Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua
Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua
Tertulliano. Viene riproposta la polemica contro Tolomeo, caposcuola valentiniano, ironicamente complice di aver descritto il suo Gesù con l’ausilio delle atellane, commedie originariamente recitate in dialetto osco. Tertulliano non solo dipinge il Gesù valentiniano con i tratti di un personaggio teatrale e comico, ma lo ricollega anche al ‹‹sigillarium›› 80 , statuetta raffigurante una divinità, solitamente venduta nei mercati di Roma in occasione delle feste Sigillari o dei Saturnali. Tertulliano usa il termine in senso ovviamente dispregiativo suggerendo l’accostamento dell’elenco di denominazioni degli Eoni Valentiniani a quello, peraltro caotico e confusionario di un mercato romano dove sono esposte disordinatamente statuette di vacue divinità pagane. Aspetto teologicamente pregnante, già affrontato nel corso di questa indagine, è la critica che Tertulliano rivolge alla filialità divina della speculazione valentiniana. Come detto in precedenza, il rapporto filiale non solo nega l’abisso che divide Dio e creature, ma entra addirittura in errore, come nel caso degli angeli qui segnalato da Tertulliano. Se gli angeli rappresentano un grado inferiore della gerarchia divina valentiniana come possono essere della medesima sostanza di Sotèr? S59.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 64-65: […] e non fu in grado di raggiungerla in quanto impedita dal Limite. Inoltre che in quell’occasione il Limite, impedendola nel suo slancio irruente in avanti, esclamò: “I-a-o”; da questa circostanza dicono che sia sorto il nome “I-a-o”. Poiché non era stata in grado di oltrepassare il Limite per il fatto che si trovava unita strettamente con la passione, e poiché era stata lasciata fuori da sola, sia stata sottoposta ad ogni genere di passione, molteplice per genere e aspetto […]. 81 S59.B – Tertulliano, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 114-115: Tuttavia ci provò e forse l’avrebbe raggiunta, se il medesimo Horos, che era arrivato tanto opportunamente per la madre di costei, non fosse accorso tanto inopportunamente per la figlia, così da gridarle pure contro: ‹‹Iaò!››, come se dicesse ‹‹Occhio, gente! ›› oppure ‹‹In nome di Cesare! ››. Perciò si trova “Iao” nei loro scritti. Così, impedita di proseguire e non essendo in grado di superare in volo la Croce, cioè Horos, dato che non aveva interpellato il Laureolus di 80 Ibidem. 81 Ivi, p. 128. 62
Catullo, come un donna abbandonata, dato che era implicata in quella sua passione molteplice e intricata, prese ad essere afflitta ad ogni sua manifestazione: […]. 82 Entrambi i frammenti si riferiscono all’improvvisa comparsa del Limite all’interno del Pleroma valentiniano. Nel passo, Tertulliano rimane profondamente fedele all’esposizione di Ireneo. Tuttavia, al di là della consueta ironia tipica della narrazione di Tertulliano, sono inoltre presenti due allusioni sarcastiche celate nell’impianto simbolico del sistema valentiniano sopra riportato. Il primo aspetto si riferisce al termine ‹‹Iaò›› che per i Valentiniani rappresentava ben più di una semplice esclamazione letteraria. Probabilmente ‹‹Iaò›› 83 rappresentava una vera e propria formula nel contesto segreto e misterioso della dottrina. Questo è supportato dal fatto che Ireneo non sembra cogliere questo aspetto, mentre Tertulliano non solo coglie la forma simbolica dell’esclamazione, ma la ironizza, trasformandola in un’esclamazione di carattere militare quasi se il Limite valentiniano esclamasse a Sophia ‹‹altolà! ››. In secondo luogo Tertulliano menziona Laureolus 84 , una delle opere più conosciute del mimografo Catullo. La trama di questa commedia si sviluppava intorno alla figura di un protagonista che finisce miseramente sulla croce. È chiaro che Tertulliano in questo modo deride uno dei capisaldi della dottrina valentiniana, quello del limite inteso come Croce, ovvero come difesa impenetrabile del Pre - Principio o Abisso. S77.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 78-81: Pertanto, dicono che egli è Padre e Dio di quanto si trova fuori dal pleroma, dal momento che è l’artefice di tutte le cose, sia psichiche sia iliche; (spiegano), infatti, che egli, dopo aver separato le due entità, che erano mescolate assieme, e dopo aver prodotto dei corpi a partire da elementi non corporei, fece sia le realtà celesti sia le realtà terrene; (aggiungono) che il Demiurgo delle realtà iliche e psichiche, di quelle di destra e di sinistra, leggere e pesanti, di quelle che tendono verso l’alto e di quelle che tendono verso il basso; infatti, dicono che il Demiurgo abbia costituito sette cieli, sopra i quali si trova […]. 85 82 Ivi, p. 129. 83 Ivi, p. 130. 84 Ibidem. 85 Ivi, p. 155. 63
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<strong>Tertulliano</strong>. Viene riproposta la polemica contro Tolomeo, caposcuola<br />
valentiniano, ironicamente complice <strong>di</strong> aver descritto il suo Gesù con l’ausilio<br />
delle atellane, comme<strong>di</strong>e originariamente recitate in <strong>di</strong>aletto osco. <strong>Tertulliano</strong> non<br />
solo <strong>di</strong>pinge il Gesù valentiniano con i tratti <strong>di</strong> un personaggio teatrale e comico,<br />
ma lo ricollega anche al ‹‹sigillarium›› 80 , statuetta raffigurante una <strong>di</strong>vinità,<br />
solitamente venduta nei mercati <strong>di</strong> Roma in occasione delle feste Sigillari o dei<br />
Saturnali. <strong>Tertulliano</strong> usa il termine in senso ovviamente <strong>di</strong>spregiativo suggerendo<br />
l’accostamento dell’elenco <strong>di</strong> denominazioni degli Eoni Valentiniani a quello,<br />
peraltro caotico e confusionario <strong>di</strong> un mercato romano dove sono esposte<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente statuette <strong>di</strong> vacue <strong>di</strong>vinità pagane.<br />
Aspetto teologicamente pregnante, già affrontato nel corso <strong>di</strong> questa indagine,<br />
è la critica che <strong>Tertulliano</strong> rivolge alla filialità <strong>di</strong>vina della speculazione<br />
valentiniana. Come detto in precedenza, il rapporto filiale non solo nega l’abisso<br />
che <strong>di</strong>vide Dio e creature, ma entra ad<strong>di</strong>rittura in errore, come nel caso degli<br />
angeli qui segnalato da <strong>Tertulliano</strong>. Se gli angeli rappresentano un grado inferiore<br />
della gerarchia <strong>di</strong>vina valentiniana come possono essere della medesima sostanza<br />
<strong>di</strong> Sotèr?<br />
S59.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 64-65:<br />
[…] e non fu in grado <strong>di</strong> raggiungerla in quanto impe<strong>di</strong>ta dal Limite. Inoltre che in<br />
quell’occasione il Limite, impedendola nel suo slancio irruente in avanti, esclamò: “I-a-o”; da<br />
questa circostanza <strong>di</strong>cono che sia sorto il nome “I-a-o”. Poiché non era stata in grado <strong>di</strong><br />
oltrepassare il Limite per il fatto che si trovava unita strettamente con la passione, e poiché era<br />
stata lasciata fuori da sola, sia stata sottoposta ad ogni genere <strong>di</strong> passione, molteplice per genere e<br />
aspetto […]. 81<br />
S59.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 114-115:<br />
Tuttavia ci provò e forse l’avrebbe raggiunta, se il medesimo Horos, che era arrivato tanto<br />
opportunamente per la madre <strong>di</strong> costei, non fosse accorso tanto inopportunamente per la figlia,<br />
così da gridarle pure contro: ‹‹Iaò!››, come se <strong>di</strong>cesse ‹‹Occhio, gente! ›› oppure ‹‹In nome <strong>di</strong><br />
Cesare! ››. Perciò si trova “Iao” nei loro scritti. Così, impe<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> proseguire e non essendo in<br />
grado <strong>di</strong> superare in volo la Croce, cioè Horos, dato che non aveva interpellato il Laureolus <strong>di</strong><br />
80 Ibidem.<br />
81 Ivi, p. 128.<br />
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