportato, scrive che: “Invece, fu sottoposto alla passione il Cristo psichico e corporeo, formato per riprodurre il Cristo che sta in alto, cioè quello che, nel dare ad Achamoth una formazione relativa all’essere e non relativa alla conoscenza, aveva trovato appoggio nella Croce, cioè in Horos. Così costringono tutto in immagini, evidentemente Cristiani immaginari pure loro stessi.” 98 96 Ivi, p. 220 97 Ivi, p. 221 98 Ivi, p. 226. 70

È qui chiaro il dualismo valentiniano che evidenzia la simmetria tra la passione storica di Cristo e la passione spirituale dell’Eone Cristo, posto sul limite Horos, o Croce, per illuminare Sophia. Quello che è importante sottolineare, oltre al dualismo, più volte preso in considerazione, è l’esegesi allegorica valentiniana. Nel De Praescriptione Haereticorum Tertulliano aveva affermato che i Valentiniani, diversamente da Marcione, non “pugnalavano” le Sacre Scritture, ma, piuttosto, le utilizzavano per confermare le loro dottrine false ed eretiche. Questa constatazione confuta sul piano dell’esegesi il sistema valentiniano. Solo dopo l’analisi di alcuni passi dell’Adversus Valentinianos è però possibile cogliere l’importanza teologica di questa critica. Come risulta sufficientemente chiaro dall’analisi di questo passo e degli altri prima riportati, accanto alla presenza di significative connessioni filosofiche è da sottolineare anche la fondamentale componente cristiana della riflessione valentiniana. L’utilizzo delle Scritture da parte dei Valentiniani è un aspetto davvero rilevante, a maggior ragione se si considera che l’esegesi valentiniana si concentra su testi che sarebbero stati poi riconosciuti come canonici dai Padri della Chiesa. Come osserva attentamente Tertulliano i Valentiniani sono dei “cattivi” esegeti perché solo apparentemente usano i tesi di Paolo e di Giovanni per ricavarne contenuti teologici. È anzi vero l’esatto contrario: i discepoli di Valentino partono da una dottrina predefinita cercando di rintracciare delle conferme nelle Sacre Scritture. L’esegesi valentiniana, che Tertulliano bolla semplicemente come eretica e falsa, rimane tuttavia un aspetto interessante di quell’intreccio ontoteologico ed escatologico che caratterizza la speculazione gnostica. Se è possibile affermare che il sistema valentiniano si basa su una visione creazionista e su una concezione di Dio come trascendente, al punto da subordinare la Scrittura alla dottrina predefinita, è anche possibile sostenere che tale subordinazione non dipende interamente da una necessità dottrinale, ma anche da una tensione escatologica. L’esegesi valentiniana è dunque parte integrante sia del meccanismo ontoteologico che caratterizza l’imponente mito gnostico, sia della ricerca escatologica a cui questo sistema mira. Secondo i Valentiniani l’esegesi allegorica permette di confermare teologicamente il proprio sistema ontologico, ma, al 71

È qui chiaro il dualismo valentiniano che evidenzia la simmetria tra la<br />

passione storica <strong>di</strong> Cristo e la passione spirituale dell’Eone Cristo, posto sul limite<br />

Horos, o Croce, per illuminare Sophia. Quello che è importante sottolineare, oltre<br />

al dualismo, più volte preso in considerazione, è l’esegesi allegorica valentiniana.<br />

Nel De Praescriptione Haereticorum <strong>Tertulliano</strong> aveva affermato che i<br />

Valentiniani, <strong>di</strong>versamente da Marcione, non “pugnalavano” le Sacre Scritture,<br />

ma, piuttosto, le utilizzavano per confermare le loro dottrine false ed eretiche.<br />

Questa constatazione confuta sul piano dell’esegesi il sistema valentiniano. Solo<br />

dopo l’analisi <strong>di</strong> alcuni passi dell’Adversus Valentinianos è però possibile cogliere<br />

l’importanza teologica <strong>di</strong> questa critica.<br />

Come risulta sufficientemente chiaro dall’analisi <strong>di</strong> questo passo e degli altri<br />

prima riportati, accanto alla presenza <strong>di</strong> significative connessioni filosofiche è da<br />

sottolineare anche la fondamentale componente cristiana della riflessione<br />

valentiniana. L’utilizzo delle Scritture da parte dei Valentiniani è un aspetto<br />

davvero rilevante, a maggior ragione se si considera che l’esegesi valentiniana si<br />

concentra su testi che sarebbero stati poi riconosciuti come canonici dai Padri<br />

della Chiesa. Come osserva attentamente <strong>Tertulliano</strong> i Valentiniani sono dei<br />

“cattivi” esegeti perché solo apparentemente usano i tesi <strong>di</strong> Paolo e <strong>di</strong> Giovanni<br />

per ricavarne contenuti teologici. È anzi vero l’esatto contrario: i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong><br />

<strong>Valentino</strong> partono da una dottrina predefinita cercando <strong>di</strong> rintracciare delle<br />

conferme nelle Sacre Scritture. L’esegesi valentiniana, che <strong>Tertulliano</strong> bolla<br />

semplicemente come eretica e falsa, rimane tuttavia un aspetto interessante <strong>di</strong><br />

quell’intreccio ontoteologico ed escatologico che caratterizza la speculazione<br />

gnostica. Se è possibile affermare che il sistema valentiniano si basa su una<br />

visione creazionista e su una concezione <strong>di</strong> Dio come trascendente, al punto da<br />

subor<strong>di</strong>nare la Scrittura alla dottrina predefinita, è anche possibile sostenere che<br />

tale subor<strong>di</strong>nazione non <strong>di</strong>pende interamente da una necessità dottrinale, ma anche<br />

da una tensione escatologica.<br />

L’esegesi valentiniana è dunque parte integrante sia del meccanismo<br />

ontoteologico che caratterizza l’imponente mito gnostico, sia della ricerca<br />

escatologica a cui questo sistema mira. Secondo i Valentiniani l’esegesi allegorica<br />

permette <strong>di</strong> confermare teologicamente il proprio sistema ontologico, ma, al<br />

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