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Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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escatologico, o in senso archeo – ontologico, non potrà mai fare a meno della<br />

rispettiva controparte.<br />

Ecco dunque che il gran<strong>di</strong>oso mito gnostico <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, lungi dal<br />

rappresentare una mera esaltazione del solo <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico, come<br />

farebbero pensare l’imponente impianto ontologico, la filiazione <strong>di</strong>vina, la<br />

sud<strong>di</strong>visione in tre specie umane, è rappresentativo dell’alchimia dei due<br />

<strong>di</strong>spositivi. Ed anzi, paradossalmente, è proprio il <strong>di</strong>spositivo escatologico e<br />

carismatico ad essere esaltato nella gran<strong>di</strong>osa speculazione ontologica dei<br />

Valentiniani. Lo stesso <strong>Tertulliano</strong> può essere compreso solo alla luce <strong>di</strong> quanto<br />

sostenuto sino ad ora, sicché ad essere esaltato nella sua teologia è il <strong>di</strong>spositivo<br />

archeo – ontologico e politico, fondamentale per lo sviluppo della chiesa<br />

protocattolica. La sua svolta montanista, cui approdano le intransigenti posizioni<br />

moraliste da lui sostenute, rivelano, paradossalmente, l’impossibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>staccarsi<br />

proprio dal <strong>di</strong>spositivo escatologico. Scopo <strong>di</strong> questa tesi è analizzare il rapporto<br />

che <strong>Tertulliano</strong> instaura con la teoria valentiniana alla luce del meccanismo del<br />

doppio <strong>di</strong>spositivo. Utilizzando questa metodologia è possibile esaltare gli aspetti<br />

<strong>di</strong> questa appassionata controversia. È infatti in<strong>di</strong>spensabile osservare che se gli<br />

scritti neotestamentari sono soprattutto <strong>di</strong> carattere escatologico, la produzione del<br />

II secolo evidenzia una me<strong>di</strong>azione del kerygma originario. In questo periodo si<br />

assiste infatti ad una riduzione del potente messaggio cristiano. Tali riduzioni, che<br />

partono da prospettive assai <strong>di</strong>fferenti, me<strong>di</strong>ano eticamente, ontologicamente e<br />

legalisticamente il carismatico e l’escatologico. In particolare i padri apologeti<br />

iniziano a concepire la gratuità del dono in sostanziale continuità con l’Antico<br />

Testamento e il messaggio <strong>di</strong>rompente <strong>di</strong> Cristo viene riformulato culturalmente<br />

adattandolo alle categorie del mondo pagano per essere <strong>di</strong>ffuso rapidamente. Le<br />

risposte <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> e <strong>Valentino</strong>, seppur estremamente <strong>di</strong>fferenti l’una dall’altra,<br />

rappresentano al meglio questo delicato passaggio. Il pleroma valentiniano e la<br />

soluzione legalista <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> rispondono, <strong>di</strong>versamente, alla medesima<br />

necessità. Il fatto che la riduzione archeo – ontologica e politica <strong>di</strong> entrambe gli<br />

autori non elimini affatto la <strong>di</strong>pendenza dal kerygma primor<strong>di</strong>ale è la conclusione<br />

cui vuole approdare questa tesi. La necessità gnostica <strong>di</strong> utilizzare il <strong>di</strong>spositivo<br />

V<strong>III</strong><br />

archeo – ontologico non elimina affatto l’importanza del <strong>di</strong>spositivo escatologico.

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