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Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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della sètta sia lasciavano spesso andare a comportamenti <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevoli poiché<br />

convinti <strong>di</strong> essere già ontologicamente salvati e redenti per filialità con Dio, ed è<br />

quin<strong>di</strong> naturale che <strong>Tertulliano</strong> guar<strong>di</strong> con estremo sospetto alle loro dottrine, in<br />

così evidente contrasto con l’orizzonte teologico dell’apologista. Il fatto che<br />

<strong>Tertulliano</strong> preferisca deridere l’avversario per confutarlo teologicamente è<br />

supportato anche da altre nitide affermazioni dell’autore. Nel sesto capitolo<br />

dell’opera <strong>Tertulliano</strong> svela che il libello è in realtà un ‹‹ludus ante pugnam›› 63 ,<br />

una finta scaramuccia come quelle dei gla<strong>di</strong>atori prima del vero e sanguinoso<br />

scontro.<br />

L’intento <strong>di</strong> deridere l’avversario implica che la struttura dell’opera si basi<br />

anche su un sistema retorico e letterario oltre che dottrinale e teologico.<br />

Escludendo i capitoli 1 – 6, in cui <strong>Tertulliano</strong> utilizza una forma proemiale, il<br />

resto dell’opera si struttura in una concitata, a tratti ad<strong>di</strong>rittura violenta, narrazione<br />

del sistema valentiniano. Occorre fare però due importanti precisazioni.<br />

Per prima cosa si deve sottolineare il fatto che l’Adversus Valentinianos non è<br />

un’opera in<strong>di</strong>rizzata <strong>di</strong>rettamente agli gnostici, ma alle comunità cristiane della<br />

Grande Chiesa. L’intento è quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> convincere, per mezzo della retorica e<br />

del sarcasmo, il maggior numero <strong>di</strong> cristiani a <strong>di</strong>ffidare dell’insegnamento della<br />

scuola valentiniana.<br />

Del resto, e questo è il secondo punto da tenere in considerazione, la derisione<br />

teologica qui utilizzata può, in una certa misura, preannunciare la conversione al<br />

montanismo come conseguenza settaria cui portano le posizioni moralistiche – in<br />

questo caso ad<strong>di</strong>rittura violentemente sarcastiche – <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Il fatto che la<br />

<strong>di</strong>sputa <strong>di</strong> carattere teologico sui gran<strong>di</strong> temi del mito valentiniano vengano<br />

proposti con gli strumenti della retorica e del sarcasmo, oltre ad evidenziare una<br />

scelta “strategica” circa il metodo <strong>di</strong> confutazione, possono lasciar intravedere<br />

anche l’imminente svolta montanista. È certamente riduttivo spiegare la<br />

conversione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> unicamente in base ad una scelta <strong>di</strong> carattere letterario<br />

ed anzi l’estremizzazione <strong>di</strong> una simile ipotesi non renderebbe giustizia al<br />

percorso spirituale dell’autore cartaginese. È però possibile ipotizzare che anche la<br />

63 Ibidem.<br />

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